#paradosso temporale
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Predestination (2014)
Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo finalmente cambiato genere, passando dall’horror a una commedia drammatica diretta da un regista straordinario che però meriterebbe più attenzione. Il film in questione è Che fina ha fatto Bernadette? La storia parla per l’appunto di Bernadette, un architetto molto stimato nel suo lavoro ma che da anni non crea più niente, per…
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Tempus fugit - il tempo vola, fugge...se poco, lo desideriamo, se in abbondanza, lo procrastiniamo e ci annoiamo...ma perchè?
Il tempo vola, un’osservazione tanto comune quanto ineluttabile. In un mondo che sembra sempre più veloce, ci troviamo spesso a desiderare un’abbondanza di tempo libero per coltivare passioni e attività creative. Tuttavia, ironicamente, quando l’opportunità si presenta, veniamo travolti da una strana combinazione di noia e procrastinazione. La noia, quell’ombra silenziosa che emerge quando…
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#Abbondanza di tempo#Adattamento al tempo#Attimi eterni#Battito di scadenze#Cambiamento nel tempo#Ciclo temporale#Concentrazione e motivazione#Confini temporali#Creatività e noia#Dinamiche temporali#Esperienza temporale#Fiamma della produttività#Forza delle azioni#Futuro imminente#Gestione del tempo#Il paradosso del tempo libro#Illusione del tempo#Indecisione e procrastinazione#John Boyd#Labirinto temporale#Mancanza di stimoli#Memento mori#Noia e tempo#Paradosso temporale#Philip G. Zimbardo#Pressione del tempo#Procrastinazione#Profondità del tempo#Progettare il futuro#Prospettiva temporale
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Un politico che dice ad un altro politico “vai a lavorare” provoca un paradosso temporale e una serie di reazioni a catena che possono generare un buco nero.
Terre Impervie
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I busone di Higgs
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Breve cronistoria dei viaggi nel tempo
[Ho scritto questo raccontino agostano vagamente sci-fi per la (bella) newsletter dello scartafaccio, facendo un giretto fuori dalla mia comfort zone. Lo incollo pure qui.]
A differenza dei princìpi che li regolano, per scalfire superficialmente i quali è stato - letteralmente - necessario un Einstein, la meccanica empirica dei viaggi nel tempo è incredibilmente rozza; realizzare strumenti per sfruttarla è di relativa semplicità ed è un traguardo raggiunto cinque volte nella storia dell’umanità (se dopo la stesura di questo testo se ne aggiungessero altre il lettore tenga conto che questo numero potrebbe sia aumentare che diminuire).
Il primo essere umano a costruire una rudimentale macchina del tempo fu l’assiro Adad-Nirari, nell’810 a.C. a Tarso. Tuttavia, non ne capì il vero funzionamento e ritenne di aver creato un sistema magico per fare sparire le cose. Non avendo gli Assiri all’epoca grossi problemi di smaltimento rifiuti, fu per lo più ignorato o preso per pazzo. Nel tentativo di convincere i suoi concittadini dell’importanza della sua scoperta fece sparire un ingente quantitativo di oggetti e animali, fra cui spiccano:
- una coppetta in terracotta che si materializzò nel 1912 sotto la coltre di permafrost svedese, creando una serie di grattacapi all’archeologo Erik Sjöqvist e costandogli quasi la carriera - una pecora che fu spedita nel giurassico superiore, prontamente divorata da un allosauro che passò il resto della sua infruttuosa esistenza a cercare altre prede così gustose. La sparizione della pecora fu mal digerita (tranne che dall’allosauro): il proprietario pretese un risarcimento da Adad-Nirari che distrusse poi la sua creazione per stizza.
Per la seconda macchina del tempo toccò attendere il 1652 quando il gesuita Giuseppe Adami, di stanza al Collegio di Messina, riuscì a costrurine una nei sotterranei dell’edificio. Fu il primo a capire l’importanza del legame fra coordinate spaziali e temporali ma per un misto di impazienza e di ostinata devozione al sistema tolemaico il suo primo esperimento finì in tragedia: tentò di mandare Agostino, il gatto del collegio, di una frazione di secondo nel futuro e se lo ritrovò materializzato nel basso ventre. I suoi confratelli attratti dalle urla lo trovarono riverso con il muso di Agostino che gli spuntava dalla schiena. Per non correre rischi lo arsero al rogo ancora agonizzante.
Quasi contemporaneamente, nel 1653, una nobile di Guangzhou di raro intelletto, Mei Zhaozhong, arrivò a scoperte analoghe. Passò dodici anni mandando di pochi istanti nel futuro sassetti del suo giardino e misurandone le apparizioni fino ad arrivare a capire con buona approssimazione la corretta correlazione fra coordinate temporali e spaziali. I suoi studi furono bruscamente interrotti da una malattia debilitante. Allo stremo delle forze decise di visitare il futuro nel poco tempo rimastole e si materializzò nel mercato del pesce di Huanan nel dicembre 2019, dove riuscì appena a guardarsi intorno prima di spirare circondata da una folla di curiosi che iniziarono ad avere sintomi febbrili qualche giorno dopo.
La quarta macchina del tempo fu costruita nel 1997 da Roberto Saluzzi, un dottorando del dipartimento di fisica e astronomia dell’università di Padova. Scoprì mentre ne stava ultimando la messa a punto che non gli sarebbe stata rinnovata la borsa di studio per l’anno successivo e considerazioni di carattere personale sopravanzarono quelle di ricerca accademica: usò la sua creazione per andare nel 1969 e gambizzare quello che sarebbe poi diventato il coordinatore dei corsi di dottorato di ricerca (evento che fu erroneamente attribuito a moventi politici); utilizzò poi la sua istruzione avvantaggiata per fare a sua volta carriera accademica. Evitò accuratamente ogni rischio di incontrare sé stesso nel timore di creare un paradosso temporale fino ad un preciso giorno del 1997, arrivato il quale tornò al suo vecchio appartamento immaginandoselo deserto con la macchina del tempo appena utilizzata. Lo trovò invece occupato da tre albanesi e si interrogò se questo andasse a conferma dell’esistenza del multiverso o del fatto che si fosse in qualche modo rintanato in un mondo di sua invenzione (dubbio per la verità che attanaglia chiunque prima o poi) e abbandonò ogni studio nel campo per darsi ai tornei di burraco.
