#occhiali neri
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Occhiali neri / Dark Glasses Dario Argento. 2022
Eclipse 2 Via della Sierra Nevada, 130, 00144 Roma RM, Italy See in map
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#dario argento#occhiali neri#dark glasses#ilenia pastorelli#giallo#rome#lazio#italy#EUR#movie#cinema#film#location#google maps#street view#eclipse#2022
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Dario Argento
Occhiali neri Dark Glasses
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"buon lunedì, con l’augurio di sentirci sempre completamente assorbiti dal momento così come in questi scatti con il maestro oratore"
#dargen d'amico#nino frassica#la mia idea di paradiso o forse purgatorio sarebbe stare seduta a cena a un tavolo con a destra frassica e a sinistra dargen#tra l'altro loro due con questa cromia stanno dando così tanto l'angelo e il diavolo di kronk nelle follie dell'imperatore#roba mia#(occhiali dorati e neri è completo rosso nella top 10 best look di dargen btw)#italy tag#musica italiana
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E NON DI NUOVO QUEL CRISTO DI GABBIANO ALICE NON PASSWRA MAI
(sarò di nuovo qui a postarlo per la commemorazione quando saremo a PI quest’anno)
per non dimenticare
@myrquez
povero gabbiano la sua ultima immagine in vita iannone
che fine triste
#io avrei avuto paura a stare in garage con lui#<<< PREV HO MOLLATO UN PORCONE FAL RIDERE#grossi occhiali neri e spessi e con meno visibilità possibile a tutte le ore per la paura di fuoriuscite#il muro nel box di vale e jlo ma per intrappolarcelo dentro
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"Chi vive in baracca, chi suda il salario
Chi ama l'amore e i sogni di gloria
Chi ruba pensioni, chi ha scarsa memoria
Chi mangia una volta, chi tira al bersaglio
Chi vuole l'aumento, chi gioca a Sanremo
Chi porta gli occhiali, chi va sotto un treno
Chi ama la zia, chi va a Porta Pia
Chi trova scontato, chi come ha trovato
Na na na na na na na na na na
Ma il cielo è sempre più blu!!!"
.«C’è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio. Io non li temo. Non ci riusciranno. Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno che cosa voglio dire questa sera. Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale, e si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di Capocotta.»
Rino Gaetano, all'anagrafe Salvatore Antonio Gaetano (Crotone, 29 ottobre 1950 – Roma, 2 giugno 1981), è stato un cantautore italiano.
Incompreso fra gli incompresi, specie per i suoi contemporanei. Definito un “autore di canzoncine ironiche, scherzose e scanzonate” da Maurizio Costanzo, presentatore televisivo iscritto alla P2, da altri liquidato come un paladino del non-sense e marchiato come cantastorie di infimo valore. Criticato, deriso, maledetto. continua:
https://www.kulturjam.it/arte-musica-e-spettacolo/rino-gaetano-genio-buffone/
La canzone profezia di Rino Gaetano, “La ballata di Renzo” anticipò la sua morte:
https://www.ilriformista.it/la-canzone-profezia-di-rino-gaetano-la-ballata-di-renzo-anticipo-la-sua-morte-109071/
Quel giorno Renzo uscì,
Andò lungo quella strada
Quando un auto veloce lo investì
Quell'uomo lo aiutò e Renzo allora partì
Per un ospedale che lo curasse,
Per guarir
Quando renzo morì, io ero al bar
Bevevo un caffè
Quando Renzo morì, io ero al bar,
Al bar con gli amici
Quando Renzo morì, io ero al bar
La strada molto lunga
S'andò al san Camillo
E lì non lo vollero per l'orario.
La strada tutta scura
S'andò al san Giovanni
E li non lo accettarono per lo sciopero.
Quando renzo morì, io ero al bar
Bevevo un caffè
Quando Renzo morì, io ero al bar,
Al bar con gli amici
Quando Renzo morì, io ero al bar
Con l'alba,
Le prime luci
S'andò al Policlinico
Ma lo respinsero perché mancava il vice Capo
In alto,
C'era il sole
Si disse che Renzo era morto
Ma neanche al cimitero c'era posto.
