#musica vecchia
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more music for you, this one is a chunky italian on the road playlist 🚘 (usually i play it when we drive to my home town and it takes us like 7 hours but i also love it on a sunday morning or as i'm showering cause it has a lot of songs I like to karaoke to lol) (also artists from the north to the south of Italy but maybe mainly south cause I'm a terrona -a southerner) 🧡
#playlist per i viaggioni milano-napoli#più napoli che milano ma per ovvi motivi#buona anche per le docce#cià#mine#me#mio post#music#italian music#80s music#musica italiana#musica vecchia#non mi piace troppo la musica italiana contemporanea scusate#con mirabili eccezioni but still#Spotify#my playlist#playlist
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youtube
Ogni tanto mi ricordo della grandiosità di questo videoclip
#cioè anche impossibile non mettersi a cantare e ballare#mi sento vecchia#non ascolto solo musica basica giuro#Youtube
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Vuoi la mia vita nei dettagli nei particolari sapere se ho paura
Le cicatrici gli ematomi sotto l'armatura
Il mio rancore i miei rimpianti i calci presi in faccia
L'ansia mi vuole spero sempre che non ce la faccia
Ogni giorno passato ogni giorno sprecato
Quelli che non ho mai vissuto come ho immaginato
Vivo di castelli per aria il mio peggior difetto
Sono sempre sceso col piede sbagliato dal letto
L'ho persa la morale la voglia di lavorare
A 120 all'ora in galleria sulla statale
'sta musica non mi ha salvato ma ha salvato voi dal mio onorario
A 5000 a cranio avrei fatto il sicario
E mi dispiace 'sta filosofia mi fa una sega
Di frasi fatte ne ho una riga l'alcol non le annega
Perché lo schifo che ho guardato non l'ho mai scordato
Ha reso la mia testa fredda la tempesta perfetta!
L’abc del rap italiano Pt.43
#abc#del#rap italiano#musica rap#italian rap#vecchia scuola#musica#canzone#song of the month#quotes#compagnia#scrivimi#le migliori frasi#fatemi compagnia#aforismi#gruppo whatsapp#arte#noia#citazione#frasi aforismi#citazioni#poesia#anonimo#ask me anything#frasi vita#frasi#frasi sulla vita#anonimi#pensieri#fatemi domande
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MI FA MORIRE CHE HAI SCRITTO UNA FRASE NEL POST E TIPO 15 NEI TAG
ME TOO
If the slytherins had socials…part XV
<- part XIV
-> part XVI soon
#nonostante non sono cresciuta con musica italiana ma con musica albanese/straniera la musica vecchia italiana era un capolavoro#ricchi e poveri#mina#e tanti altri#TOTO COTUGNO#ora c'è Sfera Ebbasta rondo shiva🧍♀️
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Ti scrivo: “preparati e vieni qui”
Mi devi obbedire. Ricorda sempre che tu sei un semplice strumento di voluttà, per me. Quando ti contatto, qualsiasi cosa tu stia facendo tu trova una scusa e corri a casa mia: siamo vicini di pianerottolo, dopotutto. Perché devi essere sempre pronta per me. E appena arrivi, dovrai disporti subito nella posizione più opportuna, per offrirmi rapidamente qualsiasi parte del corpo io ti chieda per ottenere il mio egoistico piacere.
Se ti ordino di aprirti, tu ti apri: culo o fica. E accetti il mio membro in corpo senza fare un fiato. Se ti comando di succhiare, tu senza protestare apri la bocca e ti ci infili il mio uccello. Slingui, succhi, giochi e poi vai fino in fondo, mi lecchi a lungo palle e asta. Infine da brava troia anziana, avida e golosa di cazzo, mi fai sborrare nella tua gola. Devi ingoiare il mio seme: tutto e senza fiatare. Non scordare mai che dovrai farmi sempre provare il massimo del piacere, da brava schiava.
Non tollererò una tua performance senza passione. Mi devi far capire in ogni momento che mi adori e che decisamente non puoi stare senza il mio cazzo. Devi ringraziarmi se ti do attenzione, se ti elargisco le mie carezze e se ti trovo sufficientemente attraente per i miei gusti di maschio molto schizzinoso. No: non ho tempo di stare a sentire le tue storie di casalinga frustrata e moglie repressa, da anni non più degnata di uno sguardo carico di libidine da parte di un marito spento.
Non voglio sapere dei sacrifici che fai da anni, dei rospi che ti fa ingoiare tua suocera, dei figli difficili da gestire, delle difficoltà economiche. Da te voglio solo sesso. Tanto e coinvolgente. Solo dopo che avrò goduto a sufficienza, potrai aprire quella porta e tornartene a casa tua. Devi essere sempre pronta a toglierti slip e reggiseno con rapidità, quando vieni da me. Vesti comode, mi raccomando: sempre.
