#poeti morti
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cerentari · 2 years ago
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L'impotente
L’impotente
Come sua abitudine l’impotente osserva dalla finestra ben protetto dai vetri col culo al caldo riordina miseria, freddo, fame, a lui sconosciute . pensa di comporre versi immortali da leggere con mani sudate a una conventicola di sedie vuote mute, immobili com’è loro natura, ma la poesia, fosse matta, non gli schiude le cosce . da Faenza a ovunque sia compera povertà d’idee ai mini market, e…
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angelap3 · 4 months ago
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Questa è la foto più bella di Robin Williams che abbia mai visto.
"Medicina, diritto, affari, ingegneria: queste sono tutte attività nobili e necessarie per sostenere la vita. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore: questi sono ciò per cui rimaniamo in vita."
~La Società dei Poeti Morti
Robin Williams (21 luglio 1951-11 agosto 2014)
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susieporta · 7 months ago
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La verità è che nessuno si regge più in piedi da solo, sulle proprie gambe. Nessuno regge più il dolore, la perdita, la frustrazione, l’attesa.
Insomma, le cose della vita.
Abbiamo bisogno di normalizzare i processi della vita: nascere, crescere, ammalarsi, ferirsi, invecchiare, morire.
Un tempo si moriva sazi di vita, appagati, senza rimpianto alcuno, in modo del tutto naturale.
Oggi si muore insoddisfatti, delusi e stanchi.
Il lutto non rientra più nelle categorie del vivente.
Abbiamo inventato questa parola: “elaborazione”, dimenticando che i lutti non si elaborano, ma si accolgono, come parti integranti dell’esistenza, tutt’al più si contemplano come espressioni mutevoli del flusso continuo della vita.
“Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili a
stanze chiuse a chiave
e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che possono esserti date
poiché non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.”
Aveva ragione Rilke.
Abbiamo disimparato il valore del piangere insieme, di condividere il pasto, dono gentile e premuroso gesto della vicina di casa, la sera, quando si raccontava ai bambini dove sta il nonno adesso, e si passava la carezza della mano piccola sul suo viso freddo e immobile, disteso sul letto.
I sogni facevano il resto, perché si aveva tempo per dormire e per sognare. E al mattino, appena svegli, per raccontare.
Così chi non c’era più continuava ad esserci, a contare, a suggerire, a consolare.
I morti stavano insieme ai vivi.
Complicato allora non è il lutto, ma il modo di viverlo, di trattarlo, come se fosse una malattia in cerca di una cura. Ma la vita non è un problema da risolvere.
Ancora Rilke. Piuttosto un mistero da sperimentare. Una quota di ignoto inevitabile che spinge lo sguardo oltre la siepe.
Chi ha ancora desiderio di quell’infinito che solo l’esperienza del limite può disvelare?
Oggi tutti reclamano il diritto alla cura della psiche, forse perché i medici del corpo non riescono a guarire certe ferite dell’anima.
Ma così si sta perdendo il valore della psicoterapia. Così si confonde la patologia con la fisiologia dell’esistente, che contempla nel suo lessico le voci: malattia, solitudine, sofferenza, perdita, vecchiaia, morte.
Qual è l’immagine del nostro tempo, che rappresenta il senso estetico dominante? Una enorme superficie levigata, perfetta, specchiante.
In questo modo, privata delle increspature, delle imperfezioni, del negativo, della mancanza, l’anima ha smarrito il suo luogo naturale, la sua origine, il respiro profondo della caducità, della provvisorietà, della fragilità del bene e del male.
Perché alla fine, tutto ciò che comincia è destinato a finire e l’unica verità che rimane è questo grumo di gioia che adesso vibra ancora nel cuore, qui e ora, in questo preciso istante, nonostante la paura, il disincanto, la sfiducia.
Non c’è salute dunque che non sia connessa alla possibilità di salvezza.
Alle nostre terapie manca quel giusto slancio evolutivo, che spinga lo sguardo oltre le diagnosi, i funzionamenti, i fantasmi che abitano nelle stanze buie della mente.
Un terapeuta non può confondere la luna con il dito che la indica.
Può solo indicare la direzione e sostenere il desiderio di raggiungerla.
Per questo ogni sera mi piace chiudere gli occhi del giorno con una poesia, ogni sera una poesia diversa, per onorare la notte con il canto dei poeti.
Perché la notte sa come mantenere e custodire tutti i segreti.
Perché le poesie assomigliano alle preghiere.
Dicono sempre cose vere.
Stanotte per esempio ho scelto questa:
“Si è levata una luna trasparente
come un avviso senza minaccia
una macchia di nascita in cielo
altra possibilità di dimora. E poi.
Siamo invecchiati.
Il volume di vecchiaia
è pesato sul tavolino delle spalle,
sugli spiccioli di salute.
Cos’è mai la stanchezza?
