#nessun perduto amore
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Massimiliano Larocca: "Nessun perduto amore" è il nuovo video
Massimiliano Larocca torna con un nuovo singolo e video: “Nessun perduto amore”, estratto dal nuovo album “DÀIMŌN” appena uscito su Santeria Records / La Chute Dischi distribuzione Audioglobe. “Nessun perduto amore” è certamente uno dei brani più atipici di questo mio nuovo album, un ritmo da samba su un’accordatura aperta alla chitarra acustica, nello stile di Nick Drake o Tim Buckley. Un brano…
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#emergenti#genere musicale#massimiliano larocca#musica indipendente#nessun perduto amore#trakoftheday#video#youtube
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Ho "attraversato" il dolore cercando di mantenere intatta la bellezza dei miei sentimenti. Nessun amore va mai perduto, anche se chi ne è l'oggetto, legittimamente, non lo corrisponde. L'amore è nato e cresciuto in noi e ci ha resi sicuramente migliori, se glielo abbiamo permesso, accettando la realtà senza cercare di sfuggire alla sofferenza che provoca. Tornerò a provare amore e gioia, è importante comprendere che si tratta solo di un momento della mia vita.
Ho solo voglia di restare con la felpa a guardare la luna dal terrazzo che si diverte a farsi inseguire con gli occhi. Ho sempre provato piacere a guardarmi indietro e a mettere un punto per "Riniziare" con la maiuscola. Stasera, invece, ho bisogno di spazio e di virgole, di lettere minuscole e di pochi imperativi. Sorrido e penso a quanto è bizzarra questa sera: la vita ha fretta che io diventi una donna con un lavoro, con obiettivi chiari e con la voglia di costruire, eppure io mi sento ancora un po' bambina perché non ho tutte le risposte, perché non so come affrontare il distacco dalla mia famiglia, ma nel mio respiro mi sento anche una giovane donna. Tra me e me mi dico" Vai, assapora ogni momento, prendi a morsi ogni dubbio, viaggia, respira (sennò poi sbotti), leggi, balla, canta, scrivi, muoviti, stai ferma, prenditi in giro, fai tante domande senza mai forzare nessun rapporto, ma soprattutto dai un tempo a questi anni che passano come lancette impazzite, dagli il tuo tempo, il tuo senso e la tua verità."
Nel frattempo, farò qualsiasi cosa possibile per far sentire meno sola anche soltanto una persona e per rimanere autentica in un mondo che ha paura di mostrare le fragilità. Paragonarsi agli altri non fa altro che allontanarmi da quello che voglio io e, quindi, da ciò che fa stare bene me. Va bene fermarsi perché ho imparato ad ascoltare e ad osservare, a fare ciò che mi è possibile in quel momento di vita. Va bene anche stare male e accogliere i "momenti no": non durano mai per sempre ma possono essere utili per conoscermi meglio e per crescere. Va bene iniziare un percorso e avere delle ricadute perché ho interiorizzato che non esistono linee rette, ma è proprio questo che rende interessante la mia strada. E quindi va bene guardarsi con occhi più gentili, accogliendo i difetti e capendo cosa si può fare per migliorare. Non si tratta di una gara a tempo e non si può sperare in un cambiamento se non vogliamo accettare di poter inciampare, cadere, fallire. Stiamo già cadendo nel momento in cui cerchiamo di essere persone perfette perché, per quanto rincorriamo questo estenuante obiettivo, sappiamo benissimo che non riusciremo mai a raggiungerlo. Abbiamo solo bisogno di cambiare la visione delle cose, di fare un passo indietro, per andare avanti. Con i nostri desideri, le nostre paure, i nostri tempi, i nostri modi, il nostro bagaglio di vita.
A prescindere da come andrà, non perdere mai la speranza. Ricordati che anche le cose peggiori possono portare conseguenze positive. Domani sarà più semplice e andrà meglio, un giorno alla volta.
