#paolo parpaglione
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shunkawakan-ita · 1 year ago
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ARPIONI
presentano il secondo video
tratto dall'album RIDO E PIANGO CHE NON SI SA MAI - Jannacci secondo noi...
"EL ME INDIRISS"
SPECIAL GUEST PAOLO ROSSI...
feat FOLCO ORSELLI, MARCO RIPOLDI, WALTER LEONARDI, FLAVIO PIRINI, RAFAEL ANDRES DIDONI, GERMANO LANZONI, LORENZO MONGUZZI (MERCANTI DI LIQUORE)
Guarda il video
youtube
Introduzione al brano
Del passato, del presente, del vivere e dell’inadeguatezza
Chissà cosa passava per la testa a Enzo quel giorno. Non c’ho la biro, il documento da rifare e una persona persa dentro se stessa
Eppure da un piccolo incidente burocratico, vero o immaginato,  pare essere nato un brano che ci ha colpito, e affondato. Un mondo che molti di noi vivi adesso ha fatto appena in tempo a vedere, che tanti ormai hanno sentito solo raccontare, ma una storia che con parametri diversi si ripete anche oggi. Ci è sembrato che tutto il senso e il nonsense dell’immaginario e della narrativa di Jannacci fosse  racchiuso nelle parole di questa canzone e anche nel suo incipit parlato. Tutto il senso di inadeguatezza di chi si sente nel mondo sbagliato, e che ne ha vissuto uno più umano, nonostante tutto.  O perlomeno queste sono le nostre impressioni. E poi ci sembrava di vederne lo scenario, di respirarne gli odori e di sentirne le voci.  Così abbiamo deciso di chiedere aiuto a chi secondo noi è oggi legittimo erede di quel mondo e che in modi diversi, racconta le storie di oggi.  Così abbiamo chiesto a un po’ di amici se gli andava di cantarla insieme a noi.  Quasi increduli noi: tutti ci hanno detto sì. E: ce la faremo a farceli stare tutti? Beh, ci siamo riusciti.  Abbiamo scelto di sottolineare il lato drammatico del brano con un arrangiamento fuori dai nostri soliti canoni e abbiamo addirittura chiesto aiuto a un violoncello, e usato i fiati in modo che anch’essi sottolineassero il mood malinconico del brano, Mentre Intro e outro sono affidati in primis a Paolo Rossi, supportato da Marco Ripoldi, il Milanese Imbruttito Germano Lanzoni, Walter Leonardi, Flavio Pirini, Folco Orselli e Lorenzo Monguzzi dei Mercanti di Liquore.
Non contenti di tutto ciò abbiamo deciso di realizzare un video che raccontasse anche la magica alchimia che eravamo riusciti a realizzare. Il risultato di tutto questo è ora tutto da vedere e ascoltare. Ci piacciono le storie di chi cammina fuori dalle strade battute, degli esclusi e dei perdenti, che poi così perdenti non sono mai. Ci piace essere fuori moda e innegabilmente retro’. Eccoci qui
Ringraziamo Il Terzo Segreto di Satira che ha avuto cura della regia del video assieme agli operatori Giovanni Freri e Giovanni Franzoi, al montatore Simone Portera e all’assistente Angela Rossi. 
Ringraziamo Ricky Anelli, Francesco Matano e l’Associazione Maite per la produzione.
Il disco
Arpioni – Jannacci secondo noi (rido e piango che non si sa mai) (autoproduzione)
N° tracce : 12 - Tracklist: E la vita, El me indiris, Il driEo, Il monumento, Io e te, L’ar(sta, Pensare che, Per la moto non si da, Rido, Secondo te, Silvano, Veronica
Special guest
Hanno cantato, suonato e avuto una parte: Paolo Rossi in “El me indiris��; Elio Biffi  dei Pinguini TaGci Nucleari in “E la vita”; Riky Anelli cori, basso chitarra e tas(ere, Paolo  Parpaglione sax in “Per la moto non si da”; Lucio Corrente violoncello in “El me indiris”.
“El me indiriss” tucc insem version : feat Paolo Rossi, Walter Leonardi, Flavio Pirini, Folco  Orselli,  Rafael  Ghidoni,  Germano  Lanzoni,  Marco  Ripoldi,  infine  Lorenzo  Monguzzi  dei  Mercanti di Liquore; 
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wildbunch-ita · 1 year ago
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ARPIONI
presentano il secondo video
tratto dall'album RIDO E PIANGO CHE NON SI SA MAI - Jannacci secondo noi...
