#non è che mi dispiaccia
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Moda giovane Sanremo 2025: pigiami e vestiti di otto taglie più grandi
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Mmmmh... Sei bravissima, a fare massaggi. Le tue sono decisamente mani d'oro, oltre che molto maliziose. Sai esattamente come usarle. Per il mio e tuo piacere. Anche questa è intimità d'amore. Amo tutto di te! Senti: non è che magari mi faresti una bella spremuta? Se me la preparerai nuda, ti amerò ancora di più: prenderà il retrogusto della tua pelle!
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(Foto: damsels-in-undress)
Ne ho bisogno, altrimenti il sapore del tuo intimo, assaggiato a lungo nella notte passata, me lo porterò appresso sulla lingua tutto il giorno. Non che mi dispiaccia, per carità! Ma avrei anche necessità di fare una buona colazione: il tuo maschio lo devi nutrire! Bella che sei... Si: il caffè al lavoro e il ciambellone me lo mangio in macchina...
Aliantis
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(Foto: damsels-in-undress)
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Molti dei Millennial sono cresciuti sotto l’effetto di strategie fallimentari di educazione famigliare.
Per esempio, è sempre stato detto loro che erano speciali, che potevano avere tutto quello che volevano dalla vita solo perché lo volevano.
Quindi qualcuno ha avuto un posto nella squadra dei pulcini non perché fosse un talento, ma solo perché i genitori hanno insistito con l’allenatore.
Oppure sono entrati in classi avanzate non perché se lo meritassero ma perché i genitori si erano lamentati con la scuola, per non parlare di coloro che hanno passato gli esami non perché se lo meritassero ma perché gli insegnanti erano stanchi di avere rogne dai genitori.
Ad alcuni hanno dato medaglie di partecipazione per essere arrivati ultimi, una bella medaglia affinché nessuno si dispiaccia.
La scienza comportamentale non ha dubbi: è una svalutazione della medaglia e dei riconoscimenti di chi lavora duramente per ottenere un buon risultato, inoltre fa sentire anche in imbarazzo chi arriva ultimo perché, se ha un minimo di dignità, sa che non se l’è davvero meritata quella medaglia.
Così queste persone sono cresciute con l’illusione che, anche senza sforzarsi troppo, è possibile farcela in qualunque settore.
Allora finiscono l’università, magari a pieni voti e pretendono immediatamente che un tappeto rosso si srotoli sotto i loro piedi, invece sono gettati nel mondo reale e in un istante scoprono che non sono per niente speciali voto o non voto, che i genitori non gli possono fare avere un buon posto di lavoro e figuriamoci una promozione, che se arrivi ultimo non ti danno niente, anzi rischi il licenziamento e, guarda un po’, non ottieni qualcosa solo perché semplicemente lo vuoi.
Non voglio fare ironia, credetemi, né tanto meno sorridere, la faccenda è davvero delicata poiché quando questa persona prende coscienza reale dalla situazione in cui si trova è un momento cruciale perché in un attimo, nell’istante preciso in cui concepisce la verità, l’idea che ha di se stessa va letteralmente in frantumi.
È questo anche il momento in cui si attacca alla sua fonte primaria di dopamina: i social network.
Ciò ci porta ad un altro problema : la tecnologia.
I Millennial sono cresciuti in un mondo fatto di Tik Tok, di Instagram ed altri social, dove siamo bravi a mettere filtri alle cose.
In cui siamo un po’ tutti fuoriclasse a mostrare alla gente che la nostra vita è magnifica: tutti in viaggio ad Ibiza, tutti al ristorante stellato, tutti felici e pimpanti anche se invece siamo tristi e depressi.
Ho letto un’interessante ricerca scientifica, che in sintesi dice che ogni qual volta che riceviamo una notifica sullo smartphone, un messaggio o quant’altro, nel nostro cervello viene rilasciata una bella scarica di dopamina (una sostanza che dà piacere).
