#pochi ducasse
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Original title: El Encargado.
#tv shows#tv series#polls#the one in charge#el encargado#guillermo francella#gabriel goity#pochi ducasse#2020s series#argentinian series#have you seen this series poll
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Hojas verdes de otoño (Fabio Junco, Julio Midú - 2019)
#Hojas verdes de otoño#Julio Midú#Fabio Junco#Marcelo Subiotto#Osvaldo Santoro#Pochi Ducasse#Nélida Franco#Mariano Bertolini#Argentina#peliculas argentinas#cinema latinoamericano#latinoamerica#Saladillo#Buenos Aires#familia#América Latina#drama film#Latin America#Comedia Drama#Bautista Midú#emociones#soledad#ancianos#amistad#empatía#amor#cariño#Cine con vecinos#pobreza#adolescentia
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Eliseo va a ir por todos para crear su imperio… “El Encargado · Temporada 3”
Esta entrega encuentra a Eliseo asistiendo como orador a una convención interamericana de encargados en Río de Janeiro, Brasil. Allí, rodeado de sus pares, tiene una revelación sobre el próximo paso en su vida profesional: fundar su propia empresa de encargados.
Es así como convencerá a diversos consorcios de contratar sus servicios y a los encargados de unirse a él. Aunque las cosas serán bastante más complicadas de lo que él imaginó, Eliseo nunca se rendirá e irá por todo.
Estreno: 19 de julio de 2024 en Disney+.
youtube
Creada por Mariano Cohn y Gastón Duprat, la tercera temporada cuenta con las actuaciones de Guillermo Francella, Gabriel Goity, Manuel Vicente, Gastón Cocchiarale, Pochi Ducasse, Daniel Aráoz, Claudia Fontán, Pepe Novoa, José María Listorti, Alan Sabbagh, Darío Barassi, Benjamín Vicuña, Norman Briski, entre otros.
#El Encargado#Guillermo Francella#Gabriel Goity#Manuel Vicente#Gastón Cocchiarale#Pochi Ducasse#Daniel Aráoz#Claudia Fontán#Pepe Novoa#José María Listorti#Alan Sabbagh#Darío Barassi#Benjamín Vicuña#Norman Briski#Series#Disney+
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Vi ho già parlato di VARSAVIA e di quanto mi abbia entusiasmata e mi sia piaciuta. Ora voglio parlarvi delle possibilità culinarie di alto livello a prezzi ragionevoli, stante il vantaggioso rapporto di cambio, zloty/euro. Se siete gourmet, appassionati di cucina o buone forchette Varsavia è il luogo che fa per voi, non lo avreste mai immaginato, vero!?
La cucina tradizionale polacca è frutto della sua storia fatta di invasioni, che ha portato a molte contaminazioni in cucina: ebraica, francese, italiana e tedesca, sono le principali influenze; è una cucina piccante, basata su carne, patate e dove sono molto utilizzate spezie come: pepe, ginepro e noce moscata.
La sorpresa è che la capitale polacca è in piena evoluzione anche per quanto riguarda le sue cucine. Si perché giovani e dinamici chef, cresciuti nelle pregiate cucine di Francia, Italia e Spagna, una volta tornati in patria, hanno dato alla tradizionale cucina polacca un tocco di incredibile modernità e raffinatezza che porta Varsavia a essere meta ambita anche per quanto riguarda i ristoranti.
Ma veniamo al dunque e quindi all’aspetto interessante e che ha reso la visita a Varsavia ancor più interessante e cioè i numerosi ristoranti gourmet che vi elenco qui sotto e che, ripeto, per noi, stante il favorevole rapporto di cambio tra l’euro e la moneta locale, sono anche molto alla portata. Varsavia vanta ben 34 ristoranti segnalati Michelin, uno dei quali con una stella.
Ecco quindi alcuni imperdibili ristoranti di Varsavia:
Atelier Amaro
È il primo ristorante polacco ad aver ricevuto la stella Michelin. Ristorante elegante con vista sul parco. La cucina del talentuoso chef Wojciech Modest Amaro sente le influenze di Ferran Adrià, con il quale ha lavorato. Cucina creativa e molto tecnica che utilizza solo prodotti di stagione. Il ristorante propone menu degustazione da 5 o 8 portate, che consiglio. Da provare il foies gras. Il prezzo va dai 30,00 ai 70,00 euro. La prenotazione è obbligatoria. Ubicazione: Agrykola 1, 00-460 Varsavia. Sito Web
ph: #instagram @modest9amaro
Concept 13
Il ristorante si trova all’ultimo piano del luxury store Vitkac. Se ci andate per pranzo godrete dell’incredibile luce che entra dalle grandi vetrate e della vista sui tetti di Varsavia. La cucina è creativa, i piatti delicatissimi e ovviamente buonissimi. Ricordo con piacere il Foie gras con zucca e olivello spinoso e lo Żurek, la zuppa tipica polacca con funghi e farina di segale fermentata e l’Anatra con carote e mandarini. Ottimo rapporto qualità prezzo, in linea con i ristoranti di pari livello della capitale polacca. Segnalato Michelin e Gault & Millau. Ubicazione: Bracka 9, 00-501 Varsavia. Sito Web
ph: #instagram @concept_13
Dyletanci
Ristorante, winebar e wineshop. Il proprietario è un importatore di vini e quindi la carta vini è più che all’altezza, ottima e ricca scelta di vini francesi. Bravissimo lo chef Rafał Hreczaniuk che ha lavorato in ristoranti come Chapter One e L’Ecrivain di Dublino. I piatti sono un’incredibile armonia di ingredienti e sapori. Consiglio la scelta di un menu. Per palati esigenti! Segnalato Michelin e Gault & Millau. Ubicazione: Rozbrat 44A, 00-419 Varsavia. Sito Web