"EL ME INDIRISS"
SPECIAL GUEST PAOLO ROSSI...
feat FOLCO ORSELLI, MARCO RIPOLDI, WALTER LEONARDI, FLAVIO PIRINI, RAFAEL ANDRES DIDONI, GERMANO LANZONI, LORENZO MONGUZZI (MERCANTI DI LIQUORE)
Guarda il video
youtube
Introduzione al brano
Del passato, del presente, del vivere e dell’inadeguatezza
Chissà cosa passava per la testa a Enzo quel giorno. Non c’ho la biro, il documento da rifare e una persona persa dentro se stessa
Eppure da un piccolo incidente burocratico, vero o immaginato,  pare essere nato un brano che ci ha colpito, e affondato. Un mondo che molti di noi vivi adesso ha fatto appena in tempo a vedere, che tanti ormai hanno sentito solo raccontare, ma una storia che con parametri diversi si ripete anche oggi. Ci è sembrato che tutto il senso e il nonsense dell’immaginario e della narrativa di Jannacci fosse  racchiuso nelle parole di questa canzone e anche nel suo incipit parlato. Tutto il senso di inadeguatezza di chi si sente nel mondo sbagliato, e che ne ha vissuto uno più umano, nonostante tutto.  O perlomeno queste sono le nostre impressioni. E poi ci sembrava di vederne lo scenario, di respirarne gli odori e di sentirne le voci.  Così abbiamo deciso di chiedere aiuto a chi secondo noi è oggi legittimo erede di quel mondo e che in modi diversi, racconta le storie di oggi.  Così abbiamo chiesto a un po’ di amici se gli andava di cantarla insieme a noi.  Quasi increduli noi: tutti ci hanno detto sì. E: ce la faremo a farceli stare tutti? Beh, ci siamo riusciti.  Abbiamo scelto di sottolineare il lato drammatico del brano con un arrangiamento fuori dai nostri soliti canoni e abbiamo addirittura chiesto aiuto a un violoncello, e usato i fiati in modo che anch’essi sottolineassero il mood malinconico del brano, Mentre Intro e outro sono affidati in primis a Paolo Rossi, supportato da Marco Ripoldi, il Milanese Imbruttito Germano Lanzoni, Walter Leonardi, Flavio Pirini, Folco Orselli e Lorenzo Monguzzi dei Mercanti di Liquore.
Non contenti di tutto ciò abbiamo deciso di realizzare un video che raccontasse anche la magica alchimia che eravamo riusciti a realizzare. Il risultato di tutto questo è ora tutto da vedere e ascoltare. Ci piacciono le storie di chi cammina fuori dalle strade battute, degli esclusi e dei perdenti, che poi così perdenti non sono mai. Ci piace essere fuori moda e innegabilmente retro’. Eccoci qui
Ringraziamo Il Terzo Segreto di Satira che ha avuto cura della regia del video assieme agli operatori Giovanni Freri e Giovanni Franzoi, al montatore Simone Portera e all’assistente Angela Rossi. 
Ringraziamo Ricky Anelli, Francesco Matano e l’Associazione Maite per la produzione.
Il disco
Arpioni – Jannacci secondo noi (rido e piango che non si sa mai) (autoproduzione)
N° tracce : 12 - Tracklist: E la vita, El me indiris, Il driEo, Il monumento, Io e te, L’ar(sta, Pensare che, Per la moto non si da, Rido, Secondo te, Silvano, Veronica
Special guest
Hanno cantato, suonato e avuto una parte: Paolo Rossi in “El me indiris”; Elio Biffi  dei Pinguini TaGci Nucleari in “E la vita”; Riky Anelli cori, basso chitarra e tas(ere, Paolo  Parpaglione sax in “Per la moto non si da”; Lucio Corrente violoncello in “El me indiris”.
“El me indiriss” tucc insem version : feat Paolo Rossi, Walter Leonardi, Flavio Pirini, Folco  Orselli,  Rafael  Ghidoni,  Germano  Lanzoni,  Marco  Ripoldi,  infine  Lorenzo  Monguzzi  dei  Mercanti di Liquore; 
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groovin2019 · 4 years ago
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"PEOPLE PIE 2021" - Africa Unite
"PEOPLE PIE 2021" - Africa Unite @africaunite #africaunite #peoplepie #reggae #bobmarley
Per gli Africa Unite il 2021 sarà un anno fondamentale. E non solo perché è in dirittura d’arrivo il nuovo album di inediti, il quattordicesimo della loro carriera. La band reggae numero uno in Italia, infatti, ha anche da poco compiuto i quarant’anni di attività e sempre quest’anno ricorre il trentennale di “People Pie”. L’album pubblicato nel 1991 è considerato come il disco che superò le…
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danilobattocchio · 7 years ago
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The Starving Sound by Hollywook Killerz is finally out! I recorded and mixed it at Deeepest Sea. Collin Jordan took mastering duties at The Boiler Room in Chicago USA.