Ecco perché quando riceviamo un messaggio è una bella sensazione oppure se da qualche ora non si illumina il cellulare, alcuna notifica, né un messaggio, iniziamo a vedere se per caso non è accaduto qualcosa di catastrofico.
Allo stesso modo andiamo tutti in stress se sentiamo il suono di una notifica e passano più di tre minuti senza che riusciamo a vedere di cosa si tratta.
È successo a tutti, ti senti un po’ giù, un po’ solo, e allora mandi messaggi a gente che forse nemmeno sapevi di avere in rubrica.
Perché è una bella sensazione quando ti rispondono, vero?
È per questo che amiamo così tanto i like, i fan, i follower.
Ho conosciuto un ragazzo che aveva sui 15 anni che mi spiegava quanto tra loro si discriminassero le persone in base ai follower su Instagram!
Così se il tuo Instagram cresce poco vai nel panico e ti chiedi: “Cosa è successo, ho fatto qualcosa di sbagliato?
Non piaccio più?”
Pensa che trauma per questi ragazzi quando qualcuno gli toglie l’amicizia o smette di seguirli!
La verità, e questa cosa riguarda tutti noi, è che quando arriva un messaggio/notifica riceviamo una bella botta di dopamina.
Ecco perché, come dicono le statistiche, ognuno di noi consulta più di 200 volte al giorno il proprio cellulare.
La dopamina è la stessa identica sostanza che ci fa stare bene e crea dipendenza quando si fuma, quando si beve o quando si scommette.
Il paradosso è che abbiamo veri limiti di età per fumare, per scommettere e per bere alcolici, ma niente limiti di età per i cellulari che regaliamo a ragazzini di pochi anni di età (già a 7 o 8 anni se non a meno).
È come aprire lo scaffale dei liquori e dire ai nostri figli adolescenti: “Ehi, se ti senti giù per questo tuo essere adolescente, fatti un bel sorso di vodka!
In sostanza, se ci pensate, è proprio questo che succede: un’intera generazione che ha accesso, durante un periodo di alto stress come l’adolescenza, ad un intorpidimento che crea dipendenza da sostanze chimiche attraverso i cellulari.
I cellulari, da cosa utile, diventano facilmente, con i social network, una vera e propria dipendenza, così forte che non riguarda solo i Millennials ma ormai tutti noi.
Quando si è molto giovani l’unica approvazione che serve è quella dei genitori, ma durante l’adolescenza passiamo ad aver bisogno dell’approvazione dei nostri pari.
Molto frustrante per i nostri genitori, molto importante per noi, perché ci permette di acculturarci fuori dal circolo famigliare e in un contesto più ampio.
È un periodo molto stressante e ansioso e dovremmo imparare a fidarci dei nostri amici.
È proprio in questo delicato periodo che alcuni scoprono l’alcol o il fumo o peggio le droghe, e sono queste botte di dopamina che li aiutano ad affrontare lo stress e l’ansia dell’adolescenza.
Purtroppo questo crea un condizionamento nel loro cervello e per il resto della loro vita quando saranno sottoposti a stress, non si rivolgeranno ad una persona, ma alla bottiglia, alla sigaretta o peggio, alle droghe.
Ciò che sta succedendo è che lasciando ai ragazzi, anche più piccoli, accesso incontrollato a smartphone e social network, spacciatori tecnologici di dopamina, il loro cervello rimane condizionato, ed invecchiando troppi di essi non sanno come creare relazioni profonde e significative.
In diverse interviste questi ragazzi hanno apertamente dichiarato che molte delle loro amicizie sono solo superficiali, ammettendo di non fidarsi abbastanza dei loro amici.
Ci si divertono, ma sanno che i loro amici spariranno se arriva qualcosa di meglio.
Per questo non ci sono vere e proprie relazioni profonde poiché queste persone non allenano le capacità necessarie, e ancora peggio, non hanno i meccanismi di difesa dallo stress.
Questo è il problema più grave perché quando nelle loro vite sono sottoposti a stress non si rivolgono a delle persone ma ad un dispositivo.
