#paura della felicità
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Pensieri di Mezzanotte #8
"Come te la spiego la paura di essere felice, quando non l'hanno capita nemmeno i miei amici"
Questa frase di Martina Attilli, oggi mi rappresenta più che mai. Ho davvero paura di essere felice? Da un mese a questa parte sta andando davvero tutto troppo bene, perché? Perché ho questa strana voce in testa che mi dice che non può essere vero?
Ho trovato un lavoro che mi piace davvero (credo), sono andato a vivere da solo, ho conosciuto persone fantastiche e ho incontrato una ragazza bellissima e con le mie stesse passioni. Le vorrei chiedere di uscire, ma ho paura. Ho paura che questa felicità che si è creata nell'ultimo mese, sia solo passeggera e che adesso si sia esaurita.
Se le chiedessi di uscire sarebbe un no, palese. Non ho le prove per dirlo, ma lo so. Va sempre così, è sempre andato così.
Vorrei che fosse tutto più semplice, perché mi fermo a pensare? Perché ragiono sempre su ogni singolo passo che faccio nella vita? Perché le persone che non si ferma a ragionare su tutto ciò che fanno sembrano essere così felici?
Vorrei solo una tregua. Vorrei una tregua da me, dai miei pensieri, dalla mia sensazione perenne di star sbagliando tutto e dalla sensazione di non meritare ciò che vivo.
Per la prima volta nella mia vita non mi sta capitando niente di brutto, eppure ho questa voce che continua a ripetermi che non è vero. Che è tutto effimero e che tutto sta per finire. Che i momenti brutti stanno per tornare e che torneranno più forti di prima.
Questa voce è la stessa che mi sta dicendo: "Non chiedere a Sofia di uscire, tanto ti dirà di no. Dirà che fai schifo. Dirà che vali zero.", la cosa che fa più rabbia, è che ha ragione. Valgo davvero zero.
Non so, avevo solo voglia di scrivere.
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Hai paura che possiamo esser felici per questo non rischi!?
Ho paura anche io ma correrei il rischio
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c’è questo pensiero che ho in testa da un po’ che mi turba, premesso che ho passato gli ultimi 6/7 anni della mia vita a reprimere tutte le emozioni positive che avevo perché fondamentalmente avevo paura di star male, in fondo se non ti leghi a niente non puoi starci male se quella cosa finisce no? ecco, solo che quest’anno, per quanto monotono, è stato un anno folle a livello introspettivo, sto lavorando così tanto su me stesso che mi fa quasi impazzire sentire questo cambiamento e quindi non lo so ma sento il bisogno di sentirmi importante per qualcuno, non parlo di amore o relazioni e nemmeno necessariamente di una persona, potrebbe tranquillamente essere un animale, ma non mi interessa manco ricevere affetto, parlo proprio di dare affetto, sento il bisogno di essere una persona presente per qualcuno, di dare felicità a quella persona o quell’animale, nel mio piccolo cerco già di farlo con alcuni amici ma non mi basta e niente o mi prendo un animale o potrebbe scoppiarmi il cuore da quanta voglia repressa di voler bene ho
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“Scaccia la paura e la paura della paura. Per qualche anno le cose basteranno. Il pane nel cassetto e il vestito nell'armadio. Non dire mio. Hai preso le cose solo in prestito. Vivi nel tempo e capisci che poche cose ti servono. Accasati. E tieni pronta la valigia. E’ vero quello che dicono: ciò che deve succedere, succederà. Non andare incontro alla pena. E quando arriva, guardala tranquillamente. E’ effimera come la felicità. Non aspettare nulla. E abbi cura del tuo segreto. Anche il fratello tradisce se si tratta di te o di lui. Prendi la tua ombra come compagna. Scopa bene la tua stanza. E saluta il tuo vicino. Aggiusta il recinto e anche il campanello alla porta. Tieni aperta la ferita dentro di te sotto il tetto delle cose che passano. Strappa i tuoi piani. Sii saggio e credi nei miracoli. Sono iscritti da tanto tempo nel grande piano. Scaccia la paura e la paura della paura.”
