#movimento dal sottosuolo
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Come se non bastasse privare gli africani della possibilità di sostentarsi attraverso gli allevamenti di bestiame e pollame, o attraverso l'agricoltura, l'Occidente vorrebbe privarli addirittura dell'accesso all'energia elettrica.
Le popolazioni africane sono tra le più povere in assoluto dal punto di vista energetico; la povertà economica ne è la conseguenza diretta, per l'impossibilità di un adeguato sviluppo industriale.
I governi di Mozambico, Camerun, Costa d'Avorio e Tanzania stanno procedendo alla realizzazioni di centrali a gas, sfruttando la ricchezza energetica, appunto del gas, contenuta nel sottosuolo locale.
Secondo i gruppi ambientalisti del Regno Unito non si può e non si deve procedere allo sviluppo industriale, sociale, economico di questi Paesi attraverso l'elettrificazione mediante il consumo di gas; solo turbine eoliche e pannelli fotovoltaici, che sappiamo bene essere inutili per la causa.
In Mozambico, dove solo il 40% circa delle persone ha accesso all'elettricità, l'energia elettrica e termica possibile attraverso l'estrazione e l'uso del gas essenziale.
Questa posizione è stata sostenuta da molti governi africani, molti dei quali sostengono lo sviluppo delle proprie riserve di gas. Molti hanno notato che l'Africa attualmente produce una piccola quota delle emissioni del pianeta e ospita quasi 600 milioni di persone senza accesso all'elettricità. L'aumento nell'uso dei combustibili fossili potrebbe essere una strada per lo sviluppo e la ricchezza.
Il movimento ambientalista ideologico impone le opinioni degli americani e degli europei, per lo più ricchi e agiati, su africani, asiatici e latinoamericani per lo più poveri e disperati. Viola i diritti umani più elementari di queste persone, negando loro opportunità economiche, la possibilità di una vita migliore, il diritto di liberare i loro paesi da malattie che sono state sconfitte molto tempo fa in Europa e negli Stati Uniti, come dalla fame e dalla miseria.
I produttori africani non hanno accettato e non accetteranno di eliminare gradualmente i combustibili fossili. A differenza del resto del mondo sviluppato, il Continente non ha ancora avuto la possibilità di trasformare le sue economie attraverso il petrolio e il gas. Al fine di svilupparsi, crescere e affrontare problemi come la povertà energetica e l'industrializzazione, il petrolio e il gas dovranno rimanere centrali per gli anni a venire.
Gli attivisti ambientali britannici protestano contro gli investimenti nella produzione di energia elettrica a gas in Mozambico e Costa d'Avorio. Provengono da una società che ha un consumo energetico pro capite circa 10 volte superiore alla maggior parte dei paesi africani. La loro prosperità privilegiata si basa su una ricchezza nazionale accumulata dall'uso passato di combustibili fossili e dallo sfruttamento coloniale. Ora sono sconvolti dal fatto che le ex nazioni coloniali stiano usando le proprie risorse di gas per alimentare lo sviluppo.
Il Mozambico e la Costa d'Avorio dovrebbero creare un visto speciale per il tirocinio degli attivisti "verdi". Ciò consentirà agli attivisti britannici di vivere per un anno e ottenere un permesso di lavoro in questi luoghi. Tuttavia, questo deve essere valido solo per le regioni non elettrificate, non per la consueta pratica di aiuto allo sviluppo da parte degli esperti occidentali che vivono in un complesso climatizzato, alimentato da un generatore diesel nel cortile di casa. Lo speciale permesso di lavoro, che impone loro di non consumare combustibili fossili, consentirà agli attivisti di prelevare l'acqua dal pozzo con un secchio, senza pompe elettriche e tubi d'acciaio. Dovranno essere in grado di coltivare la terra e ottenere il cibo senza l'uso di trattori diesel e fertilizzanti a base di azoto, cucinare su un fuoco aperto, conservare il cibo senza frigoriferi e portare i prodotti in un mercato grazie solo ad un carretto. Dovrebbero assolutamente procurarsi un caricabatterie solare per cellulari in modo da poter condividere sui social media quanto sia felice la loro vita senza gas naturale ed energia elettrica!
Inutile dire che il governo del Regno Unito dovrebbe avere un dialogo aperto con quegli attivisti che hanno completato un tirocinio di un anno e credono ancora che i paesi africani non dovrebbero sviluppare risorse e ricchezze attraverso l'estrazione ed il consumo di gas naturale. Inoltre, se un governo africano democraticamente eletto esprime preoccupazione per gli effetti dannosi dello sviluppo delle proprie risorse di gas nazionali e del loro utilizzo per espandere la fornitura di elettricità, la politica estera del Regno Unito dovrebbe prestare un'attenzione rispettosa.
Infatti. La "giustizia sociale" esige libertà energetica ed eccezionalismo energetico per i più poveri tra i poveri; ma chi parla di giustizia sociale, poi, la applica?
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NON E' SOLO IL SILENZIO. Il primo appuntamento on-line di Exospere e delle sue ospiti, si aprirà con la poesia di Anna Lombardo.
NON E’ SOLO IL SILENZIO. Il primo appuntamento on-line di Exospere e delle sue ospiti, si aprirà con la poesia di Anna Lombardo.
Non è solo il silenzio a bussare continuo visioni a vasto raggio e cerchi di luna sventagli aperti come magnolie ascolto quel suono che da dentro risponde a me sola dell’alfabeto le lettere liscia con dente di serpente sapessi altro alfabeto, amore parlerei ancora assieme alla tua sponda. da CON CANDIDE MANI, di Anna Lombardo, Proget edizioni, 2020 Sarà la nuova raccolta di Anna Lombardo ad…
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di Cesare Battisti da Carmilla
Così come lo Stato italiano, affiancato da media servizievoli – niente da obiettare – si è autorizzato tutti i mezzi disponibili, senza curarsi di cadere nell’illegalità, per riportarmi in Italia, io mi sono valso del diritto che la legge mi consentiva per evitarlo. Ma non era mia intenzione rifugiarmi qui dietro una supposta condotta legale da un lato e supposti abusi di potere dall’altro. Sappiamo che quando entra in campo la “ragione di Stato” diritto ed etica vanno in panchina. O vogliamo essere tanto ipocriti da negarlo? I moralisti d’occasione però non demordono, il linciaggio è il loro pane quotidiano. Dotati di una creatività di gusto discutibile, essi trovano sempre mille ragioni per improvvisarsi giudici e preti, assolvere o condannare anche quando nessuno glielo chiede, oppure quando non rimane più niente da dire: lo Stato mi ha scaricato a Oristano, ho ammesso le mie responsabilità, ho espresso la mia compassione per tutte le vittime senza distinzione.
A questo punto io dovrei chiudere questa lettera. Si dà però il caso che finora a parlare siano sempre stati gli stessi, quelli chiamati ad assolvere gli uni e a condannare sempre gli altri. Succede allora che non sono poche le persone che oggi mi chiedono un parere su questo o quell’avvenimento consumatosi in Brasile. Sono soprattutto tre gli episodi che mi è stato chiesto di chiarire. Vorrei qui trattare solo due di questi. Il terzo e ultimo merita un capitolo a parte in seguito, se sarà ancora il caso. Tengo a precisare che tutte le informazioni qui riportate sono documentabili nei rispettivi luoghi di competenza. So che non posso dilungarmi, questione di spazio ma anche di opportunità. Devo comunque premettere alcune informazioni basilari sul mio stato civile in Brasile, altrimenti certi avvenimenti perderebbero senso.
Dopo il decreto di non estradizione firmato dall’ex presidente Lula e la successiva conferma del Tribunale Supremo Federale nel 2011, ottenni un documento di residenza permanente in Brasile. Escluso quello di votare, questo documento mi conferiva tutti i diritti di un cittadino qualsiasi. Durante tutto il periodo brasiliano, oltre alla normale attività di scrittore, ho svolto diverse altre attività lavorative, tutte debitamente registrate, avendo così accesso come contribuente ai servizi prestati dallo Stato. Ho pubblicato alcuni romanzi, fatto traduzioni, militato in differenti situazioni politiche e socio-culturali, senza mai sconfinare nell’illegalità. Nel corso delle mie attività mi è capitato di visitare alcuni paesi confinanti col Brasile, come Uruguay, Argentina, Bolivia. Il documento rilasciatomi dall’autorità brasiliana mi consentiva di passare queste frontiere. Per finire, nel 2013 è nato mio figlio e nel 2015 mi sono sposato con la donna con cui convivevo dal 2004.
Detto ciò, vorrei passare a spiegare per grandi linee, così mi è stato chiesto, come sono avvenuti i miei due arresti in Brasile: quello del 2015 a Embù das Artes, Sȃo Paulo, e l’ultimo nel 2018 alla frontiera con la Bolivia.
I tentativi dello Stato italiano di strapparmi dal Brasile a ogni costo sono stati ininterrotti, e più efferati a ogni scacco inflitto dalla legge brasiliana. Era da tempo che apparati italiani in Brasile studiavano la possibilità, tra altre innominabili, di farmi ritirare la residenza e quindi ottenere l’espulsione. A questo proposito fu attivato un procuratore, noto magistrato di estrema destra, legato all’ambasciata italiana, tramite la lobby militarista che porterà Bolsonaro al potere.
Costui, dopo alcuni tentativi abortiti sul nascere, tanto flagrante era la sua interpretazione delle leggi nazionali, finì con l’associarsi a una giudice federale del foro di Brasilia, anch’essa nella sfera d’influenza militare e quindi dell’ambasciata italiana. Si istruì in segreto un processo dove, in barba a tutte le norme giuridiche previste, non furono mai convocate le parti.
Nel 2015 la sentenza della giudice federale Adverci Lates Mendes de Abreu, in una udienza da sottosuolo, mi revoca la residenza ordinando l’espulsione dal paese. Con l’intenzione di battere sul tempo gli avvocati difensori e le istanze superiori la giudice non fa pubblicare la sentenza, però ordina l’arresto e l’espulsione immediata. Il piano dell’ambasciata italiana con la lobby Bolsonaro sembrava ormai andato in porto.
Un giorno del mese di marzo l’Interpol si presentò a casa mia. Con l’aria di scusarsi, gli agenti mi invitarono a seguirli, rimproverandomi la leggerezza di non avere contattato in tempo il mio avvocato. Sembravano sinceramente preoccupati per quello che stava succedendo. In quel momento io non sapevo ancora che c’era un aereo pronto a imbarcarmi all’aeroporto internazionale di Sȃo Paulo. Non so ancora chi abbia avvertito l’avvocato. So solo che qualche ora dopo uscii libero dalla questura. L’avvocato fece in tempo a far valere l’art. 63 dello Statuto: “Non si procederà a espulsione se questa metta in questione un’estradizione non ammessa dalla legge brasiliana”.
Il 14 settembre 2015 la sesta sezione del Tribunale Regionale della Prima Regione (Sȃo Paulo) dichiarò illegittimo il mio arresto temporaneo avvenuto nel marzo 2015 in seguito alla sentenza di questa giudice. L’Italia reagì con la solita isteria (“Non avremo pace”, si urlò), come se imporre la propria volontà a un altro paese usando vie traverse fosse legittimo.