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LA CHIMERA_ALICE RORHWACHER
“C’è chi l’amore lo fa per noia e c’è chi se lo sceglie per professione, Bocca di rosa né l’uno né l’altro, lei lo faceva per passione…” Nulla di meglio di questo celeberrimo verso di Fabrizio De André per definire la figura di Arthur, tombarolo rabdomantico per passione, magnifico protagonista di un film incantevole, quale è “La Chimera” di Alice Rorhwacher. Arthur soprannominato l’inglese dai “tombaroli” (quelli veri) della Tuscia, ha il potere, quasi magico, di “sentire” la presenza di tombe nel sottosuolo, forse perché guidato anche dal desiderio di raggiungere quel regno dei morti dove vive l’anima (e magari il corpo) di Beniamina, suo perduto amore. L’inglese ha la sua base nella casa-rudere di una anziana e carismatica insegnante di canto, Flora (interpretata da Isabella Rossellini) alle cui dipendenze, un po’ come domestica e un po’ come allieva, c’è Italia (Carol Duarte) che sembra essere l’unica persona capace di tenere il sognante Arthur ancorato a questa terra. Ma se i “tombaroli” hanno come unico scopo il lucro, Arthur sembra essere partecipe più del mondo dei morti che di quello dei vivi e al momento di vendere la testa di una statua ad una cinica trafficante di reperti, preferisce buttare il prezioso pezzo nelle acque di un lago, proprio per sottrarlo alla cupidigia dei trafficanti. Ma la scoperta più importante di tutte, non sarà quella di un corredo funebre, di una pittura murale o di un gruppo statuario, bensì quella che gli permetterà di ritrovare il filo che lo ricondurrà all’amata Beniamina che sembra attenderlo nel regno dei morti. Il cinema di Alice Rorwacher è principalmente un cinema dalle immagini “volutamente sporche”, poco curate, giocate addirittura su tre supporti diversi di pellicola (16 millimetri, super 16 mm e 35 mm). Sono proprio queste immagini che ambientano alla perfezione il film negli anni Ottanta con grande realismo, senza ricorrere ai trucchetti da quattro soldi, come è accaduto di vedere di recente col finto neorealismo della Cortellesi. La differenza è tutta nel fatto che Alice Rorhwacher sa fare il cinema e sa “di cinema”: c’è in lei la forte traccia poetica di Pasolini e infatti Arthur è un “accattone” che vive in una baracca di lamiera e legno, appoggiata alle mura antiche di una città italiana (presumibilmente Tarquinia) che è parte di quella “grande bellezza” sorrentiniana, trattata però con un quid di realismo che la rende ancora più credibile. Ma si sentono anche gli echi di certi personaggi felliniani: è sufficiente per questo osservare le sequenze della sfilata carnascialesca che attraversa il paese o la stessa insegnante-matrona Flora. E poi, soprattutto, tenetevi forte, un altro “fantasma”, oltre a quello di Beniamina, aleggia in tutto il film: è lo spirito sapiente del Maestro Andrej Tarkovskij. La campagna dell’Italia centrale, la cultura antica del Paese, le sue vestigia e Arthur stesso, che è un “matto” come lo fu Domenico, e allo stesso tempo incarna il ricercatore-romantico che in “Nostalghia” era il critico musicale Pavel Sasnowskj. Come Arthur nelle tombe etrusche, anche lui con una candela in mano attraversa la piscina di Bagno Vignoni in una della più poetiche scene della storia del cinema. Bravissima Alice! Di questo cinema dal respiro universale e profondo ha bisogno l’Italia e se lo merita ! Da non perdere, nessun alibi è accettabile.
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Una giornata di sole
È una giornata piena di sole, una di quelle in cui egli trascorre un'ora al balcone a capo scoperto, come gli ha consigliato il medico. La sua carnagione, di solito, è pallida, ma il sottotono olivastro della sua pelle gli impedisce di arrossarsi e scottarsi, cosicché egli si abbronza, assumendo un'aria più sana. Ed è solo per esibire al medico questa illusione di salute che si sottopone al bagno di sole. Gli chiedo, mentre guardo la strada sottostante, popolata di venditori ambulanti e ragazzetti che si rincorrono, se avverta un miglioramento nelle proprie condizioni. "Sì, come ogni anno quando finisce l'inverno," ma conclude la frase con un colpo di tosse. Volgo le spalle alla ringhiera del balcone e immergo gli occhi nella penombra della stanza dove in fondo, proprio sopra il letto, sulla parete azzurra, è appeso un grande rosario dai grani di legno scuro. "E così reciti le preghiere prima di andare a dormire," dico per scherzo. "Oh sì," risponde lui con gravità, "tridui e novene".
"Quella ragazzetta ha lo sguardo vispo," sussurro accennando a colei che sembra affaccendarsi riassettando le carte sopra uno scrittoio. "Ti assiste con amore?" "Amore di carità," soggiunge lui. "Le invidio che sappia leggere il greco, il latino e il francese; sapessi farlo anch'io, le farei recuperare tutto il sonno che ha perduto in queste notti." La ragazza esce dalla stanza senza salutare, con passo zoppicante, ma leggero. Ha lasciato sullo scrittoio una Bibbia, accanto a un'Iliade.
