#non ti sento contento
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io non ti sento contento, non ti rilassi, il tuo mondo lo porti con te, vorrei me ne parlassi.
#Fabri#Fibra#Turbe Giovanili#turbe in sviluppo#Ma Che Persona#non ti sento contento#non ti rilassi#lo porti con te#il tuo mondo#vorrei me ne parlassi#Fabri Fibra#Fabrizio Tarducci
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- Queste scarpe mi uccidono….., dico con una smorfia mentre mi lascio cadere sul divano e ne sfilo una….
Siamo di ritorno dal matrimonio di mia nipote. Ovviamente, come nonna della sposa, sono stata particolarmente attenta a presentarmi elegante e a posto, sapendo che avrei avuto con il resto della famiglia gli occhi addosso degli altri invitati.
Ma forse alla mia età non posso più permettermi di tenere i tacchi alti per tante ore….
- Vu….vuoi che ti aiuti, nonna?
A parlare è mio nipote, l’altro, il maschio, più piccolo di sua sorella la sposa. È lui che mi ha riaccompagnato a casa. Ci siamo divisi in più auto dopo la cerimonia e Marco mi ha fatto da autista. Sotto casa, gli ho detto di salire con me. Sembrava contento.
Adesso, quella frase mi ha un po’ sorpreso. Lo guardo. È arrossito. Però non so che dire, è una offerta così dolce….
Si inginocchia davanti il divano. Sfila una scarpa con delicatezza. Prende il mio piede tra le mani. Comincia a massaggiarlo. Sono ancora più stupita, ma devo ammettere che era proprio ciò che mi ci voleva…..
- A…a…anche l’altra, nonna?
Non rispondo, ma gli porgo il piede. Sfila anche l’altra scarpa. Le sue dita mi massaggiano i piedi. Avvolgono i talloni. Passano delicatamente sotto la pianta. Inarco il piedino. Massaggia, o dovrei dire piuttosto accarezza, le dita.
Mi sfugge un gemito. - Sei bravo….
Il massaggio è ancora più intenso. E me lo godo. Avvolge con le dita la caviglia, pressa nei punti giusti. È tutto intento nel suo lavoro, lo guardo ma tiene il capo chino, non lo solleva nemmeno verso di me.
- Ma dove hai imparato?, dico ridendo.
Mi sembra che inghiotta a vuoto. - V..vu…vuoi che smetta, nonna?
- oh no, assolutamente, rispondo e inarco ancora i piedini.
- Ha…hai dei piedi bellissimi, nonna….
Che dolce complimento. Da mio nipote, ma pur sempre un complimento, e per una vecchia signora….
- Lo pensi davvero o lo dici solo per fare contenta tua nonna?
Che perfida che sei, così lo metti in imbarazzo, il cucciolo.
Ma lui continua, quelle dita, quello sfiorare delicatamente, ora la monta, ora la pianta dei miei piedini, mmm, non riesco a non pensare a quanto siano sensuali quelle carezze. Cosa mi sta succedendo?
- Si, lo p…pp…penso….
-Grazie Marco, quelle scarpe sono eleganti, ma così strette……
Mi sfugge ancora un gemito, quando Marco prende un piede fra le mani e lo porta alle labbra, e le poggia sopra, per un bacio.
O forse sono stata io a spingere il mio piede verso la sua bocca, fino a premerlo sulle sue labbra….
Che importa. Adesso è la pianta, poggiata sul suo viso, che lui bacia. E poi le dita. E poi di nuovo la monta, e la caviglia, risalendo, finché non è la punta della sua lingua che sento attraverso le calze sulla pelle e lui che comincia a leccare piano la gamba….
Potrei fermarlo, certo, allontanarlo, tirare indietro le gambe, sgridarlo…..Invece poggio l’altro piede sulla sua guancia e lo uso per accarezzargli il viso….
- N…no…nonna, hai delle c..ca….calze bellissime, mormora in un sussurro, senza smettere di baciarmi e leccarmi le gambe.
- Davvero ti piacciono le mie calze, amore?, gli dico mettendo una mano sulla sua testa, le dita fra i capelli.
- e….la …riga…., sussurra ancora. Quelle scarpe, con quei piccolissimi pompon, che sapevo avrebbero guidato gli occhi sulla riga delle mie calze….non ho fatto male a metterle, proprio no….
La sua bocca è risalita, mi bacia sulle ginocchia, ora. Si ferma. Solleva finalmente il viso. I nostri occhi finalmente si incrociano.
- s…scu…scusa, nonna. Ho perso la testa…., lo dice strozzato, quasi un singhiozzo.
- Tu solo?, è la mia risposta. Con le dita laccate stringo il suo viso fra le mani. E, dolcemente lo attiro verso il mio grembo. Lo guido a continuare e baciare e leccarmi le calze, mentre allargo le gambe e lo attiro in mezzo alle mie cosce.
Quando le sue labbra arrivano a sfiorare le mutandine di pizzo, emetto un gemito più forte degli altri e un incontrollato riflesso mi fa stringere le cosce sul suo viso. Le sue labbra sentiranno le mutandine bagnate.
Stamattina le ho indossate sopra il reggicalze. Sarà facile farmele sfilare per poi farmelo su questo divano.