Mascha Kaleko
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Sei morto quando il piacere smette di attrarti, quando ormai pensi solo a evitare la noia e non ti importa se la tua vita è più assenza – di dolore, di passione, di entusiasmo – che contenuto. La peggior nemica della felicità non è il dolore, è la paura. Per essere veramente vivo devi essere disposto a pagare un prezzo per ciò che ottieni. Ed è lì che vacillo.
José Ovejero
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L'orgoglio e la paura... Sono i peggiori nemici della felicità...
~ Virginia ~
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“Sei morto quando il piacere smette di attrarti, quando ormai pensi solo a evitare la noia e non ti importa se la tua vita è più assenza – di dolore, di passione, di entusiasmo – che contenuto. La peggior nemica della felicità non è il dolore, è la paura. Per essere veramente vivo devi essere disposto a pagare un prezzo per ciò che ottieni. Ed è lì che vacillo.”
José Ovejero - L’invenzione dell’amore
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È impossibile guardare il tempo senza vedere la morte, così come è impossibile guardare il mare aperto senza vedere l’orizzonte. Ho sempre pensato che la vita non sia qualcosa da cui si entra e si esce, qualcosa che si attraversa come uno spazio finito, ma come qualcosa in cui si sta indefinitamente. Questo non implica, secondo me, per forza di cose, un’idea di trascendenza: semplicemente la vita è questa cosa, la cosa in cui si sta, in cui non si può non continuare a stare anche quando teoricamente la vita finisce. Questa è la mia – se volete – la mia fede. Non so se sia una fede nel senso plausibile della parola. È il mio modo di stare dentro questa realtà che secondo me non può chiamarsi in altro modo che la vita. Una volta in una poesia ho scritto che “cerco” a volte “di immaginare la felicità dei morti” e penso che anche per i morti la felicità sia la vita.
Di quello che ho nel cuore
parlo poco, mi frena la paura
e voglio e soffro e mi farà morire
la cosa che la lingua non sa dire.
Giovanni Raboni - “Versi guerrieri e amorosi”
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penso sia ingiusto far scontare agli altri le conseguenze della tua impulsività. Io quelle conseguenze le vivo da anni sulla pelle, costantemente, senza poter fare niente per difendermi. Ogni mio giorno importante è stato rovinato dall'incapacità di chi mi circonda di guardare in faccia i bisogni degli altri, tutti hanno sempre e solo pensato a loro stessi, senza pensare un minimo a me. Oggi, per l'ennesima volta, mi ritrovo a piangere in un giorno che doveva essere solo bello...e lo faccio ogni volta, succede in ogni giorno speciale. Ho un trauma, ho paura della felicità perché arriva sempre sporcata dalla sfortuna e dal dolore. E tu devi sempre reagire con un sorriso, anche se quello che ti succede è ingiusto, tu devi sempre fare finta che ti vada bene così. No, non mi va bene così. Sono stanca di dovermi accontentare sempre. Oggi basta, non voglio più sentire nessuno, non voglio più ascoltare il trauma di nessuno, i motivi di nessuno...ascolto solo i miei di motivi adesso. Voglio solo guarire, senza fare del male a nessuno mentre lo faccio a differenza di chi usa le sue ferite per ferire gli altri. Se significa restare sola, io resto sola, perché ho il cuore che fatica a respirare adesso e voglio solo aria.
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Una forza e una generosità straordinarie sono il dono di ogni madre, e sono la base di quell’amore incondizionato che solo una madre sa offrire e che tutti dovremmo avere la possibilità di assaporare. Un vecchio proverbio napoletano recita: «Chi tene ‘a mamma, nun chiagne» (chi ha la mamma, non piange), ed è vero. Le madri sono scudo pronto a difenderci da ogni dolore, a volte persino esagerando.
La verità è che l’amore può tutto, che un sorriso, uno sguardo sincero, una carezza sono sorsi di eternità, che nel dolore la fiducia nel domani può soltanto diventare più grande.
Una terribile battaglia da combattere “un lungo addio”.. “un addio rubato..un addio mancato.. un addio finto”.
