#pane danese
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デニッシュショクパン
デニッシュ食パンは、甘くて風味豊かなパンで、デンマークの伝統的なペストリーにルーツがあります。それは、バター、卵、牛乳をたっぷり使った豊かな生地で作られています。その独特の風味と食感で知られています。生地は、層状に折り重なったバターと生地の薄い層から成り、焼成中に軽くてふわふわした質感を生み出します。このパンは通常、上面に砂糖とクランブルがト��ピングされています。
手抜きイラスト集
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Hygge
Hygge è un sostantivo danese e norvegese impiegato per definire un sentimento, un'atmosfera sociale, un'azione correlata al senso di comodità, sicurezza, accoglienza e familiarità. Esprime un concetto analogo a quello della parola svedese mys e della parola tedesca Gemütlichkeit.
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Il concetto di hygge non ha come fine la ricerca di una felicità momentanea, bensì di una felicità quotidiana, che contribuisce a generare un senso di appagamento di lungo periodo equiparabile al nostro concetto di "benessere, essere in armonia con il proprio tempo e il proprio ambiente. Ricerca di una pace e di un equilibrio da condividere socialmente"
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Secondo un sondaggio dell'Unione europea, i cittadini danesi sono i più felici del mondo, visto che passano più tempo con la famiglia e con gli amici e si sentono più rilassati degli altri.
Per essere hyggelig (aggettivo derivato da hygge) bisogna concentrarsi sulle cose semplici che fanno stare bene, ricreando un ambiente accogliente dove godere a pieno dei piaceri quotidiani che la vita offre.
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Attività tipicamente hyggelige (plurale di hyggelig) sono per esempio: esprimersi liberamente, allontanarsi dagli impegni della vita quotidiana, condividere il cibo preparando torte, biscotti, pane per ospiti e vicini. Ma anche accendere candele, cucinare, chiacchierare tranquillamente davanti ad un camino acceso.
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Tre condizioni hanno favorito la nascita e la diffusione dell'hygge.
Il clima particolarmente ostile dei Paesi nordici, con estati di breve durata e ricche di luce che contrastano con gli inverni lunghi e bui, ha fatto crescere nei danesi la necessità di ricercare calore e comodità per lo più nelle proprie abitazioni, concedendosi del tempo da trascorrere con la famiglia, gli amici e per sé stessi.
Dopo la dichiarazione di indipendenza, la Danimarca si ritrova ad essere una distesa pianeggiante, ed il popolo, una piccola comunità. Una comunità coesa e determinata "Ciò che è perso all’esterno, verrà conquistato all’interno", in questo modo è cresciuto il senso di aggregazione e di comunità che sono i principi fondamentali dell’hygge e del popolo danese.
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Una società basata sull'uguaglianza, tra le più egualitarie, con un servizio sanitario, scolastico e fiscale.
In Danimarca le tasse sono molto alte proprio perchè è diffusa la consapevolezza che in tal modo sarà possibile prendersi cura degli individui più fragili, come i bambini, gli anziani, i malati. Le tasse sono lo strumento concreto di una comunità per dar riparo e conforto ad ogni tipo di fragilità che può incontrare un individuo nel corso della propria vita.
Le imposte e un sistema fiscale equo e unanimamente accettato e condiviso, divengono così il mezzo per creare una "rete di supporto, di sostegno e d'accoglienza". Un modo per far sentire alla comunità e al singolo che anche lo Stato si prende cura del "tuo benessere personale".
Nasce così uno dei sistemi statuali tra i migliori al mondo. In una società del genere, in cui i bisogni primari vengono soddisfatti, c'è più tempo e propensione a dedicarsi all'esplorazione sociale, creativa e personale.
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Gli elementi di hygge.
1) Luce
La luce è un elemento fondamentale per chi vive nei paesi scandinavi, per via del clima che in inverno costringe a godere della luce artificiale anche in pieno giorno.
La luce è un elemento essenziale per creare un'atmosfera hyggelig, come fondamentale è anche la scelta del tipo di illuminazione, che deve essere calda, nelle sfumature del giallo e dell'arancio, è preferibile tenere accese delle lampade a pavimento, rispetto ai lampadari a soffitto, poiché aiutano a creare un'atmosfera più intima e raccolta. Anche la luce soffusa ricreata dalle candele e dalle fiamme del camino sono in pieno stile hygge.
Osservare la fiamma della candela equivale a un vero e proprio esercizio di meditazione, che arresta il flusso dei pensieri e conduce a uno stato di calma.
L'85% dei danesi afferma che per creare un'atmosfera hyggelig bisogna usare le candele; il 28 % dei danesi le accende ogni giorno, il 23% 4-6 volte alla settimana, il 23% 1-3 volte alla settimana, mentre solo il 4% non accende mai candele. Inoltre, il 31% dei danesi accende più di cinque candele in contemporanea.
Il 4 maggio, giornata in cui ricorre l'anniversario della resa della Danimarca in seguito all'occupazione delle forze tedesche, viene celebrata la festa della luce, durante la quale vengono accese 30.000 candele in tutto il paese.
2) Stare insieme
Passare il tempo con gli amici e con la famiglia in un'atmosfera simpatica e rilassante, in cui tutti sono uguali e nessuno ha bisogno di essere al centro dell'attenzione, descrive un altro punto fondamentale di una situazione di hygge: lo stare insieme.
Quando ci si riunisce è fondamentale creare un'atmosfera informale: gli ospiti devono sentirsi a proprio agio, accolti in un'atmosfera conviviale in cui tutti si sentono liberi di esprimersi e di essere sé stessi. In questo modo è possibile instaurare rapporti autentici che generano senso di appartenenza.
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3) Cibo e bevande
Lo stare insieme si associa al mangiare e al bere e alla convivialità. Secondo le regole di hygge, non si deve rinunciare alle cose buone da mangiare, anche se sono poco sane. Allora, tra i prodotti più consumati ci sono: carne, caffè, dolci, cioccolato. Molto hygge è anche il cucinare insieme tra amici e l'odore delle torte fatta in casa. Tra le bevande adatte a tale atmosfera ci sono il tè, la cioccolata, o il vin brulé (gløgg), ma quella considerata più hygge è il caffè.
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Esistono anche dieci cose che fanno la casa più hyggeligt:
- Hyggekrog - è un posto della casa, di solito nel salotto, dove si può sedere tra i cuscini con una coperta;
- caminetto;
- candele;
- oggetti in legno;
- piante;
- libri;
- oggetti in ceramica;
- rivestimenti di diversa fattura;
- arredamento vintage;
- cuscini e coperte
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Le dieci parole chiave:
Atmosfera - abbassare le luci, accendere una candela, luce calda
Presenza - essere qui e ora, spegnere i telefoni.