La quinta e ultima vicenda vide come protagonista Aidana Komi, un’anziana professoressa dell’università di Tirana che dopo aver realizzato il suo dispositivo nel 2023 venne assalita da sensati timori di alterazione del continuum. Decise quindi di alimentare un’intelligenza artificiale dandole in pasto un quantitativo ingente di libri di storia e quotidiani interrogandola su quale sarebbe stato il viaggio temporale più utile per il benessere dell’umanità e imponendosi di seguire alla lettera la risposta, qualunque sarebbe stata. Il verdetto fu di recarsi a Padova nel 1996 e convincere il dottorando Roberto Saluzzi a cambiare appartamento. Aidana con qualche perplessità portò a termine il compito, approfittandone per collocare nell’appartamento rimasto sfitto un paio di cugini desiderosi di trasferirsi in Italia.
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declinare il tempo
Sappiamo che la luce che proviene dai corpi celesti, come le stelle o le galassie, ci mette milioni o perfino miliardi di anni per raggiungere la Terra.
Le stelle ne sono la testimonianze di questi eventi passati, alcuni di milioni di anni fa, nonostante li vediamo nel nostro presente.
Allo stesso modo il tempo, nella nostra vita quotidiana, è un intreccio di passato, presente e futuro.
Una relazione complessa che suscita fascino.
Oggi in un mondo interconnesso, l'idea di "il futuro nel presente" non è più un paradosso, ma una realtà condivisa.
Quando interagiamo con qualcuno che si trova in un fuso orario diverso, stiamo comunicando con una persona che vive, in effetti, in una parte differente della nostra linea temporale.
È come declinare il tempo: "il futuro nel presente".
Oggi è domani per te, ieri per me.
Mentre noi siamo ancora nel nostro presente, loro si trovano già nel loro domani.
Luoghi lontani, stesso momento di conversazione, ma separati da date diverse
A dividerci non è solo la distanza, ma anche l'arco temporale.
La nostra linea temporale si restringe, e la distanza che ci separa è rappresentata non solo dai chilometri, ma anche dagli istanti che ci dividono.
Siamo connessi simultaneamente e in modo asimmetrico: dove le ore si sovrappongono ma le date divergono.
Questo ci porta a riflettere su come il tempo, un tempo considerato un flusso unidirezionale e immutabile, diventa come un tessuto che intreccia diversi momenti della nostra esistenza.
Presente, passato e futuro.
Nell'arco di poche ore abbiamo ristretto la linea del tempo.
Per comprendere meglio questa idea, possiamo fare riferimento ad alcune teorie sul tempo.
La teoria della relatività di Einstein, ad esempio, ci insegna che il tempo non è assoluto, ma relativo, attraverso fusi orari differenti, viviamo una versione tangibile di questa teoria: ci muoviamo attraverso diverse dimensioni temporali, creando una connessione che si estende oltre i confini tradizionali del tempo lineare.
Questo significa che può variare in base alla velocità a cui ci muoviamo e alla nostra posizione rispetto a un campo gravitazionale.
Anche se queste idee sono principalmente teoriche e scientifiche, ci forniscono un fondamento per la comprensione come diversi individui possono percepire il tempo in modo differente a seconda delle loro esperienze e posizioni.
Dal punto di vista della sintassi linguistica, i tempi verbali ci permettono di ancorare le nostre esperienze in una sequenza temporale: passato, presente e futuro.
Tuttavia, nel mondo globalizzato di oggi, queste distinzioni si fanno più sfumate.
Parlare di eventi futuri come se fossero presenti diventa una necessità pratica quando ci relazioniamo con persone in diversi fusi orari.
Capire e accettare questa fluidità del tempo ci offre potere.
Ci permette di empatizzare meglio con gli altri, comprendendo che la loro percezione degli eventi può differire dalla nostra.
Ci offre la possibilità di pianificare in modo più efficace, tenendo conto delle variazioni temporali globali.
Inoltre, questa comprensione può arricchire il nostro apprezzamento verso la diversità culturale e temporale, ricordandoci che il nostro domani può essere l'oggi di qualcun altro.
Declinare il tempo in "il futuro nel presente" ci ricorda che siamo tutti intrecciati in un razzo temporale che trascende i confini geografici e cronologici.
Imparare a navigare in questa complessità con le giuste teorie e strumenti sintattici non solo amplia la nostra comprensione del mondo, ma ci equipaggia anche a vivere in armonia con le diversità temporali che incontriamo.
Proprio come le stelle nel cielo notturno, il tempo ci connette tutti, passato, presente e futuro, in un'unica esperienza universale.
Tuttavia, questa divisione non deve essere vista come un ostacolo, ma come un'opportunità per arricchire la nostra esperienza umana.
Mentre intrecciamo conversazioni, collaborazioni e connessioni con persone in diversi fusi orari, abbracciamo una realtà in cui passato, presente e futuro si fondono, offrendoci una visione più ampia e profonda del mondo.
Così, il futuro non è più un concetto distante, ma una parte integrante del nostro presente, vissuta e condivisa ogni giorno nel vasto panorama dell'esistenza umana.