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Finiamo per distrarre Athena e Crono le prenderà la pistola. Non possiamo muoverci, Haven.>>>>
Non può finire così. Non riesco a credere che Athena ucciderà Crono. Che commetterà un vero e proprio omicidio, qui, sul tetto dell'ala est di Yale. «Athena» la voce roca di Apollo è spaventata «pensaci bene.>> A parlare subito dopo è, forse, la persona di cui Athena si fida mag- giormente. Aphrodite. Con le lacrime agli occhi e il viso paonazzo. <<<Athena, premi il grilletto» le grida. <Ce la caveremo. Ma non possiamo più vivere così. Premilo!>>>
Athena volge lo sguardo verso la sorella. È questione di attimi. Un battito di ciglia. Che mi fa comprendere all'istante il loro rapporto; perché Aphrodite le andasse sempre dietro per placare i suoi attacchi d'ira, perché si occupasse lei di calmarla. Ma mi fa anche capire, per la prima volta, cosa significhi compiere un errore fatale.
Crono afferra la pistola con un gesto fulmineo. Athena non la molla però, lotta per riappropriarsene. «Premi il grilletto, Athena!» la esorta il padre. <<Fai come ti ha detto quella figlia ingrata. Premi il grilletto e sparami! Fallo! Coraggio!>>>
L'arma è ancora puntata contro di lui, ma un colpo del genere è rischioso. D'altronde, Athena non può resistere a lungo. Crono è più forte e riuscirà a strapparle la pistola dalle mani.
Hades scatta in avanti, per aiutarla, e Apollo prende il suo posto coprendomi con il suo corpo. Mi scanso di lato, infastidita e disperata. Lo richiamo, il panico che si impossessa di me e la paura folle che lo feriscano.
Athena urla ad Hades di farsi da parte. Crono continua a ripeterle di sparare.
E Athena lo fa. Preme il grilletto. Nello stesso momento in cui Crono dà un colpo secco alla pistola e le fa virare la traiettoria di centottanta gradi. Il colpo parte con un botto. E negli occhi di Athena sopraggiunge il terrore puro.
Sento Apollo gridare un <<no>> soffocato dal respiro che gli si mozza e la voce che viene a mancare. Qualcun altro lo imita, ma non riconosco chi sia. Sono troppo presa dal seguire la traiettoria del proiettile.
Non vedo chi ha colpito fino a quando il corpo di Aphrodite non si accascia a terra, i lunghi capelli dorati che svolazzano nell'aria. Hermes, li accanto, la afferra al volo, prima che sbatta la nuca contro il pavimento.Nel petto, all'altezza del cuore, una chiazza di sangue si sta allargando e macchia di rosso il bianco del maglione.
<<<Sai una cosa? Sono contento che le stelle siano numerose. Vuol dire che avrai bisogno di tanti anni per contarle e che quindi resteremo insieme a lungo.»La prima cosa che sento, dopo il colpo di pistola, è un urlo. Dell'ultima persona da cui me lo sarei aspettata: Crono. Scatta in avanti, con la mano tesa come se potesse afferrare Aphrodite e proteggerla dal pro- iettile che l'ha già colpita. Cade in ginocchio, con una forza tale che non dubito si sia fatto male. È l'urlo di un padre per la figlia che ama
La seconda cosa che sento è la voce di Hermes. Stringe tra le braccia il corpo della sorella, tenendole la nuca sollevata. «No, no, no, no» ripete come una cantilena disperata. «Aphrodite, no, stai bene, tu stai bene.>>
Io non ho il coraggio di muovermi. Ogni muscolo del mio corpo è paralizzato, in preda a un terrore che ho provato poche volte nella mia vita. Dal petto di Aphrodite si sta allargando la ferita, tingendo il bianco candido del tessuto di un color cremisi che mi dà la nausea.
<<Dobbiamo chiamare un'ambulanza» irrompe Zeus, che nonostante il panico in viso riesce a ragionare in modo razionale. «Hera, chiama i soccorsi. Veloce.>>>>
<<<L'ho colpita io» decreta Athena, a pochi passi dalla sorella, gli occhi spalancati e il tono glaciale. Ha un sussulto. «L'ho uccisa? L'ho uccisa io.>>>
Apollo, pallido in viso, si inginocchia per studiare meglio la situazione.
Hermes scuote il capo, e le mani che reggono Aphrodite gli tremano così forte che mi viene da piangere. «Non è troppo tardi. Chiamate l'ambulanza. Chiamatela!» Aphrodite emette un pantolo flebile e gli occhi si aprono in un piccolissimo spiraglio, rivelando il suo azzurro intenso, così simile a quello del gemello, Hermes. «Herm..>> sussurra.Lui la stringe a sé, cullandola come un neonato. «Non parlare, non parlare, risparmia le forze. Tieni gli occhi aperti e non parlare. Va tutto bene. Arriverà l'ambulanza. Arriverà.>>>
Aphrodite scuote la testa, già rassegnata. Il viso è imperlato dal sudore, diventa sempre più pallido. Il suo petto è scosso da respiri irregolari e affaticati. Non ce la fa più. Non smettere di contare, Herm» mormora. «Non smettere di contare le stelle.>>>
Non ho idea di cosa voglia dire, sembra qualcosa di privato, un segre- to che custodiscono tra loro. Infatti, Hermes replica: «Avevi promesso che le avresti contate tu, per me. Tutta la vita. E che mi avresti detto il numero. Resta qui, Aphrodite. Resta, e continua a contare le stelle nel cielo, Continua a contare». La voce gli si spezza e sta per piangere.