ph: #instagram @dyletanci
Kieliszki na Hozej
Ristorante aperto da pochi mesi dallo stesso proprietario del ristorante Kieliszki na Próżnej. Lo chef Dawid Balana ha chiaramente una mano francese, si è laureato a pieni voti alla scuola di Alain Ducasse. La scelta dei vini è eccellente e il sommelier preparatissimo. La formula del menu che consente di assaggiare tanti “mezè” ed è la cosa migliore. Piatti eccellenti dalle cipolle ripiene con maiale, grano saraceno e funghi alla zuppa di patate con porri e tartufo, dal rombo con topinambur alle alette d’anatra e crocchette. Segnalato Michelin. Ubicazione: Hoża 41, 00-681 Varsavia. Sito Web
ph: #instagram @kieliszkinahozej
Elixir by Dom Wódki
Conosciuto come un locale dove in accompagnamento alla cucina si beve vodka (ne hanno tantissime e vodke incredibili), in realtà la cucina è di grande livello. Lo chef Michael Tkaczyk ha una mano molto felice, in particolare, nel riproporre piatti della tradizione senza stravolgerli. Lo Żurek, il migliore di tutta la Polonia, che prepara con bacon, patate, uova di quaglia, pancetta croccante ed emulsione di maggiorana è la fine del mondo. Da assaggiare i Pierogi ripieni con salmone, crauti, coriandolo e cumino nero o quelli all’anatra, barbabietole e mele cotogne. Segnalato Michelin e Gault & Millau. Ubicazione: Wierzbowa 9/11, 00-094. Sito Web
ph: #instagram @elixir_by_domwodki
Merliniego 5
Ristorante e wine bar, anche questo è il posto adatto per gli amanti del buon cibo e del buon vino. Si sviluppa su due livelli: al piano terra il bar, ideale per un aperitivo o pranzo veloce, al secondo piano il ristorante. Oltre a dell’ottimo pesce, il ristorante è specializzato nella carne come Black Angus e Kobe. La cantina propone vini provenienti da tutto il mondo. Prenotazione obbligatoria per cena. Ubicazione: Merliniego 5, 02-511. Sito Web
ph: #instagram @restauracjamerliniengo
Butchery and Wine
Della stessa famiglia dei Kieliszki. Il piatto forte è la carne soprattutto di manzo e alla griglia, con un ottimo calice di vino, la cantina e ben fornita. Sul piatto troverete prodotti di ottima qualità. Oltre alle ottime carni locali offrono le migliori carni importate da: Irlanda, Inghilterra, Australia, Stati Uniti e Uruguay. Ampia la carta dei vini. L’ambiente è accogliente, con cucina a vista. Ottimo rapporto qualità prezzo. Segnalato Michelin e Gault & Millau. Ubicazione: Żurawia 22, 00-515 Warszawa. Sito Web
ph: #instagram @butcheryandwine
N31 restaurant&bar
L’unico non segnalato Michelin ma che secondo me vale molto la pena. Ristorante elegante e raffinato di proprietà di Robert Sowa, gli chef sono Grzegorz Birek e Robert Wojnarowski e lo chef pasticcere Krzysztof Kopciński. Piatti preparati con straordinaria maestria, lavorazione incredibile dell’ottima materia prima. Grande soddisfazione per il palato. Il personale sempre presente e mai invadente. Provate l’anatra! Anche qua come ottima carta vini. Segnalato Gault & Millau. Ubicazione: Nowogrodzka 31, 00-511 Varsavia. Sito Web
ph: #instagram @n31_restaurant
Altri ristoranti segnalati Michelin sono:
Salto, Wilcza 73, 00-670 Varsavia Sito Web; Nolita, Wilcza 46, 00-679 Varsavia Sito Web; Senses, Bielańska 12, 00-085 Varsavia Sito Web; Tamka 43, u. Tamca 43 00-355 Varsavia Sito Web; Marconi (Hotel Bristol), Krakowskie Przedmieście 42/44, 00-325 Varsavia Sito Web; Kieliszki na Próżnej, Próżna 12, 00-801 Varsavia Sito Web; Mokotowska 69, Ulica Mokotowska 69/Plac Trzech Krzyzy,00-530 Varsavia Sito Web; Alewino, Mokotowska 48, 00-543 Varsavia Sito Web; Strefa, Próżna 9, 00-107 Varsavia. Sito Web; Platter by Karol Okrasa, Emilii Plater 49 Sito Web; Fusion, al. Jana Pawla Ii 21, 00 854 Varsavia Sito Web; Bistro de Paris Michel Moran, plac Marszałka Józefa Piłsudskiego 9, 00-078 Varsavia Sito Web; Dom Polski, Belwederska 18A, 00-762 Varsavia Sito Web.
E non è finita qui…. Avete capito a Varsavia si va anche per mangiare egregiamente!
Varsavia: cucine gourmet a prezzi pop Vi ho già parlato di VARSAVIA e di quanto mi abbia entusiasmata e mi sia piaciuta. …
#dove mangiare a varsavia#foddtravel#mangiare a varsavia#migliori ristoranti varsavia#ristoranti gourmet varsavia#ristoranti varsavia#ristorati da non perdere varsavia
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I canti di Maldoror - Poesie - Lettere
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I canti di Maldoror - Poesie - Lettere
«Quella di Lautréamont – spiega Lanfranco Binni nell’introduzione – è un’opera che coinvolge e travolge, chiama in causa le più diverse posizioni culturali, i significati comuni e quelli non comuni, la morale e le concezioni del mondo, la letteratura e la scrittura. Un’opera che mette a dura prova le categorie rassicuranti della razionalità e dell’immaginazione, del Bene e del Male, perché, seguendo un itinerario e un metodo personalissimi, sperimenta gli estremi, attraversa le antinomie e giunge a superarle, istituendo un terreno avvenire, metaforico nel significato retorico del termine; nello stesso senso, pochi mesi dopo la morte di Isidore Ducasse, Rimbaud scriverà: La Poesia non ritmerà più l’azione; essa sarà in avanti, oppure non sarà».