"Nella Bibbia è scritto che i morti dormono," dico trasognata. "E nell'Ade gli eroi non sono altro che ombre," prosegue lui. "Ma allora, se questa vita è sogno, e poi continueremo a dormire, non ci sveglieremo mai? Conosceremo soltanto il sonno?"
Lui tiene gli occhi chiusi al sole. "Io credo che stiamo facendo esattamente ciò a cui la necessità ci spinge. Tutto in noi è materia," prosegue. "Da bambino trascorrevo molte ore in ginocchio, pregando di essere risparmiato dall'inferno; poi da ragazzo sognai di poter entrare in paradiso con una corona di lauro. In realtà non ci spettano premii né castighi, dal momento che siamo esseri governati dalla fortuna. L'unico bene sarebbe non ricordare mai più di essere stati, e che qualcosa vi sia".
"E se la tua coscienza sopravvivesse?"
"Immagino che la natura dei morti non li faccia riguardare più la vita. In nessun modo. L'istinto di conservazione, la speranza...sono nelle fibre di questa carne."
"Torneresti?..." gli chiedo.
"Se fosse utile."
"A te o ad altri?"
"A chiunque, anche a un topolino. Purché ne avessi certezza."
"Se gli dei vogliono continuare a giocare con noi, dovranno farlo a carte scoperte," azzardo.
"Vorrei non capirli mai, gli dei."
"Ma se hai detto che vuoi certezza..."
"Ho risposto alla tua domanda: mi chiedevi se sarei tornato, non cosa volessi. Io voglio esattamente questo silenzio, questo mistero, in cui si è identici a prima di nascere e si può ignorare sia la vita che la morte, e che esistono differenze. Se un dio si chiarisse, ci darebbe la vita, e con essa la morte."
"Infatti Dio si è espresso," spiego accennando alla Bibbia.
"No," dici: "Quello lo abbiamo sognato..."
"Sai qual è l'espressione più evidente di Dio?" Lancio la sfida, e proseguo: "Quella ragazza. Si sacrifica per te, e potrebbe non farlo. Questo si chiama libero arbitrio, non necessità".
"Lo fa per ambizione," sorride amaramente, "vuole diventare santa, per compiacere suo fratello, l'unico uomo che non l'abbandonerà. Se morissi prima di stanotte, per lei sarebbe un sollievo."
"Che dici!" Protesto. Ma dentro di me so ch'è vero.
"Io e lei siamo due infelici che non s'incontreranno mai. E ora sono stanco, vorrei riposare un po'."
Lo accompagno a letto. Gli sistemo i due grossi cuscini che tiene sotto la testa e, mentre lo faccio, avverto qualcosa di duro tra l'uno e l'altro. "E questi?" Dico, vedendo un cartoccio di confetti.
"Me li ha regalati lei. La mia dolce morte. Stanotte, lei potrà finalmente riposare."
"Piantala," gli dico brusca. "Stanotte penserò io a intrattenerti. Ti leggerò le mie poesie e i miei racconti."
"Tu scrivi?" Chiede con una sfumatura sarcastica, inarcando leggermente le sopracciglia.
"Ma certo. Ti ho dedicato tante poesie..." Gliene recito subito una.
"Sono frasi, non è poesia. Non c'è metrica. E il linguaggio è colloquiale, direi trasandato."
"Questa è poesia contemporanea," spiego. "Si chiamano versi liberi."
"I versi sciolti sono tutt'altra cosa..."
"Infatti questi non sono sciolti, ma proprio liberi. Come i pensieri, come il vento..." sorrido. "Vuoi provare anche tu?"
"Certo. Sembra facile come parlare nel sonno."
Io assaggio un confetto, mentre lui sussurra con aria canzonatoria: "Dalla vita volevo fuggir via,
perché la morte sola beltà mi apparia;
ma la mia vile anima immortale
mi parla e dice che ancora avrò a dare
e la beltà di ciò che darò
è così grande che più non morirò!"
"Ecco, bravo," lo incoraggio ridendo. Forse attratta dalle risate, entra la graziosa ragazzetta zoppa. "Vuoi?" Dico offrendole il cartoccio di confetti. "Questo screanzato li aveva rubati per suicidarsi prima di stanotte," dico scrollando il capo.
Lei arrossisce e si torce le mani. "Il suicidio è peccato mortale..." finge di rimproverare il malato con lo sguardo fisso alla punta delle proprie scarpe. Esce portandosi via i confetti.
"E ora?" Mi chiede lui.
"Faremo versi tutto il pomeriggio e la notte. I più liberi e sciocchi che riusciremo a fare. Ma prima voglio leggerti un mio racconto."
"Come s'intitola?" Chiede rassegnato.
"Una giornata di sole"...
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L’abbandono ti ucciderà.
