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PRIMA PAGINA Il Manifesto di Oggi sabato, 23 novembre 2024
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"Vota quella stronza della Meloni", il meme ironico che circola nelle chat. L'effetto Giorgia non si ferma - Secolo d'Italia (secoloditalia.it)
’effetto Meloni prosegue senza sosta. Il dopo-Caivano registra un ennesimo “colpo di scena” di questa campagna elettorale. Un’ ennesima conferma di quanto quella frase -“Presidente De Luca, sono quella stro*** della Meloni. Come sta?”- abbia bucato i social e fatto parlare e straparlare molti opinionisti. Tanto che oggi -il giorno dopo quell’incontro che tanto sta facendo rodere il fegato dei mestrini raical-chic col ditino alzato- viene anche rilanciata. C’è un meme spiritoso e ironico che circola in rete e nelle chat dei parlamentari: “Vota quella stronza della Meloni” è la scritta che campeggia su un finto manifesto elettorale per le Europee: con il simbolo FdI barrato e il volto della premier. Sta facendo il giro del web.
L’effetto Meloni non si ferma: dopo il video arriva il meme virale
Dopo il boom sui social dell’incontro fatidico tra Meloni e il governatore De Luca arriva, dunque, questo meme a rilanciare la “mossa” della premier che ha sconvolto i salotti buoni dei talk show. Dimostrando che il suo comportamento ha colto nel segno. E soprattutto, fatto impazzire una sinistra politica e intellettuale che in modo ridicolo censura l’ atteggiamento “poco istituzionale” della premier. Dovevate osservare i vari Severgnini, Fittipaldi, Lella Costa, Floris, Piccolotti dare lezioni di bon ton istituzionale. Nessuno che lo avesse fatto con tanto accanimento quando ad offendere la premier per primo era stato proprio De Luca. Tanto livore dei dem e dei salotti radical-chic non lo abbiamo proprio notato all’epoca.
Il dopo-Caivano: la doppia vittoria di Meloni
Dunque, vince ancora Giorgia. Non a caso l’ istant sentiment realizzato in esclusiva per Adnkronos da Vis Factor nell’immediatezza dell’incontro Meloni- DeLuca fu già una sentenza. Nella maggioranza dei commenti a favore di Meloni – ben il 56%- sottolineavano coraggio, franchezza, presenza di spirito del presidente del Consiglio. Spirito e franchezza che manca del tutto a sinistra, che chissà quando si riprenderà da questo doppio successo della premier: avere fatto rinascere il Parco Verde di Caivano, teatro fin’ora di stupri, spaccio e criminalità; ed essere entrata contemporaneamnte negli incubi più tetri di una sinistra triste. Sempre più ostaggio della propria incapacità di ancorarsi a un sentimento popolare. Anche ora che il meme ironico “Vota quella stronza della Meloni” sta furoreggiando, le dosi di Maalox dovranno essere raddoppiate.
Un’ altra mossa comunicatica che fa impazzire la sinistra salottiera
Qualche esempio. L’editorialista del Corriere, Beppe Severnini ad Otto e mezzo ha affermato che “Meloni dovrebbe imparare il decoro verbale”. Fittipaldi urla un “Mi vergogno” a Tagadà. Lella Costa, attrice e sceneggiatrice, femminista, dal salotti di “Di martedì” afferma che la frase di Meloni a De Luca “è una forma di bullismo”. Alla faccia della solidarietà femminile… Ed Elisabetta Picoclotti di Avs ha tuonato: “Il prossimo passo che farà il presidente del Consiglio qual è? La lotta nel fango?” Zittita da un imperturbabile Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia: “Ciò che ha detto Meloni è un grande esempio di comunicazione. Finalmente De Luca impietrito”. Insomma, ancora una volta la sinistra non capisce che la sfida ha avuto un solo vincitore: il premier. Anche oggi assisteremo a varie lezioni di galateo istituzionale a puntate? Un ultimo appunto merita il ridicolo furore di Giuseppe Conte, ospite di Floris. Anche l’ex premier in pochette ha stigmatizzato le parole della premier. A tacitarlo Francesco Storace: “Ma come? Sei il leader del partito del vaffa e ti scandalizzi?”…
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Accadde oggi...
"Metti che tu hai lavoro per un operaio, e che per avere quel posto si presenta solo uno. Ti tocca dargli la paga che vuole. Ma metti che si presentano in cento.” Il ragazzo posò la raspa. Il suo sguardo s’indurì e la sua voce s’inasprì. “Metti che quel posto lo vogliono in cento. Metti che quei cento hanno dei bambini, e che quei bambini sono affamati. Metti che dieci centesimi bastano per comprare un po’ di farina di mais a quei bambini. Metti che cinque centesimi bastano per fargli mettere almeno qualcosa sotto i denti. E per quel posto si sono presentati in cento. Tu offrigli cinque centesimi, e vedi se non s’ammazzano tra loro per avere i tuoi cinque" centesimi".
(john Steinbeck, tratto da "Furore", 1939)
"Furore" è un romanzo che ti prende dall'inizio alla fine, facendo scoprire le dolorose vicende di un'America travolta dalla grande depressione e la tragedia dell'emigrazione di migliaia di persone, criticate ed avversate dell'ostilità da parte delle popolazioni dei luoghi attraversati. L'unico rimedio è la coesione della famiglia, al cui centro vi è una splendida donna, catalizzatrice e perno insostituibile. Fanno da sfondo dettagliate descrizioni della natura e, soprattutto, un'attenta analisi del fenomeno delle migrazioni di grandi masse di persone, sempre di stretta attualità, sulle quali l'autore si sofferma con calore e trasporto.
