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PRIMA PAGINA Milano Finanza di Oggi martedì, 30 luglio 2024
#PrimaPagina#milanofinanza quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi utili#previsioni#unici#obbligazioni#sfiora#dollari#first#candidato#repubblicano#presenta#come#alfiere#delle#monete#virtuali#entrare#nelle#riserve#strategiche#degli#dollaro
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Se vuoi difendere la tua privacy, informatica ma non solo, prima di perdersi nelle app, soluzioni hard e soft e dark web, sarebbe opportuno capire cosa essa sia e quanto importante sia per LA VITA QUOTIDIANA; rifletterci aiuta a identificare chi siano i buoni e i cattivi o i loro utili idioti aficionados.
Per fare questo è necessario studiare cosa sia la libertà intesa in senso pieno, non quello arbitrario spacciato oggi dei "desideri personali", quindi il libertarismo.
Se pensi che la privacy possa essere difesa coi bannerini GDPR, che debba essere lo stato a difenderla e che in definitiva "male non fare, paura non avere", beh non offenderti ma sei parte del problema.
adattato da https://x.com/giovacatallaxy/status/1827656664813645994
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Bellissima … Da leggere tutta
Il grande segreto di tutte le donne rispetto ai bagni è che da bambina tua mamma ti portava in bagno, puliva la tavolozza, ne ricopriva il perimetro con la carta igienica e poi ti spiegava: “MAI, mai appoggiarsi sul gabinetto!”, e poi ti mostrava “la posizione”, che consiste nel bilanciarsi sulla tazza facendo come per sedersi, ma senza che il corpo venisse a contatto con la tavoletta. “La posizione” è una delle prime lezioni di vita di quando sei ancora una bambina, importantissima e necessaria, dovrà accompagnarti per il resto della vita. Ma ancora oggi, ora che sei diventata adulta, “la posizione” è terribilmente difficile da mantenere quando hai la vescica che sta per esplodere. Quando “devi andare” in un bagno pubblico, ti ritrovi con una coda di donne che ti fa pensare che dentro ci sia Brad Pitt. Allora ti metti buona ad aspettare, sorridendo amabilmente alle altre che aspettano anche loro con le gambe e le braccia incrociate (è la posizione ufficiale da “me la sto facendo addosso”). Finalmente tocca a te, ma arriva sempre la mamma con la figlioletta piccola “che non può più trattenersi”, e ne approfittano per passarti davanti tutte e due!
A quel punto controlli sotto le porte per vedere se ci sono gambe. Sono tutti occupati. Finalmente se ne apre uno e ti butti addosso alla persona che esce. Entri e ti accorgi che non c’è la chiave (non c’è mai!); pensi: Non importa… Appendi la borsa a un gancio sulla porta e, se il gancio non c’è (non c’è mai!), ispezioni la zona: il pavimento è pieno di liquidi non ben definiti e non osi poggiarla lì, per cui te la appendi al collo ed è pesantissima, piena com’è di cose che ci hai messo dentro, la maggior parte delle quali non usi ma le tieni perché “non si sa mai’. Tornando alla porta, dato che non c’è la chiave devi tenerla con una mano, mentre con l’altra ti abbassi i pantaloni e assumi “la posizione”… Aaaaahhhhhh… finalmente… A questo punto cominciano a tremarti le gambe perché sei sospesa in aria, con le ginocchia piegate, i pantaloni abbassati che ti bloccano la circolazione, il braccio teso che fa forza contro la porta e una borsa di cinque chili appesa al collo. Vorresti sederti, ma non hai avuto il tempo di pulire la tazza né di coprirla con la carta, dentro di te pensi che non succederebbe nulla ma la voce di tua madre ti risuona in testa: “non sederti MAI su un gabinetto pubblico!”. Così rimani nella “posizione”, ma per un errore di calcolo un piccolo zampillo ti schizza sulle calze!!! Sei fortunata se non ti bagni le scarpe. Mantenere “la posizione” richiede grande concentrazione: per allontanare dalla mente questa disgrazia, cerchi il rotolo di carta igienica maaa, cavolo, non ce n’é!!! (Mai) Allora preghi il cielo che tra quei cinque chili di cianfrusaglie che hai in borsa ci sia un misero kleenex, ma per cercarlo devi lasciare andare la porta: ci pensi su un attimo, ma non hai scelta. E non appena lasci la porta, qualcuno la spinge e devi frenarla con un movimento brusco, altrimenti tutti ti vedranno semiseduta in aria con i pantaloni abbassati… NO!!! Allora urli: ‘O-CCU-PA-TOOO!!!’, continuando a spingere la porta con la mano libera, e a quel punto dai per scontato