Ti farà venire voglia di morire
e se lo lasci fare
ti aprirà
alla forma più radicale
di amore per te stesso.
Distruggerà i sogni d’amore della tua infanzia, sì, ma presto scoprirai
che questo amore non è stato mai
fuori di te.
Ora, il tuo respiro è la tua casa
e la presenza è il tuo santuario,
e la vita stessa
è il tuo amante più grande
e amico
e maestro.
Non c’è nessun abbandono
Qui nella Sorgente.
Tu sei ciò che rimane
quando tutto è perduto.
- Jeff Foster
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«Perché dovunque fugga è sempre l’inferno; sono io l’inferno.»
-Paradiso perduto, John Milton
L’angelo discese sulla Terra, le sue maestose ali spalancate verso il cielo. Un battito, poi un altro, sempre più giù verso le montagne. Era un tardo pomeriggio d’estate e poco più a valle risuonavano gli echi di un esercito in guerra. L’angelo scosse la testa. Gli umani trovavano sempre una ragione per combattere, ma non ci si doveva stupire. Persino le creature celesti non potevano dirsi totalmente estranee alla guerra.
Tanto tempo prima, quando gli uomini non erano che un sogno, due schiere alate si erano trovate su fronti opposti e, fratello contro fratello, avevano distrutto per sempre ogni ideale di armonia. La battaglia si era lasciata dietro ferite profonde. Per questa ragione l’angelo aveva abbandonato il Paradiso. Ogni anno, il giorno dell’anniversario della Caduta, lei e un demone si incontravano a metà strada. Abbandonavano i regni immortali del Paradiso e dell’Inferno per camminare fra i mortali. Erano due anime bloccate nel passato, incapaci di andare avanti, ma ostinatamente legate alle proprie scelte. La loro vita si esauriva in quelle poche ore rubate, a metà tra un estremo e l’altro, dove contava solo l'attimo presente.
L’angelo atterrò tra le rovine di un’antica città, in quello che era da sempre il loro punto d’incontro. Avevano visto sorgere capitali e imperi, per poi ritrovarne solo le ceneri, ma che ad attenderli ci fosse una civiltà o l’eco di un ricordo lontano, le due creature restavano fedeli al passato e alle abitudini.
L’angelo udì un frullare d’ali e, alzato lo sguardo, scorse la sagoma del demone che si avvicinava. Era bello come prima della Caduta, con i capelli biondi e le guance rosee, ma il suo sguardo non era più vivace come un tempo. Le grandi ali nere, talmente imponenti da oscurare il sole ormai prossimo al tramonto, erano il segno tangibile del suo peccato.
Il demone, a sua volta, osservò l’angelo. Anche lei era bella come un tempo e lo appariva ancor di più ai suoi occhi ormai avvezzi alla desolazione dell’Inferno. Le sue ali erano candide come la neve che ricopriva la vetta delle montagne, segno che la ribellione non aveva sfiorato il suo cuore.
«Ne è valsa la pena?» domandò l’angelo, non appena il demone fu atterrato al suo fianco. Glielo domandava ogni volta, quasi si aspettasse che prima o poi la sua risposta sarebbe cambiata.
«Non mi pento della mia decisione», rispose il demone. «Ho scelto di vivere secondo le mie regole e se questo significa rinunciare al Paradiso, lo rifarei. Mille volte se fosse necessario.»
«Non mi riferivo al Paradiso» ribatté l’angelo, distogliendo lo sguardo. «Ma tu questo già lo sai.»
«Vuoi sapere se mi pento di aver rinunciato al nostro amore? Potrei porti la stessa domanda.»
«Non sono io che ho scelto di seguire Lucifero.»
«No, ma tu hai scelto di non seguire me. Avremmo potuto essere felici, insieme, all’Inferno o sulla Terra.»
«La mia felicità non valeva un simile tradimento. Non potrei mai commettere un tale peccato, sarebbe da egoisti.»
Il demone si lasciò scappare una risata priva di gioia. «Chi mai penserà alla nostra felicità, se non noi stessi? Ai miei occhi, non ho commesso alcun peccato scegliendo di essere libero. Non ho fatto del male a nessuno. Ho scelto il mio destino, per me stesso e per nessun altro.»
«E ora ne paghi le conseguenze» disse l'angelo, lasciando correre lo sguardo sulle sue piume color inchiostro.
«Non penso tu sia felice in Paradiso o non saresti qui.»
«Almeno sono a casa, al mio posto. Dove è giusto che io sia. Dove ti ha portato il tuo desiderio di libertà?»