Il finale, quasi imprevisto, colpisce il lettore e dà il senso della concezione della vita di Steinbeck. Questo scrittore andrebbe letto sempre, dai giovani e dai meno giovani. Non soltanto questo libro, tutte le sue opere, sempre attuali e ben scritte. Ricordando oggi Steinbeck, nato il 27 febbraio 1902.
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[...]
«Penso sia molto bello che una parte della gioventù prenda a cuore i problemi gravi del mondo. Fanno bene a sperare per il futuro», commenta Carlo Rovelli, fisico e saggista, che dopo aver insegnato in Italia e negli Stati Uniti oggi è professore ordinario di fisica teorica all’Università di Aix-Marseille in Francia. Spiega di non avere basi per sapere se il movimento di contestazione che sta prendendo forma sarà unitario e duraturo, né per sostenere o contraddire chi dice che potremmo essere di fronte ai semi di un “nuovo Sessantotto”: «La storia non si ripete. Penso che nessuno possa già sapere come evolveranno le cose». Ma crede che il movimento a supporto del popolo palestinese si stia allargando velocemente in tutti i paesi occidentali «a causa della flagrante contraddizione fra le notizie che arrivano a tutti su quanto accade in Palestina e il racconto dei principali media. In Palestina c'è un massacro in corso, e questo è ovviamente intollerabile per la generosità di molti giovani, che sono immuni, per fortuna, alla pelosità e all'ipocrisia di chi pensa che in fondo vada bene così».
Secondo il professore nel mondo contemporaneo c’è tanta violenza: «una minoranza, a cui apparteniamo, non esita a massacrare per difendere il proprio dominio e i propri privilegi. Il colmo dell'ironia è che usiamo la parola "democrazia" per giustificare il dominio armato di una minoranza ricca sul resto del mondo: il 10 per cento dell'umanità controlla il 90 per cento della ricchezza del pianeta. Il mondo si sta ribellando e andiamo verso un conflitto globale, in più in piena crisi ecologica. E pensiamo solo a vincere, invece che a cercare soluzioni. Spero che i giovani sappiano spingere a cambiare rotta», aggiunge Rovelli, con la speranza che la voce dei giovani non rimanga inascoltata perché «prendere posizione è importante: il massacro in corso in Palestina è insopportabile. La gente muore di fame, a pochi chilometri da uno stato ricco che li massacra con le bombe».
Il fisico, conosciuto per le sue posizioni a favore della pace, già durante il Concertone del Primo Maggio 2023 aveva esortato pubblicamente i giovani ad agire. A prendere in considerazione i problemi che mettono a rischio il pianeta, come la crisi climatica, le disuguaglianze crescenti e soprattutto la tensione del mondo che si prepara alla guerra: «La guerra che cresce è la cosa più importante da fermare. Invece di collaborare, i paesi si aizzano uno contro l’altro, come galletti in un pollaio. […] Il mondo non è dei signori della guerra il mondo è vostro. E voi il mondo potete cambiarlo, insieme. […] Le cose del mondo che ci piacciono sono state costruite da ragazzi, giovani che hanno saputo sognare un mondo migliore. Immaginatelo, costruitelo», aveva detto dal palco di Roma, a conclusione di un discorso in grado di scatenare non poche polemiche.
«Le accuse di antisemitismo sono ciniche e completamente infondate. Questi stessi giovani scenderebbero egualmente in piazza per difendere la popolazione ebraica massacrata. Anzi, lo farebbero con ancora più furore. Ma è peggio di così: perché brandire la stupida accusa di antisemitismo è soffiare sul fuoco del razzismo: razzismo è leggere tutto in termini di razza, invece che nei termini di chi muore sotto le bombe e chi dà l’ordine di sganciarle. Chi continua a parlare di antisemitismo non sa liberarsi dal suo implicito razzismo», aggiunge oggi. A difesa dei movimenti studenteschi che lottano affinché la guerra a Gaza abbia fine, a sostegno della popolazione palestinese che stanno prendendo sempre più spazio nelle università: «Penso che l'entrata della polizia negli atenei sia un grande insegnamento per i giovani - conclude- insegna loro a diffidare delle istituzioni. A capire che qualche volta il potere non è per loro. È contro di loro, contro la loro sincerità, contro chi muore sotto le bombe».
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il settore bancario in questa particolare fase storica si trova in una situazione rischiosa. Per un lungo periodo di tempo lasciare i depositi sui conti correnti bancari è stata un’opzione poco costosa, in termini di opportunità perse, per i risparmiatori. L’inflazione era contenuta e i rendimenti dei titoli di stato e di una larga fetta del mercato obbligazionario non particolarmente interessanti. Oggi (...) per le banche il costo della raccolta sale. Dall’altra parte (sono piene) di "attivi" difficili da smobilizzare, sia perché le obbligazioni sono state comprate a prezzi molto più alti di quelli attuali, sia perché un rallentamento economico o addirittura una recessione renderebbe molto difficile liberarsi di prestiti e mutui alla pari. Uno scenario di recessione e magari di stress finanziario troverebbe le banche particolarmente vulnerabili.
(...) L’origine della crisi può certamente scaturire da una particolare banca (...) ma l’impatto è quasi immediatamente di sistema. (...) Le crisi bancarie nate dopo il 2008 sono tutte state risolte, senza distinzione, da interventi “pubblici”, o direttamente o tramite le banche centrali. Questa ovvietà ha avuto le ennesime conferme con quanto fatto dagli Stati Uniti a valle del fallimento di Silicon Valley Bank e con quanto messo in piedi dalla Svizzera con la crisi di Credit Suisse.