Perché tra di noi, mamma, non può esserci addio.
La mia persona più amata si dissolve lentamente in piccoli pezzi, ed è impossibile andare a ripescare quale sia stata l’ultima conversazione. Struggente ed emozionante, «il segreto della vita».
Tutto ruota intorno ai ricordi e alla memoria, al loro disperdersi e riemergere continuo e imprevedibile, trasportando tutti in una sorta di infinito presente. Una storia di cui non conosco né l’inizio né la fine, ma di cui ho vissuto e vivo intensamente ogni giorno con dolore, paura, rabbia, fatica, solitudine, curiosità, ostinazione. Facile perdersi in questo guazzabuglio di emozioni. Non so dire con precisione quando quel processo abbia avuto inizio. Sono stata incapace di cogliere i primi segnali quotidiani. E mi sono trovata direttamente a decidere quanti scatoloni avrebbero occupato i ricordi della mia infanzia e della mia adolescenza, riempiendoli ad una velocità molto superiore a quella delle mie emozioni, che mi soffocavano la gola. “Questo è il momento più difficile”, mi racconto ma intanto sto tatuando il mio cuore. In maniera indelebile.
Figlia unica di un genitore non autosufficiente, come la definisce la USL.
Il muro che ho dovuto attraversare per trovare il mio binario è fatto di rifiuto, disoriento.
Dovevo combattere con i fantasmi del mio passato, guardare negli occhi una persone che non mi riconosceva piu e specchiarmi nelle sue paure. Una micidiale danza di emozioni contrastanti: l’eterno presente senza ieri e senza domani il passato remoto improvvisamente prende vita catapultandoti in una dimensione surreale e spiazzante. Mi trito il cuore cercando di cogliere un’espressione diversa sul volto, un lampo negli occhi, un gesto, ma lei ė in un'altra dimensione e questo fa male. Come tenere tutto dentro.
Ecco come vedo, assisto e vivo questo lento perdersi. Un lento svanire. Spegnersi poco a poco, spettatore di questa surreale esibizione della vita. Dove il regista è il tempo e la trama è composta dalla memoria, dai ricordi, che a tratti riemergono da quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Sono sempre lì. Sono sempre loro. Solo nascosti in qualche angolino. Basta aspettare il momento giusto... ed eccoli.
Un viaggio nei legami affettivi più forti, nelle nostre paure e nei nostri bisogni di amare, alla ricerca della felicità anche nelle situazioni apparentemente più avverse.
A 52 anni proprio non me lo aspettavo. Di figli ne avevo già uno, ormai grande, proiettato verso un futuro luminoso insieme alla famiglia che si era creato.
Ed io, invece, ecco che mi ritrovo, inaspettatamente, a dover fare i conti con la dolorosa esperienza di diventare “madre di mia madre", nel suo lento declino fisico e mentale.
Eppure il suo sguardo, di tanto in tanto, torna per un fugace momento (tanto fugace che, a volte mi chiedo se sia veramente successo) a fissarsi su di me, limpido e cosciente. Come se davvero fosse tornata a vederMi...tornata ad essere mia madre. Quella che si preoccupava per me. E si prendeva cura di me, sempre con un sorriso sulle labbra. Non so bene come spiegarmi. C’è da non trovare le parole quando hai a che fare con una persona che se ne sta andando lontano, sempre più, suo malgrado. C’è da augurarselo di non trovarle, mettere in fila i pensieri richiederebbe di voler vedere quello che si ha davanti e io non voglio.
“Mamma, sono io, sono Francesca”. Te lo ricordo, te lo ripeto, non perderlo il mio nome. Non lasciarmi andare. Nei tuoi pensieri troncati, assillanti, confusi non sei persa, perché non si può affogare in una pozzanghera, e non sei rinchiusa finché fai di tutto per stare a galla. Attaccati a me, aggrappati all'amo, salda più che puoi, con le mani e con lo sguardo, che ti tiro verso di me, non smettere di respirare.