che tutte quelle che aspettano fuori abbiano sentito e adesso puoi lasciare la porta senza paura, nessuno oserà aprirla di nuovo (in questo noi donne ci rispettiamo molto) e ti rimetti a cercare il kleenex, vorresti usarne un paio ma sai quanto possono tornare utili in casi come questi e ti accontenti di uno, non si sa mai. In quel preciso momento si spegne la luce automatica, ma in un cubicolo così minuscolo non sarà tanto difficile trovare l’interruttore! Riaccendi la luce con la mano del kleenex, perché l’altra sostiene i pantaloni, conti i secondi che ti restano per uscire di lì, sudando perché hai su il cappotto che non sapevi dove appendere e perché in questi posti fa sempre un caldo terribile. Senza contare il bernoccolo causato dal colpo di porta, il dolore al collo per la borsa, il sudore che ti scorre sulla fronte, lo schizzo sulle calze… Il ricordo di tua mamma che sarebbe piena di vergogna se ti vedesse così, perché il suo … non ha mai toccato la tavoletta di un bagno pubblico, perché davvero “non sai quante malattie potresti prenderti qui”. Ma la tortura non è finita… Sei esausta, quando ti metti in piedi non senti più le gambe, ti rivesti velocemente e soprattutto tiri lo sciacquone! Se non funziona preferiresti non
uscire più da quel bagno, che vergogna! Finalmente vai al lavandino: è tutto pieno di acqua e non puoi appoggiare la borsa, te la appendi alla spalla, non capisci come funziona il rubinetto con i sensori automatici e tocchi tutto finché riesci finalmente a lavarti le mani in una posizione da Gobbo di Notre Dame, per non far cadere la borsa nel lavandino. L’asciugamani è così scarso che finisci per asciugarti le mani nei pantaloni, perché non vuoi sprecare un altro kleenex per questo! Esci passando accanto a tutte le altre donne che ancora aspettano con le gambe incrociate e in quei momenti non riesci a sorridere spontaneamente, cosciente del fatto che hai passato un’eternità là dentro. Sei fortunata se non esci con un pezzo di carta igienica attaccato alla scarpa, o peggio ancora con la cerniera abbassata! A me è capitato una volta , e non sono l’unica a quanto ne so! Esci e vedi il tuo uomo che è già uscito dal bagno da un pezzo, e gli è rimasto perfino il tempo di leggere “Guerra e pace” mentre ti aspettava. “Perché ci hai messo tanto?”, ti chiede irritato. ‘C’era molta coda’, ti limiti a rispondere. E questo è il motivo per cui noi donne andiamo in bagno in gruppo, per solidarietà, perché una ti tiene la borsa e il cappotto, l’altra ti tiene la porta e l’altra ti passa il kleenex da sotto la porta; così �� molto più semplice e veloce, perché tu devi concentrarti solo nel mantenere “la posizione” (e la dignità). Questo scritto è dedicato alle donne di tutto il mondo che hanno usato un bagno pubblico e a voi uomini… perché capiate come mai ci stiamo tanto dentro.
~(web)~
Art. dal web
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La causa palestinese è sacrosanta.
Tuttavia vorrei fare una domanda agli studenti scesi in piazza oggi: com'è che se si parla di sovranità palestinese siete d'accordo ma se si parla di sovranità italiana strillate al fascismo?
Ovvio che le situazioni siano diverse, tuttavia ci sono mille modi di perdere la propria sovranità: con le bombe, con i carri armati, con i golpe finanziari, con i vincoli esterni. Un popolo sovrano è libero di autodeterminarsi, altrimenti è uno schiavo.
Il problema, cari ragazzi, è che finché non sventolerete il tricolore in quelle piazze e continuerete ad annacquare una giusta battaglia in un mare di schwa, asterischi e boiate woke, resterete sempre utili idioti del sistema. Oltre che una perfetta emanazione di quell'imperialismo americano che dite di odiare.