Solo queste cose sono importanti. Non mi interessano i tuoi gusti in fatto di arte, musica, cinema o il fatto che tu malgrado tutto sia impegnata socialmente e faccia del bene a molte persone. Tutte cose lodevoli, per carità. Ma di te apprezzo solo i lavori di bocca, il culo, la fica e soprattutto le tue incredibili mammelle un po’ morbide. Che adoro letteralmente: faccio l’amore con te soprattutto per loro! Certo: poi adoro riempirti di sborra e sentire che ti piace prendere il mio cazzo in corpo. Corpo che comunque tu ti lavi, profuma sempre di ragù e spray per i vetri. Ti adoro.
Oh, le tue tette, poi! Mi fanno impazzire, col loro odore, con quel benedetto sapore di casalinga trascurata, perciò vogliosa di membro maschile e le tue areole marrone scuro, grandi e un po’ slabbrate. E i capezzoloni larghi e alti… Mi ricordi madame Mireille, una donna separata di mezz’età da cui avevo affittato una stanza quando ero ragazzo e studiavo a Nantes. Una vecchia puttana francese che dopo tante mie velate proposte, subito diventate dichiarate insistenze verbali e infine dopo aver subito un mio vero e proprio assalto fisico, aveva finalmente ceduto e preso a godere del mio uccello sempre a caccia di fregna, perennemente duro e giovane.
Dopo averlo provato la prima volta, ogni giorno non vedeva l’ora che tornassi a casa. Con lei mi intrattenevo piacevolmente, nelle altrimenti noiose serate invernali. Come iniziò, mi chiedi? Be’, Mireille era una persona pulita, una donna cattolica di sani principi. Integerrima ex segretaria d’azienda in pensione. Molto morigerata: solo casa, spesa e chiesa. Sin dal mio arrivo lei fu molto contenta di avermi attorno: arrotondava così la pensione e aveva finalmente qualcuno di cui prendersi cura e con cui scambiare due chiacchiere. Però io, perfido e sempre affamato di passera, l’avevo fatta immediatamente diventare piena di mille scrupoli.
Arrossiva sempre, quando senza mezzi termini le dicevo che era una bella topa e che mi piaceva veramente tanto. Però, anche se sorridendo e gongolando tra sé mi diceva “smettila scemo”, da quando aveva in casa un giovane impegnato in qualche misura a dedicarle delle attenzioni di natura sessuale, prese comunque a truccarsi e curarsi molto di più. Odorava di pulito e usava un profumo di classe.
La desideravo sempre più, malgrado l’enorme differenza d’età. Un pomeriggio in cui avevo proprio una voglia incredibile di svuotarmi dentro di lei e fuori nevicava da fine del mondo, le andai dietro, le bloccai la vita con un braccio, infilai direttamente la mano sotto la gonna e a seguire un dito nel culo. Era ora che si sbloccasse la situazione, tra noi due. E alle brutte al massimo avrei rimediato uno sberlone. Ero però sicuro che avrebbe ceduto immediatamente.
Sentendo il suo culo improvvisamente violato, si fece rossa come un tizzone e sgranò gli occhi. Come osa questo sbarbatello… che non smetta mai, però: anzi… Per tre secondi rimase paralizzata e indecisa sul comportamento da tenere. Io, cattivissimo, insistevo a fotterla col dito medio infilato nel suo culo fino in fondo. Si decise e optò per godersela.
In quel brevissimo lasso di tempo prese coscienza del fatto che non stava certo ringiovanendo e che un’occasione così unica forse gliela stava inviando il cielo. Un giovane italiano, bello, robusto e desideroso di infilarglielo ovunque. Che per giunta era sempre a disposizione e... bello duro che girava in casa sua!
Poi mi disse che capì che era arrivato il momento che cedesse al suo segreto desiderio del mio corpo di ragazzo e che comunque si vive una volta sola. Quindi sentii chiaramente il suo ano rilassarsi, aprirsi alle mie altre due dita, che lesto le infilai dentro le chiappe insieme al medio per prepararla e vidi i suoi larghi e morbidi fianchi muoversi e ondeggiare, al ritmo delle vampate di un inatteso e dimenticato piacere che stava finalmente provando.
Chiuse gli occhi e si chinò in avanti, appoggiandosi al tavolo da pranzo. Dopo un po’ tolse le mutandine, sollevò la gonna e tornò in posizione allargando le gambe. Inarcando la schiena, sollevò i fianchi, aprì completamente le natiche davanti ai miei occhi e disse solo: “va bene, te lo consento; ti voglio anche io, ragazzo. Sono pronta per te, però per favore fammi il servizio completo. Portami a godere. Saprò ricambiarti, vedrai.”
La inculai con vigore, con spinte potenti e lei godette come non le succedeva da anni. Finalmente, dopo tanta astinenza e triste piacere solitario, lanciava grida soffocate di piacere nel sentire le spinte e i getti potenti di un uomo che le invadevano le viscere. La stantuffavo nel culo e lei assecondava con esperienza. Era veramente una troia insaziabile: ne voleva ancora e ancora. Una vera porca risvegliata dal torpore.