Quando renzo morì, io ero al bar
Bevevo un caffè
Quando Renzo morì, io ero al bar,
Al bar con gli amici
Quando Renzo morì, io ero al bar
La Ballata Di Renzo
https://www.youtube.com/watch?v=872Yrl2wB8c
Rino Gaetani la sera del 2 giugno del 1981 la passa nei locali della sua Roma. Due sere prima l’ultima apparizione televisiva, a Crazy Bus, dove canta E io ci sto e Scusa Mary, estratti dall’ultimo suo album. Tornando a casa perde il controllo della sua Volvo 343 grigio metallizzato. Si schianta contro un camion sulla Nomentana, all’altezza dell’incrocio con via Carlo Fea. Quando arrivano i soccorsi è già in coma. Viene trasportato al Policlinico Umberto I dove vengono riscontrate fratture e ferite gravi. Una grave alla base cranica. L’istituto non ha un reparto attrezzato per le urgenze. Il medico di turno prova a contattare altri ospedali: il San Giovanni, il San Camillo, il CTO della Garbatella, il Policlinico Gemelli e il San Filippo Neri – e quindi tutti i tre della canzone di dieci anni prima. Nessun posto disponibile.
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“ Carismatico, coraggioso, indomito, Lussu è un figlio della Sardegna più profonda. Nato ad Armungia nel 1890, laureato in Giurisprudenza a Cagliari, amatissimo comandante della brigata Sassari (nella prima guerra mondiale ha ricevuto ben quattro medaglie dopo quattro anni di trincea per azioni sull’altipiano del Carso e della Bainsizza), ex deputato del Partito sardo d’azione, ha pagato cara, fin lì, la sua militanza, ma ha anche ottenuto una gran bella vittoria su un regime che sembra inattaccabile. Capelli e occhi neri, slanciato, elegante, occhiali dalla montatura di metallo, baffi e pizzetto, sguardo ironico e tagliente, in quel periodo si fa chiamare ‘Mister Mill’ e vive in clandestinità. Agli occhi dei giovani dell’epoca, lo dice Joyce stessa, è un personaggio leggendario, per le gesta in Sardegna e per la sua avventurosa fuga da Lipari. I fatti della Sardegna sono questi: la sera del primo novembre 1926, centinaia di fascisti hanno assediato la casa dell’avvocato Lussu. Non è un’azione isolata, è solo una delle rappresaglie che bande di fascisti organizzano in tutta Italia – devastando case, sedi di giornali, picchiando e assaltando – non appena si è diffusa la notizia dell’attentato fallito a Mussolini, avvenuto il giorno prima a Bologna per mano del sedicenne Anteo Zamboni. Lussu, che è un antifascista, ha partecipato alla secessione dell’Aventino dopo l’assassinio di Matteotti, è antimonarchico, ha lavorato a un progetto federalista-rivoluzionario per unire azionisti, repubblicani e socialisti, è nel mirino dei fascisti della sua città: l’ordine è di saccheggiarne la casa e linciarlo sul posto. L’organizzazione dell’assalto, nella sede del fascio, è durata tutta la giornata per cui c’è stato tempo e modo, per Lussu, di ricevere informazioni da voci amiche e preparare una reazione. Gli amici gli consigliano di scappare ma lui decide di restare in casa, situata nella piazza più centrale di Cagliari, lasciandola ben illuminata, «per dare un esempio di incitamento alla resistenza».
Scende in strada per vedere che succede, sente gli squilli di tromba che chiamano a raccolta i fascisti mentre la piazza si fa deserta. Risale, manda via la domestica. La città continua a serrarsi, i negozi abbassano le saracinesche, i cinema si svuotano. Al ristorante vicino casa dove va a pranzare, il cameriere – che è stato un suo soldato durante la guerra e ora è diventato fascista ma nutre ancora grande rispetto del capitano – lo scongiura di partire subito. La sentenza contro Lussu è stata emessa e lo sa tutta Cagliari. Persino gli inquilini del suo palazzo, tra cui un magistrato di Corte d’appello, si chiudono e tacciono terrorizzati. «Incominciai a preparare la difesa. Un fucile da caccia, due pistole da guerra, munizioni sufficienti. Due mazze ferrate dell’esercito austriaco, trofei di guerra, pendevano al muro». Due giovani amici e compagni si presentano per aiutarlo ma lui li congeda senza discutere. Spegne la luce e si avvicina alla finestra. Assiste alla devastazione della sede della tipografia del giornale «Il Corriere» all’angolo, poi a quella dello studio dell’avvocato Angius. Quindi risuona il grido «Abbasso Lussu! A morte!». È sorpreso di riconoscere tra gli assalitori persone che conosce bene, di cui è stato amico o compagno di scuola. La colonna si divide in tre parti e l’attacco arriva da tre punti: una squadra sfonda il portone e sale dalle scale, una cerca di entrare da un cortile sul retro, l’ultima si arrampica dai balconi. «Confesso che, nella mia vita, mi sono trovato in circostanze migliori. I clamori della piazza erano demoniaci. La massa incitava gli assalitori dalle finestre con tonalità di uragano». Lussu lancia un primo avviso, grida «Sono armato!» da dietro le persiane. Poi, mira e spara al primo che arriva sul balcone. Un giovane fascista, Battista Porrà, colpito a morte piomba giù, sul selciato della piazza. Gli altri scompaiono in un lampo. Nonostante lo svolgimento dei fatti dimostri la legittima difesa (e infatti verrà assolto) e nonostante l’immunità parlamentare, Lussu viene portato in carcere. Ci vorrà un anno prima di arrivare a sentenza ma l’ordine di scarcerazione immediata è seguito da un ordine di domicilio coatto. Lussu è condannato alla pena di cinque anni di confino per misure di ordine pubblico e definito «avversario incorreggibile del regime». “
Silvia Ballestra, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, Laterza (collana I Robinson / Letture), 2022¹; pp. 31-33.
