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sustainable-art-magazine · 12 days ago
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Si è conclusa con successo la mostra personale (UN)COLORS di Patrizia Lombardo curata da Marco Eugenio Di Giandomenico presso Ethicando Gallery di Milano
Domenica, 9 febbraio 2025, si è conclusa con successo, presso Ethicando Gallery (Viale Luigi Majno n. 38 - 20129 Milano), la mostra personale dal titolo (UN)COLORS dell'artista Patrizia Lombardo, con la curatela del critico d'arte Marco Eugenio Di Giandomenico.
La mostra, inaugurata il 6 febbraio 2025, ha registrato la partecipazione di un folto pubblico di collezionisti, istituzioni, giornalisti, esperti e appassionati d’arte.
Tra i partecipanti la giornalista Lina Sotis, il musicista Roberto Cacciapaglia, il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano Giuseppe De Benedetto, il direttore di Palazzo Reale di Milano Domenico Piraina, il giornalista Piero Colaprico, lo scrittore Antonio Quatela, vari dirigenti del Comune di Milano, solo per citarne alcuni.
Le opere di Patrizia Lombardo sono state apprezzate negli affascinanti spazi espositivi milanesi di Ethicando Gallery, concepiti dal critico d’arte Marco Eugenio di Giandomenico come “salotto galleria”, evocando un format fruitivo dell’arte di matrice settecentesca e ottocentesca, oggi tornato in gran voga in Europa e negli USA per un pubblico selezionato che desidera un contatto diretto con l’artista e il curatore in un contesto ristretto di convivialità e di networking culturale.
L'esposizione ha compreso 15 opere di pittura realizzate dall'artista nell'ultimo decennio, ed è stata promossa dalla piattaforma di comunicazione internazionale Betting On Italy (BOI) e da Estro Digitale.
«Nella mission di un critico e curatore d’arte – ha commentato Marco Eugenio Di Giandomenico – oltre all’ermeneutica delle opere d’arte c’è la selezione e la promozione di artisti, che spesso non hanno maturato una reale consapevolezza creativa. La mostra (UN)COLORS da un lato ha reso fruibile al pubblico selezionato la produzione artistica di Patrizia Lombardo, dall’altro ha inciso notevolmente sulla presa di coscienza, da parte dell’artista, di un percorso creativo e artistico che vede proprio nella mostra in questione una sorta di start up di un auspicabile brillante futuro produttivo ed espositivo».   
Nel testo critico a firma del curatore si legge: «Nei dipinti di Patrizia Lombardo l’approccio decorativo subisce la de-formazione di un caos che cerca di captare l’invisibile nel visibile. I gradienti cromatici costituiscono nuove presenze pittoriche, che quasi immediatamente annullano, nell’occhio dell’osservatore, le apparenti trasposizioni di somiglianza. L’iniziale intento narrativo/illustrativo è negato dalle forze creative che scaturiscono da un magma interiore di profonda sofferenza dell’artista. Il colore magenta, nelle sue varie tonalità, nasce da un diagramma ridotto al minimo, che potrebbe rischiare di scomparire sotto la pressione di una creatività che vuole espandersi, ma trova resistenze espressive nel complesso mondo interiore.
Per quanto la Lombardo si dedichi da decenni alla pittura, solo nella sua produzione artistica più recente il fuoco creativo comincia realmente a defluire, trovando auspicabilmente nel futuro la sua migliore espressione, sulla scia di momenti espositivi riequilibranti le contrastanti forze in atto, senz’altro forieri di nuove consapevolezze».
Patrizia Lombardo, classe 1968, di origine calabrese, si diploma in Decorazione all'Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria nel 1989.
All'inizio degli anni duemila si trasferisce a Milano, ricoprendo interessanti ruoli di promozione culturale, artistica e di valorizzazione territoriale presso varie istituzioni culturali del Comune di Milano, tra cui il Castello Sforzesco, Palazzo Reale e Palazzo Marino, solo per citarne alcuni.
Da sempre dedicata alla ricerca espressiva cromatica, focalizza nella pittura il suo linguaggio creativo prioritario.
Sempre nel 2025 è prevista una mostra personale dell’artista in Calabria con il patrocinio di istituzioni pubbliche e con la partecipazione di esponenti della cultura e dell’arte di rilevanza nazionale.
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Per informazioni:
ETHICANDO Association
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cinquecolonnemagazine · 11 months ago
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Premio Ancos Napoli 2024
La quarta edizione del Premio Ancos Napoli 2024 - “Mille parole per una foto” -  è arrivata al suo traguardo e venerdì 19 aprile 2024, alle ore 17,00  verranno premiati i vincitori delle due sezioni: adulti e under 18 durante la cerimonia che avrà luogo a Palazzo Venezia - Via Benedetto Croce  19 - Napoli. Il Premio Ancos, voluto dal Presidente Enrico Inferrera, accoglie ogni anno i racconti dei partecipanti, tutti rigorosamente ispirati al tema della foto messa a loro disposizione. Racconti brevi, di 1000 parole,  letti e giudicati in assoluto anonimato, dalla giuria composta  da: Lena Lombardo, presidente della giuria e dai giurati Lia Aurioso e Anna Copertino - giornaliste - da Patrizia de Filippis e da Angela Procaccini.  I vincitori riceveranno targhe e buoni acquisto libri - alle 19 seguirà rinfresco nel giardino del Palazzo. Read the full article
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giancarlonicoli · 1 year ago
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19 nov 2023 10:30
“SE HA DAVVERO DETTO QUESTO NON CAPISCE NULLA DI POLITICA” – PAOLO QUADROZZI, CONSIGLIERE DI GIORGIA MELONI, NELLA CHAT “MONITORAGGIO CHIGI”, RIFILA UN CEFFONE A GIOVANBATTISTA FAZZOLARI CHE SPINGE PER AVERE ZELENSKY OSPITE AD “ATREJU” - L'IPOTESI DI INVITARE IL PRESIDENTE UCRAINO ALLA KERMESSE NON PIACE A TUTTI IN FRATELLI D’ITALIA, DOVE ANCORA VIVE UN’ALA FILO-RUSSA – CHI HA MOSTRATO A “LA STAMPA” LO SCREENSHOT CON IL COMMENTO DI QUADROZZI CONTRO FAZZOLARI? E’ PARTITA LA SPUTTANESCION NEL CERCHIO MAGICO DELLA SORA GIORGIA? -
Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “la Stampa”
Immaginano un grande schermo, il volto di Volodymyr Zelensky che appare, come sempre in mimetica, gli applausi e Giorgia Meloni che sorride fiera sul palco. Qualcuno, magari di nascosto, applaudirà un po' meno, se davvero alla fine il presidente ucraino sarà tra gli ospiti d'onore di Atreju, la festa di Fratelli d'Italia, che a metà dicembre sarà all'insegna della celebrazione di un anno di governo.
Eroe e popstar per alcuni, un peso o ormai una seccatura per altri: Zelensky suscita emozioni contrastanti. L'opinione pubblica si divide, interrogandosi sul sostegno alla resistenza ucraina, e i meloniani fanno altrettanto. I dubbi sono arrivati fin dentro Palazzo Chigi, spaccando il cerchio magico di Meloni, i collaboratori che abitano gli uffici vicini alla stanza della leader e non sempre sono in armonia l'uno con l'altro.