Quanto fa male trasformarsi. “Sono io, mamma, sono Francesca”. “Lo so,” mi rispondi. Sei arrabbiata. In te c’è ancora forza...non molli, non cedi, ti ribelli. Mi prenderesti a schiaffi. Ti vedo, seduta sul divano. Ti stringi, ti rimpicciolisci, scompari, eppure io ti trovo sempre. So dove cercarti. So dove trovarmi. Anche se potremmo essere il gioco dei contrari io e te. Tu, che sei tanto diversa da me eppure ti assomiglio. Ho paura..e nello stesso tempo ho Il bisogno di non far vedere agli altri che sto male.
Ho tanti sensi di colpa: sono una mamma, come te. Quanta malinconia c’è, quanto mi ricordo di te..ricordi che si diluiscono. All’inizio mi concentro sul come fare per catturarti e quando ti ho catturata penso a come trattenerti; quando sto per perderti cerco di invogliarti a restare con un nuovo stratagemma; quando ti ho persa iniziano i propositi per fare meglio la volta dopo. Ricomincio, riprovo, non mollo mai. I tentativi si susseguono senza sosta. Non c’è fine, non c’è pausa. Ci pensi anche quando non lo fai. Ci deve essere da qualche parte una linea di confine che, se oltrepassata, è un cambio perenne di stato. E ci pensi mentre fai la spesa o sei in fila dal dottore, mentre parli al telefono con un’amica e perfino mentre ti fai la doccia. Quando sei sotto il getto dell’acqua tiepida piangi per il fallimento: non importa quanto poco ti consoli l’esserci per accudirla. L’acqua si miscela alle lacrime nel gorgo dello scarico e dovrebbe andare giù, lasciarti, non tornare, giusto? No, non va giù. La lacrima stagna, imputridisce. Si deposita. È l’acqua delle pozzanghere. Non conosce colore, non conosce fine. Non riflette tutto il cielo, non è nemmeno una finestra. Non bisogna scoraggiarsi.. ma mi mancano le forze o forse il coraggio. A volte ricordo i tempi piu felici che sono anche i più taglienti.“Eccomi! Ciao, come stai oggi? Hai visto che è arrivata l'estate???....
Guardami,
"sono Francesca, mamma
Mamma❤”.
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Una bellissima storia d'amore..
Loro due.
È il 1961. Si incontrano a Napoli.
Sono Raffaele La Capria e Ilaria Occhini.
Lei già attrice famosa. Lui vincerà di li a poco il Premio Strega. Quel giorno vanno a Positano e da lì sessant'anni di vita assieme
#RaffaeleLaCapria, moriva un anno fa, a 99 anni.
“Il premio più bello della mia vita fu aver incontrato Ilaria”. E lei nel suo libro "La bellezza quotidiana": “Sulla spider girammo per le vie di Roma, andammo a fare i bagni a Ostia e Fregene. Quando ci riconosceva, la gente ci salutava. Raffaele disse: ‘Speriamo che gli dei della Nemesi che ci guardano dall’alto dei cieli mediterranei non si accorgano della nostra felicità, perché senza dubbio ci punirebbero’”.
Oggi li ricordiamo entrambi.
Con questo ricordo di incontro felice. Di felicità così felice da far paura persino agli dei.
Poi magari sparisce. Ma c’è stata.