Lo Stato italiano mantenne viva la sua promessa. Avvalendosi di ogni mezzo disponibile, con l’obiettivo di farmi terra bruciata intorno e annientarmi psicologicamente, nei tre anni successivi trasformò in un inferno la mia vita quotidiana e quella della mia famiglia. Nessuno dei vicini di casa, l’ambiente di lavoro e le istanze del movimento politico e culturale da me frequentato, è stato risparmiato dalle pressioni, dalle calunnie provocatorie e dall’assedio ininterrotto di media aggressivi.
Nonostante la manovra di soffocamento, la solidarietà nei miei confronti si saldò, permettendomi di non rinunciare ai miei impegni familiari, professionali o di attività politica in seno ad alcuni movimenti sindacali e sociali, come l’MST (movimento di senza terra) e l’MTST (movimento di lavoratori senza tetto). Sono queste le istanze militanti che, negli anni precedenti, mi avevano consentito di allargare i contatti politico-culturali oltre frontiera. Fu il caso con alcuni membri del governo di Evo Morales e movimenti di lotta boliviani.
Fu credo alla metà del 2018, quando approfittai del viaggio di due membri del sindacato della USP (Università di Sȃo Paulo), di cui uno era il legale, per recarmi in Bolivia. Era mia intenzione rinnovare alcuni contatti politici e culturali (lavoravo all’epoca a un progetto editoriale), ma anche per accertarmi della futura disponibilità di asilo in quel paese, in vista della scalata al potere di Bolsonaro.
Partimmo da Sȃo Paulo. Ognuno di noi aveva con sé una modesta somma di denaro per coprire le spese di trasferta, e con il resto comprare nella zona franca qualche articolo d’informatica a prezzo ridotto. Giunti a circa 200 km dalla frontiera, fummo fermati a un posto di blocco. Si capiva subito che ci stavano aspettando. Dopo il controllo dei documenti, ci sottoposero a una perquisizione così accanita che durò ben due ore. Non si rassegnavano all’idea, era troppo evidente, che non fossimo in possesso di falsi documenti d’identità: erano stati dislocati apposta per eseguire un arresto con questa accusa.
Quando furono costretti a rilasciarci e ci restituirono documenti e valori, ci accorgemmo che i nostri soldi erano stati mischiati in un’unica mazzetta. Non ci facemmo troppo caso, al riprendere il cammino li separammo, a ognuno il proprio. Contammo allora, tra dollari, euro e moneta nazionale un totale di 22.000 reais (l’equivalente di circa 5.500 euro, mentre il limite di esportazione di valuta per persona, ignorato da tutti, sarebbe di 10.000 reais).
Al passo di Corumbà, Mato Grosso do Sul, ci attendeva un’altra sorpresa: il posto di frontiera, normalmente in disuso dopo la creazione del Mercosur, pullulava di polizia. Immaginammo subito che si fossero scomodati solo per noi, ma non avendo niente da recriminarci, tirammo dritto. Questa volta neanche finsero di controllare i bagagli o i documenti, erano interessati solo ai soldi. Al vedere che questi erano stati di nuovo separati si innervosirono. Cominciarono le intimidazioni, le minacce, poi mescolarono tutti i soldi su un tavolino e chiamarono un fotografo che gironzolava lì attorno, al quale dissero che la valuta era stata rinvenuta negli effetti personali di Battisti.
A nulla valsero le nostre rimostranze, ci consegnarono tutti e tre a una squadra del DIP (Dipartimento di Intelligence di Polizia) fresca arrivata da Brasilia. Fummo trasferiti in questura, dove cominciarono a tartassare i miei amici, affinché mi accusassero di qualcosa. Precedentemente – abbiamo saputo dopo – l’ambasciata italiana aveva avviato la parte finale del piano. Ossia, attivato il giudice Odillon, reuccio dittatore del foro di quello Stato, terrore degli avvocati, nemico giurato dei “signori dei diritti umani”. Questo personaggio doveva essere l’asso nella manica dell’ambasciata italiana: famigerato giustiziere, figura scomoda anche per la giustizia federale, sarebbe andato in pensione proprio il giorno seguente al nostro arresto.
In cambio di un’uscita gloriosa dalla carriera di magistrato e l’appoggio alla candidatura a governatore, il giudice Odillon si incaricò di mettermi ai ferri, costruire una falsa accusa di traffico di valuta (sic!), aggravata da nientedimeno che “lavaggio di denaro” – 22.000 reais in tre.
Una volta di più, lo strafare dei soliti furbi non ha pagato. L’accusa fu tanto inverosimile che un giudice d’istanza superiore (di origine italiana e, a suo dire, dispiaciuto di farlo) ha dovuto ordinare l’immediato rilascio del sottoscritto, con una lavata di testa allo sfortunato giudice Odillon, che poi perderà anche le elezioni. Per l’ennesima volta, il solito aereo di Stato, sempre a disposizione di Cesare Battisti, dovette tornare in Italia senza il “mostro”.
Per il prossimo capitolo posso anticipare questo aneddoto. Disse all’epoca dei fatti un ministro brasiliano di Giustizia, e grande amico di Bolsonaro: “Sono stati ingenui ad agire a quel modo. Io lo avrei lasciato passare in Bolivia, lì sarebbe stato presa facile”. Lo stesso ministro che ha impedito a Lula di presentarsi alle presidenziali, mantenendolo in prigione, firmò il 18 dicembre di quell’anno (casualmente il giorno del mio compleanno) l’autorizzazione per la mia estradizione.
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#BlackLivesMatter: un mio punto di partenza informativo
Sono giorni difficili questi, giorni che ci sbattono di nuovo sotto gli occhi le fragilità del nostro sistema socio-economico, giorni che ci impongono di essere più vigilanti che mai. Non siamo nuovi ad episodi di razzismo estremo eppure l’omicidio di George Floyd avvenuto lo scorso 25 maggio a Minneapolis durante un arresto violento, ha messo in luce ancora una volta come nessuno dei nostri paesi sia immune al potere esercitato nei confronti di comunità più svantaggiate, più deboli, oppresse, non capite. Le immagini delle proteste che imperversano per le strade di molte città americane fanno il giro del mondo, contrastate da un Presidente, Trump, che sembra non avere nessun tipo di scrupolo, ma i cittadini protestano a sostegno della campagna che sta facendo ancora una volta il giro del mondo “Black Lives Matter”. Black Lives Matter (BLM, letteralmente "le vite nere contano") è un movimento attivista internazionale, impegnato nella lotta contro il razzismo, perpetuato a livello socio-politico, verso le persone nere. È stato fondato nel 2013 dopo l’assoluzione di George Zimmerman che ha sparato al diciassettenne afroamericano Trayvon Martin il 26 febbraio 2012. Negli ultimi anni il movimento è sempre intervenuto a sostegno di episodi di violenza e non solo perpetrati contro le comunità più colpite e discriminate.
Nel frattempo, a Washington DC, sono state spente tutte le luci della Casa Bianca, sembra ci sia stato un blackout delle comunicazioni e nessuna notizia/video è stato fatto uscire da Washington. E non si sa ancora nulla su quello che sta succedendo nella capitale americana. Vi lascio le tendenze di Twitter da cui sto cercando di reperire informazioni al momento.
Anche qui da noi non ci risparmiamo e anche se non se ne parla non è vero che non esiste. In Puglia, nel foggiano, imperversano le proteste dei braccianti per la raccolta dei pomodori e non solo. I migranti, uomini arrivati qui in cerca di fortuna e a cui in pochissimi pensano, lavorano ore e ore al giorno senza diritti e senza tutele. E non se ne parla abbastanza.
Più cerco di informarmi su queste questioni, più mi sento piccola e insignificante e più mi chiedo cosa possiamo fare noi nel concreto, noi che queste lotte non le viviamo direttamente sulla pelle, ma che indirettamente le viviamo tutte. Che cosa possiamo fare concretamente per essere d’aiuto? La prima cosa che mi è venuta in mente è naturalmente essere informati dei fatti, leggere, guardare, approfondire notizie, eventi, quello che insomma succede nel mondo. Sembra di dover fare la caccia al tesoro a volte per reperire le notizie, ma cercare giornali e/o notiziari che ci sembrano affidabili e uscire dalla confort zone dovrebbero essere un passo necessario. Più siamo consapevoli dei problemi più riusciamo a non essere impotenti perché non siamo a conoscenza dell’argomento. E poi fare da cassa di risonanza a chi di quelle questioni ne sa più di noi. Io mi rendo perfettamente conto che non se so abbastanza, che tutto questo post sembra un accumulo di nozioni scomposte e che non servono a niente. C’è gente che muore ogni giorno, è vero, però secondo me combattere la disinformazione può essere un buon modo per contrastare il razzismo dilagante che accompagna le nostre vite. Fare da rete di protezione nei confronti dei più deboli non è mai un gesto errato. Allungare una mano fa sempre bene. Donare alle famiglie in difficoltà, nei limiti del possibile, aderire a campagne, è importante, ce ne sono diverse in giro per il web, qui potete trovarne alcune raccolte.
Nello specifico in questo post del tutto sconclusionato volevo mettere un po’ di spunti su materiale da leggere che può essere interessante da recuperare. Un punto come un altro da cui partire, non ho nessuna verità in tasca, anzi, solo tanta voglia di fare qualcosa, anche se completamente impotente. L’idea è creare una lista di letture interessanti che trattano tematiche legate alla comunità nera e al razzismo, per capire meglio le problematiche che hanno affrontato o affrontano. Letture che io non ho ancora iniziato ma che vorrei prendere in mano per approfondire un tema che per me è importante. Questo non vuole che essere un punto di inizio, non smettiamo mai di studiare e cercare di comprendere meglio ciò che è distante da noi, più comprendiamo più riusciamo ad essere d’aiuto.
- Americanah di Chimamanda Ngozi Adichie: la Adichie è una donna nigeriana che vive in America e in questo libro racconta la storia di Ifemelu che dal suo paese di origine si ritrova catapultata in America e deve fare i conti con ogni aspetto di sé.
- The Hate U Give di Angie Thomas (esiste anche la trasposizione cinematografica Il coraggio della verità): la protagonista di questo romanzo Starr vive a cavallo tra il perbenismo americano di una scuola prestigiosa e il quartiere malfamato e deve fare i conti con l’uccisione del suo migliore amico per mano della polizia.
- When They Call You A Terrorist: A Black Lives Matter Memoir di Patrisse Khan-Cullors e Asha Bandele: racconta la nascita del movimento Black Lives Matter. Non ho trovato traduzioni in italiano.
- Why I’m No Longer Talking to White People About Race di Reni Eddo-Lodge: Una raccolta di saggi nata dalla frustrazione provata nei confronti delle conversazioni su temi razziali, anche di questo non ho trovato la traduzione in italiano.
- La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead: «La ferrovia sotterranea» è il nome con cui si indica, nella storia degli Stati Uniti, la rete clandestina di militanti antischiavisti che nell’Ottocento aiutava i neri a fuggire dal Sud agli stati liberi del Nord. In questo la trasforma in una vera e propria linea ferroviaria operante in segreto, nel sottosuolo, grazie a macchinisti e capistazione abolizionisti.