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Una meta charmant. Il Principato di Monaco
I suggerimenti più glamour per un soggiorno nei quartieri storici del Principato di Monaco
Il Principato di Monaco, che da sempre attrae per la sua aurea regale, in primavera risveglia i sensi: le rose che tornano a fiorire regalano nuovi odori, l’offerta enogastronomica rinnova i sapori, le Spa rigenerano corpo e anima e i tramonti sul mare garantiscono visioni spettacolari.
Con una premessa del genere non possiamo certamente rimanere sedute davanti a un computer. Prepariamo la valigia e andiamo insieme alla scoperta del Principato di Monaco.
Non distante dalla nostra amata Italia sorge il Principato di Monaco, città-stato indipendente conosciuta per l’eleganza degli edifici, le ripide scogliere a picco sul mare e il mix di lusso e tradizione.
Tra i suoi quattro quartieri storici troviamo Monte Carlo, meta incantevole da cui comincia il nostro viaggio; Monaco-Ville, il quartiere più antico che sorge sull’originario nucleo fortificato; La Condamine, il cui porto ospita la sede dello Yacht Club de Monaco; Fontvieille, di fondazione risalente agli anni ’70 del secolo scorso.
Monte Carlo. Il quartiere del lusso e dello charme
Cominciamo la giornata con una colazione all’italiana da Cova, in Boulevards des Moulins, dove tradizione e lusso trovano il connubio perfetto.
Rimaniamo colpite dal suo design, che riprende lo stile raffinato dei Café milanesi, con l’unica ma sostanziale differenza che qui siamo sotto il sole della Costa Azzurra.
Ricaricate le energie, ci spostiamo in Piazza del Palais Princier. Qui ogni giorno alle 11.55 si svolge un particolare rituale che attrae chiunque desideri rivivere le tradizioni regali del passato: il cambio della Guardia dei Carabinieri del Principe.
Non solo, il Palais Princier è anche uno scrigno di tesori contenente opere d’arte inestimabili, con la sua galleria italiana e i suoi affreschi del XVI secolo. Trascorriamo così la mattinata all’insegna dell’arte e del passato, cose che sappiamo fare bene all’anima.
Per pranzo ci rechiamo nella prestigiosa Place du Casinò. Nel gennaio 2019, nella lussuosa cornice dell’Hotel de Paris, è stato inaugurato il nuovo ristorante Ômer del grande chef Alain Ducasse in grado di deliziare i palati più esigenti.
Ci lasciamo così ispirare dai piatti delle cucine della tradizione mediterranea. Dopo aver fatto esperienza di questi profumi e sapori, decidiamo di dedicare il pomeriggio allo shopping.
A pochi passi dalla centralissima Place du Casinò sorge il Métropole Shopping Center: luogo esclusivo dove passeggiare tra gli oltre 80 negozi e boutique di brand famosi in tutto il mondo.
Concludiamo la giornata sorseggiando un cocktail rinfrescante dal rooftop panoramico sul mare Mediterraneo del Nikki Beach, da cui godiamo di un romantico tramonto.
Il Nikki Beach è adatto agli amanti della vita mondana, in quanto frequentato da celebrities; agli amanti dello sport, per l’affaccio sulla celebre “curva Fairmont” che regala una posizione privilegiata per assistere al Gran Prix di Formula 1; e a chi ama deliziare il palato, grazie ai suoi piatti gourmet.
Ebbene si, Monte Carlo sa adattarsi a tutti i gusti, anche a chi è alla ricerca di relax: le Thermes Marins sono il regno del benessere monegasco.
I suoi servizi esclusivi, quali idroterapia, massaggi manuali rilassanti e trattamenti tecnologici all’avanguardia, consentono di rigenerare mente e corpo.
La piscina panoramica con acqua di mare e il ristorante Hirondelle, che mette a disposizione prodotti freschi di stagione, ci regalano il benessere e l’equilibrio per concludere al meglio il nostro soggiorno a Monte Carlo.
La Condamine, Monaco-Ville, Fontvieille
La Condamine è famoso per il suo mercato storico, punto di incontro per monegaschi doc, produttori locali, fioristi e fruttivendoli.
I palati più golosi qui possono degustare le eccellenze gastronomiche del Principato di Monaco: i tipici Barbajuan, ravioli fritti ripieni di formaggio e spinaci; la Pissaladière, deliziosa focaccia rustica con cipolle, acciughe e olive; e molto altro ancora.
Non solo cibo a La Condamine: la Brasserie de Monaco, situata a Port Hercule, offre agli intenditori una selezione di birre dal gusto autentico dei malti biologici.
A Monaco-Ville sorge il Tempio del Mare: il museo oceanografico situato presso i giardini Saint Martin ed edificato sotto l’egida di S.A.S Principe Alberto I.
Ospita oltre 6000 specie di rara bellezza, dal microcosmo che popola la barriera corallina alle vasche dedicate alla fauna del Mediterraneo.
Fontvieille è uno dei quartieri più romantici e charmant del Principato di Monaco. In particolare vi consigliamo di visitare il roseto in memoria della Principessa Grace.
Soprattutto nel mese di maggio, quando le rose tornano a fiorire, gli oltre 4000 roseti con oltre 150 varietà provenienti da tutto il mondo offrono lo scenario adatto a piacevoli passeggiate in coppia.
Spostandosi poi sul porto di Fontvieille è possibile concedersi una degustazione di ostriche presso una romantica ambientazione ai piedi del Palazzo dei Principi Grimaldi.
Uno scenario regale suggellato da un calice di vino. Il colore caldo del tramonto tinge le bollicine di riflessi dorati. I bicchieri si sollevano all’altezza del viso e le labbra accennano un dolce sorriso. Concludiamo così il nostro soggiorno, brindando a tutto lo charme del Principato di Monaco!
