#paura della felicità
Explore tagged Tumblr posts
Text
Pensieri di Mezzanotte #8
"Come te la spiego la paura di essere felice, quando non l'hanno capita nemmeno i miei amici"
Questa frase di Martina Attilli, oggi mi rappresenta più che mai. Ho davvero paura di essere felice? Da un mese a questa parte sta andando davvero tutto troppo bene, perché? Perché ho questa strana voce in testa che mi dice che non può essere vero?
Ho trovato un lavoro che mi piace davvero (credo), sono andato a vivere da solo, ho conosciuto persone fantastiche e ho incontrato una ragazza bellissima e con le mie stesse passioni. Le vorrei chiedere di uscire, ma ho paura. Ho paura che questa felicità che si è creata nell'ultimo mese, sia solo passeggera e che adesso si sia esaurita.
Se le chiedessi di uscire sarebbe un no, palese. Non ho le prove per dirlo, ma lo so. Va sempre così, è sempre andato così.
Vorrei che fosse tutto più semplice, perché mi fermo a pensare? Perché ragiono sempre su ogni singolo passo che faccio nella vita? Perché le persone che non si ferma a ragionare su tutto ciò che fanno sembrano essere così felici?
Vorrei solo una tregua. Vorrei una tregua da me, dai miei pensieri, dalla mia sensazione perenne di star sbagliando tutto e dalla sensazione di non meritare ciò che vivo.
Per la prima volta nella mia vita non mi sta capitando niente di brutto, eppure ho questa voce che continua a ripetermi che non è vero. Che è tutto effimero e che tutto sta per finire. Che i momenti brutti stanno per tornare e che torneranno più forti di prima.
Questa voce è la stessa che mi sta dicendo: "Non chiedere a Sofia di uscire, tanto ti dirà di no. Dirà che fai schifo. Dirà che vali zero.", la cosa che fa più rabbia, è che ha ragione. Valgo davvero zero.
Non so, avevo solo voglia di scrivere.
0 notes
Text
Hai paura che possiamo esser felici per questo non rischi!?
Ho paura anche io ma correrei il rischio
0 notes
Text
c’è questo pensiero che ho in testa da un po’ che mi turba, premesso che ho passato gli ultimi 6/7 anni della mia vita a reprimere tutte le emozioni positive che avevo perché fondamentalmente avevo paura di star male, in fondo se non ti leghi a niente non puoi starci male se quella cosa finisce no? ecco, solo che quest’anno, per quanto monotono, è stato un anno folle a livello introspettivo, sto lavorando così tanto su me stesso che mi fa quasi impazzire sentire questo cambiamento e quindi non lo so ma sento il bisogno di sentirmi importante per qualcuno, non parlo di amore o relazioni e nemmeno necessariamente di una persona, potrebbe tranquillamente essere un animale, ma non mi interessa manco ricevere affetto, parlo proprio di dare affetto, sento il bisogno di essere una persona presente per qualcuno, di dare felicità a quella persona o quell’animale, nel mio piccolo cerco già di farlo con alcuni amici ma non mi basta e niente o mi prendo un animale o potrebbe scoppiarmi il cuore da quanta voglia repressa di voler bene ho
50 notes
·
View notes
Text
“Sei morto quando il piacere smette di attrarti, quando ormai pensi solo a evitare la noia e non ti importa se la tua vita è più assenza – di dolore, di passione, di entusiasmo – che contenuto. La peggior nemica della felicità non è il dolore, è la paura. Per essere veramente vivo devi essere disposto a pagare un prezzo per ciò che ottieni. Ed è lì che vacillo.”
José Ovejero - L’invenzione dell’amore
35 notes
·
View notes
Text
Una forza e una generosità straordinarie sono il dono di ogni madre, e sono la base di quell’amore incondizionato che solo una madre sa offrire e che tutti dovremmo avere la possibilità di assaporare. Un vecchio proverbio napoletano recita: «Chi tene ‘a mamma, nun chiagne» (chi ha la mamma, non piange), ed è vero. Le madri sono scudo pronto a difenderci da ogni dolore, a volte persino esagerando.
La verità è che l’amore può tutto, che un sorriso, uno sguardo sincero, una carezza sono sorsi di eternità, che nel dolore la fiducia nel domani può soltanto diventare più grande.