Piacere - concedersi caffè, cioccolato, biscotti, torta.
Eguaglianza - il "noi" deve vincere sul "me".
Gratitudine - accogliere quel che c'è.
Armonia - non c'è competizione.
Tregua - non drammatizzare; si parlerà di politica un altro giorno.
Spirito di solidarietà - condividere racconti e ricordi.
Comfort - mettiti a tuo agio, prendi una pausa, rilassarsi è tutto.
Rifugio - un posto di pace e sicurezza.
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oggi vi presento un poeta danese poco conosciuto in Italia: Sten Kaalø.
“Ogni tanto noi uomini siamo proprio tranquilli
stiamo seduti davanti alla tivù una lunga sera di sabato
compriamo pane e salsicce al giardino zoologico
ci diciamo l’un l’altro delle cose che in fondo son del nulla assoluto […]”
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Ogni tanto noi uomini siamo proprio tranquilli di Sten Kaalø
Steen Kaalø attore e poeta danese (1945) Ogni tanto noi uomini siamo proprio tranquillistiamo seduti davanti alla tivù una lunga sera di sabatocompriamo pane e salsicce al giardino zoologicoci diciamo l’un l’altro cose che in fondo son del nulla assolutocompriamo una sedia ordinaria e la piazziamo in soggiornosmettiamo di fumarericominciamo di nuovoci spogliamo e ci mettiamo a lettoci portiamo…
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Per una cucina minimalista
Vedi The Faux Martha
Pare che in cucina bastino in tutto cinque pentole: la classica pentola di ghisa danese ideale per il brodo e tutte le cotture lente (ma anche per cuocere il pane in forno); la padella di ferro per saltare le verdure, cuocere hamburger o frittelle; una casseruola in acciaio inox (magari un paio, visto che siamo in Italia e cuciniamo la pasta: una piccola e una grande); una padella antiaderente per le uova strapazzate; una padella sauté, con i bordi più alti (che però può essere facilmente sostituita dalla stessa pentola di ghisa danese o dal wok).
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E se Niccolò Stenone avesse visto l’Eucaristia così come viene distribuita oggi?
di Corrado Gnerre
Cari pellegrini, forse non conoscete chi sia san Nicolò Stenone. Ve lo diciamo subito. Nacque a Copenaghen, in Danimarca, nel 1636. Crebbe ovviamente protestante. Il suo nome in danese era Niels Steinsen, italianizzato Nicolò Stenone.
Fu un grande e al suo tempo già famosissimo scienziato. Soprattutto un anatomista. Molti altolocati ambienti europei ricercavano la sua sapienza medica.
Ebbene questo illustre protestante, oggi lo definiremmo “intellettuale protestante”, decise di convertirsi al Cattolicesimo. Non solo, studiò per farsi ordinare sacerdote e divenne perfino vescovo.
Fin qui qualcuno potrebbe dire: di storie come queste, seppur edificanti, ce ne sono tante. E’ vero. Il Cattolicesimo, grazie a Dio, ne annovera molte. Ma è l’occasione che suscitò la conversione dello scienziato danese che è interessante ricordarla in questi giorni.
Stenone si trovava a Livorno, in quanto, insieme ad altri illustri scienziati, frequentava in quel periodo la corte del Granduca di Toscana, Ferdinando II de’ Medici. Correva l’anno 1666, il giorno era il 24 giugno. Egli si trovò ad osservare la processione del Corpus Domini. Processione come quelle di un tempo, dove l’estremo fasto rispondeva alla grande fede di allora.
Ebbene, una tale scena portò l’illustre scienziato a porsi un interrogativo: “O quell’Ostia è un semplice pezzo di pane, e pazzi sono coloro che le fanno tanti ossequi; o in essa vi è il vero Corpo di Cristo, e allora perché non l’onoro anch’io?”
Dunque, lo scienziato fu colpito da un paradosso che gli sembrava folle: come è possibile che un misero pezzo di pane (acqua e farina) possa essere così solennizzato? O sono in un manicomio -pensò- e mi trovo in mezzo ai pazzi, o sono io che sto su una cattiva strada, e non riesco a capire.
Fu questo paradosso, fu questa stranezza che gli si palesava come assurdità, a richiamarlo a confrontarsi con una verità in cui quei presenti credevano.
Fu quella manifestazione sacrale, non terrena, misteriosissima e sublime, ad inserirgli un dubbio, in questo caso un “santo dubbio”.
Se Stenone vivesse oggi e vedesse quanto è banalizzato il Santissimo Sacramento, che direbbe? E soprattutto che risoluzione avrebbe? Si farebbe cattolico? O rimarrebbe convinto del suo protestantesimo?
Oggi il Santissimo lo si riceve come facendo la fila alla posta o come per andare a timbrare il cartellino: altro che paradosso, altro che mistero, altro che mistero!
E chissà quanti “Stenone” dei nostri tempi rimangono tali senza cambiare la loro vita.
L’uomo per credere ha bisogno anche di vedere, perché l’uomo è anche carne. E pertanto deve anche vedere quanta riverenza, quanto sacro si offre a ciò che per cui vale la pena vivere e morire.
Ma se ci si dimentica di questa riverenza e di questo sacro, allora nessun uomo davvero intelligente (perché si tratta d’intelligenza) può capire davvero.
Quella processione del Corpus Domini del lontano 1666, con quella riverenza, e con quella sublime sacralità, fecero sì che la Chiesa e il mondo potessero annoverare un santo in più ed un eretico in meno.
Oggi, invece, con la banalizzazione in atto nelle cose sacre, purtroppo ci ritroviamo tanti santi in meno… e tanti eretici in più.
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Io e i miei genitori siamo molto picky sul cibo e ci piace mangiare bene. Anzi, più che altro LORO e mia sorella sono particolari sul cibo, io se potessi mangerei sempre hamburger e patatine! Non vi nascondo però che anche a me piace mangiare bene e quindi qua sotto vi nomino alcuni dei posti in cui sono stata a mangiare che vale la pena di provare. Sono divisi solo in “dinner” e “breakfast” perchè la maggior parte dei “lunch” la abbiamo consumata in hotel o non la abbiamo proprio considerata.