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Mi sarebbe piaciuto conoscerti in estate, mentre mi lamento per il caldo e forse tu mi dici che dopotutto non si sta così male. Ci saremo seduti all'ombra di un fico e mi avresti raccontato della tua vita, delle tue idee. E poi quando sarebbe arrivata la sera avremmo passeggiato verso il mare, e ti avrei detto se desideri mai conoscere le altre sponde. L'inverno sarebbe arrivato, i nostri vestiti sarebbero diventati più pesanti e anche i nostri pensieri. Ma saresti stato il mio amico che avrei sempre cercato, quando nessuno mi avrebbe capito so che tu saresti stato lì perché andavi oltre. Saresti stata l'unica persona che avrei guardato giocare a calcio nelle giornate di primavera, io che odio il calcio. E avremmo parlato di libertà, di cambiare il mondo, e mi avresti insegnato tanto sulla vita con il tuo sorriso gentili. Tu che mi avresti insegnato ad avere coraggio e ad essere una persona d'oro in qualsiasi realtà. Ma purtroppo questo paradosso temporale ci allontana, forse ci vedremo in un'altra vita e io continuerò a cercarti e a mantenere il tuo ricordo.
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C’è un nutrito catalogo di film in cui l’intelligenza artificiale compare come minaccia per l’umanità. Basti pensare a 2001: Odissea nello spazio (1968), Ghost in the Shell (1995), Blade Runner (1982), Matrix (1999) o a produzioni più recenti come Ex Machina (2014) e la serie tv Westworld (2016). Tuttavia, nessuno di questi titoli ha influenzato l’immaginario collettivo e alimentato le nostre paure di una tecnologia talmente potente da sfuggire al controllo umano quanto The Terminator, il film di James Cameron uscito negli Stati Uniti il 26 ottobre 1984. La nascita di un mito A dimostrare l’impatto sconfinato di questa pellicola è la sola parola “Skynet”, divenuta sinonimo di un’intelligenza artificiale ribelle, e l’uso diffuso dell’espressione “Scenario Terminator” per descrivere un futuro ipotetico in cui le macchine prendono il sopravvento. Non solo: l’iconica immagine del T-800 (il cyborg interpretato da Arnold Schwarzenegger), ridotto a uno scheletro metallico dagli occhi rosso acceso, accompagna da decenni qualsiasi articolo che tratti dei rischi esistenziali legati all’AI. E pensare che, al momento dell’uscita del film, in pochi avrebbero scommesso sul suo successo. James Cameron ne scrisse la sceneggiatura in gran fretta nel 1982, dopo essere stato licenziato dal set di Piranha paura, e temeva che The Terminator sarebbe stato schiacciato al botteghino dalla concorrenza del Dune di David Lynch e di 2010: l’anno del contatto (seguito passato quasi inosservato di 2001). La produttrice, Gale Ann Hurd, riuscì a raccogliere solo 6,4 milioni di dollari di budget e perfino lo stesso Schwarzenegger, reduce dal successo di Conan il barbaro, parlava del film come di “qualche film del ca**o che devo fare”. Contro ogni pronostico, The Terminator si rivelò un trionfo, incassando 78,3 milioni di dollari e diventando uno dei film più redditizi, in proporzione al budget, di sempre. Da lì nacque una lunga serie di sequel (tra cui Terminator 2: Judgment Day, considerato uno dei migliori della saga), e soprattutto l’AI cinematografica assunse un nuovo volto: quello del micidiale T-800, che soppiantò persino HAL 9000 come simbolo dei pericoli delle macchine pensanti. I paradossi e il multiverso Nonostante la fama come film “sull’AI”, il primo Terminator in realtà dedica pochissimo spazio diretto all’argomento. L’intera trama ruota attorno a Sarah Connor, in fuga con l’aiuto di Kyle Reeves – un soldato proveniente dal futuro – dal letale T-800, inviato indietro nel tempo da Skynet per impedire la nascita di John Connor, destinato a diventare il leader della resistenza umana. La pellicola è un adrenalinico film d’azione che sfiora appena alcuni temi profondi, come la contrapposizione tra destino e libero arbitrio (celebre la frase di John Connor: “Il destino non è scritto, ma è quello che ci creiamo con le nostre mani”). Attraverso questa dicotomia, The Terminator gioca con i più classici paradossi temporali, seppur con grande leggerezza. Uno di questi è proprio la nascita di John Connor: Reeves torna dal futuro per proteggere Sarah, i due si innamorano e così scopriamo che Reeves è il padre di John Connor. Un paradosso logico che però non viene spiegato più di tanto nel film. E impallidisce di fronte a quello di Terminator 2: è infatti dai resti del Terminator inizialmente sconfitto (in particolare un braccio e un microchip) che lo scienziato della Cyberdyne, Miles Dyson, crea la tecnologia destinata a gettare le basi di Skynet. Nella serie animata Terminator Zero, appena arrivata su Netflix, questi paradossi temporali vengono “risolti” attraverso l’ormai classica teoria del multiverso: ogni volta che si altera il passato, non si modifica il futuro, ma si genera una linea temporale alternativa. Un espediente narrativo che aggiunge nuove prospettive – e un pizzico di ordine – a una storia spesso intrisa di contraddizioni. L’AI nel primo Terminator A ben guardare, nel primo Terminator il nome Skynet viene pronunciato soltanto due volte, e le pochissime informazioni sul sistema ce le fornisce Reeves: “Skynet: una rete di computer della difesa. Nuovo. Potente. Collegato a tutto. Che gestiva tutto. Dicono che sia diventato intelligente, un nuovo tipo di intelligenza. Poi ha visto gli esseri umani come una minaccia, non solo quelli dall’altra parte. Ha deciso il nostro destino in una frazione di secondo: l’estinzione”. Nonostante il poco spazio dedicato, Skynet è riuscito a instillare nelle persone la paura di un’AI dotata di autonomia e volontà distruttiva. Come sottolinea anche la BBC, “Skynet fu un prodotto della ‘seconda primavera dell’intelligenza artificiale’”. Quando Cameron scrisse la sceneggiatura, infatti, lo scienziato informatico Geoffrey Hinton stava rivalutando le reti neurali, ispirate al funzionamento