E chi l’ha vissuta, lo sa, questo è quel che conta.❤️
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Ho bisogno di cambiare. Forse questa è l'unica cosa che so al momento. E' tornato il buio, è tornato prepotentemente, come non mai e non so come affrontarlo. Sinceramente non so cosa sia andato storto nella mia vita, in quale momento o in quali momenti mi sono perso. Non è la prima volta che mi accade, ho avuto i miei periodi no ma non sono mai stati così visibili, esposti al mondo. C'è un mondo di rabbia dentro me che ho sempre saputo gestire ma ultimamente no, basta veramente un cazzo e come una bomba sono pronto ad esplodere. Questo mi fa tremendamente paura, anche perché non importa chi ci sia dall'altro lato e si ritroverà a beccarsi tutto il mio odio. Odio, odio per cosa? Questo ancora devo capirlo. Nella mia vita ho sofferto si, come tutti e meno di molti ma questo non può e non dovrebbe giustificare nulla. Sono bloccato, non riesco a vivere, e quando poi lo faccio e torno alla normalità è sempre peggio, ogni volta fa un po' più male. Forse la parte peggiore è vivere quegli attimi di felicità che mi mancano perché sono un ingordo, ho bisogno di sentirmi pieno, a volte anche un po' apprezzato ma allo stesso tempo non sono capace di gestirlo. Ho imparato che non sono mai contento di nulla, non mi basta mai e quindi come si fa? Come posso sopraffare questo mio modo di essere? Sono sempre in conflitto con me stesso, come se ci fossero due personalità che a volte convivono nello stesso momento e questo crea un conflitto enorme, vado in tilt. Spesso penso che l'unica soluzione sia quella di isolarmi, di mandare tutti via, le persone sono sempre state bene senza di me, possono continuare a farlo per il resto della loro vita. Ma della mia che ne sarà, deve davvero finire così? Deve essere davvero "un solo attimo di beatitudine può forse colmare una vita intera?". Non sono pronto a questo, non sono pronto a vivere un futuro misero fatto di solitudine, ne ho già vissuta tanta, ad un certo punto deve arrivare il mio momento no? Forse il mio momento è già arrivato e l'ho perso? Ed ora che si fa? Come supero tutta la tristezza che sento in ogni centimetro della mia pelle? Tutta questa tristezza che a volte non ha fatto parte della mia vita per alcuni attimi. Ci si abitua mai a stare male? Dobbiamo davvero vivere una vita di merda quando potremmo essere felici? Non lo so, ho perso il libretto delle istruzioni di questa vita. Ho perso tanto e sto continuando a perdere, sto continuando a perdermi. Aspetto un po' di luce in questa oscurità, una mano che forse mi tiri su anche se so che dipende tutto da me. Da me, appunto, questo è il problema più grande. Ho sempre provato a fare tutto da solo nella mia vita e questo è il risultato, un "uomo" a pezzi che distrugge tutto ciò che tocca. In fondo volevo solo una vita, una famiglia, una casa e dei figli, ed invece eccomi qui, io e i miei demoni a pensare su come farla finita. Ho bisogno di cambiare, ma per cambiare devo cambiare me, non so se ci riuscirò.
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piccolo rant perché ne ho bisogno
non riesco a capire la felicità delle persone che dicono "finalmente mimmo se ne va in protezione testimoni, così possiamo avere i simuel"
a parte che dicendo così si sta ammettendo in modo implicito che se mimmo rimanesse la simuel non sarebbe endgame, ma tralasciando questo e le mie preferenze personali veramente volete simone con QUESTO manuel? un manuel che in questa s2 non ha avuto nessun tipo di cambiamento se non il fatto di aver smesso di urlare in faccia a simone slur omofobi?
non c'è stato alcun tipo di scoperta dei suoi sentimenti e della sua sessualità, nessun approfondimento o discorso su ciò che è successo nella s1 a parte la frase di simone sulla barca dell'amore spezzata (sicuramente colpa degli sceneggiatori, non lo metto in dubbio)
qualche battuta che può far intendere un po' di gelosia, sì, ma per il resto abbiamo avuto il nulla più totale tra di loro
ho visto persone sperare in un bacio simuel in queste due ultime puntante e, capisco il fatto di shipparli, ma non ha alcun senso
è evidente che manuel non sarebbe pronto a stare con simone e simone non merita di passare nuovamente tutta la merda della s1
già con mimmo che, al contrario di manuel, è aperto e pronto ad amarlo come merita, simone ha paura perché ci è rimasto troppo scottato dalla situazione