(...)Gli Stati possono salvare il sistema bancario (...) solo a debito e solo con il supporto delle banche centrali. Negli Stati Uniti il perno è la Fed e il Governo americano, in Europa sarà il Mes che impone condizionalità politiche e che ha lo stesso Dna della decisione con cui l’Europa ha salvato gli e-fuels tedeschi e condannato i biocarburanti italiani.
Legare il Mes alla risoluzione delle crisi bancarie nell’attuale contesto macroeconomico e finanziario è un bellissimo modo per farlo ratificare a furor di popolo, perché ancora più che in altre crisi questa volta, se mai ce ne sarà una, arriverà direttamente e senza filtri sulle banche (quindi sulle spalle) di tutti. Qualcuno potrà salvarle “gratis”, senza pagare dazi politici, qualcun altro che ha tanto debito no. L’austerity è solo uno dei tanti costi, come si è visto in Italia nel 2012.
via https://www.ilsussidiario.net/news/proposta-ue-su-crisi-banche-lo-stratagemma-per-riavvicinare-litalia-al-mes/2523431/
Han trovato lo stratagemma per farci ingoiare il MES, che all'ingenuotto sinistro i servi furbacchioni vendono come accesso a capitali illimitati, mentre il realista conservatore sa che significa consegnar le chiavi di casa a vicini livorosi invidiosi invadenti e in conflitto di interessi.
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massacro di nervi
(A proposito, il Natale, da quella soave, commovente e un po' malinconica festa che era, si è andato mutando, almeno nelle città, in una febbre frenetica, in un babelico furore, in una specie di corsa all'amok. Una volta lo si aspettava come un dolce intermezzo di gioia e di bontà. Oggi è una specie di incubo. Anziché riposo e pace dell'animo, massacro di nervi e di portafogli. Ammetto pure che qui parli un avaro, ma questo lamento è ormai voce unanime. È la moda del costume anglosassone, da noi adottato con esagerazione tutta latina? È il frutto di una potente e astutissima campagna pubblicitaria condotta dagli operatori economici con espedienti psicanalitici e motivazionali, di cui non ci siamo manco accorti? O è semplicemente una nuova vittoria di sua maestà il conformismo che ci va piallando a poco a poco? Fatto è che al 25 dicembre si arriva stremati, con la testa in fiamme. E ancora una volta si resta attoniti di fronte alla maestosa idiozia dell'uomo; il quale è riuscito a trasformare in supplizio una delle cose più belle che era stato capace di inventare.) da D. Buzzati, La tecnica dei regali è piuttosto in ribasso (Corriere della Sera, 21 dicembre 1960), in Il panettone non bastò
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Ti insegnerò a volare
La stanza ad Indianapolis
È buia ma ricordo
Ricordo il tuono e il pubblico
E un universo sordo
Poi che mi vien da ridere
E faccio per alzarmi
Che oggi devo correre
E sto facendo tardi
Poi che mi guardo e vedo ma
Ci son le stelle fuori
E un mare di colori
E se non potrò correre
E nemmeno camminare
Imparerò a volare
Imparerò a volare
Se partirai per Itaca
Ti aspetta un lungo viaggio
E un mare che ti spazza via
I remi del coraggio
La vela che si strappa e il cielo
In tutto il suo furore
Però per navigare solo
Ragazzo, basta il cuore
Qui si tratta di vivere
Non d'arrivare primo
E al diavolo il destino
E se non potrai correre
E nemmeno camminare
Ti insegnerò a volare
Ti insegnerò a volare
Mica si dice inverno se
Vien giù quel po' di neve
Mica finisce il giorno se
Di notte il sogno è breve
Questa vita è una donna che
Ti ama come sei
Questa vita è un amore che
Non ti tradisce mai
Questo venire al mondo è stato
Un gran colpo di culo
Pensa se non nascevi
E se non potrai correre
E nemmeno camminare
Ti insegnerò a volare
Ti insegnerò a volare
Mica sono le stelle a farlo
E i santi men che meno
Te lo fai tu il destino
E se non potrai correre
E nemmeno camminare
Ti insegnerò a volare
Ti insegnerò a volare
F. Guccini, R. Vecchioni
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Non intitolerò questo post “Dall’Oriente con furore”: The Red Shoes e Incantation
Se qualcuno si prendesse la briga di scorrersi tutte le segnalazioni presenti fino ad ora sul blog, si accorgerebbe ben presto che c’è un medium specifico la cui assenza spicca particolarmente. Vorrei poter fornire a questo ipotetico lettore una spiegazione del tutto legittima di questa mancanza, tipo che la mia religione mi impone alcune costrizioni inaggirabili, ma la verità è molto più piana e soprattutto meno lusinghiera: guardo quasi solo film che hanno visto tutti. Il cinema è sicuramente la forma d’arte mainstream con cui ho meno dimestichezza, se non altro perché è quella in cui sono stata meno immersa sia nella mia infanzia che nella mia adolescenza; so pochissimo di regia, composizione cinematografica e recitazione e quando decido di guardare qualcosa finisco sempre a recuperare un grande classico piuttosto che una produzione sconosciuta girata con due euro e tanta voglia di innovare che potrebbe meritare un posto su questo blog. In questo triste appiattimento dei miei gusti cinematografici verso quello che mi propinano le liste top 50 movies of all time o, più raramente, il cinema della mia città, spicca però una lodevole eccezione nata ai tempi delle superiori: il cinema coreano.