Tra le chat a convergenze variabili ce n'è una, intitolata "Monitoraggio Chigi", usata per commentare gli articoli usciti su giornali e siti. Una rassegna stampa ragionata che serve anche a rivendicare posizioni, idee, proposte, e a marcare differenze tra chi sussurra all'orecchio della presidente del Consiglio.
Alla chat partecipano tra gli altri Patrizia Scurti, capo della segreteria e ombra di Meloni, e Paolo Quadrozzi, per anni nell'ufficio stampa della leader, cognato della portavoce storica Giovanna Ianniello, e oggi inquadrato a Palazzo Chigi con un posto a diretta collaborazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.
Due giorni fa in quella chat, mentre Meloni è a Zagabria, si sta discutendo di Atreju. Sotto l'immagine di un articolo, Quadrozzi scrive: «Se ha davvero detto questo non capisce nulla di politica». Di chi parla? Nello screenshot a cui è riferito il commento si legge che l'altro sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, sta lavorando per portare Zelensky alla kermesse. Fazzolari è il teorico del sostegno incondizionato a Kiev […]
Fazzolari è l'artefice della svolta di Meloni, che un tempo non troppo lontano da oggi era invece simpatizzante dell'autocrate del Cremlino e si contendeva con Matteo Salvini le simpatie sovraniste per Mosca. Il sottosegretario da qualche mese ha in mano la regia della comunicazione del partito […] Quadrozzi, appassionato di esteri, aiuta Meloni nella composizione dei discorsi. Tra i due c'è la tipica competizione di chi si disputa il privilegio di consigliare il principe.
Nelle file di Fratelli d'Italia c'è ancora chi, come l'assessore regionale del Piemonte Maurizio Marrone, non ha rinnegato la propria anima filo-russa e considera legittime le rivendicazioni territoriali nel Donbass ucraino. […] nel partito si vive con disagio il fatto che l'appoggio a Zelensky potrebbe avere un prezzo elevato in termini di consenso. Soprattutto se si esce dalla cornice istituzionale del governo di un Paese membro della Nato, e il sostegno si rende esplicito in una festa di partito.
Molti elettori di destra […] pensano che Zelensky debba trovare una via d'uscita dal conflitto. D'altronde è evidente che è anche a loro che pensava Meloni quando, nella famosa telefonata beffa del comico russo, ha confessato una certa «stanchezza nell'opinione pubblica» verso la guerra e verso le ragioni degli ucraini. […]
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rompuspouravoir · 3 years ago
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Un uomo fa presto ad affogare in questo mondo. Chi gli sta vicino nemmeno se ne accorge.
Hippolyte Taine, Étienne Mayran, trad. it. di Patrizia Lombardo, Adelphi, 1988
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docrotten · 4 years ago
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The Church (1989) – Episode 175 – Decades of Horror 1980s
"Gah! I hate that kind of talking and you know it. Why can't you grow old gracefully you old cow.!" Don’t worry. Heinrich’s wife soon finds a better use for his head than coming up with lines like that. Join your faithful Grue-Crew - Crystal Cleveland, Chad Hunt, Bill Mulligan, and Jeff Mohr - as they go to church, only to find the oversexed goat demon in Michele Soavi’s The Church (1989).
Decades of Horror 1980s Episode 175 – The Church (1989)
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An old Gothic cathedral, built over a mass grave, develops strange powers which trap a number of people inside with ghosts from a 12th Century massacre seeking to resurrect an ancient demon from the bowels of the Earth.
IMDb
  Director: Michele Soavi
Writers: Dario Argento, MIchele Soavi, Franco Ferrini
Music by: Keith Emerson, Philip Glass, Fabio Pignatelli (from Goblin)
Cast
Hugh Quarshie as Father Gus
Tomas Arana as Evan
Asia Argento as Lotte
Barbara Cupisti as Lisa
Roberto Corbiletto as Hermann, the Sacristan
Giovanni Lombardo Radice as Reverend Dominic
Feodor Chaliapin, Jr. as The Bishop
John Karlsen as Heinrich
Katherine Bell Marjorie as Heinrich's Wife
Patrizia Punzo as Miss Brückner
John Richardson as The Architect
Michele Soavi as Police officer
The Church, directed by Michele Soavi and produced by Dario Argento, is Jeff’s pick. The first time he watched The Church, the opening scenes gave him a definite Monty Python and the Holy Grail vibe. Once he got that connection out of his head, he was impressed with the detailed sets, inventive and gruesome kills, and could see the Argento influence in the colored light bathing and radiating up from the underground tomb. Chad loved the effects and adds that The Church is a creepy-ass, satanic/demonic-type, Italian horror film that still holds up and one that he can keep watching. Crystal is a bit sad that this is the first time she’s seen The Church. She loves some of the shots and thinks the music is fantastic. Predicting subsequent viewings will elevate the film in his estimation, Bil loves the imagery of the goat demon and the angel wrapping a woman in its wings. For him, The Church fits somewhere on a scale between Fulci on one end and Argento on the other. 
Your loyal Decades of Horror 1980s Grue Crew deems The Church a worthwhile watch! Sometimes referred to as Demons 3 (don’t let Soavi hear you call it that), is an ambitious film that hits on some levels and not on others. And please! Don’t think too hard about the plot. At the time of this writing, the film is available for streaming on Amazon Prime and as a Blu-ray disc from Doppelganger Releasing.
Every two weeks, Gruesome Magazine’s Decades of Horror 1980s podcast will cover another horror film from the 1980s. The next episode’s film, chosen by Bill, will be the infamous Cannibal Holocaust (1980). You won’t want to miss that one!
Please let them know how they’re doing! They want to hear from you – the coolest, grooviest fans:  leave them a message or leave a comment on the Gruesome Magazine Youtube channel, on the website or email the Decades of Horror 1980s podcast hosts at [email protected]
Check out this episode!
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milanonews · 5 years ago
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«Restiamo qui»: gli operatori reclusi per loro scelta nella casa per anziani
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Lontani da casa e famiglia per evitare di trasmettere il virus agli ospiti: la scelta di sedici dipendenti della Domus Patrizia in via Pier Lombardo, a Porta Romana. La palestra, la cappelletta, l’ufficio si sono trasformati in camere Fonte: Corriere della Sera
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vegiamilan · 6 years ago
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Nanni Svampa
Nato nel ’38 in un quartiere popolare di Porta Venezia, aveva una laurea in economia e commercio e veniva spesso rimproverato dal padre ragioniere: “Ti ho fatto studiare e tu perdi tempo”.
Lui invece diventava ogni giorno più grande nel mondo dello spettacolo: traduceva Brassens e scriveva canzoni, testi per il teatro e per la televisione e recitava al Piccolo Teatro, al Gerolamo su altri palcoscenici di prestigio.