Mi spompò già col culo: allargava l’ano arretrando sul mio inguine di continuo. Poi mi tratteneva dentro stringendo il buco del culo al massimo. Infine, dopo mezz’ora di frizione incessante nel suo ano che mi avevano arrossato il cazzo, volle anche farmi un pompino. Esausto, riuscii a farla calmare solo promettendole che avrei dormito con lei quella stessa notte e anche quando altro avesse voluto.
Da quel momento in casa non me la potetti più scrollare di dosso. Di mattina, prima che andassi all’università, voleva sempre scopare. Era magicamente ringiovanita. Però non mi lamentavo: raddoppiò la razione di cibo giornaliera. Lo faceva per tenermi in ottima forma, carico di energia. Mi disse anche che sperava così di farmi produrre enormi quantità di sborra. Ambrosia d’uomo che prediligeva inghiottire. In massima parte la sorbiva con gran godimento ogni sera dopo cena sotto al tavolo.
Infatti, mentre io ero ancora seduto a mangiare un frutto o il dolce, regolarmente e improvvisamente lei scompariva sotto la tovaglia e prendeva dal mio corpo quello che lei chiamava il suo digestivo preferito. Ecco perché mi piacciono le casalinghe frustrate e mature. No, il fatto che tu abbia sessant’anni suonati non è un ostacolo. Anzi: ti preferisco, perché sai esattamente come far godere un uomo. E apprezzi il sesso. Adesso più che a vent’anni. Lo capisco e lo sento chiaramente in te: perché ti sento vibrare di passione purissima quando ti scopo o t’entro nel culo. Vieni qui e succhiami, ora. Bevi tutto ciò che produrrò per te.
RDA
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Storia Di Musica #354 - Astor Piazzolla, Libertango, 1974
Nello stesso anno in cui in Brasile Jorge Ben iniziava la sua rivoluzione della musica del suo paese, nei territori dei cugini argentini si consumava il più famoso degli assassini musicali (premetto subito in senso simbolico). Fu però un delitto che non portò alla fine, ma alla rinascita e alla rivoluzione di uno mondo magico ma dalle regole ferree, fiero del suo conservatorismo: il tango. Oltre che musica e il più sensuale dei balli, il tango è poesia e cultura. Nessuno sa perchè si chiami tango (dal latino tangere, io tocco) solo che nacque agli inizi del ‘900 nella zona di Rio de la Plata, diffondendosi inizialmente in Uruguay e Argentina. Nella prima metà del secolo, dal punto di vista musicale, il tango si sviluppò come musica da orchestra e canto, con figure leggendarie, come quelle di Carlos Gardel, eroe nazionale argentino (anche se i maligni sostengono che fosse uruguaiano), Roberto Goyeneche o Carlos José Pérez. Il la musica e il canto, malinconico, emotivo, teatrale modellò il genere. Uno che però non amava tanto le fissità musicali fu Astor Pantaleon Piazzolla. Figlio di genitori italiani, Piazzolla visse i primi 16 anni a New York. Studia musica e direzione d’orchestra. Si trasferisce nella seconda metà degli anni 40 in Argentina, dove diviene un virtuoso del bandoneon, lo strumento inventato da Heinrich Band nell’800 e divenuto il principe delle orchestre di tango, che per caso arriva in Argentina al seguito dei marinai tedeschi, che lo tenevano sulle loro navi ad allietare i durissimi e lunghissimi viaggi transoceanici.
Piazzolla era affascinato dall'idea di fondere elementi della musica jazz alle strutture del tango. Fu un parto difficilissimo: ritornò a fine anni '50 a New York prontissimo a diventare musicista di colonne sonore, ma in quel momento la musica era in fermento per la rivoluzione del jazz che Kind Of Blue di Miles Davis e poi il nucleo del free jazz di Ornette Coleman stavano portando. Finì senza un soldo e solo per la generosità di un editore musicale che gli pagò un anticipo su una delle sue canzoni più famose (e che ritroveremo tra poco) ritornò in Argentina. Qui però un infarto lo segna profondamente, tanto che tramite alcuni amici si trasferisce in Italia. Ed è proprio qui, nella culla della sua famiglia, che inizia la rivoluzione: registrò nel 1974 l’album che lo fece conoscere al mondo interno.
