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Il mistero di Edith Stein: sopravvisse davvero un anno in più?. Un enigma storico che intreccia fede, resistenza e nuovi documenti sulla tragica vicenda della filosofa e martire Edith Stein
Il mistero di Edith Stein: un anno in più nel buio della storia?
Il mistero di Edith Stein: un anno in più nel buio della storia? La vita di Edith Stein, filosofa, suora carmelitana e martire cristiana, è da sempre avvolta in un’aura di spiritualità e mistero. Tuttavia, nuove ipotesi e documenti storici sembrano aggiungere un intrigante tassello alla sua storia: la possibilità che Edith Stein sia sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz un anno in più…
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SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
(EDITH STEIN)
1891 - 1942
Martire
Patrona d'Europa
Patrona delle Giornate Mondiali della Gioventù
Festa, 9 agosto
Edith, affamata di verità ma non credente
A Breslavia, allora città tedesca, Edith Stein nacque il 12 ottobre 1891 (quell'anno ricorreva la festa ebraica del "Kippur", cioè della Riconciliazione-Espiazione) da Sigfrido e da Augusta Courant, ultima di undici figli di cui quattro morti in tenera età. La famiglia, d'origine e di osservanza ebraica, per la precoce morte del capo famiglia fu presto tutta a carico della signora Augusta, che, da vera donna forte, seppe condurla per la via dell'onestà e dell'agiatezza.
Edith, cosciente del proprio ingegno precoce, della memoria eccezionale e della brama di sapere che prestava nell'ascolto e la lettura, diede da piccola qualche segno d'orgoglio, di vanità, di ostinazione: ordinarie nubi, tempestivamente dissipate. Nel sano ambiente familiare trascorse l'infanzia e l'adolescenza abbastanza serenamente, con un progressivo affinamento del carattere. Alle scuole elementari e medie si classificò sempre fra le migliori alunne; perciò, con il consenso della mamma, decise di andare avanti negli studi.
Superato in modo brillante l'esame di licenza liceale, si iscrisse all'Università. Frequentò corsi di storia, di filologia e di psicologia sperimentale; ma, attratta dalla speculazione filosofica, dopo due anni di intensa applicazione a Breslavia, volle andare a Gottinga, dove fioriva l'indirizzo filosofico di Edmund Husserl. Intendeva trascorrervi solo un semestre, tuttavia l'ambiente particolarmente propizio agli studi prediletti, la presenza di professori illustri, quali Adolf Reinach, Max Scheler, Max Lehmann, Leonard Nelson, Eduard Schröder, Giorgio Ellia Müller, e soprattutto, la benevola accoglienza dello stesso Husserl, la indussero a proseguire i corsi a Gottinga.
Allo scoppio della guerra 1914 - 1918 la Stein si offrì volontaria e si prodigò quale infermiera della Croce Rossa in un ospedale militare della Moravia.
Nel 1916 Husserl lasciò Gottinga per passare alla cattedra di filosofia a Friburgo in Brisgovia: Edith Stein lo seguì e si laureò con lui "summa cum laude" facendo una tesi sull'Einfühlung (empatia), ed egli la scelse per sua assistente. La giovane professoressa si applicò nel raccogliere e riordinare gli scritti del "maestro", tenne corsi di propedeutica allo studio della fenomenologia, diede avvio all'opera "Contributi per una base filosofica della filosofia e delle scienze dello spirito". Tutta tesa nell'impegno scientifico, rinunciò anche alle vacanze estive in famiglia, nel 1917 e nel 1918. Studentessa e insieme docente universitaria, Edith era di condotta ineccepibile. Semplice, serena, pronta al sacrificio per compiacere professori e studenti, era assetata di verità, di oggettività. Era affettuosa verso i suoi cari, specie verso la madre, sebbene non ne condividesse la fede religiosa. Era infatti divenuta agnostica circa il problema religioso, che riteneva insolubile.