Le cellule gridano
chiamano l’origine
vogliono accucciarsi
nel luogo prima del nome
nello spazio che sta tra cosa e cosa
e non invade gli oggetti
li accarezza e li accalora.
Non smettere di guardare il cielo
ti assegna la precisa misura
fidati della vecchiaia
è un burattino redentore.
Dopo tanta aritmetica
la serenità dello zero.”
Chandra Candiani
Testo di Giuseppe Ruggiero
foto dal seminario " In Quiete". Introduzione alle costellazioni Familiari con Anna Polin
Gloria Volpato
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denny1416 · 1 month ago
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Hanno chiesto a Paolo Sorrentino quali fossero i suoi poeti preferiti e lui ha citato Montale.
Io lo sapevo già quando in È stata la mano di Dio, il papà e la mamma di Fabietto si salutano dal balcone con un fischio, poi dopo qualche scena cadono insieme in un eterno sonno.
Loro due rappresentano l'essenza di questi versi:
"Avevamo studiato per l'aldilà un fischio, un segno di riconoscimento. Mi provo a modularlo, nella speranza che tutti siamo già morti, senza saperlo."
Si erano preparati anche loro un segno che gli avrebbe permesso di ritrovarsi nel mondo ultraterreno, pure se il loro rapporto non era perfetto.
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t-annhauser · 2 months ago
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la storia
Se la storia siamo noi allora qualcuno mi deve spiegare (De Gregori, oppure Hegel) come sia possibile che da questa accozzaglia di otto miliardi di sderenati possa emergere un qualche senso razionabile, ma senza scomodare i poeti e le categorie filosofiche, come sia possibile che siamo ancora qui a domandarcelo, che nonostante tutto il merdaio di guerre, accoppamenti, di omicidi di massa e al dettaglio, di stupri di gruppo e violenze minute, l'umanità si regga ancora in piedi, ci vuole una gran volontà di vivere e una pervicace ostinazione nel sostenere la commedia, forse la fede nell'avvenire, forse la paura di morire, a testimonianza della formidabile tenacia dell'istinto di conservazione come regola fondamentale della vita sulla terra (si nasce hegeliani, si muore schopenhaueriani): la storia siamo noi, nessuno si senta offeso, questo campo di morti sotto il cielo, na na na, na na na...
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sciatu · 10 months ago
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IL DUOMO DI MONREALE IN UNA PUBLICAZIONE DI INIZIO SECOLO
In questo giornale di inizio 1900, la cattedrale di Monreale è rappresentata con i mezzi di allora e quindi le sue tessere d’oro e la sua luminosità solare si è persa  nel grigiore oscuro dell’inchiostro. Questa differenza tra la bellezza reale, dorata e luminosa, e quella rappresentata, buia e triste, mi ricorda la differenza tra la vita come dovrebbe essere e quella attuale. Tra la vita nella pace e quella delle guerre quando non è più il motivo per scrivere credendo nell’uomo. Troppe guerre, troppi morti, troppi orfani mutilati e madri senza più figli. Siamo tutte pedine mosse dal potere del male, illusi con motivazioni ridicole ad accettare, a donare sangue e speranze insieme ai nostri domani. È come se ogni cosa perdesse colore, come se i cieli si oscurassero e le primavere si vestissero a lutto e tutto, tutto quanto diventasse il grigiore che precede il buio. In questa nevicata oscura, scrivere d’amore e dei fiori della gioia, pare un insulto, come schiuma del mare  colorata di sangue. Il dolore non ha un passaporto, l’ingiustizia non ama nessuno e a tutti ruba tutto: alle vittime la vita, ai carnefici la loro umanità. I versi perciò sanno di fango, le parole non sono più tessere d’oro nella magnificenza di un mosaico, ma solo la fuliggine di un fuoco infernale, l’arsura degli assetati, l’impotenza amara dei padri, le lacrime acide delle madri. Le parole diventano bossoli vuoti, avanzi di vita, orme nella sabbia o nella neve di chi non c’è più. La luce abbandona ogni cuore e spegne le chiese, le anime, prosciuga la gola e spinge i poeti e i sognatori a nascondersi nel profondo della terra  per pagare anche loro il loro prezzo alla follia della storia.