Una terribile battaglia da combattere “un lungo addio”.. “un addio rubato..un addio mancato.. un addio finto”.
Perché tra di noi, mamma, non può esserci addio.
La mia persona più amata si dissolve lentamente in piccoli pezzi, ed è impossibile andare a ripescare quale sia stata l’ultima conversazione. Struggente ed emozionante, «il segreto della vita».
Tutto ruota intorno ai ricordi e alla memoria, al loro disperdersi e riemergere continuo e imprevedibile, trasportando tutti in una sorta di infinito presente. Una storia di cui non conosco né l’inizio né la fine, ma di cui ho vissuto e vivo intensamente ogni giorno con dolore, paura, rabbia, fatica, solitudine, curiosità, ostinazione. Facile perdersi in questo guazzabuglio di emozioni. Non so dire con precisione quando quel processo abbia avuto inizio. Sono stata incapace di cogliere i primi segnali quotidiani. E mi sono trovata direttamente a decidere quanti scatoloni avrebbero occupato i ricordi della mia infanzia e della mia adolescenza, riempiendoli ad una velocità molto superiore a quella delle mie emozioni, che mi soffocavano la gola. “Questo è il momento più difficile”, mi racconto ma intanto sto tatuando il mio cuore. In maniera indelebile.
Figlia unica di un genitore non autosufficiente, come la definisce la USL.
Il muro che ho dovuto attraversare per trovare il mio binario è fatto di rifiuto, disoriento.
Dovevo combattere con i fantasmi del mio passato, guardare negli occhi una persone che non mi riconosceva piu e specchiarmi nelle sue paure. Una micidiale danza di emozioni contrastanti: l’eterno presente senza ieri e senza domani il passato remoto improvvisamente prende vita catapultandoti in una dimensione surreale e spiazzante. Mi trito il cuore cercando di cogliere un’espressione diversa sul volto, un lampo negli occhi, un gesto, ma lei ė in un'altra dimensione e questo fa male. Come tenere tutto dentro.
Ecco come vedo, assisto e vivo questo lento perdersi. Un lento svanire. Spegnersi poco a poco, spettatore di questa surreale esibizione della vita. Dove il regista è il tempo e la trama è composta dalla memoria, dai ricordi, che a tratti riemergono da quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Sono sempre lì. Sono sempre loro. Solo nascosti in qualche angolino. Basta aspettare il momento giusto... ed eccoli.
Un viaggio nei legami affettivi più forti, nelle nostre paure e nei nostri bisogni di amare, alla ricerca della felicità anche nelle situazioni apparentemente più avverse.
A 52 anni proprio non me lo aspettavo. Di figli ne avevo già uno, ormai grande, proiettato verso un futuro luminoso insieme alla famiglia che si era creato.
Ed io, invece, ecco che mi ritrovo, inaspettatamente, a dover fare i conti con la dolorosa esperienza di diventare “madre di mia madre", nel suo lento declino fisico e mentale.
Eppure il suo sguardo, di tanto in tanto, torna per un fugace momento (tanto fugace che, a volte mi chiedo se sia veramente successo) a fissarsi su di me, limpido e cosciente. Come se davvero fosse tornata a vederMi...tornata ad essere mia madre. Quella che si preoccupava per me. E si prendeva cura di me, sempre con un sorriso sulle labbra. Non so bene come spiegarmi. C’è da non trovare le parole quando hai a che fare con una persona che se ne sta andando lontano, sempre più, suo malgrado. C’è da augurarselo di non trovarle, mettere in fila i pensieri richiederebbe di voler vedere quello che si ha davanti e io non voglio.
“Mamma, sono io, sono Francesca”. Te lo ricordo, te lo ripeto, non perderlo il mio nome. Non lasciarmi andare. Nei tuoi pensieri troncati, assillanti, confusi non sei persa, perché non si può affogare in una pozzanghera, e non sei rinchiusa finché fai di tutto per stare a galla. Attaccati a me, aggrappati all'amo, salda più che puoi, con le mani e con lo sguardo, che ti tiro verso di me, non smettere di respirare.
Quanto fa male trasformarsi. “Sono io, mamma, sono Francesca”. “Lo so,” mi rispondi. Sei arrabbiata. In te c’è ancora forza...non molli, non cedi, ti ribelli. Mi prenderesti a schiaffi. Ti vedo, seduta sul divano. Ti stringi, ti rimpicciolisci, scompari, eppure io ti trovo sempre. So dove cercarti. So dove trovarmi. Anche se potremmo essere il gioco dei contrari io e te. Tu, che sei tanto diversa da me eppure ti assomiglio. Ho paura..e nello stesso tempo ho Il bisogno di non far vedere agli altri che sto male.