Conversione a Dio e impegno di testimonianza nel mondo
Dio si fa incontro per mille vie a chi cerca la verità con cuore puro e sincero. La Stein, superando poco alla volta la sua preconcetta negazione di Dio, aprì gli occhi alla luce che promanava da chi viveva con coraggio la fede, come Max Scheler, o da chi accettava con una rassegnazione umanamente inspiegabile la perdita del marito in guerra, come accadde alla sua amica Anna Remach. Alludendo a questo, la Stein avrebbe scritto più tardi: "Fu quello il momento in cui la mia incredulità crollò, impallidì l'ebraismo e Cristo si levò raggiante davanti al mio sguardo: Cristo nel mistero della sua Croce!".
L'ultima incertezza svanì nell'estate 1921 alla lettura, del tutto occasionale e protratta di seguito per un'intera notte, dell'autobiografia di Santa Teresa d'Avila. Al mattino, si procurò subito un catechismo e un messalino. Di lì a non molto venne ammessa al Santa Battesimo, che le fu amministrato nella chiesa di Bergzabern il Capodanno 1922, con l'imposizione anche del nome di Edvige. La gioia di quel giorno fu coronata dal primo incontro con Gesù Eucarestia. Circa un anno dopo, il 2 febbraio 1923, a Spira ricevette il sacramento della Cresima.
Ormai per Edith Stein la filosofia, da fine supremo era diventata un mezzo per meglio conoscere e amare la Verità vivente, Cristo Redentore e la sua Chiesa. La sua conversione fu radicale, convinta: nulla potè farla retrocedere, né le vaste conoscenze del mondo universitario, né lo smarrimento dei suoi parenti, in particolare della sua amata mamma, che difendeva la tradizione ebraica della famiglia. Per essere tutta di Dio Edith avrebbe anzi voluto lasciare il mondo e ritirarsi fra le mura di un chiostro carmelitano teresiano. La trattenne l'umile sottomissione al confessore, il canonico J. Schwind, che le consigliò di lasciare Friburgo per un luogo più tranquillo e meglio adatto al suo orientamento spirituale.
Si trasferì così a Spira, dove insegnò lingua e letteratura tedesca presso l'Istituto Magistrale delle Domenicane. Vi trascorse otto anni, appartata, tutta dedita alla preghiera, alla scuola, allo studio di San Tommaso d'Aquino. Divenne apostola di verità. Seppe infatti rompere le maglie di una filosofia chiusa, nelle quali si era impigliato lo stesso Husserl, per approdare "all'ontologismo trascendentale", alla verità di tutto che viene dal Tutto Dio.
In occasione del 60° compleanno di Husserl (1929), gli dedicò uno studio: "La fenomenologia di Husserl e la filosofia di San Tommaso d'Aquino". Tenne frequenti conferenze su argomenti di pedagogia, filosofia e religione a Heidelberg, Friburgo, Monaco, Colonia, Zurigo, Vienna, Praga, Salisburgo, ecc.
Dopo la morte del suo primo direttore spirituale, mons. Schwind (17 settembre 1927), di cui scrisse un ricordo per la rivista del clero edita a Innsbruck, conobbe l'abbazia di Beuron. Qui nel 1928 trascorse la Settimana Santa e la Solennità Pasquale, favorita da grazie spirituali ineffabili. Il padre abate Raffaele Walzer divenne il suo nuovo direttore di spirito: egli pure la esortò a proseguire la sua opera feconda di apostolato del sapere nel mondo. Edith, per dedicarsi maggiormente all'attuazione di poderosi progetti filosofici, senza sottrarsi a continui inviti per conferenze di alto interesse, il 27 marzo 1931 lasciò Spira. Portò a termine la traduzione tedesca delle "Questioni discusse sulla verità" di S. Tommaso, edita in due volumi (1931-1932). Dopo alcuni tentativi per una libera docenza alle Università di Friburgo e Breslavia, ebbe la nomina a insegnante presso l'Istituto Superiore tedesco di pedagogia scientifica a Mlinster (primavera del 1932). Abitava in un collegio diretto dalle Suore di Nostra Signora ed edificava tutti per santità di vita e semplicità e delicatezza di modi. Sulla cattedra emergeva per profondità e chiarezza di insegnamento, per vigorosa difesa del pensiero cattolico.