Per nessun’altra ragione al mondo se non quella di aver visto Save the Green Planet! ad un’età formativa e aver immediatamente dopo sturato i miei dotti lacrimali a dovere con Mr. Vendetta, in questi anni ho visto un bel po’ di quello che il cinema coreano degli ultimi due decenni aveva da offrire – rimanendo piuttosto impressionata. Mi pareva dunque interessante dedicare un articolo a tutte quelle persone che si sono viste Parasite quando ha vinto l’Oscar, hanno recuperato Oldboy e Pietà sull’onda dell’entusiasmo e ora vorrebbero qualche consiglio che non si possa trovare semplicemente cercando 10 korean movies you should be watching right now (sì, consulto spesso le liste sull’internet, fight me), ma l’impresa è riuscita solo a metà: per quanto uno dei due film della segnalazione di oggi sia davvero coreano, il secondo è diretto da Kevin Ko, regista taiwanese che ha collaborato addirittura con Netflix per la distribuzione della pellicola. Perché cambiare piani all’ultimo minuto? Be’, uno, perché Man in High Heels si è rivelato una delusione, e due, perché The Red Shoes e Incantation hanno qualcosa in comune che li rende perfetti per condividere lo stesso spazio sul blog: sono entrambi horror paranormali che si focalizzano sul rapporto tra una madre single e una figlia a cui, per non essere troppo specifici, succedono cose. Cose sovrannaturali, terrificanti e a dirla tutta anche un po’ schifose.
The Red Shoes
Questo poster sta gridando con tutte le sue forze “sono un mediocre horror orientale dei primi anni duemila”, ma voi non credetegli.
Il primo dei due film che si sono meritati uno spazio sul blog è il meno recente – uscito nelle sale coreane nel 2005 – e anche il meno conosciuto dei due. Anche se dovrebbe prendere ispirazione dalla famosa fiaba di Andersen Le scarpette rosse, in pratica condivide con la fiaba giusto l’ispirazione per l’oggetto al centro della trama: un bel paio di scarpe che la protagonista del film, Sun-jae, trova abbandonate in un vagone della metropolitana in un periodo della sua vita particolarmente difficile; ha appena divorziato dal marito, colto in flagrante mentre la tradiva, e si è ritrovata a dover prendere in affitto un orribile appartamentino a basso costo per rientrare nelle spese che devono affrontare lei e la figlia, Tae-su, appassionata di danza classica. Il fortunato ritrovamento sembra davvero l’unica cosa ad andare per il verso giusto negli ultimi mesi – tranne forse l’interesse che In-cheol, designer giovane e carino, dimostra nei confronti di Sun-jae – ma forse proprio per questo anche Tae-su s’invaghisce subito di quel bel paio di scarpe, provocando una serie di incidenti che ben presto mettono Sun-jae in allarme… Da dove vengono quelle scarpe, ed è stato un caso che siano finite proprio nelle sue mani?
Indubbiamente la prima cosa che colpisce di The Red Shoes è l’utilizzo brillante che il regista fa dei colori: come i più perspicaci di voi avranno avuto modo di notare, infatti, le scarpe al centro della storia non sono affatto rosse, bensì di un rosa acceso un filo pacchiano; è rossa però la traccia di sangue che queste scarpe si tirano dietro, una scia di piedi mozzati, cascate sanguinolente e ossa tranciate che pur non essendo particolarmente esplicita per gli standard degli horror di questi decenni è assai ben girata e permette a tutte le scene che dovrebbero suscitare tensione di raggiungere perfettamente lo scopo prefissatesi. Più in generale, si tratta di un film dai toni spenti e grigi, che pur essendo sempre ben leggibile anche nelle scene più buie ha come unico elemento di forte contrasto proprio tutte quelle scene in cui è il sangue a farla da padrone – assieme naturalmente alle scarpe, che accendono tutte le inquadrature in cui sono presenti e catturano l’occhio dello spettatore, esattamente come succede a tutti i personaggi che vi entrano in contatto.
Infatti il canovaccio che segue il film è piuttosto solido ma relativamente convenzionale, almeno fino a tre quarti del film: un oggetto su cui grava un qualche tipo di maledizione viene acquisito da un’ignara protagonista causando danni a non finire a causa della spirale di ossessione in cui precipitano tutti coloro che vi posano gli occhi sopra; è infatti nelle scelte di sceneggiatura e di regia un po’ più peculiari che The Red Shoes riesce a ritagliarsi uno spazio in un genere già piuttosto ricco nel suo anno di uscita, che oggi è tragicamente saturo. In primo luogo, la scelta di una protagonista femminile che ha un rapporto ben lontano dalla zuccherosa perfezione di cui certi film ammantano la relazione madre-figlia e che in un horror del 2005 era quantomeno inusuale (lo stupendo The Babadook è del 2014, per intenderci); Tae-su è pestifera e seccante, come ci si aspetterebbe da una bambina che vive una situazione famigliare complessa, mentre Sun-jae è tesa, irritabile e sotto l’influsso delle scarpe diventa sempre meno paziente nei confronti della figlia. Per quanto si tratti un film che non è capace di scavare a fondo nella relazione familiare disfunzionale come è stato in grado di fare il sopracitato film di Kent, rimane comunque abbastanza abile da mettere in scena una protagonista con cui è facile empatizzare e per cui ci viene naturale fare il tifo, pur rendendo fin da subito chiaro quanto complessa e sfaccettata sia la realtà della sua situazione – e quando alla fine del film abbiamo il quadro completo della situazione, nulla di ciò che accade è inaspettato o costruito dal nulla: riguardandolo per la recensione mi sono divertita a notare tutti i piccoli pezzi del puzzle che possono condurre alla conclusione naturale del film prima che si arrivi ad essa. Anzi, forse un rimprovero che si può muovere al film è proprio quello di essere un po’ troppo didascalico; sarà che l’ho visto di recente ricordandomi molto bene il finale, ma mi è sembrato che in certi punti il film calcasse un po’ troppo la mano sugli indizi che possono portare lo spettatore a svelare l’intreccio prima della fine.