dei neuroni umani, gettando così le basi per l’intelligenza delle macchine. Un processo culminato nel 2012 con la rete neurale AlexNet, progettata dallo stesso Hinton, capace di riconoscere il contenuto di un’immagine con un’accuratezza senza precedenti. Per questo suo lavoro pionieristico, Hinton ha conquistato il Nobel per la Fisica. Nel Terminator cinematografico, i riferimenti a queste teorie emergono nel sequel: Terminator 2 ci rivela infatti che il chip del T-800 è basato su una rete neurale, e lo stesso Skynet funziona in modo analogo. “La mia CPU è una rete neurale, un computer che impara”, spiega il T-800. Informazioni frammentarie, ma sufficienti per comprendere che dietro la visionaria fantascienza di Cameron si celava almeno un seme di realtà scientifica. Il “Giorno del Giudizio” e la duplice visione di Skynet È proprio in Terminator 2 che il “Giorno del Giudizio” di Skynet si fa più concreto: “Il sistema va online il 4 agosto 1997. Le decisioni umane sono rimosse dalla difesa strategica. Skynet inizia a imparare a tasso esponenziale. Diventa autocosciente alle 2.14 del mattino del 29 agosto. In preda al panico, gli umani cercano di staccare l’interruttore”, spiega il T-800. Risultato? Skynet lancia missili nucleari contro la Russia, che risponde a sua volta, causando tre miliardi di vittime in sole 24 ore. Curiosamente, tra il primo e il secondo film, l’origine della ribellione cambia leggermente: per Reeves, Skynet avrebbe deciso di sterminare l’umanità vedendola come minaccia; per il T-800, la reazione sarebbe avvenuta in nome dell’autoconservazione. In ogni caso, con queste storie – tra il 1984 e il 1991 – James Cameron ha scolpito nella nostra immaginazione la paura di un’apocalisse tecnologica. Le armi autonome e il confine tra finzione e realtà Al di là della finzione, oggi non c’è alcun sistema di intelligenza artificiale in procinto di diventare senziente o di ribellarsi come Skynet. Eppure, nei conflitti moderni vediamo già come i sistemi di deep learning stiano entrando in uso proprio in campo militare. Nel conflitto in corso a Gaza, ad esempio, l’esercito israeliano sta utilizzando un sistema chiamato “The Gospel” per individuare obiettivi con una velocità impensabile fino a pochi anni fa. Analizzando informazioni provenienti da droni, comunicazioni intercettate e attività di sorveglianza, questo strumento fornisce all’esercito centinaia di “target” ogni giorno. Ciò solleva interrogativi preoccupanti sul cosiddetto automation bias, ovvero la tendenza degli esseri umani ad affidarsi ai risultati di un software anche quando l’istinto o la prudenza suggerirebbero di verificare ulteriormente. Per questo motivo, alcuni critici hanno definito The Gospel una “fabbrica di omicidi di massa”, sottolineando i rischi di assegnare a un algoritmo decisioni di importanza vitale. Senza bisogno di evocare Skynet, esistono già “cedimenti” del fattore umano di fronte alle macchine. L’intelligenza artificiale, insomma, non deve diventare senziente per risultare pericolosa: basta che noi umani le deleghiamo troppi compiti critici. Il monito di Terminator per il presente È qui che Terminator ci offre un monito prezioso: la vera minaccia non è un’intelligenza artificiale dotata di coscienza, bensì il nostro affidamento spontaneo a sistemi che possono sfuggirci di mano. Se nel film il pericolo è rappresentato da un futuro governato da un’AI unica e centralizzata, nella realtà il rischio riguarda la progressiva cessione di potere decisionale alle macchine, in diversi settori, compreso quello militare. Il messaggio che James Cameron ha lasciato in eredità è che l’essere umano debba sempre restare vigile, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni e ponendo limiti all’autonomia dei sistemi automatici. Solo così potremo evitare che la fantasia distopica di un “Scenario Terminator” trovi un giorno terreno fertile nella nostra realtà. Read the full article
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Love everlasting 2
Joan Peterson è ormai consapevole di essere imprigionata in un loop: ogni volta che si innamora, un misterioso cowboy appare e la uccide, e lei ricomincia la propria vita in un altro luogo, un’altra epoca, verso un altro amore destinato a finire in tragedia. Ha capito che sua madre è coinvolta in questo paradosso temporale, ma non sa in che modo, né come uscirne. In questo secondo volume, sempre…
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Viaggio attraverso le Ere
Avete mai riflettuto sulla possibilità che il nostro modo di percepire il tempo sia meramente superficiale, confinato alla superficie delle cose, senza coglierne la vera profondità? E se avessimo osservato la storia umana con occhi velati per tutto questo tempo? Prepariamoci a mettere in discussione le nostre più radicate convinzioni sul tempo. Il punto di partenza di questo viaggio concettuale è un fenomeno sorprendente: la precessione degli equinozi. La Terra, in tutta la sua magnificenza cosmica, non è perfettamente allineata. Su un arco temporale vastissimo, migliaia di anni, essa oscilla delicatamente. Ma cosa ha a che fare questo con la storia dell'umanità? Ebbene, questa precessione implica che la stella polare che oggi guida i nostri cieli non è sempre stata la stessa. Con il suo moto oscillatorio, l’asse terrestre punta verso stelle diverse nel corso dei millenni, quasi fosse una lenta danza cosmica. Ed è qui che le cose diventano affascinanti. Immaginiamo che, invece di misurare il tempo in mesi e anni, la nostra esistenza sia scandita da cicli cosmici, ciascuno della durata di 2160 anni, durante i quali la Terra si allinea con una specifica costellazione. È come se questi fossero mesi cosmici, ognuno dominato dall’energia di una costellazione. E proprio come ogni mese ha la sua propria influenza, così queste Ere cosmiche plasmano l'evoluzione dell'umanità, riflettendosi nei valori e nelle civiltà che si sviluppano durante ciascun ciclo.
