#pericolo autostradale
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La Polizia di Stato di Alessandria durante la sera del 26 febbraio scorso ha intercettato una vettura che percorreva l’A/26 Genova - Gravellona Toce contromano, riuscendo a fermarla in sicurezza in località Predosa (AL).
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Un Tir ha improvvisamente invertito il senso di marcia ai caselli autostradali di Tremestieri, a Messina, dando il via a una fuga contromano lungo l’A18, l’arteria che collega la città dello Stretto a Catania. Alla guida del mezzo un uomo di 64 anni, italiano, che risultava già destinatario del ritiro della patente. La pericolosa manovra è stata ripresa dalle telecamere di sicurezza dell’autostrada, documentando l’accaduto in tempo reale. Il camionista, in arrivo dal capoluogo etneo, ha effettuato l’inversione subito dopo essersi accorto della presenza di un posto di blocco della polizia stradale. Dopo aver rallentato e accennato una sosta, ha improvvisamente cambiato direzione, imboccando la carreggiata in senso opposto e urtando i new jersey che separano le corsie di marcia. Il rischio per gli altri automobilisti è stato elevatissimo, considerata la velocità con cui il mezzo pesante ha percorso il tratto autostradale contromano. L’inseguimento si è concluso poco dopo, nei pressi dell’area di parcheggio Canale Ovest, dove le forze dell’ordine sono riuscite a bloccare il veicolo e a identificare l’autista. Nei suoi confronti sono scattate diverse contestazioni, tra cui la guida con patente ritirata e le manovre pericolose che hanno messo in serio pericolo la sicurezza stradale. Oltre alla revoca definitiva della patente, il conducente dovrà pagare una multa di 4.170 euro. Il Tir, inoltre, è stato sottoposto a fermo amministrativo per tre mesi a causa di gravi irregolarità riscontrate nel mezzo. La polizia stradale proseguirà le indagini per accertare eventuali ulteriori violazioni. Read the full article
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Cina. Auto precipita nella voragine causata dall'alluvione. Salvo il conducente
Un ponte autostradale nel nord della Cina è parzialmente crollato a causa di un’alluvione lampo provocata dalle forti piogge che la coda della tempesta Doksuri ha portato nella regione. Due auto sono cadute nel fiume. Un video, diffuso sui social media e girato dalla dash cam di un veicolo che si è accorto del pericolo e ha frenato in tempo, mostra un’auto che precipita nella voragine. Il…
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Con mia grande sorpresa, ho scoperto che non tutti sono d’accordo con la semplice affermazione che dà il titolo a questo post, affermazione che ora riscriverò per chi non avesse voglia di andare su a rileggerla: gli uomini sono più violenti delle donne.In generale, dico. Poi è ovvio che esistano uomini mansueti come gattini e donne violente come uomini.Com'è possibile che tante persone non lo vedano? Per me è un dato sensoriale di prima mano, come dire che il cielo è blu, il fuoco scotta o i rapper milanesi sono alghe.È vero che le mie esperienze personali mi hanno avvantaggiato, visto che è da quando sono nato che sperimento la violenza maschile in tutte le sue forme: scortesie, prepotenze, insulti e a volte, quando ero più giovane, anche cazzotti. Ah, quanti ricordi! Mentre della violenza femminile non ho molta cognizione.Per questo motivo, per aiutare chi non è stato fortunato come me, ricorrerò alle statistiche. A differenza dei casi personali, che ognuno ha un po' i suoi, le statistiche hanno un valore generale.Iniziamo con gli omicidi. In base a uno studio delle Nazioni Unite (link), il 95% dei condannati per omicidio sono uomini. Novantacinque, percento, uomini. È tantino. E questa percentuale è più o meno la stessa in tutti i paesi considerati e per tutti i tipi di arma utilizzata: pistola, coltello, cotoletta alla bolognese. Che sia giorno o che sia notte, con il sole o con la pioggia, se una persona ti sta ammazzando è quasi sicuramente un uomo. Uno potrebbe dire: va beh, ma la criminalità mondiale è gestita dagli uomini, come le banche. È ovvio che gli assassini siano perlopiù loro.Questa si chiama ipotesi ad hoc: invece di trarre la conclusione più semplice, si introduce un elemento che può spiegare i dati in un altro modo. Allora consideriamo esclusivamente gli omicidi di coppia, chiamiamoli così. Nello stesso studio si legge che, se consideriamo solo le persone uccise dal proprio partner, il 79% delle vittime sono donne. Un altro potrebbe dire: grazie, ma gli uomini hanno una maggiore forza fisica. È ovvio che in un combattimento all'ultimo sangue in tinello vincano loro.Altra ipotesi ad hoc. Consideriamo lo stalking. Per spiare una persona, assillarla col telefono, minacciarla e farsi trovare nudi nella sua vasca da bagno, non serve la forza fisica, basta avere costanza, dedizione e tanta voglia di realizzare i propri sogni, anche se questi sogni coincidono con l'incubo di quella persona. In una parola, basta essere violenti.In base a una survey condotta negli USA dai Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (link), le donne che nell'arco della loro vita hanno subito almeno un episodio di stalking sono circa il triplo degli uomini. Ipotesi ad hoc: sì, ma gli uomini non vanno a denunciare i loro stalker, mentre le donne basta che le sfiori con un grissino e corrono subito alla polizia. Secondo un rapporto speciale del Dipartimento di Giustizia USA basato su un'altra survey (link), gli uomini denunciano i loro stalker nel 37% dei casi, mentre le donne nel 41%, una differenza troppo piccola per essere considerata significativa. Questa non è una mia opinione personale, eh, non mi permetterei mai, è scritto nel rapporto (pag. 8).Sempre nello stesso rapporto si legge anche una cosa abbastanza curiosa: mentre gli stalker delle donne sono soprattutto uomini (67%), gli stalker degli uomini non sono soprattutto donne (43%). Non è bellissimo? Volevo dire "convincente". Non è convincente? Ipotesi ad hoc: no. La consapevolezza della propria superiorità fisica dà il coraggio di fare stalking con una persona più debole, anche se poi magari non si rende necessario picchiarla. Prendiamo allora un tipo di violenza in cui la forza fisica non conta assolutamente niente, la violenza contro se stessi. Che ci vuole a suicidarsi? Basta avare la forza di saltare giù da un ponte, non è faticoso. Una volta scavalcata la ringhiera, fa tutto la forza di gravità. Eppure, nonostante il suicidio sembri una cosa "da signorine", secondo l'OMS gli uomini si suicidano molto più spesso delle donne. Per ogni donna che si suicida, ci sono almeno tre uomini che fanno altrettanto (link). Ipotesi ad hoc: va beh, ma che vuol dire? Nel tipo di società in cui viviamo, gli uomini sono più esposti alle pressioni sociali, dunque è più facile che siano portati a uccidersi. Tante donne, invece, fanno ancora le casalinghe ed è improbabile che una si uccida perché ha fatto bruciare lo sformato. Gli incidenti stradali. Ad hoc: Gli incidenti stradali? Gli incidenti stradali possono essere causati da comportamenti aggressivi coi piloti avversari. Secondo uno studio basato sui dati del Dipartimento dei Trasporti USA (link), gli uomini fanno molti meno incidenti mortali delle donne. Ad hoc: Ah! Visto? Quindi non è vero che gli uomini sono più violenti. Del resto, si sa, donna al volante, pericolo costante. Stavo scherzano, in realtà è il contrario. Secondo lo studio appena citato, gli uomini fanno 2,3 incidenti mortali ogni 100 milioni di miglia percorse, mentre le donne ne fanno 1,5. Si noti che, siccome gli incidenti sono contati per miglia percorse, questi valori non dipendono dal fatto che ci sono più uomini che guidano. Ci fosse anche una sola donna che guida, questa morirebbe 1,5 volte appena ha percorso 100 milioni di miglia. Ci metterebbe solo molto tempo.Se poi consideriamo l'età degli amori (16-29 anni), la differenza diventa ancora più grande (6,2 incidenti mortali per gli uomini, 3,1 per le donne). Ad hoc: ma le cause di un incidente possono essere tantissime: la stanchezza, l'alcol, gli occhiali appannati, non c'è mica solo l'aggressività. A questo proposito ho fatto una statistica personale molto accurata: quelli che lampeggiano in autostrada. Ad hoc: eh? Quelli che lampeggiano in autostrada. Ad hoc: ok. Intendo quelli che vogliono che ti levi di mezzo solo perché si sentono i padroni del mondo. Comportamento abbastanza innocuo, ma decisamente aggressivo. È come se uno ti desse dei calci nelle caviglie mentre sei in coda al supermercato nella speranza che tu sparisca. Quando una di queste persone mi lampeggia, io adotto una procedura che mi permette di studiare attentamente la sua faccia nello specchietto retrovisore. Ne parlo in un vecchio post (link).Ora, in tanti anni di onorata carriera autostradale, ho avuto modo di osservare centinaia e centinaia di lampeggiatori. Gli uomini non li ho contati, sarebbe stato come contare la sabbia del mare, invece ho contato le donne, le ho contate e mentalmente annotate, e posso dire con una certa precisione che finora sono state in numero di: una. Centinaia di uomini, una donna. 1. 👩. Ad hoc: questa è colpa del tuo bias cognitivo che non ti fa vedere i miliardi di donne che guidano col coltello fra i denti, lampeggiando e clacsonando a tutto ciò che respira. Non posso dimostrare che non sia così. Dico però questo: un'ipotesi ad hoc non è necessariamente sbagliata, ma se per spiegare cento statistiche diverse servono cento ipotesi ad hoc diverse, allora bisogna arrendersi alla conclusione più semplice che le spiega tutte in una volta sola: gli uomini sono più violenti delle donne.E se non sei d’accordo, ti spacco la faccia.