- Il buio oltre la siepe di Harper Lee: Atticus Finch è incaricato della difesa d’ufficio di un afroamericano accusato di aver stuprato una ragazza bianca. Riuscirà a dimostrarne l’innocenza, ma questo non basta a salvarlo dalla popolazione che non lo accetta, perché ha la pelle di un colore diverso.
- Uomo invisibile di Ralph Ellison: la definizione della condizione di un intero gruppo, non solo un uomo.
- L'origine degli altri di Toni Morrison: Che cosa è la razza, e perché le diamo tanta importanza? Che cosa spinge gli esseri umani a costruire «un altro» da cui differenziarsi? Perché il colore della pelle ha avuto nella storia un peso così negativo? Perché la presenza dell'altro da noi ci fa così paura?
- Citizen: una lirica americana di Claudia Rankine: venire immersi completamente in cosa significa razzismo.
- Non dimenticare chi sei di Yaa Gyasi: quanto forti sono i legami di sangue? Una storia sulle infinite strade che può percorrere il destino. Una storia sulla ricerca delle proprie radici. Una storia sull’amore che dà il coraggio di trovare risposte. Perché il futuro nasce dal passato. E solo conoscendo le nostre origini possiamo incamminarci verso il nuovo giorno.
Se avete altri libri da tenere in considerazione e avete voglia di suggerirmeli mi farebbe molto piacere e li aggiungerò alla lista. Uniti siamo sempre più forti.
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"Arte e moda prendono forma"
Lo spettacolo della natura e dei capolavori sono stati al centro dell’undicesima edizione di “Arte e Moda prendono forma” speciale The Show, la manifestazione ideata dal pubblicitario Ludovico Lieto e organizzata da Visivo Comunicazione, che si è svolta nella Galleria Borbonica, l’ex rifugio antiaereo e gioiello dell’ingegneria Borbonica di Napoli con partenza dall’Agorà Morelli
E per questa speciale edizione “art show” è stato aperto al pubblico il nuovo percorso “Le Terrazze”, una cavità sotterranea resa accessibile recentemente grazie al lavoro dell’Associazione “Borbonica Sotterranea”, presieduta dal geologo Gianluca Minin, che gestisce il sito. Un grande evento che ha raccontato attraverso un turbinio di performance dal vivo: la natura, l’azione e la risonanza simbolica dei colori, l’espressione del corpo nella danza e nel movimento, le suggestioni della parola e del suono. “Lo spettacolo dell’arte – hanno spiegato gli organizzatori – stavolta si è ispirato al mondo animale e alla natura, sempre con l’obiettivo di renderlo più accessibile. E anche per questo abbiamo pensato a una versione “The show” della manifestazione, con protagonisti artisti e pubblico”. La profondità del sottosuolo di Napoli con le sue suggestioni ha fatto da sfondo a quadri moda in movimento, a shooting fotografici live, a performance musicali e alle opere degli artisti del progetto “Visivo Experimental Gallery Project” curato da Valeria Viscione.
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Sette sataniche. Le sette sataniche nel mondo. Culti propri degli afrobrasiliani. L'umbanda. Il Candomblé
Sette sataniche
Le sette sataniche nel mondo
Culti propri degli afrobrasiliani
L'Umbanda
L'Umbanda è il culto degli Orishas, e poggia saldamente su tradizioni religiose africane, americane ed europee. Essa ha cercato di legittimarsi prendendo alcuni elementi dal Candomblé, in modo particolare quelli che fanno riferimento all'Africa, alla schiavitù, ai modelli di comportamento tribali e alla mentalità. Il processo d'iniziazione dell'Umbanda è più semplice di quello del Candomblé: esso è più lieve e non prevede, per i suoi rituali, i sacrifici cruenti. Gli spiriti dei Cablocos (indigeni) e dei Pretos Velhos (antichi schiavi) s manifestano nel corpo degli iniziati in preda a trance rituale, allo scopo di danzare, di consigliare e di assistere coloro che hanno bisogno di aiuto religioso o magico. L'Umbanda ha assunto in parte le virtù cristiane della carità e dell'atruismo: ciò ha trasformato l'Umbanda in una religione Occidentale più di una religione afrobrasiliana. Con il termine Umbanda si intende genericamente anche l'arte di consultare gli spiriti disincarnati dei defunti affinché influenzino in un modo o nell'altro le persone, nonché il potere degli spiriti di curare attraverso i feticci che costituiscono il trait d'union tra i vivi e i defunti. L'Umbanda è movimento religioso tuttora in formazione ed in fortissima espansione, che si estende a tutti gli stati del Brasile e penetra in tutti gli strati della popolazione brasiliana, facendo adepti tra ricchi e poveri, tra analfabeti e intellettuali.
Il Candomblé
Il vocabolo Candomblé è di origine africana e significa "danza", "danza sacra", una danza per evocare gli spiriti, le forze della natura, che sono identificati negli Orishas. Il Candomblé, durante gli anni '60 del secolo scorso, penetrò negli ambienti Umbanda facendo parecchi proseliti. Intellettuali, poeti, studenti, scrittori ed artisti presero parte a questa ricerca, che ruotava atttorno alle sedi del vecchio Candomblé nella città di Salvador, la capitale dello stato di Bahia. L'andare a Salvador per farsi predire il futuro delle maes-de-santo del Candomblé (alte sacerdotesse dei terreiros, santuari della religione degli Orishas) divenne una cosa necessaria per tanta gente, quasi un bisogno vero e proprio che colmava una mancanza di trascendenza. In tal modo, il Candomblé trovò tutte le condizioni sociali, culturali ed economiche per rinascere, diventando così, una religione multietnica e multirazziale.
- Le "nazioni" del Candomblé. Il Candomblé può essere suddiviso in "nazioni" a second delle origini etniche rispecchiate nei rituali. Le antiche culture africane provenivano fondamentalmente da aree culturali bantù (corrispondenti oggi ad Angola, Mozambico, Gabon, Zaire) e delle culture sudanesi del golfo della Guinea (Yoruba ed Ewe-Fon, oggi corrispondenti alla Nigeria e al Benin); nnonostante le loro divinità; le aree culturali bantù e quella sudanese si fusero insieme pur conservando le proprie varianti. Nella cosiddetta "nazione Ketu", predominano il pantheon degli Orishas e i riti d'inizziazione yoruba. Il linguaggio rituale ha anch'esso un'origine yoruba. Sono di origine yoruba, o Nago come vengono chiamati da Yoruba in Brasile, i Nago del Pernambuco e ii Batuque del Rio Grande del Sul. La "nazione Angola" di origine bantù, ha adottato il pantheon degli Orishas degli Yoruba ed anche molte pratiche iniziatiche della "nazione Ketu". Nella "nazione Angola" è di primaria importanza l'adorazione dei caboclos, spiriti indigeni considerati dalla "nazione Angola" come i veri antenati del Brasile. La "nazione Jejé-Madin" dello stato di Bahia e la "nazione Mina-Jejé" dello stato del Maranhao sono invece connesse con le tradizioni di origine Fon. Il Candomblé che gode di maggiore prestigio e che è più conosciuto in tutto il Brasile e quello della "nazione Ketu". - Adepti e clienti del Candomblé. Il Candomblé, soddisfa anche la domanda di una vsta clientela che non partecipa alla cerimonia di adorazione. Il cliente si reca nella mae de santo o dal pai de santo per consultare l'Oracolo degli Orishas, il gioco dei cauri (jogo de bùzios), mediante il quale si fanno predizioni, si cerca di risolvere prroblemi e si prescrivono mezzi rituali per manipolare gli avvenimenti della vita. Il cliente paga per la consultaione e, talvolta, per qualche sacrificio propiziatorio raccomandato per un caso specifico. Si tratta in genere di sacrifici di animali. Il cliente, inoltre, riesce quasi sempre a conoscere il suo orisha "che comanda la sua testa" e, in tal caso, può prendere parte ad una o più celebrazioni per le quali versa generose offerte. I clienti del Candomblé, pur essendo all'oscuro dei processi d'iniziazione, ai quali non prendono neanche parte, risultano essere delle figure di duplice importanza: aiutano a legittimare dl punto di vista sociale il terriero, il santuario, il gruppo religioso, nonché contribuiscno, all'arricchimento dei fondi necessari per le spese della comunità. - I princiali Orishas del Candomblé. Ogni persona appartiene ad un determianto dio, "signore" della sua testa e della sua mente, da cui ha ereditato le caratteristiche fisiche e della personalità. Per conoscere il proprio orisha è necessario consultare il gioco dei cauri (conchiglie) e ciò è prerogativa della mae de santo o del pai de santo. Spere chi è il proprio orisha è fondamentale per poter iniziare il processo d'iniziazione dei nuovi adepti e anche per predire e anche per predire il futuro e risolvere i problemi personali. Non esistono orishas buoni o cattiviin quanto la religione degli orishas in Brasile non contempla la nozione di peccato. Ogni orisha ha le sue caratteristiche, i propri elementi della natura, colori simbolici, abiti, canzoni, cibi, bevande, tipo di personalità, desideri, difetti e così via. I fedeli credono che uomini e donne ereditino molti degli atributi degli orishas, in modo particolare quelli relativi al comportamento e alla personalità. Una persona, in una certa situazione, si comporti con modalità che riflettono la condotta del suo orisha nella stessa situazione.