I’m pretty happy because street/glam is not my usual cup of tea, but this album turned out pretty well. Plus, Paolo Parpaglione played sax on Filthy (originally released by Nick Curran) and recording him - after having seen him playing lots of times with Africa Unite when I was a kid - felt like closing a circle.
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enricocassi · 7 years ago
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Come ogni anno, torna Mataria ‘d Langa: la festa rock in Langa.
Per venerdì 21 luglio è atteso un grande evento: il concerto dei The Bluebeaters.
La storica ska band Italiana, con oltre venti anni di carriera alle spalle, ha scelto Roddino per far ripartire il “Everybody Knows Tour” che prende il nome dal disco omonimo.
Reduci dall’apparizione al Festival di Sanremo 2016, dopo una breve sosta servita a ricaricare le batterie, i Bluebeaters tornano con una nuova scaletta, pronti a riaccendere i motori e far ballare al ritmo ska & rock steady.
Oltre ai brani dell’ultimo album Everybody Knows la band proporrà come sempre un mix esplosivo in salsa “Blue Beat” di grandi classici e nuovi pezzi arrangiati per l’occasione.
Da sottolineare il ritorno al sax di Paolo Parpaglione, il primo a salire sul palco di Mataria ‘d Langa il 21 luglio del 1992 con i Loschi Dezi.
http://ift.tt/eA8V8J
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doyourthangrecords · 8 years ago
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Dopo la fantastica doppia data a Torino, il 5 febbraio al Do Your Thang 1st Anniversary | Danno + Chali 2na & Krafty Kuts verrà a festeggiare con noi anche @williepeyote ! #DoYourThang1stAnniversary #SecretGuest Willie Peyote (classe 1985) è un rapper torinese, uno degli artisti più interessanti e innovativi della scena hip-hop italiana. Ha vinto il premio come miglior autore al concorso “GENOVA PER VOI", il più grande portale di musica italiana @rockit.it nel 2015 lo ha inserito tra i dieci artisti più interessanti dell’anno. Inoltre Peyote è stato il primo rapper a partecipare a @vevo_dscvr , format inglese dedicato alla musica emergente (ha fatto scoprire artisti come Hozier) arrivato di recente anche in Italia. Peyote ha presentato una versione live del brano “Dettagli���, accompagnato da @hyst.official alla voce, Paolo “De Angelo” Parpaglione dei @thebluebeaters al sassofono e @franksativa Infine il tour dell’artista “Hai fatto quattro date e lo hai chiamato tour”, a discapito del nome, ha avuto un grandissimo successo. Il 28 aprile 2015 è stato reso disponibile, in free download sul sito ufficiale dell’artista www.williepeyote.com, “Quattro San Simoni e un funerale”, un EP contenente cinque brani inediti da cui è stato estratto il singolo “Io non sono uguale” (prod. Kavah). Nel mese di novembre 2015 vengono pubblicati i singoli “Peyote451 (L’eccezione)”, “La dittatura dei nonfumatori” e “Io non sono razzista ma...”, che anticipano l’uscita del nuovo album “Educazione sabauda”, disponibile su Spotify dal 27 novembre, su iTunes ed Apple Music dall’11 dicembre e in tutti i negozi di dischi dal 22 gennaio 2016. Info: https://www.facebook.com/events/344947275876541/
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groovin2019 · 4 years ago
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COME D'INCANTO - Silvio Merlin
COME D’INCANTO – Silvio Merlin
L’uscita ufficiale di “Come d’incanto”, il primo disco di Silvio Merlin, vincitore a febbraio del contestSanremo New Talent, era prevista per il 29 giugno. Anche Groovin’ sarebbe stato coinvolto nella preparazione dell’evento di presentazione, ma il sopraggiungere di alcune succose novità ne hanno impedito la realizzazione, deviando in modo sostanziale il percorso artistico del cantautore…
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aneddoticamagazinestuff · 4 years ago
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Non solo il Buffardello... Ecco gli altri folletti toscani che leggenda narra
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Non solo il Buffardello... Ecco gli altri folletti toscani che leggenda narra
Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus Von Hohenheim… Sembrerà strano, ma dietro a questa sequela di nomi stravaganti non c’è una pianta rara e nemmeno qualche specie insolita di animale straordinario. Nonostante la bizzarria di questi appellativi, che sembrano usciti da qualche studio scientifico, dietro di essi esiste una persona riconoscibile con un unica parola: Paracelso.