(nella foto Franco Presicci)
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Copertina del libro di ConfalonieriUn pomeriggio, nel suo vecchio studio di via Fiori Chiari, a Brera, dove lui era insignito scherzosamente del titolo di sindaco, dato l’attaccamento che dimostrava alla vita, alla storia, alla conservazione del quartiere, riunì un gruppo di amici, compreso Giulio Confalonieri, critico e storico della musica allora al “Giorno” e amico dei “clochard”, che gli ispirarono il libro, oggi quasi introvabile, “I barboni di Milano”, per assistere a un’esibizione improvvisata e amichevole di Nanni Svampa, Gianni Magni, Roberto Brivio, Lino Patruno, che, ribattezzati con in nome di “Gufi”, fecero poi un’abbondante vendemmia di successi. Dopo averli ascoltati, Zecchillo s’infiammò: “Sono davvero bravi: avranno una carriera più che brillante”. In quell’occasione conquistarono anche il maestro. Quattro o cinque anni fa, intervistando al telefono Svampa, che viveva a Porto Valtravaglia, sul Lago Maggiore, ma veniva spesso nel capoluogo lombardo, gli accennai a quell’esordio non ufficiale, ma lui fece fatica a ricordarlo. Era così lontano nel tempo e così estemporaneo, con un pubblico così striminzito, sia pure con la presenza di un personaggio eminente come Confalonieri, che tra l’altro aveva composto e messo in scena nel ’23, a Londra, il balletto “Une nuit de Versailles”; era stato applauditissimo pianista concertista, aveva scritto una Storia della musica e composto una biografia del Cherubini vincitrice del Premio Bagutta. L’ispiratore dei “Gufi” era stato Nanni, che mi spiegò di aver avuto l’idea mentre cercava un posto in cui fare il cabaret: “Incontrai al ‘Capitan Kid’, nei pressi della Biblioteca Ambrosiana, Lino Patruno, jazzista di grande valore, e cominciai con lui e con Didi Martinaz. 
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Poi all’Intra’s Derby Club, in viale Monterosa, m’imbattei in Roberto Brivio e in Gianni Magni. La Martinaz andò via e rimanemmo in quattro. Io ero il cantastorie; Lino il cantamusico; Gianni il cantamimo; Roberto il cantamacabro. Il pronostico di Giuseppe Zecchillo si avverò: il fenomeno dei “Gufi” esplose. Spettacoli celebrati dappertutto, televisione compresa. Prendevano per i fondelli i politici, i preti, la piccola borghesia… Nanni Svampa in casa di un’ex compagna di scuola aveva ascoltato alcuni brani di Georges Brassens, se n’era innamorato, e aveva iniziato a tradurli in milanese; e così luoghi e personaggi della Senna sbarcarono sui Navigli, facendo pensare alle atmosfere dell’Ortica. Nel ’68 Svampa portò l’autore francese al Piccolo Teatro, tra vasti consensi.
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Piero Mazzarella
E altrettanti ne suscitò successivamente l’iniziativa della Durium, che aveva sede in via degli Osii (dal nome di una famiglia patrizia), passaggio tra piazza Mercanti e via Orefici, sfornando “La Milanese” in dodici 33 giri, un documento storico, una testimonianza di enorme interesse. Che presentò in una serata affollatissima, presenti critici, giornalisti, addetti-stampa di case discografiche… al vecchio ristorante “Cascina Abbadesse”, nell’omonima via un tempo costellata di architetture rurali che abbracciavano una Badia. In quei solchi magici Svampa cantava e Patruno suonava. “Eravamo un gruppo divertente, anche se ogni tanto si litigava”, mi disse Nanni, empatico e schietto, disponibile, milanese con il cuore in mano. Ma non tutte le cose belle durano in eterno. E così verso il 1969 le incomprensioni dovute anche alla diversità di vedute provocarono crepe irreparabili e i “Gufi” si sciolsero. Sembra sia stato Gianni Magni il primo a disertare. “Era la Milano dell’ottimismo e del fervore – mi disse Nanni - con una generazione di comici che facevano la satira della società del ‘boom’... Io proseguii gli spettacoli con Antonio Mastino alla chitarra. Dopo i ‘Gufi’ allestii il trio con Lino Patruno e Franca Mazzola, quindi il duo con Lino, senza trascurare la tradizione di Brassens. Oggi a 30 anni dalla morte del cantautore, scrittore, poeta francese, (amato anche da Fabrizio De Andrè: n.d.a.), sto portando in giro un concerto dedicato a lui, oltre al Cabaret Concerto, antologia di canzoni e storielle”. Nanni Svampa era laureato in economia e commercio. Il padre, ragioniere, lo rimproverava ogni notte, quando aspettava in piedi il suo rientro: “Ti ho fatto studiare e tu perdi tempo”. Ma Nanni di tempo non ne perdeva: passava ore e ore per fare le prove al cabaret. Si era introdotto nel mondo musicale all’università Bocconi con “I soliti idioti”.
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Zecchillo nel suo studioIl vero debutto nel ’60 con la satira musicale “Prendeteli con le pinze e macellateli”, al Piccolo Teatro di Paolo Grassi e Giorgio Strehler e al Gerolamo, il teatro-bomboniera di piazza Beccaria, in cui si esibirono nomi prestigiosi: Piero Mazzarella, Milly, nel ’58 Edoardo De Filippo con L’Opera del Pupo” (nella seconda parte il grande attore si presentò nelle vesti di Pulcinella nella farsa in un atto di Antonio Petito “Pulcinella vedovo e disgraziato padre severo di una figlia nubile, con Felice Sciosciammocca creduto guaglione e’ n’anno”). Lo spettacolo di Nanni andò in scena con alcuni suoi colleghi di ateneo e Nuccio Ambrosoni. Due anni dopo rieccolo nei panni di Nencio ne “La cena delle beffe” con Besozzi. Nel ’69 scrisse “La mia morosa cara”, canti popolari meneghini e lombardi. Nel ’77, alla ribalta all’Odeon con “I desgrazzi di Giovannin Bongè” del Porta. Una vita sul palcoscenico e negli studi televisivi. Sempre presente e puntuale al Festival della Canzone milanese, a Inverigo, con Liliana Feldmann, Lino Patruno e Walter Valdi, che di giorno faceva l’avvocato e la sera recitava al Derby di Enrico Intra, dove sfilarono Charles Trenet, Umberto Bindi, Daisy Lumini e tanti altri, spettatori a volte Giorgio Gaber, a volte Paolo Stoppa e Rina Morelli… 
Il suo primo disco fu “Nanni Svampa canta Brassens”; con “I Gufi” “Milano canta” e “I Gufi due secoli di Resistenza”… Scrisse il volume “Scherzi della memoria” edito da Ponte delle Grazie…Nato nel ’38 a Porta Venezia, Nanni conosceva molto bene i quartieri popolari di Milano e li cantava, come cantava la Milano che cambiava volto. Quando nel ’69 il gruppo si disperse i “fans” rimasero delusi. Si risollevarono nell’81, quando il matrimonio riprese fiato con la trasmissione “Meglio Gufi che mai”, ad Antennatrè Lombardia, la televisione che ebbe tra i suoi principali esponenti in plancia Enzo Tortora, giornalista dallo stile squisito (fu alla “Nazione” di Firenze), conduttore coltissimo ed elegante, gentiluomo di antico stampo e tra i conduttori Ettore Andenna (uno dei suoi programmi “la bustarella”. Nanni Svampa partecipò a film e sceneggiati molto seguiti; realizzò recital al Teatro Uomo e soggetti cinematografici e “sketches” per la Rai, e fece tante altre cose. Era infaticabile, appassionato, ricco di idee, prolifico, studioso, ricercatore di brani nati nelle campagne, tra i contadini. Se n’è andato a 79 anni in un ospedale di Varese, suscitando tanta commozione: Ferruccio De Bortoli, già direttore del “Corriere della Sera” e de “Il Sole-24 Ore”: “Addio a Nanni Svampa, interprete di una Milano popolare, autentica, sincera”. Cordoglio anche da parte del sindaco Sala. Qualcuno ha scritto che Nanni Svampa era e continua ad essere il simbolo di Milano; e accenna ai titoli di alcune sue canzoni, tra cui                “El minestron”, “Se gh’ann de dì”, “L’era on bel fior”, “Porta Romana bella”; e le canzoni dell’osteria (“La cervellera”, “Il frate cappuccino”…). Era geniale, uno dei personaggi più rilevanti della musica italiana; antesignano del cabaret. Il tempo non potrà cancellare le sue tracce.