Contribuì al ritorno a Dio di non poche persone specialmente giovani. Non mancava di stare accanto alla mamma, a Breslavia, e a sostenere e incoraggiare la sorella Rosa nel cammino verso la Chiesa. Studiò un piano di riforma dell'insegnamento universitario da sottoporre al competente Ministero.
Si occupò molto spesso del problema della donna: ne difese la dignità e il ruolo specifico nella società e nella Chiesa. Nel settembre 1932 prese parte a Juvisy, vicino a Parigi, ad un convegno di studiosi di fama internazionale sul tema "Fenomenologia e Tomismo" e tra gli altri conobbe anche J. Maritain. In ottobre andò ad Aquisgrana per un incontro su "L'atteggiamento spirituale della giovane generazione".
Ma ormai in Germania, con l'ascesa al potere di Adolf Hitler, non c'era più posto per chi era di stirpe ebraica. E così anche Edith Stein dovette lasciare l'insegnamento: il 25 febbraio 1933 tenne infatti l'ultima sua lezione universitaria. Presagendo quello che avrebbe significato per il suo popolo e la Chiesa, per la Germania e il mondo intero l'affermazione del nazional-socialismo, Edith si mostrò pronta ad accogliere la Croce di Cristo quale "unica speranza di salvezza".
Il sogno s'avvera: Carmelitana!
Libera finalmente di rispondere a quella vocazione claustrale che l'aveva attratta fin dal momento della conversione nel lontano 1921, si rivolse al Carmelo. Trascorsi a Breslavia due mesi accanto alla mamma diletta, che era addoloratissima per il passaggio della figlia al cattolicesimo, la vigilia della festa di Santa Teresa d'Avila del 1933, con eroica fortezza "varcò la soglia" del monastero di Colonia. I suoi quarantadue anni d età, la sua eccezionale cultura e la fama internazionale non le impedirono di divenire la religiosa più semplice, più mite, più pronta agli inconsueti mestieri di cucina e guardaroba. Fu una carmelitana povera e lieta. Immersa in Dio, visse di preghiera e di immolazione. Con la vestizione religiosa (che avvenne la domenica 15 aprile 1934), chiese di essere chiamata Teresa Benedetta della Croce. Fu una grande festa dello Spirito, appuntamento per gran numero di persone illustri. Lo stesso Husserl le inviò gli auguri.
II noviziato lo trascorse "nascosta con Cristo in Dio", attenta ai più minuti doveri. Era fedele alle amicizie, trepidante per la mamma veneranda, a cui inviava settimanalmente uno scritto filiale. Emise la professione temporanea (voti semplici) la domenica 21 aprile, giorno di Pasqua, del 1935. Quel giorno apparve trasfigurata dall'intima gioia, pronta a seguire dovunque l'Agnello senza macchia, quale sua "sposa". Fu di guida e sostegno alle consorelle più giovani.
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Suor Teresa Benedetta della Croce
Il 14 settembre 1936 perdette la mamma, di ottantasette anni: l'integrità di vita e la perfetta buona fede di lei le mitigarono il grande dolore. Il 14 dicembre successivo cadde e si fratturò un piede e una mano: portata in ospedale, potè intrattenersi più a lungo con la sorella Rosa, giunta da Breslavia a completare la sua preparazione al Battesimo per la vigilia di Natale del 1936.
Già da tempo il Padre Provinciale, conscio dei servizi inestimabili che Suor Teresa Benedetta poteva rendere alla scienza e alla religione, le aveva ordinato di rivedere e portare a termine la sua opera fondamentale: "Essere finito ed essere eterno''. Altri studi, altri scritti su argomenti diversi le vennero chiesti quasi senza interruzione; e lei vi si applicò in perfetta sottomissione, con notevole fatica per il tempo tanto limitato e frazionato, poiché non voleva mancare in nulla alla piena osservanza regolare, da degna figlia di Santa Teresa di Gesù.
Martire!
Il 21 aprile 1938 sigillò per l'eternità la sua consacrazione a Dio con la professione solenne (voti perpetui) seguita, dieci giorni dopo, dalla sacra velazione. Ma quell'anno il clima di feroce persecuzione hitleriana contro gli ebrei e contro la Chiesa costituiva un grave pericolo per Suor Teresa Benedetta, tanto più che, in occasione delle elezioni ella non nascose la più aperta condanna al mostruoso regime. La stessa esistenza del Carmelo di Colonia poteva essere compromessa dalla sua presenza. Perciò l'ultimo giorno dell'anno 1938 dovette separarsi dalle amate consorelle e riparare nascostamente in Olanda, presso le Carmelitane di Echt.