Ho tanti sensi di colpa: sono una mamma, come te. Quanta malinconia c’è, quanto mi ricordo di te..ricordi che si diluiscono. All’inizio mi concentro sul come fare per catturarti e quando ti ho catturata penso a come trattenerti; quando sto per perderti cerco di invogliarti a restare con un nuovo stratagemma; quando ti ho persa iniziano i propositi per fare meglio la volta dopo. Ricomincio, riprovo, non mollo mai. I tentativi si susseguono senza sosta. Non c’è fine, non c’è pausa. Ci pensi anche quando non lo fai. Ci deve essere da qualche parte una linea di confine che, se oltrepassata, è un cambio perenne di stato. E ci pensi mentre fai la spesa o sei in fila dal dottore, mentre parli al telefono con un’amica e perfino mentre ti fai la doccia. Quando sei sotto il getto dell’acqua tiepida piangi per il fallimento: non importa quanto poco ti consoli l’esserci per accudirla. L’acqua si miscela alle lacrime nel gorgo dello scarico e dovrebbe andare giù, lasciarti, non tornare, giusto? No, non va giù. La lacrima stagna, imputridisce. Si deposita. È l’acqua delle pozzanghere. Non conosce colore, non conosce fine. Non riflette tutto il cielo, non è nemmeno una finestra. Non bisogna scoraggiarsi.. ma mi mancano le forze o forse il coraggio. A volte ricordo i tempi piu felici che sono anche i più taglienti.“Eccomi! Ciao, come stai oggi? Hai visto che è arrivata l'estate???....
Guardami,
"sono Francesca, mamma
Mamma❤”.
48 notes
·
View notes
Text
Una bellissima storia d'amore..
Loro due.
È il 1961. Si incontrano a Napoli.
Sono Raffaele La Capria e Ilaria Occhini.
Lei già attrice famosa. Lui vincerà di li a poco il Premio Strega. Quel giorno vanno a Positano e da lì sessant'anni di vita assieme
#RaffaeleLaCapria, moriva un anno fa, a 99 anni.
“Il premio più bello della mia vita fu aver incontrato Ilaria”. E lei nel suo libro "La bellezza quotidiana": “Sulla spider girammo per le vie di Roma, andammo a fare i bagni a Ostia e Fregene. Quando ci riconosceva, la gente ci salutava. Raffaele disse: ‘Speriamo che gli dei della Nemesi che ci guardano dall’alto dei cieli mediterranei non si accorgano della nostra felicità, perché senza dubbio ci punirebbero’”.
Oggi li ricordiamo entrambi.
Con questo ricordo di incontro felice. Di felicità così felice da far paura persino agli dei.
Poi magari sparisce. Ma c’è stata.
E chi l’ha vissuta, lo sa, questo è quel che conta.❤️
33 notes
·
View notes
Text
Ho bisogno di cambiare. Forse questa è l'unica cosa che so al momento. E' tornato il buio, è tornato prepotentemente, come non mai e non so come affrontarlo. Sinceramente non so cosa sia andato storto nella mia vita, in quale momento o in quali momenti mi sono perso. Non è la prima volta che mi accade, ho avuto i miei periodi no ma non sono mai stati così visibili, esposti al mondo. C'è un mondo di rabbia dentro me che ho sempre saputo gestire ma ultimamente no, basta veramente un cazzo e come una bomba sono pronto ad esplodere. Questo mi fa tremendamente paura, anche perché non importa chi ci sia dall'altro lato e si ritroverà a beccarsi tutto il mio odio. Odio, odio per cosa? Questo ancora devo capirlo. Nella mia vita ho sofferto si, come tutti e meno di molti ma questo non può e non dovrebbe giustificare nulla. Sono bloccato, non riesco a vivere, e quando poi lo faccio e torno alla normalità è sempre peggio, ogni volta fa un po' più male. Forse la parte peggiore è vivere quegli attimi di felicità che mi mancano perché sono un ingordo, ho bisogno di sentirmi pieno, a volte anche un po' apprezzato ma allo stesso tempo non sono capace di gestirlo. Ho imparato che non sono mai contento di nulla, non mi basta mai e quindi come si fa? Come posso sopraffare questo mio modo di essere? Sono sempre in conflitto con me stesso, come se ci fossero due personalità che a volte convivono nello stesso momento e questo crea un conflitto enorme, vado in tilt. Spesso penso che l'unica soluzione sia quella di isolarmi, di mandare tutti via, le persone sono sempre state bene senza di me, possono continuare a farlo per il resto della loro vita. Ma della