Matteo Brandi
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L’esule e il cittadino
È bene riflettere su un fenomeno che ci è insieme familiare ed estraneo, ma che, come spesso avviene in questi casi, può fornirci delle utili indicazioni per la nostra vita fra gli altri uomini: l’esilio. Gli storici del diritto discutono tuttora se l'esilio – nella sua figura originaria, in Grecia e a Roma – debba essere considerato come l'esercizio di un diritto o come una situazione penale. In quanto si presenta, nel mondo classico, come la facoltà accordata a un cittadino di sottrarsi con la fuga a una pena (in genere alla pena capitale), l'esilio sembra in realtà irriducibile alle due grandi categorie in cui si può dividere la sfera del diritto dal punto di vista delle situazioni soggettive: i diritti e le pene. Così Cicerone, che aveva conosciuto l’esilio, può scrivere: «Exilium non supplicium est, sed perfugium portumque supplicii», «L'esilio non è una pena, ma un rifugio e una via di scampo rispetto alle pene». Anche quando col tempo lo stato se ne appropria e lo configura come una pena (a Roma questo avviene con la lex Tullia del 63 a.C.), l’esilio continua a essere di fatto per il cittadino una via di fuga. Così Dante, quando i fiorentini imbastiscono contro di lui un processo di bando, non si presenta in aula e, prevenendo i giudici, comincia la sua lunga vita di esule, rifiutandosi di far ritorno alla sua città anche quando gliene viene offerta la possibilità. Significativo è, in questa prospettiva, che l’esilio non implichi la perdita della cittadinanza: l’esule si esclude di fatto dalla comunità a cui continua tuttavia formalmente ad appartenere. L'esilio non è diritto, né pena, ma scampo e rifugio. Se lo si volesse configurare come un diritto, cosa che in realtà non è, l’esilio verrebbe a definirsi come un paradossale diritto di porsi fuori dal diritto. In questa prospettiva, l’esule entra in una zona di indistinzione rispetto al sovrano, che, decidendo dello stato di eccezione, può sospendere la legge, è, come l’esule, insieme dentro e fuori l’ordinamento.
Proprio in quanto si presenta come la facoltà di un cittadino di porsi fuori dalla comunità dei cittadini e si situa pertanto rispetto all’ordinamento giuridico in una sorta di soglia, l’esilio non può non interessarci oggi in modo particolare. Per chiunque abbia occhi per vedere, è infatti evidente che gli stati in cui viviamo sono entrati in una situazione di crisi e di progressivo, inarrestabile disfacimento di tutte le istituzioni. In un simile condizione, in cui la politica scompare e cede il posto all’economia e alla tecnologia, è fatale che i cittadini divengano di fatto esuli nel loro stesso paese. È questo esilio interno che occorre oggi rivendicare, trasformandolo da una condizione passivamente subita in una forma di vita scelta e attivamente perseguita. Dove i cittadini hanno perduto persino la memoria della politica, a fare politica sarà solo chi nella sua città è in esilio. Ed è solo in questa comunità degli esuli, sparsa nella massa informe dei cittadini, che qualcosa come una nuova esperienza politica può qui e ora diventare possibile.
Giorgio Agamben, 7 novembre 2024
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IL DOLORE DEGLI ALTRI
Chi soffre a volte
non sa essere profondo,
lo è sempre chi gli sta vicino.
Penso a chi accudisce
i centenari, penso a Rosa
e Antonia, penso a chi sta vicino a un uomo che sta invecchiando nel suo letto dopo un incidente con la moto trent'anni fa, penso
a chi ha un figlio col cancro,
a chi ha un padre che ha perso la memoria.
Onore a quelli che assistono
il dolore,
i badanti della vita
che si guasta
all'improvviso o lentamente.
Se intorno a noi stanno tutti bene, ci vuole poco
per rendersi utili, basta spingersi un poco più lontano e c'è qualcuno
a cui badare, un amico depresso,
una donna
che fa un lavoro infame,
un giovane che non ha
un laccio per tenere assieme
il fascio dei suoi nervi.
Oggi l'unico modo per accorgersi
di essere vivi
è accorgersi del dolore degli altri.
Franco Arminio
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Quest'estate ero arrivata alla realizzazione che gli ombrelli erano più utili d'estate per il sole che per la pioggia ma oggi sento un'altra volta l'assoluto bisogno di avere un ombrello per la pioggia trasparente.
#quello non lo lascerei a casa pensando ma tanto non pioverà#e poi invece#si è anche rotto quello blu
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di tutte le cose utili che mi ero promessa di fare oggi sono riuscita a portarne a termine una (la più stupida): comprargli un souvenir (nuovo perizoma x me)
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Quattro di Spade
"Si può evolvere nell'Amore".
E' facile sentirsi piuttosto "intasati" in questi giorni.
Come se il Corpo stesse processando le tossine di un "antico ingorgo".
Camminiamo fianco a fianco con il Rilascio, a cui è associata contestualmente anche una potente Attivazione.
Ma è il Rilascio che ci fa sentire appesantiti e un po' tristi.
Nella realtà percepita siamo più sensibili alle situazioni di degrado, di ingiustizia, di deprivazione della dignità.
Ci risuonano.
La condizione di "perdita", di "mancanza", di "disperazione" che manifestano gran parte delle persone, ci tocca. Nel profondo.
Sapevamo che ciò sarebbe accaduto.