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26 ott 2020 10:45
A CHE SERVE QUESTO DPCM? A COSTRINGERE I RISTORATORI A CHIUDERE SENZA DOVERLI RIMBORSARE - CHIUDERE I RISTORANTI ALLE 18 (MA NON GLI AUTOGRILL DEI BENETTON, OVVIAMENTE), PERMETTE AL GOVERNO DI NON DOVER GARANTIRE SUSSIDI: LA SARACINESCA NON L'ABBASSERANNO PER LEGGE, MA PER DISPERAZIONE. IL TUTTO DOPO AVER INVESTITO SOLDI E FATTURATO PER GARANTIRE LE NORME DI SICUREZZA APPENA APPROVATE
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Maurizio Belpietro per “la Verità”
Sgombriamo subito il campo da una questione: criticare Giuseppe Conte, i suoi dpcm, le misure prese dal governo per combattere il coronavirus, non significa essere negazionisti. Si può dire che il presidente del Consiglio sbaglia e che i provvedimenti presi sono privi di senso anche senza negare che il Covid esista, che ci si deve proteggere ed è necessario fare qualsiasi cosa per evitare la diffusione del contagio anche senza ritenere che per fermare l' epidemia si debbano chiudere i bar e i ristoranti alle 18.
La premessa è indispensabile, perché in maniera truffaldina c' è chi tende a far apparire chiunque critichi le decisioni di Palazzo Chigi come un pericoloso negazionista. Noi siamo consapevoli che la pandemia esiste e non l' ha inventata Giuseppe Conte. Sappiamo anche che il virus si diffonde grazie al mancato rispetto delle norme precauzionali. Distanziamento sociale, mascherine e igiene sono fondamentali per evitare la crescita dei contagi e dunque, da parte nostra, non troverete una critica contro chi suggerisce di lavarsi le mani con frequenza, di evitare gli assembramenti e, nel caso si entri in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, di indossare le protezioni.
Tuttavia, essere d' accordo con i suggerimenti della gran parte degli esperti non significa bersi qualsiasi frottola propalata dal presidente del Consiglio, né vuol dire accettare senza obiettare tutto ciò che gli scienziati di Palazzo Chigi partoriscono. Facciamo un esempio: che senso ha costringere un ottantenne a passeggiare in un parco con indosso una mascherina?
Se non si intrattiene con altre persone, estranee alla sua famiglia, non ha alcun senso. All' aperto o per strada non esiste alcun pericolo di contagio e dunque l' obbligo introdotto da alcune Regioni e benedetto dal governo appare come un' inutile vessazione nei confronti degli italiani.
Ma non c' è solo la costrizione della mascherina, che in altri Paesi è obbligatoria solo quando si accede in luoghi pubblici chiusi.
Tra le follie del governo, si registra anche il divieto di tenere aperti bar e ristoranti dopo le 18. A che serve chiudere una trattoria nel tardo pomeriggio? Dal nostro punto di vista a una sola cosa: a fare in modo che i luoghi di ristoro falliscano senza poter rivendicare un risarcimento.
Già, perché un conto è essere costretti a tirar giù la serranda a causa di un provvedimento disposto dal governo. Un altro è chiudere perché si è costretti a pagare il personale, ma si può contare solo sulla metà dei ricavi, perché oltre a diminuire i coperti diminuisce anche l' orario di apertura. I ristoranti già erano stati costretti a ridurre il numero di tavoli per garantire il distanziamento dei clienti.
E per fare tutto ciò, e a rinunciare a una parte dei ricavi, avevano pure dovuto investire in barriere di plexiglas e dispensatori di gel igienizzanti. Ma ora saranno obbligati a dire addio al 50 per cento e forse più dei clienti, perché tutti quelli della sera non ci saranno più. E tuttavia non potranno rivendicare di essere stati obbligati a chiudere, in quanto la serranda calerà non per effetto di un' ordinanza del governo, ma per il crollo del mercato.
Si dirà: ma la chiusura è obbligata per evitare il diffondersi del contagio. Ma allora non si capisce perché non chiudere i locali definitivamente. Forse il virus circola solo dalle 18 in poi?
Inoltre, qualcuno dovrebbe spiegarci perché si chiudano bar e ristoranti alle 18, ma si lascino aperti gli autogrill in servizio lungo la rete autostradale. Forse bisogna fare un piacere alla famiglia Benetton che della rete di punti di ristoro sulle grandi arterie viarie è proprietaria? Oppure il virus circola all' osteria ma mai nelle aree di sosta autostradali?
Per essere chiari e non essere annoverati con malafede tra coloro i quali negano il Covid e pensano che il virus sia un complotto, fermare la diffusione del Covid è indispensabile. E però anche se si è preoccupati dall' aumento dei contagi, non necessariamente si devono digerire tutte le sciocchezze che il governo spaccia nelle conferenze stampa. Chiudere le palestre va bene, ma poi qualcuno dovrebbe spiegarci perché i centri sociali possono rimanere aperti. Va bene che i compagni sono più intelligenti per definizione dei palestrati, ma quelle regole della Costituzione che stabiliscono l' uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la libera impresa e la tutela della salute degli italiani che fine hanno fatto?
Non vorremmo che fossero finiti sotto i tacchetti di Giuseppe Conte e del suo principale consigliere Rocco Casalino.
E a proposito del presidente del Consiglio, visto che dovrebbe dare il buon esempio, cominci a non toccarsi 17 volte la mascherina mentre fa la conferenza stampa. L' esercito di consulenti scientifici che lo circonda non gli ha spiegato che non si deve fare, perché si può diffondere il virus? Beh, se vuole lo aiutiamo a scrivere un dpcm in cui si raccomanda come mettersi la mascherina.
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Continua la vendetta della procura torinese guidata dai p.m con l’elmetto contro i No Tav. Ieri mattina il pubblico ministero Rinaudo ha chiesto maxi condanne ai 12 imputati del procedimento sull’iniziativa “Oggi paga Monti”, con pene detentive che variano dai 3 ai 4 anni a testa, per un totale di circa 40 anni, per un blocco autostradale risalente al 2012 e durato circa 20 minuti. Ricordiamo bene l’iniziativa. A seguito di una partecipatissima assemblea in piazza del mercato a Bussoleno si decise di dividersi in due gruppi: uno si mosse in corteo a Bussoleno, un altro si diresse ad Avigliana per contestare le dichiarazioni provocatorie dell’allora premier Monti e liberare i caselli di una delle autostrade più care d’Italia, la Torino Bardonecchia, che dal lunedì della stessa settimana fino al giovedì era già stata occupata in maniera permanente dal movimento. Erano giorni di intensa mobilitazione: Luca pochi giorni prima era stato fatto cadere dal traliccio e lottava tra la vita e morte. Le mobilitazioni coinvolsero migliaia di persone in tutta la valle, scontri ed occupazioni si susseguivano per lanciare al paese intero un messaggio di determinazione contro il sistema del Tav e le forze dell’ordine che con violenza continuavano ad imporre la loro presenza. In questo procedimento, in cui sono state analizzate le condotte di circa 12 attivisti No Tav, la società concessionaria dell’autostrada A32 la Sitaf (da sempre parte attiva nei lavori per la Torino-Lione), si è costituita parte civile chiedendo nella giornata di ieri un risarcimento di 25.ooo euro per mancati pedaggi, poiché secondo loro le mobilitazioni del Movimento No Tav avrebbero fatto crollare in quei giorni il “turismo” in Val di Susa. Inutile dire come Sitaf ancora oggi faccia affari con Telt per la costruzione del tunnel e quanto sia ridicolo che chieda i danni ai No Tav, quando sappiamo benissimo che il vero nemico del turismo in Val di Susa sia il cantiere devastatore e la militarizzazione del territorio. Di questo processo non dimenticheremo le dichiarazioni imbarazzanti di alcuni funzionari della questura torinese, i riconoscimenti sbagliati e suggeriti, il tentativo di ricondurre un clima nella realtà disteso ad una dimensione di pericolo e violenta. Non dimenticheremo, soprattutto, come secondo la polizia la caduta di Luca dal traliccio la polizia sia un evento “romanzato” dal movimento No Tav, trattandosi semplicemente di un gesto sconsiderato da parte dell’attivista (il poliziotto rocciatore, sempre secondo loro, non seguiva Luca mettendolo in pericolo, ma lo voleva solamente invitare a scendere). Non riusciranno a riscrivere la storia, granitica nei nostri cuori e impressa per sempre sui sentieri delle nostre montagne. La sentenza sarà letta il 28 marzo alle ore 9 in tribunale. Solidarietà a tutti gli imputati! Libertà per tutti i No Tav! da notav.info
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SAN BENEDETTO – Nel corso servizio mirato e al controllo dei mezzi pesanti e realizzato in prossimità del casello autostradale A14 di San Benedetto, sono stati sottoposti al vaglio attento degli uomini della Polizia Stradale oltre cinquanta camion. Numerose le irregolarità riscontrate.