Attualmente, stiamo assistendo alla transizione dall'Era dei Pesci all'Era dell'Acquario, un concetto che è diventato di dominio pubblico, ma cosa significa davvero alla luce della precessione degli equinozi e dei cicli cosmici? Osservando le Ere passate, possiamo intuire che esse non sono definite rigidamente da un singolo segno zodiacale, ma piuttosto da coppie di opposti, che rappresentano un principio di equilibrio. È una danza armoniosa tra due energie cosmiche. Prendiamo l'Era dell'Ariete, per esempio: l'Ariete, associato all'azione e al coraggio, trova il suo contrappeso nella Bilancia, simbolo di armonia e diplomazia. Senza questo equilibrio, l'impulso arietino porterebbe solo caos. Ci sono sempre due facce di una stessa medaglia, e in questo caso sono energie cosmiche che plasmano intere società.
Se torniamo ancora più indietro nel tempo, fino all'Era dei Gemelli, circa 8000 anni fa, vediamo che i Gemelli, legati alla comunicazione e all’inventiva, influenzarono lo sviluppo di alfabeti e lingue scritte, strumenti fondamentali per connettere le persone e le idee. C’è un affascinante legame con le antiche civiltà perdute, come Atlantide, famosa per le sue tecnologie avanzatissime, spesso liquidate come mitologia. Prendiamo i vimāna degli antichi testi indiani: racconti spesso ridicolizzati ma che, forse, celano echi di un tempo remoto in cui l’umanità possedeva conoscenze che solo ora stiamo iniziando a riscoprire. La domanda che sorge spontanea è: dove sono le prove di queste civiltà avanzate? La risposta prevalente è che l’archeologia opera su una linea temporale non del tutto esatta. È come se stessimo cercando nel posto sbagliato con gli strumenti sbagliati. La nostra comprensione del tempo è troppo limitata, e forse queste antiche rovine giacciono sepolte sotto millenni di stratificazioni. La nostra storia, quindi, potrebbe essere molto più complessa e profonda di quanto ci viene insegnato.
Riflettiamo poi sull'Era del Toro, tra i 6000 e i 4000 anni fa. Il Toro, segno di stabilità e fondamenti sicuri, riflette il bisogno umano di costruire monumenti duraturi, come le piramidi egizie. Queste strutture megalitiche, diffuse in tutto il mondo, non erano solo opere ingegneristiche, ma manifestavano un desiderio profondo di sicurezza e immortalità. Tuttavia, il lato ombra del Toro risiede nella possessività, evidente negli elaborati rituali funerari dell’epoca, in cui si cercava di preservare per l'eternità i beni materiali, un paradosso che rispecchia il desiderio umano di permanenza, anche di fronte alla ciclicità ineluttabile del tempo.
E per quanto riguarda l'Era dell'Acquario? Cosa significa realmente questo passaggio? Siamo forse condannati a ripetere i cicli del passato, o abbiamo la possibilità di infrangere le catene di antichi schemi? La comprensione della precessione degli equinozi diventa qui cruciale. Se riusciamo a riconoscere i modelli passati, possiamo scegliere con maggiore consapevolezza nel presente. Non si tratta di predire il futuro, ma di comprendere come queste forze cosmiche influiscono sulle nostre vite. Siamo parte di un vasto racconto cosmico, un mosaico temporale che si svela lentamente ai nostri occhi. E più esploriamo questi misteri, più possiamo risvegliare la conoscenza antica che giace dormiente.
Questa transizione tra Ere non è un cambiamento improvviso, come accendere un interruttore. È piuttosto un processo graduale, come i colori che si fondono all'orizzonte di un tramonto. Ogni Era porta con sé i residui di quella precedente. Quando l'Era dell'Ariete iniziò a manifestare la sua energia dinamica e pionieristica, molti rimasero legati alla sicurezza e alla stabilità dell’Era del Toro. Allo stesso modo, oggi ci troviamo a vivere la tensione tra l’abbracciare il nuovo e l’aggrapparsi al familiare. Questo tema ricorrente attraverso la storia ci mostra come la resistenza al cambiamento possa ostacolare il progresso di una nuova era.
Allora, come possiamo affrontare questa transizione con maggiore consapevolezza? Imparando dalle esperienze passate, possiamo affrontare l’Era dell’Acquario con maggiore compassione e saggezza. Sapere di far parte di una narrazione cosmica più grande ci insegna l’umiltà, ma ci ricorda anche il potere che ognuno di noi possiede. Non siamo semplici spettatori della storia, ma suoi autori attivi. Le nostre azioni e scelte risuoneranno attraverso i millenni a venire, influenzando il destino dell’umanità. E in questo, troviamo il nostro scopo e la nostra responsabilità.
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Tra Rifugio e Rischio: Il Paradosso delle Valanghe per gli Ungulati Montani
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Nel contesto mutevole degli ambienti montani, il cambiamento climatico si manifesta con trasformazioni rapide e significative, influenzando profondamente comunità e processi ecologici sensibili. Un elemento cruciale in questo panorama è rappresentato dalle condizioni stagionali della neve, che si rivelano determinanti per le dinamiche delle popolazioni di ungulati montani. Queste variazioni influenzano direttamente aspetti ecologici e fisiologici vitali, come i costi energetici della locomozione, la vulnerabilità alla predazione e la disponibilità e qualità del foraggio, sia in estate che in inverno.