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comunicazionelibera · 5 years ago
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Un’ambasciata uscita da un incontro familiare tra Alessio Attanasio e l’allora moglie Patrizia Bottaro, figlia del boss Salvatore Bottaro, per uccidere Angelo Sparatore, fratello del pentito Concetto.
Un omicidio talmente perfetto che a pagare con il carcere, classica regola mafiosa, sono stati altri,tant’è che la signora Patty ” Bottaro – Attanasio ” – per gli amici – è a piede libero come Vito Fiorino.
Da anni si parla dell’omicidio di Angelo Sparatore, fratello del collaboratore di Giustizia Concetto Sparatore,ma mai fino ad oggi i nomi del commando erano stati pubblicati.
Nonostante a marzo si terrà una nuova udienza del processo, come abbiamo riportato nel precedente articolo, sul banco degli imputati mancano tre personaggi importantissimi!
L’ergastolano Lino Mazzarella e il pregiudicato a piede libero Vito Fiorino,entrambi con la funzione da “palo” e Patrizia Bottaro,’detta Patty’, che ha portato il messaggio dell’omicidio di Attanasio a Lombardo.
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Lino Mazzarella
Vito Fiorino – Fonte LaSpia
Il collaboratore di giustizia Salvatore Lombardo, detto Puddisinu, raccontò a proposito dell’omicidio Sparatore che lui e Luciano De Carolis entrarono in azione tra le ore 8 e le 8,05 in Via Gaetano Barresi per uccidere con diversi colpi di pistola calibro 9 Angelo Sparatore, fratello del pentito Concetto Sparatore, che tutti nell’ambiente malavitoso e in quello familiare chiamavano Salvo.
Il collaboratore di giustizia Lombardo ha dichiarato che ad ordinare l’omicidio di Anagelo Sparatore sarebbe stato direttamente il capomafia al 41bis, Alessio Attanasio”.
Attanasio Alessio – fonte Diario1984
Per l’esattezza e completezza dell’ordine di omicidio è giusto raccontare la verità all’opinione pubblica!
Al collaboratore di giustizia Concetto Sparatore furono offerti 200 mila euro per tacere sul nome del boss Salvatore Bottaro, suocero di Attanasio, ma Sparatore rifiutò l’offerta è fece il nome di Bottaro.
A quel punto Alessio Attanasio, detenuto presso il Penitenziario di Vibo Valentia, mandò l’ambasciata dell’omicidio attraverso la moglie Patrizia Bottaro ‘detta Patty’, che era andata a fargli visita, direttamente a Lombardo.
L’omicidio venne pianificato nei massimi dettagli al punto che a tutt’oggi alcuni personaggi sono ancora a piede libero!
Risultano dai verbali dei collaboratori di giustizia, Rosario Piccione ” u raggiuneri ” e Salvatore Lombardo ” piddusinu ” .
Per chi volesse ancora fare ” orecchie da mercante “, Piccione, dal 2002 ad oggi continua a collaborare con giustizia e ultimamente ha testimoniato nel processo finito in una istanza del Presidente della Commissione Antimafia ARS, Claudio Fava, inviata al Ministro della giustizia Alfonso Bonafede. (leggi qui).
Rosario Piccione – fonte Nuovo Sud
Ritornando all’assassinio di Angelo Sparatore…
La notte prima dell’omicidio Lombardo e De Carolis,ricevuta l’ambasciata inviata da Alessio Attanasio,si sarebbero attendati sotto l’immobile in cui risiedeva Angelo Sparatore, dormendo all’interno del cabinato di un furgone Fiorino delle Poste Italiane,per poi ucciderlo ” coperti ” da Lino Mazzarella e Vito Fiorino.
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Salvatore Lombardo – Fonte Diario1984
Luciano De Carolis – Fonte Diario1984
Il boss Alessio Attanasio, non appena scarcerato dal Penitenziario di Vibo Valentia, riunì Lombardo e De Carolis per complimentarsi dell’ottimo lavoro anche a nome del boss Salvatore Bottaro.
Speriamo che le forze dell’ordine di Siracusa possano chiudere tale vicenda al più presto e che la burocrazia non arresti il loro operato.
La provincia di Siracusa ha bisogno di altri procuratori e giudici per le indagini preliminari che seguano l’esempio del dott.Nicola Gratteri, altrimenti la terribile ondata di estorsioni,spaccio e intimidazioni diventerà inarrestabile!
Esclusivo.Patrizia Bottaro e gli altri complici coinvolti nell’omicidio Angelo Sparatore Un'ambasciata uscita da un incontro familiare tra Alessio Attanasio e l'allora moglie Patrizia Bottaro, figlia del boss Salvatore Bottaro, per uccidere Angelo Sparatore, fratello del pentito Concetto.