Sono state infatti contestate 31 violazioni al Codice della Strada: due patenti sono state ritirate, un mezzo è stato sottoposto a fermo amministrativo, sono stati decurtati 45 punti ed elevate sanzioni complessivamente per 10.250 euro.
Le infrazioni rilevate in alcuni casi sono purtroppo molto gravi, tali da concretizzare un serio pericolo, sebbene tempestivamente disinnescato, alla sicurezza della circolazione stradale.
Si va dalle violazioni inerenti i tempi di guida e riposo dei conducenti, all’omesso inserimento della carta tachigrafica od al malfunzionamento del tachigrafo stesso, sino al trasporto abusivo di merci.
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Esodo estivo 2019: i consigli della Polizia Stradale
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Esodo estivo 2019: i consigli della Polizia Stradale
In occasione del primo consistente esodo estivo e nella previsione di un forte aumento del traffico veicolare, il Compartimento Polizia Stradale per la Calabria, attraverso le Sezioni Provinciali, potenzierà i servizi su tutta la rete autostradale e sulle principali strade interessate ai maggiori flussi di traffico.
Nel prossimo fine settimana ed in quello che precede il Ferragosto, infatti, circa 200 pattuglie saranno operative lungo la viabilità ordinaria ed autostradale regionale, al fine di garantire la più ampia sicurezza alla circolazione stradale.
La Polizia Stradale raccomanda a tutti gli automobilisti di mantenere una guida prudente e corretta, rispettando i seguenti suggerimenti utili:
controllare l’efficienza e la funzionalità del veicolo, prima di intraprendere il viaggio;
tutti coloro che viaggiano a bordo dell’autovettura, anche nei sedili posteriori, devono allacciare le cinture di sicurezza, e si raccomanda che i bambini siano assicurati sugli appositi seggiolini o sedili di sicurezza omologati.
rispettare i limiti di velocità al fine di percorrere in sicurezza per noi e per gli altri su tutte le arterie stradali. Si ricorda che per le autostrade la velocità massima consentita è di 130 chilometri orari, per le strade extraurbane principali è di 110 chilometri orari, per le strade extraurbane secondarie 90 chilometri orari, mentre in centro abitato, a parte alcuni tratti appositamente segnalati dove il limite è di 70 chilometri orari, il limite è di 50 chilometri orari.
mantenere una distanza di sicurezza adeguata dal veicolo che precede;
non assumere alcool;
non utilizzare lo smartphone o altri apparecchi elettronici mentre si è alla guida. Si rammenta che il numero degli incidenti stradali, dovuti all’utilizzo sconsiderato degli apparecchi elettronici, è aumentato a dismisura negli ultimi anni. Non si dimentichi che, l’uso dello smartphone, mentre si è alla guida, mette a rischio, oltre alla propria incolumità, quella dei propri cari e degli altri utenti della strada.
Al fine di prevenire e reprimere le cause di maggior pericolo per la sicurezza stradale, le Sezioni Polizia Stradale della Calabria predisporranno una serie di servizi, nel corso dei quali saranno impiegate strumentazioni speciali per il controllo della velocità, per il contrasto al fenomeno della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, per rilevare, tra l’altro, la situazione assicurativa e la revisione di veicoli.
Si ricorda, infine, che notizie sempre aggiornate sul traffico sono disponibili tramite i canali del C.C.I.S.S. (numero gratuito 1518, siti web www.cciss.it e mobile.cciss.it, applicazione iCCISS per I-phone, canale Twitter del CCISS), le trasmissioni di Isoradio, i notiziari di Onda Verde sulle tre reti Radio-Rai e sul Televideo R.A.I..
Per informarsi sullo stato del traffico sulla rete stradale di competenza Anas è possibile, inoltre, utilizzare l’applicazione “VAI” (Viabilità Anas Integrata) visitabile sul sito www.stradeanas.it e disponibile anche per Smartphone. Gli utenti hanno a disposizione anche il numero unico 800.841.148. Altre informazioni sulla rete autostradale in concessione con numeri e contatti utili sono disponibili sul sito www.aiscat.it, sui siti delle singole Società Concessionarie autostradali.
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Il segreto della ww2={La moneta fiscale del Terzo Reich
di Sylos Labini - 22/03/2017

Fonte: Il Sole 24Ore
Sylos Labini spiega come funzionava il MEFO, la moneta fiscale che permise al Terzo Reich di riguadagnare la sovranità monetaria dopo la depressione economica di Weimar (1921-1923) e Bruning (1930-32).
La tesi dell’economista è che questo meccanismo, i Certificati di Credito Fiscale potrebbe essere usato di nuovo per portare l’Italia e il paesi del Sud Europa fuori dalla stagnazione in cui versano a causa degli squilibri dell’euro, possibilmente prima che la xenofobia nazista si prenda una seconda opportunità.
Credo che ci sia un tema importante, che bisognerebbe portare all’attenzione dei tedeschi. Ogni anno c’è il giorno della memoria, in cui si ricordano le atrocità del nazismo, ma in realtà bisognerebbe riflettere su che cosa ha determinato l’ascesa del nazismo e perché poi il nazismo ha trovato un grande consenso nella popolazione ed è stato in grado di lanciarsi nella seconda guerra mondiale con una forza industriale e militare spaventosa.
E la risposta è semplice: il Trattato punitivo di Versailles, che umiliò la Germania e la politica economica di Hjalmar Schacht, che permise di migliorare le condizioni di vita dei tedeschi e di ricostruire un apparato militare-industriale potentissimo. Attraverso una politica di sovranità monetaria indipendente e un programma di lavori pubblici che garantiva la piena occupazione, in cinque anni il Terzo Reich riuscì a trasformare un’economia in bancarotta, gravata da rovinosi obblighi di risarcimento postbellico e dall’assenza di prospettive per il credito e gli investimenti stranieri, nell’economia più forte d’Europa.
In Billions for the Bankers, Debts for the People, Sheldon Emry ha commentato:
La Germania iniziò a stampare una moneta libera dal debito e dagli interessi ed è questo che spiega la sua travolgente ascesa dalla depressione alla condizione di potenza mondiale in soli 5 anni. La Germania finanziò il proprio governo e tutte le operazioni belliche senza aver bisogno di oro né debito e fu necessaria l’unione di tutto il mondo capitalistico e comunista per distruggere il potere della Germania sull’Europa e riportare l’Europa sotto il tallone dei banchieri.
Debiti e depressione dell’economia: questi furono i problemi di ieri e sono i problemi che stanno mettendo in ginocchio il progetto della moneta unica. Oggi in Europa sarebbe necessaria una vasta alleanza per cambiare radicalmente l’impostazione della politica economica. Nel frattempo, prendendo ad esempio l’esperienza della Germania degli anni ’30, sarebbe auspicabile che il nostro Paese lanciasse la moneta fiscale a circolazione interna per aumentare il potere d’acquisto e quindi la capacità di spesa privata e pubblica all’interno dell’euro. Affinché la proposta della moneta fiscale abbia successo, essa dovrebbe essere promossa dalle forze economiche – sindacati, imprese e banche – attraverso un Patto per la crescita.
1. L’economia della Germania tra le due guerre
Tra il 1933 e il 1938, dunque, si realizzò uno dei più grandi miracoli economici della storia moderna, persino più significativo del tanto celebrato New Deal di F.D. Roosevelt, e questo miracolo fu promosso da Hjalmar Schacht che ricoprì sia la carica di presidente della Banca Centrale del Reich sia quella di ministro dell’Economia.
L’obiettivo fondamentale di Schacht fu quello di eliminare la disoccupazione, e fino al 1939 ebbe carta bianca da Adolf Hitler. Ciò gli permise di gestire la politica monetaria e finanziaria del regime nazista in modo geniale e fuori dagli schemi.
In una lettera del 1° settembre 1938 ad Adolf Hitler, il ministro delle Finanze, conte Schwerin von Krosigk, scrisse:
Sin dai primi giorni di governo è stata coscientemente seguita la strada del finanziamento di grandi progetti per la creazione di nuovi posti di lavoro e per il riarmo, mediante l’assunzione di crediti. Quando ciò non era possibile col normale intervento del mercato dei capitali, il finanziamento veniva effettuato a mezzo di cambiali MEFO che erano scontate dalla Reichsbank.
La creazione di nuovi posti di lavoro dunque richiedeva una grande quantità di danaro di cui però non esisteva alcuna disponibilità. Poiché i crediti diretti allo Stato avrebbero messo a rischio il controllo della Reichsbank sulla politica monetaria, Schacht escogitò un sistema monetario non convenzionale. In questo sistema, i fornitori dello Stato emettevano ordini di pagamento che venivano accettati da una compagnia denominata Metallforschungsgesellschaft (MEFO, società per la ricerca in campo metallurgico), creata dal Terzo Reich per finanziare la ripresa economica tedesca e, nel contempo, il riarmo, aggirando i limiti e le imposizioni del Trattato di Versailles.
Di qui l’origine delle cambiali-MEFO che erano garantite dallo Stato, potevano circolare nell’economia ed essere scontate presso la Reichsbank.In pratica, le cambiali MEFO rappresentarono uno strumento monetario parallelo, come lo potrebbero essere oggi i Certificati di Credito Fiscale. Con la ripresa dell’economia e il conseguimento della piena occupazione, le nuove entrate fiscali e la crescita del risparmio permisero allo Stato di riscattare le obbligazioni MEFO in scadenza senza determinare l’esplosione del debito pubblico (Schacht 1967).
