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Matteo Garrone in Tour: La Sublimazione Poetica del Cinema Incontra il Jazz. Un recital straordinario con il regista Matteo Garrone e il sassofonista Piero Delle Monache per un’esperienza unica nei teatri italiani
Il celebre regista Matteo Garrone, fresco di candidatura all'Oscar con il suo ultimo film "Io capitano", si prepara a portare in scena un nuovo progetto che unisce cinema e musica.
Il celebre regista Matteo Garrone, fresco di candidatura all’Oscar con il suo ultimo film “Io capitano”, si prepara a portare in scena un nuovo progetto che unisce cinema e musica. “La sublimazione poetica del cinema in jazz” è un tour speciale che vedrà Garrone accompagnato dal talentuoso sassofonista Piero Delle Monache, per una serie di spettacoli che si terranno nei teatri di Milano, Napoli,…
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Viaggio nei film napoletani: cinque consigli da non perdere
Napoli, città vibrante e ricca di storia, ha sempre avuto un legame speciale con il cinema. Dai grandi classici del passato alle opere contemporanee, i film napoletani hanno saputo raccontare con poesia e realismo le mille sfaccettature di questa città unica, la sua anima popolare, i suoi contrasti e le sue contraddizioni. Se siete appassionati di cinema e siete curiosi di scoprire la vera essenza di Napoli, ecco 5 film che non potete perdere. L'oro di Napoli (1954) di Vittorio De Sica Un capolavoro del neorealismo italiano, composto da sei episodi che raccontano storie di vita quotidiana nella Napoli del dopoguerra. Tra miseria e speranza, emerge la forza d'animo e la tenacia del popolo napoletano. Il film è presente nella speciale lista dei "100 film da salvare" realizzata dalle Giornate degli Autori all'interno della Mostra del cinema di Venezia, con la collaborazione di Cinecittà Holding e il sostegno del Ministero dei Beni Culturali con lo scopo di preservare la memoria e la bellezza di queste pellicole. Così parlò Bellavista (1984) di Luciano De Crescenzo Film commedia italiano del 1984, tratto dal romanzo omonimo, sceneggiato e diretto da Luciano De Crescenzo. Un microcosmo di personaggi eccentrici e divertenti, uniti da un forte senso di comunità e da un'incrollabile fiducia nella vita. Per Luciano De Crescenzo il film portò due premi come miglior regista esordiente ai David di Donatello ed ai Nastri d'Argento del 1985. Gomorra (2008) di Matteo Garrone Un film crudo e potente che racconta la realtà della camorra e la sua morsa asfissiante sulla città. Un pugno allo stomaco che non lascia indifferenti, ma che invita a riflettere su un problema complesso e radicato. Il film è ispirato all'omonimo best seller di Roberto Saviano facendo incetta di premi tra cui il David di Donatello come miglior film ma anche una prestigiosa nomination ai Golden Globe come miglior film straniero. Da questo film poi venne prodotta "Gomorra - La Seria" che nel corso degli anni divenne una serie cult del panorama televisivo nostrano. È stata la mano di Dio (2021) di Paolo Sorrentino Un film autobiografico e toccante che racconta la giovinezza del regista nella Napoli degli anni '80. Tra tragedia e commedia, un affresco malinconico e poetico di una città in fermento. La pellicola riscosse molto successo è portò Paolo Sorrentino a vincere il Leone d'Argento al Festival del Cinema di Venezia senza dimenticare la prestigiosa doppietta di nomination come miglior film straniero ai Golden Globe e ai Premi BAFTA. In Italia, il film ottenne il premio come miglior film sia ai Nastri d'Argento che ai David di Donatello. A Napoli non piove mai (2015) di Sergio Assisi Una commedia romantica che narra la storia d'amore tra un cinico professore milanese ed un'affascinante donna napoletana. Uno sguardo ironico e disincantato sui rapporti umani e sulle differenze tra Nord e Sud. Il film è stato scritto, diretto e interpretato da Sergio Assisi ed è disponibile su Amazon Prime Video. Piccola curiosità: in una scena del film compare un manifesto elettorale per la candidatura dell'on. Cosimo Trombetta. Questa è una vero e proprio riferimento all'omonimo personaggio del film Totò a colori, interpretato da Mario Castellani. Film napoletani: molto di più da scoprire Questi sono solo alcuni dei tanti film napoletani che meritano di essere visti. Ogni pellicola offre una visione unica della città e dei suoi abitanti, regalando emozioni e spunti di riflessione. Se avete la possibilità, vi consiglio di non limitarvi a questi titoli e di esplorare la vasta filmografia napoletana. Scoprirete un cinema ricco di storie, personaggi indimenticabili e una grande capacità di rappresentare la realtà con poesia e verità. Foto di form PxHere Read the full article
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Disponibile nei migliori cinema italiani, la pellicola Un paese ci vuole. Zavattini, Luzzara e il Po. Il film documentario intreccia il racconto poetico di Cesare Zavattini, padre del neorealismo italiano - attraverso la narrazione del fiume Po con quello del suo Paese, Luzzara, visitata da fotografi di tutto il mondo: Paul Strand, Gianni Berengo Gardin, Stephen Shore, David Maialetti, per citarne solo alcuni.