Lei abbozza un sorriso triste, ma carico d'amore. «Non perdere chi sei, Hermes. Promettimelo. Vai avanti. E...>>>>
Restiamo in attesa che continui la frase; Aphrodite allunga il braccio alla sua sinistra, dove sa che c'è Athena. La richiama per un istante, poi perde le forze e lascia che il braccio ricada per terra.
<<<...non darti la colpa, Athena» aggiunge.
Un altro rantolo.
Hermes continua a ripetere «no».
Apollo è immobile, incapace come me di spostarsi di un solo millimetro.
Hades è più avanti, rigido e sotto choc.
Crono sta piangendo, ancora in ginocchio e con il corpo che trema per i singhiozzi disperati. La pelle del viso è paonazza, bagnata dai fiumi di lacrime che sgorgano senza sosta.
Aphrodite rivolge il suo ultimo sguardo al fratello, Hermes. <<Non smettere di contare, Eli.>>> Fa un ultimo respiro, che si blocca a metà. Una lacrima le scorre lungo la guancia e il suo corpo si rilassa, lasciandosi andare. Se ne va così, con gli occhi aperti e fissi sul cielo stellato sopra di lei, tra le braccia di suo fratello. La bocca appena ricurva in un sorriso rassegnato. <<Aphrodite...>> la richiama Hermes, incapace di comprendere cosa è appena successo. «Aphrodite? Aphrodite? No. Aphrodite!» continua,
imperterrito, scuotendola appena. Zeus e Poseidon gli si affiancano, afferrandolo per entrambe le braccia. Hera, invece, prova a prendere il suo posto per reggere ilcorpo di Aphrodite. Rimette in tasca il telefono, su cui aveva digitato il numero per chiamare i soccorsi. Come gia Aphrodite aveva capito non sarebbe servito a nulla. sarebbe seruiad allontanarli, a spingerli via con violenza La temi!> grida. «Lasciatemi con lei! Può ancora salvarsi! Non toccatemi, cazzo, o vi spacco la faccia! Dammi quel telefono!》
Zeus chiede, con un'occhiata, aiuto ad Hades e Apollo. Apollo, com riservato e chiuso, che se sta soffrendo non lo dà a vedere e cerca di mostrarsi in pieno controllo. Hades impiega qualche secondo per reagire, ma alla fine raggiunge Hermes e, insieme ad Apollo, lo solleva da terra.
Hermes scoppia in un pianto disperato. Non ho mai sentito qualcuno piangere con una tale intensità. Il suo dolore impregna l'aria attorno a noi e fa commuovere anche me. È un bambino indifeso. E non importa quanto Apollo e Hades provino a calmarlo e a sussurrargli che loro sono li per lui. Hermes singhiozza, si dimena con poca convinzione, e continua a chiamare il nome di Aphrodite.
A qualche metro di distanza mi accorgo di Athena. È inginocchiata per terra e ci dà le spalle. Solo quando il pianto di Hermes si fa si- lenzioso sento il rumore dei suoi conati. Sta vomitando e piangendo. Crono le tiene i capelli con la mano.
<<Non è colpa tua, Athena» lo sento bisbigliare. «Non è colpa tua. È colpa mia. Non darti la colpa. Non è colpa tua, Athena.>>>
Su questo sono d'accordo. Ma sono anche convinta che le sue parole non contino nulla per lei. Vivrà per sempre accompagnata dal rimorso. Ciò che spero, però, è che si ricordi di come Aphrodite, in agonia, abbia trovato la forza di dirle di non incolparsi.
<<<Dobbiamo portarla in Grecia per la sepoltura.>> È Crono a spezzare il silenzio. <<Dobbiamo dimenticare tutti i problemi che abbiamo e darle un degno funerale.>>> ✨️👸💔
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(Io che parlo di cazzate su Facebook)
– Non mi piace il tuo comportamento su Facebook.
– Cosa intendi?
– Ci sono guerre, tragedie, il pianeta sembra incamminato verso lo sfacelo, e tu ogni tanto scrivi post a proposito di cazzate. Perché?
– Perché sono un essere umano. Le cazzate sono una parte essenziale della mia vita.
– Non è una buona scusa. Mentre tu parli di cazzate, sai cosa succede? La gente muore.
– Lo so.
– Mentre tu fai la recensione di un film trash, ci sono corpi di bambini che vengono mutilati.
– Ne sono amaramente consapevole.
– Qualche giorno fa hai scritto un post sul tuo profilo personale. Te lo ricordi?
– No. Forse l'ho rimosso dall'archivio della mia memoria.
– Te lo ricordo io. Parlava di sacchetti della spesa. Ti lamentavi del fatto che non ricevi ovazioni ogni volta che ne apri uno al primo colpo. Proprio mentre immense tragedie fanno precipitare l'umanità nel baratro, tu hai il coraggio di essere triste per una stronzata del genere.
– A volte sono triste anche per cose più stupide. A volte sono triste senza un motivo umanamente comprensibile. A volte vedo una giacca verde e mi sento triste.
– E quando ti lamenti perché non fanno la seconda stagione di una serie che ti è piaciuta? Vogliamo parlarne?
– Non infierire. Mi piaceva quella serie. Mi rendeva le serate più piacevoli.
– Ti sei lamentato per il caldo. Lo hai fatto per mesi. Ci sono catastrofi che distruggono la vita delle persone e tu cosa fai? Ti lamenti per il caldo. Non provi vergogna?
– Non ho scuse.
– Certo che non ne hai.
– E sai cosa fai ogni tanto? Questa è forse la cosa che mi innervosisce maggiormente. Condividi stupidi meme. E magari ci ridi su. Mentre tu ridi, la gente muore.