��MEFO» era dunque l’acronimo riferito a una scatola vuota formalmente privata, dotata di un capitale di appena un milione di marchi e partecipata da Siemens S.p.A., Gutehoffnungshutte, Rheisenstahl S.p.A. e Krupp, in nome della quale vennero create obbligazioni senza gravare sul bilancio pubblico. Al riguardo, vi è chi ha sottolineato che non si trattò né di un diretto finanziamento monetario del Tesoro, né di un immediato aumento del debito pubblico. Tuttavia, tanto lo Stato quanto la Reichsbank ebbero un ruolo determinante perché autorizzarono le emissioni e diedero la garanzia. Così venne creato un meccanismo monetario in grado di fornire i capitali all’industria tedesca.
Prima di esaminare la politica economica del nazismo è opportuno ripercorrere le vicende più importanti degli anni successivi alla fine della Prima guerra mondiale. Nel 1921, in seguito al Trattato di Versailles, la cifra per le riparazioni della Prima guerra mondiale che doveva essere pagata dalla Germania fu quantificata in 33 miliardi di dollari.
John Maynard Keynes criticò duramente il trattato: non prevedeva alcun piano di ripresa economica e l’atteggiamento punitivo e le sanzioni contro la Germania avrebbero provocato nuovi conflitti e instabilità, invece di garantire una pace duratura.
Keynes espresse questa visione nel suo saggio The Economic Consequences of the Peace. Queste misure punitive furono all’origine di tutte le sciagure che seguirono – dall’iperinflazione di Weimar (1921-1923) all’austerità deflattiva del governo Bruning (1930-1932) – le quali generarono un profondo sentimento di rivalsa nel popolo tedesco, che si manifestò pienamente con il sostegno al nazionalsocialismo di Adolf Hitler.
Quando Hitler salì al potere nel gennaio del 1933, la Germania si trovava in una situazione economica disastrosa: oltre 6 milioni di persone (circa il 25% della forza lavoro) erano disoccupate e al limite della soglia della malnutrizione, mentre la Germania era gravata da debiti esteri schiaccianti con riserve monetarie ridotte quasi a zero.
Ma, tra il 1933 e il 1938, si verificò una spettacolare ripresa dell’economia e dell’occupazione (si veda la Figura 1). E non furono le industrie d’armamento ad assorbire la quota più grande di manodopera: i settori trainanti furono quello dell’edilizia, dell’automobile e della metallurgia. L’edilizia, grazie ai grandi progetti sui lavori pubblici e alla costruzione della rete autostradale, creò la maggiore occupazione (+209%), seguita dall’industria dell’automobile (+117%) e dalla metallurgia (+83%).
Figura 1 – Andamento del PIL e dell’indice dei prezzi al consumo in Germania e in Olanda nel periodo 1922-1939 (tassi di variazione %). (Da: Mahe, 2012 ).
2. La politica economica di Hjalmar Schacht e gli effetti MEFO
Schacht era fermamente convinto che il compito della banca di emissione consistesse nel mettere a disposizione tanto denaro quanto fosse sufficiente allo scambio di beni. Per questa ragione, scrive in The Magic of Money, tutte le leggi che regolano le banche di emissione hanno introdotto la cambiale a pagamento delle merci quale elemento fondamentale della loro politica. La cambiale-merci attesta la vendita e lo scambio di una merce; pertanto, Schacht riteneva che la concessione di crediti da parte della banca di emissione contro cambiali merci non comportasse alcun pericolo d’inflazione e difatti le voci attive della Reichsbank consistevano principalmente in cambiali a pagamento merci.
I fornitori dello Stato, dunque, iniziarono a emettere ordini di pagamento (tratte) che venivano accettati dalla società MEFO che pagava con «cambiali-MEFO». Trattandosi di forniture di merci, le cambiali MEFO erano effetti commerciali cui prestavano triplice garanzia i fornitori, la società MEFO e lo Stato, giustificando così il loro sconto presso la Reichsbank. I funzionari della società MEFO controllavano che tutte le cambiali fossero state emesse solamente per forniture di merci e non per altri motivi: a ogni cambiale MEFO era legato uno scambio di merci proprio per compensare la circolazione monetaria con quella di beni. Le cambiali, che normalmente erano a tre mesi, ricevevano dalla Reichsbank il permesso di rinnovo fino a 19 volte per un periodo complessivo di 5 anni. Ciò era necessario perché la ricostruzione economica avrebbe richiesto un certo numero di anni.
Con queste promesse di pagamento spendibili come il denaro ma unicamente entro i confini nazionali, gli imprenditori pagavano i fornitori. In teoria, questi ultimi potevano scontarle presso la Reichsbank in ogni momento e per qualsiasi importo a un interesse del 4% il che rendeva le cambiali MEFO non solo una «quasi moneta corrente» ma anche un denaro fruttifero che poteva essere ritenuto da banche, casse di risparmio e aziende. Non vi è dubbio che se gli effetti MEFO fossero stati presentati all’incasso massicciamente e rapidamente, oltre al rischio di inflazione, sarebbe diventato evidente ai paesi stranieri che la Germania stava incrementando le emissioni di moneta accrescendo i sospetti che la finalità fosse anche il riarmo. Ciò però non avvenne nel Terzo Reich poiché gli industriali tedeschi si servirono degli effetti MEFO come mezzo di pagamento fra loro: fino al 1938, in media, la metà degli effetti MEFO fu sempre assorbita dal mercato senza passare all’incasso presso la Reichsbank.Così queste obbligazioni diventarono una vera moneta a circolazione fiduciaria per le imprese che si protrasse per 4 anni, raggiungendo nel 1938 l’importo complessivo di 12 miliardi di marchi, con una media annuale di erogazioni pari a circa 3 miliardi l’anno.
Questa fu la mossa determinante che fece ritornare sotto il controllo politico la sovranità monetaria della Germania. Si realizzò in tal modo un mutamento fondamentale della strategia economica nazionale che permise allo Stato di riprendere in mano le leve del finanziamento dello sviluppo sostituendo la sua autorità a quella del mercato. Un esempio da manuale di come una politica di sostegno alla domanda finanziata da un’espansione monetaria non convenzionale abbia permesso all’economia di uscire dalla depressione e di conseguire la piena occupazione. La nuova moneta emessa dal Governo non produsse affatto l’inflazione prevista dalla teoria classica poiché offerta e domanda crebbero di pari passo lasciando i prezzi inalterati.
Schacht in The Magic of Money ha scritto:
L’economista inglese John Maynard Keynes ha studiato il problema dal punto di vista teorico e l’operazione MEFO ha dimostrato possibile la sua applicazione. Ma le condizioni alle quali l’applicazione del sistema può essere effettuata senza danno non sussistono sempre. Sussistevano in Germania nel periodo della depressione economica degli anni trenta quando mancavano del tutto le scorte di materie prime, le fabbriche e i depositi erano vuoti, le macchine erano ferme e sei milioni e mezzo di lavoratori erano disoccupati. Non si aveva a disposizione neppure capitale liquido risparmiato da poter investire. Con una produzione tanto limitata anche la produzione di nuovo capitale era evidentemente impossibile. Soltanto quando le inoperose ma ingenti forze produttive furono rimesse all’opera, fu possibile una rapida formazione di capitale. Questo capitale “sperato” fu, nell’operazione MEFO, anticipato dal credito. Mancando la produzione che con questo credito era stata avviata, l’esperimento MEFO sarebbe fallito. Il sistema MEFO non poteva essere un “perpetuum mobile”. Raggiunta la piena occupazione ogni altra concessione di credito avrebbe portato a eccedenze di circolante e all’inflazione. (pp. 160, 162.)
In un periodo di depressione erano proprio i fondi a mancare nelle casse delle imprese e Schacht sapeva che la prosperità della finanza internazionale dipende dall’emissione di prestiti con elevato interesse a nazioni in difficoltà economica. Gli economisti si sono chiesti come sia potuto avvenire il miracolo economico della Germania nazista e alla fine la risposta è stata che il sistema funzionava grazie alla fiducia che il regime riscuoteva presso i suoi cittadini e le sue classi dirigenti, una fiducia ottenuta non solo con la propaganda nazionalista e con il terrore, ma anche attraverso il progressivo miglioramento delle condizioni economiche della popolazione.
Un economista britannico, C.W. Guillebaud, ha spiegato in modo chiaro il meccanismo che consentì di rilanciare l’economia tedesca negli anni Trenta:
Nel Terzo Reich, all’origine, gli ordinativi dello Stato forniscono la domanda di lavoro nel momento in cui la domanda effettiva è quasi paralizzata e il risparmio è inesistente; la Reichsbank fornisce i fondi necessari agli investimenti (con gli effetti MEFO che sono pseudocapitale); l’investimento rimette al lavoro i disoccupati; il lavoro crea redditi e risparmi grazie ai quali aumentano le entrate nelle casse dello Stato e si possono pagare gli interessi sul debito.
La ripresa dell’economia dunque determinò l’aumento delle entrate fiscali e la formazione di patrimoni che permisero di pagare le cambiali alla loro scadenza dopo 5 anni. Negli anni dal 1933 al 1938, le entrate dello Stato crebbero a oltre 10 miliardi di marchi. I mezzi per il pagamento delle MEFO furono largamente disponibili: a partire dal 1939 e per 5 anni vennero pagati annualmente 3 miliardi di marchi.