1. Eshù. E' protettore dei crocicchi e delle porte che danno sulla strada. Sincretizzato con il diavolo cattolico, il suo simbolo è un fallo d'argilla o un tridente di ferro. I fedeli credono che la gente consacrata ad Eshù sia intelligente, sexy, forte, carnale, licenziosa, calda, erotica e sporca, gente a cui piace mangiare e bere smodatamente. Non ci si dovrà mai fidare di un figlio o di una figlia di Eshù. Essi sono i migliori più caldi in campo sessuale, ma sono loro che decidono se e quando esserlo. Non si sposano mai. Sono molto spericolati e violenti, e vengono da soli nelle strade, bevendo e guardando sempre i crocicchi. Ogni volta che Eshù fa un favore, si deve pagargli un pò di denaro, di cibo e di attenzione. La gente di Eshù non fa mai nulla per nulla, almeno secondo gli antichi miti africani e le attuali credenze brasiliane. 2. Ogùn. Dio dela guerra, del ferro, della maetallurgia e della tecnologia, è sincretizzato con sant'Antonio o san Giorgio. E' l'orisha che ha il potere di tutte le vie Gli stereotipi ci mostrano i figli di Ogùn come capirbi, passionali, freddi e razionali, e anche con una mente iperattiva. Essi spezzano i cuori. Si crede che la gente di Ogùn sia abile in campo sessuale quanto quella di Eshù. E infatti Ogùn ed Eshù sono fratelli. Si dice, in genere, che le "famiglie" di ambedue gli dèi comprendono indiividui fisicamente ben costruiti e mentalmente maaniaci del sesso. Al di là di questo, essi sono in grado e di fare altre cose interessanti, del tutto pratiche. Sono infatti i più adatti a svolgere sia il lavoro dei poliziotti che anche lavori intellettuali. Riescono bene anche come soldati. 3. Oshòssi. Dio della caccia, giovane e guerriero. Sincretizzato con san Giorgio o con san Sebastiano, l'orisha dell'abbondanza. La sua gente è longilinea, intelligente, amabile, curiosa, ficcanaso. I suoi figli non possono essere monogami, perché sono sempre in giro giorno e notte, però sono buoni padri e buone madri. Sono amichevoli, a volte un pò sempliciotti, molto pazienti, e note come persone solitarie. Una persona Oshòssi ricerca e si gode gli amanti, ma se non ha un amante si soddisfa con una discreta masturbazione. Gli individui Oshòssi sono eterni adolescenti, e quindi non si deve chiedere ai figli del dio della caccia di aspettarvi. Infatti vivono sentendosi liberi di rompere gli impegni; difficilmente capiscono cosa sia fissare gli appuntamenti. Così la tradizione, così insegna la tradizione. 4. Abaluayé o Omulù. Dio del vaiolo, delle pestilenze e delle malattie, oggi è considerato dio dell'AIDS. E' connesso con ogni genere di malattia, cura, cimitero, suolo o sottosuolo. E' sincretizzato con san Lazzaro. I suoi figli sembrano i più depressi e i più deprimenti, sono negativi, pessimisti e astiosi. Paiono scontrosi, ma in realtà sono timidi e si vergognano del loro tremendo aspetto. 5. Shangò. Dio del tuono e della giustizia, sincretizzato con san Bartolomeo. Ci si rivolge a lui per questioni concernenti affari, giustizia e burocrazia. La gente di Shangò è nata per essere Re e Regina, ma in genere non lo è. I figli di Shangò sono caparbi, risoluti, insaziabili, e avidi di cibo, denaro, potere e mogli. A loro piace avere molti innamorati, anche se non hanno l'ardore sessuale per mantenere per molto tempo più di na relazione. Essi vivono per combattere, per coinvolgere la gente nella loro guerra personale. A loro infatti piace la guerra, nonostante diventino sempre più grassi. Proprio per essere giusti, va detto che una persona-Shangò è il giudice più equo che si possa desiderare. I figli di Shangò sono buoni amici ed eccellenti genitori. 6. Oshùm. Dea dell'acqua sorgiva, dell'oro, della fertilità e dell'amore, sincretizzata con Nostra Signora delle Candele, uno dei tanti appellativi della Vergine Maria. Signora della vanità, è la moglie favorita di Shangò. La gente di Oshùn è attraente, seducente, astuta e molto importante, e sa bene come condurre gli affari d'amore. Propensa per la stregoneria, è in grado di prevedere il futuro, scopre segreti e svela misteri. Prova godimento per la bellezza, che pensa sia un proprio appannaggio di diritto. I fgli di Oshùn possono essere anche molto vanitosi, presuntuosi ed arroganti. Sono tutto in materia d'amore, di appuntamenti, di matrimonio, dell'avere una famiglia e del modo di allevare i figli senza problemi, spensieratamente. Non sono mai poveri, e non riescono a sopportare la solitudine. 7. Yansàn o Oya. Dea del fulmine del vento e dei temporali, sincretizzata con santa Barbara. E' una guerriera, ed è l'Orisha che guida le anime dei morti nell'oltretomba. Yansàn è la moglie più importante di Shangò. I suoi figli e le sue figlie amano molto il sesso e avere quindi molti amanti. E' infatti una dea dell'amore e viene considerita anche una sorta di divinità femminista. I figli di Yansàn sono coraggiosi, comuncativi e brillanti; a loro non piace fare commissioni per gli altri, poiché ritengono di essere dei Re e delle Regine. Sono estroversi, amano mettersi in mostra ed essere al centro dell'attenzione. Sono capaci di sacrificare la vita per coloro cha amno, ma non perdonano mai un tradimento, soprtattutto in amore. 8. Yemanjà. Dea dei mari e degli oceani, venerata come madre di molti orishas. E' sincretizzata con l'Immacolata Concezione, altro appellativo della Vergine Maria. Rappresentata come una sirena, si può vedere la sua statua in quasi tutte le città della costa del Brasile. I figli e le figlie di Yemanjà sono buoni padri e buone madri, proteggono i figli, gli amici e i parenti con il coraggio e la forza del leone. Il loro maggiore difetto è di parlare troppo, e infatti non riscono a mantenere un segreto. Amano lavorare e vincere la povertà. 9. Oshalà. Dio della creazione, sincretizzato con Gesù Cristo. I suoi fedeli si vestono di bianco ogni venerdì. Come Creatore, modellò i primi uomini e soffiò in essi il respiro della vita. Quando si rivela nella trance, e nei Candomblé brasiliani, Oshalà si presenta in due forme: Oshalufan è vecchio, curvo e stanco, si muove lenntamente ed è a stento in grado di danzare; Oshaguian è nel pieno della giovinezza e danza come un guerriero. Oshalà è la sola divinità a cui non piacciono i sacrifici di animali a sangue caldo (capre, pecore, galline, ecc.) e preferisce il sangue freddo dei molluschi. La gente di Oshalà ama il potere, apprezza quando è trattata come un Re, o almeno come un capo, preferibilmente "il" capo. Si pensa che alcuni di coloro che sono consacrati all'Oshalà vecchio non siano buoni amanti, in quanto troppo stanchi per fare l'amore. Comunque si tratta di persone brillanti. avide di apprendere e con un vero talento per imparare. Essendo battaglieri, sono di grande aiuto agli amici e sono indomiti avversari dei loro nemici.
A volte, quando precise caratteristiche di un Orisha non si attagliano per niente ad un individuo consacrato, è molto comune decidere che quel dio non è "adatto" alla persona. Ciò significa che si deve fare subito un cambiamento di divinità, e che deve esistere un mito "dimenticato" che giustifica l'errore. Altre volte gli attributi dell'orisha non si adattano alla vita o ai modelli di comportamento della nostra attuale società, e allora devono essere modificati. Questo fatto dice che la costruzione sociale delle religioni, con le loro divinità, i loro simboli, i loro significati, è ancora ben lontana dall'essere compiuta.
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IN INGLESE FALLIMENTARE
photo - Annalisa Patuelli (https://www.facebook.com/annalisa.patuelli)
30 Marzo 1997
Non mi sentivo così triste dalla seconda elementare, quando una compagna di classe mi derise. Avevo ancora il volto truccato dal giorno prima, ero stato a Venezia, per il carnevale. Appena entrato in classe, fuggii, scosso dalle lacrime che si erano messe in marcia, verso una guerra già persa in partenza. Ho cercato, lavando via il volto, di estirparmi; pari ad una radice di gramigna e di tutta la mia identità costruita per quella mattina, non rimase nulla. Era il primo giorno di Quaresima, mi dissero, rimproverandomi.
Che strane colpe ci accompagnano per tutta la vita, i ricordi, a volte, sono completamente cancellati e altri puntellati con inchiostro, permanenti. Quante cicatrici ci siamo incisi sotto e sopra la pelle, quante ridicole emozioni, che potevano essere passeggere, sono rimaste: scarnificazioni del nuovo e vecchio secolo. Il passato è una terra straniera scrissero, e noi, non siamo appunto in grado di riconoscerci, molto spesso. Chi eravamo all’età del bronzo, nell’era paleolitica, sull’ultima stories di Instagram. Cosa ci ha fatto diventare il corpo vuoto del presente, se è questo il tempo indicativo di cui abbiamo appreso dal sussidiario elementare e dal vissuto vivere. Dobbiamo per forza essere questa sagoma composta di pasta da zucchero tutti i giorni?
La carta velina si spezza, talmente delicata,così fragile che pure uno sguardo di poco più intenso può tingerla di amaranto. Dalle proprie ceneri, brandelli, scarti scartati di storie trite e smussate; impastata, composta, incollata e di nuovo. Quanti strati di carta abbiamo strappato, ingoiato, vomitato e lasciati ad asciugare con sopra nuove parole, nuove promesse?
Non riconosciamo il nostro nome, quando viene urlato, al nostro fianco, alle nostre orecchie, ai nostri fianchi. Eppure non scopo da mesi, non fumo da anni, non vivo da ieri: da quando ho scoperto di avere fallito. Non importa la propria mania di grandezza, il proprio peso, la propria tenacia, la forza la troviamo di fronte all’immasticabile tramezzino preconfezionato delle macchinette in stazione centrale. Eccoci, i tossici delle tre di notte che con qualche moneta nascosta nei calzini vanno a recuperare la dose di zucchero, magnesio, ingrediente1 , ingrediente2, proteine sintetiche, ingrediente 7, colorante E39 (studiato e analizzato in classe, probabilmente le scuole medie furono il periodo più triste).
Sei tanto maturo per la tua età , dicono, ma quale età abbiamo raggiunto alla fine di questa frase? Quante decadi sono passate da quando mi sono sentito tanto infelice? Era la seconda elementare, i miei compagni di classe venivano investiti dai banchi che facevo volare, tutti i giorni, io e la mia compagna Allegria ( o Allegra ) eravamo gli estranei. Gli spostati, quelli arrivati all’improvviso da un universo parallelo, esattamente dal quadrante omega 3 (la grande costellazione del merluzzo, spostati di scuola in scuola di cinque chilometri circa quasi, e appunto li, ritrovati, nella nostra inconsolabile manesca tristezza).
E se la nostra storia fosse tutta qui?
La verità è che scrivo, tutti i giorni, almeno due righe , solo per poi tirarle su con il naso. Spero di riempire i vuoti di questo movimento intestinale bistrattato,
Abbiamo cercato di comprarci, abbiamo fallito. Fallito.
Fallito.
Fallito.
Pensavate che le parole non potessero uccidere ?
Fallito.
Sentite, tutta la memorabilia che avete nel petto, tutta la polvere che vi traumatizza la gola, tutti i tumori della vostra fortunata esistenza. Abbiamo giovato, giocato. Voglia di. Punteggiare. Puntualizzare. La resilenza, non riconosciuta. La morbistenza, non riconosciuta. Facciamo forza sul punto cardine, proprio quello che deve essere spezzato, lasciateci andare liberi, perdete tutti i vostri liquidi ed integrate presentandovi alla corte di Refosco, di Re Mida, di re Alcinoo, siate avari di voi stessi, della vita, della vostra superbia. Partecipate, ad ogni evento su Facebook, partecipate, e di queste mestizie, di queste feste, fatele fallire tutte. Senza riserva. Fallite.