Ora, attenzione, non voglio minimamente demonizzare né gli smartphone né tantomeno i social network, che ritengo essere una grande opportunità, ma queste cose vanno bilanciate.
D’altro canto un bicchiere di vino non fa male a nessuno, troppo alcol invece sì.
Anche scommettere è divertente, ma scommettere troppo è pericoloso.
Allo stesso modo non c’è niente di male nei social media e nei cellulari, il problema è sempre nello squilibrio.
Cosa vuol dire squilibrio?
Ecco un esempio: se sei a cena con i tuoi amici e stai inviando messaggi a qualcuno, stai controllando le notifiche Instagram, hai un problema, questo è un palese sintomo di una dipendenza, e come tutte le dipendenze col tempo può farti male peggiorare la tua vita.
Il problema è che lotti contro l’impazienza di sapere se là fuori è successo qualcosa e questa cosa ci porta inevitabilmente ad un altro problema.
Siamo cresciuti in un mondo di gratificazioni istantanee.
Vuoi comprare qualcosa?
Vai su Amazon e il giorno dopo arriva.
Vuoi vedere un film?
Ti logghi e lo guardi, non devi aspettare la sera o un giorno preciso.
Tutto ciò che vuoi lo puoi avere subito, ma di certo non puoi avere subito cose come le gratificazioni sul lavoro o la stabilità di una relazione, per queste non c’è una bella App, anche se alcune delle più gettonate te lo fanno pensare!
Sono invece processi lenti, a volte oscuri ed incasinati.
Anche io ho spesso a che fare con questi coetanei idealisti, volenterosi ed intelligenti, magari da poco laureati, sono al lavoro, mi avvicino e chiedo:
“Come va?”
e loro: “Credo che mi licenzierò!”
ed io: “E perché mai?”
e loro: “Non sto lasciando un segno…”
ed io: “Ma sei qui da soli otto mesi!”
È come se fossero ai piedi di una montagna, concentrati così tanto sulla cima da non vedere la montagna stessa!
Quello che questa generazione deve imparare è la pazienza, che le cose che sono davvero importanti come l’amore, la gratificazione sul lavoro, la felicità, le relazioni, la sicurezza in se stessi, per tutte queste cose ci vuole tempo, il percorso completo è arduo e lungo.
Qualche volta devi imparare a chiedere aiuto per poi imparare quelle abilità fondamentali affinché tu possa farcela, altrimenti inevitabilmente cadrai dalla montagna.
Per questo sempre più ragazzi lasciano la scuola o la abbandonano per depressione, oppure, come vedo spesso accadere, si accontenteranno di una mediocre sufficienza.
Come va il tuo lavoro? Abbastanza bene…
Come va con la ragazza? Abbastanza bene.
Ad aggravare tutto questo ci si mette anche l’ambiente, di cui tutti noi ne facciamo parte.
Prendiamo questo gruppo di giovani ragazzi i cui genitori, la tecnologia e l’impazienza li hanno illusi che la vita fosse banalmente semplice e di conseguenza gliel’hanno resa inutilmente difficile!
Prendiamoli e mettiamoli in un ambiente di lavoro nel quale si dà più importanza ai numeri che alle persone, alle performance invece che alle relazioni interpersonali.
Ambienti aziendali che non aiutano questi ragazzi a sviluppare e migliorare la fiducia in se stessi e la capacità di cooperazione, che non li aiuta a superare le sfide.
Un ambiente che non li aiuta neanche a superare il bisogno di gratificazione immediata poiché, spesso, sono proprio i datori di lavoro a volere risultati immediati da chi ha appena iniziato.
Nessuno insegna loro la gioia per la soddisfazione che ottieni quando lavori duramente e non per un mese o due, ma per un lungo periodo di tempo per raggiungere il tuo obiettivo.
Questi ragazzi hanno avuto sfortuna ad avere genitori troppo accondiscendenti, la sfortuna di non capire che c’è il tempo della semina e poi quello del raccolto.