Uno studio recente su Nature ha esplorato come le capre di montagna, adattate a terreni ripidi per eludere i predatori, si trovano paradossalmente a rischio a causa della frequente instabilità di questi pendii che possono generare valanghe. La ricerca, condotta nel sud-est dell'Alaska su 421 capre monitorate per 17 anni, evidenzia che le valanghe causano dal 23% al 65% delle morti annuali, colpendo principalmente giovani e piccoli.
Queste aree ripide, scelte per mitigare il rischio di predazione, si rivelano essere trappole ecologiche per via del loro alto rischio di valanghe. Questo rischio è variabile, con picchi durante i mesi più instabili per la neve, specialmente all'inizio dell'inverno e nel periodo di disgelo primaverile.
Le strategie migratorie e invernali degli ungulati influenzano ulteriormente la loro esposizione al rischio di valanghe. Ad esempio, le capre di montagna nel Canale di Lynn sono estremamente migratorie, spostandosi in habitat boscosi a bassa quota durante l'inverno, mentre altre popolazioni rimangono in alta quota, esponendosi maggiormente al pericolo.
Il cambiamento climatico aggrava questa dinamica, modificando la frequenza e l'intensità delle valanghe, e di conseguenza, la distribuzione spaziale e temporale di questi eventi letali. Previsioni indicano un aumento delle valanghe umide rispetto a quelle di neve secca, con un potenziale aumento dei tassi di mortalità da valanga.
La persistenza di questo rischio nei sistemi montani, in combinazione con il previsto aumento dell'elevazione della linea della neve, potrebbe ridurre il pericolo di valanghe a quote inferiori, ma il rischio continuerà a essere una componente significativa nell'ecologia degli ungulati montani. Tuttavia, l'influenza demografica delle valanghe sulle popolazioni di ungulati montani è probabile che persista nel futuro perché sia il pericolo di valanghe sia gli areali degli ungulati montani sono previsti spostarsi verso l'alto in quota man mano che il clima si riscalda.
È essenziale sottolineare che i tassi di crescita delle popolazioni di capre di montagna sono particolarmente bassi e possono sostenere solo rimozioni limitate annualmente. Pertanto, la mortalità da valanghe, soprattutto tra gli individui giovani, può avere impatti demografici gravi, portando al declino delle popolazioni.Questi dati pongono l'accento sulla necessità di riconsiderare le strategie di conservazione e gestione di queste popolazioni vulnerabili. L'intensificarsi dei cambiamenti climatici e delle sue manifestazioni estreme, come le valanghe, impone un ripensamento delle politiche di conservazione per proteggere non solo gli ungulati montani ma anche l'integrità ecologica degli ambienti montani, che sono cruciali per la biodiversità globale.
Fonte articolo: https://www.nature.com/articles/s42003-024-06073-0
Credito foto: NPS/Diane Renkin
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Fisica relativista e meccanica quantistica senza il tempo
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La fisica ha commesso un grosso errore di cui nessuno parla. Questa domanda rimane uno dei misteri più affascinanti e dibattuti nella scienza cosmologica. La fisica classica ci presenta il tempo come una grandezza che scorre in una direzione sola, dalla fredda certezza del passato, attraverso l’effimero presente, fino all’ignoto del futuro. Tuttavia, proprio la fisica potrebbe aver commesso un grosso errore, poiché la nostra comprensione del tempo è stata rivoluzionata dalle teorie della relatività e della meccanica quantistica. La relatività di Einstein e la distorsione dello spazio-tempo La teoria della relatività generale di Einstein ha sconvolto le nostre concezioni tradizionali di spazio e tempo, mostrando come le due grandezze siano intricate in un’unica entità chiamata spazio-tempo. Secondo questa teoria, la gravità non è semplicemente una forza che agisce su oggetti nello spazio, ma una curvatura dello spazio-tempo stessa. Questo concetto rivoluzionario ha suggerito che la presenza di materia ed energia deforma la struttura fondamentale dello spazio e del tempo, influenzando il modo in cui gli eventi si svolgono e il tempo scorre. Gli effetti della relatività generale sono stati confermati da numerosi esperimenti e osservazioni. Ad esempio, la curvatura della luce intorno agli oggetti massicci e la dilatazione del tempo causata da velocità estreme hanno dimostrato la veridicità delle predizioni di Einstein. Questi fenomeni mettono in discussione la nostra intuizione comune del tempo come una grandezza assoluta e immutabile, suggerendo piuttosto che il tempo sia intrinsecamente legato al contesto spaziale e gravitazionale in cui si manifesta. La teoria della relatività di Einstein ha anche portato alla luce concetti come il concetto di “spazio-tempo curvo“, che ha profonde implicazioni per la nostra comprensione del tempo. Secondo questa visione, la presenza di massa e energia crea una sorta di “ondulazione” nello spazio-tempo, che può influenzare il moto degli oggetti e la percezione del tempo stesso. Questo significa che il tempo non è una grandezza statica e uniforme, ma piuttosto un tessuto dinamico e flessibile che si adatta alle condizioni dell’universo circostante. La meccanica quantistica e il paradosso del tempo