Hitler raggiunse così il suo scopo primario: il riassorbimento della disoccupazione e la crescita dei salari del popolo tedesco senza alimentare l’inflazione e senza far esplodere il debito pubblico. I risultati furono spettacolari per ampiezza e rapidità: nel gennaio 1933, quando Hitler salì al potere, i disoccupati erano oltre 6 milioni; a gennaio 1934, si erano quasi dimezzati e a giugno erano ormai 2,5 milioni; nel 1936 diminuirono ancora, a 1,6 milioni e all’inizio del 1938 non erano più di 400 mila. Fu questa ripresa economica ad accrescere il consenso di Adolf Hitler e a permettere, purtroppo, alla Germania di lanciare negli anni successivi una politica di riarmo ancora più massiccia che portò allo scoppio della Seconda guerra mondiale.
Schacht decise di chiudere l’esperienza delle cambiali MEFO nel 1938 quando la piena occupazione aveva iniziato a determinare i primi aumenti dei prezzi.Questa decisione fu motivata anche dal fatto che le banche, a causa della crescente richiesta di crediti e della conseguente scarsità di capitali, non furono più in grado di trattenere gli effetti MEFO in portafoglio e si videro costrette a presentarli sempre in maggior numero alla Reichsbank. Ma il Führer si oppose e il 19 gennaio 1939 estromise Schacht dalla carica di presidente della Reichsbank. Dopo la guerra, Schacht fu processato a Norimberga, ma venne assolto dalle accuse di crimini contro l’umanità e cospirazione a danno della pace grazie alla sua seppur tardiva opposizione al regime. Morì nel 1970 a 93 anni.
3. Conclusioni
Considerando l’avversione del governo tedesco a qualsiasi forma di politica fiscale espansiva, il nostro paese deve procedere in modo autonomo per rilanciare la crescita ispirandosi proprio al miracolo economico della Germania negli anni trenta, un’esperienza che è stata completamente rimossa dalla memoria del popolo tedesco.
Siamo convinti che oggi un risultato analogo potrebbe essere conseguito con i Certificati di Credito Fiscale. Ovviamente, l’intervento che proponiamo tiene conto delle grandi differenze con gli anni trenta, prima fra tutte il peso molto più alto della spesa pubblica e della tassazione sul PIL nel periodo attuale (il 50% contro il 20% degli anni trenta). La nostra proposta della moneta fiscale si differenzia da quella di Schacht perché i MEFO bond circolavano solo tra aziende e pubblica amministrazione, mentre i CCF sono assegnati anche ai consumatori e hanno quindi un impatto sulla domanda finale.
Nel nostro progetto, dunque, viene dato ampio spazio alla crescita del potere d’acquisto delle fasce sociali più deboli e alla riduzione delle tasse sulle imprese, anche se non è trascurato il sostegno alla domanda (finanziamento dei lavori pubblici). Un’altra differenza sostanziale sta nel fatto che il valore monetario dei CCF viene garantito dallo Stato, che si impegna ad accettarli per il pagamento delle tasse al valore nominale dell’emissione, mentre nel progetto MEFO era la Banca Centrale del Reich che assicurava il valore monetario delle cambiali permettendo la conversione in marchi con un tasso di interesse fissato al 4% (1). Entrambi i progetti comunque sono basati sull’emissione di titoli a circolazione interna, paralleli alla valuta ufficiale (il marco degli anni trenta e l’euro al giorno d’oggi), e hanno lo stesso obiettivo: riportare l’economia in una situazione di piena occupazione (2).
È fondamentale, dunque, che il maggiore reddito disponibile generato dalle assegnazioni di CCF si tramuti in acquisti di beni e servizi per ottenere la massima espansione dell’economia e quindi del gettito fiscale per compensare le mancate entrate che si avrebbero quando i CCF giungono a scadenza. In questo quadro, si potrebbe immaginare che i CCF si possano convertire in euro solo quando vi è l’intenzione di comprare un bene di consumo o d’investimento. In tal caso, i CCF assumerebbero la funzione di «buoni merce» anche se questa opzione li renderebbe meno liquidi e quindi potrebbe provocare un aumento dello sconto sul mercato finanziario. Per questo si potrebbero studiare dei meccanismi per favorire l’uso diretto dei CCF senza che siano convertiti in euro dal momento che le imprese potranno aumentare le vendite ottenendo dei titoli con cui possono pagare le tasse sul territorio nazionale.
Infine, è cruciale stabilire un forte vantaggio nell’aliquota di assegnazione ai lavoratori con redditi inferiori, per esempio a 15.000/20.000 euro, i quali hanno un’elevata potenzialità di espandere i consumi. Le possibilità operative sono dunque molteplici e vanno considerate con la massima attenzione per valutarne i pro e i contro.
Note
1) Nel progetto dei CCF la conversione in euro avviene sul mercato finanziario (principalmente attraverso le banche private) con uno sconto che può variare, mentre il ruolo della Banca d’Italia è praticamente irrilevante.
2) I CCF, così come furono le cambiali MEFO, sono concepiti per il tempo che serve a riportare l’economia alla piena occupazione. Una volta raggiunto questo obiettivo, il sistema dei CCF può essere chiuso.
Riferimenti bibliografici
Keynes J.M., «Il problema degli squilibri finanziari globali. La politica valutaria del dopoguerra (8 Settembre 1941)», in Keynes J.M., Eutopia, Luca Fantacci et al. (a cura di), 2011, pp. 43-55.
Mahe E., «Macro-economic policy and votes in the thirties: Germany (and The Netherlands) during the Great Depression», Real-World Economics Review Blog, 12 June 2012.
Ruffolo G., Sylos Labini S., Il film della crisi. La mutazione del capitalismo, Einaudi, Torino 2012.
Schacht H.H.G. The Magic of Money, Oldbourne, London 1967}
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Cade da impalcatura, ferito operaio. Non è in pericolo di vita
Cade da impalcatura, ferito operaio. Non è in pericolo di vita
FALERNA (CZ) – Un operaio calabrese è rimasto ferito dopo essere caduto da una impalcatura mentre stava lavorando a Falerna. L’uomo era impegnato a fare dei lavori elettrici nei pressi dello svincolo autostradale, quando, per cause ancora in corso di accertamento, l’operaio è caduto da un’altezza di circa sei metri. Sul posto si è reso immediatamente necessario l’intervento dell’elisoccorso che…
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Perché sdoganare il fascismo è un errore Vladimiro Zagrebelsky 20/02/2018 Il fascismo è morto e sepolto. Non è un pericolo il fascismo: sono tutti morti. Il fascismo, nato come movimento socialista, ha avuto bisogno che arrivasse Mussolini o Hitler. Se non c’è in giro un Mussolini o un Hitler non succede niente. Pericoloso è semmai il movimento dell’antifascismo con i centri sociali, come si è visto a Piacenza con l’aggressione al carabiniere. Così Berlusconi l’altro giorno ospite di Fabio Fazio su Rai 1. Dirsi sconcertati è ormai impossibile, tali e tante sono le sciocchezze che ci vengono ammannite in questa campagna elettorale. Ma non può passare senza un commento l’incredibile ricostruzione secondo la quale il fascismo sarebbe stato Socialismo+Mussolini, morto il quale non potrebbe più esserci fascismo. E poco merita di esser detto dell’offensiva assimilazione dell’antifascismo, radice della Costituzione, all’azione di pochi criminali violenti che abusivamente si nascondono dietro una bandiera con cui nulla hanno a che fare. Né bisogna scrollare le spalle, pensando che si tratta di parole in libertà, che durano lo spazio di un passaggio in televisione. Gli elettori della destra nostalgica si sentiranno legittimati nell’arena politica. E si può immaginare l’effetto nell’Europa alle prese con ciò che accade in Ungheria e Polonia, quando nelle varie capitali verranno lette le note informative inviate dai loro ambasciatori a Roma. In realtà quanto detto dal sorridente e rassicurante Berlusconi va preso molto sul serio, perché quelle parole cadono su un terreno di altre parole che da qualche tempo tanti non esitano più a pronunciare. Una di queste è fascismo. Del fascismo viene taciuto l’uso e l’esaltazione del manganello contro gli avversari, l’abolizione del Parlamento (e l’uccisione del socialista Giacomo Matteotti), il partito unico, il carcere e il confino per gli antifascisti, le leggi razziali, le guerre coloniali e quella accanto ai nazisti. Ma, si dice, il fascismo ha anche fatto cose buone. Il giornale «Libero» ha pubblicato un elenco di 100 cose buone del fascismo. Salvini poi, capo della Lega, ha contraddetto il presidente Mattarella, ricordando il sistema pensionistico e la bonifica delle Paludi Pontine. Mattarella, il giorno della memoria della Shoah, aveva detto: «Non dimentichiamo, né nascondiamo quanto di terribile e di inumano è stato commesso nel nostro Paese con la complicità di organismi dello Stato, di intellettuali, giuristi, cittadini, asserviti a una ideologia nemica dell’uomo». Aveva aggiunto: «Sorprende sentir dire, ancora oggi da qualche parte, che il fascismo ebbe alcuni meriti, ma fece due gravi errori: le leggi razziali e l’entrata in guerra. Si tratta di un’affermazione gravemente sbagliata e inaccettabile, da respingere con determinazione». Il fascismo, ha detto il Presidente, «non ebbe meriti». Affermazione, quest’ultima in sé facilmente criticabile, se si pensa che qualunque regime fa pur qualcosa di buono. Nel regime di Hitler ad esempio fu costruita la prima rete autostradale in Germania. Ma chi direbbe ora, nel dibattito politico, che Hitler fece anche cose buone. Se lo dicesse, se ne facesse argomento, così come avviene oggi in Italia attorno al fascismo, farebbe un’operazione politica ben precisa. Si dice infatti che certo vi sono state le leggi razziali (ma la colpa fu di Hitler) e la guerra. Ma c’è stato anche del buono. E dunque non bisogna esagerare. Si può discutere e insomma si può storicizzare e archiviare un sistema morto insieme ai suoi protagonisti. Divenuto discutibile il fascismo, diventa discutibile l’antifascismo. In fondo anche l’antifascismo di oggi fa cose cattive, come le violenze dei centri sociali. Ed ecco che si torna al Berlusconi dell’altro ieri. Relativizzando il giudizio sul fascismo e rifiutando ogni attualità di una prospettiva fascista si esclude il tema dal campo delle questioni serie di cui discutere. Una simile posizione si inserisce in un contesto segnato da gruppi politici che rivendicano la loro radice fascista, simboli fascisti vengono usati e sono centinaia le pagine web dedicate al fascismo e ai suoi meriti. Ma anche se quei siti e quelle rivendicazioni da parte di gruppi e gruppuscoli richiamano l’adesione di numeri necessariamente limitati, il problema non può essere facilmente liquidato. Tracce di fascismo emergono in vasta parte del mondo politico e dell’opinione pubblica, anche se non si pensa più a manganello e camicia nera. L’ideologia e la pratica dell’odio per il diverso, l’attacco al Parlamento come luogo di discussione e mediazione politica, l’esaltazione di un’impossibile democrazia diretta, facilmente plebiscitaria, il nazionalismo autarchico rivendicato per attaccare l’Europa. Ed anche il linguaggio che nel dibattito politico ha perso ogni freno e rispetto per gli avversari. Non questo o quell’episodio, non questa o quella dichiarazione, ma il complesso del clima presente è motivo di allarme e non consente disattenzione.