Libertango, dall’unione tra libertad (in questo caso espressiva) e tango. Registrato a Milano con una favolosa sezione d’archi diretta da Umberto Benedetti Michelangeli, ma soprattutto con l’innesto di una sezione ritmica di chiara matrice jazz composta dal basso elettrico di Pino Presti e dalla batteria di Tullio de Piscopo, il disco ridisegna il tango, che attraverso le dissonanze del jazz, l’innesto di strumenti elettrici e una nuova idea compositiva diviene Tango Nuevo. I puristi ovviamente gridano allo scandalo, e definiscono Piazzolla el asesino del tango. Persino Borges se ne risentì, e si dice che lo chiamasse Astor Pianola. Fu persino accusato di non essere mai stato argentino, un camorreno, per le sue origine italiane. Ma poco possono le critiche contro la sensualità e dal forza di Libertango, meravigliosa, famosa per l’innumerevole quantità di usi cinematografici e pubblicitari (per esempio, nella pubblicità della Vecchia Romagna, prima del penoso remix di David Guetta). Vi aiuto a capire le differenze: confrontate la sua musica con quella che accompagna una delle scene più famose del cinema degli ultimi 30 anni: quando Al Pacino in Profumo Di Donna balla il tango, si muove sul ritmo di Por Una Cabeza, uno dei classici di Carlos Gardel: il titolo, Per Una Testa in senso letterale, è l'equivalente del nostro Per Un'Incollatura, ed è una brano che gioca sulla metafora della passione del protagonista per le corse dei cavalli comparata per la sua passione per le donne. Piazzolla sciorina partendo da Libertango la sua idea nuova in altri 6 momenti: Meditango, Undertango, Violentango (clamorosa), Novitango e la conclusiva Tristango. A legare il tutto una toccante e magnifica elegia al padre, Adios Nonino, dedicata al padre morto improvvisamente (Nonino era chiamato il Padre, Don Vicente Piazzolla, e in Argentina l’immigrazione italiana ha di fatto sostituito l’abuelo\a spagnolo con nonino\a dall’italiano nonno\a riferito in senso reverenziale alle persone anziane); scritta nel 1959, è la canzone la cui vendita dei diritti gli permise di ritornare in Argentina da New York, viene ripresa e ridisegnata secondo il conjunto electrico del Tango Nuevo, con una forza espressiva ed emozionale senza pari.
Il disco, un successo per la piccola etichetta Carosello che lo sopportò, proietta Piazzolla ai vertici della musica internazionale. Di lì a poco collaborerà con grandi del jazz, dirigerà intere orchestre e spedisce il tango in una dimensione nuova ed internazionale, e che rivitalizzerà il genere, fino alle ultime evoluzioni, tipo i Gothan Project, paladini del tango elettronico. Piazzolla dimostra come è possibile difronte ad un bivio, scegliere una strada pericolosa, rischiosa, ma che può portare a risultati grandiosi. Nel rispetto di se stessi, anche della tradizione, ma che non si ferma davanti alla difficoltà. Che sia di augurio per chiunque legga queste righe.
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🌺🍃🍀🌹
“Lui è chi ha cantato Cristo in croce e ha dato i dieci comandamenti al commento di Tito, uno dei ladroni appesi.
Lui ha messo in musica un prigioniero che non voleva respirare la stessa aria dei secondini.
Lui cantava con voce di pozzo l'amore dei giorni perduti a rincorrere il vento.
Lui è chi ha tradotto Leonard Cohen, Georges Brassens, Bob Dylan in quell'impossibile, perfetta versione di "Avventura a Durango", capolavoro di trasferimento da una lingua a un'altra.
Lui è chi ha scritto che a morire di maggio ci vuole troppo coraggio, ha dato musica alla cattiva strada, ha squagliato la cioccolata dei dialetti, il genovese, il sardo, il napoletano dentro le ballate.
Lui è chi è stato legato a un palo dell'Hotel Supramonte dove ha visto la neve sopra un corpo di donna amato, addolcito di fame e ha ascoltato i racconti dei banditi e ha conosciuto una loro cura che nessun detenuto di questo Paese ha provato.
Lui è chi ha perdonato con gratitudine.
Lui è chi ha visto al collo di Teresa una lametta vecchia di cent'anni, lui sa che il dolore di Franziska taglia più di un coltello di Spagna. E sa il bosco dove Sally arrivò con il tamburello e sa il bisturi che corregge il sesso di Princesa, e la ragazza che si versa un cucchiaio di mimosa nell'imbuto di un polsino slacciato.
Lui è chi ha dato cantico ai drogati perché chiedessero: "e chi, chi sarà mai / il buttafuori del sole / chi lo spinge ogni giorno / sulla scena alla prime ore".
Lui è chi ha suonato i pensieri dei suicidi, il nasone di Carlo Martello, le fregole di un vecchio professore e la più concreta offerta di un paradiso, in vendita a via del Campo.
Lui è chi ha messo un giudice nelle mani esageratamente affettuose di un gorilla e ha lasciato che un pescatore sfamasse un assassino, e tacesse ai carabinieri.
Lui è chi cantò le lapidi di Spoon River dove Jones il suonatore mai rivolse pensiero al denaro, all'amore, al cielo.