Paracelso fu una delle figure più rappresentative del Rinascimento: medico, alchimista e astrologo di fama conclamata e allora mi direte voi cosa c’entra cotanto studioso con il mondo immaginario dei folletti? Beh, per lui non era poi così tanto immaginario… Fu il primo che ne certificò la loro esistenza.
“Liber de nymphis, sylphis, pygmaeis et salamandris et de caeteris spiritibus“, 
Questo suo trattato (edito postumo nel 1566) è la Bibbia di coloro che credono che ninfe, gnomi e altri esseri sovrannaturali non siano solo frutto di tradizioni e leggende, d’altronde l’incipit del libro non lascia scampo ad altre interpretazioni:
“Mi propongo d’intrattenervi sulle quattro specie di esseri di natura spirituale, cioè ninfe, i pigmei, i silfi e le salamandre, a queste quattro specie, per la verità bisognerebbe aggiungere i giganti e parecchie altre. Questi esseri benchè abbiano apparenza umana, non discendono affatto da Adamo, hanno origine del tutto differente da quella degli uomini e degli animali”. 
Tali esseri, fra i quali i folletti, sempre secondo Paracelso, sarebbero legati ai quattro elementi: acqua, aria, terra e fuoco e occuperebbero una dimensione invisibile, spirituale, difficilmente penetrabile dall’uomo, si precisa poi che queste creature pur essendo molto simili all’essere umano per caratteristiche fisiche ed intelligenza, sarebbero prive dell’anima:
“Per essere uomini non manca loro che l’anima. E poichè gli manca l’anima, non pensano nè a servire Dio, nè a seguire i suoi comandamenti. Dunque non possono essere definiti nè buoni, nè cattivi, perchè non avrebbero coscienza del bene o del male. Tuttavia alcuni di loro sortirebbero effetti positivi sull’uomo, altri negativi, ma sembrerebbe praticamente impossibile evitare il contatto con queste entità”.
Tutti questi esseri, secondo le credenze celtiche (arrivate poi anche in Garfagnana da tempo immemore), farebbero parte del “piccolo popolo”, composto da folletti, fate, elfi, gnomi, tutti protagonisti delle meravigliose leggende garfagnine. Fra tutte queste creature, il personaggio principale delle narrazioni popolari della valle è il Buffardello,
il folletto garfagnino per eccellenza, di cui tanto abbiamo sentito parlare e raccontare. Un’entità dispettosa e scherzosa al limite del maligno che riversa le sue malefatte verso uomini e animali. La sua fama però ha oscurato tutta una serie di altri folletti della tradizione garfagnina e apuana. Si, perchè non è il solo gnometto sdegnoso presente nelle nostre terre, altri ancora, sconosciuti o dimenticati, appartengono proprio a quel “piccolo popolo”.Era infatti nei pressi di Casa Tontorone che il “Settescintille“ dava il meglio di sè, proprio sul fare del giorno, o meglio, quando era ancora buio e i pastori si apprestavano a portare i greggi al pascolo, appariva allora quel folletto sotto forma di stella luminosa a sette punte, pronto a spaventare il pastore e le povere pecore. Volteggiava, girava su se stesso per tutto il sentiero che portava al pascolo e poi improvvisamente s’inoltrava nei boschi creando ombre spaventose ed inquietanti, facendo assumere agli alberi forme spaventose. Alla fine dello “spettacolo” con tre balzi  scompariva dentro una buca del Monte Tambura. Non disdegnava nemmeno entrare dentro le stalle per mettere paura alle mucche: entrava e scompariva con un gran botto.