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La meccanica quantistica, la teoria che descrive il comportamento delle particelle subatomiche, aggiunge un’altra dimensione di complessità alla nostra comprensione del tempo. Secondo questa teoria, le particelle subatomiche possono esistere in uno stato di sovrapposizione, dove sono contemporaneamente in più posizioni o stati di energia. Questo fenomeno, noto come superposizione quantistica, solleva interrogativi profondi sul significato del tempo all’interno del mondo subatomico. Inoltre, la natura probabilistica della meccanica quantistica implica che il tempo potrebbe non essere completamente deterministico, ma piuttosto soggetto a fluttuazioni casuali e incertezze fondamentali. Questo solleva il paradosso del tempo nella meccanica quantistica, dove il concetto stesso di una linea temporale ben definita potrebbe essere messo in discussione dalle leggi probabilistiche che governano il comportamento delle particelle elementari. La meccanica quantistica ha anche suggerito la possibilità di fenomeni come l'”intrappolamento temporale“, dove il tempo potrebbe essere manipolato o addirittura invertito a livello subatomico. Questo apre la porta a speculazioni su viaggi nel tempo e altre possibilità fantascientifiche che sfidano la nostra comprensione convenzionale del tempo come una freccia unidirezionale che scorre costantemente verso il futuro. Le sfide della cosmologia e la natura dell’origine temporale Nel campo della cosmologia, la ricerca sull’origine e l’evoluzione dell’universo solleva domande fondamentali sulla natura stessa del tempo. La teoria del Big Bang, ampiamente accettata, suggerisce che l’universo abbia avuto un’inizio finito nel tempo, circa 13,8 miliardi di anni fa. Tuttavia, cosa è accaduto prima del Big Bang, se il concetto stesso di “prima” ha un significato in assenza di tempo? Questa domanda rimane uno dei misteri più affascinanti e dibattuti nella scienza cosmologica. Una delle sfide principali nell’affrontare questa domanda è che il concetto stesso di “prima” del Big Bang potrebbe non avere un significato convenzionale, in quanto il tempo stesso potrebbe essere emerso solo con l’inizio dell’universo. La teoria della relatività generale di Einstein suggerisce che lo spazio e il tempo sono intricatamente intrecciati e che lo spazio-tempo stesso potrebbe avere avuto un inizio nel Big Bang, rendendo difficile comprendere cosa possa essere accaduto “prima” di tale evento. Alcuni modelli teorici suggeriscono l’esistenza di un universo precedente o di un ciclo di espansione e contrazione cosmica, in cui il Big Bang sarebbe solo l’ultima fase di un processo ciclico eterno. Tuttavia, questi modelli sono ancora oggetto di dibattito e non sono supportati da evidenze sperimentali dirette. Altri approcci teorici ipotizzano l’esistenza di dimensioni nascoste dello spazio-tempo o universi multipli all’interno di un vasto “multiverso“, in cui il nostro universo sarebbe solo uno di molti. Anche queste ipotesi, sebbene affascinanti, sono ancora oggetto di speculazione e richiedono ulteriori ricerche per essere confermate o confutate. Quindi, qual è l’errore della fisica? Il grosso errore della fisica L’idea stessa di contemplare cosa sia accaduto “prima” del Big Bang ci conduce verso un territorio in cui le convenzioni del tempo come lo conosciamo perdono il loro significato. Questo ci porta a considerare se, forse, abbiamo presumibilmente dato per scontato il potere dell’universo di celare i suoi segreti più profondi, compreso il significato ultimo del tempo e a dedurre che che la fisica abbia commesso un errore nel presumere di poter comprendere appieno il concetto di tempo. Read the full article
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Il vero paradosso del viaggio nel tempo erano gli amici che ci siamo fatti lungo il percorso Il misterioso incontro con il me stesso del futuro Era più alta, con lineamenti migliori, capelli luminosi e pelle impeccabile. Mi diceva di essere io, proveniente dal futuro. La confusione era palpabile. Un dialogo surreale tra presente e futura Intrappolato e spaventato, cercavo di capire le sue intenzioni. L’idea di un paradosso temporale mi affascinava e spaventava allo stesso tempo. Il piano oscuro del futuro me stesso Con calma e determinazione, il mio alter ego del futuro parlava di un piano per “migliorare” la linea temporale, eliminando ostacoli come la Confederazione CCCCCC. Riflessioni sul paradosso della vita e della morte
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L’informazione è potere, ma la controinformazione è consenso parte 1
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Aleksandr Isaevič Solženicyn, il celebre scrittore, filosofo e storico russo, una volta disse che “nel mondo comunista la verità è ignorata dal popolo perchè l’autorità di governo, puramente e semplicemente, le impedisce di circolare. Nell’occidente capitalista invece lo stesso risultato viene ottenuto con metodologia opposta, ossia con l’eccesso d’informazione. Un diluvio di notizie eterogenee, spesso contrastanti è rovesciato clamorosamente ed incessantemente sul cittadino, privato in tale modo della dimensione temporale indispensabile alla riflessione, all’analisi, al discernimento, mentre la sua attenzione, ormai divenuta del tutto superficiale, è continuamente sollecitata da nuovi richiami.” Quindi, due tecniche diverse di manipolare le masse, ma che portano al medesimo risultato.
Enrico Ronzoni, in “Il paradosso di Celine” contenuto in “L’uomo libero” n.11 del 12 luglio del 1982 (Milano) scriveva che: “I tempi oscuri in cui viviamo si caratterizzano, rispetto alle epoche trascorse, per il modo totalitario e capillare con cui vengono condizionate le masse e per il modo in cui, in nome della Democrazia, vengono subdolamente tenute all’oscuro su quanto viene deciso contro di loro. Dietro il paravento della moderna Democrazia si nasconde una tecnica di condizionamento intellettuale che oggi, con l’ausilio della tecnologia e dei mass-media, risulta la più potente e pericolosa, quanto nessun’altra sin qui conosciuta. Di un vero e proprio esercito d’iniziati al segreto giurato ha bisogno questo marchingegno leviatano. La proliferazione delle sette massoniche e del Sionismo all’ombra di ogni democrazia sta a dimostrare che democrazia e potere occulto sono le due facce di una medesima realtà.”