L'innalzamento di frequenze era già da tempo in procinto di sferrare il "colpo energetico" della Rivoluzione.
Ma ugualmente, a livello di "pietas" umana, ci commuove assistere alla rovinosa "caduta emotiva ed emozionale" del Corpo Terrestre.
Il Dolore è evolutivo, se "viene utilizzato".
Altrimenti si chiama "tormento".
E il "tormento" senza via d'uscita, è "dannazione".
Non a livello di Spirito. Ma sul piano puramente Materiale.
E fa male vederlo.
E non c'è giudizio nel considerarlo una tribolazione, una tortura, un massacro. C'è solo tanta commozione e vicinanza umana per chi sta attraversando il suo Inferno personale.
Vedremo tanti uomini e donne disperati, piangenti e persi nel loro smarrimento. Non evolveranno. Ma acquisiranno maggiori informazioni interiori, utili per le prossime Dimensioni.
A loro oggi va il mio abbraccio di Amore.
Nessuno merita il Dolore. Nessuno.
E nella antica distorsione diffusa che il Dolore sia l'unico strumento evolutivo, vorrei ricordare il potere della Gioia, dell'Amore, della Realizzazione, della Bellezza.
Si può evolvere nell'Amore.
Pochi lo sanno.
Pochi maneggiano quest'Arte Divina e Umana.
Non siamo costretti a soffrire per raggiungere il nostro Autentico movimento di Spirito.
Possiamo anche utilizzare altri Strumenti per raggiungere le nostre più profonde Verità.
Impareremo. Un passo alla volta giungeremo anche a questa meravigliosa scoperta.
Nel frattempo, buon martedì.
Un giorno alla volta, un'emozione dopo l'altra.
Mirtilla Esmeralda
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È Qui.
Una delle cose che si impare invecchiando, è porre le domande in maniera da avere le risposte utili, non quelle ovvie.
Oggi avevamo voglia di un tuffo in mera, abbiamo chiesto in giro e ovviamente tutti, sia per convenzione sia per comodità tendevano a spedirci nei posti più rinomati, con il parcheggio a pagamento, il baretto e la ressa tipo cocciadimorto.
Finché non ho chiesto tu quando vuoi fare un tuffo veloce dove vai?
È difficile
Prendo lo smart apro Google Maps e glielo pianto davanti.
È per qua, circa
Era per la circa.
Ed è a anche gradevole
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Il grande segreto di tutte le donne rispetto ai bagni è che da bambina tua mamma ti portava in bagno, puliva la tavolozza, ne ricopriva il perimetro con la carta igienica e poi ti spiegava: “MAI, mai appoggiarsi sul gabinetto!”, e poi ti mostrava “la posizione”, che consiste nel bilanciarsi sulla tazza facendo come per sedersi, ma senza che il corpo venisse a contatto con la tavoletta. “La posizione” è una delle prime lezioni di vita di quando sei ancora una bambina, importantissima e necessaria, dovrà accompagnarti per il resto della vita. Ma ancora oggi, ora che sei diventata adulta, “la posizione” è terribilmente difficile da mantenere quando hai la vescica che sta per esplodere. Quando “devi andare” in un bagno pubblico, ti ritrovi con una coda di donne che ti fa pensare che dentro ci sia Brad Pitt. Allora ti metti buona ad aspettare, sorridendo amabilmente alle altre che aspettano anche loro con le gambe e le braccia incrociate (è la posizione ufficiale da “me la sto facendo addosso”). Finalmente tocca a te, ma arriva sempre la mamma con la figlioletta piccola “che non può più trattenersi”, e ne approfittano per passarti davanti tutte e due!