La caratteristica che rimane analoga in quasi tutti questi folletti garfagnini è l’arte di far dispetto e il “Pilloro“ in questo era uno dei maggiori artefici. Lui abitava, o meglio si mostrava nei villaggi che erano situati nei pressi delle Panie. Questo folletto aveva la capacità di sollevare potenti raffiche di vento, tanto forti da scompigliare tutto il fieno dei contadini, così come foglie, legna secca e perfino la cenere del camino. Ma le sue molestie non finivano li, quando non voleva far riposare il povero agricoltore dalle fatiche giornaliere, allora cominciava a far sbattere le persiane della camera da letto. Ma non agiva solamente nei pressi della case, difatti quando lo sventurato viandante passava per i boschi era  abitudine del Pilloro di tirargli ghiande, frasche e pigne. Chi l’ha visto può raccontare che il folletto porta un berretto appuntito, ornato da foglie e pigne secche. Esisterebbe anche un rimedio per allontanarlo, basterebbe un po’ di cenere del camino, conservata la notte di Natale e spargerla intorno casa… Non solo folletti dispettosi e molesti, ci sono anche quelli amorevoli e premurosi verso il prossimo è il caso dello “Zoccolletto“, un’essere ibrido metà gnomo e  metà satiro.
I cavatori delle Apuane dicevano che era impossibile da avvicinare, con le sue zampe muscolose di capra saltava da una roccia all’altra con una velocità impressionante e quando stava per approssimarsi un grosso temporale avvertiva i cavatori emettendo un’assordante fischio, cominciando poi anche a muovere pietre. Insomma, come avrete ormai capito di folletti garfagnini ne esistono di ogni specie, ognuno con il suo particolare carattere. Ci sono anche coloro che Dante avrebbe messo nel girone degli ignavi: pigri, indolenti e con poca voglia di fare. Ebbene si, stiamo parlando del “Parpaglione”. Il massimo della fatica che si concedeva era far ruzzolare qualche pietra contro l’ignaro passante. Sennò, abitualmente si sdraiava sulle pietre e sui massi a riposare, mimetizzandosi alla perfezione.
Ecco spiegato perchè tanto volte quelle rocce o quelle pietre che vediamo hanno sembianze umane è il piccolo Parpaglione che se ne sta li fermo, va a sapere da quanto tempo.Ci sono altrettanti folletti però che lavorano di gran lena, altro che sfaccendati come il Parpaglione… I “Martelletti” si danno un gran da fare e il loro nome è già tutto un programma. Loro lavoravano nella miniera di ferro abbandonata sulla Via Vandelli, poco prima del passo della Tambura. Se si origliava all’ingresso della miniera si udiva il battere dei martelli, erano questi folletti che non cercavano di certo il ferro, ma l’argento da sottrarre agli esseri umani. C’erano però altri folletti che abitavano le miniere di ferro e questi erano i “Gobbetti” , vivevano sul versante apuano di Fornovolasco e voglia di lavorare a differenza dei loro colleghi della Tambura non ne avevano, il loro unico intento era fare danni e anche grossi. Se capitava qualche frana o se crollava qualche parete dentro alle miniera sicuramente la colpa era la loro, si sentivano infatti sghignazzare dal fondo della grotta. L’unica soluzione per farli desistere era mettere un crocefisso all’interno della miniera stessa. Queste grotte però, non erano solo e ad esclusivo uso di questi due tipologie di folletto. Abitante di questi anfratti era pure il “Pellistrello”, folletto talmente brutto che metteva paura anche agli altri esseri del “piccolo popolo”. Chi lo vide raccontò che egli era tutto nero con dei grossi baffi che spuntavano dalle narici, sempre avvolto in un mantello che nella notte gli permetteva di volare da una cima all’altra della montagna, la sua risata risuonava tenebrosa in tutta la valle.