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pangeanews · 7 years ago
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Erano per Almirante, ma piacevano a Berlinguer: ode ai “bad boys” del calcio, la Lazio irriverente di Chinaglia e Maestrelli
“Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio”, diceva Jorge Luis Borges. Li hanno definiti maneschi e fascisti, eppure hanno scritto una delle pagine più belle del calcio italiano. C’è tutta una letteratura su quella squadra di cui ha parlato nel libro Pistole e palloni, ripubblicato nel 2017 da Liet Edizioni, il giornalista e scrittore Guy Chiappaventi. La Lazio di Tommaso Maestrelli, l’allenatore buono, nel 1972-’73 sfiorò lo scudetto e vinse il campionato di serie A nel 1973-’74. Due anni prima militava in serie B. L’ambiente non aveva accolto favorevolmente quel gentiluomo nato a Pisa, che aveva combattuto in Montenegro, che era stato un giocatore dell’odiatissima Roma e che aveva guidato, fino quel momento, compagini di serie cadetta come la Reggina, il Bari e il Foggia. Poi, all’improvviso, il miracolo Lazio. Era specialmente la squadra di Giorgio Chinaglia e Giuseppe Wilson, che non sopportavano chi parlasse lombardo. Maestrelli aveva diviso lo spogliatoio in due. Di qua i chinagliani, di là Martini, Re Cecconi e “quelli del nord”. Chinaglia, centravanti, era un ragazzone bizzoso, figlio di emigranti che aveva iniziato a giocare in Galles dove gli italiani venivano definiti con disprezzo “i camerieri”. L’altro, Wilson, difensore colto e raffinato, il primo calciatore laureato ancora in attività. Nell’undici di base della Lazio del ’74 militavano: Felice Pulici, Sergio Petrelli, Luigi Martini, Giuseppe Wilson, Giancarlo Oddi, Franco Nanni, Renzo Garlaschelli, Luciano Re Cecconi, Giorgio Chinaglia, Mario Frustalupi e Vincenzo D’Amico. La squadra si dichiarava politicamente dalla parte dell’Msi di Giorgio Almirante, ma Enrico Berlinguer, segretario del Pci, aveva simpatie per i colori bianco-azzurri e non lo nascondeva. “Eravamo convinti che potessimo fare ciò che volevamo, sempre e dappertutto”, ha ammesso il capitano Wilson in una recente intervista che ho pubblicato sulla rivista “Lazialità”. Quei giocatori sparavano alle lampadine degli alberghi lasciando sbigottiti i proprietari, ma anche in mezzo alle gambe dei massaggiatori che si prestavano a fare da cavie. Qualcuno volava con il paracadute. Eppure hanno scritto una delle pagine più belle del calcio italiano di tutti i tempi, tanto da attirare le attenzioni del figlio del Presidente delle Repubblica Giovanni Leone, Giancarlo (oggi dirigente di spicco della Rai), che il giovedì si allenava con quel gruppo di scalmanati. Durante le partitelle infrasettimanali volavano spintoni, schiaffi, calci e qualche fondo di bottiglia. La domenica, però, il mucchio selvaggio era un blocco unito, granitico. Sono morti quasi tutti, qualcuno addirittura per un’incredibile fatalità (a Re Cecconi il 18 gennaio 1977 spararono dentro una gioielleria in circostanze mai chiarite del tutto, nonostante la versione ufficiale fu che avesse inscenato una finta rapina). Giorgio Chinaglia, latitante negli Stati Uniti e imputato in Italia per i reati di riciclaggio di denaro e aggiotaggio nel tentativo di riprendersi la Lazio, se ne è andato il 1° aprile 2012, di domenica durante l’ora delle partite.
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Ma come fece quella squadra così irregolare a vincere il campionato contro ogni previsione? Annotò Mimmo De Grandis (il padre di Stefano, noto conduttore televisivo di Sky Calcio) in S.S. Lazio (Edi-Grafic 1977): “Nessuno lo pensa, nessuno se ne accorge. La squadra è divisa, c’è un gruppo di maggioranza, uno di minoranza, c’è il gruppo degli indipendenti. Al di sopra di tutti si innalza però la figura di Tommaso Maestrelli che tiene in pugno la situazione e governa la barca con sensibilità e intelligente elasticità”. Il segreto stava nelle capacità umane di questo padre per tutti. Affabile, discreto, in grado di gestire sapientemente i suoi ragazzi. Li capiva, li ascoltava. Li difendeva, li perdonava. Il giornalista Franco Recanatesi ha scritto un volume che lo ricorda affettuosamente: Uno più undici (L’Airone 2006) definendo Tommaso Maestrelli “l’interprete più anomalo e meno integrato di un mondo decisamente venale, discretamente superficiale e un po’ tronfio”. Gianni Brera reputava la Lazio un’eresia calcistica. Giocava un calcio all’olandese, arrembante e dinamitardo. Ma si sa, le storie belle finiscono presto. Nell’inverno del 1975 Maestrelli iniziò a stare male e si accasciò al termine di una trasferta vittoriosa a Bologna. Il perseverare dei sintomi lo costrinse a sottoporsi ad esami clinici. Gli fu diagnosticato un epatocarcinoma al fegato. “Perché mi avete chiamato per farmi vedere un morto?”, disse il famoso chirurgo Paride Stefanini allargando le braccia. Perse quasi quindici chili in due settimane. La squadra dello scudetto, senza il suo allenatore, stava precipitando in serie B. All’inizio della stagione 1975-’76 venne chiamato sulla panchina il bergamasco Giulio Corsini, che entrò subito in conflitto con Chinaglia. L’intransigenza di Corsini cozzava con lo spirito di ragazzi anarchici e ammaestrati solo dalla bontà e della dolcezza di Maestrelli. I giocatori continuavano a pensare al loro secondo padre e passavano ore al suo capezzale. Intanto un immunologo genovese, Saverio Imperato, stava sperimentando sull’allenatore una nuova cura contro il cancro. Si era presentato spontaneamente promettendo la guarigione. I risultati furono stupefacenti. Maestrelli, sul letto di morte, cominciò a reagire bene e gli tornò l’appetito. La cura si chiama sinterapia, ed è un trattamento che agisce in sinergia con le terapie ufficiali utilizzando il vaccino BCG per stimolare le difese immunitarie del corpo a reagire contro le cellule tumorali. L’allenatore buono ordinava il pesce e la carne mentre i ristoranti di Roma si mobilitavano per portargli a casa i piatti più prelibati. L’attrice Lea Padovani, tutti i lunedì, gli faceva recapitare la pasta con i fagioli da lei stessa cucinata.
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Era il 30 novembre del 1975. Un giorno insignificante, una domenica come un’altra, per gli italiani. La Lazio partì per la trasferta di Ascoli Piceno. Negli spogliatori dello stadio, prima della gara, in uno dei tanti diverbi tra Chinaglia e Corsini, l’attaccante diede un ultimatum all’allenatore: “Se oggi perdiamo, tu te ne vai”. Maestrelli, da casa, si apprestava ad ascoltare “Novantesimo Minuto” seduto sulla poltrona del salotto. Ad Ascoli faceva freddo. In Piazza del Popolo, chiusa dallo splendido abside di San Francesco, il convoglio dei tifosi di casa partiva alla volta dello stadio. Ascoli era per tutti la città di Alfredo Alfredo di Pietro Germi, e Dustin Hoffman poteva sembrare un po’ l’americano che sarebbe diventato di lì a poco Giorgio Chinaglia andando a giocare nei Cosmos stellari di Pelé e Beckenbauer, diventando in un paio di anni l’icona del calcio statunitense che si stava espandendo in tutto il paese. Allo stadio Cino e Lillo del Duca l’Ascoli si batté al massimo delle forze, mentre la Lazio appariva smarrita. Segnarono Gola e Morello. All’ultimo minuto l’arbitro indicò il dischetto del calcio di rigore in favore la squadra romana. Chinaglia realizzò con un tiro laterale a sinistra. Il bomber esultò, irriverente, verso il pubblico ascolano che l’aveva fischiato per novanta minuti. Per i laziali Ascoli non era di certo, quella notte, la città del film I delfini di Citto Maselli, in cui i giovani del posto furono incapaci di rompere un ordine prestabilito, di andarsene dal luogo della nascita, ma proprio nella cittadina marchigiana nacque la suggestione dell’incredibile ritorno. Chinaglia e Wilson telefonarono a Maestrelli abbandonando ogni indugio: “Mister, noi senza di lei siamo un’armata brancalone”. L’allenatore buono fece una scelta d’amore. Emaciato, magro, febbricitante, ritornò in panchina per i suoi ragazzi. Quando mercoledì 3 dicembre 1975 sciolse ogni riserva, a molti tifosi vennero le lacrime agli occhi, mentre altri aspettarono che si accomodasse in panchina, per crederci veramente. Fu accolto da 75.000 spettatori per la partita interna con il Napoli del 7 dicembre. Salvò la squadra dalla retrocessione, ma morì l’anno successivo, il 2 dicembre 1976. Per un destino crudele, nel 1999 e nel 2011, sono venuti meno, per lo stesso male, anche Patrizia e Maurizio, due dei quattro figli.