Dicono che la terapia la fanno un po’ tutti, prima o dopo. Dicono che è un percorso, non una malattia. Mi sento malato però, è già giunto il momento di raccogliere le poche briciole? Le memorie dal sottosuolo? Io, non dico malvagio, ma niente sono riuscito a diventare: né cattivo, né buono, né ribaldo, né onesto, né eroe, né insetto. E ora trascino la mia vita nel mio angolo, tenendomi su la maligna e magrissima consolazione che un uomo intelligente non può in verità diventar nulla e che solo gli sciocchi diventano qualcosa. Ancora sedicenne, li osservavo con cupa meraviglia; già allora mi stupivano la grettezza del loro pensiero, la stupidità delle occupazioni, dei giochi, dei loro discorsi. Non capivano certe cose cosí indispensabili, non s'interessavano di argomenti cosí suggestivi e impressionanti che per forza presi a considerarli inferiori a me. Non era la vanità offesa che mi ci spingeva, e, ora, non venitemi avanti con le obiezioni convenzionali, rancide fino alla nausea, che io non facevo che sognare, mentre essi già allora capivano la vita reale. Non ci hanno mai capito nulla, nessuna vita reale, e vi giuro che questo, appunto, era ciò che piú m'indignava in loro. Al contrario, la realtà piú evidente, piú abbagliante la percepivano in modo fantasticamente sciocco e già allora si abituavano ad inchinarsi nient'altro che al successo. Di tutto ciò che era giusto, ma umiliato e oppresso, ridevano crudelmente e vergognosamente. Naturalmente, in questo molto derivava dalla stupidità, dal cattivo esempio che aveva sempre circondato la loro infanzia e adolescenza. Erano depravati fino alla mostruosità. Ed io non da meno. S'intende che anche qui c'era soprattutto esteriorità, soprattutto cinismo ostentato, s'intende che la giovinezza e una certa freschezza trasparivano anche in loro perfino attraverso la depravazione; ma in loro non era attraente nemmeno la freschezza e si manifestava come una specie di scherzo. Io li odiavo tremendamente, sebbene fossi magari peggio di loro. Essi mi ripagavano della stessa moneta, e non nascondevano la propria ripugnanza per me. Ma io non desideravo piú il loro affetto; al contrario, avevo sempre sete della loro umiliazione.
Non mi sentivo così triste dalla terza media, quando un compagno di classe mi spense una sigaretta sul polso.
È un inizio. È una fine. È un fallimento.
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Per secoli gli islandesi hanno convissuto con condizioni climatiche estreme, eruzioni vulcaniche, povertà. Il popolo di quest’isola dalla natura primordiale ha imparato a vivere nello stile “þetta reddast” che potremmo tradurre con il nostro “va tutto bene”, una sorta di resilienza che dimostra come, talvolta, sia meglio accettare positivamente ciò che accade e guardare avanti. Descrive molto bene questo atteggiamento Katie Hammel, giornalista di BBC Travel, in un suo articolo in cui racconta che, a fine estate 2019, si è trovata con il camper in panne in una delle zone meno turistiche dell’Islanda, quella di Westfjords, nella punta nordoccidentale dell’isola dove, anche d’estate, periodo di massima affluenza turistica, arriva al massimo il 6% dei visitatori. Avvertita la società di noleggio, la risposta è stata “þetta reddast”. Il meccanico per riparare il guasto non sarebbe arrivato fin laggiù prima del loro ritorno in patria. Questa frase è un po’ lo slogan in Islanda, racconta la Hammel, e veniva usata prima ancora della pandemia di Coronavirus. Rispecchia esattamente il modo di approcciare la vita degli abitanti, che hanno un atteggiamento “easy” nonché un grande senso dell’umorismo. Eppure non ci aspetterebbe un comportamento positivo da una popolazione che, almeno fino a XX secolo, ne ha subite di tutti i colori. Solo nel 1783, l’eruzione del vulcano Laki si è portata via il 20% della popolazione che allora contava solamente 50mila persone insieme all’80% delle pecore che costituivano una fonte alimentare vitale per il Paese che, ancora oggi, scarseggia in agricoltura. Poi ci sono state le tempeste e le mareggiate, che hanno distrutto le barche dei pescatori, altra fonte di sussistenza per gli islandesi, insieme a molti uomini e addirittura a interi villaggi di pescatori. E fino agli inizi del XVIII secolo, morivano molti bambini, il 30% prima ancora di aver compiuto un anno di età. L’Islanda per una popolazione prettamente anziana era quindi un luogo difficile in cui vivere. Solo un secolo fa la gente viveva ancora nelle case fatte di torba. Ora, specie nella Capitale Reykjavik, si trovano condomini ultramoderni di vetro e acciaio. Quella che conosciamo oggi, quindi, è un’Islanda diversa, con molte più comodità di un tempo, molto più moderna, dove c’è elettricità geotermica, si trova il wi-fi e le carte di credito sono accettate ovunque. Ma la natura, qui, ha ancora oggi spesso la meglio sull’uomo. Cinquant’anni fa il vulcano Eldfell esplose sull’isola di Heimaey, spargendo milioni di tonnellate di cenere su 400 edifici provocando l’evacuazione di 5mila persone. Poco più di 25 anni fa, una gigantesca valanga decimò la cittadina di Flateyri nei Westfjords, seppellendo una dozzina di abitazioni e uccidendo un decimo degli abitanti. È recentissima, infine, l’eruzione del vulcano Eyjafjöll, che nell’aprile del2010 paralizzò per diversi giorni il traffico aereo mondiale. Anche nei giorni in cui non avvengono veri e propri disastri, l’Islanda deve fare i conti con scosse di terremoto (circa 500 ogni settimana), gorgoglii che provengono dal sottosuolo, geyser e fumarole, cascate scroscianti e ribollimenti vari. Del resto, l’isola poggia su due placche terrestri che si allontanano ogni anno di 3 centimetri e il terreno è in costante movimento. La resilienza per gli islandesi è uno status, essendo loro benissimo capaci di far fronte in maniera positiva a tutti gli eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la loro vita. Nessuno potrebbe vivere in queste condizioni se non pensasse che va tutto bene: “þetta reddast”, appunto. https://ift.tt/2SMC2ut Fase 2: imparare a vivere di resilienza come in Islanda Per secoli gli islandesi hanno convissuto con condizioni climatiche estreme, eruzioni vulcaniche, povertà. Il popolo di quest’isola dalla natura primordiale ha imparato a vivere nello stile “þetta reddast” che potremmo tradurre con il nostro “va tutto bene”, una sorta di resilienza che dimostra come, talvolta, sia meglio accettare positivamente ciò che accade e guardare avanti. Descrive molto bene questo atteggiamento Katie Hammel, giornalista di BBC Travel, in un suo articolo in cui racconta che, a fine estate 2019, si è trovata con il camper in panne in una delle zone meno turistiche dell’Islanda, quella di Westfjords, nella punta nordoccidentale dell’isola dove, anche d’estate, periodo di massima affluenza turistica, arriva al massimo il 6% dei visitatori. Avvertita la società di noleggio, la risposta è stata “þetta reddast”. Il meccanico per riparare il guasto non sarebbe arrivato fin laggiù prima del loro ritorno in patria. Questa frase è un po’ lo slogan in Islanda, racconta la Hammel, e veniva usata prima ancora della pandemia di Coronavirus. Rispecchia esattamente il modo di approcciare la vita degli abitanti, che hanno un atteggiamento “easy” nonché un grande senso dell’umorismo. Eppure non ci aspetterebbe un comportamento positivo da una popolazione che, almeno fino a XX secolo, ne ha subite di tutti i colori. Solo nel 1783, l’eruzione del vulcano Laki si è portata via il 20% della popolazione che allora contava solamente 50mila persone insieme all’80% delle pecore che costituivano una fonte alimentare vitale per il Paese che, ancora oggi, scarseggia in agricoltura. Poi ci sono state le tempeste e le mareggiate, che hanno distrutto le barche dei pescatori, altra fonte di sussistenza per gli islandesi, insieme a molti uomini e addirittura a interi villaggi di pescatori. E fino agli inizi del XVIII secolo, morivano molti bambini, il 30% prima ancora di aver compiuto un anno di età. L’Islanda per una popolazione prettamente anziana era quindi un luogo difficile in cui vivere. Solo un secolo fa la gente viveva ancora nelle case fatte di torba. Ora, specie nella Capitale Reykjavik, si trovano condomini ultramoderni di vetro e acciaio. Quella che conosciamo oggi, quindi, è un’Islanda diversa, con molte più comodità di un tempo, molto più moderna, dove c’è elettricità geotermica, si trova il wi-fi e le carte di credito sono accettate ovunque. Ma la natura, qui, ha ancora oggi spesso la meglio sull’uomo. Cinquant’anni fa il vulcano Eldfell esplose sull’isola di Heimaey, spargendo milioni di tonnellate di cenere su 400 edifici provocando l’evacuazione di 5mila persone. Poco più di 25 anni fa, una gigantesca valanga decimò la cittadina di Flateyri nei Westfjords, seppellendo una dozzina di abitazioni e uccidendo un decimo degli abitanti. È recentissima, infine, l’eruzione del vulcano Eyjafjöll, che nell’aprile del2010 paralizzò per diversi giorni il traffico aereo mondiale. Anche nei giorni in cui non avvengono veri e propri disastri, l’Islanda deve fare i conti con scosse di terremoto (circa 500 ogni settimana), gorgoglii che provengono dal sottosuolo, geyser e fumarole, cascate scroscianti e ribollimenti vari. Del resto, l’isola poggia su due placche terrestri che si allontanano ogni anno di 3 centimetri e il terreno è in costante movimento. La resilienza per gli islandesi è uno status, essendo loro benissimo capaci di far fronte in maniera positiva a tutti gli eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la loro vita. Nessuno potrebbe vivere in queste condizioni se non pensasse che va tutto bene: “þetta reddast”, appunto. Il popolo di quest’isola dalla natura primordiale ha imparato a vivere nello stile “þetta reddast” che potremmo tradurre con il nostro “va tutto bene”.
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#romacapoccia Franco Citti, Ninetto e Pier Paolo Davoli #antonellovenditti 🎵 Il #video e' tratto dall' Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, dal titolo IO VOTO, TU VOTI (PCI) campagna elettorale 1981 per #LuigiPetroselli #sindaco di #Roma 🎥#elettritv📲💻 #webtvmusicale #pci ✊ #playlistmusicale #canalemusicale #underground #webtv 🔊 #musicaoriginale #musica #sottosuolo #music #italia 👹 #valledeltevere #fori #italy #campidoglio 🐺 #tibervalley
🎥 [VIDEO] intero >> https://youtu.be/ecPY7lQpvOQ
] ;)::\⚡/>> http://www.elettritv.it
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Terme di Acqui in giornata: l'autunno ha i suoi piaceri
Novembre può essere difficile: cambio dell’ora, giornate uggiose, l’estate ormai lontana e le prossime ferie che vedi solo col binocolo.
Ma sai cosa facciamo? Ce ne andiamo alle Terme di Acqui in Monferrato… e ci portiamo anche te!
Le Terme di Acqui e il suo Centro Benessere
Il Centro Termale Olistico di Acqui Terme è una delle stazioni termali più famose d’Italia grazie alle sue rinomate sorgenti dalle molteplici qualità curative e comprende un proprio Centro Benessere: il Lago delle Sorgenti.
Il Lago delle Sorgenti non è una SPA qualsiasi. Ha origini antichissime che risalgono addirittura ai Romani e sorge in un luogo di rare bellezze naturali e architettoniche.