A quel punto controlli sotto le porte per vedere se ci sono gambe. Sono tutti occupati. Finalmente se ne apre uno e ti butti addosso alla persona che esce. Entri e ti accorgi che non c’è la chiave (non c’è mai!); pensi: Non importa… Appendi la borsa a un gancio sulla porta e, se il gancio non c’è (non c’è mai!), ispezioni la zona: il pavimento è pieno di liquidi non ben definiti e non osi poggiarla lì, per cui te la appendi al collo ed è pesantissima, piena com’è di cose che ci hai messo dentro, la maggior parte delle quali non usi ma le tieni perché “non si sa mai’. Tornando alla porta, dato che non c’è la chiave devi tenerla con una mano, mentre con l’altra ti abbassi i pantaloni e assumi “la posizione”… Aaaaahhhhhh… finalmente… A questo punto cominciano a tremarti le gambe perché sei sospesa in aria, con le ginocchia piegate, i pantaloni abbassati che ti bloccano la circolazione, il braccio teso che fa forza contro la porta e una borsa di cinque chili appesa al collo. Vorresti sederti, ma non hai avuto il tempo di pulire la tazza né di coprirla con la carta, dentro di te pensi che non succederebbe nulla ma la voce di tua madre ti risuona in testa: “non sederti MAI su un gabinetto pubblico!”. Così rimani nella “posizione”, ma per un errore di calcolo un piccolo zampillo ti schizza sulle calze!!! Sei fortunata se non ti bagni le scarpe. Mantenere “la posizione” richiede grande concentrazione: per allontanare dalla mente questa disgrazia, cerchi il rotolo di carta igienica maaa, cavolo, non ce n’é!!! (Mai) Allora preghi il cielo che tra quei cinque chili di cianfrusaglie che hai in borsa ci sia un misero kleenex, ma per cercarlo devi lasciare andare la porta: ci pensi su un attimo, ma non hai scelta. E non appena lasci la porta, qualcuno la spinge e devi frenarla con un movimento brusco, altrimenti tutti ti vedranno semiseduta in aria con i pantaloni abbassati… NO!!! Allora urli: ‘O-CCU-PA-TOOO!!!’, continuando a spingere la porta con la mano libera, e a quel punto dai per scontato
che tutte quelle che aspettano fuori abbiano sentito e adesso puoi lasciare la porta senza paura, nessuno oserà aprirla di nuovo (in questo noi donne ci rispettiamo molto) e ti rimetti a cercare il kleenex, vorresti usarne un paio ma sai quanto possono tornare utili in casi come questi e ti accontenti di uno, non si sa mai. In quel preciso momento si spegne la luce automatica, ma in un cubicolo così minuscolo non sarà tanto difficile trovare l’interruttore! Riaccendi la luce con la mano del kleenex, perché l’altra sostiene i pantaloni, conti i secondi che ti restano per uscire di lì, sudando perché hai su il cappotto che non sapevi dove appendere e perché in questi posti fa sempre un caldo terribile. Senza contare il bernoccolo causato dal colpo di porta, il dolore al collo per la borsa, il sudore che ti scorre sulla fronte, lo schizzo sulle calze… Il ricordo di tua mamma che sarebbe piena di vergogna se ti vedesse così, perché il suo … non ha mai toccato la tavoletta di un bagno pubblico, perché davvero “non sai quante malattie potresti prenderti qui”. Ma la tortura non è finita… Sei esausta, quando ti metti in piedi non senti più le gambe, ti rivesti velocemente e soprattutto tiri lo sciacquone! Se non funziona preferiresti non
uscire più da quel bagno, che vergogna! Finalmente vai al lavandino: è tutto pieno di acqua e non puoi appoggiare la borsa, te la appendi alla spalla, non capisci come funziona il rubinetto con i sensori automatici e tocchi tutto finché riesci finalmente a lavarti le mani in una posizione da Gobbo di Notre Dame, per non far cadere la borsa nel lavandino. L’asciugamani è così scarso che finisci per asciugarti le mani nei pantaloni, perché non vuoi sprecare un altro kleenex per questo! Esci passando accanto a tutte le altre donne che ancora aspettano con le gambe incrociate e in quei momenti non riesci a sorridere spontaneamente, cosciente del fatto che hai passato un’eternità là dentro. Sei fortunata se non esci con un pezzo di carta igienica attaccato alla scarpa, o peggio ancora con la cerniera abbassata! A me è capitato una volta , e non sono l’unica a quanto ne so! Esci e vedi il tuo uomo che è già uscito dal bagno da un pezzo, e gli è rimasto perfino il tempo di leggere “Guerra e pace” mentre ti aspettava. “Perché ci hai messo tanto?”, ti chiede irritato. ‘C’era molta coda’, ti limiti a rispondere. E questo è il motivo per cui noi donne andiamo in bagno in gruppo, per solidarietà, perché una ti tiene la borsa e il cappotto, l’altra ti tiene la porta e l’altra ti passa il kleenex da sotto la porta; così è molto più semplice e veloce, perché tu devi concentrarti solo nel mantenere “la posizione” (e la dignità). Questo scritto è dedicato alle donne di tutto il mondo che hanno usato un bagno pubblico e a voi uomini… perché capiate come mai ci stiamo tanto dentro.
(web)
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PRIMA PAGINA Il Centro di Oggi mercoledì, 21 agosto 2024
#PrimaPagina#ilcentro quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi centro#quotidiano#vaiolo#delle#scimmie#parte#anche#abruzzo#piano#ministero#spiagge#proposta#salvare#nuova#auto#acqua#dieci#utili#ridurre#sprechi#donna
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Due calcoli della serva - ditemi se sbaglio eh.