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Tommaso, dopo la partita di Ascoli, aveva chiamato la moglie Lina per dirle: “Amore mio, torno ad allenare. Non mi dire di no”. Si era appena lavato il viso e aveva passato il dopobarba sul mento. Si infilò un maglione e si avviò in corridoio dove era posizionato il telefono. Chinaglia e Wilson si abbracciarono come bambini perché erano stati i primi a saperlo, appena rientrati nella capitale e diretti al night club preferito, il “Jackie’O”, meta del jet set italiano di allora. I bad boys avevano finalmente ritrovato il loro maestro. Belli e maledetti, come quella Lazio eccessiva, indomita. Una formazione dove Giorgio Chinaglia si permetteva di sbeffeggiare la Juventus e perfino Gianni Agnelli in persona, l’unico che lo aiutò nella folle impresa di diventare presidente della Lazio nel 1983. Oggi, in un’epoca oberata da costi e fatturati, il calcio degli affetti è svanito. E ci manca, come ci mancano Maestrelli e Chinaglia. Chissà se Giorgio, Long John dalla marca di whisky che beveva, si sentiva solo, in Florida. Dicono che non facesse altro che parlare di Roma, dei tempi belli. Tante volte era tornato e tante volte se ne era andato. Un’avventura continua. Roma è stato sempre orfana di lui, quando non c’era. Ogni settimana lo raggiungeva Giancarlo Oddi al telefono. Parlavano da vecchie glorie, ma l’amore per quella maglia era rimasto immutato. E pensare che qualche giorno prima ci aveva anche giocato, sulla malattia. L’ex compagno di squadra gli aveva detto: “Mica te ne vorrai andare prima di rivederci?”. Lui rispose che stava bene e rise. Aggiunse poche cose con la voce roca, intervallata dalla boccata di una sigaretta appena accesa. A Naples, nella città dove viveva, il clima era ideale. Ci abitano anche Steven Spielberg e Larry Bird su quella linea costiera dal clima temperato. Ma Roma era Roma. I figli di Tommaso Maestrelli hanno voluto che salma del campione fosse tumulata accanto a quella del padre nel cimitero di Prima Porta a Roma (dove ancora oggi giungono mazzi di fiori da tutta Italia). Per una ricongiunzione ideale, come dopo quella lontana partita di Ascoli, che ormai quasi nessuno ricorda più.
Qualunque cosa può essere mitologia. Anche il mito dell’infanzia, del tutto soggettivo, che in questo caso si lega al gioco del calcio, al “basso epico” che Jorge Luis Borges vede come la faccia moderna di un passato altrettanto mitologico, quello dei gladiatori dell’Impero Romano per intenderci, dei lottatori che sublimavano la lotta per la sopravvivenza. Il mito segue il senso della forza fisica, dell’imposizione fiera ed eroica incarnata da Tommaso Maestrelli e Giorgio Chinaglia.
Alessandro Moscè
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sustainable-art-magazine · 2 months ago
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Da giovedì 6 febbraio 2025 a domenica 9 febbraio 2025, Ethicando Gallery (Viale Luigi Majno n. 38 - 20129 Milano) organizza la mostra personale dal titolo (UN)COLORS dell'artista Patrizia Lombardo, con la curatela del critico d'arte Marco Eugenio Di Giandomenico.
L'esposizione, che è inaugurata giovedì 6 febbraio 2025 (ore 18:30 - 20:30), comprende circa 15 opere di pittura realizzate dall'artista nell'ultimo decennio, ed è promossa dalla piattaforma di comunicazione internazionale Betting On Italy (BOI) e da Estro Digitale.
Patrizia Lombardo, classe 1968, di origine calabrese, si diploma in Decorazione all'Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria nel 1989.
All'inizio degli anni duemila si trasferisce a Milano, ricoprendo interessanti ruoli di promozione culturale, artistica e di valorizzazione territoriale presso varie istituzioni culturali del Comune di Milano, tra cui il Castello Sforzesco, Palazzo Reale e Palazzo Marino, solo per citarne alcuni.
Da sempre dedicata alla ricerca espressiva cromatica, focalizza nella pittura il suo linguaggio creativo prioritario.
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From Thursday, Feb. 6, 2025 to Sunday, Feb. 9, 2025, Ethicando Gallery (Viale Luigi Majno No. 38 - 20129 Milan) is organizing the solo exhibition (UN)COLORS by artist Patrizia Lombardo, curated by art critic Marco Eugenio Di Giandomenico.
The exhibition, which opens on Thursday, Feb. 6, 2025 (6:30-8:30 p.m.), includes about 15 paintings made by the artist over the past decade. It is promoted by the international communication platform Betting On Italy (BOI) and Estro Digitale.
Patrizia Lombardo, born in 1968 in Calabria, graduated in Decoration from the Academy of Fine Arts in Reggio Calabria in 1989.
In the early 2000s, she moved to Milan, covering interesting roles in cultural, art and territory enhancement promotion at several cultural institutions of the Municipality of Milan, including Castello Sforzesco, Palazzo Reale and Palazzo Marino, just to name a few.
Always dedicated to chromatic expressive research, she concentrates her priority creative language in painting.
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Link prenotazione evento:
Per informazioni / For information:
Ethicando Association
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giancarlonicoli · 2 years ago
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10 lug 2023 09:30
FRATELLI D’ITALIA, UN NOME, UN CLAN - QUANDO GIORGIA MELONI VINSE LE ELEZIONI, UN CRONISTA DI DESTRA COMMENTO’: “IL GRANDE LIMITE DI MELONI È LA LOGICA DEL CLAN. DOVRÀ DIMOSTRARE DI ESSERE CAPACE DI GOVERNARE NON SOLO CON I “FAMIGLI”, E USCIRE DALLA MENTALITÀ DA SCIENTOLOGY CHE LA PERSEGUITA DA SEMPRE” - I PARENTI E GLI AMICI PIAZZATI NEI POSTI CHIAVE, L'OSSESSIONE DEL "TRADIMENTO", LE DINAMICHE TRIBALI CHE NON FANNO POSTO AI NUOVI E L'INCAPACITA' DI APRIRE FRATELLI D'ITALIA A NUOVE ENERGIE... -
Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “La Stampa”
Fratelli d’Italia: mai nome fu più profetico. Anticipatore di una storia i cui protagonisti sono sorelle, cognati, figli, coinquilini, compagni, generi e amici di sangue. […] un cronista con lunghi anni di esperienza in un giornale di destra […]: «Il grande limite di Meloni è la logica del clan. Dovrà dimostrare di essere capace di governare non solo con i “famigli”, e uscire dalla mentalità da Scientology che la perseguita da sempre. Se non lo farà, avrà un sacco di problemi». […] La testuggine meloniana è scattata in difesa della famiglia allargata […]
C’è […] il clan Tolkien, una generazione cresciuta nei campi Hobbit del Fronte della Gioventù dove la militanza della destra missina e post-fascista si appropriò della carica mitopoietica del Signore degli Anelli. «Noi siamo nati lì» rivendicava la storica portavoce di Meloni, Giovanna Ianniello, oggi coordinatrice della comunicazione […] Sua sorella è moglie di Paolo Quadrozzi, devotissima ex firma della Voce del Patriota, anche lui assunto negli uffici di Palazzo Chigi, nella squadra del sottosegretario Alfredo Mantovano.