«Non ho mai detto che essere liberi significa essere felici. L’Inferno non è un brutto posto per un demone e la Terra non è così lontana. No, il vero Inferno ce lo siamo costruiti da soli, io e te.»
«È qui», continuò il demone, portandosi un dito alla tempia. «Nella nostra testa. Lo abbiamo creato tanti secoli fa con le nostre scelte.»
«Eppure, nonostante tutto, non ti penti di quelle scelte» mormorò l’angelo.
«Tutti quei secoli fa ho scelto chi volevo essere, invece che limitarmi a seguire il percorso che qualcun altro aveva tracciato per me. Non posso pentirmi di aver lottato per ciò in cui credo.»
Il demone prese la mano dell’angelo e la strinse forte. «Nessuno di noi due è destinato alla felicità. Stavamo bene quando eravamo insieme, ma non eravamo completamente noi stessi. Ora sappiamo chi siamo e i nostri mondi sono incompatibili l'uno con l’altro. Io non posso seguirti in Paradiso e tu saresti infelice all’Inferno.»
«Possiamo vivere separati o essere infelici insieme», disse l’angelo, aggrappandosi disperatamente alla mano del demone, ma mantenendo sul viso un’espressione di distacco. «Hai ragione, io non riuscirei mai a rinunciare al Paradiso.»
«Dunque non ci resta che questo», osservò il demone, guardando le rovine che li circondavano. «Poche ore all’anno, qui sulla Terra, a metà fra ciò che sono io e ciò che sei tu.»
«Ne è valsa la pena?» chiese di nuovo l’angelo, mascherando il proprio dolore.
Il demone annuì, cercando disperatamente di convincersene.
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Rimanda alla volontà e al fortuito caso di un destino amico… ad uno slancio della vita verso la sua apparente vitalità…frasi impaginate o solo immaginate e, con dovizia rigorosa, annichilite … a cercar dardi appisolati nella stanca faretra del passato… tutto da affidarsi all’ottimismo dello sguardo… a una fiducia senza tregua… ad una proiezione un po’ sgranata della determinazione… procedimento scontato… comodo e opportuno a trovare nella rotta bisaccia della speranza imprigionata l’utile menzogna che tutto salva ed indennizza… c’è del buono in questa convenienza…anche l’illusione paga… (e poi non manca mai di presentarsi puntualmente ad una interessata rancorosa riscossione…) il buono… il luminoso… l’armonioso.. il fresco … il tiepido… l’azzurro e il roseo… e la bellezza… la dolcezza… l’amorevolezza… la fortuna… l’incantevole momento che a nessuno mai sarà negato… l’attimo di positività… l’istante magico e divino… l’opportunità…
Nelle scorrevoli porte degli infiniti mondi paralleli… in qualche sogno… nel dio junghiano o in qualche stella dedicata a te… nell’ambito di un pragmatismo mistico o in una matrix di possibilità…in un dato statistico di probabilità… in un qualche santuario intitolato alla madonna… magari nei tarocchi… tra i fiori di plastica o di stoffa di una cara tomba… nel mezzo di un solipsistico delirio…nell’indiscusso tetragramma… forse in dio o allah … dentro te stesso o nell’amore dei tuoi cari o in quello universale e cosmico … di là dai tuoi confini umani troppo umani… nella meditazione… in internet … nell’intimo d’una dimenticata essenza… negli frattalici anfratti della apparente assenza di pensiero … dentro al tuo cuore…magari nella milza… nel tormentato percorso della colpa… nella coscienza d’essere quello che si è (sgaiattolando tra vicoli e impervie vie di psicanalisi sociologia o matematica od economia)…in qualche buco nero… forse nel cazzo o in questo mio imbarazzo… forse al momento del risveglio…forse nell’ istante del passaggio tra luce e buio… amore e odio… saggezza ed idiozia… tra tempo e spazio… tra vita e morte forse… estasi e strazio… tra gemito di dolore o di piacere…
Quel che si deve o quello che si vuole… comunque sia quello che sarà… Non mai dismettere la lotta ed il vestito della festa e le tue scarpe nuove, la rabbia e il grido e la speranza… ché, se di nome fai Lazzaro e vivi nei pressi di Betania , tutto non è perduto ancora…(che cosa conta se chi resuscita alla vita somma a un altro refolo d’inutile esistenza il triste strazio di una morte rinnovata ?)
Una preghiera? Un brivido d’orrore? Fumo d’incenso ? Un mantra? Un’ara votiva? Un sacrificio ? Un’ abluzione dentro a un sacro fiume? Propiziatorio rito? Una ecumenica speranza? Una genuflessione od un inchino? Un qualche affidamento ad un qualche buon proponimento? Forse una rinuncia?