Chiara Pompeo
Per maggiori informazioni: www.visitmonaco.com
Lo charme del Principato di Monaco Una meta charmant. Il Principato di Monaco I suggerimenti più glamour per un soggiorno nei quartieri storici del Principato di Monaco…
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Familia sumergida
Título: Familia sumergida
Título Original: Familia sumergida
Género: Drama
Nacionalidad: Argentina
Año: 2018
Director: María Alche
Guión: María Alche
Reparto: Mercedes Morán, Esteban Bigliardi, Marcelo Subiotto, Ia Arteta, Laila Maltz, Federico Sack, Diego Velázquez, Claudia Cantero, Mara Bestelli, Pochi Ducasse, Marina Glezer, Laura López Moyano
Sinopsis: Es verano en la ciudad de Buenos…
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“La cucina francese è il riferimento in materia tecnica di tutta la gastronomia mondiale. Può contare sulla più ampia varietà di modalità di cottura: grillé, sauté, rôti, poêlé, mijoté, à l’étouffée, poché – mentre le altre tradizioni culinarie si basano su un esiguo numero di tecniche. Ha inventato una gamma unica di sauces, bouillons, jus, fumets, marinades ed émulsions. Padroneggia perfettamente la tecnica di concentrazione dei sapori. Infine, opera con una gamma estremamente ampia di prodotti, sapori e texture con cui solo la cucina asiatica può competere.” Queste parole di Alain Ducasse descrivono in sintesi come si è forgiata la cifra stilistica di Matteo Lorenzini, executive chef del SE·STO On Arno dal 2015. Fra i pochi allievi italiani del maestro francese ad aver prestato servizio nelle sue brigate per oltre sei anni, che si può fregiare dell’attitudine ad evangelist della haute cuisine française. Venerazione che si svela durante i suoi rari, per scelta, cooking show, quando illustra ad esempio la distinzione manichea fra la cucina francese, unica alta cucina e tutte le altre, del resto del mondo, che pariteticamente, come in un globale secondo posto ex aequo, si aggiudicano l’appellativo di cucine etniche. Il rigore, la dedizione e la minuziosaggine di chef Lorenzini raggiungono livelli che gli forniscono l’energia per approcciare il suo lavoro quotidiano oltre il passe come se fosse l’allenamento per la finale del MOF. Il concorso vinto nel 2011 da Philippe Mille, che Lorenzini affiancò negli allenamenti, durante la sua tappa professionale a Les Crayères. La tecnica è lo strumento per spianare la strada verso la perfezione di esecuzione, partendo dall’assunto che tutto è sempre perfettibile, evitando scientemente i punti di arrivo, in una inarrestabile progressione verso il miglioramento. Questa sua propensione è palpabile nelle salse, dalla consistenza impeccabile e nelle gelatine di rara trasparenza e lucentezza. Si principia con un’ode alla Toscana, dove il popolare coccolo, la pasta fritta immancabile in apertura di menu nelle trattorie, qui non poteva che essere proposto nella sua versione Black Tie, facendosi elegante sostegno di una lamella di tartufo nero e una di pata negra. L’ostrica è servita tiepida, con una spuma al lime di cui si impregnano le perle di tapioca contenute nella conchiglia, con la nota data dalla foglia di coriandolo, percepita di freschezza da chi non possiede la variazione genetica che la fa invece riscontrare saponosa.
Ostrica, perle di tapioca, lime
Coccoli, pata negra, tartufo
È con la capasanta e il granchio marinati, attorniati da una vivida e cristallina fine gelée de poisson de roche che si preme il tasto del teletrasporto verso il Louis XV, tempio della formazione ducassiana di Lorenzini, qui alla dolcezza del crostaceo e del mollusco si frappone lo iodio della salsa di salicornia e del caviale, dove i sapori rivaleggiano per affermare ciascuno la propria supremazia di intensità e persistenza. Il turbante di udon, è la prova della caparbietà che riesce a perfezionare qualcosa già considerato oggettivamente perfetto come il turbante di spaghetti di Joël Robuchon. L’alternativa orientale alla pasta che pur rimanendo al dente è molto più malleabile nella disposizione circolare. Il gusto dirompente del ristretto di astice blu viene attenuato dall’emulsione di Albufera e dal tartufo nero.
Udon, astice blu, emulsione di Albufera, tartufo nero
Capasanta e granchio marinati, gelatina di pesci, caviale
Di una gustosità ostinatamente shocking il fumetto di scoglio in cui viene cotto il riso, presentato con gamberi rosa crudi e le tenui note salmastro-erbacee della salicornia. La delicatezza dell’ombrina è rinvigorita dall’astringenza tannica dei carciofi e della salsa di topinambur dalla texture ineccepibilmente raffinata; la salsa barigoule, memoria dell’omaggio a Ducasse del periodo Tre Lune, con un generoso contributo di tartufo bianco. Elegantemente avvolgente la succulenza del millefoglie di cubetti di vitello intervallati da altrettanti di foie gras, entrambi arrostiti, con un incisivo ristretto a spingere sulla persistenza gustativa. Congiunto ad un cilindro di patata impinguata di rigatino, lievemente contrastato dal limone. Una sorta di gratin dauphinois del granducato.
Riso cotto nel fumetto di scoglio, gambri rosa
Ombrina, carciofo, topinambur, barigoule, tartufo
Millefoglie di vitello e foie gras, cilindro di patate al rigatino
Il resettaggio del palato è appannaggio dell’amarognolo e dell’asprigno della rucola in modalità sorbetto, unito alla freschezza di una gelatina alla birra di zenzero. Luca Tempestini e Simone Dimotta redigono la proposta dei dessert che classicheggia con accenti di contemporaneità. Come il Giardino zen ai cioccolati e frutti tropicali composto da differenti espressioni di cioccolato Manjari al 64% Valrhona, dalla tenace acidità interrotta da note fruttate, per questo accompagnate da mousses di frutti esotici.