Ragazzi che sono cresciuti con l’aberrazione delle gratificazioni immediate, e quando vanno all’università e si laureano continuano a pensare che tutto gli sia loro dovuto solo perché si sono laureati a pieni voti.
Cosicché quando entrano nel mondo del lavoro dopo poco dobbiamo raccoglierne i cocci.
In tutta questa storia, sono convinto che tutti abbiamo una colpa, ma che soprattutto tutti noi possiamo fare qualcosa di più impegnandoci a capire come aiutare queste persone a costruire oggi la loro sicurezza e le loro abilità sociali, la cui mancanza rende la vita di questi giovani inutilmente infelice e inutilmente complicata.
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MA IN CHE SENSO SEI PADRE???
Deve essere successo a quel party, un tizio aveva portato una scimmia che aveva rovesciato il buffet, e questo mi aveva presentato una, che mi aveva presentato un'altra, che ....
AAAAHH ASPE' ASPE', ORA RICORDO!
Oh, c'avevo il post qua, ti giuro! ... da quando quella bimba è nella mia vita, non trovo più un cazz, manco qua su Tumblr, non che la cosa mi dispiaccia, ma dubito di avere ancora i miei organi al loro posto abituale, col risultato che la mattina adesso mi ritrovo a grattarmi le ginocchia.
Sono un foster dad, che mi stanno sul cazzo gli inglesismi, ma mai quanto Vollzeitpflegeeltern, e comunque le gioie e i dolori sono gli stessi di un qualsiasi padre.
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Boh...
Stasera non so cosa scrivere, per darvi la buonanotte. Perché oggi non è successo nulla che valga la pena d'esser tramandato. Da un lato, non è che mi dispiaccia. Dall'altro mi disorienta. Preferisco quando devo muovermi e fare. E anche pensare, crepi la varissia. Domani spero d'avere ben altre argomentazioni. Buonanotte a tutti voi.
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Le ragioni per cui oggi scrivere per i bambini è così difficile, sono infinite, ma una certo è che è nata in noi l'idea che ai bambini tutto può far male. La fantasia ci atterrisce perché è avventurosa, imprevedibile e forte. Noi ne abbiamo poca, e per giunta l'adoperiamo con mani parsimoniose e schifiltose. Quando si scrivono o si stampano libri per bambini, per prima cosa si sbarrano porte e finestre. No alle storie di dolore perché il dolore fa male. No alle storie di miseria perché sono patetiche. No alle lagrime. No alla commozione. No alla crudeltà. No ai cattivi, perché non bisogna che i bambini conoscano la cattiveria. No ai buoni perché la bontà è sentimentale. No al sangue perché fa impressione. No ai castelli lussuosissimi perché sono evasione. No alle fate perché non esistono. I bambini sono fragili e perciò li nutriremo con vivande lavate e disinfettate. Li educheremo alla concretezza, avendo però sterilizzato la concretezza, avendo isolato nella concretezza ciò che non manda né bagliori né lampi. Li nutriremo con sabbia, accuratamente filtrata e senza batteri. Li nutriremo col bicarbonato, col borotalco e con la carta assorbente. Mi si dirà che ai bambini piace il bicarbonato. Può anche darsi che gli piaccia quando non hanno altro. Il problema però non è che gli piaccia o gli dispiaccia il bicarbonato. Il problema è invece come crescono con questo tipo di alimentazione i bambini.