Per prendersi il dovuto… in/per/da/con quello che rimane al termine (del) pensiero….
Orizzonti striati da bellezza disumana… liquide spumeggianti volontà affidate ai languori della nostalgia… caduchi cieli rispecchiati nelle invisibili pozzanghere d’una memoria lacerata.
Salutarsi nei crocicchi delle imperturbabili abitudini …per noia o educazione o per affetto o per servile compiacere… forse per ritrovare solamente l’appassito ricordo dei propri 4 poveri elementi…
Si canta altrove della soave collinosa e tersa e impavida passione (frutto di un sano volitivo amor di sé…)
Ci si dà un senso , seppure provvisorio ed irrisorio…, un po’ per celia e un po’ per non morir…
Il testa_mento non ha e non dà disposizioni…morde dolcemente l‘inguine… l’ordine delle cose profuma d’entropia…pura energia in dissolvimento…. non interessa nessun pro-cedimento…non trova spazio nessun miglioramento… prosciugamento d’ogni possibile altro proseguimento… in assenza di forza non c’è moto… tempo assente prelude a vibrazione quantica … big-pluff …e gli occhi a rimirare…fossette delle guance in un sorriso…
Vivere d’intensità e pure non farsene mai compenetrare . (Fra tutti , il più intenso ed annientatore – per quanto qualche necrofago e qualche saprofita ne subisca famelica attrazione – tra gli odori , è quello delle vivemorte cose, - lievito di vita è la putrefazione?- )
Istruire una in-consapevole distrazione onde approdare ad una particella d’istruzione…
Delenda Carta_go … Vai verso strampalato inascoltato … Attendere … La pagina si sta caricando… Godot e Malone meurt … L’innominabile…
Farsi impassibile pietra di paragone che gutta escavat d’insensibile agonia…
Né per, Né col Mondo . Né spirito , né carne.
Tagliuzzare avidamente la parola per disperderne la presuntuosità del suo vago sapore di sapere.
Disfarsi dell’eccezione per disconoscere la regola.
Il programma non con_tiene, il programma è l’errore. Il caos è il termine. Il caso un anagramma rotolato .( S’inizia secco in un accenno di sorriso [ca] e poi s’affida ad una quasi meraviglia [so]… ) penetra senza lacerarne l’indimostrabile perversa inconsistenza…)
Arretra lentamente ed abbandona… Fiera ferita o preda cosa cambia?
Si cerca un’ altra opzione tra vivere o morire…
Ah!?! Tertium non datur?
E vabbè
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L'ultimo sorso
Quel momento densamente malinconico in cui l’estate incontra l’autunno si è spostato in avanti, perché il clima in effetti sta cambiando a suon di legittimi allarmismi di scienziati e attivisti, anche se da un lato va bene così, perché in fondo qualche caldo raggio di sole in più a tanti non dispiace. E questo ritardo di natura si palesa anche in un pezzo di litorale del Bel Paese, dove un uomo dal volto quasi letteralmente scolpito fissa un punto indefinito tra il mare, il cielo e il bagnasciuga, senza prestare troppa attenzione al resto, quasi come se fosse perso, perché in fondo smarrirsi a volte è inevitabile. E mentre i suoi occhi assorbono le ultime luci del giorno, le onde si spargono leggere sulla sabbia scura a riva. L’uomo scolpito non per meriti atletici ma per contingenza o fantasia è seduto accanto a un tavolino di un chiosco, che lo mette a proprio agio, gambe tese e incrociate, sigaretta tra le dita e una mano che tocca il bicchiere non troppo pieno. Le patatine sono finite, l’uomo seduto potrebbe chiederne delle altre, ma rischierebbe di essere guardato storto dai baristi di oggi, non siamo nel 2005, l’Italia è un po’ meno Italia. Allora non le chiede, beve con non troppa calma la birretta che è dentro il bicchiere non troppo pieno, fissa ancora quel punto tra il mare a quell’ora più bello, perché c’è il tramonto, e la sabbia che non scotta più, e pensa, come si fa in quei casi in cui si è soli e seduti a un chiosco qualunque come quello, evitando di guardare il cellulare, perché farlo rovinerebbe tutto. Pensa allora agli ultimi due anni, passati dietro il bancone di un bar mai davvero troppo affollato, dove la gente andava e veniva, dove qualcuno diceva la sua, sempre che avesse il bisogno o l’urgenza di farlo. Ma nessuno di questi è stato il motivo per cui ha deciso di smettere, di chiudere le serrande e starsene via per un po’, senza sapere per quanto. Libri, canzoni, giornali e telegiornali, persone: c’era tutto quello che bastava. Non è stata nemmeno una questione di soldi, anche se quella birra al chiosco non l’aveva di certo pagata poco, perché appunto, l’Italia è un po’ meno Italia. E anche di questo ma non solo, perché di un po’ di tutto si è parlato nel suo bar, a volte anche del mondo, senza pretesa di cambiarlo. Non c’erano tecnici, ma c’erano persone: tutti filosofi e nessun filosofo. Era bello così, ma le cose belle si dice non durino per sempre. Ciò che forse più mancherà all’uomo che sembra una statua, oste di mestiere, sono quei piccoli, talvolta stupidi ma preziosi pensieri che nascevano dentro le quattro mura di quel bar di provincia, una provincia qualsiasi. Quel vociare vivo, sincero, sbagliato è stato ciò che lo ha reso più orgoglioso di quel poco che ha fatto.