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Polizia di Stato: Rudy torna a casa
Rudy, questo è il nome del cane di razza beagle, che è stato rinvenuto da una pattuglia della Sottosezione Polizia Stradale di Avellino Ovest mentre vagava lungo la corsia di emergenza dell’Autostrada A/16, nei pressi del Km. 42 in territorio del Comune di Avellino. Risolutivo l’intervento della pattuglia della Polizia Stradale che, nella circostanza, in un tratto dell’autostrada A16, in quel momento interessato da intenso traffico veicolare, ha evitato possibili situazioni di pericolo all’incolumità dell’animale ed alla sicurezza della circolazione. Dopo le prime cure da parte degli agenti intervenuti, il cane veniva dato in affidamento ad struttura specializzata in attesa delle necessarie verifiche. Nonostante si potesse ipotizzare l’ennesimo caso di abbandono, frequenti soprattutto in questo periodo dell’anno, le successive attività di accertamento hanno invece, consentito di rintracciare e riconsegnare il cagnolino alla legittima proprietaria. Difatti, l’attività di accertamento posta in essere dalla Polizia Stradale, ha portato, prima all’identificazione del proprietario e, successivamente, ad acclarare che il cane si era allontanato dall’abitazione (non è lontana dalla sede autostradale) attraverso un piccolo varco creato nella rete di recinzione dell’abitazione della sua compagna di giochi che, nei fatti. è la fidanzata del proprietario. L’allontanamento volontario del beagle aveva creato angoscia nell’intero nucleo familiare, ed è stato particolarmente felice il momento nel quale il cane è potuto ritornare nel suo ambiente e tra gli affetti e le coccole dei suoi proprietari. Read the full article
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Camminata notturna 8-9 dicembre 2017
Con Paolo ci avviamo da Modena poco dopo le undici e facciamo un viaggio sotto la pioggia battente. Verso Firenze ci sono dei rallentamenti per traffico intenso e la radio dice che è così su tutte le autostrade italiane. “Se le macchine andassero ad acqua, sarebbe una coda ininterrotta e non si andrebbe più avanti” è il commento di Taino alla sera, diretti verso la montagna che ci aspetta nei pressi dell’Aquila.
La nostra prima tappa sono stati i bagni termali di San Casciano, così i tipi di abbigliamento che ho portato sono 4, marino, cittadino in auto, da arrampicata l’indomani, alpino, con tanto di ramponi e ghette appena comprati. Il confronto con Paolo che ha sempre tutto in un minuscolo bagaglio mi fa sentire perdente. Le acque dall’odore ferroso sono calde al punto giusto e si sta proprio bene, infatti non sono mai disertate da alcune tranquille presenze, e ci si sta ancor meglio con il cielo grigio e la pioggerellina che non mi bagna i capelli sotto la cuffia. L’alimentari dove fanno i buoni panini è chiuso, non mi ricordavo che oggi fosse festa, ma al bar si può andare, anche se Paolo sta per osare dire che potrebbe essere tardi per fermarsi a mangiare. Ma come! Mancano 2 ore all’appuntamento! E mangiare è un bisogno primario!
In automobile con Taino si parla un po’. “ Come sono sti ragazzi?” A scuola dove insegno alle medie, ce n’è di tutti i tipi, dai bravissimi agli insopportabili, dai responsabili agli sciocchi cronici che ridono per una mosca che vola, dagli irreprensibili ai bugiardi che negano l’evidenza, ma cosa si cela dietro, tante volte non è dato sapere, oppure si sa, come nel caso di un ragazzo che il compagno della madre, che si è negata alle telefonate della prof. di lettere e non si è presentata ai colloqui richiesti, ha definito in tutta tranquillità un prossimo manovale della mafia. A un corso con uno psicologo, il consiglio ricevuto è stato di allargare il campo, di non chiudersi in un giudizio definitivo e raccogliere quante più informazioni possibili, anche sulla vita dello studente fuori dalla scuola per avere un quadro ampio. Rispetto a certe risposte sprezzanti che si ricevono non è tuttavia semplice non arrabbiarsi tanto. Ma ho constatato, dopo tanta fatica e attraverso un lungo apprendistato, che la rabbia è la peggiore delle reazioni, cerco di lasciarla andare e di trovare le parole giuste da dire con fermezza e con calma ed essere il più gentile possibile, perché questo li disarma. Tuttavia, non è sempre così, perché le variabili in gioco sono tante: c’è soprattutto il gruppo, con le dinamiche di relazione tra i ragazzi e il tempo che manca per farli parlare. Presi singolarmente è un’altra storia. Si trasformano, moltissimo da un anno a un altro, ma anche da un momento all’altro. A volte sono adorabili, a volte detestabili. E’ impossibile dormire sugli allori: la lotta è continua.
Di dove questa vita finisce, nell’hospice dei malati terminali, ne parla Paolo. Quella struttura nel Reggiano dove si reca per chi abbia voglia di scambiare una parola con lui, è un fiore all’occhiello, e coloro che ci entrano, destinati a restarci mediamente un mese prima di morire, ricevono un’assistenza speciale, così che non vorrebbero uscirne.
Invece di svoltare a destra, Paolo tira dritto e Taino telefona ad Alvise per dirgli che abbiamo sbagliato e ritarderemo un po’. All’uscita del casello autostradale per riimmetterci e tornare indietro, ci affianca un’auto. Da dietro il finestrino vediamo Alvise. Ma come! Hanno fatto lo stesso errore.
Arriviamo nel piazzale dell’appuntamento, dove ci sono Claudione e Carlo Marino, poi noi, Alvise, Fabrizio, Filippo, Taino, Paolo e me, unica donna quest’anno. In un gruppo di navigati alpinisti, riuscirò a tenere il passo? Ci incamminiamo sotto la pioggia, non ho preso il coprizaino, ma il giorno prima il meteo del cellulare dava variabile-bello. L’acqua tarda a trasformarsi in neve, il pile peloso nuovo mi trasmette un caldo infernale, le prese d’aria dalle cerniere laterali della giacca non le trovo, i capelli mi vanno sugli occhi, gli occhiali si appannano, se mi fanno il laser a gennaio, come spero, al “Siena Eye Laser”, dopo non li avrò. Intanto non vedo niente, ma seguo chi mi sta davanti.
Dopo è neve che precipita forte e, a mano a mano, forma un bello strato corposo con il suo suono felpato sotto gli scarponi. Il fascio di luce mostra gli unici due colori, il bianco e il nero e lo zaino di chi mi precede assume un aspetto nuovo, marmorizzato.
Com’è bella la neve!
C’è sempre il pensiero “Chi me lo ha fatto fare” per il timore non proprio infondato di non riuscire a continuare a camminare, per il fiato corto o altro incoveniente, di notte poi, che a me piace la neve di giorno, poter vedere e andare senza il peso del sonno e della stanchezza. Aspetto-temo il momento in cui una voce dirà di mettere i ramponi. I miei sono ad attacco semi-rapido, per cui davanti occorre legarli, ma occorre togliersi i guantoni, le tasche sono piene: un berretto, i fazzoletti, la luce frontale e sarà meglio non perderli nel buio. E il tutto va fatto nella bufera di neve. Ci sono davanti quelle due punte-lame che a sentire la Monica (una collega), se scivoli, ti squarci il polpaccio o la pancia. “Ma come non hai fatto un corso per imparare a usare i ramponi?”