– Cosa dovrei fare?
– Semplice. Fai come me. Renditi utile. Informa le persone a proposto dei grandi problemi che mettono in pericolo la sopravvivenza dell'umanità.
– Ne parlo ogni tanto. Nel mio piccolo, sono un attivista libertario.
– Devi parlarne sempre.
– Non posso farlo.
– Perché?
– Perché sono un essere umano. Mi aggrappo alle cazzate per sopravvivere. E poi non voglio mentire. Non voglio dare un'immagine eroica di me stesso. Sono come tante altre persone. Forse peggio. Sono un pantofolaio asociale. Non c'è nulla di più inutile di un pantofolaio asociale. Ho un sacco di passioni stupide e disimpegnate, che servono solo a farmi passare le ore. E servono anche per non farmi pensare all'incessante scorrere del tempo.
– Ecco che ricominci. Ora ti lamenti dello scorrere del tempo. C'è gente che muore prima dei vent'anni e tu stai qui a piagnucolare per il tempo che passa, invece di ringraziare la buona sorte per essere ancora vivo.
– Faccio schifo. Contento? Se fossi una persona che sta per essere uccisa, sai cosa rimpiangerei?
– Sentiamo.
– Le cazzate. Avrei una struggente nostalgia delle cazzate. Si, sono fatto così.
– E ne vai fiero, immagino.
– Per niente.
– Non sperare di ottenere una sorta di redenzione con questa tua ammissione.
– Per fortuna ci sei tu che cambi il mondo con i tuoi post su Facebook.
FINE
[L'Ideota]
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Voltare pagina o chiudere direttamente il libro?
Io e te non ci lasceremo mai del tutto, sono convinta di questo, o almeno io non riuscirò mai a farlo, so che ci sarà sempre uno spiraglio in cui tu potrai entrare. Sei stato il mio grande amore e lo posso affermare con certezza. Magari non mi crederai ma io lo sento dentro di me,nel più profondo.
Sei stato la mia salvezza e la mia rovina allo stesso tempo, hai salvato il mio cuore, sei stata la mia luce. Ma l’hai anche distrutto e calpestato più volte.
Io sono un caso perso,un trauma unico che cammina ma mi hai cambiata,sei dentro di me e non posso fare nulla per cambiare questo
Sei stata la prima persona che ho fatto entrare dentro di me,ti ho dato tutto quello che potevo, il nostro amore mi ha consumato però.
Sei riuscito a salvarmi, l’unico con la quale mi sia aperta davvero, le mie paure più grandi le sai solo tu.
E per quanto io voglia, e ci abbia provato e sperato tu non mi vorrai mai come io voglio te.
Torni e scompari perché sai che io sarò sempre ferma ad aspettarti, ma le cose non possono più funzionare così, ogni volta che ti allontani da me io mi autodistruggo, e non posso più permettermelo, voglio stare bene con me stessa e così non ci riesco. Devo imparare a lasciarti andare, lo devo fare per me e anche per te.
Ti auguro tutto il bene che posso, spero tu possa realizzare i tuoi sogni e sopratutto spero che un giorno svegliandoti la mattina ti sentirai finalmente felice e contento di ciò che sarai diventato, vali tanto e ricordalo sempre.
Sei il ragazzo più complessato che conosco, chiuso e schivo con tutti ma so anche che se vuoi hai il cuore più grande e pieno d’amore anche più del mio perché io in primis ne ho avuto un pezzetto, ma so che c’è ne molto di più, conservalo bene perché è la cosa più preziosa che hai.
Ti amo follemente e so che sempre sarà così.
Sei il mio filo rosso e credo che saremo collegati per sempre.
Ma ora ti lascio andare per la tua strada, è il gesto d’amore più grande che possa fare,non posso continuare ad essere egoista e tenerti per me, hai molto da dare e una vita da vivere.
Mi hai aiutato a combattere i miei demoni, ma non li ho distrutti, mi hai dato le basi per farlo e ora è arrivato il momento di imparare a farlo da sola, più volte ho toccato il fondo e sperato di annegarci completamente ma non posso contare sempre sull’aiuto degli altri devo farlo solo su di me e questo me l’hai insegnato tu
Ti ho amato così tanto da amarmi così poco, dimenticando di proteggere me stessa, mi sono tratta come una cosa vecchia da dimenticare solo perché tu ti stavi dimenticando me, e ho pensato che in fondo non mi amo solo perché non mi sento più amata da te. E capisci bene anche tu che questo è sbagliato.
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La sua mano andava su e giù morbida sul cazzo.
Quando scendeva gli scopriva quasi completamente la cappella, poi risaliva.
Senza stringere troppo. La sua mano piccola ed elegante scorreva sul cazzo turgido.
Lui si lasciava sfuggire un gemito soffocato.
Lei sospirava.
“Per quanto devo andare ancora avanti amore?”
“Finché lo dico io scema e non andare di fretta”
“Scusami amore ma lo sai che non mi piace…”
“Ma smettila troia che a te basta avere a che fare con un cazzo e sei felice…”
“No lo sai che voglio solo…”
“Stai zitta e muovi la mano piano”
Lei era completamente vestita ed elegante, si era sbottonata appena un po’ la camicetta, così da poter al massimo intravedere il reggiseno in pizzo. Era seduta con le gambe accavallate dei pantaloni da cavallerizza beige e i suoi stivali lucidi neri, alti fino ginocchio.