DINNER
Al primo posto in assoluto, per palati raffinati che amano il pesce e per tasche piene, c’è Milo’s, un ristorante greco in cui si mangia pesce cotto alla griglia o in crosta di sale, spaghetti con l’aragosta e tanti piatti squisiti. Uno che vi consiglio è il Milo’s special, un piatto a base di zucchine e melanzane fritte servite con del formaggio spalmabile greco. Una prelibatezza. Ovviamente però c’è una pecca: il personale, troppo assillante. Non era possibile avere una conversazione che si veniva subito interrotti da un cameriere che voleva versare l’acqua o da uno che chiedeva se andava tutto bene. Che poi, io dico, se ho divorato il piatto secondo te c’è qualcosa che non va? Al secondo posto abbiamo ovviamente un ristorante italiano. Cara Italia non ti smentisci mai! Salumeria 104 è un ristorante gestito da italiani che cucina delle paste spettacolari, con prodotti originali della madrepatria. Vi consiglio di prendere un tagliere di tre prosciutti. Saranno tagliati al momento e serviti con pane e olio. Oppure una delle loro paste del giorno o i tagliolini al tartufo.Un paradiso per il palato. Al terzo posto della mia classifica abbiamo un altro ristorante greco, Mandolin. Consigliato anche da Clio Make Up, il ristorante è avvolto in una atmosfera calda che fa sentire quasi a casa. Si mangia sotto degli enormi alberi illuminati da lucine e con un sottofondo di voci, forse un po’ troppo alte. Fatevi dire dai camerieri quali sono i piatti del giorno, di solito sono i migliori!
BREAKFAST
Per gli amanti della colazione all’italiana c’è Rosetta, una piccola pasticceria gestita da italiani che propone tortine alla mela e ai frutti di bosco, brioche, donuts ripieni e anche diversi panini salati. Tutto fatto in casa. Servono anche delle spremute d’arancia fatte al momento e caffè all’italiana. Si trova sulla Collins Ave a Miami Beach e vale la pena di essere provato. Per i salutisti abbiamo invece Joe and the Juice, una catena danese che propone smoothies, frullati e acai bowl. Molto buone e molto carino il posto, anche se manca un po’ la cura dei dettagli. Per coloro che invece non amano fare colazione ma a cui piace comunque bere un caffè o un succo consiglio il 1 hotel. E’ l’hotel più grosso di Miami Beach ed è il più ecologico, ecosotenibile e quello che si cura anche dell’alimentazione dei suoi clienti. All’interno c’è un piccolo bar che propone torte, brioches, frutta e granola ma anche estratti di frutta e latte di mandorla, oltre ad american coffe e the. Una valida alternativa a Starbucks. Infine, per quelli come me che amano mangiare e a cui non importa delle calorie quando si è in vacanza consiglio News Cafè, situato sull’Ocean Drive a Miami Beach, propone colazione sia in stile continentale con yogurt, frutta, brioche e torte, sia in stile americano con pancakes french toast, uova e bacon. Io ho preso un “iced cappuccino” e dei “french toast” e devo dire che erano squisiti. Porzioni un po’ esagerate ma si sa, è America.
french toast from News Cafe
Rosetta
fish and chips
Almond milk from 1 hotel
Salumeria 104
Where to eat? Miami edition Io e i miei genitori siamo molto picky sul cibo e ci piace mangiare bene. Anzi, più che altro LORO e mia sorella sono particolari sul cibo, io se potessi mangerei sempre hamburger e patatine!
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La Danimarca è un complesso di oltre 400 isole, di cui oltre 300 disabitate. I danesi sono 5,5 milioni: 1,5 milioni di loro vive nell'area metropolitana di Copenhagen, 560mila danesi vivono nel centro della capitale. In Danimarca non ci sono montagne. È tutto piatto, verde, blu e grigio. I danesi pagano molte più tasse di noi: dal 38 al 63%. La percentuale di tasse da pagare varia in base allo stipendio percepito, al numero di figli, alle proprietà immobiliari, ecc. Tutti i beni sono tassati al 25%, dal latte all'abbigliamento. Quando compri una bottiglietta di acqua paghi sia l'acqua che la bottiglietta di plastica, quindi se riporti al supermercato la bottiglia vuota ti ridanno quanto dovuto. Con 3 bottigliette di acqua da 500 ml ricevi indietro 1€. Il 40% dei danesi possiede un'auto; in Italia il 120% degli italiani ne ha una. In Danimarca non c'è la Fiat e il governo scoraggia l'acquisto e l'uso delle automobili facendole pagare il doppio di quanto costino in Italia. Il 45% dei danesi va al lavoro in bicicletta. Ogni strada ha una corsia riservata ai ciclisti. Le piste ciclabili hanno i semafori. Ho impiegato quasi tre giorni a capire come i ciclisti danesi attraversino gli incroci senza morire sotto un autobus. In Danimarca nascono molti bambini, la maggior parte dei quali viene al mondo tra giugno e settembre: questi bambini vengono chiamati “figli del piumino”, perché concepiti nei primi mesi della stagione fredda. Lo stato contribuisce al mantenimento dei figli con un assegno familiare trimestrale fino al 18esimo anno di età di ogni bambino. Se sei una ragazza madre l'assegno familiare triplica. Non esistono i nonni a cui smollare i pargoli: chi fa i figli se li guarda. Asili nido e scuole materne costano circa 500€ al mese. I bambini iniziano la scuola a 7 anni e nessuno ha intenzione di anticiparne l'inizio. La scuola dura 9 anni ed è totalmente gratuita. I libri non devono essere acquistati perché la scuola li presta agli studenti, i quali si impegnano a restituirli nelle condizioni in cui li hanno avuti. La scuola fornisce anche quaderni e penne. Le famiglie devono alla scuola un contributo annuale di 15€: servono per acquistare le caramelle che vengono distribuite nei giorni dei compleanni. A scuola si studiano anche falegnameria, educazione domestica, francese e tedesco. I bambini hanno 6 settimane di vacanze estive, una settimana a fine ottobre, due settimane a natale, una settimana a febbraio, 10 giorni a Pasqua. Alla fine del percorso scolastico i ragazzi ottengono un diploma e un voto finale. Più il voto è alto, più è alta la possibilità di accedere alle facoltà con meno posti disponibili. Le università sono a numero chiuso: quando servono più ingegneri si abbassa il voto minimo per entrare nella facoltà, quando servono meno ingegneri si alza il voto minimo. Non esistono test d'ingresso. Le università sono gratuite. Per tutti, non solo per i danesi. Non esistono università private. I corsi sono in lingua inglese. Ogni iscritto all'università riceve dallo stato un piccolo stipendio di 750€ al mese. Riceva la metà dei soldi se vive ancora a casa dei