C’è un vento, negli slarghi, con la neve sferzante sulla faccia, ma il cappuccio della giacca mi protegge benissimo e i vestiti tecnici, messi alla prova nella bufera, si rivelano perfetti.
Non vedo quasi niente, ma ogni tanto un fascio luminoso mi mostra il manto bianco ai nostri piedi, steso per terra come il più bel manto e i rami di arbusti come dita dentro a guanti di neve.
Camminiamo in fila indiana, seguo da vicino il passo lento di chi mi precede e ne calpesto le orme, non mi posso lamentare perché si va piano. A un certo punto mi sembra di essere fuori dal tempo, andiamo, andiamo, chissà dove, senza meta, e se non pensi più a niente è bello così. La luce di Alvise perlustra l’orizzonte e mostra che la tempesta intorno è ovunque, siamo come dentro a quelle palle di vetro con la neve al buio che ci avvolge.
Si torna indietro.
Dentro di me tiro un sospiro di sollievo, non perché non mi piaccia stare lì, ma perché non so se so tornare sulla neve in discesa. Invece non si scivola, la neve fa attrito e si cammina agevolmente.
C’è sempre, alla fine, il pensiero “E’ stato bello esserci e sentirsi parte di qualcosa”.
E’ solo l’una e un quarto, abbiamo camminato tre ore e un quarto e per andare a dormire a casa di Fabrizio e Gloria, vuole guidare Taino che conosce la strada. Ci rassicura che non ha sonno, essendo fradici mette il caldo al massimo e va con una guida sportiva che taglia via tutte le curve, molto velocemente. A me sta bene, tanto se la strada è deserta, l’unico pericolo può essere un animale che attraversa e che in ogni caso non considera le corsie; a Paolo, che è cresciuto nelle regole, sembra faccia un pò effetto.
Ci accoglie la casa di Gloria e Fabrizio, la stufa a legna che ci scalda, i bei materassini che lei ha preparato per stenderci i sacchi a pelo, lo stendino per asciugare i vestiti, una tisana bollente prima di coricarci alle 3 emmezza. Al mattino una ricca colazione dolce-salata, con i buoni biscotti e la crostata fatti da lei.
Alle 10 dobbiamo trovarci alle pareti di Grotti in compagnia di Lea e Valentina, Donatella e Giulia e nipoti, Laura con Fabian e Lena.
Dopo un anno, quelle due vie le ho fatte, grazie all’assistenza di Fabrizio e Giulia e sono contenta così, mi è venuta la carne greve ai tricipiti per così poco. Ho pensato a chissà quali muscoli d’acciaio deve avere Valentina che unisce la giovinezza alle 10 vie. Che Invidia! E che invidia per le altre donne lì che fanno le vie con la disinvoltura con cui farebbero i letti di casa.
Taino in macchina ha avuto un attacco di rabbia per via degli scarponi che non gli si infilavano e invece è così paziente con noi alle sesshin e ho pensato a quanto ha detto Giovanni Groaz di ritorno da Scaramuccia: “Beh, meno male che non sembra, sennò sarebbe troppo, ma Taino è davvero impeccabile!”
PS Qui c’è l’allerta straripamento fiumi (il Secchia scorre vicino), sono passati con il megafono a dire di ritirarsi ai piani alti e di preparare gli effetti personali in caso di evacuazione. Che paura! Stanotte c’è l’onda di piena, la gatta è agitata, ha fiutato qualcosa e vorrebbe scappare. Vado a letto sperando nella buona sorte.
Carla Gabrielli
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GROTTAMMARE – Stop all’erosione fluviale, grazie all’intervento in via di ultimazione del Genio civile relativamente al rifacimento di un tratto dell’argine sud del torrente Tesino, interessato da un’importante e progressiva attività di erosione in zona Bore Tesino.
L’intervento è stato eseguito dietro richiesta effettuata dall’amministrazione comunale e dai competenti uffici su segnalazione di privati. L’argine in argomento, infatti, a causa delle frequenti e violente piene del torrente ha subito un progressivo e inesorabile deterioramento, tale da mettere in pericolo i vicini insediamenti produttivi.
L’onere per la realizzazione dell’intervento è stato completamente sostenuto dall’Autorità idraulica competente e cioè il Genio civile sezione distaccata di Ascoli Piceno. L’intervento in zona Bore Tesino non completa l’opera, che prevede la sistemazione di un altro tratto più a valle, nei pressi del casello autostradale.
In questo caso, si tratta di regimare l’argine nord del corso torrentizio, ma prima l’ente regionale dovrà prendere contatti con la Capitaneria di porto che sta eseguendo indagini riguardanti il deposito abusivo di materiale plastico rinvenuto negli strati di terreno sottostanti. I lavori avranno inizio solo dopo che saranno stati correlati con la rimozione di tale materiale.
“Ringrazio la Regione Marche per questo intervento tempestivo e risolutore – dichiara il sindaco Enrico Piergallini – l’aver messo in sicurezza l’argine in un punto di erosione profonda del torrente ci consentirà di affrontare con meno timore l’autunno e l’inverno che ci attendono, quando più impetuoso può diventare il corso del tesino a causa di violenti fenomeno meteorologici”.
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Un anno con la polizia stradale - La Polizia Stradale fa il bilancio del 2018
Con 453.473 pattuglie di vigilanza stradale, la Polizia Stradale ha accertato 1.878.255 infrazioni al codice della strada. Ritirate 42.662 patenti di guida e 50.905 carte di circolazione; 2.291.527 i punti complessivamente decurtati. In calo le vittime dovute ad incidenti stradali. L’andamento del fenomeno infortunistico, rilevato da Polizia di Stato ed Arma dei Carabinieri al 16 dicembre 2018, ha fatto registrare (senza i dati della Polizia Municipale), rispetto al 2017, un lieve aumento nel numero complessivo degli incidenti (71.880, +1,2%) ed un calo di quello delle persone ferite (47.104, -0,6%), dall’altro ha espresso un’inversione di tendenza relativamente all’incidentalità con conseguenze mortali, con un deciso decremento dei sinistri del 4,2% (1.439, meno 63) e una più modesta diminuzione delle vittime dell’1,2% (tra i 1.618 deceduti - 20 in meno del 2017 – sono comprese le 43 vittime del crollo del ponte Morandi a Genova). Un termine di confronto dell’andamento rappresentato è offerto da ISTAT che, nella stima preliminare dei primi sei mesi dell’anno 2018 (dati Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Polizia Municipale), ha rilevato, rispetto al primo semestre del 2017, un decremento degli incidenti stradali con lesioni a persone del 3%, una diminuzione del numero delle persone ferite del 3% ed una diminuzione delle vittime pari all’8%. La sicurezza della mobilità rappresenta una priorità per la Polizia di Stato che, con la Specialità Polizia Stradale, è da sempre alla ricerca di soluzioni avanzate in termini di tecnologia, procedure e modelli operativi, per garantire servizi più efficaci di prevenzione e di controllo. Controlli della velocità media con i sistemi Tutor e Vergilius. L’utilizzo del Tutor, articolato su 39 siti, ha consentito di accertare, dal 27 luglio 2017 al 30 novembre 2018, 45.389 violazioni dei limiti di velocità. Contrasto della guida sotto l’effetto di alcool e di sostanze stupefacenti. Nel 2018 è proseguita la campagna straordinaria di controllo sulle condizioni psicofisiche dei conducenti di veicoli, con l’impiego congiunto della Polizia Stradale e dei medici e personale sanitario della Polizia di Stato, per l’accertamento sui conducenti di veicoli dell’assunzione di alcool e di sostanze stupefacenti. Complessivamente sono stati attivati – al 18 novembre 2018 – 832 posti di controllo, con l’impiego di 4.869 operatori della Polizia Stradale e 1.278 tra medici e personale sanitario della Polizia di Stato. I conducenti controllati sono stati 34.362, il 6,5% dei quali (pari a 2.229) è risultato positivo all’alcol con un tasso alcolemico superiore a 0,5 g/l, mentre l’1,6% (pari a 537 conducenti) è risultato positivo ad una o più sostanze stupefacenti nel corso dei test su strada. Per tali soggetti (oltre al ritiro cautelare della patente, previsto dal C.d.S.) si è proceduto al prelievo su strada di campioni salivari, inviati a Roma presso il Centro di Tossicologia Forense della Polizia di Stato per le analisi di laboratorio. Queste ultime hanno confermato la positività ad almeno una sostanza psicoattiva di 386 conducenti, pari al 71,9% di quelli (537) risultati positivi al test di screening su strada, ed al 1,1% dei conducenti complessivamente controllati. Servizi contro le c.d. “Stragi del Sabato sera”. Dall’inizio dell’anno al 9 dicembre scorso, nelle notti dei fine settimana (dalle ore 00,00 alle 06,00 di sabato e domenica), Polizia Stradale ed Arma dei Carabinieri hanno impiegato nei posti di controllo 158.111 pattuglie, rilevando 2.696 incidenti (59 in meno rispetto al 2017) che hanno cagionato 109 vittime (9 in meno dello scorso anno). I conducenti controllati con etilometri e precursori sono stati 207.862 (-10,6%), il 5,2% dei quali (pari a 10.763, di cui 9.187 uomini e 1.576 donne) è risultato positivo al test di verifica del tasso alcolemico (nel 2017 la percentuale era del 5,1%). Le persone denunciate per