A Echt riprese serena la sua vita di silenzio adorante e di immolazione, quasi nulla fosse mutato. Imparò la lingua olandese e proseguì, per obbedienza, la sua attività scientifico-letteraria. In vista del centenario della nascita di San Giovanni della Croce (1942), intraprese nel 1941 uno studio sull'idea ispiratrice della vita e dell'opera del mistico Dottore, a cui diede per titolo "Scientia Crucis", che risultò una preparazione al suo martirio.
Iniziate le ostilità della guerra mondiale nell'autunno 1939, l'esercito nazista invase Belgio e Olanda nel 1940. L'odio contro gli ebrei giunse a tal punto che le Carmelitane di Colonia ritennero prudente distruggere lettere e scritti confidenziali della Stein, e le consorelle di Echt si adoperarono per trovarle un asilo in un Carmelo svizzero. Il nobile tentativo aggravò la situazione di suor Teresa Benedetta perché, costretta a presentarsi alla polizia nazista per i necessari documenti di emigrazione, venne notata per la sua origine e la sua impavida professione di fede cristiana. Cosicché, quando il 26 luglio 1942 nelle chiese cattoliche d'Olanda venne letta una famosa lettera collettiva dell'Episcopato contro la barbara persecuzione antiebraica in terra olandese, le sorelle Stein furono subito incluse nel numero delle vittime della ritorsione nazista. Alle cinque pomeridiane del 2 agosto, vennero improvvisamente prelevate, caricate su un carro d'assalto e brutalmente sospinte, con numerosi altri infelici, verso il loro ultimo destino.
Il dramma finale della Via Crucis, a cui Edith andò in contro consapevole e tranquilla, rispondeva a una sua lucida previsione. Già la Domenica di Passione del 1939 aveva chiesto alla sua M. Priora il permesso di offrirsi "vittima espiatrice" al Cuore di Gesù per la pace nel mondo, e su un immaginetta aveva scritto l'atto di offerta della propria vita per la conversione degli ebrei.
Le due sorelle Stein, condotte prima a Maastricht e poi ad Amersfoort, nella notte tra il 3 e il 4 di agosto arrivarono al campo di concentramento di Westerbok (Olanda). A persone di fiducia che poterono avvicinarle, Edith dichiarò: "Sono pronta a tutto". E alla Priora di Echt fece sapere: "Finora ho potuto pregare benissimo, e ho detto di tutto cuore: Ave Crux, spes unica!". Nel lager si prodigò a consolare e assistere mamme e piccoli in preda alla disperazione.
Nella notte tra il 6 e il 7 di agosto 1942, lei, Rosa e altri religiosi e molti cattolici vennero fatti partire verso il campo di sterminio di Auschwitz (Slesia). Edith il 9 agosto successivo, assieme alla sorella Rosa, entrò nella camera a gas e andò incontro a Cristo glorioso.
A guerra finita, la fama di questa eroica figlia della Chiesa, esponente esimia del popolo ebraico, si diffuse rapidamente per il mondo. Molti la presero presto come modello e la ritennero una martire data da Dio per indicare al mondo, e soprattutto al popolo ebraico, la via della Verità, che in Cristo purifica, illumina e svela "l'Essere eterno". Presso la Curia Arcivescovile di Colonia, dall'anno 1962 al 1972, furono preparati i processi canonici ordinari per la raccolta degli scritti e si raccolsero le testimonianze sulla sua fama di santità eroica. Il 1° maggio 1987 il Papa Giovanni Paolo II la beatificò a Colonia; il giorno 11 ottobre 1998 si celebrò la sua canonizzazione in Piazza San Pietro a Roma. Nel 1999 è stata dichiarata co-patrona d'Europa insieme a Santa Caterina di Siena e a Santa Brigida di Svezia.
di P. Rodolfo Girardello ocd
da Pregare, Anno 6, nn. 6-7, settembre-ottobre 1998.