Qui l’acqua si unisce alla musica e al suono per un emozionante connubio che saprà portarti via per qualche ora e restituirti completamente rigenerato/a al mondo esterno.
Percorso Bagno Termale del Lago in 12 tappe
Il percorso olistico termale dura circa 3/4 ore e si snoda in 12 diversi ambienti rilassanti del Centro Benessere dove immergersi, lasciarsi coccolare, rilassarsi e sognare.
1 - PISCINA MEDITATIVA
Per iniziare immergiti in una grande piscina in ambiente soffuso e silenzioso con acqua termale a 36°. I benefici dell’acqua termale uniti al particolare ambiente fanno di questa piscina un luogo magico. Rilassati con l’idromassaggio, le cascatelle cervicali e le comode sedute in acqua.
2 - RELAX AREA CASCATELLE DEL LAGO
Sdraiati per qualche minuto in questa sala dai comodi lettini. L’acqua scorre nelle vetrate poste proprio di fronte a te per una sensazione di relax profondo.
3- RELAX IN VASCA CON ACQUA TERMALE
Scendi in questa vasca e goditi tutti i benefici delle acque termali sulfureo salso bromo iodiche che arrivano direttamente dal cuore della terra.
4 - PISCINA DELL'ACQUA IN MOVIMENTO
Entra in questa piscina con acqua termale calda a 35°, idromassaggi e cascatelle cervicali, sedute in acqua. Qui le ampie vetrate infondono luce all’ambiente; la combinazione di acqua e luce fanno sì che il corpo venga avvolto da effetti antistress e detossinanti.
5 - INALAZIONI VAPORI DEL LAGO
Ora esci all’esterno, dove trovi Il lago principale, il bacino di acqua termale da cui prende il nome la struttura. L’acqua sgorga diretta dal sottosuolo a una temperatura di oltre 50°. Non si può fare il bagno, vista la temperatura, ma potrai restare per un po’ qui fuori a inalare i benefici vapori per liberare le vie respiratorie.
6 - SAUNA FINLANDESE
Con la sua vetrata sul vulcano, la sauna “secca” raggiunge temperature fino a 90°; usala con cautela e intrattieniti dai 5 ai 15 minuti massimo. La sauna, se fatta secondo i criteri corretti, è sana e terapeutica per la pelle, il cuore e il metabolismo.
7 - DOCCIA
Dopo la sauna è il momento di rinfrescare il corpo accaldato con una bella doccia.
8 - AREA RELAX/SOLARIUM
L’ottava tappa sarebbe rappresentata dal solarium di 150 mq, purtroppo d’autunno non è accessibile, ma non importa, ci sono ancora altre sale in cui proseguire il nostro tour virtuale
9 - BAGNO DI VAPORE GEOTERMALE
Entra nel Bagno di Vapore Geotermale con vapore naturale sgorgante direttamente dal sottosuolo. La temperatura che arriva intorno ai 45°e il tasso di umidità che raggiunge il 100% ha effetti benefici su tutto il corpo. Migliora la circolazione sanguigna e linfatica, favorisce l’espulsione delle tossine, ha un’azione decongestionante delle vie respiratorie e regolarizza la pressione arteriosa.
10 - REIDRATAZIONE
A questo punto avrai bisogno di reintegrare i liquidi. Potrai trasferirti nella bellissima sala “Vulcano relax” al piano superiore della Spa. Qui puoi trovare succhi, yogurt ,tisane frutta, verdure e tanti altri alimenti per il tuo benessere.
11 - PISCINA VULCANO
Il penultimo spazio è una piscina all’aperto di acqua termale a circa 40° caratterizzata da una vasca rotonda in pietra. Qui come al Lago delle Sorgenti è possibile ammirare le sorgenti termali sgorgare dalla terra. Grazie ai caratteristici copricapi Sando Gaza potrai inalare il vapore del lago mentre resti immerso/a al caldo della piscina.
12 - RITUALE RILASSANTE
Per concludere in bellezza spostati nella Sala Rituali. Sdraiati su una delle chaise longue e rilassati al suono magico dei gong planetari e delle campane tibetane. Qui trovi l’atmosfera ideale per compiere un viaggio interiore sorprendente.
Una giornata di Relax con il Terme Bus
Ti senti già meglio anche solo al pensiero? Rendilo realtà prenotando la tua giornata alle Terme di Acqui con il Terme Bus di GoGoBus. Non dovrai nemmeno pensare a guidare al rientro: non è meraviglioso?
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Così come lo Stato italiano, affiancato da media servizievoli – niente da obiettare – si è autorizzato tutti i mezzi disponibili, senza curarsi di cadere nell’illegalità, per riportarmi in Italia, io mi sono valso del diritto che la legge mi consentiva per evitarlo. Ma non era mia intenzione rifugiarmi qui dietro una supposta condotta legale da un lato e supposti abusi di potere dall’altro. Sappiamo che quando entra in campo la “ragione di Stato” diritto ed etica vanno in panchina. O vogliamo essere tanto ipocriti da negarlo? I moralisti d’occasione però non demordono, il linciaggio è il loro pane quotidiano. Dotati di una creatività di gusto discutibile, essi trovano sempre mille ragioni per improvvisarsi giudici e preti, assolvere o condannare anche quando nessuno glielo chiede, oppure quando non rimane più niente da dire: lo Stato mi ha scaricato a Oristano, ho ammesso le mie responsabilità, ho espresso la mia compassione per tutte le vittime senza distinzione.
A questo punto io dovrei chiudere questa lettera. Si dà però il caso che finora a parlare siano sempre stati gli stessi, quelli chiamati ad assolvere gli uni e a condannare sempre gli altri. Succede allora che non sono poche le persone che oggi mi chiedono un parere su questo o quell’avvenimento consumatosi in Brasile. Sono soprattutto tre gli episodi che mi è stato chiesto di chiarire. Vorrei qui trattare solo due di questi. Il terzo e ultimo merita un capitolo a parte in seguito, se sarà ancora il caso. Tengo a precisare che tutte le informazioni qui riportate sono documentabili nei rispettivi luoghi di competenza. So che non posso dilungarmi, questione di spazio ma anche di opportunità. Devo comunque premettere alcune informazioni basilari sul mio stato civile in Brasile, altrimenti certi avvenimenti perderebbero senso.
Dopo il decreto di non estradizione firmato dall’ex presidente Lula e la successiva conferma del Tribunale Supremo Federale nel 2011, ottenni un documento di residenza permanente in Brasile. Escluso quello di votare, questo documento mi conferiva tutti i diritti di un cittadino qualsiasi. Durante tutto il periodo brasiliano, oltre alla normale attività di scrittore, ho svolto diverse altre attività lavorative, tutte debitamente registrate, avendo così accesso come contribuente ai servizi prestati dallo Stato. Ho pubblicato alcuni romanzi, fatto traduzioni, militato in differenti situazioni politiche e socio-culturali, senza mai sconfinare nell’illegalità. Nel corso delle mie attività mi è capitato di visitare alcuni paesi confinanti col Brasile, come Uruguay, Argentina, Bolivia. Il documento rilasciatomi dall’autorità brasiliana mi consentiva di passare queste frontiere. Per finire, nel 2013 è nato mio figlio e nel 2015 mi sono sposato con la donna con cui convivevo dal 2004.
Detto ciò, vorrei passare a spiegare per grandi linee, così mi è stato chiesto, come sono avvenuti i miei due arresti in Brasile: quello del 2015 a Embù das Artes, Sȃo Paulo, e l’ultimo nel 2018 alla frontiera con la Bolivia.
I tentativi dello Stato italiano di strapparmi dal Brasile a ogni costo sono stati ininterrotti, e più efferati a ogni scacco inflitto dalla legge brasiliana. Era da tempo che apparati italiani in Brasile studiavano la possibilità, tra altre innominabili, di farmi ritirare la residenza e quindi ottenere l’espulsione. A questo proposito fu attivato un procuratore, noto magistrato di estrema destra, legato all’ambasciata italiana, tramite la lobby militarista che porterà Bolsonaro al potere.
Costui, dopo alcuni tentativi abortiti sul nascere, tanto flagrante era la sua interpretazione delle leggi nazionali, finì con l’associarsi a una giudice federale del foro di Brasilia, anch’essa nella sfera d’influenza militare e quindi dell’ambasciata italiana. Si istruì in segreto un processo dove, in barba a tutte le norme giuridiche previste, non furono mai convocate le parti.
Nel 2015 la sentenza della giudice federale Adverci Lates Mendes de Abreu, in una udienza da sottosuolo, mi revoca la residenza ordinando l’espulsione dal paese. Con l’intenzione di battere sul tempo gli avvocati difensori e le istanze superiori la giudice non fa pubblicare la sentenza, però ordina l’arresto e l’espulsione immediata. Il piano dell’ambasciata italiana con la lobby Bolsonaro sembrava ormai andato in porto.
Un giorno del mese di marzo l’Interpol si presentò a casa mia. Con l’aria di scusarsi, gli agenti mi invitarono a seguirli, rimproverandomi la leggerezza di non avere contattato in tempo il mio avvocato. Sembravano sinceramente preoccupati per quello che stava succedendo. In quel momento io non sapevo ancora che c’era un aereo pronto a imbarcarmi all’aeroporto internazionale di Sȃo Paulo. Non so ancora chi abbia avvertito l’avvocato. So solo che qualche ora dopo uscii libero dalla questura. L’avvocato fece in tempo a far valere l’art. 63 dello Statuto: “Non si procederà a espulsione se questa metta in questione un’estradizione non ammessa dalla legge brasiliana”.
Il 14 settembre 2015 la sesta sezione del Tribunale Regionale della Prima Regione (Sȃo Paulo) dichiarò illegittimo il mio arresto temporaneo avvenuto nel marzo 2015 in seguito alla sentenza di questa giudice. L’Italia reagì con la solita isteria (“Non avremo pace”, si urlò), come se imporre la propria volontà a un altro paese usando vie traverse fosse legittimo.
Lo Stato italiano mantenne viva la sua promessa. Avvalendosi di ogni mezzo disponibile, con l’obiettivo di farmi terra bruciata intorno e annientarmi psicologicamente, nei tre anni successivi trasformò in un inferno la mia vita quotidiana e quella della mia famiglia. Nessuno dei vicini di casa, l’ambiente di lavoro e le istanze del movimento politico e culturale da me frequentato, è stato risparmiato dalle pressioni, dalle calunnie provocatorie e dall’assedio ininterrotto di media aggressivi.
Nonostante la manovra di soffocamento, la solidarietà nei miei confronti si saldò, permettendomi di non rinunciare ai miei impegni familiari, professionali o di attività politica in seno ad alcuni movimenti sindacali e sociali, come l’MST (movimento di senza terra) e l’MTST (movimento di lavoratori senza tetto). Sono queste le istanze militanti che, negli anni precedenti, mi avevano consentito di allargare i contatti politico-culturali oltre frontiera. Fu il caso con alcuni membri del governo di Evo Morales e movimenti di lotta boliviani.