Nella catena familiare che blinda l’agenda e la logistica della leader, un’altra coppia ha un ruolo cruciale: la segretaria di sempre Patrizia Scurti, oggi capo della segreteria, e il marito chiamato come caposcorta della premier. Sempre tra le stanze della presidenza del Consiglio si muove la nipote di Scurti, Camilla Trombetti, oggi collaboratrice diretta del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. […] Di lui Meloni dice: «Qualunque cosa mi dica mi fido ciecamente». Nell’immaginario tolkeniano Fazzolari potrebbe essere Gandalf, […]
[…] Arianna è diventata la Signora delle Tessere di FdI. L’anello che porta al dito è quello che la lega al marito Francesco Lollobrigida, il ministro-cognato che Meloni ha voluto all’Agricoltura […] C’è da immaginarsi un vertice di governo o di partito, come un pranzo di Natale o una festa di compleanno. A tavola siede anche Andrea Giambruno, promosso alla conduzione di un programma Mediaset […]
Tempo fa la premier ha usato i social per difendere la sorella da una vignetta del Fatto, in cui si ritraeva Arianna a letto con un migrante. L’episodio è rivelatore della mentalità di Meloni: […] Se toccate lei, toccate me. Un po’ come ha fatto Ignazio La Russa con il figlio Leonardo Apache. Il papà viene prima della carica di presidente del Senato […]
Così è. Meloni ha inasprito ancora di più la sua indole, ogni volta che ha sentito odore di assedio ai suoi uomini. Non semplici colleghi di partito, ma amici. Sta succedendo di nuovo con Andrea Delmastro e Giovanni Donzelli. Il primo è sottosegretario alla Giustizia, il secondo coordinatore di FdI. I due a Roma sono coinquilini e una sera tra tante Delmastro […] rivela a Donzelli il contenuto di alcune intercettazioni dell’anarchico Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis. Frasi che poi Donzelli userà in Parlamento contro il Pd.
Tre giorni fa il gip ha disposto l’imputazione coatta di Delmastro. […] Meloni […] deve ancora dare una risposta […] se l’annunciata stretta sulle intercettazioni e gli avvisi di garanzia sono un assaggio di nuove leggi ad familiam, sullo stile di Silvio Berlusconi, dopo i casi Delmastro e le inchieste sulla bancarotta per cui è indagata la ministra del Turismo Daniela Santanché, a sua volta amica e sodale di La Russa, co-fondatore di FdI e mentore di Meloni.
[…] Alessandro Giuli, giornalista e amico […] Meloni ha voluto a Rai 2, […] ha piazzato al Maxxi di Roma. La sorella, Antonella, è la portavoce di Lollobrigida. C’è il senso dell’esilio eterno, nel modo in cui la leader tiene compatta e difende la sua tribù. Il sapore di una battaglia che non finisce mai, neanche dopo la vittoria. Perché c’è da difendere una storia che si vive come una leggenda. Come insegna Aragorn, e cioè ancora una volta Tolkien, che nel film ha il volto di Viggo Mortensen e nella versione italiana la voce di Pino Insegno. […]
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laspiait · 8 years ago
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Una novità di rilievo e, purtroppo, tante conferme.
Potrebbe essere questa, con una frase, la sintesi della Relazione semestrale (2016) della Dia al Parlamento per quanto riguarda la mafia in Provincia di Siracusa.
La vera novità, come diciamo da tempo (LEGGI ARTICOLO), è la ripresa dell’attività nel clan di Salvatore (detto Turi) Giuliano. Il capomafia già in galera con diverse condanne, oggi è incredibilmente senza neanche la misura della sorveglianza speciale (con la speranza che presto si possa sanare la questione e dare una risposta al territorio).
Nella relazione della Dia si parla, dopo tempo, di Salvatore Giuliano e del suo clan.
“Ramificazioni del clan catanese Cappello – scrive la Dia – sono presenti anche nel comune di Pachino attraverso il vetusto clan Giuliano”.
Salvatore (detto “Turi”) Giuliano è stato per anni in galera, proprio perché affiliato ai catanesi, da quando è uscito dalle patrie galere, come denunciato in diverse inchieste da noi condotte, ha prima tentato di influenzare le elezioni amministrative a Pachino, poi ha ricevuto l’investitura dal capomafia in galera, Pinuccio Trigila che, ai suoi familiari, deluso dalla gestione del clan di Salvatore Collura, affermava:
“Ora, quando esce Turi… Turi Giuliano… gli dico: ‘tutte le situazioni di là (del comprensorio di Pachino), prenditele nelle mani, prenditi tutto in mano”.
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Salvatore Giuliano
Antonino Pinuccio Trigila
Prossimamente approfondiremo, ancora una volta, la criminalità di Pachino, la figura di Salvatore Giuliano e dei suoi accoliti (dalla politica a nuove estorsioni), oltre ai traffici che ultimamente stanno inquinando il comprensorio di Pachino.
SIRACUSA CITTA’: I CLAN BOTTARO-ATTANASIO E SANTA PANAGIA
“L’agglomerato urbano siracusano – scrive la Dia – rimane conteso tra il clan BOTTARO-ATTANASIO (legato a quello catanese dei CAPPELLO), ed il clan SANTA PANAGIA, frangia cittadina del ramificato clan NARDO- APARO-TRIGILA, in rapporti con la famiglia etnea dei SANTAPAOLA”.
Oltre a questi clan, attivo è quello della “Borgata”, che
“un’articolata operazione della Polizia di Stato, denominata “Borgata” – scrive la Dia -, ha messo in luce il tentativo di rendersi autonomo dallo schieramento BOTTARO-ATTANASIO, del quale costituisce ancora oggi un sottogruppo.
Il clan Bottaro-Attanasio ha il capomafia storico in carcere al 41bis, cioè Alessio Attanasio.
Il clan si chiama Bottaro-Attanasio in quanto il sanguinario capomafia Alessio Attanasio era sposato con Patrizia Bottaro, figlia del boss Salvatore Bottaro.
Nonostante dopo l’arresto Alessio Attanasio si sia lasciato dalla moglie (che nel frattempo aveva intrapreso un’altra relazione con un appartenente al clan, Emanuele Montalto detto “burattino”, uscito dal carcere avendo scontato una condanna per omicidio) ed i due si sono separati, il clan continua a chiamarsi con i loro cognomi. Nome del clan confermato anche dopo il suicidio del boss Salvatore Bottaro, avvenuto durante la detenzione domiciliare per motivi di salute nel 2005.
Esponenti di spicco del clan Bottaro-Attanasio in libertà sono due:
il primo è Luciano De Carolis (già condannato per omicidio e mafia).
Luciano De Carolis è oggi, inoltre, indagato a piede libero per l’omicidio (come esecutore materiale insieme a Salvatore Lombardo “detto puddicino”, reo confesso ed oggi collaboratore di giustizia) di Angelo Sparatore, fratello di un collaboratore di giustizia, il mandante sarebbe proprio Alessio Attanasio.