D’altra parte, girando tutta la Garfagnana, se ci fermiamo nei paesi possiamo ancora sentire narrare di folletti di ogni specie e se per caso se in uno di questi giri per i borghi e montagne della valle capitassero delle improvvise nebbie o foschie, l’opera sicuramente è dello “Sputafumo”. L’essere, da qualche pertugio delle rocce sputava dalla sua bocca della nebbia, talmente fitta da far smarrire la strada al passante. Era un folletto inospitale, non gradiva gente dalle sue parti… Infine, l’ultimo, il folletto più inquietante, per il suo aspetto e per le sue azioni… Il “Bobolo”… una sorta di sibilla, di veggente, nonchè di giustiziere divino, dall’aspetto raccapricciante: un po’ uomo e un po’ bestia, con sei bocche ed un occhio solo. Viveva in una caverna sulle Apuane e chi per caso capitava davanti al suo anfratto la sua domanda era sempre la solita: “Sei colpevole o innocente?” Prima di ogni risposta il Bobolo capiva e scatenava nebbia fittissima e vento altrettanto forte che faceva sbattere in ogni dove e precipitare il povero passante in un burrone, trasformandolo poi in una pietra. Il terribile folletto a quanto pare, continuerà ad abitare in quella caverna, fino a che di li, non passerà una persona che non abbia mai commesso nessun peccato…
Non ci deve fare meraviglia che tutti questi esseri vivono proprio in Garfagnana. Nel corso dei secoli sono  numerosi i popoli che hanno stabilito qui i propri domini: gli Apuani, passando per i Romani, fino ad arrivare ai Franchi. Tutte queste comunità hanno contribuito ad alimentare le numerose leggende che sono arrivate poi ai nostri nonni. Proprio per questo la Garfagnana secondo il mito è una terra magica. Leggende e racconti sono parte integrante della valle e ancora oggi i suoi abitanti raccontano tutte le straordinarie vicende che coinvolgono “il piccolo popolo” e a noi non rimane altro che stare lì, buoni, in silenzio, ad ascoltare e tramandare…
Bibliografia:
“Liber de nymphis, sylphis, pygmaeis et salamandris” Paracelso 1566 (edizione tradotta)
“Racconti e tradizioni popolari della Alpi Apuane” di Paolo Fantozzi, edizioni Le Lettere, anno 2013
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aneddoticamagazinestuff · 4 years ago
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Non solo il Buffardello... Ecco gli altri folletti toscani che leggenda narra
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Non solo il Buffardello... Ecco gli altri folletti toscani che leggenda narra
Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus Von Hohenheim… Sembrerà strano, ma dietro a questa sequela di nomi stravaganti non c’è una pianta rara e nemmeno qualche specie insolita di animale straordinario. Nonostante la bizzarria di questi appellativi, che sembrano usciti da qualche studio scientifico, dietro di essi esiste una persona riconoscibile con un unica parola: Paracelso.
Paracelso fu una delle figure più rappresentative del Rinascimento: medico, alchimista e astrologo di fama conclamata e allora mi direte voi cosa c’entra cotanto studioso con il mondo immaginario dei folletti? Beh, per lui non era poi così tanto immaginario… Fu il primo che ne certificò la loro esistenza.
“Liber de nymphis, sylphis, pygmaeis et salamandris et de caeteris spiritibus“, 
Questo suo trattato (edito postumo nel 1566) è la Bibbia di coloro che credono che ninfe, gnomi e altri esseri sovrannaturali non siano solo frutto di tradizioni e leggende, d’altronde l’incipit del libro non lascia scampo ad altre interpretazioni:
“Mi propongo d’intrattenervi sulle quattro specie di esseri di natura spirituale, cioè ninfe, i pigmei, i silfi e le salamandre, a queste quattro specie, per la verità bisognerebbe aggiungere i giganti e parecchie altre. Questi esseri benchè abbiano apparenza umana, non discendono affatto da Adamo, hanno origine del tutto differente da quella degli uomini e degli animali”. 
Tali esseri, fra i quali i folletti, sempre secondo Paracelso, sarebbero legati ai quattro elementi: acqua, aria, terra e fuoco e occuperebbero una dimensione invisibile, spirituale, difficilmente penetrabile dall’uomo, si precisa poi che queste creature pur essendo molto simili all’essere umano per caratteristiche fisiche ed intelligenza, sarebbero prive dell’anima:
“Per essere uomini non manca loro che l’anima. E poichè gli manca l’anima, non pensano nè a servire Dio, nè a seguire i suoi comandamenti. Dunque non possono essere definiti nè buoni, nè cattivi, perchè non avrebbero coscienza del bene o del male. Tuttavia alcuni di loro sortirebbero effetti positivi sull’uomo, altri negativi, ma sembrerebbe praticamente impossibile evitare il contatto con queste entità”.