Fu credo alla metà del 2018, quando approfittai del viaggio di due membri del sindacato della USP (Università di Sȃo Paulo), di cui uno era il legale, per recarmi in Bolivia. Era mia intenzione rinnovare alcuni contatti politici e culturali (lavoravo all’epoca a un progetto editoriale), ma anche per accertarmi della futura disponibilità di asilo in quel paese, in vista della scalata al potere di Bolsonaro.
Partimmo da Sȃo Paulo. Ognuno di noi aveva con sé una modesta somma di denaro per coprire le spese di trasferta, e con il resto comprare nella zona franca qualche articolo d’informatica a prezzo ridotto. Giunti a circa 200 km dalla frontiera, fummo fermati a un posto di blocco. Si capiva subito che ci stavano aspettando. Dopo il controllo dei documenti, ci sottoposero a una perquisizione così accanita che durò ben due ore. Non si rassegnavano all’idea, era troppo evidente, che non fossimo in possesso di falsi documenti d’identità: erano stati dislocati apposta per eseguire un arresto con questa accusa.
Quando furono costretti a rilasciarci e ci restituirono documenti e valori, ci accorgemmo che i nostri soldi erano stati mischiati in un’unica mazzetta. Non ci facemmo troppo caso, al riprendere il cammino li separammo, a ognuno il proprio. Contammo allora, tra dollari, euro e moneta nazionale un totale di 22.000 reais (l’equivalente di circa 5.500 euro, mentre il limite di esportazione di valuta per persona, ignorato da tutti, sarebbe di 10.000 reais).
Al passo di Corumbà, Mato Grosso do Sul, ci attendeva un’altra sorpresa: il posto di frontiera, normalmente in disuso dopo la creazione del Mercosur, pullulava di polizia. Immaginammo subito che si fossero scomodati solo per noi, ma non avendo niente da recriminarci, tirammo dritto. Questa volta neanche finsero di controllare i bagagli o i documenti, erano interessati solo ai soldi. Al vedere che questi erano stati di nuovo separati si innervosirono. Cominciarono le intimidazioni, le minacce, poi mescolarono tutti i soldi su un tavolino e chiamarono un fotografo che gironzolava lì attorno, al quale dissero che la valuta era stata rinvenuta negli effetti personali di Battisti.
A nulla valsero le nostre rimostranze, ci consegnarono tutti e tre a una squadra del DIP (Dipartimento di Intelligence di Polizia) fresca arrivata da Brasilia. Fummo trasferiti in questura, dove cominciarono a tartassare i miei amici, affinché mi accusassero di qualcosa. Precedentemente – abbiamo saputo dopo – l’ambasciata italiana aveva avviato la parte finale del piano. Ossia, attivato il giudice Odillon, reuccio dittatore del foro di quello Stato, terrore degli avvocati, nemico giurato dei “signori dei diritti umani”. Questo personaggio doveva essere l’asso nella manica dell’ambasciata italiana: famigerato giustiziere, figura scomoda anche per la giustizia federale, sarebbe andato in pensione proprio il giorno seguente al nostro arresto.
In cambio di un’uscita gloriosa dalla carriera di magistrato e l’appoggio alla candidatura a governatore, il giudice Odillon si incaricò di mettermi ai ferri, costruire una falsa accusa di traffico di valuta (sic!), aggravata da nientedimeno che “lavaggio di denaro” – 22.000 reais in tre.
Una volta di più, lo strafare dei soliti furbi non ha pagato. L’accusa fu tanto inverosimile che un giudice d’istanza superiore (di origine italiana e, a suo dire, dispiaciuto di farlo) ha dovuto ordinare l’immediato rilascio del sottoscritto, con una lavata di testa allo sfortunato giudice Odillon, che poi perderà anche le elezioni. Per l’ennesima volta, il solito aereo di Stato, sempre a disposizione di Cesare Battisti, dovette tornare in Italia senza il “mostro”.
Per il prossimo capitolo posso anticipare questo aneddoto. Disse all’epoca dei fatti un ministro brasiliano di Giustizia, e grande amico di Bolsonaro: “Sono stati ingenui ad agire a quel modo. Io lo avrei lasciato passare in Bolivia, lì sarebbe stato presa facile”. Lo stesso ministro che ha impedito a Lula di presentarsi alle presidenziali, mantenendolo in prigione, firmò il 18 dicembre di quell’anno (casualmente il giorno del mio compleanno) l’autorizzazione per la mia estradizione.
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Il movimento dal sottosuolo ha organizzato per domenica 28 settembre 2019 al Camelliae Tea Room, un'incontro letterario con Jack Hirschman!
Il movimento dal sottosuolo ha organizzato per domenica 28 settembre 2019 al Camelliae Tea Room, un’incontro letterario con Jack Hirschman!
Il Movimento dal Sottosuolo, domenica 29 settembre 2019, ha organizzato un’incontro con il poeta Americano Jack Hirchman uno tra i maggiori poeti contemporanei della controcultura statunitense, amico di Allen Ginsperg, Amiti Baraka, Gregory Corso, Lawrence Ferlingett, nonchè grande estimatore e traduttore di Pasolini.
Biografia:
Jack Hirschman nasce il 13 dicembre 1933 a New York nel Bronx,…
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Napoli - "Arte e moda prendono forma"
Lo spettacolo della natura e dei capolavori sono stati al centro dell’undicesima edizione di “Arte e Moda prendono forma” speciale The Show, la manifestazione ideata dal pubblicitario Ludovico Lieto e organizzata da Visivo Comunicazione, che si è svolta nella Galleria Borbonica, l’ex rifugio antiaereo e gioiello dell’ingegneria Borbonica di Napoli
E per questa speciale edizione “art show” è stato aperto al pubblico il nuovo percorso “Le Terrazze”, una cavità sotterranea resa accessibile recentemente grazie al lavoro dell’Associazione “Borbonica Sotterranea”, presieduta dal geologo Gianluca Minin, che gestisce il sito. Un grande evento che ha raccontato attraverso un turbinio di performance dal vivo: la natura, l’azione e la risonanza simbolica dei colori, l’espressione del corpo nella danza e nel movimento, le suggestioni della parola e del suono. “Lo spettacolo dell’arte – hanno spiegato gli organizzatori – stavolta si è ispirato al mondo animale e alla natura, sempre con l’obiettivo di renderlo più accessibile. E anche per questo abbiamo pensato a una versione “The show” della manifestazione, con protagonisti artisti e pubblico”. La profondità del sottosuolo di Napoli con le sue suggestioni ha fatto da sfondo a quadri moda in movimento, a shooting fotografici live, a performance musicali e alle opere degli artisti del progetto “Visivo Experimental Gallery Project” curato da Valeria Viscione.
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La nave Sea Watch emblema del neo-schiavismo.
Nelle ore serali del 26 giugno 2019, la nave Sea Watch con al comando la signora Carola Rackete, comunica ufficialmente di voler entrare nel porto di Lampedusa. Nonostante i ripetuti avvisi da parte della Capitaneria di Porto, l'eroina del neoschiavismo mondialista avverte che intende forzare il blocco a causa dello stato di disagio dei migranti (clandestini) e, nonostante l'ALT della Guardia di Finanza, ora sosta a poche miglia dal porto, ben oltre le 12 miglia nautiche "a partire dalla linea di base che la Convenzione di Montego Bay del 1982 attualmente in vigore, stabilisce come "Acque Territoriali". E' bene precisare che nelle acque territoriali di una nazione (inclusi suolo e sottosuolo marino) "lo Stato costiero esercita la propria sovranità in modo pressoché esclusivo" ad eccezione di due punti: • Lo Stato costiero non può impedire il passaggio inoffensivo di navi mercantili o da guerra straniere (i sottomarini devono navigare in emersione ed esponendo la bandiera), purché tale passaggio "non arrechi pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero" (articolo 19 Convenzione di Montego Bay); lo stesso articolo stabilisce che il passaggio deve considerarsi "offensivo" qualora la nave straniera minacci o impieghi la forza, compia atti di spionaggio, violi le regole doganali, fiscali, sanitarie o relative all'immigrazione, interferisca con le comunicazioni costiere, inquini le acque in maniera grave e intenzionale. Il passaggio deve comunque avvenire rispettando le norme interne dello Stato costiero, in particolare quelle in materia di trasporto e navigazione; • Lo Stato costiero non può esercitare la propria legislazione penale in relazione a fatti commessi a bordo di navi straniere, con l'eccezione di alcune ipotesi (articolo 27 Convenzione di Montego Bay): • se le conseguenze del reato si estendono allo Stato costiero; • se il reato è di natura tale da recare pregiudizio alla pace dello Stato costiero o al buon ordine del suo mare territoriale; • se l'intervento delle autorità locali è richiesto dal comandante della nave o da una autorità diplomatica dello Stato di bandiera della nave; • se l'intervento è necessario per reprimere un traffico illecito di stupefacenti.
Per quanto sopra, risulta evidente che il "Comandante" Rackete dovrebbe essere immediatamente arrestata per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e violazione delle norme sanitarie e della navigazione, i clandestini espulsi e rimpatriati coattivamente dopo l'identificazione (e l'eventuale soccorso medico sotto lo stretto controllo delle autorità) e la nave messa in condizione di non navigabilità anche previo affondamento. Conseguenze penali anche per l'Olanda in quanto la Sea Watch batte bandiera olandese. Le norme sono chiare, l'Italia può agire subito senza temere niente, se non i soliti pianti della sinistra al caviale dei Saviano, Gruber ecc..che già si sono levati nei giorni precedenti e, proprio in questo momento una delegazione del PD sta già correndo a Lampedusa affinchè siano sbarcati i clandestini, mettendo in scena il solito triste teatrino del buonismo peloso di stampo boldriniano. A questo punto ci chiediamo se questo governo abbia la coerenza, l'autorità ed il peso politico nazionale ed internazionale per applicare delle norme già scritte, per rialzare finalmente la schiena, per spezzare le catene di un turbo mondialismo Kalergiano che ha come fine ultimo la scomparsa degli europei e la sostituzione con allogeni che fuggono da carestie e guerre spesso inesistenti. Ci chiediamo se tutto finisca a tarallucci e vino o col solito selfie, come spesso sta avvenendo in epoca di "fermezza" (?!) salviniana, dove i clandestini escono dai centri di accoglienza per andare a delinquere in molte località, spesso meridionali, nel silenzio complice di amministratori indegni che svendono le ultime briciole di Patria sull'altare del buonismo d'accatto. Duole constatare come l'ennesimo atto di neo schiavismo del nuovo Messia Comandante Rackete, non si sia evitato con una semplice azione, ci riferiamo al blocco navale al limite delle acque costiere od al limite delle acque costiere libiche, in forza di un trattato d'intesa che l'Italia ha già in essere con la Libia. Il Movimento Sociale Fiamma Tricolore esorta il governo a fare presto, ora ci sono tutte le condizioni per risolvere una volta per tutte la crisi, lo faccia subito, l'Italia non ha più tempo da perdere, la misura è colma!
Mario Settineri Segreteria Nazionale MSFT
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#movimentosocialefiammatricolore #SeaWatch
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Maghi, sciamani e stregoni. Un duello sciamanico. L'antagonista nero. Il combattimento magico. Discesa agli Inferi. Ritorno dall'Inferno
Maghi, sciamani e stregoni
Un duello sciamanico
Lo sciamano in abiti femminili si appoggia a due stampelle, ornate da impugnature d'avorio, la cui forma equide possiede attributi sacri.