Amore e tempo hanno fatto il resto.
Sarebbe brutto dire che queste due cose siano venute a mancare, perché in fondo chi sa davvero cosa significhino, e di certo l’uomo seduto al chiosco, per chi lo conosce anche Oste, non sa se abbia amato davvero quello che ha fatto, e non sa nemmeno se si sia concesso il tempo necessario per fare tutto questo. Ma nella sua testa, nel suo cuore, sa che qualcosa di bello è accaduto, e nonostante il passato lontano e vicino che sia, a volte denso di malinconia, come l’estate che incontra l’autunno, l’Oste può sentirsi sereno perché almeno è successo.
L’ultimo sorso di birra e il bicchiere è vuoto, come i tavolini lì intorno, come quasi tutta la spiaggia ormai. Si sentono i versi dei gabbiani guardinghi che sorvolano la costa, in cerca di qualche patatina finita per terra, piena di sabbia, ma non importa. Qualcuno a quel bar di provincia avrebbe potuto parlare pure di questo, dei gabbiani, di quanto siano maleducati, chiedendosi se esista l’amore anche per loro, se sentano il tempo pesarli addosso. Chissà, qualcuno forse in un futuro perduto, passando per il suo bar si sarebbe posto queste domande, non importa quanto superflue, non importa quali. Perché quando si metteva piede in quel bar almeno un dubbio si instillava nella testa, e quel dubbio serviva a non sbiadire, nell’occhio del ciclone quotidiano che sballotta qua e là le persone.
Il tempo per fermarsi e pensare, è forse questo parte dell’amore che poco si conosce.
L’Oste si alza e se ne va per i suoi passi, perché l’ultimo bicchiere è finito, sapendo in fondo che prima o poi quel bicchiere verrà ancora riempito.
Tommy, 15/10/2023
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D'ORSAY PARFUMS - R.B. UNE ROSE AU PARADIS - Eau de Parfum - Novità 2023 -
Lost in the infinity space of futuristic roses.
.
Dacci oggi il nostro fiore quotidiano... che questa natura non si arrende, apre la sua magnifica realtà all’immaginifica esperienza del fantasticare.
Rosa. E ancora Rosa. E sempre Rosa perchè immenso è il suo regno, e noi smarriti in quell’infinito, inarrestabile, imprevedibile spettro olfattivo. Nulla la eguaglia e nessun fiore osa competere con la sua maestosità aromatica.
Scoprirla in questa nuova creazione di d’Orsay Paris è come ritrovare un amore perduto e sentire che le sue parole ancora incantano, la sua luce fa di nuovo balbettare il cuore.
Une Rose au Paradis R.B. ha un respiro alato, sottile, etereo, la freschezza della rugiada e la fuggevole eleganza delle aldeidi.
Ha un tratto caratteriale romantico ma non melenso, è vivace ma non sfrontata, esuberante ma composta.
È una rosa limpida che guarda all’insù, oltre l’orizzonte i petali di rosa turca si espandono nello slancio aldeidato e penetrano la stratosfera boisé con la morbidezza sensuale di cashmeran e legno di sandalo.
Così lei ti strizza l’occhio, sussurra seguimi, nel metaverso dei sensi, dentro la nuova galassia degli odori chimerici…
e quindi, perché mai resisterle?
Creata da Caroline Dumur.
Eau de Parfum 50 e 90 ml. Online qui
©thebeautycove @igbeautycove
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L’abbandono ti ucciderà.
Ti farà venire voglia di morire
e se lo lasci fare
ti aprirà
alla forma più radicale
di amore per te stesso.
Distruggerà i sogni d’amore della tua infanzia, sì, ma presto scoprirai
che questo amore non è stato mai
fuori di te.
Ora, il tuo respiro è la tua casa
e la presenza è il tuo santuario,
e la vita stessa
è il tuo amante più grande
e amico
e maestro.