Ipotizziamo che le batterie delle auto elettriche abbiano una capacità media di 50kWh (oggi poche ci arrivano), con consumi medi di 5km/kWh (poche superano i 7km/kWh: dipende anche da fattori esterni tipo salite/discese e temperatura esterna). Da cui una autonomia massima teorica di 250km con un "pieno" elettrico; un'auto a motore termico ne fa il triplo ma pace, fingiamo pure che ciò stia bene alla metà degli utenti.
Ipotizziamo quindi che, senza pianificatori europei del cazzo, su base "di mercato" (solo aiutini tipo divieti e limitazioni di transito), si arrivi a un certo punto a elettrificare 20 milioni di mezzi, metà del parco auto circolante italiano oggi.
Un'auto in media fa 20.000km/anno, circa 50km/giorno. Significa che serviranno 20m*20k/5 = 80TWh di potenza elettrica aggiuntiva media annua. Oggi in Italia si consumano circa 300TWh totali di elettricità (2021): significherebbe aggiungere +25% ai consumi elettrici. Altro che risparmi. Fattibile? Spoiler: non credo (btw, da tale numero si capisce l'enfasi verso la delocalizzazione industriale e la riduzione dei consumi con scuse varie guerresche).
La vera domanda da farsi sarebbe, si può fare in modo green, altrimenti è una presa per i fondelli? Oggi in Italia si producono circa 25TWh da fonti rinnovabili (fonte Gse). Quindi servirebbe aggiungerne più del triplo.
Dice sia fattibile: vedi Germania che ne produce oltre 130TWh. Crediamoci, intanto però là aumenta il consumo di carbone; mobilitiamoci (tosando le burofurerie locali che rallentano tutto, mica solo gli impianti rinnovabili). Resta da gestire il problema cogente del bilanciamento di potenza (fv e vento non sono costanti) e dei picchi di domanda che so, a pasquetta e ferragosto. A proposito di green, ci sono le centrali nucleari alla francese; solo ne servirebbero diverse, diciamo: le più potenti generano 1.6GW di potenza, cioè producono meno di mezzo TWh in un anno.
Sin qui i conti facili, meno costosi. Lasciamo pur stare come si fa approvvigionare tutto il litio cobalto terre rare che serve ( e i relativi costi socio-ambientali); lo scoglio finale è portare tutta quella potenza capillarmente fino alle colonnine, ai garage nei condo. Si fa col fv sui balconi? In contemporanea con lo switch dai riscaldamenti a gas alle pompe di calore elettriche? Ciao core.
Fingiamo pure che i prezzi della auto elettriche scendano un po' all'aumentare dei volumi venduti (toh, il tanto vituperato "mercato"); in ogni caso, per quanto detto sinora, mi sa che è TUTTO UN BARBATRUCCO PER APPIEDARNE UN BEL PO'. Il che, pensando alle Karen con la Yaris, in fondo confesso non sia prospettiva che mi dispiaccia più che tanto.
In realtà stan dicendo: "Vieni, vieni in città, che stai a fare in campagna?" (cit.). Come foste contadini cino-indiani o allevatori nigeriani (questi ultimi aiutati a decidere da un po' di terrorismo islamico); come fecero del resto coi nonni meridio-polesani trapiantati a Torino e Milano. Perché in città ci stanno i Trasporti Pubblici efficenti (per andare da dove dican loro a dove voglian loro), la Sanità e le Squole (stipendifici maximi), i riscaldamenti centralizzati (cioè spegnibili: chiedere ai malcapitati quest'inverno) e i monopattini a nolo.
Gli zombie sinistri godono: si torna al Lumpen Proletariat, alle periferie straccione ma stavolta non per produrre facendo vivere una generazione o due nella merda, sperando di meglio per figli e nipoti: é per NON consumare, NON fare figli ed eliminare i vecchi (ma non gli Schwab o gli utili idioti alla Mattarella, tutti con 80+ anni).
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Why are so many young people getting cancer? Perché tanti giovani si stanno ammalando di cancro? Sintesi dell'articolo con spunti personali.
Per prima cosa sgombriamo il campo dall'associazione tra cancri, turbocancri e vaccini ad RNA che personaggi senza scrupoli stanno diffondendo per (cinicamente o incoscientemente, ognuno scelga) instillare dubbi e paure in chi in questo periodo si ritrova ad affrontare una diagnosi di tumore. Vorrei spiegare il mio accanimento su questo aspetto: una reazione molto frequente in chi riceve una diagnosi di tumore è chiedersi perché. Secondo me offrire ad una persona in un momento di grande fragilità una risposta falsa e che lo spinga a colpevolizzarsi (se avessi dato ascolto, se non mi fossi vaccinato, forse oggi non…) è riprovevole. Et de hoc satis.