poi magari in queste due ultime puntate manuel avrà la scoperta della vita ma sinceramente a me non basterebbe
se proprio i mimmone non possono essere endgame, allora vorrei che nella s3 si approfondisse il personaggio di manuel così da farlo scusare con simone per tutte le merdate fatte e dette e poi da lì si può pensare di renderli endgame
simone ha bisogno di sicurezza, di poter vivere l'amore in modo libero, senza paura, e soprattutto di essere felice
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Ho sognato il mio dolore
Era bellissimo
Aveva il volto di un angelo
Caduto dal cielo
Un dio
Dei piaceri terreni
La vita come un luogo comune
Mi attendeva
E lui mi rapiva
Cantando una vecchia canzone
Come un serpente
Abile tentatore
Era così rassicurante
E al tempo stesso inquietante
Mi sono svegliata
Per nulla cambiata
Ma folgorata
Nel mezzo della vita
A dover scegliere
Tra il dolore e la gioia infinita
Metà l' ho già spesa
Tra senso di colpa e paura
L' altra metà voglio viverla a colori
Godere a piene mani
Tuffarmi in questo mare di pesci
Senza cani
Nuotare con le sirene
Con la pace nel cuore
Tra l'amore e il bene
Non aspettarmi alzato mio dolore
Tanto amato
e tanto odiato
Che la tua bambina stasera non tornerà
Ha scelto di disobbedire
Qualsiasi cosa voglia dire
Ha scelto l' amore
La felicità
E no, da te, non tornerà
Silvia Canonico 🖋
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Tempus fugit
Il tempo è veloce, subdolo, e già è volato un altro anno. Se non fosse per i botti e lo spumante, se non fosse per tutta questa forzata allegria, nemmeno te ne accorgeresti. Eppure ogni secondo che passa è un secondo in meno a disposizione. Un battito di ciglia, qualcosa che se ne va e non ritornerà più. Ciò che vivi accade una volta sola. Pensaci, ora, e afferra il momento. Potrebbe essere la peggiore tragedia o il miglior capolavoro. Non importa. Godi la vita, stringila e succhiala, ingoiala come un'ostrica e troverai la perla più preziosa. La consapevolezza del tempo che passa e del significato di questa folle corsa regala la bellezza di esistere, al di là di orizzonti e destini più o meno fortunati. Danza il tempo e avvolgiti in un tango, scuotiti, sorridi, agita i fianchi. Vivilo con coraggio e umiltà. Non ne sei padrone, non puoi aggiungere un solo istante a quelli che hai a disposizione, ma solo accogliere, grato, responsabile del miracolo di un respiro o di un'idea, di un'azione o di una scelta. Ama le persone che hai accanto, e quelle che non ci sono amale più forte, perché vivono in una dimensione di pace e di gioia, così lontane dai nostri guai ma così vicine a noi, in modo sottile e meraviglioso. Non smettere di sognare, di credere nell’incredibile, di tentare l’impossibile. Desidera, attendi, spera. Tre azioni per un unico scopo, tre tinte che insieme generano un colore capace di trasformarsi in magia. Sii responsabile di una speranza, come il contadino che semina e si prepara all’attesa, con la certezza che sarà la terra a prendersi cura del seme e a cullare il miracolo. Ama e impara la pazienza, rispetta i ritmi della tua felicità e di quella degli altri. Ogni cosa si rinnova solo se sei capace di attendere, solo se ne hai la forza e il coraggio. Non esiste paura o pigrizia, non c’è noncuranza nell’attesa. Nel silenzio più puro si accende il sorriso del saggio, quello di chi tace aspettando una musica che annienti il frastuono del mondo, sapendo che presto o tardi arriverà. A chi mi ha cercato, voluto, tenuto. A chi mi ha perduto e rimpianto. Buon 2025. Che sia un anno nuovo, ma nuovo davvero. Auguri.
-Guido Mazzolini-
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In certi pomeriggi sento il rumore della lavatrice che gira nel vuoto, e mi schianta al suolo. Allora penso - è meglio che io esca di casa - e mi viene il terrore addosso. Poi esco di casa e spero di incontrare qualcuno per farci due chiacchiere. Delle altre volte invece alle cinque esatte sento suonare delle campane orrende di qualche chiesa dei dintorni brutta da far paura. Una chiesa fatta con pochi soldi e scarso coinvolgimento dell'architetto, che avrà anche lui tirato a campare come tutti; e questo scampanamento mi sprofonda come quando sento le tortore che fanno quei loro versi.
Ugo Cornia, Sulla felicità a oltranza
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