In this OLD newspaper from the early 1900s, the Monreale cathedral is represented with the means of the time and therefore its gold tiles and its solar brightness have been lost in the dark grayness of the ink. This difference between the real beauty, golden and bright, and the represented one, dark and sad, reminds me of the difference between life as it should be and what it is now. Between life in peace and that of wars when it is no longer the reason to write believing in man. Too many wars, too many deaths, too many mutilated orphans and mothers with no more children. We are all pawns moved by the power of evil, deluded with ridiculous motivations to accept, to give blood and hopes together at our tomorrows. It's as if everything lost color, as if the skies darkened and the springs dressed in mourning and everything, everything became the grayness that precedes the darkness. In this dark snowfall, writing about love and the flowers of joy seems like an insult, like sea foam colored with blood. Pain does not have a passport, injustice loves no one and steals everything from everyone: the victims' life, the executioners' humanity. The verses therefore taste like mud, the words are no longer golden tiles in the magnificence of a mosaic, but only the soot of an infernal fire, the thirst of the thirsty, the bitter impotence of fathers, the acid tears of mothers. Words become empty shells, leftovers of life, footprints in the sand or snow of those who are no longer there. The light abandons every heart and extinguishes churches, souls, dries up the throat and pushes poets and dreamers to hide in the depths of the earth to also pay their price to the madness of history.
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schizografia · 9 months ago
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Quale paese sopporta con piacere i propri poeti? I propri poeti vivi, voglio dire, poiché, quanto ai morti, è noto come non esista paese che non adori i suoi.
Luis Cernuda
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canesenzafissadimora · 22 days ago
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Cinque sono le cose che un uomo
impara dalla natura,
i modi in cui il bosco ti guarisce:
Dagli alberi ho imparato che la
solitudine non mi era nemica
e che il silenzio è un’arte,
che per crescere ci vuole pazienza,
che dalle nostre radici
traiamo forza.
Ma che dobbiamo anche avere
il coraggio di slanciarci verso
il cielo con i nostri rami
e di coltivare i nostri sogni,
perché non di solo terra e
non di solo pane vive l’uomo.
Dai fiori che hanno appena una
manciata di mesi per assaporare
il tepore della primavera,
il fulgore dell’estate,
ho imparato che essere fragili
è una forza, ed essere mortali
non deve essere un freno.
Ho capito che non voglio più sprecare
il mio tempo dando ascolto
a quelli che «pretendono
di sapere tutto ed è l’unica cosa
che sanno».
Non voglio più lasciarmi vivere
e sopraffare dall'abitudine,
invece «di amare come i poeti,
invece di conoscere
come gli scienziati».
Dalla pioggia ho imparato
a distinguere ciò che è superfluo
da ciò che è essenziale.
Corteccia, rami, foglie, tutti gli
abbellimenti che ornano la vita,
il lavoro, la casa, l’auto, i vestiti,
la pioggia li spazza via, ciò che resta,
ciò che resiste sono la famiglia,
gli amici, i figli.
Le cose che abbiamo amato
e ci hanno fatto diventare
ciò che siamo.
Le fondamenta.
Dalla terra ho imparato a onorare
il passato.
La terra è memoria,
perché nella terra riposano i nostri
morti.
E la memoria ti nutre,
perché come puoi essere qualcuno,
se non ricordi chi eri o non sai
da dove vieni?
Infine quando il vento sussurra
e ti sembra di sentire ogni singola
foglia staccarsi e volteggiare
nell'aria, come un rimbombo
che divora ogni cosa,
ti senti leggero, tanto leggero
da poter vagare nel cielo
inseguendo le nubi
che si rincorrono nell'aria.
Dal vento ho imparato la cosa
più preziosa: a lasciar
andare il rimorso, i rimpianti,
e i rimproveri che muovevo
alla mia anima
“di non essere stata all'altezza”,
la rabbia e le delusioni che il tempo
ti fa accumulare, perché un giorno
non avrà importanza chi aveva torto
o chi aveva ragione,
ma rimpiangeremo soprattutto i
“ti amo” che non abbiamo detto,
gli abbracci che non abbiamo dato.
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G.Middei
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abatelunare · 7 months ago
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Di letture poetiche
Può essere l'abbia detto. Leggo molta più prosa rispetto alla poesia. Non so come mai. Credo di essermi specializzato, come lettore. I poeti che figurano nel marasma da me definito libreria non sono tantissimi. La loro nazionalità è per lo più italiana. Dante Alighieri, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Sergio Corazzini, Guido Gozzano, Giovanni Pascoli, Francesco Petrarca, Giosuè Carducci (che sa essere d'una pesantezza senza pari e pure senza dispari), Trilussa, Cesare Pascarella, Toti Scialoja, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Umberto Saba, Alda Merini, Ada Negri, Andrea Zanzotto, Nanni Cagnone, Lorenzo Stecchetti, Giorgio Caproni, Giuseppe Giusti, Gaspara Stampa, Maurizio Cucchi. Questi sono i nomi che mi ricordo. Sicuramente ne avrò dimenticato qualcuno. Ma non dovrebbero aversene a male. Sono tutti morti. Almeno credo, ecco.
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ospiteepasseggero · 1 year ago
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Ecco le parole (Mahmud Darwish)
trad. dall'arabo (Palestina) di Chirine Haidar
Ecco le parole volteggiarmi nel pensiero.
Nel pensiero, una terra dal nome celeste portata
dalle parole.