#Joyce Lussu#La Sibilla#letture#leggere#biografie#Cagliari#Joyce Salvadori Lussu#Silvia Ballestra#Storia del '900#Lipari#intellettuali italiani del XX secolo#antifascismo#lotta partigiana#prima guerra mondiale#Emilio Lussu#Armungia#Sardegna#Partito sardo d’azione#Bainsizza#Benito Mussolini#antifascisti#Anteo Zamboni#federalismo#squadrismo#Aventino#anni '20#Giacomo Matteotti#Giustizia e Libertà#Resistenza#Carso
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Filmmaker-A-Month: Dario Argento- Day 19
Dark Glasses (2022) Occhiali neri
Director: Dario Argento Writers: Dario Argento, Franco Ferrini Cinematographer: Mateo Cocco Starring: Ilenia Pastorelli, Asia Argento, Andrea Gherpelli Seen before: No
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Dario Argento
Occhiali neri Dark Glasses
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e poi di notte quando si fa buio
mi sento l'ultimo sopravvissuto
la mattina solo occhiali neri
e il pomeriggio penso a quando c'eri
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Ieri sera eri tutta effluvi di luce, nuvole di gelsomino, lampioni di tiglio, tepore di strade vuote, canti di tramonto, chiarore di uccellini. Eri bella e ho pensato che non importava, se ti fotografo sempre col telefono e pure male, come un turista annoiato, spicciativo e svogliato. Io, che pigro sarò anche pigro, guai; ma annoiarmi, io, ma quando mai. Ieri sera, dicevo, comunque sia. Tu brillavi nel tuo tepore, eri bella, come un verbo ben coniugato; anzi, ecco, come una sinestesia.
In piazza Nikolajewka ho visto il cartello che ne indicava il nome. Che bel nome, ho pensato, mi fa sognare di essere altrove, in qualche Est molto lontano. Ma non volevo essere altrove, ero contento di essere lì. In via Zatteri ho immaginato di naufragare nel chiarore, il naufragar m’è dolce in questo mare verde di quercia, eccetera. Ero contento, di trovarmi lì. In via Polveriera Vecchia, una signora alla fermata del bus mi ha chiesto come si chiamasse quella via, io le ho risposto, «Prego?», dunque lei ha scandito meglio la domanda. «Via Polveriera, signora», le detto io a quel punto; poi, con voce appena più bassa: «Vecchia», ho aggiunto. Mi sono sentito come uno del luogo, un abituale, un cittadino, uno che ha proprio l'aria di essere uno di lì; ero contento, di sentirmi uno di lì. Poco più avanti, ai due lati opposti di una strada, separati da un attraversamento pedonale col semaforo, si guardano una piccola gelateria e il palazzo giallo di casa mia. Nella gelateria ci lavora una ragazza con gli occhiali e i capelli neri sempre raccolti, il collo sottile, l'aspetto semplice, sorride, ha l’aria seria, è bella. Arrivato davanti la gelateria, ieri sera, ho fermato il mio passo: era appena scattato il rosso del semaforo. Bene, ho più tempo per osservarla, ho pensato: e l'ho guardata, però senza mai fissarla. Ero contento, che il semaforo fosse rosso. Ero contento, di passare di lì.