Lui è chi ha voluto bene ai cuccioli del maggio che poi avrebbero azzannato i garretti dei potenti e avrebbero stabilito il record di carcere di una generazione italiana. Invano avvertiva gli altri: "per quanto voi vi crediate assolti / siete lo stesso coinvolti". Invano, perché gli altri si sono sempre assolti, da soli e definitivamente. Coinvolti restano solo lui, i caduti e i prigionieri senza fine. Sì, è stato il più grande, non solo per iscritto e in canto, ma per carattere, per dirittura d'urto contro la macchina luccicante di successo e carriera.
Lui solfeggiava con gli sconfitti, sbriciolava il loro pane ai passeri.
Dopo di lui la specie dei selvatici si è estinta. C'è il gran bazar degli ammansiti.
Non l'ho nominato, solo enumerato. Chi ha bisogno di guardare il suo nome, ha perso tempo a leggere fin qua.
Erri De Luca. ❤
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Gillian è una bambina di sette anni e a scuola non riesce a stare seduta.
Si alza continuamente, si distrae, vola con i pensieri e non segue le lezioni.
I suoi insegnanti si preoccupano, la puniscono, la sgridano, premiano le poche volte in cui è attenta ma nulla, Gillian non sa stare seduta e non riesce a stare attenta.
Quando torna a casa anche la mamma la punisce.
La mamma pensa che non può mica far finta di nulla davanti al comportamento della bimba.
E così Gillian non solo prende ogni giorno brutti voti e punizioni a scuola ma li prende anche a casa, come se non fosse già una punizione ed una umiliazione il brutto voto e la sgridata davanti a tutti i compagni “Bravi”.
Un giorno la madre di Gillian viene chiamata a scuola.
La signora, triste come chi aspetta brutte notizie, prende la bambina per mano e si reca a scuola, nella stanza dei colloqui. Le insegnanti parlano di malattia, di un disturbo evidente della bambina.
Non esiste ancora l’iperattività altrimenti forse qualcuno avrebbe dato un farmaco alla piccola Gillian.
Durante il colloquio arriva un vecchio insegnante che conosce la bambina e la sua storia. Chiede a tutti gli adulti, madre e colleghe, di seguirlo in una stanza attigua da dove si possa ancora vedere la bambina.
Andando via dice alla bimba di avere un po’ di pazienza che torneranno subito e le accende una vecchia radio con musica di sottofondo.
Come la bimba si trova sola nella stanza immediatamente si alza e comincia a muoversi su e giù inseguendo con i piedi ed il cuore la musica nell’aria. Il vecchio insegnante sorride e mentre le colleghe e la madre lo guardano tra il perplesso e il compassionevole, come spesso si fa con i vecchi, lui esclama:
“Vedete Gillian non è malata, Gillian è una ballerina!”.
Consiglia alla madre di iscriverla ad un corso di ballo ed alle colleghe di farla ballare ogni tanto.
La bimba segue la sua prima lezione e quando torna a casa alla mamma dice solo: “sono tutti come me, li nessuno riesce a stare seduto!”
Nel 1981, dopo una bellissima carriera da ballerina, dopo aver aperto una sua accademia di ballo, dopo aver ricevuto riconoscimenti internazionali per la sua arte Gillian Lynne sarà la coreografa del musical Cats.
Un bacio a tutti i bambini diversi. Augurando loro di trovare nel loro cammino degli adulti capaci di accoglierli per ciò che sono e non per ciò che a loro manca.
Marion Nugnes
fonte: Mitologia Sculture Classiche e Contemporanee
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Auguri Tracy.
Queste parole non sono per te. Ma per tutte/i quelli e quelle che non c’erano.
Che l’hanno vista per la prima volta quest’anno ai Grammy. Che non sanno cosa è stato sentirla per la prima volta sbucare dal buio e sentirla cantare di rivoluzione che si sussurra e di amore inaudito per potenza e dolcezza.
A voi perché possiate scoprire che si può avere un talento titanico di scrittura e musica eppure stare lontani dai palcoscenici.
E tornare a farlo solo perché un ragazzo bianco che canta country è rimasto folgorato dall’ascolto dj una vecchia cassetta dei genitori rimasta lì. E ha desiderato farne una cover, la più fedele possibile. Per non sporcare la meraviglia neanche con la bellezza nuova.
E in ultimo le dedichiamo a chi c’era in quegli anni e ha continuato a sentirla come quasi una preghiera.
E, come lei, ha mantenuto la meraviglia e l’incanto anche coi capelli bianchi.
Lei si chiama Tracy Chapman.
E oggi compie 60 anni.