genitori. Lo stato stipendia anche gli studenti stranieri, a patto che loro, oltre al loro lavoro di studenti, abbiano un secondo lavoro di almeno 10 ore a settimana. I 100 studenti migliori di Copenhagen, non necessariamente danesi, vivono gratuitamente nella casa dello studente, una struttura meravigliosa nel centro della città, dove hanno vissuto anche Andersen e Kierkegaard. Nessuno vive a casa dei propri genitori superati i 22 anni. Dopo la laurea si trova lavoro. Se non lavori è perché non vuoi. Chi ha un progetto di ricerca lo può comunicare all'università e l'università stessa finanzierà il progetto, se interessante. Nonostante gli studi universitari siano gratuiti, sono relativamente pochi i danesi che frequentano l'università. Tutti i percorsi professionali necessitano di formazione. Per fare lo spazzino si studiano 3 anni. Per fare il muratore 5. Il muratore guadagna bene quasi come l'avvocato, ma sa fare molte più cose di lui. Il parlamentare guadagna come l'insegnante. Il politico fa il politico per passione. Una cassiera del supermercato guadagna 3000€ al mese. Il tasso di disoccupazione è del 4%. Il 75% delle donne lavora. La settimana lavorativa è di 37 ore e l'orario quanto più flessibile possibile. Chi lavora in ufficio solitamente inizia il weekend il venerdì alle 14. In Danimarca si inizia a lavorare a 13 anni. A quell'età si lavorano circa 4 ore a settimana, si dispone di un proprio conto bancario e di un bancomat e ovviamente si pagano le tasse. A 18-20 anni si va fuori di casa. A 26-28 anni ci si sposa e si mette su famiglia. La sanità è gratuita. Il medico di base è gratuito. E sono gratuite le visite specialistiche. Il dentista è gratuito per tutti gli under 18; anche l'apparecchio ortodontico è gratis. Non esiste ticket. Gli anziani non pesano sulle loro famiglie. Lo stato provvede a loro. Chi è ancora abbastanza autonomo e vive nella propria casa riceve la visita giornaliera o settimanale di un'infermiera specializzata e di un'assistente che provvede alla consegna della spesa. Chi non è autonomo può usufruire delle case di riposo, molto sfruttate. Non c'è una retta da pagare: lo stato intasca la pensione dell'ospite, che sia alta o bassa. Nessuno è troppo povero da non potersi permettere la casa di riposo. Le badanti non esistono. Nemmeno i cimiteri esistono. I defunti vengono cremati e le ceneri vengono sepolte in parchi e giardini. Raramente i danesi lasciano grandi eredità ai figli: le eredità fanno solo litigare. Sono molti quelli che, raggiunta la pensione, spendono in viaggi quello che hanno. I danesi viaggiano infatti moltissimo. Amano viaggiare e lo fanno in media 4 volte all'anno. Un'altra cosa che i danesi amano fare è andare a teatro e leggere. Leggono moltissimo e, dal momento che i libri costano molto, spesso li prendono in prestito. Ogni quartiere ha la sua biblioteca. Quasi tutto quello che passa in TV è in inglese con i sottotitoli in danese. Così come al cinema. I danesi sono pochi e costerebbe troppo dover doppiare tutto in una lingua che parlano solo 5 milioni di persone. Tutti sono bilingue. In 4 giorni ho incontrato solo due mendicanti, e anche loro parlavano inglese. La religione di stato è il protestantesimo, ma solo il 2% della popolazione è praticante. I pastori sono stipendiati dallo stato e le chiese sono mantenute dallo stato. Non esistono offerte. Le chiese non vengono usate solo per le messe, ma ospitano concerti, incontri e lezioni di canto. Le chiese che non vengono utilizzate a sufficienza vengono chiuse. La maggior parte dei pastori protestanti danesi è donna: i pastori possono sposarsi, fare figli, divorziare, fare sesso al di fuori del matrimonio. La Danimarca è una monarchia e la regina Margherita è molto amata dal suo popolo, forse anche perché mantenerla costa davvero pochissimo. 5,5 milioni di euro all'anno per mantenere lei e tutti gli interni delle sue residenze. Praticamente 1 € all'anno per ogni cittadino del paese. Oltre a essere regina, è anche il capo religioso di stato. La papessa, per intenderci. Nei tribunali non c'è scritto che la legge è uguale per tutti; c'è scritto: è sulla legge che si costruisce uno stato. Non esiste criminalità organizzata. Il clima non è un granché ma nemmeno troppo terribile. La temperatura più alta raggiunta in questa estate è di 25 gradi. In inverno la temperatura media è di 1 grado sotto lo zero, ma l'escursione termica tra giorno e notte è minima. In inverno le ore di luce sono 7. Le case sono piene di candele per illuminare un po’ le giornate. La depressione di molti danesi è causata dalla mancanza di luce. I negozi sono aperti 7 giorni a settimana, dalle 10 alle 18. In famiglia si cena alle 18 e alle 19 i bambini sono già a letto. Il cibo è abbastanza terribile. Il piatto tipico è lo smorrebrod. Già il nome non invoglia. È una fetta di pane di segale imburrata e guarnita con ingredienti locali e salse. Tipo salmone e maionese. O gamberi e maionese. O maionese e altra maionese. O cetrioli. E capperi. Molti cetrioli e capperi. Le pasticcerie non hanno idea di cosa siano i dolci buoni. Mangiare al ristorante è un lusso, così come fare colazione al bar. La moneta locale, la corona danese, è in grado di far sentire poverissimo qualsiasi europeo spenditore di euro. Ecco che una colazione costa 10€ e una cena mai meno di 30. La capitale non ha un grande patrimonio artistico o storico. La città è stata incendiata più e più volte e tutto è stato ricostruito più o meno negli ultimi 150 anni. È tutto molto poco interessante se paragonato a ciò che c'è in Italia, eppure tutto sembra interessante, e non è interessante sapere che i vecchi alloggi dei marinai sono stati costruiti nel tal anno, ma diventa interessante vederli utilizzati ancora oggi, ristrutturati e destinati a usi contemporanei. Ed ecco che le vecchie caserme diventano zone residenziali affascinanti e vecchie navi diventano musei. Ecco che una vecchia zona di caserme militari è stata concessa agli hippy di Christiania, pur di trovare una seconda vita. Poco fuori dalla città c'è una costruzione alta 87 metri. È nuova, scintillante e moderna. Molto bella. Ha la forma di una montagna. È l'inceneritore cittadino e presto diventerà la prima montagna di Copenhagen. Copriranno l'inceneritore di neve e i danesi potranno sciare giù per una montagna senza uscire dal loro paese. Non sarà come essere sulle Alpi, o in Norvegia, ma loro saranno molto fieri di poter sciare sul loro inceneritore di ultima generazione.