- Natalia Ginzburg
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
Lascia che sia fiorito
Signore, il suo sentiero
Quando a te la sua anima
E al mondo la sua pelle
Dovrà riconsegnare
Quando verrà al tuo cielo
Là dove in pieno giorno
Risplendono le stelle
Quando attraverserà
L'ultimo vecchio ponte
Ai suicidi dirà
Baciandoli alla fronte
Venite in Paradiso
Là dove vado anch'io
Perché non c'è l'inferno
Nel mondo del buon Dio
Fate che giunga a Voi
Con le sue ossa stanche
Seguito da migliaia
Di quelle facce bianche
Fate che a voi ritorni
Fra i morti per oltraggio
Che al cielo ed alla terra
Mostrarono il coraggio
Signori benpensanti
Spero non vi dispiaccia
Se in cielo, in mezzo ai Santi
Dio, fra le sue braccia
Soffocherà il singhiozzo
Di quelle labbra smorte
Che all'odio e all'ignoranza
Preferirono la morte
Dio di misericordia
Il tuo bel Paradiso
L'hai fatto soprattutto
Per chi non ha sorriso
Per quelli che han vissuto
Con la coscienza pura
L'inferno esiste solo
Per chi ne ha paura
Meglio di lui nessuno
Mai ti potrà indicare
Gli errori di noi tutti
Che puoi e vuoi salvare
Ascolta la sua voce
Che ormai canta nel vento
Dio di misericordia
Vedrai, sarai contento
Dio di misericordia
Vedrai, sarai contento
Ho inciso la canzone dei suicidi ancora sotto choc, dopo aver visto Luigi steso in quel piccolo obitorio vicino a Sanremo, pareva un ospedaletto da campo. Nella mia canzone c'è una specie di tentativo di riscatto, da parte di un ente supremo come Dio, che fa proprio il contrario di quello che han fatto gli uomini: cioè lo perdona. È una canzone che è stata considerata addirittura blasfema quando nell'ultima strofa dico per esempio: "Dio di misericordia, vedrai, sarai contento". Questo dialogo uomo-Dio a tanta gente non piace, da fastidio. Il discorso che ho voluto fare era questo: " Sta tranquillo, che se non ti abbiamo capito noi, ci sarà qualcuno che ti capirà meglio".
Anche se io, tutto sommato, non posso considerarmi né cristiano né cattolico, mi farebbe piacere che nel caso di Luigi ci fosse veramente un dio. “Preghiera in gennaio”, che scrissi sull’onda di quell’emozione, partendo da una poesia di Francis Jammes.
Fabrizio De André.
( Dal libro - Anche le parole sono nomadi - a cura della Fondazione De André onlus)
Luigi Tenco 21 marzo 1938 - 27 gennaio 1967
( Illustrazione Milo Manara)
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posso dire che mi fa strano vedere me stessa comparire su altri blog?
non che mi dispiaccia, per carità, però fa anche un po’ strano.
ma è figo, quindi grazie
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Ciao Ross, secondo te i dialoghi di Gomorra rispecchiano abbastanza il dialetto napoletano? Personalmente ci trovo un po'di italianizzazione nei termini usati e nella costruzione delle frasi.
Ma perché a me questa domanda? Lol Manco fossi una ricercatrice in linguistica napoletana o avessi un blog incentrato su Napoli e la sua lingua/cultura... non che mi dispiaccia, sia chiaro, solo che mi fa strano 😅
Per rispondere alla domanda, te ne devo fare una io: sei parlante di napoletano o delle sue varianti?
Ad ogni modo, io penso che sia abbastanza realistico. Il napoletano è una lingua a sé stante, ma comunque non dimentichiamoci che convive con l'italiano ormai da tantissimo, per cui è normale che si faccia un mix. Anzi, ti dirò, il napoletano (così come le altre lingue regionali) sta soffrendo molto e più passa il tempo più viene soppiantato dall'italiano (questo per ragioni storiche-culturali: infatti, chi parla napoletano stretto viene percepito spesso come 'cafone' oppure come qualcuno che non ha raggiunto un livello di istruzione minimo).
Pure io (come tutti) quando parlo napoletano allo stesso tempo ci sono sempre dentro un sacco di parole italiane e ci sono tantissime parole dette dai miei nonni che non ho mai sentito e di cui non so il significato.
Se da parlante di napoletano ti fa questa impressione, può anche darsi che sia perché comunque stiamo parlando di fiction. Nel senso che, i toni o le frasi hanno spesso quella punta di 'artefatto' che nella realtà non si evince... anche nelle fiction in italiano, ovviamente.