Ieri sera, dicevo, eri tutta un’essenza ed io, in un paio di momenti, mi sono sentito contento. Non felice, non allegro, non euforico, non sognante. Contento. Non fa mica rumore, la contentezza. È piccola, tranquilla, modesta. Bisogna farci caso, alla contentezza. Sennò si rischia, per esempio, di scambiarla per un buon profumo, di alberi in fiore, di fiori in cespugli, di arbusti in amore; di aria gravida di cose, portata a passeggio dal vento, per strade e giardini e piazze orientali, a profusione. Ieri sera, io, non ho fatto confusione. Ieri sera, io, alla contentezza ci ho fatto caso. Era giugno, ieri sera. Ed io, ovunque fossi, ero contento di trovarmi lì.
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uscirei con gli occhiali da sole neri anche mentre diluvia
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Ieri sera al bar ho incontrato un tuo sosia, la cosa che dovrebbe indurmi a farmi una domanda e darmi da sola la risposta è il fatto che per quanto fosse pieno il bar, il mio sguardo si è soffermato subito su questo ragazzo con gli occhiali, seduto al tavolo con gli amici. Aveva capelli neri e barba nera lunghetta, come te... e poi ti somigliava proprio tantissimo. La cosa sconvolgente è che il mio sguardo si è posato lì, perché ho riconosciuto nella maglia che indossava il ragazzo, un colore a me molto familiare nei miei ricordi con te e il mio pensiero è stato "questo colore lo indossa anche lui, anche lui ha una maglioncino di questo colore" e poi dopo, scorrendo le storie di instagram, ho scoperto che guarda il caso, tu ieri sera indossassi proprio quel maglioncino lì.
Da quando sono rientrata a casa ho l'umore sotto terra, sono ancora più antipatica ed irascibile e sono chiusa al buio in camera sotto le coperte, senza voglia di far nulla. Mi sarebbe piaciuto raccontarti questo accaduto con il sorriso, ma non ti scriverò; ho già fatto troppi danni e non voglio rompere le scatole a nessuno, non voglio continuare a farti star male per me, quindi lo scrivo qui... che anche qualora tu dovessi trovarti a leggere, è pur sempre il mio diario di sopravvivenza, questo spazio.
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Questi rapper vogliono fare i criminali
E fan cagare come rapper, pure come criminali
Hai fatto più giorni di gabbio che soldi
Siete solo dei poveri stronzi (pare)
Vuoi di più, chiudo barre, il pubblico fa "uh"
Come quando vede il Duce a testa in giù
Ora fanno tutti i fighi perché sono ricchi, pare
Non sputare nel piatto in cui pippi
Questa notte occhiali neri, nuovo Lagerfeld
Conto i soldi e perdo il conto, nuovo JR Smith
Non facciamo disco d'oro, lo facciamo in eternit
L’abc del rap italiano Pt.56 (2)
#abc#del#rap italiano#musica rap#canzoni#compagnia#gruppo whatsapp#noia#scrivimi#le migliori frasi#fatemi compagnia#aforismi#frasi aforismi#poesia#arte#citazione#ask me anything#citazioni#SoundCloud
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👠Il calendario delle vergogne.
Oggi che giorno è,
sembra quasi una canzone,
nella mia testa riesco a sentire il ritornello.
Eppure sembra stonare
questo giorno
che devo ricordare.
👠Come se un paio di scarpe rosse e una sedia vuota fossero sufficienti
Fossero coerenti a dirmi
Mai più donne violate, abusate, usate, uccise...
Mai più il silenzio dietro le porte chiuse delle mura di casa ad ascoltare gli schiaffi, a sentire le urla...
Mai più lividi e occhiali da sole sotto la pioggia battente.
Mai più bugie bianche per giornate neri.
Mai più scuse senza rimorsi per rimpianti arrivati troppo tardi.
Mi sforzo di pensare che il mondo ha tanto da imparare.
Che ai miei figli devo insegnare,
Che l'amore non fa male.
Che amare deve essere solo sorrisi
Che i pianti devono essere
Solo di gioia
Che loro non appartengono nessuno,
Neanche a me.
Che sono liberi di amare oggi
e
di non amare più domani.
A mia figlia di non accettare mai di sottostare a nessuno.
A mio figlio di essere amico, amante,
amorevole e anche di accettare un addio, un no.
Che due lettere sono una vita intera.
Che una donna lo sono oggi, lo ero ieri e lo sarò domani.
Il 25 novembre, si canta ogni giorno.
👠👠Nel disincanto di una giornata segnata sul calendario per molti solo da ricordare.
J.D
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Voglio camminare vestita in total black, occhiali da sole rigorosamente neri, rossetto rosso e "la lecon particulière" di sottofondo
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