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Consuntivo di una decade
Il sito del mio blog mi annuncia: “ Sono scoccati i dieci anni del tuo Fuori dai denti; felicitazioni!”
A parte il mistero sulle ragioni per cui un ente astratto come Tumblr, malgrado la scarsa affluenza di aficionados, debba esprimere le sue congratulazioni alla mia costanza, persa la cognizione del tempo, l’annuncio mi offre l’occasione di un breve consuntivo.
“Parliamo tanto di me”: Zavattini, amico di De Sica, padre del neorealismo e dei famosissimi Miracolo a Milano, Sciuscià e Ladri di biciclette, ha sintetizzato in questo titolo di un libro divertente la passione di tutti. In dieci anni del mio post dedicato soprattutto all’arte visiva (poco meno di trecento interventi) mi arrogo il merito di non aver mai parlato del mio lavoro e forse neanche del mio impegno, come lo vogliamo chiamare? critico, poetico (da poetica), etico, teorico o più bassamente giornalistico? Letterario comunque, visto che si traduce sempre in discorsi scritti accompagnati rarissimamente da immagini. Ho espresso più volte la mia idiosincrasia per quelle digitali e non sto a ripetermi (v. di Fuori dai denti almeno Archive dell’aprile scorso): lo fa già o lo dovrebbe fare quanto vado esponendo in giro: se poi qualcuno lo guarda è un altro paio di maniche; per lo meno io ci metto la faccia e così quei pochi che ci credono e mi ospitano.
A settant’anni, quando hai deciso di uscire allo scoperto e mettere in piazza le tue idee, è scontato, se non lecito, essere saldo se non incrollabile nelle tue opinioni, ma una decade è un periodo sufficientemente lungo perché i tempi in cui queste si esercitano subiscano delle trasformazioni. E’ mio costume cercare sempre di mettere alla prova le mie convinzioni e dichiararle in pubblico argomentandole è un sistema. Ma ora è lecito domandarsi: i mutamenti sono avvenuti in peggio o in meglio? Per quanto riguarda l’ultima decade i partigiani della seconda tesi, vista l’avanzata vertiginosa della tecnologia, non si contano, ma non sono pochissimi quelli che mostrano di propendere per la prima. Il guaio però è che quasi nessuno di questi ultimi mostra di sostenerlo pubblicamente: per non cadere nella rinomata categoria dei brontoloni. Io ci entro senza batter ciglio, tanto è inevitabile: se già le cose andavano male quando ho deciso il mio impegno perché non ne potevo più di sopportarlo passivamente, oggi vanno addirittura peggio. E se mi si dà lo spazio posso provarlo.
Inutile nascondersi dietro un dito: con tutta la benevolenza che ho potuto meritarmi, le riviste d’Arte, cartacee o on line che siano, non hanno mostrato molto interesse per le mie sparate: eppure al loro interno ho amici che mi stimano e a parole si sbilanciano. Probabilmente passeranno altri dieci anni prima che qualcuno si accorga che ho un paio di ammennicoli fra le gambe (per essere ogni tanto modesti).
Ci rivediamo ai miei 92!
FDL
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Lorenzo Calogero:
(1) …Bene ha fatto col ricordarmi che i motori coordinatori del mio canto dovrò cercarli nella ragione che lega cosa a cosa e non accostando le cose per quel che di estremamente istintivo esse contengono.
(2) …Come io intenda la manifestazione espressiva in rapporto alla verità essa può essere semplice numero (matematiche), formule di indagine scientifica propriamente detta (scienze fisiche) o come nel caso del presente libretto semplicemente immagini.
(3) Anche il pensiero deve venire inteso e traspare come un modo della tecnica… Le sole cose che per me più valgono di uno scrittore sono gli estremi attraverso cui si muove il suo pensiero… I suoi estremi sono quelli che potrebbero chiamarsi più infinito meno infinito, gli stessi elementi che prende il calcolo differenziato per determinare le sue leggi e le sue scoperte teoriche…
… La pagina, l’immagine, la parola, il suono, la pausa le quasi possono studiarsi come elementi della tecnica, una volta che si sia penetrati dentro gli estremi entro cui si muovono, è ben altra cosa. Il calcolo infinitesimale… si muove tra un più o meno infinito che differiscono di volta in volta per una particella puramente quantitativa. Gli estremi di una parola sono condizionati da estremi di un sentimento a volta a volta diversissimo e che sono quelle entro cui avviene il discorso.