mia che ne sarà, deve davvero finire così? Deve essere davvero "un solo attimo di beatitudine può forse colmare una vita intera?". Non sono pronto a questo, non sono pronto a vivere un futuro misero fatto di solitudine, ne ho già vissuta tanta, ad un certo punto deve arrivare il mio momento no? Forse il mio momento è già arrivato e l'ho perso? Ed ora che si fa? Come supero tutta la tristezza che sento in ogni centimetro della mia pelle? Tutta questa tristezza che a volte non ha fatto parte della mia vita per alcuni attimi. Ci si abitua mai a stare male? Dobbiamo davvero vivere una vita di merda quando potremmo essere felici? Non lo so, ho perso il libretto delle istruzioni di questa vita. Ho perso tanto e sto continuando a perdere, sto continuando a perdermi. Aspetto un po' di luce in questa oscurità, una mano che forse mi tiri su anche se so che dipende tutto da me. Da me, appunto, questo è il problema più grande. Ho sempre provato a fare tutto da solo nella mia vita e questo è il risultato, un "uomo" a pezzi che distrugge tutto ciò che tocca. In fondo volevo solo una vita, una famiglia, una casa e dei figli, ed invece eccomi qui, io e i miei demoni a pensare su come farla finita. Ho bisogno di cambiare, ma per cambiare devo cambiare me, non so se ci riuscirò.
25 notes
·
View notes
Text
piccolo rant perché ne ho bisogno
non riesco a capire la felicità delle persone che dicono "finalmente mimmo se ne va in protezione testimoni, così possiamo avere i simuel"
a parte che dicendo così si sta ammettendo in modo implicito che se mimmo rimanesse la simuel non sarebbe endgame, ma tralasciando questo e le mie preferenze personali veramente volete simone con QUESTO manuel? un manuel che in questa s2 non ha avuto nessun tipo di cambiamento se non il fatto di aver smesso di urlare in faccia a simone slur omofobi?
non c'è stato alcun tipo di scoperta dei suoi sentimenti e della sua sessualità, nessun approfondimento o discorso su ciò che è successo nella s1 a parte la frase di simone sulla barca dell'amore spezzata (sicuramente colpa degli sceneggiatori, non lo metto in dubbio)
qualche battuta che può far intendere un po' di gelosia, sì, ma per il resto abbiamo avuto il nulla più totale tra di loro
ho visto persone sperare in un bacio simuel in queste due ultime puntante e, capisco il fatto di shipparli, ma non ha alcun senso
è evidente che manuel non sarebbe pronto a stare con simone e simone non merita di passare nuovamente tutta la merda della s1
già con mimmo che, al contrario di manuel, è aperto e pronto ad amarlo come merita, simone ha paura perché ci è rimasto troppo scottato dalla situazione
poi magari in queste due ultime puntate manuel avrà la scoperta della vita ma sinceramente a me non basterebbe
se proprio i mimmone non possono essere endgame, allora vorrei che nella s3 si approfondisse il personaggio di manuel così da farlo scusare con simone per tutte le merdate fatte e dette e poi da lì si può pensare di renderli endgame
simone ha bisogno di sicurezza, di poter vivere l'amore in modo libero, senza paura, e soprattutto di essere felice
52 notes
·
View notes
Text
Ho sognato il mio dolore
Era bellissimo
Aveva il volto di un angelo
Caduto dal cielo
Un dio
Dei piaceri terreni
La vita come un luogo comune
Mi attendeva
E lui mi rapiva
Cantando una vecchia canzone
Come un serpente
Abile tentatore
Era così rassicurante
E al tempo stesso inquietante
Mi sono svegliata
Per nulla cambiata
Ma folgorata
Nel mezzo della vita
A dover scegliere
Tra il dolore e la gioia infinita
Metà l' ho già spesa
Tra senso di colpa e paura
L' altra metà voglio viverla a colori
Godere a piene mani
Tuffarmi in questo mare di pesci
Senza cani
Nuotare con le sirene
Con la pace nel cuore
Tra l'amore e il bene
Non aspettarmi alzato mio dolore
Tanto amato
e tanto odiato
Che la tua bambina stasera non tornerà
Ha scelto di disobbedire
Qualsiasi cosa voglia dire
Ha scelto l' amore
La felicità
E no, da te, non tornerà
Silvia Canonico 🖋
19 notes
·
View notes
Text
"′Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna agire violentemente.