Però, ecco, tutto sommato, io Gomorra lo trovo abbastanza realistico nel linguaggio usato.
#ask#Gomorra#napoletano#linguistica#lingua napoletana#anzi a volte mi pare quasi che parlino troppo napoletano lol
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È da un po' che leggo i tarocchi, cioè qualche mese in realtà ma per me è tanto come lasso temporale, e come altre cose nella mia vita ha seguito il solito percorso: una persona che mi piace/interessa/random fa questa cosa (solo che dei tarocchi non ricordo la genesi), mi incuriosisco, vado in fissa, trovo le cose da studiare, mi metto sotto come se fossi sotto esame, imparo un nuovo argomento, tipo ora sono in fissa per la stampa con gel. Quando ho dubbi sulla scelta di vita, sull'aver fatto un dottorato, sul prendere la strada del ricercatore, mi basta guardare quel percorso lì, che faccio sempre, e mi è chiaro che "ricercatore" lo sono nel midollo.
Ho comprato un mazzo che mi piaceva e ho proposto le letture un po' a tutti. Al momento la platea è al 100% femminile. Finite le persone che conoscevo, ho provato su app come Tinder e Bumblee. Finirà che sta cosa diventerà preponderante e mi assorbirà un botto di tempo, non che mi dispiaccia, leggere i tarocchi ha un suo perché, una sua ricchezza sociale, solo che non chiedo soldi, non mi passa manco il pensiero.
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Mi sono svegliata infelice. Sì, hai capito bene: infelice, mica stanca, mica stressata, mica insoddisfatta. Infelice. Sto cercando la strada per trovarti, non so quanto attivamente, ma nel dubbio alleno le mani a toccarti senza ferirti, ad afferrarti senza catturarti e a toglierti il respiro senza soffocarti. Questa mattina mi hai detto che posso farcela, che non sono mio padre e che negli occhi non ho neanche un accenno della sua ombra.
Mi sento sola. Anche se canto in macchina, anche se rido forte, anche se ho foto di qualcuno nudo sparse nei messaggi.
Mi sento sola e a te avrei potuto dirlo. Avrei dovuto dirti quanto ero sola mentre eravamo in due. Forse avrei dovuto dirti che ero ancora più sola quando eravamo in tre. Invece quando ti ho incontrato qualche sera fa sono rimasta frastornata dal fatto che parliamo della pioggia battente di un giugno insolito come se non avessimo mai condiviso lo stesso zaino molto prima che lo stesso letto.
Chissà che amore pensava di meritare. Vorrei metterlo seduto qui, davanti a me, e chiedergli se un elenco esaustivo di tutte le volte che ha sentito di meritare di più, esista davvero. Vorrei sapere se un amore migliore è stato il motivo che l’ha spinto fuori da quella porta. Chissà invece se, sentendosi vittima, non si è mai riconosciuto colpevole dei suoi tentativi falliti. Chissà se ci legano più gli occhi o questa incapacità di legarci.
Mi ferisce non essere stata la tua ancora di salvezza molto più di quanto mi dispiaccia che tu te ne vada. Mi ferisce non aver saputo tenerti in piedi quando ti sentivi scivolare, mi ferisce non aver saputo ricucire gli strappi causati da questo continuo andare, mi ferisce che tu non abbia sentito le mie mani sufficientemente salde per conservare i tuoi malumori. In realtà mi ferisce essere stata niente, quel niente gigante ci ha diviso senza che ci muovessimo da queste due stanze attigue.
Perché non mi basta? Mi manca andare a casa con te molto più di quanto possa mancarmi l’alba. Siamo già stati qui, dove niente mi scalfisce e mi riempio la bocca di frasi distratte. Con gli occhi disfatti non distinguo la pioggia dallo sporco che incrosta i vetri.