…Nessun realismo o neorealismo o altro del genere è possibile, in termini veramente poetici, senza l’immaginarietà originaria della parola. Se al realismo negli ordini più pratici della vita … non si può negare valore, tuttavia esso è la più specifica conseguenza della parola, la quale, rispetto a tutto il rimanente tessuto della vita, rimane sempre come un numero immaginario.
…Viene spontaneo pensare che poesia tende ad essere sempre più pensiero puro.
…Ove notava che quando tendo a realizzare un’immagine, ne distolgo quasi apposta il lettore con altro verso in altra direzione, ammesso com’Ella dice nell’ “Avvertimento”, che l’operazione che tento praticamente ha l’indeterminatezza di certe analisi portate sulle qualità sfuggenti, potrei giustificarmi che importa meno la direzione dei contenuti obbiettivi delle immagini, quanto che l’indeterminatezza si muova sempre con minor attriti. Se l’indeterminatezza avvenisse attraverso passaggi talmente graduali, da essere quasi del tutto impercettibili, molto maggior numero… di direzioni diverse potrebbero entrare in qualsiasi composizione poetica.
(4) …quella che sarebbe potuto essere la migliore delle mie poesie, e che in nessun caso avrei potuto trascrivere, mi è venuta in sogno in un’epoca in cui avevo 24 o 25 anni…
Ritmo e pensiero sebbene avessero un’autonomia assoluta, perché si trattava di effettiva poesia…seguivano una misura fisica: la diversa lunghezza dei versi; si compenetravano in un’unica onda che si svolgeva per trapassi così insensibili che ne era impossibile il ricordo da svegli.
(5) …La maggiore specializzazione del linguaggio, più forte in poesia che in filosofia, specializzazione che contiene sottintesi e tacitamente tutti i nessi logici attraverso cui si realizza un discorso…
…Aver messo in chiaro e in evidenza l’elemento che proviene dalla suggestività e che si attua con modi che mettono la suggestione in primo piano, con mezzo di coscienza e conoscenza.
…(Bisognerebbe risalire ad una lingua del tutto originaria o quanto più possibile originaria per potere avere un nesso evidente fra segno e contesto del discorso)…
(5)bis …Una poesia che procedesse da parole, insignificanti fra loro nel discorso del tutto suggestivo e procedente per suggestioni extralogiche. Che ciò, poi, potrebbe essere origine di una nuova logica (non conosco nulla della logica simbolica ma credo che non potrebbe trattare di questa) agente tutta per suggestioni, credo che non sarebbe un’ipotesi del tutto azzardata…
…Convinto, come sono, che gli oggetti della poesia non appartengono mai al già pensato.
(6) Io escludo che dentro i termini del linguaggio o di ciò che si realizza come linguaggio possano esserci cose sicuramente ed effettivamente opposte.
…Sinisgalli?… le sue idee, in cui la poesia paragonava ad un numero puramente immaginario, cui si legava (mi sembra) un numero reale.
Per la poesia non valgono certamente le parole del Vangelo: chi non è con me è contro di me. Si può pertanto immaginare anche una poesia completamente neutrale, o quasi, di fronte agli scopi che la vita si prefigge.
…Una nuova scienza, una scienza ultra matematica, una matematica della matematica che sarebbe null’altro che la poesia.
…Sono pochi i versi in cui la vita viene ad essere costretta dentro un nesso di parole che non permette facilmente variazioni.
n.d.r. (tematica dei contenuti filosofici)
(7) …Non credere in alcuna filosofia sia pure la più ragionata (e per me la più coerente)
…Si ricorderà che in altra mia Le dicevo che tutte le scienze fisiche e persino le scienze matematiche sono null’altro che costruzioni poetiche.
(8) …Non posso dare alcun valore sicuro e significativo ad alcuna filosofia della pratica o che, voglia tendere alla prassi, perché comunque la parola si muova il suo unico possibile campo di azione e di sviluppo è uno che se non rappresenta una vera teoria a questa certamente tende. Non so proprio immaginare altro uso ed impiego della parola.
(9) …Penso che la conoscenza che si avvicina alla pura contemplatività sia per se stessa una conoscenza di maggior valore e di grado più raffinato e più perfetto…, e pure è la conoscenza che solo raramente, e sempre in maniera più difficile riesce ad esprimersi palesemente, e ciò, forse perché essa è legata per la sua stessa natura ad una deficienza dei mezzi espressivi e di condizioni che ne permettano l’estrinsecazione compresa perfino la memoria.
…Versi che mi sembra rendano sia l’elemento straordinariamente individuale che quello appartenente ad una collettività anonima ed antichissima…
(9)bis …Per chiarire i nessi che legano l’essere al fenomeno di esso che chiamiamo coscienza dire, per prendere i due casi più caratteristici, che maggiore è la distanza che lega il fenomeno amoroso alla coscienza che non quella che lega la medesima alla pura speculatività.