Tutti questi esseri, secondo le credenze celtiche (arrivate poi anche in Garfagnana da tempo immemore), farebbero parte del “piccolo popolo”, composto da folletti, fate, elfi, gnomi, tutti protagonisti delle meravigliose leggende garfagnine. Fra tutte queste creature, il personaggio principale delle narrazioni popolari della valle è il Buffardello,
il folletto garfagnino per eccellenza, di cui tanto abbiamo sentito parlare e raccontare. Un’entità dispettosa e scherzosa al limite del maligno che riversa le sue malefatte verso uomini e animali. La sua fama però ha oscurato tutta una serie di altri folletti della tradizione garfagnina e apuana. Si, perchè non è il solo gnometto sdegnoso presente nelle nostre terre, altri ancora, sconosciuti o dimenticati, appartengono proprio a quel “piccolo popolo”.Era infatti nei pressi di Casa Tontorone che il “Settescintille“ dava il meglio di sè, proprio sul fare del giorno, o meglio, quando era ancora buio e i pastori si apprestavano a portare i greggi al pascolo, appariva allora quel folletto sotto forma di stella luminosa a sette punte, pronto a spaventare il pastore e le povere pecore. Volteggiava, girava su se stesso per tutto il sentiero che portava al pascolo e poi improvvisamente s’inoltrava nei boschi creando ombre spaventose ed inquietanti, facendo assumere agli alberi forme spaventose. Alla fine dello “spettacolo” con tre balzi  scompariva dentro una buca del Monte Tambura. Non disdegnava nemmeno entrare dentro le stalle per mettere paura alle mucche: entrava e scompariva con un gran botto.
La caratteristica che rimane analoga in quasi tutti questi folletti garfagnini è l’arte di far dispetto e il “Pilloro“ in questo era uno dei maggiori artefici. Lui abitava, o meglio si mostrava nei villaggi che erano situati nei pressi delle Panie. Questo folletto aveva la capacità di sollevare potenti raffiche di vento, tanto forti da scompigliare tutto il fieno dei contadini, così come foglie, legna secca e perfino la cenere del camino. Ma le sue molestie non finivano li, quando non voleva far riposare il povero agricoltore dalle fatiche giornaliere, allora cominciava a far sbattere le persiane della camera da letto. Ma non agiva solamente nei pressi della case, difatti quando lo sventurato viandante passava per i boschi era  abitudine del Pilloro di tirargli ghiande, frasche e pigne. Chi l’ha visto può raccontare che il folletto porta un berretto appuntito, ornato da foglie e pigne secche. Esisterebbe anche un rimedio per allontanarlo, basterebbe un po’ di cenere del camino, conservata la notte di Natale e spargerla intorno casa… Non solo folletti dispettosi e molesti, ci sono anche quelli amorevoli e premurosi verso il prossimo è il caso dello “Zoccolletto“, un’essere ibrido metà gnomo e  metà satiro.
I cavatori delle Apuane dicevano che era impossibile da avvicinare, con le sue zampe muscolose di capra saltava da una roccia all’altra con una velocità impressionante e quando stava per approssimarsi un grosso temporale avvertiva i cavatori emettendo un’assordante fischio, cominciando poi anche a muovere pietre. Insomma, come avrete ormai capito di folletti garfagnini ne esistono di ogni specie, ognuno con il suo particolare carattere. Ci sono anche coloro che Dante avrebbe messo nel girone degli ignavi: pigri, indolenti e con poca voglia di fare. Ebbene si, stiamo parlando del “Parpaglione”. Il massimo della fatica che si concedeva era far ruzzolare qualche pietra contro l’ignaro passante. Sennò, abitualmente si sdraiava sulle pietre e sui massi a riposare, mimetizzandosi alla perfezione.
Ecco spiegato perchè tanto volte quelle rocce o quelle pietre che vediamo hanno sembianze umane è il piccolo Parpaglione che se ne sta li fermo, va a sapere da quanto tempo.Ci sono altrettanti folletti però che lavorano di gran lena, altro che sfaccendati come il Parpaglione… I “Martelletti” si danno un gran da fare e il loro nome è già tutto un programma. Loro lavoravano nella miniera di ferro abbandonata sulla Via Vandelli, poco prima del passo della Tambura. Se si origliava all’ingresso della miniera si udiva il battere dei martelli, erano questi folletti che non cercavano di certo il ferro, ma l’argento da sottrarre agli esseri umani. C’erano però altri folletti che abitavano le miniere di ferro e questi erano i “Gobbetti” , vivevano sul versante apuano di Fornovolasco e voglia di lavorare a differenza dei loro colleghi della Tambura non ne avevano, il loro unico intento era fare danni e anche grossi. Se capitava qualche frana o se crollava qualche parete dentro alle miniera sicuramente la colpa era la loro, si sentivano infatti sghignazzare dal fondo della grotta. L’unica soluzione per farli desistere era mettere un crocefisso all’interno della miniera stessa. Queste grotte però, non erano solo e ad esclusivo uso di questi due tipologie di folletto. Abitante di questi anfratti era pure il “Pellistrello”, folletto talmente brutto che metteva paura anche agli altri esseri del “piccolo popolo”. Chi lo vide raccontò che egli era tutto nero con dei grossi baffi che spuntavano dalle narici, sempre avvolto in un mantello che nella notte gli permetteva di volare da una cima all’altra della montagna, la sua risata risuonava tenebrosa in tutta la valle.