Tae-su, interpretata da un’attrice piuttosto abile per la sua giovane età.
Insomma, pur essendo un film assai godibile, specialmente per gli appassionati del genere, The Red Shoes ha qualche limite: pochissimo interesse per la sottigliezza (… quando i personaggi afferrano le scarpe parte una melodia inquietante di poche note), qualche nodo logico e spazio-temporale poco credibile per permettere inquadrature e scene più d’impatto – come nel caso di quelle girate in metropolitana – e in generale il poco interesse ad innovare, specialmente sul lato del sovrannaturale. Complici anche gli anni che si porta sulle spalle che hanno visto fiorire ogni sorta di paranormal horror con approccio molto simile, difficilmente quello che si vede in scena sorprenderà, sia per livello di brutalità che raggiunge sia per concept innovativi: rimane in ogni caso un buon film che è un ottimo modo per iniziare a guardare produzioni coreane un po’ diverse da quelle dei soliti noti.
Incantation
Rassicurante. Fun fact, il regista si è ispirato sia ad alcune correnti buddiste sia all’induismo per creare i simboli e gli oggetti associati al culto al centro del film.
Il dubbio che continuerà a perseguitarmi ben dopo la pubblicazione di questo post sarà: ma c’è bisogno che io scriva di Incantation? Wikipedia mi informa che è stato l’horror taiwanese con gli incassi più alti mai registrati, è stato distribuito da Netflix ed è tutt’ora disponibile sulla piattaforma… Eppure io l’ho visto per puro caso spulciando i consigli di una scrittrice che apprezzo, i400calci, il mio personale riferimento per il cinema soprannaturale e di menare (cit.), non l’ha recensito e in generale la stampa italiana non è rimasta particolarmente colpita da questo film che si è invece guadagnato immediatamente un posto tra i miei horror preferiti. Quindi, sempre per la legge per cui alla fine su questo benedetto blog scrivo un po’ di quello che mi capita sottomano, ho deciso che se anche fuori dalla mia bolla personale l’hanno visto tutti e parlandone faccio come l’utente che entra in un forum di videogame indie e spaccia Undertale per l’equivalente del libro dello scrittore polacco morto suicida, io ne voglio parlare lo stesso perché l’ho adorato.
E il fatto che io abbia adorato un film found footage, categoria di pellicole che in circostanze normali mi irrita terribilmente quando non mi induce direttamente il sonno, è già di per sé un ottimo termometro di quanto Incantation sia abile nel gestire questo formato e nell’utilizzarlo per aumentare ulteriormente la tensione in un film che fin dal minuto uno è già teso come una corda di violino: Li Ronan, una giovane donna di fronte ad una telecamera, implora chiunque stia vedendo il girato di recitare con lei una preghiera per salvare la figlia Dodo. Apprendiamo infatti che Ronan aveva in passato fatto qualcosa che la aveva convinta di essersi attirata addosso una maledizione dalle conseguenze nefaste per chi le stava intorno, costringendola a dare in adozione la figlia appena nata; dopo un percorso psichiatrico e la ferma sicurezza che le sue convinzioni erano dettate dalle esperienze traumatiche vissute in precedenza, decide di riprendere con sé la bambina iniziando un percorso di affidamento. Ma quello che sembrava essere solo un residuo della sua paranoia inizia a manifestarsi in maniera sempre più reale attorno a Dodo, portando Ronan a fare scelte sempre più disperate per salvare la figlia dalla condanna che sembra incombere su di lei – e svelando allo spettatore a poco a poco ciò che le è successo davvero sei anni prima, quando il suo cammino si è incrociato con quello di un bizzarro culto rurale dalle usanze stravaganti ma pericolose.
Anche la premessa di questo film è piuttosto convenzionale e non è difficile immaginare la piega che prenderà la vicenda: Ko è però abilissimo a suscitare curiosità circa l’incidente scatenante dell’intera storia e a dosare i flashback che ce lo raccontano con millimetrica precisione, alternandoli a scene che sono già da sole terribilmente inquietanti poiché scavano a piene mani in quel terrore che si prova nel non sentirsi al sicuro a casa propria, nel proprio stesso letto e soprattutto nel non avere un posto dove fuggire; la maledizione che insegue Ronan è pervasiva, letale e senza volto, esattamente come il culto in cui si è ritrovata invischiata prima di avere Dodo. Indubbiamente il livello di attenzione per i dettagli delle cerimonie, dei vestiti e delle sculture che sono al centro della misteriosa religione è l’altro grandissimo punto di forza dell’intera pellicola, che comprende benissimo quali sono le dinamiche davvero spaventose su cui vale la pena calcare la mano e si avvale quindi di un’estetica che rinforza l’atmosfera grottesca e oppressiva di cui si nutrono questo tipo di movimenti religiosi. Rituali intricati e violenti pur nella loro tetra sacralità, che in ultima istanza pretendono la totale sottomissione di tutti i loro adepti e sono famelici di nuovi proseliti; pur senza addentrarmi eccessivamente nelle vicende del film, che vale la pena di essere visto senza spoiler, è evidente che tutto, fino alla rivelazione finale che spazza via ogni dubbio sulla reale natura della maledizione, è orchestrato in maniera perfettamente coerente rispetto a ciò di cui il regista vuole parlare: lo schiacciante potere che conferiamo all’adorazione del divino che mastica, consuma e sputa intere vite solo per estendere il suo dominio sullo spirito umano.