I metodi come quelli di Hitler sono superati.
Basta creare un condizionamento collettivo talmente potente che l'idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini.
L' ideale sarebbe formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate.
In secondo luogo, si prosegue il condizionamento riducendo drasticamente l'istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale.
Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può ribellarsi.
Occorre garantire che l'accesso alla conoscenza diventi sempre più difficile ed elitario.
Che il divario si aggravi tra il popolo e la scienza, che le informazioni destinate al grande pubblico siano anestetizzate da qualsiasi contenuto sovversivo.
Soprattutto niente filosofia.
Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: diffonderemo massicciamente, attraverso la televisione, intrattenimento lusinghiero sempre emotivo o istintivo.
Faremo gli spiriti con ciò che è inutile e divertente.
È buono, in una chiacchierata e in una musica incessante, evitare che lo spirito pensi.
Metteremo la sessualità in prima fila negli interessi umani.
Come tranquillante sociale, non c'è niente di meglio.
In generale si farà in modo di bandire la serietà dell'esistenza, di trasformare in derisione tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza; in modo che l'euforia della pubblicità diventi lo standard felicità umana e modello di libertà.
Il condizionamento produrrà così da sé una tale integrazione, che l'unica paura - da mantenere - sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità.
L' uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello e deve essere sorvegliato come deve essere un gregge.
Tutto ciò che permette di addormentare la sua lucidità è socialmente buono, ciò che minaccia di svegliarla deve essere ridicolizzato, soffocato, combattuto. Ogni dottrina che mette in discussione il sistema deve essere prima designata come sovversiva e terrorista e chi la sostiene dovrà poi essere trattato come tale."
- Günther Anders,
′′L' Obsolescenza dell'uomo", 1956 -
Immagine: Zac Deloupy"
85 notes
·
View notes
Text
Ti svelo un segreto: se parli da solo, non sei un pazzo sei un grande. Se mentre cammini cerchi il suono della tua voce che pronuncia un nome che non sentivi da tempo o una parola che ami per il modo in cui vibra nell’aria significa che ti stai cercando.
Se ogni mattina accarezzi una ad una le tue paure fai due chiacchiere coi tuoi sogni e dai il buongiorno alla tua felicità vuol dire che ti vuoi accanto.
E se impari a chiacchierare con quel mostro che a volte chiami ansia che a volte chiami panico con la stessa dolcezza che avresti per un amico che ti guarda e urla "ho paura!" scoprirai che nessuno ti conosce così bene che nessuno ti è mai stato così vicino.
Perché impari a dirti "hei, ci sono, tranquillo" e a regolare il battito del cuore e quello dei pensieri a chiederti "come stai?" e a risponderti la verità perché scavare a mani nude nel buio è bello, anche se fa un po’ male anche se l’anima ogni tanto trabocca come un bicchiere che riempi troppo.
Così, parola dopo parola costruisci un piccolo rifugio un castello di aria e di voce una casa che ti porti addosso come un abbraccio che non finisce mai e il mondo fuori può anche stare lì a guardare da lontano, perché tu sei già tutto ciò, di cui hai bisogno.
E in quell’angolo tutto tuo dove non sei mai stato così vero scopri che parlarsi da soli è un gioco sacro e che basta una frase detta bene per tenerti la mano e camminare dritto in equilibrio su quella fune impazzita che è la vita.