(10) …Un mondo poetico fondamentale dell’uomo, il cui requisito fondamentale non sarebbe altro che il rispetto del sentimento umano, a partire, almeno, già da quanto c’insegna il mondo giuridico e le necessarie e fondamentali possibilità etiche.
…Vocazione letteraria…quanto agiva ed agisce quasi incosciamente, il che, ridurrebbe l’attività del letterato a quel che più vale di lui ad una zona più o meno mistica.
…Vocazione poetica potrei definire ciò che mi spinge a dare forma pura e concretezza (questa ultima potrebbe anche definirsi contenuto)… coincide più o meno direttamente con ciò che sentiamo di potere definire oggetto poetico vero e proprio… sarebbe null’altro, principalmente, che un oggetto puramente etico ed impregnato dai requisiti dell’eticità, la quale non sarebbe altro che reciprocità pura…
Non credo… che sarebbe un’ipotesi assurda pensare che, dentro rapporti sempre più tesi l’eticità che si mette in evidenza, attraverso la conoscenza di zone sempre più vaste di zone cosmiche, diminuirebbe…
…L’elemento etico è per se stesso indecifrabile e avvolto in zona e forma mistica…, e variamente rappresentabile ed esprimibile attraverso… la suggestività, la quale, se massimamente presente ed evidente in poesia, è costante, sebbene molte volte del tutto latente, in ogni forma di speculatività.
…Uno degli oggetti della mia vera vocazione poetica: l’ammissione costante sebbene… tacitamente sottintesa di un’idea etica e poi di un oggetto etico e poi di una zona mistica in relazione costante sebbene preliminare, con tutti gli abbozzi di idee eticamente possibili e quindi, in un certo senso, oltreché con le loro possibilità contrarie con un circuito di possibilità mistiche, perché, almeno, non appartenenti alle possibilità puramente logiche dell’uomo se non nel senso di ciò che nettamente le precede … su quello che riguarda il prodotto di quello che promana dall’irradiazione mistica.
Le dirò… che non ammetto che esista un pensiero che non si attui attraverso la tecnica che pertanto possa considerarsi non tecnico, compreso, s’intende, quello che entra nel tessuto della poesia, e che la poesia nient’altro è che una speciale tecnica dell’attività pensante, perché l’oggetto etico e l’irradiazione mistica rimangono in questo nascoste nel profondo della coscienza, ma vivi ed effettivamente operanti…
Il misticismo di cui parlo… e null’altro che un misticismo relativo che senza essere la pura e semplice contemplatività la sfiora semplicemente…
La poesia… è quasi del tutto immediatezza e quasi del tutto assenza di lavoro.
E la fase preparatoria a questa immediatezza come sarebbe? Forse lavoro più di quanto ne richieda la scienza per attuarsi… Comunque il poeta precedentemente al poetico che darebbe una qualsiasi ragione a quel quasi notato precedentemente quando non azzarda e gioca col caso sarebbe un quasi puro religioso. E ciò che costituisce il substrato di ogni religione, cioè Dio, sarebbe quanto di più lontano esista per l’uomo ed a cui come è pericoloso pensare di avvicinarsi per le pessime suggestioni che da questo tentativo possono provenire, così diventerebbe il più faticoso dei lavori.
(11) … So anche che costa meno la verità che la menzogna o la quasi menzogna.
… Se per filosofia intendiamo, qualcosa che sia pure un’immagine (e che cosa potrebbe essere che non sia un’immagine?)…
Ti dirò, del resto, che ciò che più mi sgomenta dei Vangeli è ciò che può chiamarsi la fatalità del male, fatalità, questa, che metterebbe sempre in più serio imbarazzo la possibilità di conoscere se stesso.
E’ certo, secondo me, che il poeta non conclude quasi mai nulla e che solo qualche volta conclude qualcosa, e sempre ben poco… Tuttavia dirò una cosa, che credo della massima importanza per la poesia in genere, e cioè, che il problema della poesia non risiede tanto e solamente in quello che possiamo chiamare poesia scritta, quanto, e massimamente, nei problemi più urgenti per una sempre più equa giustizia sociale. Che cosa ha da fare, si potrebbe domandare, la poesia con la giustizia e con il senso della giustizia?
Non intendo proprio riferirmi a quella che si può chiamare “poesia populista” che molto raramente, forse, riesce ad essere vera ed effettiva poesia o a suggerire qualcosa che sia come la sostanza ed il midollo della giustizia e del senso della giustizia.
Il mistero della giustizia, potremmo dire, secondo il principio evangelico.