E' vero che i dati ci dicono che c'è un'aumento di tumori, ed un aumento di tumori che si presentano in modo insolitamente precoce, ma è un fenomeno che si osserva dagli anni '90, i vaccini ad mRNA non c'erano.
Il punto è che il perché questo succeda ancora non si capisce. E non sarà facile capirlo, almeno per un po'.
La premessa è che il cancro, nella nostra cultura scientifica (che poi trova conferma nella nostra esperienza) è sempre stato una malattia statisticamente legata all'età (qui sotto c'è un grafico con l'andamento dell'incidenza di vari tipo di tumore in relazione all'età).
Un primo motivo è che le cause iniziali del cancro sono le mutazioni. Che siano dovute a fattori endogeni (acquisite in modo casuale nel corso della vita) o esogeni (causate dall'esposizione a fattori ambientali come inquinamento, alimenti, fumo, uso di sostanze chimiche…), solo poche di queste mutazioni avranno un'effetto sulla cellula, solo poche delle cellule che portano mutazioni riusciranno ad andare avanti. Per questo le probabilità che si verifichi un evento critico aumenteranno con il passare del tempo.
Ma una mutazione da sola non basta. Perché si abbia un tumore la cellula deve accumulare più mutazioni che compromettano aspetti diversi dei suoi sistemi di controllo. Questo succede, è nella nostra esperienza quotidiana, ma le probabilità che più mutazioni utili si ritrovino nella stessa cellula sono basse, e allora ci vuole ancora più tempo. Possono essere necessari anche decenni. E ancora altro tempo è necessario perché la cellula vada incontro ad ulteriori cambiamenti e deregolazioni che fanno la differenza tra una cellula fuori controllo che sarà eliminata ed un tumore che crescerà, sarà capace di invadere ed infiltrare altri tessuti, crearsi un sistema circolatorio privato e mandare in giro cellule metastatiche.
Per questo i tumori in genere si manifestano coi loro sintomi e si scoprono dopo una certa età. Hanno bisogno di tempo. Per questo, scoprire un tumore del colon ormai intrattabile in una sedicenne, o scoprirne uno con metastasi al fegato in una 32enne, è qualcosa di assolutamente anomalo. Nell'articolo vengono definiti "improbable forms of cancer", tumori improbabili.
Ovviamente tumori infantili ce ne sono, fin troppi. Tumori giovanili pure, ma sono rari, e particolari (spesso con una componente ereditaria), a causa dei meccanismi alla base in genere diversi da quelli dei tumori dell'età adulta ed avanzata (diciamo dai 50 in su). Che però si stanno presentando in aumento ben sotto i 50 (secondo alcuni modelli tra il 2019 ed il 20230 si osserverà un aumento del 30%). Ed anche se la mortalità per cancro globalmente è in calo, questo aumento potrebbe contribuire a riportare su la curva dei decessi nei prossimi anni. Anche perché nei giovani per ora non si fa prevenzione (controlli e screening) per cercare i tumori tipici dell'età più avanzata, quindi spesso questi tumori vengono scoperti in modo tardivo. Ma c'è chi sta già pensando di correre ai ripari ed anticipare di almeno 10 anni alcuni programmi di screening.
Ovviamente oltre a capire che sta succedendo qualcosa di strano, è importante scoprirne le cause. Ma non è facile.
Un primo problema è quello temporale. Anche in un caso veramente semplice da capire, come i tumori alla tiroide in chi da ragazzo (quindi con una tiroide molto attiva) in Ucraina e Bielorussia è stato esposto allo Iodio 131 liberato dalla centrale di Chernobyl, furono necessari comunque diversi anni prima di avere i primi casi. In pratica, anche in condizioni indotte in modo quasi sperimentale, c'è stato un periodo di latenza rispetto agli eventi iniziali. Diamo per scontato quindi che per capire quello che si osserva oggi non ci interessa qualcosa che è successo uno o due anni fa ma dobbiamo andare indietro nel tempo, di qualche decennio. E non sarà facile associare in modo retroattivo qualcosa che non sappiamo cosa sia, ma è successo 30-40 anni fa, ad un fenomeno che vediamo oggi.
L'altro problema è nei numeri. La tendenza è netta ma i numeri non sono tanto grandi da consentire studi solidi, e se per aumentare la numerosità del campione mettiamo insieme individui e malattie che apparentemente hanno in comune solo una diagnosi precoce, rischiamo di non scoprire i fattori discriminanti. Perché i tumori in aumento sono diversi per tipo, per età di insorgenza, per popolazione, e poi un tumore è per definizione una patologia multifattoriale che può rispondere a fattori molto diversi. La cosa più probabile però è che non ci sia una vera e propria pistola fumante da scoprire, ma una serie di fattori che singolarmente o in sinergia determinano questo risultato.