(con le parole di Gianna Maz)
#labodifsegnala #tracychapman #tempo Tracy Chapman Online
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" Si potrebbe dire che il meccanismo metamorfico sia l’unico elemento della vita che non cambia mai. Il percorso di ogni individuo, di ogni Paese, di ogni epoca storica, dell’universo intero e tutto ciò che contiene, non è altro che una serie di mutamenti, a volte sottili, a volte profondi, senza i quali resteremmo fermi. I momenti di transizione, in cui qualcosa si tramuta, costituiscono la spina dorsale di tutti noi. Che siano una salvezza o una perdita, sono i momenti che tendiamo a ricordare. Danno un’ossatura alla nostra esistenza. Quasi tutto il resto è oblio. Credo che il potere dell’arte sia il potere di svegliarci, di colpirci fino in fondo, di cambiarci. Cosa cerchiamo leggendo un romanzo, guardando un film, ascoltando un brano di musica? Cerchiamo qualcosa che ci sposti, di cui non eravamo consapevoli, prima. Vogliamo trasformarci, così come il capolavoro di Ovidio ha trasformato me. Nel mondo animale una metamorfosi è qualcosa di previsto, di naturale. Vuol dire un passaggio biologico, fasi specifiche che conducono, alla fine, a uno sviluppo completo. Quando un bruco si è trasformato in farfalla non c’è più un bruco ma una farfalla. L’effetto della metamorfosi è radicale, permanente. Avendo perso la vecchia forma, ne assume una nuova, irriconoscibile. Rispetto alla creatura precedente ha nuovi tratti fisici, una nuova bellezza, nuove capacità. "
Jhumpa Lahiri, In altre parole, Guanda (collana Tascabili), 2015¹, pp. 125-126.
#Jhumpa Lahiri#In altre parole#letture#leggere#libri#scrittrici#citazioni#lingua italiana#Italiano#autobiografie#autobiografismo#Internazionale#saggi#saggistica#scritti saggistici#Nilanjana Sudeshna Lahiri#letteratura contemporanea#intellettuali#donne#cambiamento#apprendere#imparare#studiare#vita#passione#passioni#lingua straniera#straniamento#lingua inglese#desiderio
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Beetlejuice Beetlejuice: il ritorno del cult di Tim Burton è un sentito omaggio
Il classico di Tim Burton degli anni '80 torna con parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, oltre alla new entry Jenna Ortega. Presentato al Festival di Venezia 2024.
La musica incalzante di Danny Elfman, la camera che scivola sulla cittadina di Winter River. È con un brivido che si accoglie l'apertura di Beetlejuice Beetlejuice, da fan di vecchia data del cult di Tim Burton e da amanti della filmografia del regista. Perché si capisce subito che è proprio ai fan di vecchia data che parlerà in prima battuta il film, questo ritorno che si affida a buona parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, con delle new entry d'eccezione come Willem Dafoe, Jenna Ortega e, ovviamente, Monica Bellucci.
Winona Ryder torna nel sequel
Una trama (troppo?) elaborata per Beetlejuice Beetlejuice
Partiamo dallo spunto e l'intreccio, che ci hanno lasciato sensazioni contrastanti: ci è piaciuto lo spunto iniziale di tornare ai personaggi iconici di Beetlejuice a distanza di tanti anni, per ritrovare i Deetz e vedere come sono diventate le loro vite, dalla madre Delia che ancora insegue le sue pulsioni artistiche alla figlia Lydia la cui esistenza è ancora avvolta in quell'alone oscuro che avevamo amato negli anni '80, convogliato nella sua attività professionale. A loro si aggiunge una terza generazione di Deetz, rappresentata dalla figlia di Lydia, Astrid, tutte raccolta nuovamente a Winter River.
Una sequenza di Beetlejuice Beetleuice
Lì la ragazza scopre il plastico dei Maitland ed entra in contatto con il mondo del soprannaturale in modi inaspettati, aprendo le porte al ritorno di Beetlejuice che è intanto alle prese con l'unico essere che riesce a spaventarlo: la sua ex moglie Delores. Più linee narrative che a tratti non trovano lo spazio e l'equilibrio necessario, come se la voglia di aggiungere idee e spunti avesse preso il sopravvento sulla compattezza narrativa. Un difetto che emerge soprattutto nel secondo atto, per poi sfociare con energia in un gran finale che rende giustizia alla potenza iconica dell'originale.
Un sequel tra evoluzione e omaggio
Abbiamo subito accennato a quello che ci è sembrato l'unico difetto di un film che nel complesso funziona: lo fa in quanto commedia macabra, con il gusto dark di Tim Burton che riemerge come in passato; lo fa in quanto omaggio in grado di parlare ai fan dell'originale, con richiami continui e sensati che i conoscitori sapranno identificare e amare; lo fa, ancora, come evoluzione di quei personaggi a cui ci sentiamo legati e che ritroviamo con emozione. In Beetlejuice Beetlejuice si nota, più che in altre produzioni recenti del regista, la voglia di costruire sequenze di grande impatto e nel divertimento che proviamo scorgiamo quello dello stesso Burton.
Jenna Ortega è una delle new entry del film di Tim Burton
Parallelamente și percepisce la riflessione di un autore più maturo alle prese con personaggi che hanno abituato il suo passato e che esplora con curiosità a distanza di anni. Una riflessione che riguarda loro, ma in parallelo anche se stesso, un modo per ripensare alla sua vita e la sua carriera dal punto di vista privilegiato dell'autore più maturo.