Fra letteratura, filosofia e politica, la politica mi sembrerebbe la cosa più interessante e più degna di rilievo, non fosse altro perché si occupa del maggior bene collettivo (intendo dire in senso economico), accessibile e comprensibile alla maggior parte degli uomini… Se dovessi fare una confessione circa le mie tendenze politiche dovrei, intanto, dire che mi sento dall’estrema destra orientato verso l’estrema sinistra…
Che voglio concludere con ciò che sono giusto? Credo, a tal riguardo che uno possa sentirsi tale a patto di non pensarci. Che voglio fare come si dice nei salmi: Chi si salverà, o Signore, dalla tua giustizia? …Comunque è molto difficile salvarsi dalla giustizia di chiunque. Subito dopo mi dice che ridurre la vita a verità è il compito più inquietante, già direi che la vita non si può ridurre mai completamente a verità.
…Quali che siano le comodità materiali di cui si possa godere, per quel che riguarda la felicità sarebbe di somma importanza la libertà e la buona educazione. Ma chi dà o è disposto a dare simili cose? Naturalmente chi le ha. Ma oggi, come oggi, chi le ha? O io, e con me anche gli altri, dobbiamo dare credito di impartitrice di libertà e di buona educazione a chi sistematicamente non si è dimostrato all’altezza di questo compito, o chi per sistema crede di poter agire in questo senso?
La letteratura, per quanto riesco a immaginare, è condizionata dal fatto che dà come contenuto obbiettivo ciò che anche è vissuto come massimo senso etico interno…
Escluso i religiosi, su cui credo di non potermi pronunziare in alcun modo, i veri maestri e ammaestratori dei popoli sono e sono stati principalmente i poeti.
La scienza misteriosa, a questo riguardo per quanto possa essere effettivamente utile, potrebbe valere molto di meno.
Le mie poesie poi, può darsi che siano prive della più elementare importanza come della più comune ed elementare analisi logica e grammaticale, comunque questa analisi logica e grammaticale possono essere intese in un senso del tutto personale.
n.d.r. (tematiche biografiche dell’autore)
(12) …Sebbene nella mia poesia niente sia di confessato.
(13) …La mia vita? Questa mi appare quanto mai sempre più complicata e che via va complicandosi sempre più. Mi pare, talvolta, che essa si realizzi per via di simboli del tutto enigmatici che, per me, prima non esistevano o mi sfuggivano completamente…
… Sebbene non mi sia dedicato tutta la vita a scrivere versi e per molti, quasi moltissimi anni direi, mi sono occupato a fare il medico, son vissuto, dentro la mia professione, quasi interamente, come se scrivessi versi. Ove mi si proponesse di essere felice collettivamente, credimi, non avrei nulla a che fare con tale felicità e sono sicuro che rifiuterei. Se dovessi essere mai felice, vorrei ciò avvenisse in modo del tutto individuale a patto che la collettività fosse quasi del tutto nominalistica, non si dovesse sentire il peso della collettività come tale che come tale s’imponesse.
D’altronde so che… gli altri uomini o, semplicemente essere umani, poiché possono essere compresi anche le donne, partecipano, poco o molto che sia di certi segreti (non sono semplicemente modi di vita) che a me rimangono del tutto sconosciuti… Che anche il rapporto amoroso, fra uomo e donna, oggi come oggi… non so considerarlo altrimenti che come un rapporto puramente angelico… Del resto un certo angelismo credo che debba esistere e sia esistito sempre in qualsiasi rapporto o relazione effettivamente, amorosa.
In me è esistito, sempre un difetto della facoltà analitica che avrebbe dovuto mettermi sull’avviso di tante cose nella vita. Ma quella era impegnata in moltissime altre cose che, non dirò mi sembravano importanti, ma erano effettivamente importanti, per condurre una vita, sia pure, ai margini ed ai margini effettivamente, estremi o no, era.
Intanto io so che sono e sono stato da sempre uno schizofobico, un psicastenico, ed un pauroso per eccellenza.
…Quanto nella vita ho perduto. Ma c’e stato qualcheduno mai che nella vita ha guadagnato? Si potrebbe dire forse che nella vita ha guadagnato solo chi ha avuto. Ma questo ha avuto, non ha guadagnato. Si potrebbe ritornare a ripetere che può apparire di aver guadagnato solo perché ha avuto. Credimi che se un vero e perfetto disgraziato mi appaio io spesso, altri disgraziati mi appaiono tanti altri, i quali o non se ne accorgono o non lo dicono.
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La poetica
Sul n. 38-39, maggio-agosto 1959, della rivista Nuovi Argomenti nella inchiesta sul romanzo, Pasolini dichiara esplicitamente il suo concetto di poetica.