guida sotto effetto di sostanze stupefacenti sono state, invece, 375. I veicoli sequestrati per la confisca 547. Autotrasporto. In ossequio agli obbiettivi delineati nel protocollo d’intesa tra Ministro dell’Interno e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del luglio 2009, la Polizia Stradale, nel corso del 2018, ha continuato a dare forte impulso ai servizi di controllo nel settore del trasporto professionale (svolti anche congiuntamente al personale del Dipartimento Trasporti Terrestri con i Centri Mobili di Revisione). I dati al 30 novembre 2018 sono: Servizi effettuati: 3.315; Operatori della polizia stradale impiegati: 17.784; operatori Ministero Infrastrutture e Trasporti: 5.256; Veicoli pesanti controllati: 40.608, di cui 6.504 (pari al 16 %) stranieri Infrazioni accertate: 31.211; patenti ritirate: 379; carte di circolazione ritirate: 658. Gite scolastiche in sicurezza. Inoltre, nel corso del 2018, d’intesa con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sono stati attivati controlli d’iniziativa o su segnalazione dell’istituto scolastico mirati al controllo degli autobus destinati al trasporto di scolaresche per gite o viaggi d’istruzione. Nei primi 11 mesi dell’anno sono stati sottoposti a controllo 16.668 autobus, dei quali 2.261 hanno evidenziato almeno una irregolarità, per un totale di 3.471 infrazioni. Sono state ritirate 35 patenti di guida e 54 carte di circolazione. Dall’avvio dell’iniziativa, nel 2016, sono stati 43.061 gli autobus controllati di cui 31.023 su richiesta delle scuole. Quelli che presentavano una o più irregolarità sono stati 6.511; 9.278 le infrazioni rilevate con 121 patenti e 158 carte di circolazione ritirate. Operazioni ad Alto Impatto. Dal 1° gennaio al 31 dicembre 2018 ai servizi programmati mensilmente a livello regionale sono stati predisposti dispositivi specifici pianificati a livello nazionale, secondo il modello delle “Operazioni ad Alto Impatto”, nella misura di circa 4 al mese, per sottoporre a controllo massivo di particolari settori del trasporto e verificare il rispetto di specifiche norme poste a salvaguardia della sicurezza stradale. I dispositivi sono stati programmati e realizzati da personale particolarmente preparato in settori della circolazione in cui le violazioni costituiscono generale pericolo per la sicurezza dei cittadini. Le operazioni in oggetto riguardano i seguenti settori che, al 20 dicembre, hanno fatto registrare i risultati di seguito indicati: Cinture sicurezza e sistemi di ritenuta (12 operazioni - 130.672 veicoli controllati e 46.006 violazioni accertate di cui 15.089 riferite alla normativa specifica); Assicurazione obbligatoria (7 operazioni – 51.632 veicoli controllati – 15.945 violazioni contestate di cui 2.182 alla specifica normativa); Autotrasporto nazionale ed internazionale di persone (5 operazioni – 6.542 veicoli controllati e 1.757 violazioni accertate di cui 816 alla specifica normativa); Trasporto di animali vivi (5 operazioni – 12.379 veicoli controllati e 6.564 violazioni accertate di cui 244 alla specifica normativa); Trasporto di merci pericolose (3 operazioni – 14.151 veicoli controllati e 9.876 violazioni accertate alla specifica normativa); Trasporti eccezionali (2 operazioni con 210 veicoli controllati e 33 violazioni accertate alla normativa specifica); Trasporto di sostanze alimentari (5 operazioni – 18.981 veicoli controllati – 8.342 violazioni accertate di cui 381 alla specifica normativa); Uso corretto di telefoni alla guida di veicoli (5 operazioni – 96.870 veicoli controllati e 5.807 violazioni accertate relative alla specifica normativa) ; Stato di efficienza degli pneumatici (3 operazioni – 31.487 veicoli controllati - 10.981 violazioni accertate di cui 1.356 alla specifica normativa). I controlli ad “Alto Impatto” sono già stati riprogrammati per tutto il 2019. Attività di polizia giudiziaria. Nell’ambito della specifica attività di contrasto al traffico illecito dei veicoli, prioritaria competenza delle squadre di polizia giudiziaria della Specialità, nell’anno di riferimento sono state arrestate 78 persone e denunciate all’A.G. 746; i veicoli sequestrati sono stati 594, mentre l’attività investigativa ha portato all’individuazione di ulteriori 463 veicoli, prevalentemente all’estero. Le indagini per truffa, in particolare per le ipotesi di frode assicurativa, alterazione del tachimetro e illecito conseguimento delle patenti di guida, hanno consentito di trarre in arresto 13 persone e denunciarne in stato di libertà 830. Sulla rete autostradale l’intensificazione dei servizi diretti in linea prioritaria a contrastare i fenomeni di furti e rapine in danno degli autotrasportatori, esercizi commerciali ed utenti in transito ha permesso di trarre in arresto 63 persone e denunciarne all’A.G 277. Significativi, infine, sono stati i risultati conseguiti nel settore dei controlli agli esercizi commerciali connessi alla circolazione dei veicoli. In particolare, 5.011 esercizi tra carrozzerie, autofficine, autoscuole, autodemolitori, autosaloni sono stati sottoposti a controllo e 1.956 sono state le violazioni rilevate. Tra queste, per 359 casi si è proceduto al sequestro amministrativo mentre per 273 violazioni è stato effettuato il sequestro penale. Complessivamente, nel corrente anno (dati consolidati al 15 dicembre) la Specialità ha effettuato 788 arresti, 19.251 denunce in stato di libertà e sequestrato 846 veicoli. Campagne di informazione ed educazione stradale. Numerose nel corso dell’anno le campagne di informazione ed educazione stradale. La campagna di sicurezza stradale Icaro - giunta alla 18^ edizione - promossa dalla Polizia di Stato in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università “Sapienza” di Roma, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Moige (Movimento Italiano Genitori), la Fondazione ANIA per la sicurezza stradale, la Federazione Ciclistica Italiana, la società SINA del gruppo autostradale ASTM-SIAS, Enel Green Power S.p.a., il gruppo Autostrade del Brennero. Quest’anno l’iniziativa ha focalizzato l’attenzione sul tema della distrazione alla guida dovuta al compimento di più azioni contemporaneamente (cd. Multitasking). il progetto Biciscuola – promosso dal RCS Sport – La Gazzetta dello Sport ed in collaborazione con il MIUR. E’ un’iniziativa correlata al Giro d’Italia e rivolta in via esclusiva alle scuole Primarie di tutta Italia al fine di sensibilizzare i giovani al rispetto per l’ambiente e alle regole della sicurezza e dell’educazione stradale. La campagna di educazione #buonmotivo in collaborazione con ANAS S.p.A., finalizzata a sensibilizzare gli utenti della strada sui rischi derivanti da comportamenti scorretti o imprudenti. “Centrali Aperte” – Seminari di formazione organizzati in diverse regioni italiane nell’ambito di un Protocollo d’intesa siglato tra Enel Green Power e la Polizia di Stato e rivolti alle scolaresche del territorio allo scopo di diffondere la cultura della legalità e della sicurezza stradale. Seminari di formazione organizzati in diverse regioni italiane nell’ambito di un Protocollo d’intesa siglato tra Enel S.p.A. e la Polizia di Stato e rivolti ai dipendenti del Gruppo Enel allo scopo di diffondere la cultura della legalità e della prevenzione degli incidenti stradali con particolare riferimento agli incidenti in itinere. “Guida Sicura” – Seminari di formazione organizzati su tutto il territorio nazionale nell’ambito di un protocollo d’intesa siglato tra Poste Italiane S.p.A. e la Polizia di Stato al fine di sensibilizzare i dipendenti di Poste Italiane in materia di sicurezza stradale e di prevenzione degli incidenti stradali e, in particolare, di quelli in itinere. Bimbi in Auto, in collaborazione con il Ministero della Salute, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e le principali Associazioni dei Pediatri, per sensibilizzare gli adulti sull’importanza dell’utilizzo dei sistemi di ritenuta per la sicurezza dei bambini in auto nonché su tutti gli aspetti legati alla loro sicurezza quando viaggiano in auto. “Inverno in sicurezza” e “Vacanze sicure” – anche nel 2018 si sono svolte, in collaborazione tra Polizia di Stato, Assogomma e Federpneus, le campagne sul corretto equipaggiamento e sull’efficienza degli pneumatici durante il periodo invernale ed il periodo estivo. La collaborazione si è svolta effettuando controlli stradali mirati. “Chirone – dalla parte delle vittime”. Il progetto Chirone per le vittime di incidente è pensato per gli operatori di Polizia che sono chiamati ad intervenire in condizioni di forte impatto emotivo quale quello che si realizza a seguito di incidente. Il progetto fornisce supporto e formazione ai soggetti coinvolti (attivamente e passivamente) nella gestione di un evento traumatico. Partner dell’iniziativa l’Università Sapienza di Roma - Dipartimento di Psicologia e la Fondazione ANIA. Read the full article
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