Sorbetto alla rucola, gelatina di ginger beer
SE·STO on Arno Rooftop Restaurant Piazza Ognissanti, 3 – Firenze Tel. 055 27151
Se.Sto on Arno a Firenze, Chef Matteo Lorenzini
“La cucina francese è il riferimento in materia tecnica di tutta la gastronomia mondiale. Può contare sulla più ampia varietà di modalità di cottura: …
Se.Sto on Arno a Firenze, Chef Matteo Lorenzini “La cucina francese è il riferimento in materia tecnica di tutta la gastronomia mondiale. Può contare sulla più ampia varietà di modalità di cottura: …
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“La cucina francese è il riferimento in materia tecnica di tutta la gastronomia mondiale. Può contare sulla più ampia varietà di modalità di cottura: grillé, sauté, rôti, poêlé, mijoté, à l’étouffée, poché – mentre le altre tradizioni culinarie si basano su un esiguo numero di tecniche. Ha inventato una gamma unica di sauces, bouillons, jus, fumets, marinades ed émulsions. Padroneggia perfettamente la tecnica di concentrazione dei sapori. Infine, opera con una gamma estremamente ampia di prodotti, sapori e texture con cui solo la cucina asiatica può competere.” Queste parole di Alain Ducasse descrivono in sintesi come si è forgiata la cifra stilistica di Matteo Lorenzini, executive chef del SE·STO On Arno dal 2015. Fra i pochi allievi italiani del maestro francese ad aver prestato servizio nelle sue brigate per oltre sei anni, che si può fregiare dell’attitudine ad evangelist della haute cuisine française. Venerazione che si svela durante i suoi rari, per scelta, cooking show, quando illustra ad esempio la distinzione manichea fra la cucina francese, unica alta cucina e tutte le altre, del resto del mondo, che pariteticamente, come in un globale secondo posto ex aequo, si aggiudicano l’appellativo di cucine etniche. Il rigore, la dedizione e la minuziosaggine di chef Lorenzini raggiungono livelli che gli forniscono l’energia per approcciare il suo lavoro quotidiano oltre il passe come se fosse l’allenamento per la finale del MOF. Il concorso vinto nel 2011 da Philippe Mille, che Lorenzini affiancò negli allenamenti, durante la sua tappa professionale a Les Crayères. La tecnica è lo strumento per spianare la strada verso la perfezione di esecuzione, partendo dall’assunto che tutto è sempre perfettibile, evitando scientemente i punti di arrivo, in una inarrestabile progressione verso il miglioramento. Questa sua propensione è palpabile nelle salse, dalla consistenza impeccabile e nelle gelatine di rara trasparenza e lucentezza. Si principia con un’ode alla Toscana, dove il popolare coccolo, la pasta fritta immancabile in apertura di menu nelle trattorie, qui non poteva che essere proposto nella sua versione Black Tie, facendosi elegante sostegno di una lamella di tartufo nero e una di pata negra. L’ostrica è servita tiepida, con una spuma al lime di cui si impregnano le perle di tapioca contenute nella conchiglia, con la nota data dalla foglia di coriandolo, percepita di freschezza da chi non possiede la variazione genetica che la fa invece riscontrare saponosa.
Ostrica, perle di tapioca, lime
Coccoli, pata negra, tartufo
È con la capasanta e il granchio marinati, attorniati da una vivida e cristallina fine gelée de poisson de roche che si preme il tasto del teletrasporto verso il Louis XV, tempio della formazione ducassiana di Lorenzini, qui alla dolcezza del crostaceo e del mollusco si frappone lo iodio della salsa di salicornia e del caviale, dove i sapori rivaleggiano per affermare ciascuno la propria supremazia di intensità e persistenza. Il turbante di udon, è la prova della caparbietà che riesce a perfezionare qualcosa già considerato oggettivamente perfetto come il turbante di spaghetti di Joël Robuchon. L’alternativa orientale alla pasta che pur rimanendo al dente è molto più malleabile nella disposizione circolare. Il gusto dirompente del ristretto di astice blu viene attenuato dall’emulsione di Albufera e dal tartufo nero.
Udon, astice blu, emulsione di Albufera, tartufo nero
Capasanta e granchio marinati, gelatina di pesci, caviale
Di una gustosità ostinatamente shocking il fumetto di scoglio in cui viene cotto il riso, presentato con gamberi rosa crudi e le tenui note salmastro-erbacee della salicornia. La delicatezza dell’ombrina è rinvigorita dall’astringenza tannica dei carciofi e della salsa di topinambur dalla texture ineccepibilmente raffinata; la salsa barigoule, memoria dell’omaggio a Ducasse del periodo Tre Lune, con un generoso contributo di tartufo bianco. Elegantemente avvolgente la succulenza del millefoglie di cubetti di vitello intervallati da altrettanti di foie gras, entrambi arrostiti, con un incisivo ristretto a spingere sulla persistenza gustativa. Congiunto ad un cilindro di patata impinguata di rigatino, lievemente contrastato dal limone. Una sorta di gratin dauphinois del granducato.
Riso cotto nel fumetto di scoglio, gambri rosa
Ombrina, carciofo, topinambur, barigoule, tartufo
Millefoglie di vitello e foie gras, cilindro di patate al rigatino
Il resettaggio del palato è appannaggio dell’amarognolo e dell’asprigno della rucola in modalità sorbetto, unito alla freschezza di una gelatina alla birra di zenzero. Luca Tempestini e Simone Dimotta redigono la proposta dei dessert che classicheggia con accenti di contemporaneità. Come il Giardino zen ai cioccolati e frutti tropicali composto da differenti espressioni di cioccolato Manjari al 64% Valrhona, dalla tenace acidità interrotta da note fruttate, per questo accompagnate da mousses di frutti esotici.