La forza iconografica di Beetlejuice
È indubbio che il primo film abbia una forza iconografica incredibile, che abbia proposto al pubblico una sequenza da storia del cinema (la celebre, impagabile, cena/ballo) e il timore era che il sequel di Beetlejuice non riuscisse a rivaleggiare col suo predecessore su questo fronte. Seppur ovvio che qualcosa di quella potenza sia inarrivabile, non mancano i grandi momenti in questo nuovo film: una sequenza vede protagonista Monica Bellucci, un regalo di Burton all'attuale compagna, un altro è il gran finale, una cerimonia a ritmo di musica.
Beetlejuice Beetlejuice: un'apparizione di Danny DeVito
Insomma un'operazione riuscita, un film compiuto al di là di qualche problema di gestione delle diverse linee narrative, ma soprattutto un film che i fan di Tim Burton e del primo Beetlejuice - Spiritello porcello apprezzeranno. Da estimatori non possiamo che esserne felici!
Conclusioni
In conclusione Beetlejuice Beetlejuice è un sentito omaggio di Tim Burton al suo film degli anni ’80 e a quel pubblico che l’ha seguito sin dagli esordi. Il cast originale conferma il lavoro fatto sui personaggi e ne evolve la portata, le new entry completano il quadro in termini di evoluzione della storia. Qualche incertezza di scrittura, soprattutto nella parte centrale della storia, non rovina un film che diverte ed evoca quelle sensazioni che dal sequel di Beetlejuice ci saremmo aspettati.
👍🏻
L’estetica di Tim Burton, che ritroviamo con piacere.
Quel gusto per la commedia dark, tipica dell’autore.
Michael Keaton, Winona Ryder e il cast originale.
Un paio di sequenze potenzialmente cult.
👎🏻
Alcune storyline meno sfruttate.
Qualche problema di equilibrio tra vecchi e nuovi personaggi.
#beetlejuice 2#beeltejuice#bettlejuice bettlejuice#wynona ryder#michael keaton#jenna ortega#monica bellucci#tim burton#lydia deetz#astrid deetz#delia deetz
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aggiornamento mp3: un file chiamato " SHAKIRA - she WOLF" è in realtà "unchained melody" dei righteous brothers
#un tradimento#questo succedeva quando scaricavi i file da emule#90/100 era p'rno#poi un 5/100 era roba che non c'entrava niente con quello che stavi cercando#e infine l'altro 5/100 era roba giusta#ma di cui 4/5 si sentiva male oppure l'audio si tagliava in punti strani#e alla fine c'era un (1) file buono#che ci metteva 800 giorni a scaricarsi#emule#mi sento vecchia#che fatti#musica
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Domenica notte
Già in depre perché il week end è finito
Mentre sto per addormentarmi,dei ragazzini si piazzano fuori a urlare ridere con musica alta
Mi sale l'odio
Da giovane ne ho fatte tante di cazzate,ma i miei genitori mi hanno educata e rispettavo gli altri,se volevo stare sveglia tutta la notte ,non lo facevo di certo fuori dalla finestra di qualcuno
Non capisco..
Sono vecchia io o sono stronzi loro?
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Sono un uomo libero in un mondo prigioniero
Che corre dietro ai sogni anche se spesso non li avvero
Io resisto, riprendo la mia strada, corro e insisto
Procedo verso mille disegni che non ho visto
Nei quali però credo ancora, anche se spesso finora
Son disegni concepiti già all'aurora
Di notti passate fra lancette
Che muovono incessanti i loro passi, sigarette
Al buio della notte, la mente che dà forma a più progetti
Distrutti e molto spesso poi disdetti
Ma in molti aspetti sono rimasti ancora tali e quali
Uguali anche nei nostri infami giorni di deliri più malsani
L’abc del rap Italiano Pt.34
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Lui è chi ha cantato Cristo in croce e ha dato i dieci comandamenti al commento di Tito, uno dei ladroni appesi. Lui ha messo in musica un prigioniero che non voleva respirare la stessa aria dei secondini. Lui cantava con voce di pozzo l'amore dei giorni perduti a rincorrere il vento. Lui è chi ha tradotto Leonard Cohen, Georges Brassens, Bob Dylan in quell'impossibile, perfetta versione di "Avventura a Durango", capolavoro di trasferimento da una lingua a un'altra. Lui è chi ha scritto che a morire di maggio ci vuole troppo coraggio, ha dato musica alla cattiva strada, ha squagliato la cioccolata dei dialetti, il genovese, il sardo, il napoletano dentro le ballate. Lui è chi è stato legato a un palo dell'Hotel Supramonte dove ha visto la neve sopra un corpo di donna amato, addolcito di fame e ha ascoltato i racconti dei banditi e ha conosciuto una loro cura che nessun detenuto di questo Paese ha