Avrei potuto scegliere frame più interessanti, ma a) sono pigra e b) il programma che uso di solito per fare screenshot avuto qualche problema. Giuro che il film è bello da vedere.
Certo, per quanto Ko sia abile ad utilizzare il found footage per calcare la mano sulla natura ubiqua e pervasiva della disgrazia che segue la protagonista, si tratta di una modalità narrativa che per sua natura si presta più di altre a rompere la sospensione dell’incredulità (quante telecamere accese potranno mai esserci in queste situazioni al limite?); è anche vero che il ruolo del filmato è fondamentale per la rivelazione che ci verrà fornita sul finale, nonché essenziale per supportare il tema portante della narrazione, ed è dunque stata indubbiamente una scelta vincente e non un mero vezzo stilistico che molti registi contemporanei adottano giusto per riscaldare una vecchia minestra in un nuovo microonde. Ed è davvero l’unico appunto che mi sento di fare ad Incantation – tranne forse una mancanza di spazio data alla relazione tra Ronan e l’assistente sociale che verrà coinvolto nelle vicende, che porta ad una decisione un filo improbabile – poiché per il resto si tratta di un film capace di utilizzare elementi orrorifici per nulla rivoluzionari per raccontare una storia carica di tensione che lima lo spettatore fino ad arrivare ad un finale capace di mettere a nudo il cuore pulsante dell’orrore che la protagonista deve sfidare.
Anche questo consiglietto giunge al termine! Forse con un film un po’ più mainstream rispetto alle storie segnalate di solito sul blog, ma la verità è che ho visto Incantation a febbraio e ci sto ancora pensando, quindi ho dovuto esorcizzare il tarlo in qualche modo; confido comunque che almeno uno di questi due film abbia stuzzicato il vostro interesse, se non altro per la curiosità di conoscere il destino delle due protagoniste e delle loro rispettive figlie.
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Gli Stati Uniti sanno quello che vogliono ma l’Europa invece?
Gli Stati Uniti sanno quello che vogliono ma l’Europa invece?
di Alexandro Sabetti 25 Settembre 2024 Gli USA, nel loro furore neoliberista, sanno quello che vogliono e cercano di ottenerlo a qualsiasi costo. E l’Europa imbelle invece? Gli Stati Uniti sanno quello che vogliono, l’Europa? Nell’agenda mondiale la questione multipolarismo è segnata in rosso. Oggi abbiamo una superpotenza totale USA, sia dal punto di vista militare che per quello economico.…
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PRIMA PAGINA Il Romanista di Oggi sabato, 03 agosto 2024
#PrimaPagina#ilromanista quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi romanista#quotidiano#tifosi#mondo#femminile#dopo#ritiro#test#sette#giorni#anno#sabato#agosto#furore#ufficiale#resta#ieri#primo#allenamento#oggi#giocare
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“Il Signore ha chiamato me e mia moglie a seguirlo ogni giorno. Quando abbiamo scelto di vivere in castità era parte del cammino”: Alessandro Greco si racconta
Nuovo post pubblicato su https://wdonna.it/il-signore-ha-chiamato-me-e-mia-moglie-a-seguirlo-ogni-giorno-quando-abbiamo-scelto-di-vivere-in-castita-era-parte-del-cammino-alessandro-greco-si-racconta/117540?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=117540
“Il Signore ha chiamato me e mia moglie a seguirlo ogni giorno. Quando abbiamo scelto di vivere in castità era parte del cammino”: Alessandro Greco si racconta
Una carriera lunga e caratterizzata da alti e bassi, con momenti di grande successo alternati a periodi di assenza prolungata. Alessandro Greco ha vissuto le montagne russe del piccolo schermo, conquistando il pubblico con buone performance e accumulando una lunga esperienza. Dopo aver raggiunto il successo musicale con “Furore” e aver condotto quiz e serate evento, da oggi 3 giugno 2024, è tornato su Rai1 alla guida di “Unomattina Estate” insieme a Greta Mauro. “Una carriera fatta di zig zag? Ho rifiutato progetti che non mi convincevano. Certo, dopo gli anni fortunati, non ho avuto la continuità che speravo. Da un lato te lo aspetti, dall’altro ti dispiace, soprattutto quando fai un lavoro che riflette la tua passione”, ha detto in un’intervista a Repubblica. Ha anche ricordato il suo stretto legame con Raffaella Carrà: “Era un’artigiana instancabile, molto esigente con sé stessa. Con lei ho partecipato al gran concerto con l’Orchestra Sinfonica della Rai per promuovere la musica classica tra i giovani. Le sarò sempre grato, mi considerava come un figlioccio. Durante i periodi di pausa, Greco non ha mai recriminato: “È il mio carattere e questo atteggiamento deriva dagli insegnamenti dei miei maestri, incluso Lino Banfi. Siamo figli della gavetta, quella vera e dura. Quando tocchi il fondo, devi solo avere fede e rialzarti.” Il conduttore ha trovato conforto nella religione: “Ho il dono della fede e mi sono affidato alla mia famiglia, a Beatrice (Bocci, mia moglie, seconda classificata a Miss Italia nel 1994). Fabrizio Frizzi, una persona meravigliosa che è rimasta nella mia vita, me l’ha presentata.”