«Penso che il romanzo debba essere necessariamente oggettivo: l'autore borghese non ne ha forse gli strumenti, per farlo, perduti col senso della propria storicità, svaporati nella metastoria intimistico-stilistica. Essere oggettivo non significa però essere ottocentesco: al positivismo generico che presiedeva al realismo di quel secolo, si è ora sostituita una bella precisa filosofia, quella marxista. La visione oggettiva di un personaggio, di un ambiente, di una classe sociale, che ne deriva, non può essere che diversa e nuova... Il romanzo non può essere che pura rappresentazione: il significato ideologico o sociologico, deve essere mediato dalla fisicità più immediata...Personaggio in azione, paesaggio in funzione, violenta e assoluta mimesi ambientale»
(Pier Paolo Pasolini da Inchiesta sul romanzo in Nuovi Argomenti 1959)
All'interno di un'unica ideologia della letteratura sono differenti le risposte che Pasolini dà riguardo alle esigenze tecniche poste dal romanzo e dalla poesia. Le esigenze dello scrittore sono essenzialmente due. La prima è quella di recuperare al discorso poetico carattere di logicità, razionalità, storicità. La seconda esigenza è una poetica classicistica.
Nel recuperare gli strumenti prenovecenteschi, Pasolini dimostra la sua opposizione al neorealismo e al postermetismo. Egli vuole fare poesia basandosi sulla percezione ideologica della realtà. La sua poesia è quella della polemica ideologica e personale, delle argomentazioni e delle perorazioni.
La struttura del romanzo
I romanzi di Pasolini, pur essendo volutamente poveri dal punto di vista narrativo, vengono costruiti con un'attenta documentazione linguistica.
La voce narrante utilizza un italiano schematico e semplice, mentre i personaggi parlano in un romanesco tenuto ad un livello basso, proprio perché nell'intenzione dell'autore, il dialetto non viene usato in termini neorealistici per registrare la verità, ma per seguire esistenze difficili e disperate, momenti di vita tristi ma anche felici, gesti crudeli e violenti che sfociano in esiti molte volte tragici e patetici.
L'uso del dialetto nei romanzi
Pasolini sostiene che bisogna lasciar parlare le cose e per far questo bisogna usare, come nella poesia, la formula della regressione che, in questo caso, è l'utilizzo di un codice linguistico dialettale.
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La poesia di Pasolini
La poesia di Pasolini ribadisce ancora una volta il suo anticonformismo e le sue contraddizioni; contrapponendosi al Neorealismo e all’Ermetismo, tenta un ritorno alla poesia prenovecentesca, e ricerca un carattere di razionalità e classicismo che ritiene perduti. La scelta poetica di Pasolini ricade sul “poemetto”, come lui stesso rende noto nel sottotitolo della raccolta “Le ceneri di Gramsci”, raccolta di undici poemetti sul sottoproletariato romano, il cui titolo nasce da una poesia da lui immaginata davanti alla tomba di Gramsci, situata presso il Cimitero Acattolico di Roma. Nella raccolta Pasolini riprende sia la terzina Dantesca che l’Endecasillabo di Pascoli.
- Pier Paolo Pasolini, poeta della contraddizione
Il lessico utilizzato da Pasolini nelle sue poesie risulta sempre colmo di aggettivi e si adatta spesso in base al contesto e ai personaggi che include. La propensione di Pasolini verso il sottoproletariato e la provincia vengono esplicate anche attraverso una degradazione del lessico che rende realistica la poesia ad essi legata.
Una delle figure retoriche che Pasolini utilizza maggiormente è la sineciosi, derivante dall’Ossimoro, in cui egli afferma due contrari legati ad uno stesso oggetto, come in "chiara, perché pura e corrotta" o come in "meridione sporco e splendido".
La vocazione poetica di Pasolini è stata precoce e allo stesso tempo duratura. Il suo primo componimento poetico “Poesie a Casarsa”, che esalta la vita e la natura, è tutto scritto in dialetto Friulano. Tale legame è sicuramente reso forte dal buon rapporto dell’autore con sua madre, originaria del luogo. L’amore per la madre è anche uno dei temi ricorrenti del corpo poetico di Pasolini, che si contrappone invece al rapporto difficile che ha con il padre. Il tema dell'amore per la madre ritorna infatti spesso nelle raccolte "La meglio gioventù", "L'Usignolo della Chiesa Cattolica" e "Poesia in forma di rosa".
Il tema di Roma
Roma, il rapporto con la città e con il sottoproletariato, diventano una tematica importante non solo nella poesia, ma soprattutto nel cinema di Pasolini. Egli dichiara infatti di amare chi non è andato oltre la quarta elementare e non è stato traviato dalla cultura piccolo borghese. Attraverso tale tematica esprime il suo allontanamento dal Consumismo che dilaga nella società.
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Quattro anni fa si spegneva il poeta Valentino Zeichen: lo ricordavo così...
“...E' morto Valentino. Lo conoscevo dal 1958. Lui ventenne, io appena tredicenne, lo vedevo sbucare dal folto delle pendici di Villa Strohl-fern, lui che si arrampicava partendo dal Borghetto Flaminio, dove fino a pochi anni prima c'erano stati gli orti di guerra, ed ora qualche baracca di lamiera ospitava una rinfusa di senza tetto tra cui il giovane vigoroso virgulto che sarebbe diventato di lì a pochi anni il più sornione, sarcastico, ironico, cinico e melanconico poeta nella Roma degli anni Sessanta e Settanta, una delle voci più sintomatiche e libere di tutta una generazione nell'Italia del post-miracolo economico.