Sorbetto alla rucola, gelatina di ginger beer
SE·STO on Arno Rooftop Restaurant Piazza Ognissanti, 3 – Firenze Tel. 055 27151
Se.Sto on Arno a Firenze, Chef Matteo Lorenzini “La cucina francese è il riferimento in materia tecnica di tutta la gastronomia mondiale. Può contare sulla più ampia varietà di modalità di cottura: …
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Niko Romito alla conquista di Pechino
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Niko Romito alla conquista di Pechino
“Mi interessa creare un mio codice della grande cucina italiana contermporanea, capace di arrivare molto lontano. Dove gli ingredienti umili sono nobilitati dalla tecnica, e quelli sofisticati aggiustati e affinati con il tocco della semplicità”.
Avevamo già pubblicato per esteso il manifesto programmatico di Niko Romito nella sua più recente scommessa, insieme a Bulgari Hotels: portare la ricchezza della tradizione italiana, nella sua semplicità, in ogni angolo del mondo, come se fosse appena stata sfornata tra i monti attorno a Casadonna. E infatti è proprio a lì, nel Laboratorio di Niko, tra la panetteria e la cucina centrale del Reale, che Niko e i suoi scudieri si sono messi a pensare, preparare, catalogare e archiviare tutte le ricette per il progetto.
Gli scudieri in ordine di aperture: Claudio Catino, biscegliese doc (e Miglior sous chef per la Guida di Identità Golose 2017, quand’era al fianco di Andrea Berton a Milano) per il ristorante a Pechino, aperto da pochi giorni; Giacomo Amicucci, romagnolo, per il ristorante a Dubai (apertura entro la fine dell’anno) e Davide Capucchio, torinese, per il ristorante a Shanghai (apertura intorno a marzo 2018). L’idea, ambiziosa, in sostanza è quella di creare un tipo di cucina, di altissimo livello, verace e veritiera, che, un po’ alla maniera ducassiana, sia replicabile in ogni angolo del mondo. E una cucina per cui anche un (apparentemente) semplice spaghetto al pomodoro possa emozionare un commensale di Dubai, Milano o Pechino, tanto quanto un avventore delle montagne abruzzesi.
Facile a dirsi, ma terribilmente difficile da realizzare, soprattutto partendo da un parterre come quello cinese (Pechino il primo outpost aperto e Shanghai il terzo a venire appunto) dove la guida Michelin non ha osato mettere piede per anni perché non è semplice sia trovare sia il fornitore degli ingredienti, sia il materiale umano per questo tipo di endeaviour. Deficita l’esperienza, il senso del servizio inappuntabile, la conoscenza e ri-conoscenza dei sapori… in poche parole il software, o i soft skills direbbero i guru del marketing. Della serie: la replicabilità qui in Cina è un’opinione (e forse non è un caso che gli unici tre stelle nel China mainland non appartengono a scuderie tristellate alla Ducasse–Robuchon–Bombana). Ed è forse per questo che l’efficiente Antonio Saponara, napoletano GM dell’hotel Bulgari di Pechino, s’è circondato di una buona dozzina di italiani. Idem, Il Ristorante ha un parterre tricolore di tutto rispetto attorno a Claudio Catino, da Stefano Attardi, interno executive chef dell’hotel, a Dario Schiavoni, restaurant director, a Marco Morandini, sous chef, più altri 3 laowai in sala.
Gli ingredienti ci sono tutti. L’hotel è una meraviglia del made in Italy, con il gusto del design Bulgari, gli interni disegnati da Citterio, l’utilizzo delle maestranze del nostro paese, dalle suite alle amenities dei bagni fino alla gym e alle piscine. Il tutto in una mirabile location, proprio di fronte alla spianata delle ambasciate, a Chaoyang, a godersi di uno dei pochi polmoni verdi della città. A ogni angolo si respira l’anelito verso la perfezione. E anche alla guida del ristorante, in remoto, Niko Romito, e in loco lo chef di cucina Claudio Catino.
“L’entità della sfida”, ci racconta Catino, “l’abbiamo capita fin dal primo giorno di operatività, quando abbiamo toccato con mano la mole di impegno e l’attenzione richiesta per dar da mangiare a 300 persone” Tutte le ricette pensate e prodotte al Laboratorio in Abruzzo sono state soppesate, misurate, standardizzate e catalogate. “Anche il sale è stato pesato al milligrammo e codificato”. Ogni portata aveva una media di 4 minicontenitori per commensale…” moltiplicato per 300! La cucina deve essere sembrata l’armata dell’esercito di terracotta di Xi’an.
Il piede di partenza è quello giusto: è cosi che l’estrazione di brodo vegetale Assoluto, con un tocco di champagne, e l’infuso di funghi (dello Yunnan) sono davvero l’esplosione in bocca che non ti aspetti dichiarata programmaticamente da Niko. L’Antipasto all’italiana è una splendida parade di tutto ciò che la tradizione dei carrelli all’italiana ha prodotto, in un secolo tra una regione e un’altra. Il Maialino croccante cotto 12 ore a 72 gradi è una delizia, cosi come la lasagna: il primo ha come coup de maître una salsa all’arancia, la seconda il sentore di scorza di limone, a significare la passione di Romito per il tocco agrumato.
La Pasta mista con pomodoro, seppie, aglio e prezzemolo e lo spaghetto al pomodoro sono i segnacoli del sic et simpliciter romitiano. Attenzione solo ad alcuni ingredienti come il melone (nel Prosciutto e melone) che rispondono più ai dettami di madre Terra che a quelli della replicabilità. Come al Reale, ci sono due menu degustazione: uno da condivisione (1388 rmb, circa 180 euro) e uno più aspirational “degustazione” da 1688 rmb, 217 euro).