Lui invece era nudo in ginocchio davanti a lei un po’ di lato per offrirle il suo cazzo senza che lei dovesse sporgersi.
Teneva le mani dietro la schiena mentre sporgeva il bacino per avvicinarle il più possibile il cazzo.
“Forse è meglio che mi fermi, lo sento pulsare ci siamo quasi”
“Si fermati un attimo conta fino a cinque e ricomincia”
Lei toglie la mano e lo guarda con un dolce sorriso di scherno e comincia a contare sottovoce lentamente sfiorandolo sulla punta del cazzo prima con il pollice, poi l’indice, poi il medio, poi l’anulare ed in fine il mignolo.
Lui si perde nei suo occhi mescolando amore e desiderio.
Lei gli riprende in mano il cazzo e ricomincia a scivolare su e giù
Il contatto è sempre più morbido, lento, ora sale e scende di pochissimo.
Lui soffre e cerca di spingere il bacino per aumentare il contatto o lo sfregamento.
“Uffa amore sono stanca, posso smettere?”
“Ora ferma la mano e stringi appena”
Lui cerca muovendo il bacino di continuare la sega in qualche modo.
“Che pena…”
“Rimani ferma.”
Bastano pochi secondi ed il cazzo si irrigidisce e spruzza fuori una discreta quantità di sperma che disegna una arcipelago biancastro sugli stivali lucidi.
Lei riesce appena in tempo a togliere la mano lasciandolo eiaculare a vuoto rivolgendogli uno sguardo sprezzante.
“Ecco è venuto amore: che schifo.”
“Passamelo”
Lei porge il cellulare al fidanzato quasi piegato dall’orgasmo rovinato.
“Ringraziami e lecca tutto cornuto”
“Grazie”
“Grazie di cosa coglione”
“Grazie di avermi permesso di venire”
E si china a pulire gli stivali della fidanzata.
Lei si riavvicina il cellulare.
“Sei contento amore, sono stata brava?”
“Abbastanza”
“Allora mi scopi stasera?”
“Si fatti portare dal cornuto da me dopo cena”
“Grazie amore, posso fermarmi da te?”
“No che devo alzarmi presto domani, digli al coglione che ti deve aspettare in macchina”
E chiude la telefonata senza nemmeno salutarla.
Lui intanto aveva finito di pulirle gli stivali.
Lei gli carezza la nuca.
“Sei contento che sei riuscito a venire anche tu tesoro?”
“In qualche modo” biascica lui.
“Accontentati, l’ho fatto solo per far divertire Marco.”
Poi controlla che le abbia pulito per bene gli stivali e si accorge che il fidanzato cercava di sbirciare dentro la sua camicetta. La richiude e gli sorride bonaria.
“Vai a vestirti che sei ridicolo, prepara la cena che poi devi accompagnarmi da lui stasera.”
Lui alzandosi si avvicina e le sfiora le labbra con un bacio.
“Ti amo”
“Lo so che mi ami, ma lui mi scopa invece.”
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E guarda che rido anche io se penso al paragone del vaso di fiori, io annaffio i fiori al bar dove lavoro, per poter prendere la menta e fare il mojito. Io annaffio se qualcuno non c'è, ma se c'è cosa interessa a me. Ho le piantine finte dell'Ikea, perché sono belle verdi senza nemmeno guardarle. Ciononostante mi sento di poter nutrire in altri modi le piante: oso dire che sono stata per te la fotosintesi, ti procuravo il sole e i sali ma ti ho riempito di entusiasmo (acqua) all'inizio, pensando che ti potesse durare tutto il tempo del mondo. Qui la natura è stata tanto bastarda, perché ho smesso di mandarti i raggi da un giorno all'altro. Eri e sei però il vaso di fiori più bello che abbia mai visto e non vedere più i tuoi colori mi ha smontato ogni certezza, voglio solo con tutto il cuore che tu sopravviva senza sole e sali per un po'. Troverai un sole migliore, un sole che sia sempre e assai contento di farti vivere perché la tua bellezza merita tutto. Porcodio se merita tutto
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Per me è tutto vero. Le emozioni..le sensazioni. Forse sono stupida ma sono sincera. Se ti apro il mio cuore è perché sento così. Ma se me lo strappi..se lo fai a pezzi...rimango ancora per un po. Per rendermi conto se ho capito bene. Ma lo so che ho capito bene...purtroppo. Cerchi qualcuno migliore di quello che hai avuto ma non vidi quello che sta davanti agli occhi. Non lo consideri. Giudichi e scarti a prescindere. Contento tu. Le frasi belli messi in pubblico. Troppe regole..poche emozioni.
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Campionati italiani di Cross del CSI. In partenza ci sono dei ragazzini di 19 anni che aspirano ventolin davanti a tutti. Quattro aspirate e via. E non è che a 19 anni vai in farmacia a comprarti il ventolin perché ti gira. Quantomeno, nella nostra squadra, i boci seri si sono comprati di nascosto una bozza di prosecco… trentini gente seria. Questo fatto mi ricorda che sono contento di non avere fatto sport da adolescente. Continuano a farmi piuttosto schifo le federazioni, i campionati, la retorica della vittoria, il tricolore sulle guance, le gare per i bambini e tutte queste stronzate che li fanno crescere convinti che la corsa sia qualcosa che ha a che fare con il loro rapporto con gli altri anziché con loro stessi e il loro corpo. Mi sento abbastanza distante da tutto questo, per cui cerco di dedicare il poco tempo che trascorro con loro a un’altra letteratura, secondo cui devono impegnarsi perché gli piace e non perché gliel’ha detto qualcuno. Probabilmente nessuno di loro vincerà mai una medaglia, ma spero che tutti loro arrivino alla mia età ancora con la corsa nella propria vita. Perché correre è una delle poche cose che puoi fare quando ti svegli la mattina, senza starci troppo a pensare. Prendi e vai. Senza gare obiettivi allenamenti o stronzate. Basterebbe questo. Altro che ventolin. Un’altra cosa che mi ha fatto incazzare è che al ristoro della gara c’erano solo lasagne al ragù. È il 2024, uscite dal ghetto.