Non c’è nessun abbandono
Qui nella Sorgente.
Tu sei ciò che rimane
quando tutto è perduto.
Jeff Foster
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•👄 Il piccolo Blanco @sanremorai “È il tempo che tu hai perduto per le tue rose che ha fatto le tue rose così importanti”. “Gli uomini coltivano 5000 rose nello stesso giardino… e non trovano quello che cercano… e tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua. Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore!”. "È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele, buttate via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio." 📍Via Angelo della Pergola MI • • • #designme #minuzzerie #tipsminuzforminuz #isola #isoladistrict #quartiereisola #amilanopuoi #inlombardia #instamilano #thisismilano #exploremilano #ilovemilano #capturestreets #storyofthestreet #streetstyle #streetphotographer #photographerlife #photoart #streetphotography #streetstorytelling #storytelling #portiamomesagnenelmondo #fotografiaMilano #eventimilano #coolinmilan #milanodavivere #milanodeimilanesi #visitmilano #yesmilano #cosafareamilano (presso Quartiere Isola-Garibaldi, Milano) https://www.instagram.com/p/Cob0SQCseav/?igshid=NGJjMDIxMWI=
#designme#minuzzerie#tipsminuzforminuz#isola#isoladistrict#quartiereisola#amilanopuoi#inlombardia#instamilano#thisismilano#exploremilano#ilovemilano#capturestreets#storyofthestreet#streetstyle#streetphotographer#photographerlife#photoart#streetphotography#streetstorytelling#storytelling#portiamomesagnenelmondo#fotografiamilano#eventimilano#coolinmilan#milanodavivere#milanodeimilanesi#visitmilano#yesmilano#cosafareamilano
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“Dentro sto dimmerda e fingo che andrà tutto bene. Ma è difficile farlo sapendo che poi non succede.”
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L’abbandono
Ti ucciderà.
Ti farà venire voglia di morire
E se lo lasci fare
Ti aprirà
Alla forma più radicale
Di amore per te stesso.
Distruggerà i sogni d’amore della tua infanzia,
Sì
Ma presto scoprirai
Che questo amore non è stato mai
Fuori di te.
Ora, il tuo respiro è la tua casa
E la presenza è il tuo santuario
E la vita stessa
E' il tuo amante più grande
E amico
E maestro.
Non c’è nessun abbandono
Qui nella Sorgente.
Tu sei ciò che rimane
Quando tutto è perduto.
J. Foster🌻
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Non conta avere più cose
ma averne alcune che durano
con dolcezza nel cuore.
Può essere il modo di guardare
una foglia, l'odore caldo
della tua pelle,
il sapore di liquirizia della tua voce.
Bisogna riempire una piazza
e che il tuo canto
stia assieme al canto degli altri,
il canto di chi sogna
giustizia e libertà
nel cuore degli uomini
e sui rami degli alberi.
Nessun bene va perduto.
Torna disteso nel tuo abbraccio:
non c'è amore senza rivoluzione,
non c'è rivoluzione senza amore.
Franco Arminio
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Non conta avere più cose
ma averne alcune che durano
con dolcezza nel cuore.
Può essere il modo di guardare
una foglia, l'odore caldo
della tua pelle,
il sapore di liquirizia della tua voce.
Bisogna riempire una piazza
e che il tuo canto
stia assieme al canto degli altri,
il canto di chi sogna
giustizia e libertà
nel cuore degli uomini
e sui rami degli alberi.
Nessun bene va perduto.
Torna disteso nel tuo abbraccio:
non c'è amore senza rivoluzione,
non c'è rivoluzione senza amore.
Franco Arminio
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Per tutti coloro che amano, hanno amato e ameranno...
Alle navi in navigazione e ai porti di scalo, alla mia famiglia e a tutti gli amici ed estranei: questo è un messaggio e una preghiera. Il messaggio è che i miei viaggi mi hanno insegnato una grande verità: io ho già avuto quello che tutti quanti cercano ma che soltanto pochi trovano, la sola persona al mondo che ero destinata ad amare per sempre. Una persona ricca di semplici tesori che si è fatta da sola e che da sola ha imparato. Un porto in cui mi sento a casa per sempre e che nessun vento, nessun problema potranno mai distruggere. La preghiera è che tutti al mondo possano conoscere questo genere d’amore ed essere da esso sanati. Se la mia preghiera sarà ascoltata saranno cancellati per sempre tutti i rimpianti e tutte le colpe e avranno fine tutti i rancori.
Le parole che non ti ho detto
[la storia di un amore perduto e ritrovato]
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