Allora Valentino portava dinoccolato i suoi jeans sciorinando incisive battute ad epigramma che sorprendevano noi adolescenti: era sapiente e allusivo, dolente indagatore di caratteri, corteggiatore dall'aggettivo inflessibile delle ragazze più in fiore, lettore arguto di poesia mista di argomenti teosofici non alla moda (allora), sciorinante sapienze 'heideggeriane' in tempo di neorealismo e di sperimentale avanguardia, attento ai modi di un' arte visiva divisa tra le pittografie lirico astratte di Gastone Novelli e la fisiognomica lacerata dell' immagine pubblicitaria nei 'decollages' di Mimmo Rotella. Artista visivo, e poeta. Così Valentino amava esprimersi in ogni aspetto della vita. Così lo conobbi nel 1958, e tale lo ho sempre rivisto senza un filo di mutamento caratteriale fino a qualche settimana fa quando per l'ultima volta gli sono stato vicino nella casa di riabilitazione sulla Via Ardeatina dov'era sistemato dopo il colpo cerebrale che gli aveva leso, pochi mesi prima, l'articolazione del braccio e della gamba destra. Mi sorrideva paziente per il piacere di sentirmi vicino. L'intesa era quella di sempre, approfondita da decenni di comuni intese sulla precarietà di una debole cultura progressista al cospetto del gigantismo tecnico e scientifico con cui si misurano i tempi moderni e i cicli di civiltà.
Valentino limava la sua parola col temperino della intelligenza, ne fabbricava formule artigianali a commentario delle banalità, dei costumi, dei luoghi comuni vigenti. O pure ne faceva scandaglio fantasioso e argomentato di larghe vedute antropologiche, dove la storia umana si congiunge con l'evento naturale impredicabile, terremoti che schiacciano mondi e interi cicli di civiltà di fronte ai quali sola si presta l'impassibile sorriso filosofico del pensiero poetante, dell' epigramma, di una eccentrica posizione esistenziale, quale cifra della insopprimibile libertà della parola umana. Parlare della poesia di Valentino Zeichen sarà affare culturale di molti commentatori. E se ne ascolteranno di tutti i tipi. A me basta ricordare la sua baracca di lamiera, dalla quale non avrebbe mai voluto separarsi ( e Dio sa se la infermità che lo aveva colpito glielo avrebbe ancora potuto consentire), e i suoi ricorrenti squilli di telefono con i quali si candidava a condividere assieme un piatto di spaghetti a casa mia, per tessere la trama dei ricordi e dei pensieri attuali come frutto di un amalgama e di una esperienza che ci accomunava: il mondo poetico artistico di Villa Strohl-fern, la filiera di cari amici 'al compleanno del tempo' (Mario Seccia, Duccio Staderini, Azio Cascavilla, Franco Purini, Antonio Pedone e tutti gli altri), da piazza del Popolo alle scorribande serali in una Roma fatta spettacolo nel binomio vita-arte quale sembra oggi amata ombra del passato. Avrei voluto esserti vicino per tanti altri lunghi giorni, caro amico fraterno. Te ne sei andato via in anticipo sulle mie speranze. Forse hai preferito che 'la cosa' finisse così. L'abito dell'invalido non ti si addiceva, avrai finalmente pensato: aveva un sapore 'sgradevole', per usare uno degli ultimi aggettivi che ti ho sentito pronunciare prima della tua definitiva partenza. Ora che non ci sei più, restano tante tue raccomandazioni e consigli su idee da perseguire (come ne parlavamo) e progetti da imbastire (come immaginavamo). Se ci riesco, caro Valentino, proverò a portarli a termine. Puoi contare su di me.