https://www.carmeloveneto.it/joomla/s-teresa-benedetta-della-croce
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Call - L’esperienza mistica nella cultura e nella scienza 
Invito al convegno internazionale: L’esperienza mistica nella cultura e nella scienza
Luogo e data del convegno: Wrocław, 7-9 dicembre 2022 Organizzatore: Uniwersytet Wrocławski Facoltà di Filologia Dipartimento di Filologia Romanza Wrocław è la città natale di Angelus Silesius (1624-1677) e la regione della Bassa Slesia è il luogo di studio di eminenti filosofi e mistici, tra cui Jakub Boehme (1675-1624) sembra essere il più importante. L’anno 2022 è stato dedicato dalla città di Wrocław a Edith Stein (1891-1942), una delle più eminenti studentesse dell’Università di Wrocław, che come fenomenologa ha cercato la profondità dell’esperienza dell’ “uomo interiore”, che ha espresso nella sua attività di scrittura. Per questo vorremmo invitarvi a partecipare a un convegno internazionale dedicato all’esperienza mistica ampiamente intesa nella cultura e nella scienza, nonché alla memoria di Edith Stein. Il misticismo, corrente filosofica e religiosa presente in molte culture e religioni, riconosce l’esistenza di un’esperienza mistica intesa come un atto e/o uno stato di comunicazione e unione diretta di un essere umano (o di qualsiasi essere cosciente individuale) con la realtà ultima, che viene spesso descritta come un assoluto impersonale o Essere Personale perfetto su cui si fonda l’essenza di ogni altro essere esistente. Questa trascendenza, in un contesto tutto religioso, funziona come il sacrum. William James (1842-1910), che incluse l’esperienza mistica tra le Esperienze Religiose (1902), ne indicò le seguenti caratteristiche distintive: indicibilità, noeticità (l’illuminazione che l’accompagna rivela e nasconde simultaneamente), transitorietà (durata relativamente breve) e passività (del soggetto che sperimenta). L’esperienza empirica, che è apparentemente un legame infallibile tra l’individuo e la realtà, non ha una giustificazione propria, esige una convalida da parte della ragione, la ratio. Anche l’esperienza mistica (quell’improvvisa e prepotente intrusione del sacro nell’individuo) cerca la sua conferma, comprensione ed espressione attraverso la parola, il logos, spesso un simbolo codificato, che poi diventa la base di un credo religioso, di un movimento filosofico o di una ricerca soteriologica individuale. Sebbene l’ “oggetto” stesso dell’esperienza del sacro, cioè Dio, la Dea, la Divinità, siano indefinibili e inesprimibili, i mistici cercano di esprimere la loro esperienza in termini radicati nella tradizione e nella cultura. In questo modo, l’esperienza mistica comincia a funzionare in un quadro interpersonale e sociale. L’estasi è un’esperienza particolare della teofania, poiché indica il fenomeno dell’andare oltre il sé sperimentato dall’estatico (devoto, yogi, asceta) ma anche dal dio o dalla dea, il superamento del proprio sé e l’apertura verso l’Altro. Mentre i motivi divini possono essere discussi ma mai pienamente riconosciuti, i percorsi umani dall’estetica (la percezione sensoriale, la sperimentazione della teofania attraverso la bellezza) all’estasi per il mistico diventano l’unico modo possibile di vivere. Così l’homo mysticus percorre la via mystica nella realtà transpersonale, il mistero della coesistenza dell’Assoluto e della Creazione, l’oscurità indicibile, nella paura mistica. Il misticismo è, dunque “un’esperienza cosciente straordinariamente intensa del sacro «all’interno dell’essere umano», come la maggiore o l’unica virtù. Il valore del sacrum sarà compreso diversamente nelle religioni mistiche, che non parlano necessariamente di un dialogo tra il mistico e l’Assoluto, e nelle religioni profetiche, che riconoscono la sostanziale separatezza del soggetto e