D’altra parte, girando tutta la Garfagnana, se ci fermiamo nei paesi possiamo ancora sentire narrare di folletti di ogni specie e se per caso se in uno di questi giri per i borghi e montagne della valle capitassero delle improvvise nebbie o foschie, l’opera sicuramente è dello “Sputafumo”. L’essere, da qualche pertugio delle rocce sputava dalla sua bocca della nebbia, talmente fitta da far smarrire la strada al passante. Era un folletto inospitale, non gradiva gente dalle sue parti… Infine, l’ultimo, il folletto più inquietante, per il suo aspetto e per le sue azioni… Il “Bobolo”… una sorta di sibilla, di veggente, nonchè di giustiziere divino, dall’aspetto raccapricciante: un po’ uomo e un po’ bestia, con sei bocche ed un occhio solo. Viveva in una caverna sulle Apuane e chi per caso capitava davanti al suo anfratto la sua domanda era sempre la solita: “Sei colpevole o innocente?” Prima di ogni risposta il Bobolo capiva e scatenava nebbia fittissima e vento altrettanto forte che faceva sbattere in ogni dove e precipitare il povero passante in un burrone, trasformandolo poi in una pietra. Il terribile folletto a quanto pare, continuerà ad abitare in quella caverna, fino a che di li, non passerà una persona che non abbia mai commesso nessun peccato…
Non ci deve fare meraviglia che tutti questi esseri vivono proprio in Garfagnana. Nel corso dei secoli sono  numerosi i popoli che hanno stabilito qui i propri domini: gli Apuani, passando per i Romani, fino ad arrivare ai Franchi. Tutte queste comunità hanno contribuito ad alimentare le numerose leggende che sono arrivate poi ai nostri nonni. Proprio per questo la Garfagnana secondo il mito è una terra magica. Leggende e racconti sono parte integrante della valle e ancora oggi i suoi abitanti raccontano tutte le straordinarie vicende che coinvolgono “il piccolo popolo” e a noi non rimane altro che stare lì, buoni, in silenzio, ad ascoltare e tramandare…
Bibliografia:
“Liber de nymphis, sylphis, pygmaeis et salamandris” Paracelso 1566 (edizione tradotta)
“Racconti e tradizioni popolari della Alpi Apuane” di Paolo Fantozzi, edizioni Le Lettere, anno 2013
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enricocassi · 7 years ago
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Dopo il successo della prime due edizioni, ​siamo a presentare la terza edizione di Roero Mon Amour, ospitato nel parco romantico del ​Castello di Monticello d’Alba​.
Raggae Night
Dalle ore 18.30 alle ore 24.00
Street food con Proloco di Monticello d’Alba.
Ore 18.30
Dj Set.
Ore 21.30
Mechele Pachelo, Paolo Angelo Parpaglione, Bunna, Gianluca Cato Senatore LIVE-Dj Set​,​ una notte suonata e mixata tutta da ballare.
Cena speciale
All’interno dell’ampio programma dell’evento, sarà possibile prenotare una cena con menu appositamente creato per l’occasione.
Oltre a degustare le tipicità, potremo degustare i vini dei produttori locali.
Menù: la carne e le sue sfumature
Cruda in due versioni
Insalata di testina fredda
Ravioli del plin ai 3 arrosti col ragù di salsiccia di Bra
Guanciale all’arneis con patate al forno
Millefoglie alle fragole
Il menu verrà abbinato a Roero arneis Docg 2016 dell’Azienda Agricola Isnardi e Roero Docg Monfriggio 2012 dell’Azienda Agricola Chiesa Carlo.
Informazioni
​Il programma della manifestazione prevede il consueto mix di: cultura, con le visite al magnifico castello dei Conti Roero e l’arena concerti immersa nella storia del nostro territorio.
Si potrà addirittura diventare CastelAngels, giocando a scoprire segreti e leggende dell’antico maniero.
Non mancherà la musica con i concerti serali, l’artigianato con il mercatino selezionato giunto alla terza edizione e l’enogastronomia, con lo street food delle Proloco ed i vini di “Cinroero, un assaggio di futuro”.
L’organizzazione è curata da: Caffè Boglione di Bra, Feel Good Productions,​ Hiroshima Mon Amour,​ Comune e ​ Proloco di Monticello d’Alba​, Wine More Time.​
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