Alessandro Greco e la fede
“La fede è fondamentale per me. Io e Beatrice l’abbiamo ereditata dalle nostre famiglie, una fede semplice, quella delle festività comandate, ma poi il Signore ci ha chiamato a seguirlo ogni giorno: è il capofamiglia”, ha spiegato a Repubblica. Nel programma di Serena Bortone “Oggi è un altro giorno” nel 2022, aveva dichiarato: “Abbiamo scelto di vivere nella castità. Ci siamo sposati nel 2008, dopo due figli, e abbiamo preso questa decisione. Non c’è un motivo specifico, è un percorso.” Beatrice Bocci, sposata con Greco da 25 anni, aveva commentato: “Da tre anni abbiamo preso questa decisione, che ci ha portato a vivere il nostro rapporto più intensamente. Ora le parole, gli abbracci e le carezze hanno un significato maggiore rispetto a prima.”
Greco ha ulteriormente spiegato queste dichiarazioni a Repubblica due anni dopo: “Non era un’ostentazione, ma una scelta legata a un periodo specifico, nel contesto di un percorso di fede. Hanno scritto di tutto. Non è facile affrontare certi temi.
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Zona 13: una pizzeria da Caserta con Furore
Nuova recensione Ccp del ristorante, braceria e pizzeria Zona 13 a Caserta 🍕
Andatela a leggere! 🍽️
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Furore, tra letteratura e romanzo popolare
Furore: consiglio la lettura di quello che è diventato un classico senza tempo.
Bello ma non bellissimo, da un punto di vista squisitamente letterario. Uno splendido affresco delle contraddizioni di allora e di oggi, da un punto di vista squisitamente sociale. La conferma della straordinaria generosità di chi ha solo un tozzo di pane ed è pronto a dividerlo con chi non ha nemmeno quello: quella generosità è uno dei motori che muove l’umanità, più forte di ogni grande…
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Sono contrario (...) al tirare in ballo il fascismo per prepotenze comuni (...). E però. E però mi trovo a Minervino Murge e vedo due follie con varie analogie, a cominciare dalla verticalità: il folle faro fascista (un faro a 35 chilometri dal mare!), nella villa comunale, e le folli pale eoliche sulle Murge circostanti. Il faro ha novant’anni, le pale sono nuove. Le due follie rappresentano potentemente i rispettivi fideismi, il fascismo di allora e l’ambientalismo di oggi. La demenza del faro (inaugurato da Achille Starace, il gerarca più scemo, riconosciuto come tale perfino dal Duce) oggi è plateale. La pazzia delle pale non ancora, almeno a chi ignora i meccanismi dell’energia. Ma il tempo è galantuomo e fra altri novant’anni a Minervino si potrà istituire il Parco dell’Ideologia intesa scespirianamente come “favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla”. Quando faro e pale saranno universalmente riconosciuti come monumenti alla perdita del senno finalmente serviranno a qualcosa: a mostrare cosa succede quando si smette di ragionare.
Grande e lungimirante come spesso il Camiollo, come può succedere solo a chi non si collochi piatto allineato alle parole d'ordine correnti, via https://www.ilfoglio.it/preghiera/2023/08/17/news/va-bene-non-ricondurre-tutto-al-fascismo-ma-con-le-pale-eoliche-c-e-un-analogia-5599315/
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46° anniversario dell'omicidio di Benedetto Petrone: la commemorazione organizzata dall'amministrazione comunale
46° anniversario dell'omicidio di Benedetto Petrone: la commemorazione organizzata dall'amministrazione comunale. Bari. Questa mattina, in occasione del 46° anniversario dell’omicidio di Benedetto Petrone, l’amministrazione comunale ha voluto ricordare il giovane militante comunista, ucciso da una squadraccia fascista, con la deposizione di una corona di fiori sotto il toponimo della strada di Bari vecchia a lui intitolata e, a seguire, presso la lapide commemorativa in piazza Libertà. Alla cerimonia hanno partecipato il vicesindaco Eugenio Di Sciascio, i familiari e la sorella di Benedetto, Porzia Petrone, l’assessore regionale Giovanni Stea, Franco Intranò, anche lui accoltellato quella sera del 28 novembre 1977, e i rappresentanti del Comitato XXVIII Novembre. “Come ogni anno, da 46 anni, ci ritroviamo qui con Porzia Petrone e con tutti voi, per ricordare la morte di Benedetto Petrone e la ferocia con cui questo giovane, militante comunista e antifascista, fu ammazzato in questa piazza - ha dichiarato Eugenio Di Sciascio -. In realtà, però, giornate come questa ci consentono di ricordarne la vita e la forza delle sue idee. Ogni volta che ci ritroviamo riuniti sotto questa lapide si rinnova lo spirito antifascista della città di Bari, che coltiviamo anche attraverso momenti come questo. Essere qui oggi, in piazza della Libertà, significa onorare il sacrificio di Benny Petrone che, con la sua militanza, ha difeso proprio quella libertà e la democrazia, che in quegli anni di furore ideologico erano forse ancora troppo fragili. Benny è entrato nella storia di questa città ed è nostro compito continuare a tenere vivo il ricordo di ciò che è successo, che non può e non deve essere archiviato come l’omicidio commesso da un fanatico psicolabile. Si è trattato, invece, come in molti hanno compreso già a poche ore da quel fatto di sangue, di un omicidio premeditato, perpetrato da esponenti della destra ai danni di un ragazzo, un operaio, un militante antifascista. Anche l’ultimo procedimento penale ha evidenziato la matrice politica e ideologica di quella terribile aggressione, il cui obiettivo, com’è scritto negli atti giudiziari, era quello di affermare una supremazia politica. Oggi, anche