dell’oggetto dell’esperienza mistica. Tuttavia ci sarà un elemento comune in entrambe le tradizioni: la cosciente partecipazione nel centro stesso del sacro”. Questa intrusione sacra, che si impadronisce dell’insieme emotivo e mentale umano, e spesso anche di quello corporeo, ha molti aspetti. Nello spazio della trascendenza, l’ ‘io’ individuale può scomparire temporaneamente, portando alla nascita di un ‘nuovo io’. Per raggiungere l’esperienza mistica, si intraprendono diversi sforzi di carattere ascetico, quali: deprivazione sensoriale, meditazione, silenzio, tecniche di respirazione. Sono pervenute numerose testimonianze in cui si narra l’aver sperimentato la presenza del Divino, di trovarsi al cospetto del dio o della dea (per citarne una, l’esperienza descritta nel libro dell’Esodo, quella di Mosè sul Monte Sinai). Allo stesso modo, spesso si crede che il Dio o la Divinità facciano uno sforzo per entrare in contatto con l’Amata o l’Amato, così il motivo dell'unione mistica o del matrimonio spirituale, che unisce il mistico con l'erotico, ritorna in diverse forme e in diverse tradizioni (il concetto di bhakti divina nell’induismo, le interpretazioni ebraiche e cristiane del Cantico dei Cantici, la poesia sufi). Possono essere menzionate anche le possessioni divine del corpo dell'estatico, gli stati di ubriachezza divina e altre pratiche di trasgressione o follia divina (per esempio negli adepti tibetani di Vajrayāna o negli ‘yurodivi’ in Russia). In quel momento può anche essere rivelata la conoscenza segreta, altrimenti nascosta al mondo (per esempio la tradizione di Visnù tra i Pāñcarātra, gli insegnamenti pitagorici e orfici). La presenza divina è stata sperimentata durante gli antichi misteri greci o egizi, nelle confraternite religiose e filosofiche, e più tardi nei circoli di alcune società segrete. Prima della tradizione cristiana il misticismo era associato a una forma particolare di esperienza spirituale e, su basi filosofiche e teologiche, alla cognizione apofatica (gli scritti dello Pseudo-Dionigi, di Eriugena, e dei mistici renani); con lo sviluppo del cristianesimo si è legato al carattere mistico della dottrina cristiana, riservato a un gruppo di iniziati (l’aggettivo greco μυστικός, ‘mistico’, condivide la stessa radice della parola ‘mistero’, μυστήριον). È necessario fare una distinzione tra il misticismo e l’esoterismo (e le diverse forme di magia che talvolta sono ad esso correlate): il misticismo è un’espressione della ricerca dell’unione diretta con la divinità attraverso il superamento della sfera dell’immaginazione, la quale è, invece, il fattore chiave e imprescindibile di varie tendenze esoteriche. Le due sfere, tuttavia, spesso si mescolano, ad es. nella cabala ebraica, nell’ermetismo e nell’alchimia mistica, nei neoplatonici rinascimentali che professano la prisca theologia, in Jacob Böhme, Louis-Claude de Saint-Martin, Emanuel Swedenborg e nei romantici che si ispirarono a loro. L’arte rientra in questo contesto sia come forma di invocazione alla Divinità che come espressione dell’amore e della presenza divina: la danza estatica (tra cui le danze sufi, il Teyyam di Kerala), la musica e il canto (tra cui i baul, gli āḻvār e i poeti mistici śivaiti nāyaṉmār). La letteratura fornisce innumerevoli esempi della trasposizione di temi mistici nel linguaggio della poesia e della prosa: dal ciclo arturiano e la leggenda del Santo Graal, a L’Aleph di Jorge Luis Borges e La notte di fuoco di Eric-Emanuel Schmitt, passando per le opere di Novalis, William Blake, Victor Hugo o dei simbolisti. L’esperienza mistica è anche oggetto d’interesse di numerose correnti della nuova spiritualità che si sono sviluppate dinamicamente negli ultimi decenni (come nel campo della vasta e varia cultura New Age) e che combinano zelantemente le tradizioni dell’Estremo