Sicuramente, un fattore determinante, risulta essere la fonte da cui provengono le informazioni. In questo frangente, purtroppo, ci si ritrova sempre a scontrarsi con personaggi e gruppi che svolgono dei ruoli predeterminati. Se pensiamo per un attimo, ad esempio, a chi c’è a capo di siti internet, pagine social o account Telegram che trattano temi come l’economia e la finanza, si scopre che c’è sempre qualche elemento che lavora per un fondo di investimento, un analista finanziario, un banchiere o comunque una persona che fa parte dell’ambiente. Allo stesso modo, ad esempio, dando uno sguardo agli “eroi” che si pongono in contrasto con le politiche vaccinali, spesso si scopre che questi fanno parte di organizzazioni di un certo tipo, sono sostenuti da certi gruppi e magari, all’inizio, sposavano anche le stesse politiche vaccinali. Ma la massa ha la memoria corta. E questo il nemico lo sa bene, e sfrutta questo deficit a suo vantaggio, proprio grazie a questi iniziati.
Qualcuno penserà che tutto ciò sia normale, poichè se la persona è dell’ambiente allora ha il titolo per poter parlare. Ezra Pound era un poeta, divenuto in un secondo momento economista, eppure non aveva la laurea in economia, non era un banchiere né un finanziere, ma è stato capace di comprendere e spiegare l’economia e la finanza come pochi nella storia. Provate a chiedere ad un analista finanziario di esporre le tesi di Pound contenute in “ABC dell’economia” e valutate voi stessi la risposta. Oppure, provate ad iniziare un dialogo sull’economia produttiva; non avrete risposte concrete, o comunque che spingano verso di essa. Giacinto Auriti era un giurista, eppure è stato capace di svelare la più grande menzogna mai perpetrata nella storia inerente la proprietà della moneta (denaro), ponendo la questione su un piano giuridico prima ancora che economico, cosa che nessuno prima di lui, era stato capace di fare. Naturalmente tutto questo lo si può comprendere se si ha una visione dell’economia che non sia limitata e fine a sé stessa, ma a 360 gradi e che punti il focus sull’economia reale (quindi produttiva) e non su quella speculativa che domina il mondo. Ancor di più, le criticità saltano fuori quando con questi si cerca di parlare della proprietà della moneta (denaro). Cominciano a tremare, perchè ovviamente, loro compito, è quello di nascondere quanto Giacinto Auriti portò alla luce, ossia che la proprietà della moneta (denaro) all’atto dell’emissione è dei cittadini e non della banca centrale, ma questo non si deve sapere, così come non si deve sapere che la moneta (denaro) non necessita di alcuna riserva per essere coniata (una moneta ha valore solo perchè i cittadini si mettono d’accordo che essa lo abbia, attraverso il valore indotto, i cittadini accettano il denaro sulla fiducia e lo fanno circolare; senza valore indotto la moneta non circola, per questo la relativa proprietà è dei cittadini e non della banca centrale – Ved. Giacinto Auriti), ma l’importante è che si spacci come miracolo il fatto che qualcuno possa coniare una moneta agganciata alla riserva (oro) in contrapposizione a chi, il monopolio dell’oro lo detiene a pieno titolo: i soliti noti. Buffo, no?
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Vivo in un paradosso di fallimento: non saper accettare il passato e avere troppa paura per il futuro.
In questi giorni mi sento in balia delle mie emozioni, vorrei tanto restare in silenzio.
Mi capita, a volte, di tornare con la mente indietro a 2 episodi particolarmente traumatici, in quegli anni in cui buttavo la mia vita nel cesso tra tagli, sbronze e tradimenti. Ci resto bloccata col pensiero e le lacrime scorrono da sole.
Nel frattempo non riesco a capacitarmi della positività del futuro, ho già l'ansia per il nuovo anno accademico e non faccio altro che chiedermi se sarò all'altezza delle aspettative di tutti. Non faccio altro, inoltre, di chiedermi se ce la faremo, se affronteremo anche queste novità insieme e con vittoria assoluta.
A volte il mio sogno mi sembra così vicino: noi due a vivere sotto lo stesso letto, io che torno da laboratorio e prepariamo la cena insieme da gustare davanti a una bottiglia di vino rosso e un film di cui poi mi lamenterò solo perché non sono anziani con demenza. E poi vado ad oltranza, tipo un lavoro fisso, un bel contratto, un figlio, una famiglia unita e che si ama ogni giorno come se fosse il primo in assoluto.
Altre volte questa vicinanza temporale mi spaventa perché sono praticamente a zero e molte volte mi scontro con la possibilità che tutto ciò sia irrealizzabile, pur essendo semplice.
Ce la farò ad affrontare la mia ansia e i miei continui sensi di colpa? Quando andranno via per sempre?
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Mi stupisco che questa immagine non abbia suscitato quantomeno stupore ed i media abbiano dato la notizia con mera ilarità.
Dopo la pagliacciata inaugurale di pessimo gusto, la Senna inquinata a tal punto da fare ricoverare alcuni atleti che vi si sono immersi, dopo il letto in cartone ed il materasso in plastica riciclata, il pranzo scarso come quantità e pessimo come qualità, ora emerge anche l'assenza di aria condizionata per non influenzare il clima con emissioni nocive.
Se non capite il paradosso temporale fatto vivere a questi atleti, fior fiore dello sport mondiale, non capirete ma accettere la distopia di una vita futura di privazioni e povertà.
Sarete poveri ma felici, si, sino al prossimo richiamo di mRna obbligatorio che vi consentirà di acquisire nuovi crediti sociali per sopravvivere fino al mese successivo.
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questo agli atleti, durante le olimpiadi. Immagina, puoi, cosa sono pronti a fare alla gente normale di città, per tutti i giorni dell'anno.
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