Ho paura di svegliarmi una mattina e di realizzare di essere stata lui tutto questo tempo. Mi dici “se qui non puoi amare, allora non restare”, ma io credo di non potermi amare né qui né altrove. Sono un paio di anni che macero nella convinzione che devo solo imparare a riposare quando sento l’aria mancare. A riposare, mica ad andare via. In questo momento, però, non riesco ad affermare con totale sicurezza che la mia voglia di mollare dipenda dalla stanchezza e non già da quell’infelicità che mi attanaglia. Pensa quante parole complicate ho dovuto scomodare per dirti che non so che cazzo fare. Guardo lo stesso cielo, dalla stessa finestra, con gli occhi brutti di chi cerca la fine. I problemi, quindi, sono veri o sfilano davanti ai miei occhi intenti solo a scovarli? Vorrei un bugiardino per queste quattro mura e un bicchiere di speranze per placare l’arsura di questa insoddisfazione.
Mi circonda un grande mal di testa, mi domando se la sua indifferenza è la risposta alla teoria dell’universo o se forse merito il silenzio per non aver saputo dare altro. Mi torturo le unghie pensando che forse dovrei scriverle, senza cadere nel balletto del disturbo. La sento lontana, mi sento stretta. Consumo quattro metri quadri di ufficio chiedendomi quale risposta dare ad una domanda scontata. Mi sento lontana, vorrei averla stretta.
Onnisciente, vorrei dirgli che mi hanno chiamato in modi peggiori. È quello che penso di meritare? Un paio di risposte vuote e qualche frammento di oggi è l’unica cosa che ho da offrire. Ho gli occhi stanchi e un’incapacità di amare che mi imbavaglia. Sento di non arrivare mai, di muovermi in modo frenetico, questo sì, ma di arrivare mai. Niente funziona, né dentro né fuori. Hai lasciato un mezzo disegno su una colonna bianca, mica hai lasciato me. Non è che non piaci, tu non esisti proprio. A volte mi sorride, anche quando mi giudica, mica mi ferisce.
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Nei giorni lavorativi, dormo fino a mezzogiorno, mi sveglio, cucino e poi mi metto a lavorare fino a sera tardi. Oggi e domani libero: mi sono svegliato alle sei. Non che mi dispiaccia, e poi oggi è piacevolmente fresco (scommetto su un temporale in arrivo, quindi anche oggi la prima spiaggia dell'anno la vediamo un'altra volta).
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Non ti conosco, ma mi dispiace seriamente leggerti così. Sembri una persona così bella e buona, ed è un peccato vederti struggere dietro al tuo corpo (che non ha niente che non va, anzi) o se una relazione perennemente in dramma
mi dispiace che ti dispiaccia. sto social lo uso solo quando devo lamentarmi, quindi forse la situazione sembra peggiore di quanto sia in realtà
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Provo a cominciare un libro: in realtà non posso più attendere; sono certo che neppure una pagina di questo verrà pubblicata: pazienza. Non direi che mi dispiaccia poco: ma è più importante scrivere un libro che stamparlo. Una pagina non scritta ci sta dentro come un umore maligno, amaro, si fa cattivo; quella parte che doveva scriverlo si fa attratta e cancerosa. L'incertezza di pubblicare mi ha fino a oggi impedito di scrivere tranquillamente quello che mi passava per il capo. Ora la sicurezza di non poter pubblicare mi toglie molta inquietudine. Se scrivere una qualunque sciocchezza mi dà una qualche felicità, non c'è ragione perché non lo faccia. Anche scrivere un libro é un atto pratico. Serve per rendere tollerabile l'esistenza, per rinviare il suicidio, per dare al lampione che incontriamo l'apparenza di una donna. Non ci può salvare, perché nulla ci può salvare. È un rito magico, uno scongiuro. Forse all'inferno non si può scrivere.