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Poeti moderni italiani: alla ricerca di un nuovo linguaggio
I poeti moderni italiani, e con moderni intendiamo quanti hanno scritto nel secolo scorso, hanno espresso stili molto diversi tra loro. Sintomo della grande vivacità del panorama poetico del Novecento. D'altronde non poteva essere che così per un secolo attraversato da due guerre mondiali e da profondi cambiamenti politici e culturali. Nella poesia del Novecento ritroviamo molte istanze tutte diverse tra loro: la sperimentazione linguistica che porta, tra l'altro, alla rottura con la metrica tradizionale; una forte componente soggettiva e introspettiva, attraverso la quale i poeti hanno esplorato i loro stati d'animo, le emozioni, le esperienze personali e la psicologia individuale; l'attenzione a problematiche sociali e l'impegno politico. Tutto questo supportato dalla ricerca di un nuovo linguaggio. Oggi accendiamo un piccolo faro su tre grandi poeti del Novecento: Giorgio Caproni, Mario Luzi e Alda Merini. Poeti moderni italiani: Giorgio Caproni Nato il 7 gennaio 1912 a Livorno e morto il 22 gennaio 1990 a Roma, Giorgio Caproni è considerato uno dei maggiori poeti italiani moderni. La sua carriera poetica ebbe inizio negli anni '30, ma la sua opera matura si sviluppò, appunto, negli anni '40 e '50, con la pubblicazione delle raccolte "Le città e la memoria" nel 1946 e "Il seme del piangere" nel 1956. Nel corso della sua vita, Caproni pubblicò altre importanti raccolte di poesie, come "Tutti i poeti sono giovani" nel 1973 e "Il sesto senso" nel 1984. Nei primi anni, è influenzato dal neorealismo e dalla poetica di Ungaretti, ma in seguito sviluppa uno stile personale caratterizzato da un linguaggio essenziale e una grande capacità di sintesi. La sua opera poetica è caratterizzata da una grande attenzione ai dettagli e da una riflessione acuta sulla condizione umana. Caproni esplora temi come il tempo, la memoria, l'amore, l'esistenza e la solitudine, cercando di dare un senso alle contraddizioni e alle complessità della vita. La sua scrittura è caratterizzata da un linguaggio essenziale, preciso e ricco di immagini evocative. Nonostante la sua grande maestria poetica, Caproni non godette di un grande successo commerciale durante la sua vita. Tuttavia, fu apprezzato e riconosciuto dalla critica letteraria, che lo considerava uno dei poeti più autentici e originali del suo tempo. Solo negli ultimi anni della sua vita ottenne un maggiore riconoscimento pubblico e diversi premi letterari, come il Premio Viareggio nel 1987 e il Premio Montale nel 1989. Oltre alla sua attività di poeta, Giorgio Caproni ha lavorato come traduttore, critico letterario e insegnante. Ha insegnato Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l'Università di Roma La Sapienza. La sua opera ha influenzato molti poeti successivi e continua a essere studiata e apprezzata per la sua profondità e originalità. Il significato dell'esistenza umana: Mario Luzi Nato il 20 ottobre 1914 a Castello, un piccolo paese in provincia di Siena, e morto il 28 febbraio 2005 a Fiesole, vicino a Firenze, Mario Luzi ha lasciato anch'egli un'impronta significativa sulla letteratura italiana. Anche per Luzi la carriera poetica ebbe inizio negli anni '30, con le prime opere pubblicate sulle riviste letterarie dell'epoca, ma la sua opera matura si sviluppò negli anni '50 e '60, quando pubblicò importanti raccolte come "Avvento notturno" nel 1957, "Al fuoco della controversia" nel 1963 e "Nella cruna del tempo" nel 1979. Nel corso della sua vita, Luzi ha anche scritto saggi critici e opere in prosa. La sua poesia si caratterizza per una profonda riflessione sulla condizione umana, sul senso dell'esistenza e sulla relazione tra l'uomo e la natura. Luzi era particolarmente attento alle sfumature e alle complessità del linguaggio, e la sua scrittura è caratterizzata da una grande precisione e ricercatezza formale. Oltre che poeta, Mario Luzi è stato membro dell'Accademia dei Lincei, dell'Accademia della Crusca e del comitato scientifico della Fondazione Lorenzo Valla. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Feltrinelli per la poesia nel 1963 e il Premio Viareggio nel 1995. Il dolore e la solitudine: Alda Merini Nata il 21 marzo 1931 a Milano e morta il 1º novembre 2009 nella stessa città, Alda Merini considerata una delle voci più significative della letteratura contemporanea italiana. La sua vita fu segnata da esperienze complesse e sofferenti. Sin dalla giovane età, infatti, Alda Merini soffrì di problemi mentali e trascorse periodi in diverse istituzioni psichiatriche. Possiamo dire che la sua esperienza di sofferenza e di lotta con la malattia mentale sia il centro della sua poesia, caratterizzata da una profonda introspezione, dalla ricerca della libertà e dal desiderio di trasmettere emozioni intense. La sua carriera poetica ha inizio negli anni '50, ma il successo arriva a partire dagli anni '80. Alda Merini ha pubblicato numerosi libri di poesie, tra cui "La presenza di Orfeo" nel 1953, "La Terra Santa" nel 1971 e "Vuoto d'amore" nel 1991. La sua poesia affronta temi universali come l'amore, la morte , la sofferenza e la ricerca del senso della vita. Nel 1996, le è stato assegnato il Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale, e nel 1997 ha vinto il prestigioso Premio Viareggio per la poesia. Nel corso degli anni, ha anche tenuto numerosi corsi e conferenze sul tema della poesia e della creatività. Oltre che come poetessa, Alda Merini è stata molto apprezzata anche come persona. La profonda umanità e il coraggio di aver parlato apertamente dei suoi problemi mentali l'hanno resa un personaggio simbolo del suo tempo. In copertina foto di giselaatje da Pixabay Read the full article
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