Lo avvolge una pelliccia biianca, "l'orgoi": segno che i suoi spiriti sono benigni.
Numerose serpi di pelliccia si srotolano fino al suolo, sui risvolti del costume sono appesi amuleti che rappresentano uccelli e cavalli. Alcuni campanellini di bronzo ornano due specchi d'ottone, allacciati al collo dell'uomo magico. Guardando nello specchio lo sciamano può vedere il cavallo bianco, simbolo per eccellenza della sua casta, captare i riflessi della luna e catturare le ombre dell'Altrove. La sua testa dai lunghi capelli arruffati è sormontata da un elmo di ferro a doppio cerchio, ornato da lunghi palchi di cervo, animale sacro del suo popolo. Una catena formata da nove anelli di ferro gli cinge i fianchi, manciate di orecchini, detti "qolbuga", pendono dal casco e dalle stampelle magiche. Agganciato alla spalla porta bene in vista un piccolo arco di osso, che ostenta la sua bellicosità contro gli spiriti maligni. Altri amuleti potentissimi, rappresentatni una nave, un martello, un'ascia, un arpione sono attaccati qua e là ai bastonii, al costume e alla cintura dello stregone che appare agli occhi degli spettatori terribile e invulnerabile come un dio. Il suo volto è coperto, da una maschera di legno dall'espressione mostruosa. I piedi - calzati da stivali ornati di piume e rostri - assomigliano alle zampe gigantesche di un falco misterioso. La simbologia ornitologica evoca immediatamente la rappresentazione e la leggerezza del volo con cui "il Sigmmore del Tempo" può entrare e uscire dall'Altrove.
L'antagonista nero
L'uomo astrale era vestito di una pelliccia nera, aveva scelto come ausiliari gli spirti malvagi che si vantava di dominare a sua volontà. Si proclamava più forte del rivale, come dimostravano i suoi bastoni di ferro, la cui impugnatura rappresentava il muso stilizzato di due cani infernali. Una fascia di cotone, avvolta intorno al collo, sosteneva amuleti, spoglie di serpenti e animali feroci, frammischiati a volti orrendi - demoni, che gli spettatori non potevano fissare senza sentirsi gelare il sangue nelle vene. Il volto, immobile, liscio e bianco come una porcellana Tao, sembrava una fragile maschera, ma non lo era. Gli occhi scintillavano come carbonella e le labbra rosse si schiudevano su una chiostra di denti piccoli e perfetti. Era il volto di una donna molto giovane, dai tratti orientali smussati da un'ombra interiore che li rendeva ora languidi, ora luminosi come una pietra preziosa. Sia gli ornamenti che le calzature simulavano l'incrocio di ossa umane e animali: pezzi di ferro cuciti o agganciati sul corpetto e sulle uose di panno, a imitazione di costole, femori, tibie e falangi. Il suo corpo, come afferma il credo sciamanico, <<era stato cotto dagli antenati, i suoi pezzi smontati, contati e poi ricostruiti con fili di ferro e ricoperti con una carne nuova>>. Per questo motivo il mestiere di fabbro è molto onorato presso i seguaci dello sciamanismo. Il contendente nero sembra va dunque una sciamana fortissima, che si mostrava a viso scoperto, forse anche per intimidire l'avversario e dire agli spiriti: <<Non vi temo, fatevi avanti>>. Poteva però anche essere uno sciamano asessuato, o un ermafordita, non raro in certe tribù della Malesia, dove l'equivocità degli attributi sessuali costituisce un vantaggio per chi "parla con gli spiriti", poiché il corpo "puro" o "duplice" trae in inganno l'entità dell'Altrove.
Il combattimento magico
Lo sciamano che fosse giunto per primo nel regno dei morti, doveva riportare indietro un oggetto appartenuto a un trapassato - un coltellino di selce, una cintura di cuoio, una fibbia o un pettine - e mostrarlo ai presenti per il "riconoscimento". Lo sciamano bianco tolse da una delle numerose tasche segrete una massa sanguinolenta di carne di cavallo e, mentre ritmava il tamburo sul ginocchio sinistro, litaniava : <<Accetta questo boccone, o Kaira Khan, signore del tamburo a sei rilievi, vieni verso di me rintoccando...>>. Lo sciamano nero, scosse con un movimento ampio e circolare delle spalle, del torace e dei fianchi la sua magica panoplia che parve sollevarsi in volo, animata da mille piume d'aquila. Un salto e una danza sfrenata squassarono il Nero, che iniziò a dimenarsi come un ossesso nel recinto sacro, da cui nacque un intricato sentiero di rovi e di serpi che si attrocigliavano al puntale del suo bastone caniforme. Il mago nero che vola si sollevò ad almeno due metri di altezza e si sdraiò sui bastoni dalla testa di lupo, come se fossero un comodo giaciglio. Poi, avvolto perfettamente nel suo costume, ignorando ogni legge della gravità, stese le braccia lungo il corpo con le palme all'insù. Respirò profndamente. un bastone si animò sotto il dorso e si chinò sul suo volto, proiettando un'ombra selvaggia sul tetto conico dell'isba. Lo sciamano bianco si dimenava in una danza frenetica cavalcando la stampella cavallo, imitando i salti del sacro equino octopode e iniziando a dare segni di trance, gli occhi rovesciati, un filo sottile di bava che colava agli angoli della sua maschera grottesca.
Discesa agli inferi
Il lupo proiettato sulla parete dell'isla aprì le fauci e regurgitò nella bocca socchiusa dello sciamano nero, un liquido denso e oleoso che profumava di cedro e di agave: <<l'eboka>>. Il corpo che continuava a levitare in posizione orizzontale non si mosse. Ora il nero era oltre il passaggio proibito Vedeva ciò che nessun mortale aveva mai visto. Era entrato nella caverna dei morti, negli Inferi. Fu scosso da un tremito e tutta la capanna, il suolo, il sottosuolo, e il cielo, subirono tremende scosse di morte e di dolore. Il Bianco, continuò ad agitarsi fino a che la stampella si ruppe e, disarcionato dal suo simblo divinatorio, lo sciamano cadde a terra in preda a convulsioni tremende. Anche lui stava salendo o scendendo lungo la magica scala dell'essere, ma il suo corpo soffriva. Gli spiriti dell'aldilà erano alleati del Nero: aveva vinto e sedotto il male, chissà con quali arti segrete, e ora tutti i demoni erano ai suoi piedi, adoranti. Si videro serpenti di luce ardere come filamenti astrali, bolle luminose esplodere come lapilli di vulcani, lingue di fuoco lambire le sue mani di cera.
Ritorno dall'Inferno
Mentre lo sciamano bianco agonizzava, schiacciato dal peso dei due universi, respirando a fatica nel budello dell'inframondo, il portentoso Nero aprì le braccia, scese dal letto aereo, sostenuto dai bastoni caniformi e dai custodi degli Inferi. Si volse al pubblico ad occhi chiusi e, premendo la mano destra sul ventre, senza un rumore o una parola aprì la deliziosa bocca che divenne immensa come un portale. E vomitò ciò che l'Inferno aveva restituito. Apparvero un bracciale, una doga con l'impugnatura preziosa, tre anelli, una cintura da soldato, una veste funeraria, le scarpe di una vergine morta nel sorriso della castità, un'urna cineraria, una mano di marmo, delle monete di bronzo e d'argento e una confessione postuma di omicidio, cucita da un morto di contagio nel risvolto della sua borsa. Una voce cantò: Gli artigli della luna son di rame, e il rostro della luna è di ghiaccio. Ho attraversato il secondo soffitto, sono salito sul secondo gradino. Guarda! Il soffitto è caduto in pezzi!
L'oca, nel suo angolo, starnazzò, allungò il collo e decretò con una voce gutturale che senza dubbio veniva dal ventre dello sciamano bianco: <<Guak-aho, Kua-Kaho>>. Poi aprì la cloaca, lasciando cadere escrementi un pò ovunque. Mentre ripetute scosse di terremoto facevano tremare come giunchi i pali delle più grosse costruzioni del villaggio, lo sciamano androgino si allontanò nella notte nera, seguito dai suoi neri bastoni caniformi.
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Vedi Napoli e poi...
Mi sono innamorata la prima volta di una città a quattordici anni, quando un piovoso giorno d'estate al mare decidemmo con la famiglia di fare tappa a Firenze. Entrai nel piazzale degli Uffizi e vedendo il profilo di Palazzo Vecchio capii che era lì che volevo vivere. Una decina di anni dopo ci sono riuscita, e ogni volta che rivedo quel profilo mi innamoro di nuovo. Ma oggi, dopo così tanto tempo insieme, l'ho tradita. Napoli è caotica, disordinata, ammucchiata, ma incasinata come se fosse la tua scrivania. Ogni cosa è nel posto giusto, pur non essendo al suo posto. Ed è l'unico modo in cui possono stare le cose. Napoli è stratificata, verticale, parte dal sottosuolo, parecchi metri sotto ci sono le rovine greche e romane, e sopra nessun palazzo è più basso di almeno sei piani. Non credo di aver mai dormito ad un piano così alto. Dalle finestre vedi il Vesuvio, gli aerei nel cielo, le montagne attorno di cui non so il nome ma sono tutte piene di palazzi, orrendi, meravigliosi. Napoli è densa, piena di gente, "Perché c'è tutta questa gente?" "Perché siamo a Napoli", ah già. Gente in piedi, cammina, sta seduta, sta in casa sua ma sta contemporaneamente anche in strada, viaggia, mangia, beve, parla, urla, fa foto, gira un film, sta in bici, porta un passeggino, discute, si bacia. Non ho mai visto così tanto movimento. Napoli è sgaruppata, ma autentica. Non è città vetrina, è città che si mostra esattamente per quello che è. Muri scrostati, le buche, i panni stesi, i vecchi al balcone che si parlano da una casa all'altra, ora stanno facendo i fuochi d'artificio che ci sta il carcere e devono festeggiare uno dei detenuti. Napoli non appare, è. Napoli è una mappa che non conosce direzioni predefinite. Inversioni a U, motorini sui marciapiedi, sensi vietati, contromano. Nulla di tutto ciò qui mi sconvolge, e invece penso a quanto mi incazzo per le infrazioni al nord, ma a Napoli mi sembra tutto così affascinante nell'essere così terribilmente sbagliato. Indulgo nell'apoteosi dello sbagliato. Napoli e il suo cibo non hanno bisogno di nessun ulteriore commento. Napoli insomma mi ha conquistata, ma è come una di quelle donne bellissime che non potrai mai avere. Tornerò a Firenze, e cercherò di nuovo in lei non quello che ho trovato a Napoli, ma quello che sapevo di Firenze e che ho iniziato a dare per scontato. Napoli, non verrò a vivere da te, non tradirò il mio amore più solido e duraturo, ma ti ammirerò fugacemente per altre volte ancora, tornerò da te perché non pensavo davvero mi avresti conquistata così.
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