alla luce di quest’ultima inchiesta, possiamo affermare senza dubbio che Benedetto Petrone è un martire del fascismo, come scritto su questa targa, ed è per questo che continueremo a ricordare il suo omicidio insieme a una serie di altri eventi accaduti nella nostra città e legati alla lotta antifascista: penso alla strage di via Niccolò dell’Arca, al coraggio di Michele Romito e del popolo di Bari vecchia, al primo congresso dei Comitati di Liberazione Nazionale nel Teatro Piccinni, le voci libere di Radio Bari e l’impegno di Casa Laterza e degli intellettuali del circolo di Benedetto Croce. Proprio in queste ore, nell’androne di Palazzo di Città, grazie alla creatività del maestro Giuseppe Caccavale, stiamo realizzando un intervento artistico per ricordare l’80mo anniversario del primo incontro dei partiti e delle organizzazioni antifasciste, nel gennaio del 1944, in cui furono poste le basi per la libertà e la democrazia del nostro Paese. Noi crediamo che la verità della storia vada sempre coltivata e alimentata come antidoto alla violenza e al revisionismo: tocca a noi far sì che il fascismo, la cultura dell’odio e della sopraffazione vengano banditi per sempre dal nostro orizzonte, specie oggi che rischiano di insinuarsi nella nostra quotidianità in modo molto più subdolo, minando a poco a poco i diritti, le libertà e i valori condivisi. Ora e sempre resistenza!”. “Ogni anno state qui accanto a me, oramai vi conosco tutti - ha detto Porzia Petrone -. Per me è una gioia perché significa che nessuno di voi ha dimenticato Benedetto e questa giornata. Bari ha fatto di Benny una bandiera, un simbolo della lotta antifascista e del contrasto alle ingiustizie. Ecco, stasera ci ritroveremo in piazza Chiurlia per ricordare, insieme all’Anpi e ad altri amici, Benedetto, e vorrei che vengano tanti giovani per discutere delle ingiustizie che stanno accadendo in tutto il mondo. Mi piacerebbe farlo proprio con loro, che sono il nostro domani e che dovranno fare in modo che ci siano sempre meno ingiustizie nel mondo”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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"DISEASE COMES FROM THE SPIRITUAL DESCENT"
“You should be your own doctor.
If there is no silence inside, all the medicines and the best doctors are in vain.
The subconscious of modern man is unstable like a rough ocean with stormy waves.
The subconscious full of impressions makes the soul restless.
The emotions then boil over like a volcanic eruption.
Without working on emotions, spirituality is just a house of cards.
And what is a man without peace of mind?
Separated from the grace of God, he seeks comfort in material things in vain.
But this is not a consolation, but a bottomless hole and in the end there is only emptiness.
When the soul becomes a calm sea, healing begins.
Remember, this is the golden rule.
The source of most diseases is in the mind, so the mind can overcome most diseases."
Nikola Tesla
Tesla had understood and confirmed a truth written thousands of years ago, and which already in his time revealed superior wisdom and wisdom, that of divine origin contained in the Bible.
In fact, it is now established that negative emotions such as anger, anger, resentment, can cause hypertension, breathing difficulties and other disorders.
Fury can unsettle the mind, and an outburst of anger is often followed by a period of deep mental depression.
But negative feelings and emotions are also harmful to spiritual health.
It is no coincidence that the Bible says: "The calm heart is the life of the carnal organism."
(Proverbs 14:30)
Yes, it is really healthy to control your spirit without neglecting your spirituality.
📚🔍For further information see the article:
"Control your spirit!"
Published by jw.org and available free online.
"LA MALATTIA VIENE DALLA DISCESA SPIRITUALE"
"Dovresti essere il medico di te stesso.
Se non c'è silenzio dentro, tutte le medicine e i migliori dottori sono vani.
Il subconscio dell'uomo moderno è instabile come un oceano agitato con onde tempestose.
Il subconscio pieno di impressioni rende l'anima inquieta.
Le emozioni poi ribollono come un'eruzione vulcanica.
Senza lavorare sulle emozioni, la spiritualità è solo un castello di carte.
E cos'è un uomo senza la pace della mente?
Separato dalla grazia di Dio, cerca invano conforto nelle cose materiali. Ma questa non è una consolazione, ma un buco senza fondo e alla fine c'è solo il vuoto.
Quando l'anima diventa un mare calmo, inizia la guarigione.
Ricorda, questa è la regola d'oro.
La fonte della maggior parte delle malattie è nella mente, quindi la mente può superare la maggior parte delle malattie."
Nikola Tesla
Tesla aveva capito e confermato una verità scritta migliaia di anni fa, e che già ai tempi rivelava una sapienza e una saggezza superiore, quella di origine divina contenuta nella Bibbia.
Infatti è oggi accertato che le emozioni negative come l'ira, la rabbia, il rancore, possono provocare ipertensione, difficoltà respiratorie e altri disturbi.
Il furore può sconvolgere la mente, e spesso a uno scatto di rabbia segue un periodo di profonda depressione mentale.
Ma i sentimenti e le emozioni negative nuocciono anche alla salute spirituale.
Non a caso la Bibbia dice: “Il cuore calmo è la vita dell’organismo carnale”. (Proverbi 14:30)
Sì, è davvero salutare controllare il proprio spirito senza trascurare la propria spiritualità.
📚🔍Per approfondire vedi l'articolo:
"Controllate il vostro spirito!"
edito da jw.org e disponibile gratuitamente online.
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