Leggi anche Niko Romito: il mio progetto con Bulgari
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Non parlateci, con Michelangelo Mammoliti, rischiate di sentirvi inadeguati per ragioni anagrafiche. Chef de La Madernassa, bellissimo ristorante di Langa immerso nel verde, compreso quello dell’orto che fa capolino quasi in ogni piatto del menu) Mammoliti ha ricevuto quest’anno la prima stella Michelin. Buona parte di noi alla sua età (31 anni) stanno ancora decidendo cosa fare da grandi, alcuni devono ancora capire come si smaltisce l’hangover della sera prima. Il giovane chef è uno di quelli che dà l’impressione di non essersela mai presa, una sbornia. Ha l’aria del giovane serio che si rimbocca le maniche e lavora duro. Non deve per forza stare simpatico un tipo così. Ma non c’è dubbio che su di lui si possa scommettere, voleva la stella Michelin e l’ha avuta, in segreto starà già cercando di capire come si arriva alla seconda. Ne parla come se ci fosse una formula magica per entrare nelle grazie della “Rossa”. Se esiste, lui la possiede, l’ha ottenuta lavorando nelle cucine francesi più accreditate, prima di tutte quella di Alain Ducasse. Se non s’impara dietro quei fornelli, come conquistare gli ispettori Michelin, forse è il caso di lasciar perdere. Non è il caso di Mammoliti, piemontese di nascita che dalla Francia ha portato con sé un accento stravagante, la passione per le salse e i fondi, un’attenzione spasmodica per i dettagli.
Cosa si mangia a La Madernassa
Come in tutti i luoghi di grande tradizione gastronomica, la ristorazione langarola ha una sola, inviolabile, regola: dalla tradizione non si prescinde. Tutti i menu, da queste parti, parlano di territorio. Non quello de La Madernassa, ma solo in apparenza. Perché se il focus sembra essere su piatti d’ispirazione orientale, o internazionale come gli stravaganti spaghetti BBQ (buonissimi), in realtà sanno di Langhe, senza che tu te ne accorga. «Chi l’ha detto che cucinare il territorio significa fare sempre le stesse cose? – spiega Mammoliti – Provo a reinventare la tradizione a modo mio, e la rispetto attraverso la cura per gli ingredienti locali». Per esempio, negli spaghetti BBQ di cui sopra (16 euro) c’è un brodo di prosciutto crudo di Cuneo. O ancora, se un piatto come “Sottobosco” (Mousseline di patate della Bisalta affumicate, quinoa cotta in un brodo di sottobosco, lumache in fricassee, 22 euro) ci sembra la firma sotto una dichiarazione d’amore per la cucina francese, è perché dimentichiamo che le lumache sono di casa anche a Cherasco. Se ci si chiede il perché della presenza di una noce di capasanta arrostita nella sua conchiglia in un menu langarolo, Mammoliti spiega che aggiunge burro di tartufo bianco d’Alba e una salsa alla bagna cauda (24 euro). Altro esempio a sostegno della tesi: la trota con scorzanera, gamberi di fiume e emulsione di acetosella (24 €) è stata pescata proprio lì accanto, quella stessa mattina, dallo chef in persona (non ci credete? Fatevi mostrare le foto). Solo chi si sente tutt’uno con il posto in cui lavora, nonché un perfezionista refrattario alla delega (come tutti i perfezionisti), decide di pescare personalmente ciò che qualche ora dopo dovrà cucinare. Ed è per questo che ogni piatto è così personale. La personalità dello chef si presenta piatto dopo piatto, solo così si possono comprendere e raccontare piatti che sembrano improvvisati come “Astrattismo omaggio a Kandisky” (16 euro), o “Infanzia” (18 euro), un carciofo stufato con tuorlo d’uovo confit in olio di guanciale, segatura di pane e infusione alla mortadella. Tra le cucine di prestigio in Langa, terra che si sta prendendo le soddisfazioni che merita dal punto di vista gastronomico, con una concentrazione di stelle Michelin e giovani talenti con pochi rivali in Italia, quella de La Madernassa sembra allontanarsi dalla tradizione, ma non la dimentica.
Quanto si spende a La Madernassa
Ci sono tre diverse proposte di menu degustazione: Impronta (60 euro), Emozione (80 euro) e Metamorfosi (dieci creazioni a sorpresa, 100 euro). Alla carta si può restare sui 70 euro.
Dove
Osteria La Madernassa Località Lora, 2, 12050 Castelrotto, Guarene (CN) Telefono: 0173 611716
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Appena dopo Chicago (7-8 ottobre) e appena prima di Boston (13 ottobre), Eataly Flatiron, a Manhattan, ospita anche quest’anno Identità New York (10-12 ottobre), la madre di tutte le sortite negli Stati Uniti, quest’anno all’ottava edizione. Se in Illinois il focus sarà su pasta e pizza, nella megapoli atlantica lo spartito è un altro: «Si parte dal tema della passata edizione, cioè ‘Non sprecare il pianeta’», spiega Paolo Marchi, «sempre attuale grazie alle nuove politiche statunitensi, per cercare il meglio a livello di confronto, nuovi pensieri, solidarietà. Ma lo svilupperemo arricchendolo con un ulteriore sottotema, ‘la verità nel piatto’ perché tutto il lavoro di pensiero e di ricerca a monte, trova la sua ragione finale, il suo reale valore al momento del servizio ». I protagonisti sono di assoluto rilievo, a partire da Massimo Bottura, unico a inanellare con noi 8 partecipazioni su 8 con noi all’ombra del Ferro da stiro, un’epopea che lo ha visto tenere lezione con altri mostri sacri della cucina mondiale, da Daniel Humm ad Alain Ducasse. [[ima2]]Quest’anno (giovedì 12 ottobre, ore 13 locali) sarà con lui il francese Eric Ripert, un cuoco che sta marcando come pochi i destini dell’alta cucina di New York con il suo Le Bernardin, 4 stelle per il New York Times, 3 per la Michelin edizione americana e al 17mo posto nella World’s 50Best (leggi la sua intera biografia). Al loro fianco (martedì 10, ore 18) un ulteriore plotone di numeri uno: lo chef del miglior ristorante 50Best LatinAmerica, il peruviano Virgilio Martinez, al debutto a New York a lezione accanto a Bobo Cerea di Da Vittorio, altre 3 stelle Michelin nel paniere newyorkese, e qui Ambasciatore di East Lombardy - Regione Europea della Gastronomia 2017. Ma prima di tutti (martedì 10, ore 13) ci saranno due primattrici: la migliore chef al mondo per la World’s 50Best, la slovena Ana Roš (ristorante Hisa Franko a Caporetto) e la calabrese Caterina Ceraudo (Dattilo a Strongoli, in Calabria), prima donna chef italiana secondo l’edizione 2017 della Michelin Italia. «Cuochi e cuoche di paesi distanti», specifica Marchi, «per alzare ulteriormente l’asticella del confronto internazionale». [[ima3]]Come l’anno scorso, Identità New York prevede per mercoledì 11 ottobre una cena Dine Around in Store, itinerante nei vari ristoranti di Eataly Flatiron, ognuno siglato dalla specialità di un cuoco diverso: la pizza di Corrado Scaglione di Enosteria Lipen (Triuggio in Brianza), reduce da Chicago, il piatto vegetale dello stesso Bottura, la pietanza di pesce di Martinez, la pasta di Caterina Ceraudo, il secondo piatto di Ana Roš, il dessert di Bobo Cerea. Gioie assicurate.