provato. Lui è chi ha perdonato con gratitudine. Lui è chi ha visto al collo di Teresa una lametta vecchia di cent'anni, lui sa che il dolore di Franziska taglia più di un coltello di Spagna. E sa il bosco dove Sally arrivò con il tamburello e sa il bisturi che corregge il sesso di Princesa, e la ragazza che si versa un cucchiaio di mimosa nell'imbuto di un polsino slacciato. Lui è chi ha dato cantico ai drogati perché chiedessero: "e chi, chi sarà mai / il buttafuori del sole / chi lo spinge ogni giorno / sulla scena alla prime ore". Lui è chi ha suonato i pensieri dei suicidi, il nasone di Carlo Martello, le fregole di un vecchio professore e la più concreta offerta di un paradiso, in vendita a via del Campo. Lui è chi ha messo un giudice nelle mani esageratamente affettuose di un gorilla e ha lasciato che un pescatore sfamasse un assassino, e tacesse ai carabinieri. Lui è chi cantò le lapidi di Spoon River dove Jones il suonatore mai rivolse pensiero al denaro, all'amore, al cielo. Lui è chi ha voluto bene ai cuccioli del maggio che poi avrebbero azzannato i garretti dei potenti e avrebbero stabilito il record di carcere di una generazione italiana. Invano avvertiva gli altri: "per quanto voi vi crediate assolti / siete lo stesso coinvolti". Invano, perché gli altri si sono sempre assolti, da soli e definitivamente. Coinvolti restano solo lui, i caduti e i prigionieri senza fine. Sì, è stato il più grande, non solo per iscritto e in canto, ma per carattere, per dirittura d'urto contro la macchina luccicante di successo e carriera. Lui solfeggiava con gli sconfitti, sbriciolava il loro pane ai passeri. Dopo di lui la specie dei selvatici si è estinta. C'è il gran bazar degli ammansiti. Non l'ho nominato, solo enumerato. Chi ha bisogno di guardare il suo nome, ha perso tempo a leggere fin qua.
Erri De Luca
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Sola negli States
Vasca tiepida, bagno schiuma del Dollartree da un dollaro. Una pizza di gomma avanzata da ieri sera e riscaldata al microonde a disposizione in questa lurida stanza. In un cazzo di albergo di quarta categoria. A mollo in una vasca a Hoboken, una cittadina di forse 50.000 abitanti. Sobborgo di New York, luogo natale di Frank Sinatra.
Battuta ricorrente: “ah... tu sei di Hoboken? Da Hoboken vengono solo famosi cantanti o grandi checche. E francamente non mi sembra tu abbia una così bella voce...” Bloccata negli Stati Uniti senza neppure poter tornare in Italia per le feste, quest’anno. Qui, nel raggio di cento chilometri e più, tutti chiusi in casa grazie alla neve. Bellissimo Natale!
La mia scalcagnata Toyota Corolla, vecchia di ventotto anni, è sfondata e ferma presso un meccanico due strade più a sud da qui. "S’è rotta la transmission", dice. Cazzo sia la trasmissione, boh... Comunque, poco fa m’ha stretto la mano, m’ha salutata facendomi gli auguri, ha chiuso l’officina con la mia macchina dentro e se n’è andato. Il Natale esiste anche per i meccanici, m'ha detto. Dopodomani forse me la ripara, bontà sua.
I risparmi di quando da modella guadagnavo bene sono quasi finiti. Il lavoro s'è ridotto al lumicino. Stasera non sono potuta neppure rientrare a casa, il mio buco a Hell’s Kitchen, dopo aver svolto il mio impegnativo servizio fotografico in una vecchia fabbrica abbandonata qui vicino. Bella vita, quella della fotografa di moda. Si pensa che tutti i fotografi negli USA siano strapagati e abbiano almeno tre o quattro aiutanti, che viaggino in jet privati e godano di una corsia preferenziale.
Non è così. Io ho solo una grande passione per la fotografia: sono stata una top model strapagata, super corteggiata. Adesso, per la verità, adoro questo mio nuovo mestiere. Mi piace da impazzire. Purtroppo, in Italia non guadagnerei un centesimo! Oltre alla seria difficoltà che avrei a inserirmi in un giro di fatto chiuso, inaccessibile. Bah... Gli altri a quest'ora della sera sono tutti già andati a casa. Beati loro.
Senti ‘sta musica dalle altre stanze... “Jingle bell” e “Let it snow” un paio di palle: ci manca solo che continui a nevicare. Cazzo! Io devo comunque aspettare che il merluzzo con la tuta verde sporca di grasso mi ripari la macchina. E comperarmi le catene. Non so neppure come abbia fatto ad arrivare fino a Hoboken, ieri. Fanculo. E ‘sta pizza è una mappazza morbida. Di peggio forse c’è solo quella con tonno e ananas dei tedeschi. Fanculo un’altra volta. “Lasciatemi cantareeee, con la chitarra in manoooo...”
RDA
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