The coach and the young guns
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Comincio col dire che sei stato di una dolcezza incredibile a prenderti la briga di rispondermi addirittura registrando un vocale di 3 minuti 🥲
In effetti è davvero persa in partenza, me ne rendo conto a livello razionale, solo che a livello emotivo è veramente tosta farsela passare o cercare di reprimere, più spingo le mie sensazioni sul fondo e più forti mi ritornano addosso
Dirglielo come atto di sfogo mi sembra una soluzione molto egoista, cioè considerando il fatto che non potrebbe nascerne nulla, penso che dirglielo rischierebbe solo di mettere lui in una situazione di disagio, oltre che rendere il rapporto imbarazzante
Mi sembra che non esista una soluzione vera..è un po’ una situazione del cazzo..sbatto la testa sullo stesso muro all’infinito
Ovvio che non mi permetterei mai di intromettermi in una situazione delicata come può essere la fine di una storia lunga, ci mancherebbe. Però ho la sensazione che dovrò portarmi questo segreto nella tomba ahah..
Quando si apre con me e mi parla dei problemi che sta avendo, mi sento parecchio contento. Non per il fatto che stia male ovviamente, ma per il fatto che si senta a suo agio a parlarne con me.
A volte vorrei non essere così bravo a dissimulare le sensazioni che provo
Che tristezza
Comunque grazie, sei di una gentilezza disarmante
l'amore è egoismo sublimato, e quando si fa una scelta in amore è sempre egoista
ridurti e nasconderti per il suo bene, dal mio punto di vista, non ha senso: non credo sia una persona che abbia bisogno di essere protetta, ipotizzo che entrambi siate adulti e abbiate la maturità per affrontare questioni umane
inoltre, tu non devi proteggerlo, non è il tuo ruolo, non è il ruolo di nessuno
se dichiararti lo mettesse in una situazione difficile non è un problema tuo, in realtà non è un problema in sé, quali danni può fare?
mi spingo più in là: davvero non ti dichiari per proteggerlo? oppure è una scusa che ti racconti perché in realtà hai paura di perderlo?
è normale aver paura e non esiste una via giusta e una via sbagliata per sconfiggere tale emozione
esistono vie dolorose e vie meno dolorose
ciò che credo e di cui faccio un mantra è che non possiamo restare bloccati nel tempo provvisorio, ma siamo chiamati a compiere delle scelte per far avanzare la nostra vita, credo che tu sia tenuto a prendere una scelta, che sarà personale e soggettiva
mi hai chiesto un consiglio, da quel poco che mi hai raccontato mi sembri cristallizzato e immobile, aspettando un Godot che mai arriverà, il consiglio che posso darti è di essere egoista, strappa il cerotto e riprendi possesso della tua vita
come? fissa una data, rifletti fino a quel giorno, raccogli le forze e fai la tua scelta seguendola fino in fondo, qualunque essa sia
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caro nonno, sono passati solo tre giorni e sento la tua mancanza come se mi mancasse l'aria. Mi manca sentirmi chiamare da te, mi manca sentirmi dire 'pupidda, dammi un bacetto', mi manca venire fuori in balcone da te e guardarti mentre fumavi la tua solita sigaretta e parlare di Dante, del lavoro e dei tuoi ricordi da bambino. Come faccio a vivere con la consapevolezza di non poterti mai più vedere? Di non poter mai più sentire la tua voce o vedere il tuo sorriso sdentato? Mi sento mancare ogni volta che ti penso, sono senza forze ma cerco di riprenderle per la nonna, perchè so che tu vorresti che io le stia accanto.. dormo tutte le notti con lei, cerco di starle vicino il più possibile e spero tu sia felice. Sembra tutto un incubo, vederti lì dentro con quella faccia serena e quel sorriso mi ha fatto capire che finalmente stai bene e sei contento, anche se non riesco a farmene una ragione.. il tuo funerale mi ha fatto sentire persa, quel giorno ho preso la consapevolezza che non tornerai mai più a casa da me, da noi. Mi ricordo quando tutte le mattine mi accompagnavi a lavoro, nonostante fossi stanco, ma a te non interessava niente perchè non volevi che io andassi da sola a quell'ora.
Ti amo per sempre e mi mancherai per tutta la mia vita.
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Esco dalla libreria soddisfatto. Ho comprato la “Critica della ragione pura” di Kant, “Diario di un seduttore” di Kierkegaard e “Che cosa ha detto Nietzsche” di Montinari.
Devo aspettare, l’autobus passerà tra circa 20 minuti, piove e cerco riparo nei pressi di un’edicola.
Accanto a me scorgo un uomo, avrà all’incirca la mia età, è aitante, muscoloso, con un’abbronzatura ferragostana. Arrivano due ragazze, non credo siano maggiorenni, hanno addosso due zaini e l’aria di chi è scampato ad un’interrogazione scolastica. Si posizionano tra me e l’aitante.