- Giorgio Manganelli
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Ciao bambino è da un po' che non ti sento
Vorrei parlarti, ma l'orgoglio è un turbamento
So che mi pensi, ma desisti
Sono quella sbagliata e tu lo sei di più, ma quando scopo con lui il ragazzo che penso sei tu
Ciao bambino, dove sei? Ti cerco per le strade,nei locali, in città, nei messaggi, ma è solo nei pensieri che finisco per trovarti
Vorrei dirti tante cose, ma non ne ho la forza È che vorrei fossi tu ad andare oltre le mie ossa
Sono quella sbagliata e tu lo sei di più Ma quando scopo con lui giuro, il ragazzo che penso sei solo tu
Vorrei urlare il tuo nome, ma non posso e immagino te addosso sul mio corpo
Vorrei che le gelosia ti divorasse e mi facesse tua Ma tu sei troppo impegnato a difendere la tua armatura
Ciao bambino, con chi parli? Non ne troverai facilmente un' altra che faccia caso ai tuoi dettagli
Sono quella sbagliata e tu lo sei di più, ma giuro che quando scopo con lui nella mia testa ci sei solo tu
Ricordo bene i tuoi discorsi e li trovo tutti giusti nonostante i paradossi
ricordo la tua voce da bambino e non credo mi dispiaccia lasciarmi travolgere da una dolcezza di cui spesso mi privo Sai non rinuncio al mio sentimentalismo, ma è la luna in capricorno che lo trattiene come fosse un crocifisso
Ciao bambino è da un po' che non ti sento, vorrei parlarti, ma mi sa che mi terrò tutto dentro
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Uh un altro giochino! Ah è una catena ehm vabbè dai proviamo! Grazie @hope-now-and-live
1) Mi chiamo Angela e questo nome non dovrebbe essere in alcun modo legato a qualche parente alla lontana di cui non so nemmeno l'esistenza bensì dalla situazione che si è creata durante il parto ed è stato come un miracolo essere riusciti a farmi nascere, perciò "un angelo disceso dal cielo" ... si molto poetico mami grazie <3
2) ehhhh sono troppo emotiva e lunatica quindi beh ieri pomeriggio è stata l'ultima volta che ho pianto
3) ma quali figli?! Al massimo considero "figli" i miei peluche ahahah
4) uso abbastanza il sarcasmo e puntualmente non vengo capita quando lo faccio ahah
5) attualmente pratico lo sport del bowling, in passato ho provato per forse meno di un mese nuoto in piscina e non è stata una bella esperienza anzi traumatica ma questa è un'altra storia ahah e poi pallavolo nel doposcuola alle medie (non fa per me) infatti durante educazione fisica preferivo provare a giocare a basket. Da piccina ho fatto danza classica per un paio di anni mentre ora daje con i balli di gruppo in piazza ma non è uno sport ops ahah
6) prima cosa che noto cioè che attira la mia attenzione se ho una persona davanti è il sorriso e poi il colore dei capelli, mentre se stiamo parlando in chat direi il saper ridere e fare ridere senza cadere nel volgare
7) ho gli occhi marroni!
8) scary che?! Io puahaha meglio i film con happy endings però se ci scappa un piccolo colpo di scena alla fine non è che mi dispiaccia invece del solito bacio con ripresa roteante ahah
9) talento uhm mi sembra di stare nei primi frame del primo film di Trilli quando si assegna il talento alle fatine appena nate ahah direi potrei essere un tuttofare basta che ci sia di mezzo l'uso della creatività ahah
10) sono nata a Penne in Abruzzo!
11) hobby allora: cantare, viaggiare anche se rimanendo in Italia, fotografia, disegnare outfit, scrivere su questo blog e non solo, collezionare adesivi, leggere anche se negli ultimi anni ho smesso ahimè
12) nessun animale domestico sigh
13) sono alta il giusto ahah 1,63
14) materia preferita uh questa è tosta in base alle elementari, medie e superiori e università cambia
Elementari -> italiano, arte, scienze
Medie -> musica
Superiori -> diritto
Università -> diritto pubblico dell'ambiente
15) Dream job -> qualcosa di creativo non ancora mi è chiaro cosa purtroppo
Taggo ehm chi conosco so che non ama le catene quindi cari affezionati siete liberi di fare questa catena non taggo nessuno in particolare
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