Il secondo è Vito Fiorino (arrestato, dopo un periodo di latitanza, perché indagato per l’omicidio di Liberante Romano, ucciso nella primavera del 2002 con un colpo di arma da fuoco in testa, ma poi assolto e rimesso in libertà).
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Alessio Attanasio
Luciano De Carolis
Vito Fiorino
Il clan della “Borgata”, secondo alcuni pentiti un vivaio del clan “Bottaro-Attanasio”, è stato stroncato dall’operazione della Polizia (per delega dalla Dda di Catania), che arrestò:
Danilo Greco, Vincenzo Scalzo, Massimo Schiavone, Massimiliano Fazio, Attilio Scattamagna, Salvatore Tartaglia, Massimo Guarino, Sebastiano Barbiera (tutti finiti tra le sbarre) oltre a Rita Attardo (finita, all’epoca, agli arresti domiciliari).
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Sebastiano Barbiera
Massimiliano Fazio
Danilo Greco
Massimo Guarino
Vincenzo Scalzo
Attilio Scattamagna
Salvatore Tartaglia
Rita Attardo
Purtroppo i clan siracusani fanno ancora molta paura, nonostante i tanti collaboratori di giustizia. Sono da ricercare nei clan e nelle giovani leve gli autori (secondo i bene informati), infatti, gli autori di molti incendi che si verificano a Siracusa. E nell’ultimo periodo sono stati proprio tanti. Infine sono pochissime le denunce alle forze dell’Ordine.
L’ARRESTO DEL LATITANTE DELLA ‘NDRANGHETA
Vincenzo Alvaro
“Significativo delle interconnessioni tra più organizzazioni criminali” e dei rapporti con la ‘ndrangheta visti con l’operazione “Ultimo Atto” – “è l’arresto – per la Dia – del capo di una famiglia dell’Aspromonte reggino, individuato nella frazione di Belvedere, dove trascorreva la latitanza, e di cui si dirà anche nel capitolo dedicato alla criminalità organizzata calabrese”.
Parliamo del latitante calabrese Vincenzo Alvaro, arrestato dai Carabinieri ed esponente di spicco del clan ALVARO di Sinopoli (RC).
LA SUDDIVISIONE DELLA PROVINCIA PER I CLAN
“Per quanto concerne il territorio della provincia, il controllo risulta – per la Dia – esercitato dai sodalizi riconducibili al clan NARDO-APARO-TRIGILA e da sue filiazioni come il clan Linguanti su Cassibile”.
Tutti e tre i clan sono legati alla famiglia mafiosa catanese Santapaola.
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Sebastiano Nello Nardo
Benedetto Nitto Santapaola
Antonino Pinuccio Trigila
Il clan Nardo opera nei comuni di Lentini, Carlentini, Augusta e Francofonte;
Il clan Aparo opera nei comuni di Floridia, Solarino e Sortino;
Il clan Trigila opera nella zona sud, riguardante i comuni di Noto, Pachino, Avola e Rosolini.
Sul clan Trigila la Dia mette in risalto l’operazione “Ultimo atto” della Polizia che “ha recentemente attualizzato l’esistenza di ottimi rapporti con le ‘ndrine calabresi per l’approvvigionamento della droga. Si tratta dell’operazione denominata “Ultimo Atto”, che ha consentito di accertare come il clan TRIGILA, nonostante la perdurante detenzione del suo vertice, Pinuccio Trigila, avesse continuato, per il tramite di stretti congiunti, a rifornire le piazze di stupefacenti della provincia siracusana grazie alle intese con elementi apicali della ‘ndrina dei SERGI”.
Gli stretti congiunti a cui la Dia fa riferimento, come più volte descritto nei nostri articoli (LEGGI ARTICOLO SUL “BISINISS” DELLA DROGA) sono:
Nunziatina Bianca, moglie di Antonino Pinuccio Trigila (detto “zu Pinuccio”) ed il fratello Gianfranco Trigila, ma anche la figlia ed il genero di Pinuccio Trigila, ovvero Angela Trigila ed il marito in seconde nozze, Graziano Buonora.
Il capomafia Pinuccio Trigila è stato da poco, incredibilmente, messo fuori dal regime di “41bis”, ovvero il carcere duro per i capi.
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Nunziatina Bianca (moglie Pinuccio)
Gianfranco Trigila
Angela Trigila (figlia Pinuccio)
Graziano Buonora (compagno Angela Trigila)
Per la relazione della Direzione Nazionale Antimafia, presentata a giugno, una delle emergenze del territorio siracusano è proprio il clan Trigila che “purtroppo mantiene intatta la propria capacità criminale” (LEGGI INCHIESTA CON NOMI DEL CLAN TRIGILA).
Purtroppo, va detto, spesso i cittadini nel territorio siracusano sono vittime degli affari dei clan, ma anche carnefici di se stessi perchè preferiscono cedere alla paura piuttosto che denunciare. La politica risulta spesso condizionata dai rapporti, diretti ed indiretti, con i boss.
Prossimamente pubblicheremo sul clan Trigila nuovi approfondimenti, da quello riguardante Pachino e Salvatore Giuliano (rapporti con politica ed estorsioni), ad Avola con “l’affare dei limoni”, fino a Noto (con un’inchiesta che farà comprendere importanti connivenze della società civile e della politica).
La mafia ed i boss a Siracusa e Provincia: i clan Attanasio, Trigila, Nardo, Aparo e la “novità” Giuliano Una novità di rilievo e, purtroppo, tante conferme. Potrebbe essere questa, con una frase, la sintesi della Relazione semestrale (2016) della Dia…
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rompuspouravoir · 3 years ago
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Chi scrive è eternamente nello stato di uno studente: cominciare il lavoro, vincere la riluttanza dell’inizio, il terrore della pagina bianca, lo stordimento del troppo da sfrondare e mettere in ordine.
Dalla postfazione di Patrizia Lombardo a Hippolyte Taine, Étienne Mayran, trad. it. di Patrizia Lombardo, Adelphi, 1988
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pier-carlo-universe · 7 years ago
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Patrizia Lombardo, un’autrice argentina e poetessa, by Izabella Teresa Kostka Presentazione: Patrizia Lombardo, by Izabella Teresa Kostka by, Izabella Teresa Kostka  Carissimi Lettori, oggi desidero presentarvi un'autrice d'origine argentina, una poetessa di grande sensibilità e profondità, apprezzata ed amata dal suo fedele  pubblico e premiata in numerosi concorsi letterari.
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riccardomainetti · 14 years ago
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Cliccando sul titolo di questo post potete raggiungere la pagina nella quale trovare, ed acquistare, mi raccomando (!!!), il libro di una nuova, carissima, amica di Facebook!!!
Forza!!!
Accorrete in massa e date una spinta ad un'autrice di gran talento!!! ^______^
Grazie a tutti in anticipo!!!
A presto!!!
Con simpatia!!! 
Riccardo
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rompuspouravoir · 3 years ago
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Étienne era troppo giovane per governare una macchina tanto complessa come quella umana, e non sapeva fare altro che ripetere dieci volte, cento volte, e cento volte ancora, lo stesso sforzo.
Hippolyte Taine, Étienne Mayran, trad. it. di Patrizia Lombardo, Adelphi, 1988
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