Sono riuscita a tirare un piccolo sospiro di sollievo solo poco prima di tornare in Italia, quando ho visto un danese in bicicletta passare con il semaforo rosso e rischiare di investire un pedone. Ho passato in questo paese 4 giorni irritanti. È tutto così funzionale e funzionante che non può che essere irritante essere un italiano in Danimarca. Ho dovuto persino chiedere rassicurazioni alla mia guida italo-danese per allontanare il pensiero di essere finita in una piccola Utopia: mi sono ripresa solo quando mi ha confessato che in Danimarca ci sono le zanzare, piccole, ma ci sono. Quindi no, niente Utopia. Sono tornata a casa. Ho mangiato le tagliatelle al ragù, una pesca cresciuta al sole italiano, mi sono fatta il bidet. L'irritazione, però, è ancora lì.
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•👄 Ka’nalu Paddleboard & Beachcafé @kanalu.ishoj Un beach café vegano a ✌️passi dal mare. 🍓🌸☀️⛱️ La scelta dal menù è ricaduta sul "smørrebrød": un panino tradizionale danese. Si tratta di una fetta di pane di segale imburrata e farcita, da mangiare assolutamente con forchetta e un coltello. Noi abbiamo scelto quella con cheddar e prosciutto e con il salmone, entrambi con salsine e germogli. Poi superfood milkshake ai frutti rossi, acqua profumata detox, tutto molto organic 😂 per sentirsi meno in colpa dopo. Infine cheesecake e meringata. Occhio alle api 🐝🎂 •👄 www.Kanalu.dk https://www.facebook.com/kanalucopenhagen/ • • • #designme #minuzzerie #tipsminuzforminuz #travel #traveldesignme @traveltherapists #ishøj #ishøjbeach #ishøjstrand #seascape #balticsea #danishweather #outdoorphotography #beach #beachlife #beachtime #strand #foodphotography #food #healthyfood #happyfood #foodtherapy #madewithlove #foodporn #foodlover #foodstagram #yummy #smørrebrød #avocado #salmon #cheddar (presso Kanalu) https://www.instagram.com/p/CE6ft5zs-rS/?igshid=1np7du31zvvre
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l grillo disse un giorno alla formica
"Il pane per l'inverno tu ce l'hai
Perché protesti sempre per il vino?
Aspetta la vendemmia e ce l'avrai".... continua
Non credo che Orietta Berti sappia che all’Isola d’Elba ha oltre 30.000 fans.
Tutti appasionati della sua musica e delle sue canzoni, una in particolare.
La principale compagnia di navigazione che collega l’Isola d’Elba al continente non “naviga” in buona acque.
Almeno secondo quanto scrivono giornali nazionali.
Quale per esempio il Fatto Quotidiano.
Il 30 ottobre scorso Francesco Sanna scriveva che ”….. serve tornare all’8 ottobre scorso, quando il tribunale di Milano tratteggiò il quadro di una “crisi evidente” del gruppo Onorato, pur rigettando l’istanza di fallimento avanzata da tre fondi detentori dell’obbligazione Moby da 300 milioni allarmati dall’operazione danese. Oberato da un indebitamento lordo di 712 milioni e nei primi mesi del 2020 obbligato a restituire altri 50 milioni ad Unicredit e alle altre banche creditrici, il gruppo vede infatti il valore del suo bond fermo ad un terzo – a circa tre anni dal rimborso finale – ed è in attesa di capire se e quando lo Stato deciderà di prorogare la convenzione da 72 milioni l’anno per la continuità territoriale assicurata dalla ex società pubblica Tirrenia, compagnia quest’ultima nelle disponibilità di Onorato benché non abbia ancora saldato alle casse pubbliche i 180 milioni di euro ancora dovuti per il suo acquisto.”
Con questo articolo e con altri apparsi sulla stampa nazionale, ma non locale (elbana o piombinese) si delinea un futuro non propriamente roseo per il collegamento marittimo da e per la nostra isola.
Ma perche’ nessuno ne parla? Nessuno ne scrive? Si scrive dell’aeroporto (prossima mia breve relazione su questo argomento) come se fosse la soluzione dei problemi, perche’ di problemi si tratta, legati al turismo.
Silenzio sul fronte del porto.
Eppure l’urlo dei sindacati genovesi e’ stato molto forte.
Come e’ molto forte, seocndo loro, la possibilita’ nelle prossime settimane di un ulteriore peggioramento della situazione.
Ma all’Elba tutto tace. E tutto va come al solito.
E qui entra in ballo Orietta Berti.
Il grillo disse un giorno alla formica
"Il pane per l'inverno tu ce l'hai
Perché protesti sempre per il vino?
Aspetta la vendemmia e ce l'avrai"
Mi sembra di sentire mio fratello
Che aveva un grattacielo nel Perù
Voleva arrivare fino in cielo e il grattacielo adesso non l'ha più.
E tu che vivi sempre sotto il sole
Tra file di ginestre e di lillà
Al tuo paese c'e' chi ti vuol bene
Perché sogni le donne di città?
Mi sembra di vedere mia sorella
Che aveva un fidanzato di Cantù
Voleva averne uno anche in Cina
E il fidanzato adesso non l'ha più
Fin che la barca va lasciala andare
Fin che la barca va tu non remare
Fin che la barca stai a guardare
Quando l'amore viene il campanello suonerà
Quando l'amore viene il campanello suonerà
All’Elba dicono…… Lasciamo andare la barca, non remiamo, guardiamola.
Quando il turista arrivera’ la campanella suonera’.
E se la campana suonera prima?
Capitan MARmotta
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Festa di San Giuseppe alle Isole Egadi
Ciao Viaggiatori Oggi voglio parlarvi di una delle feste più sentite alle isole Egadi, che si festeggia maggiormente a Favignana, Levanzo e Marettimo. Il 18, 19 e 20 marzo il Santo patrono di Marettimo, San Giuseppe viene festeggiato con canti, balli e processioni. Sono giorni molto sentiti dalla popolazione locale, ma che al tempo stesso attirano numerosissimi turisti da ogni parte del mondo. Un mix di cultura, religiosità e tradizione che affonda le sue radici in epoca passata. Piatti tipici, danze popolari e musica tradizionale, sono il contorno perfetto di 3 giorni di festa, capaci di mostrare le isole Egadi come on nessun giorno dell’anno. Ecco perché questa è l’occasione perfetta per visitarle e regalarsi un piccolo viaggetto, magari a bordo di una barca a noleggio di yachtmaster.it.
Festa di San Giuseppe alle Isole Egadi I 3 giorni di festa hanno inizio con la banda musicale che si esibisce lungo le vie del paese. Un rito molto importante che si svolge la prima sera è la Duminara. Nella piazza principale del paese vengono bruciati 3 fasci di legna che stanno a simboleggiare la Sacra Famiglia. In ogni casa vengono allestiti dei piccoli altari in onore di San Giuseppe, e vengono preparati i tipici panuzzi. Si tratta di forme di pane di piccole dimensioni da mettere sulla tavola imbandita in onore del Santo. Secondo la tradizione questi panuzzi hanno il potere di calmare il mare in tempesta, se li si getta per salvare dei marinai in pericolo.