- Andrew Faber
9 notes
·
View notes
Text
" «Non essere così spaventato. L'amore non finisce. Solo perché non ci vediamo…». Aveva già deciso, anche se io non lo seppi fino al giorno dopo, quando il telefono non offrì nient'altro che una bocca aperta e silenziosa come quella di qualcuno ritrovato morto. «Mio caro, mio caro», disse lei, «la gente non continua forse ad amare Dio per tutta la vita senza mai vederlo?». «Non è il nostro genere di amore». «Alle volte ho l'impressione che non ce ne sia nessun altro». Avrei dovuto accorgermi di quanto lei fosse già sotto l'influsso di uno sconosciuto non aveva mai parlato in quel modo le prime volte che eravamo stati insieme. Con felicità, di comune accordo, avevamo eliminato Dio dal nostro mondo. Mentre io dirigevo con attenzione la luce della lampadina tascabile per illuminarle i passi attraverso l'ingresso devastato lei aggiunse: «Tutto dovrà andare bene. A condizione che amiamo abbastanza». «Io non posso dare ancora di più», dissi io. «Ti sei già presa tutto». «Tu non sai», disse lei. «Tu non sai».
Il vetro delle finestre si sbriciolava sotto i suoi piedi. Solo la vetrata policroma del portone d'ingresso era rimasta intatta. Il vetro diventava bianco là dove si polverizzava, come il ghiaccio che i bambini disfano nei campi fradici o sul ciglio delle strade. Di nuovo mi disse: «Non avere paura». Sapevo che non si riferiva a quei nuovi e strani ordigni che dopo cinque ore, senza pausa, ancora ronzavano in alto come api venute dal sud. Era il giugno del 1944, fu la prima notte di quelle che più tardi vennero chiamate V1. "
Graham Greene, Fine di una storia, traduzione di Alessandro Carrera, Prefazione di Scott Spencer, Postfazione e cura di Domenico Scarpa, Collana La memoria n. 1295, Palermo, Sellerio, 2024¹; pp. 131-132.
[Prima edizione originale: The End of the Affair, London: William Heinemann, 1951]
#Graham Greene#Fine di una storia#Alessandro Carrera#libri#Scott Spencer#letture#leggere#narrativa#romanzi#Domenico Scarpa#citazioni letterarie#Regno Unito#seconda guerra mondiale#Londra#Europa#santità#conversione#amore#amanti#tradimento#lussuria#Chiesa Cattolica#cattolicesimo#cristianesimo#grazia#gelosia#scrittori inglesi#fede#soprannaturale#battesimo
16 notes
·
View notes
Text
Che tristezza avere paura della felicità, affezionarsi al dolore e all’anestesia dell’abitudine...
27 notes
·
View notes
Text
La rotta la traccio io.
“Sarò, sempre, un po’ distante”. L’ho scritto nel testo introduttivo di questo blog, e lo ribadisco. Lo sono, e lo sarò sempre più. Perché? Perché quando sono troppo presente, vengo punito. O meglio: quando mi spoglio completamente, quando mostro completamente me stesso per ciò che sono. Mi è capitato anche di recente, con una ragazza che certamente mi starà leggendo. Non sono arrabbiato con lei, davvero, ormai quello della rabbia è un moto che riservo a cose più grandi di me, e non alle persone. Sono semplicemente riflessivo, analizzo la realtà, traggo le mie considerazioni. È evidente ch’io non sia per tutti, che sia difficile gestirmi. È per quello che me ne sto sempre qui da solo, non scrivo a nessuna, mi faccio gli affari miei. Cerco di essere presente il meno possibile, quel tanto che mi basta per sfogarmi quando ne ho bisogno, senza manie insensate di protagonismo. Ovvio, parlo e parlerò sempre di me, nei miei post, ma il tutto finisce entro questo spazio. Chi mi contatta privatamente (e ogni tanto, qualcuna, a quanto pare lo fa) deve sapere che fa male. Tutto qui. Perché poi, se mi si dà corda, si finisce per essere travolti, abbagliati da una luce accecante. È risaputo che voglio dominare, che voglio persuadere, sedurre, condizionare. Che voglio far impazzire colei che incautamente decide di avvicinarsi a me. È così, e non potrebbe che essere così, perché la mia natura è questa. Il mio affetto, il mio amore, la mia attenzione si esprimono attraverso “il polso”, attraverso quella voglia intrigante di piegare a mio volere e piacimento. Non cerco né ho mai cercato la massa, ma solamente quell’unicità da poter imprimere a fuoco a mio piacimento. Posso dare tutto, ma alle mie condizioni. Posso portarti sino al punto più alto del sogno più bello, ma solo se sei con me. Se vuoi fare di testa tua, se vuoi ribellarti, se vuoi fingere di essere migliore di me, sbagli in partenza. In quasi ogni rapporto interpersonale degno di questo nome c’è quella fase in cui la ragazza si rende conto che quello che prova per me è divenuto, in fretta, troppo grande. Insostenibile, perché comporta il rischio della felicità. Subentra la paura, la paura di perdermi, di non essere alla mia altezza, di diventare dipendente. Non posso farci niente, è così e basta. Per quello non mi arrabbio. So quanto valgo, so chi sono e conosco pertanto sia i miei punti di forza che quelli deboli. L’auto-isolamento me lo sono imposto per preservarmi, per difendermi da chi vuole affacciarsi dal balcone, ma subito dopo andare via. Da chi ha paura di cadere di sotto. Con me non puoi tornare indietro, per quello è meglio evitare proprio di affacciarsi. Io, in qualche modo almeno, resto per sempre. E chi mi ha conosciuto lo sa. Ci rimetto sempre io? Sì ok, pazienza. Ormai sono abituato. Ma non crediate che io non capisca, perché capisco benissimo. E vi comprendo anche. Ma non per questo cambio rotta. La strada la decido io, sta a voi poi seguirla o meno. Questa è la libertà che vi lascio.