Di ipotesi se ne fanno tante che però possono spiegare alcuni casi ma non altri. Si va dai cambiamenti nell'alimentazione, sia in quantità che in qualità rispetto alle generazioni precedenti, all'obesità in netto aumento nei giovani, al consumo di alcoolici, a cambiamenti nel microbiota (che ha effetti sul sistema immunitario e sempre più correlazioni col cancro, ma che sarà difficile confrontare con quello di chi si è ammalato in età "normale"). Si stanno considerando anche effetti epigenetici dovuti all'esposizione a sostanze chimiche (disruttori endocrini) durante la gravidanza. Per questa ipotesi ci sono dei precedenti ormai ben caratterizzati, ragazze nate da madri che avevano fatto uso di un ormone sintetico (il dietilstillbestrolo) durante la gravidanza sviluppavano con frequenza insolita un tumore genitale raro ed in adolescenza, età decisamente insolita. Solo in seguito si capì che l'ormone disturbava il programma differenziativo di quei tessuti in una fase critica dell'embriogenesi per cui le bambine nascevano con una sorta di predisposizione a quel tumore. Può darsi che quello che vediamo oggi dipenda da qualcosa del genere. Sarebbe molto utile andare a studiare quelle che si chiamano coorti di nascita, ovvero un grande numero di bambini (e le loro madri) seguiti fin da prima di nascere. Di dati e di campioni biologici da analizzare in cui trovare contaminanti che potrebbero avere questo tipo di effetti però purtroppo non ce ne sono molti.
Stanno emergendo anche altri aspetti significativi a livello di popolazione. Il fenomeno sembra riguardare le donne più degli uomini, negli Stati Uniti gli ispanici ed i neri più che i bianchi, ed ancora di più alcune minoranze etniche native dell'Alaska. Ma sicuramente non si tratta di una questione etnica e di polimorfismi, quanto di aspetti socioeconomici. Livello economico, stili di vita, alimentazione, obesità, sicurezza delle abitazioni, accesso a prevenzione e cure precoci sono strettamente correlati tra loro, e possono essere un fattore importante. Lo abbiamo già visto col Covid. Ma è difficile che siano la causa diretta dell'aumento di incidenza del cancro tra i giovani.
E poi c'è il solito problema (ormai ci torniamo sempre più spesso) delle aree grigie, dei dati che non abbiamo perché riguardano quegli ultimi di cui ci importa poco. Come esempio, in Sudafrica i dati sull'incidenza dei tumori sono noti solo per il 16% della popolazione che è coperta da un'assicurazione sanitaria. Degli altri non si sa. Se tra gli altri ci fosse la risposta alle nostre domande, non lo sapremmo.
In sintesi, oggi oltre a farci le domande dobbiamo anche iniziare a raccogliere tutte le informazione possibili in cui, prima o poi, trovare le risposte.
“We never saw this coming. But in 20 years if we don’t have databases to record this, it’s our failure. It’s negligence.” - Ettore Meccia, fb
Più informazioni e link nell'articolo: https://www.nature.com/articles/d41586-024-00720-6
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La terribile esperienza vissuta da Roberto Baggio e dalla sua famiglia, recentemente vittime di un'efferata rapina, non è un caso isolato.
È il segnale di un'emergenza che si sta diffondendo a macchia d'olio in tutto il Paese: la crescente insicurezza. Impianti di sorveglianza e allarmi sono utili, ma non possono sostituire la reale presenza delle forze dell'ordine sul territorio.
La criminalizzazione del diritto all'autodifesa ha gettato nell'incertezza i cittadini. Se Baggio avesse provato a difendersi, oggi sarebbe vittima di un'odissea giudiziaria perpetrata da una magistratura sempre più connivente con il crimine.
Non possiamo più accettare questa situazione. È ora di ribadirlo con forza: difendersi è un diritto. È tempo di ripristinare la legalità, di dare alle forze dell'ordine i mezzi per garantire la sicurezza dei cittadini e di ribaltare la logica perversa che premia i criminali e punisce le vittime.
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Oggi mamma mi ha scritto una lettera di massime utili; dapprima scettica come sempre, ho letto quel che ha colpito nel segno: "Se ti paragoni agli altri, rischi di diventare vanitosa o amara — perché ci saranno sempre persone più o meno importanti di te... Al di là di una sana disciplina, sii buona con te stessa. Sei anche tu una creatura dell'universo come gli alberi e le stelle; hai tutto il diritto di essere qui".
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