Festa di San Giuseppe alle Isole Egadi Sempre durante la sera le famiglie aprono le porte delle loro case per far ammirare il propio altare ai visitatori. L’ultimo giorno, nella piazza principale, viene allestito un palco, sul quale è organizzato il tradizionale pranzo dei Santi. Qui ai presenti vengono offerti i dolci tipici isolani. A concludere la festa c’è la processione del Santo, la distribuzione dei panuzzi, i giochi e gli spettacoli di intrattenimento.
Cosa vedere alle isole Egadi
Le Egadi sono bellissime in ogni periodo dell’anno, ma in occasione della Festa di San Giuseppe sono avvolte da un’atmosfera unica nel suo genere. E’ l’occasione perfetta per partecipare alla manifestazione e scoprirle in tutta la loro bellezza. Se desiderate visitare una delle spiagge elette tra le migliori d’Europa, non potete non attraccare a Cala Rossa nell'isola di Favignana, in provincia di Trapani. L’isola di Favignana vanta un mare limpidissimo e delle spiagge bianchissime che d’estate si riempiono di turisti e visitatori provenienti da ogni parte del mondo. Al suo interno, Favignana è visitabile a piedi o in bicicletta, in quanto è davvero molto piccola.
Festa di San Giuseppe alle Isole Egadi A Favignana è d’obbligo visitare l’ex Stabilimento Florio, quello che molti considerano un gioiello di archeologia industriale. Si tratta di un ex fabbrica di tonno, oggi trasformata in uno splendido museo del mare. Oltre alla pesca, l’altra attività lavorativa degli abitanti di Favignana è sempre stata l’estrazione del tufo. Le cave oggi sono ancora visibili all’aria aperta, ma sono state riadattate a splendidi giardini, i così detti ‘giardini ipogei’. Un’altra attrazione imperdibile, sempre a Favignana è il castello di Santa Caterina, sulla sommità del monte omonimo.
Festa di San Giuseppe alle Isole Egadi A Levanzo, invece, non potete non visitare la grotta del Genovese, un luogo ricco di storia con più di trenta incisioni parietali��e un centinaio di dipinti. Levanzo è anche perfetta per gli amanti delle immersioni. A Cala Minnola e a Punta Alterella, tra i 27 e i 30 metri di profondità, c’è un relitto di epoca romana con anfore e altro vasellame di ceramica. Non potrete non fare una visita anche al castello di Marettimo, ubicato sulla vetta del promontorio di Punta Troia. Marettimo è anche perfetta per il diving e le escursioni di vario tipo e diverse difficoltà. Che sia per te e la tua famiglia, o che si tratti di una vacanza con gli amici, un viaggio alle Isole Egadi è sempre un buona idea.
Come e da dove partire: yachtmaster.it
Per raggiungere le isole Egadi in barca, in occasione della tradizionale Festa di San Giuseppe, i porti più vicini sono quelli di Trapani e Marsala. Per il periodo che va dal 18 al 20 marzo 2019 sono disponibili attualmente: 9 imbarcazioni in partenza dal porto di Marsala e 16 da quello di Trapani. Ad esempio da Trapani potrete partire a bordo di X-yacht X-482. Si tratta di uno sloop di 14,5 metri costruito nel prestigioso cantiere danese X-Yacht, in grado di durare nel tempo e affrontare ogni condizione di mare e di vento. E’ l’imbarcazione ideale per la navigazione off-shore, è molto veloce e ospita fino a otto passeggeri più comandante e marinaio. E’ dotata di due cabine triple, una cabina matrimoniale, due bagni, una cucina accessoriata. Rispecchia gli standard più alti in termini di comodità e accoglienza. Sempre da Trapani potrete partire a bordo di Dufour 460. Si tratta di un bareboat con 4 cabine, può ospitare un massimo di 10 persone a bordo. Dal porto di Marsala è invece possibile raggiungere le isole Egadi a bordo di Dufour 450 GL. Si tratta di un sail boat dotato di 4 cabine che può ospitare anch’esso un massimo di 10 passeggeri. La scelta è davvero vastissima e le Isole Egadi sono un luogo tutto da scoprire. Non mi resta che auguravi buon viaggio. Read the full article
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Alimentazione con cereali integrali: per rimanere in salute ad ogni pasto del giorno
Alimentazione con cereali integrali: per rimanere in salute ad ogni pasto del giorno
Quando gli adulti in sovrappeso si scambiano prodotti a base di cereali raffinati, come pane bianco e pasta, con varietà di cereali integrali, ne mangiano meno, perdono peso e la quantità di infiammazione nel corpo diminuisce. Questi sono alcuni dei risultati di un grande studio danese diretto dall’Istituto Nazionale per l’Alimentazione, Università Tecnica della Danimarca. Lo studio supporta la…
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Smørrebrød, piatto danese.
Smørrebrød, piatto danese.
Piatto tipico della cucina danese si prepara usando come base il rugbrød, un pane di segale dal sapore acido, si farcisce prevalentemente con pesce ma anche con salumi e verdure. In Danimarca l’ho potuto gustare in tantissimi modi, a me e alla mia famiglia è piaciuto molto.
Per questa ricetta ho usato il pastrami di salmone ricco di omega 3 , senza additivi o conservanti di Scandia un’azienda che ho conosciuto e mi ha proposto un assaggio dei loro prodotti, ho trovato il loro pastrami davvero buono, mi è piaciuto molto, vi lascio qui il link della loro pagina, se volete dare uno sguardo hanno molto prodotti di vario genere. Scandia sito
Ingredienti per lo Smørrebrød
Pane di segale a fette
Uno o due uova a persona
Due fette di pastrami di salmone Scandia
Limone
Qualche goccia di olio di semi di zucca
Zucca cotta alla piastra e poi schiacciata con la forchetta
Sale qb
Cipolla cruda , qualche fettina
qualche rametto di rosmarino
Procedimento
Cuocere le uova in una padella antiaderente con poco olio
Tagliare la zucca a fettine sottili, cuocerla in una piastra molto calda, schiacciarla con l’aiuto di una forchetta
Tagliare a fettine sottile la cipolla
Assemblare tutto su un piatto da portata, sistemare le fette di pane, sopra la zucca schiacciata, l’uovo piegato a portafoglio, il salmone, cipolla, rosmarino se vi piace, condire con qualche goccia di olio di semi di zucca, e spremere su ogni fetta del succo di limone, salare e servire.