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La Madernassa: ricetta perfetta per la stella Michelin
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La Madernassa: ricetta perfetta per la stella Michelin
Non parlateci, con Michelangelo Mammoliti, rischiate di sentirvi inadeguati per ragioni anagrafiche.
Chef de La Madernassa, bellissimo ristorante di Langa immerso nel verde, compreso quello dell’orto che fa capolino quasi in ogni piatto del menu) Mammoliti ha ricevuto quest’anno la prima stella Michelin.
Buona parte di noi alla sua età (31 anni) stanno ancora decidendo cosa fare da grandi, alcuni devono ancora capire come si smaltisce l’hangover della sera prima.
Il giovane chef è uno di quelli che dà l’impressione di non essersela mai presa, una sbornia. Ha l’aria del giovane serio che si rimbocca le maniche e lavora duro.
Non deve per forza stare simpatico un tipo così.
Ma non c’è dubbio che su di lui si possa scommettere, voleva la stella Michelin e l’ha avuta, in segreto starà già cercando di capire come si arriva alla seconda.
Ne parla come se ci fosse una formula magica per entrare nelle grazie della “Rossa”. Se esiste, lui la possiede, l’ha ottenuta lavorando nelle cucine francesi più accreditate, prima di tutte quella di Alain Ducasse. Se non s’impara dietro quei fornelli, come conquistare gli ispettori Michelin, forse è il caso di lasciar perdere.
Non è il caso di Mammoliti, piemontese di nascita che dalla Francia ha portato con sé un accento stravagante, la passione per le salse e i fondi, un’attenzione spasmodica per i dettagli.
Cosa si mangia a La Madernassa
Come in tutti i luoghi di grande tradizione gastronomica, la ristorazione langarola ha una sola, inviolabile, regola: dalla tradizione non si prescinde. Tutti i menu, da queste parti, parlano di territorio.
Non quello de La Madernassa, ma solo in apparenza. Perché se il focus sembra essere su piatti d’ispirazione orientale, o internazionale come gli stravaganti spaghetti BBQ (buonissimi), in realtà sanno di Langhe, senza che tu te ne accorga.
«Chi l’ha detto che cucinare il territorio significa fare sempre le stesse cose? – spiega Mammoliti – Provo a reinventare la tradizione a modo mio, e la rispetto attraverso la cura per gli ingredienti locali».
Per esempio, negli spaghetti BBQ di cui sopra (16 euro) c’è un brodo di prosciutto crudo di Cuneo.
O ancora, se un piatto come “Sottobosco” (Mousseline di patate della Bisalta affumicate, quinoa cotta in un brodo di sottobosco, lumache in fricassee, 22 euro) ci sembra la firma sotto una dichiarazione d’amore per la cucina francese, è perché dimentichiamo che le lumache sono di casa anche a Cherasco.
Se ci si chiede il perché della presenza di una noce di capasanta arrostita nella sua conchiglia in un menu langarolo, Mammoliti spiega che aggiunge burro di tartufo bianco d’Alba e una salsa alla bagna cauda (24 euro).
Altro esempio a sostegno della tesi: la trota con scorzanera, gamberi di fiume e emulsione di acetosella (24 €) è stata pescata proprio lì accanto, quella stessa mattina, dallo chef in persona (non ci credete? Fatevi mostrare le foto).
Solo chi si sente tutt’uno con il posto in cui lavora, nonché un perfezionista refrattario alla delega (come tutti i perfezionisti), decide di pescare personalmente ciò che qualche ora dopo dovrà cucinare. Ed è per questo che ogni piatto è così personale.
La personalità dello chef si presenta piatto dopo piatto, solo così si possono comprendere e raccontare piatti che sembrano improvvisati come “Astrattismo omaggio a Kandisky” (16 euro), o “Infanzia” (18 euro), un carciofo stufato con tuorlo d’uovo confit in olio di guanciale, segatura di pane e infusione alla mortadella.
Tra le cucine di prestigio in Langa, terra che si sta prendendo le soddisfazioni che merita dal punto di vista gastronomico, con una concentrazione di stelle Michelin e giovani talenti con pochi rivali in Italia, quella de La Madernassa sembra allontanarsi dalla tradizione, ma non la dimentica.
Quanto si spende a La Madernassa
Ci sono tre diverse proposte di menu degustazione: Impronta (60 euro), Emozione (80 euro) e Metamorfosi (dieci creazioni a sorpresa, 100 euro).
Alla carta si può restare sui 70 euro.
Dove
Osteria La Madernassa Località Lora, 2, 12050 Castelrotto, Guarene (CN) Telefono: 0173 611716
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