Per ingannare l’attesa prendo il libro di Kierkegaard tra le mani e comincio a leggere.
Presto, però, noto una certa agitazione nelle due ragazze. Sembra che vogliano attirare l’attenzione su di sé, ma può darsi che mi sbagli. Non mi sbaglio, invece. Le due fanno cadere, apparentemente in maniera accidentale, una moneta a terra. Cominciano un finto battibecco, che si rivela essere un pretesto, neanche tanto dissimulato, che permette ad una delle due di rivolgersi all’aitante: “Dille anche tu qualcosa a questa stupida della mia amica”.
Sto lì, tra Kierkegaard, la pioggia e loro, ad attendere l’autobus e gli eventi.
L’aitante abbozza un sorriso. Parla. La tecnica della moneta ha funzionato, le ragazzine sono riuscite ad attrarre la sua attenzione. I tre cominciano a parlare, del più e del meno. L’aitante s’informa sulla loro condizione di studentesse, loro si vantano d’essere “un po’ ribelli” e di non frequentare troppo spesso le aule. Lui, incoraggiato da questa considerazione, ha modo di ricordare il proprio passato da ribelle, le risse in cui è stato coinvolto. C’è armonia, tra i tre, convengono soprattutto sul fatto che la scuola sia abbastanza noiosa, che sia meglio “spassarsela finché si può”.
Caro Kierkegaard, possiamo noi dar loro torto? Forse sì, forse no, ma per oggi non ci porremo la questione.
I minuti passano, l’autobus non arriva, la pioggia non smette e mi sento un po’ invadente a starmene lì, quasi a disturbare quell’idillio a tre che è scoppiato magicamente, con la mia barba incolta e i pesanti libri sottobraccio. Tuttavia rimango lì, anche perché non vedo dove potrei andare.
Le due ragazzette tirano fuori una rivista dalla borsetta griffata, nominano personaggi che non conosco, presumo modelle o attori, poi decidono che è il tempo di sottoporre l’aitante ad un’altra prova per saggiarne la tempra morale: l’oroscopo.
L’aitante collabora, sorride, ammicca, ed ascolta dalla querula voce delle due giovani quale sarà il suo prossimo destino, scritto nelle stelle. Poi, a conferma di quanto ha ascoltato, commenta: “E’ vero, il mio segno è così. Io sono un tipo calmo, ma quando mi girano ti voglio veder sdraiato per terra, sennò non sono contento”. Le ragazzette sorridono, ammiccano con l’aria furba di chi la sa lunga su come funzionano certe dinamiche di seduzione. Altro che il tuo “Diario di un seduttore”, caro Soren!
Arriva l’autobus. Devo lasciare le piccole seduttrici e l’aitante al destino che l’oroscopo ha loro prescritto.
Torno a casa soddisfatto. Ho passato 20 minuti, alla fermata di un autobus, in compagnia di Nietzsche, di Kierkegaard, di Kant, di un aitante e di due seduttrici.
-Tra sottosuolo e sole
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Alla radio passa la canzone se io, se lei di Biagio Antonacci, sento canticchiare mamma dalla cucina e poi subito dopo papà che fa lo stesso dalle scale. Chiariamo, non siamo fan di Biagio, ma ci sono canzoni che rimangono nel tempo, che ricordi da quando sei piccola e che per qualche motivo poi ti ritrovi a cantare in un pomeriggio di domenica quando vengono trasmesse. Però oggi mentre ascoltavo, mi sono soffermata per un secondo in più sulle parole e poi ho analizzato il testo. "Sono contento ama
Ama e non fermarti, no
E non cercarmi dentro a nessuno
E non aver nessuna paura"
Questo brano è una dichiarazione, una lettera, una separazione, una storia finita che però sprona al continuo amore. E mentre leggevo questi versi, mi son detta che dovrebbe essere proprio così, dovremmo sempre cercare quelle sensazioni, quel fremito e quello scalpitìo nel cuore. Quella voglia di pelle bollente e sguardi imbarazzati
Portandoci forse il buono del passato e niente più. Fare spazio per tutto quello che può accadere. Non precludersi nulla.
Sarà che in questi mesi mi piace perdermi in parole rare e in chi sa donare un pò di quell'amore, di quelle vibrazioni, suscitare qualcosa più in profondità o sarà che ho il ciclo e in questi giorni è tutto più melenso, più nostalgico, più dolce, anche più amaro a volte però oggi la penso così e questo pensiero lo fisso qui.
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Quando mi sento triste sono molto contento perché sono così triste che non ho più voglia di fare niente, nemmeno di ubriacarmi, drogarmi, di andare a escort o andare a buttare soldi nelle macchinette. Il problema nasce quando accetto la tristezza, non è facile ma con un po' di pazienza ci si riesce. La accetto come stato benefico o almeno come stato meno malefico rispetto al suo contrario l'euforia. E come la accetto, lei, la tristezza, se ne va... Quindi torna l'euforia con tutte le voglie e le azioni elencate sopra. Allora mi rivolgo al mio autocontrollo perché stia più attento, ma lui nisba, non ne vuole sapere niente. Cosa posso fare? Grazie. Se lo sai, altrimenti non importa, grazie lo stesso. Ciao, abbraccio (fresco perché qui fa ancora un caldo della madonna)
Guarda che in realtà non è un male.
La tristezza alla fine è un sentimento e accettarla significa anche accettare una parte di te stesso (che se ci pensi è giusto).