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[La base di uno Smørrebrød] Alla base di un buon Smørrebrød c'è il pane che va accompagnato dal burro, sempre!! Il pane alla segale è il classico pane che ci possa essere, ma questo panino aperto danese si adatta a tante tipologie diverse. Oggi, ne ho preparato uno con un mix di farine ai 5 cereali con semi ... sarà per quello che non è gonfiato tanto sopra? Boh! Comunque, il pane ai 5 cereali penso sia perfetto per un'idea nata ciacolando con @lennesimoblog ... attendiamo gli sviluppi #smørrebrød #danishsandwich #openfacedsandwich #sandwich #smørrebrødchepassione #paninoaperto #nordicbread #danishbread #panefattoincasa #paneaicinquecereali #pane5cereali #farineintegrali #farinaintegrale #dinodelcorso #pranzoacasa #panecasalingo #pastamadre #comfortfood #scandinavianbaking #nordicbaking #culturedbutter #ideeperpranzo #pranzosano #foodbloggeritaliani #foodbloggeritalia #foodphotographers #flatlayfood #hyggefood #flatlaytoday #hyggelife https://www.instagram.com/p/BoqyP52F_iD/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=1rzzefxwxgi11
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Mario Baudino è un giornalista, saggista, scrittore e poeta italiano. Segue la rubrica “Cartesio” sul quotidiano di Torino “La Stampa”. Vincitore del Premio Montale nel 1988 e, nell’anno successivo, del Premio Brancati, Baudino ha inoltre scritto i romanzi “In Volo per Affari” (Rizzoli, 1994), “Il Sorriso del Druida” (Sperling and Krupfer, 1998; vincitore del Premio Scalea) e “Per Amore o per Ridere” (Guanda, 2008).
Tra i suoi ultimi libri, riportiamo:
-“Ne uccide più la penna: Storia di crimini, librari e detective” (Rizzoli, 2011) –“Lo Sguardo della Farfalla” (Bompiani, 2016): un romanzo ambientato tra le montagne del Piemonte e ricco di colpi di scena. Mario Baudino costringe i protagonisti, bibliofili incalliti, all’avventura: riporteranno alla luce un segreto sugli anni di Piombo, che si rivelerà particolarmente beffardo.
Ultima Voce ha deciso di intervistarlo in vista dell’uscita ( prevista per settembre 2017) del suo libro “Lei non sa chi sono io” con Bompiani. Mario Baudino ci fa qui compiere un viaggio nelle tortuose e svariate motivazioni che hanno portato scrittori e poeti, nel corso della storia, a firmarsi con uno pseudonimo. Analizzando anche i nickname della nostra attuale quotidianità.
Ci parlerebbe del Suo libro in uscita, “Lei non sa chi sono io”? Da come è nata la necessità di questa ricerca?
Dal caso, come sempre. Diciamo che mi sono sempre interessato molto ai casi editoriali ed alle storie intorno ai libri. Mi ero già occupato precedentemente del caso Ferrante * e sono poi rimasto affascinato da Romain Gary, che ovviamente conoscevo, ma che non avevo mai letto con la dovuta attenzione e l’ho trovato straordinario. Sono due stupendi casi di pseudonimìa e mi hanno invogliato a scrivere questo libro, ricercando i casi simili che sono accaduti e si sono ripetuti nella letteratura, diciamo, “moderna”.
Quando mi sono poi presentato dall’editore credevo d’aver tutto il materiale necessario, invece mi sbagliavo. Per far capire quanti esempi vi sono al riguardo.
Tra i mille motivi che Lei riporta, quale potrebbe essere quello più originale o inaspettato ai più?
Alcuni casi proprio non si conoscono, ad esempio Walter Scott, che fino ad una certa età non pubblicò nulla sotto suo nome. Anche “Ivanhoe”, che tutti conosciamo, uscì sotto il nome di Laurence Templeton. Scott credeva che nessuno sapesse si trattasse di lui, ma nel giro tutti ne erano a conoscenza. Persino Jane Austen, in una lettera alla sorella di Scott, le chiese come mai un grande scrittore di poemi come lui, già pieno di gloria, avesse bisogno d’andare a rubare il pane agli scrittori. I motivi per cui scelse uno pseudonimo furono molteplici… certamente v’era anche una motivazione letteraria: stava inventando il romanzo storico e non si fidava delle reazioni che avrebbe potuto ricevere; temeva di sporcare il suo nome e così svolgeva i suoi esperimenti in parziale segreto.
Altro caso interessante è quello di Karen Blixen, molto conosciuta in America, da noi meno. Anche in tal caso le motivazioni dei suoi molti pseudonimi sono svariate e complesse. Già col primo lavoro che la portò al successo, “Sette storie gotiche”, fu scoperta dalla stampa danese, ma continuò comunque ad utilizzare pseudonimi per le sue opere.
Quello più curioso e divertente rimane comunque il caso di Gary, che grazie al suo alter ego Émile Ajar è stato l’unico scrittore a ricevere per due volte il Premio Goncourt, il più importante riconoscimento letterario francese che da regolamento non può essere assegnato più volte alla stessa persona. Originale anche che “Ajar” al contrario diventi “Raja”, il nome che ormai per tutti si cela dietro allo pseudonimo della scrittrice Ferrante. Anche se non l’ha mai ammesso, il Sole 24 Ore l’ha chiaramente smascherata.
Tratta anche di nickname: intende anche i social, da cogliere sempre sotto la stessa chiave di lettura degli pseudonimi?
Sì, naturalmente e ne faccio riferimento già nel primo capitolo.
Il fake, lo pseudonimo, hanno dietro una storia infinita. Pensiamo solo agli attori e ai personaggi dello spettacolo: Sophia Lauren, gli agenti segreti come 007… Gli scrittori si sono appropriati di questa modalità già presente da secoli: vi erano già riflessioni sull’appropriatezza degli pseudonimi nel ‘600. Venivano usati per difendersi dalla legge, evitare l’inquisizione o per regole interne alla struttura di appartenenza: nelle accademie, i letterati si rinominavano, così come gli arruolati negli eserciti; un tempo, questi dovevano cambiare nome non appena entrati. Ogni accademia aveva regole stringenti e diverse.
Gli pseudonimi sono ovunque, seppur con modalità diverse. Pensiamo ai paesi: si acquisiva il nome dei bisnonni e così ci si ritrovava tutti con gli stessi nomi e cognomi. Nasceva la necessità dei soprannomi. Ovvio che parliamo di modifiche funzionali, però.
I social invece non lo sono: è una nuova estetica di massa, legata alle motivazioni più svariate. Non sono le stesse che guidano la scelta di uno pseudonimo da parte di uno scrittore, ma questo boom di nickname somiglia moltissimo all’esplosione letteraria iniziata nel ‘600.