I morti non sognano molto, e se sognano
nessuno credo ai loro sogni.
Ecco le parole volteggiarmi nel corpo,
ape dopo ape.
Se scrivessi l'azzurro sull'azzurro,
le canzoni verdeggerebbero
e mi tornerebbe la vita.
Attraverso le parole ho trovato la strada più breve
verso il nome.
I poeti non gioiscono molto, e se
gioiscono non li crede nessuno.
Ho detto: Sono ancora vivo
perché vedo le parole
volteggiarmi nel pensiero.
Nel pensiero, una canzone oscilla
tra presenza e assenza,
non apre la porta
se non per chiuderla. Una canzone
sulla vita della nebbia, ma che obbedisce
soltanto alle parole che ho dimenticato!
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fotografia di vitalberata, giampaolo de pietro
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valarinde · 1 year ago
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Con la fine della persecuzione, il sabba si dissolse. Negato come evento reale, relegato in un passato non più minaccioso, esso alimentò l’immaginazione di pittori, di poeti, di filologi. Ma i miti antichissimi confluiti, per un tempo tutto sommato breve (tre secoli) in quello stereotipo composito, sono sopravvissuti alla sua scomparsa. Essi sono ancora attivi. L’esperienza inaccessibile che l’umanità ha espresso simbolicamente per millenni attraverso miti, favole, riti, estasi, rimane uno dei centri nascosti della nostra cultura, del nostro modo di stare al mondo. Anche il tentativo di conoscere il passato è un viaggio nel mondo dei morti.
— Carlo Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba.
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ladrodiciliegie · 1 year ago
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È strano ma ognuno di noi nella propria vita tocca un apice. Una volta raggiunto, non può che scendere. È inevitabile. Nessuno però sa dove sia il proprio apice. La linea di confine può presentarsi all'improvviso, quando si crede di essere ancora al sicuro. Nessuno lo sa. Alcuni possono raggiungere quel culmine a dodici anni. Da quel momento in poi la loro vita scorrerà nel più monotono tran tran. Alcuni continuano a salire fino alla morte. C'è chi muore nel suo massimo splendore. Molti poeti e musicisti hanno vissuto in modo febbrile e sono morti a trent'anni per aver bruciato i traguardi troppo in fretta. Picasso a ottant'anni passati realizzava ancora quadri pieni di vigore, ed è morto serenamente senza sperimentare il declino. È impossibile conoscere il proprio destino senza averlo percorso fino in fondo
Murakami Haruki - Dance, dance, dance
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cutulisci · 2 years ago
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Ulteriori motivi per cui i poeti mentono
Perché l’attimo in cui la parola felice si esprime, non è mai l’attimo felice. Perché all’assetato la sete non consente di pronunciarla. Perché in bocca al proletariato la parola proletariato non compare. Perché colui che dispera non ha voglia di dire: “Sono un disperato”. Perché orgasmo e Orgasmo non sono compatibili tra di loro. Perché il moribondo, lungi dal dichiarare: “Adesso muoio”, non emette che un sordo rantolo, a noi incomprensibile. Perché sono i vivi che rompono i timpani ai morti con le loro angosciose notizie. Perché le parole vengono troppo tardi, o troppo presto. Perché di fatto è un altro, sempre un altro, colui che parla, e perché quello di cui si sta parlando tace.
Hans Magnus Enzensberger
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byebyebombay · 2 months ago
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Tutti Fenomeni - Valori aggiunti
"Voglio vivere solo i giorni lunghi/E comunicare solo coi gerundi/Voglia di uccidere persino i defunti/I poeti morti ti spezzano il cuore/I poeti morti non tagliano il pane/Non portano il cane, non hanno tatuaggi/I poeti vivi hanno gli aggettivi/Per gratificare i nuovi primitivi/I poeti morti non tagliano il pane/Non portano il cane, non hanno tatuaggi/I poeti vivi hanno gli aggettivi/Per gratificare i nuovi primitivi/A lunga gittata sugli aperitivi"La grande gioia di essere vivi"
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ypsilonzeta1 · 3 months ago
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Siamo poeti
vogliateci bene da vivi di più
da morti di meno
che tanto non lo sapremo
Vivian Lamarque
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Um espelho,uma reflexão 🩷
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lorenzospurio · 10 months ago
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N.E. 01/2023 - "Diario Mille novecento novanta nove di Zeichen", poesia di Gabriella Sica
Caro il bel tempo lontano e felice quand’erano i capelli neri e sono ora per pensare tutti bianchi la gente non ama i poeti vivi li vuole senza corpi che parlino da vivi ma morti e tu caustico e indispettito annoiato come sarai in paradiso da morto ti fai vivo con i Diari postumi ben esposti. Tutti ci convochi alla bella luce come eravamo nel fatidico anno mille novecento novanta…
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