Magari potresti comunque sfogarti un po’, sicuramente pensare ad altro e distrarti con ciò che ti piace fare o con ciò che non hai mai avuto il “coraggio” di fare
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28/05
Ci chiamiamo e lo sento sicuro, molto più di me. Dice che si sono troppi problemi, che è troppo. Che sarebbe più facile tagliare il filo, lasciarci andare. È stato bene questa settimana in Irlanda, dice che è contento di esserci andato. Dove se n’è andata la convinzione che mi ha accompagnato per tutta la settimana? La rabbia? Niente, non capisco in che momento si è trasformato in dispiacere e mi ha fatto fare marcia indietro. Ora non sono più convinta, anzi. Mi chiede, tu che cosa vorresti fare? Gli dico che in questo momento avrei voglia di riprovarci, che non riuscirei a buttare tutto così. Lui però ha passato tutta la settimana pensando che sarebbe giusto lasciarci, e continua a pensarla così. Nessuno l’ha riportato indietro. Io mi sento più male, penso che forse avrei dovuto guardare di più tutte le cose positive. La nostra routine. Il suo profumo. I nostri momenti assieme. Dormire dentro il suo abbraccio. Ma è lui che rinuncia di più, in questa relazione, perciò deve essere convinto. Mi dice che ho voluto provare ad essere single per vedere se mi sarebbe piaciuto, e che poi ho fatto marcia indietro, ma non si fa così. Infondo in questo della ragione c’è, capisco il suo ragionamento. Mi sembra di aver fatto una cosa davvero stupida, mi sento male per averlo ferito. Male davvero. Ma dove è finita la mia voglia di una persona autentica, vera? Dove è finito il mio bisogno di ammirazione? Ecco che come ci penso ora mi sembrano cose futili. Ma poi mi dico, ti ricordi quando chiedevi a te stessa se questo fosse amore, è la riposta che davi a te stessa era un non sono sicura? Ecco, tieniti stretta questa. Dentro di me però ora c’è dolore.
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Ogni anno diciembre è un mese amaro. Ho qualche amico che è sempre contento perché arriva natale o l’ultimo dell’anno e mi chiedono sempre perché a te non piace? Perché non festeggi mai? Il grinch, ormai lo accetto come fosse un complimento.
Ogni diciembre inizia con il mio compleanno, giorno spesso grigio, non ricevo mai auguri da chi amo, molti anni li ho passati senza casa, senza cibo, senza vestiti, piangendo; due anni li ho passati con un fidanzato che mi picchiava, 17anni li ho passati con un fratello che mi picchiava e una madre che prendeva le sue difese. Due giorni dopo c’è il compleanno di mio fratello: festa nazionale in contrapposizione con il mio. Il 15 il compleanno di mia madre che anche se faccio qualcosa per lei non sarà mai abbastanza, perché io non sono mai abbastanza per lei.
Natale. Se ricordo quelli dell’infanzia ho solo voglia di vomitare. Non ho mai vissuto un Natale sereno… festa familiare? Che schifo, poveri noi che siamo circondati da persone disfunzionali.
Comunque ogni anno mi sento tagliata fuori dalla gioia generale che provano tutti a dicembre. Così ho deciso di provarci: regali fatti a mano perché sono povera, ma comunque regali, cibo, socializzare, vestiti decenti… per una volta sembrava essere un Natale sereno. Siamo andati a cena da alcuni familiari di Neiva. Ho sentito il famoso Natale, ho quasi pianto.
Poi siamo tornati a casa dei miei.
Mio fratello ha urlato contro Neiva per una stronzata, il fottuto narcisista non può sopportare che la gente attorno a lui gioisca, se non è protagonista per mezzo minuto c’è il finimondo. Neiva che piange, mia madre che la convince a restare perché in fondo suo figlio è solo un bimbo incompreso e comunque che hai fatto per provocarlo??? Bimbo di 29anni. Incompreso. Che si prende le chiavi della sua macchina per non farla andare via mentre le urla che deve levarsi dal cazzo perché lei deve sempre rovinare tutto, vattene!!! Vattene!!! Ma non ti darò le chiavi. Un coglione di 29anni rovina il primo Natale che volevo godermi…
Tutti uguali gli uomini narcisisti. Mio fratello e fabian sono la stessa persona in due paesi diversi. Quella scena l’ho vissuta 3 volte e ora che lo vedo di nuovo non riesco a far finta di niente, vorrei difendere Neiva da questa merda di persona come nessuno ha difeso me da Fabian. Darei la mia vita per lei, ucciderei mio fratello per liberarla.
Questo Natale ho desiderato intensamente che lui dicesse una parola di troppo o facesse un gesto contro di lei per potergli finalmente ficcare il coltello a farfalla in gola. Voglio ucciderlo perché so benissimo che non cambierà mai e sono stufa di sapere che al mondo ci sono persone come lui che fanno solo del male senza conseguenze.
Io ci provo a perdonare e vivere nel presente accettando il passato così com’è giacché non può essere cambiato ma dimmi universo che altro puoi lanciarmi come punizione se perdo la pazienza e uccido colui che mi ha rotto il naso due volte, picchiato ogni giorno dopo scuola, tenuto sveglia ogni notte perché ero la sua serva, rubato i soldi, rovinato infanzia e adolescenza? Cos’altro puoi farmi vivere?
Non avrò mai un Natale in famiglia normale. Non con queste persone, non posso. Non ci voglio restare qui, non sarei mai dovuta tornare, maledetta me.
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