Una Sua opinione sui tempi. Esistono ancora giovani bibliofili, lettori incalliti e risucchiati nel vortice della lettura, come i suoi protagonisti di “Lo sguardo della Farfalla”, oppure secondo Lei siamo costretti nei tempi della lettura veloce e superficiale, come lamentano in molti?
No, affatto, non credo sia così. Lunedì mattina ho giusto incontrato un ragazzo che legge di tutto e tanto. Certo, in Italia i grandi lettori restano tradizionalmente una minoranza, per vari motivi che non possiamo stare ad analizzare ora.
Pochi, vero, ma grandi lettori: d’altra parte, sono quelli che tengono in piedi l’editoria. Basti pensare che il fatturato editoriale italiano è paragonabile a quello degli altri paesi europei, nei quali di media si legge di più. Ciò significa che i bibliofili esistono e suppliscono ai non-lettori.
Scherzo spesso, alle presentazioni, sul fatto che io conosca nella realtà tutti i personaggi di quel libro. Solo uno, il capo, credevo fosse pura finzione. Invece, un giorno mi telefona un amico e lo collega ad una sua conoscenza, con una grande collezione di copertine Einaudi ed una confraternita in un paese del Monferrato…quindi, alla fine, esiste anche lui.
Baudino – Lei non sa chi sono io – Bompiani
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* La verità su Elena Ferrante – Il Sole 24 Ore
Isabella Rosa Pivot
Intervista a #MarioBaudino sul suo libro in uscita #Leinonsachisonoio : i motivi dietro agli #pseudonimi degli scrittori. Mario Baudino è un giornalista, saggista, scrittore e poeta italiano. Segue la rubrica “Cartesio” sul quotidiano di Torino “La Stampa”.
#Ferrante#intervista#JaneAusten#leinonsachisonoio#letteratura#libro#MarioBaudino#pseudonimìa#pseudonimo#scrittori#Sole24Ore#WalterScott
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[Books] Assassinio di marzo di Dan Turèll
Titolo originale: Mord i marts Autore: Dan Turèll Prima edizione: Borgen, Copenaghen, 1984 Edizione italiana: traduzione di Maria Valeria D’Avino (Iperborea, 2016)
Presentazione dell'editore: Marzo a Copenaghen, un giornalista senza nome, flâneur dei bassifondi e detective per il vizio di trovarsi sempre nel posto sbagliato, sta per recuperare un po’ di fiducia nell’umanità quando si imbatte in un ricco collezionista d’arte con un coltello piantato nella schiena. Nessun indizio nel suo lussuoso appartamento, a parte due quadri spariti, un Pollock e un Léger, ma la polizia scopre ben presto i sentimenti più che paterni che legavano il mecenate a un giovane pittore, suo ultimo protetto. Quando il ragazzo sparisce senza riscuotere la sua immensa eredità e i cadaveri cominciano ad aumentare, tutte le tracce portano dai quartieri alti ai vecchi vicoli a luci rosse della città, dietro le porte sempre chiuse di un misterioso night club. Poeta metropolitano e virtuoso della penna, fonte inesauribile di immagini folgoranti che brillano di uno humour geniale e amaro, Dan Turèll è entrato nei classici del giallo nordico come il Chandler danese. Amico di sbirri e prostitute, con lo sguardo smaliziato di chi ha visto quelli che si sporcano le mani e quelli che muovono i fili dall’alto, il suo giornalista senza nome ci trasporta in una Copenaghen hard boiled anni Settanta, tra inquieti teppisti, trafficanti di droga e avventurieri della notte, nella fumosa penombra di un vecchio film noir, al ritmo incalzante di una calda suite jazz.
Era un giorno di marzo, come risultava dal cosiddetto calendario gregoriano, ma era anche molto di più. Era un bel giorno, proprio come piacciono a me. Nella solita vitaccia da cani un giorno del genere è abbastanza raro perché valga la pena farci caso. Il cielo era sereno e come immobile, né caldo né freddo, né secco né umido, come se si fosse preso un giorno di vacanza e avesse lasciato l’officina, dopo aver chiuso tutti i suoi attrezzi e materiali di scena negli armadi sigillati con serrature di sicurezza. Era uno di quei giorni in cui sembrava di poter vedere da un capo all’altro della città, o da un capo all’altro della propria vita, secondo la direzione in cui si puntava il cannocchiale.
"L'uomo che inciampa nei cadaveri": è questo il soprannome che si è guadagnato l'anonimo protagonista dei romanzi della Mord-serien (la "serie-assassinio", dalla prima parola del titolo di ciascuno dei 12 libri che la compongono) di Dan Turèll, un giornalista free-lance con la peculiarità di riuscire ad incappare in inaspettati omicidi. Stavolta tutto inizia con una segnalazione al Bladet, il giornale con cui collabora: "Dov'è Eric Liljecrone?". Neanche a dirlo, ben presto si scopre che Eric Liljecrone è morto, con un coltello piantato tra le scapole nella cucina della propria abitazione.
Fu lì che lo trovammo. Era l’unica cosa che rovinava l’ordine perfetto di quell’ambiente. Lui, e due bicchieri sporchi. Giaceva sul pavimento, mezzo nascosto sotto il tavolo, a pancia in giù e con le gambe che spuntavano dal bordo. E aveva un grande coltello da pane piantato tra le scapole. Grande, e in apparenza anche efficiente.
Assassinio di marzo è un romanzo hard boiled ambientato tra le strade di Copenaghen, che ha nell'ironia della scrittura di Dan Tùrell il suo maggiore punto di forza.
Comunque: il mittente della lettera anonima che avevo in tasca sapeva leggere, probabilmente, visto che era in grado di scrivere. I due requisiti si accompagnano spesso.
Il ritmo è serrato e il caso viene risolto in un paio di giorni, ma in fondo è poco più che un pretesto: il vero fulcro dell'intera narrazione è lo sguardo disincanto e beffardo con cui il protagonista senza nome guarda quel mondo fatto di strade buie, locali più o meno malfamati, ma anche direttori di giornale più che energici e poliziotti disposti a chiudere un occhio sulle grandi e piccole infrazioni del nostro alla ricerca della verità. Dato il genere, non può mancare una femme fatale:
L’ospite era una signora con la S maiuscola. Alta, slanciata e con i capelli neri, indossava una pelliccia bianca con un’altra maiuscola: la A di animale. La borsa doveva essere stata fatta con il cucciolo.
Un noir divertente, senza filtri, davvero godibile e che offre uno sprazzo delle mille sfaccettature del giallo nordico.
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