26 notes
·
View notes
Text
LE SEPARAZIONI E I DIVORZI NON SONO FALLIMENTI
′′ Un giorno ci sposiamo, formiamo una famiglia, siamo felici qualche anno... e all'improvviso tutto cambia, senza rendercene conto, l'amore finisce.
E poi la gente mormora, ti giudica e alla fine condanna:
′′ hanno fallito nel loro matrimonio ".
e non è vero.
Fallire è giocare ad essere ′′ la famiglia felice ".
Fallire è ingannare il tuo partner, i tuoi figli e te stesso...
Fallire è rimanere per convenienza.
Fallire significa manipolare il tuo partner con i figli.
Fallire è vivere una vita grigia.
Fallire è non arrivare felice a casa tua ogni sera.
Fallire è elemosinare l'amore di chi non ti ama più.
Fallire è fingere di amare. Fallire è rimanere per paura della solitudine.
Fallire è vivere con qualcuno per paura di ′′ cosa diranno ".
Fallire è non lottare per essere felici.. fallire è credere che l'amore non esista...
Il mio rispetto per tutti coloro che hanno avuto il coraggio di non vivere nel fallimento.
E il più grande applauso a tutti coloro che sono ancora felici e innamorati dopo tanti anni
Combatti per il tuo matrimonio, ma quando non c'è più motivo di lottare... combatti per la tua felicità ".
dal web
19 notes
·
View notes
Text
Ti svelo un segreto:
se parli da solo, non sei un pazzo
sei un grande.
Se mentre cammini
cerchi il suono della tua voce
che pronuncia un nome
che non sentivi da tempo
o una parola che ami
per il modo in cui vibra nell’aria
significa che ti stai cercando.
Se ogni mattina
accarezzi una ad una
le tue paure
fai due chiacchiere coi tuoi sogni
e dai il buongiorno
alla tua felicità
vuol dire che ti vuoi accanto.
E se impari a chiacchierare
con quel mostro
che a volte chiami ansia
che a volte chiami panico
con la stessa dolcezza
che avresti per un amico
che ti guarda e urla “ho paura!”
scoprirai che nessuno
ti conosce così bene
che nessuno
ti è mai stato così vicino.
Perché impari a dirti “hei, ci sono, tranquillo”
e a regolare il battito del cuore
e quello dei pensieri
a chiederti “come stai?”
e a risponderti la verità
perché scavare a mani nude nel buio
è bello, anche se fa un po’ male
anche se l’anima ogni tanto trabocca
come un bicchiere che riempi troppo.
Così, parola dopo parola
costruisci un piccolo rifugio
un castello di aria e di voce
una casa che ti porti addosso
come un abbraccio che non finisce mai
e il mondo fuori può anche stare lì
a guardare da lontano, perché tu
sei già tutto ciò, di cui hai bisogno.
E in quell’angolo tutto tuo
dove non sei mai stato così vero
scopri che parlarsi da soli
è un gioco sacro
e che basta una frase detta bene
per tenerti la mano
e camminare dritto
in equilibrio
su quella fune impazzita
che è la vita.
Andrew Faber
7 notes
·
View notes