Oriente con la sensibilità occidentale. Tale esperienza è un motivo spesso ricorrente nell’ambito del post-secolarismo, cioè la corrente di pensiero che sfida la convinzione della graduale e progressiva secolarizzazione del mondo. Si possono citare le opere di Charles Taylor, John Caputo, Jacques Derrida, Emmanuel Carrère o Julia Kristeva, e nella cinematografia i film di Bruno Dumont. L’esperienza mistica diventa qui un elemento di reinterpretazione, trasformazione e una nuova maniera di vivere l’esperienza religiosa in un mondo post ‘morte di Dio’, in cui né le strutture dogmatiche della chiesa né l’ateismo, che racchiude l’uomo nella pura immanenza della natura, possono più apparire come risposte soddisfacenti alle domande fondamentali della condizione umana. Benché il fenomeno dell’esperienza mistica sia stato di grande importanza nel contesto della cultura e della vita personale per secoli, solo in epoca più recente è divenuto oggetto di una seria ricerca empirica, principalmente nel campo delle neuroscienze. Gli studi rivolti fino a oggi all’attività psicobiologica dei mistici contemporanei (monache carmelitane, yogi e monaci buddisti che praticano la meditazione), gettano nuova luce sui meccanismi che inducono alle esperienze mistiche e hanno portato a interessanti conclusioni di carattere comparativo. Proponiamo alcuni argomenti come spunto per il nostro incontro scientifico: - L'esperienza mistica e la tradizione biblica - L'esperienza mistica nelle diverse religioni del mondo - L'esperienza mistica in una prospettiva comparativa - L'esperienza mistica e la sua espressione - L'esperienza mistica nella letteratura, nel teatro, nell'arte e nel cinema - L'esperienza mistica in contesti post-secolari - L'esperienza mistica alla luce della storia - L'esperienza mistica nell'esoterismo occidentale - L’Esperienza mistica e la filosofia - L’Esperienza mistica e le neuroscienze - L’Esperienza mistica e la psicoanalisi - L'esperienza mistica non religiosa, "selvaggia” - L'esperienza mistica nell'opera di Edith Stein INFORMAZIONI IMPORTANTI Luogo dell’incontro: Uniwersytet Wrocławski Dipartimento di Filologia Romanza, pl. Bp. Nankiera 4, 50-140 Wrocław Comitato organizzativo: Nina Budziszewska (Uniwersytet Wrocławski) Marlena Krupa-Adamczyk (Uniwersytet Wrocławski) Gianluca Olcese (Uniwersytet Wrocławski) Tomasz Szymański (Uniwersytet Wrocławski) Comitato scientifico: Piotr Augustyniak (Uniwersytet Ekonomiczny, Kraków) Sonia Maura Barillari (Università di Genova) Agata Bielik Robson (Instytut Filozofii i Socjologii PAN, University of Nottingham) Nina Budziszewska (Uniwersytet Wrocławski) Antonio Guerci (Università di Genova) Marzenna Jakubczak (Uniwersytet Pedagogiczny) Mirosław Kiwka (Papieski Wydział Teologiczny we Wrocławiu) Marlena Krupa-Adamczyk (Uniwersytet Wrocławski) Piotr Lorek (Ewangelikalna Wyższa Szkoła Teologiczna, Wrocław) Maciej Manikowski (Uniwersytet Wrocławski) Gianluca Olcese (Uniwersytet Wrocławski) Monika Rzeczycka (Uniwersytet Gdański) Luiza Rzymowska (Uniwersytet Wrocławski) Alicja Sakaguchi (Uniwersytet im. Adama Mickiewicza, Poznań) Francisco Javier Sancho Fermín, OCD (Centro Internacional Teresiano-Sanjuanista, Ávila) Anna Siri (Università di Genova) Tomasz Szymański (Uniwersytet Wrocławski) Izabela Trzcińska (Akademia Górniczo-Hutnicza, Kraków) Zofia Zarębianka (Uniwersytet Jagielloński, Kraków) Scadenza per le presentazioni: 26 giugno 2022 Conferma della ricezione delle domande: 10 luglio 2022 Durata delle relazioni: 20 min. (+10 min. di discussione) Lingue della conferenza: polacco, inglese, spagnolo, francese e italiano Tassa d’iscrizione: 100 Euro / 450 PLN Include: materiale per la conferenza, accesso alle sessioni della conferenza, certificato di partecipazione, caffè e rinfreschi durante le pause, visita al Museo Edith Stein, visita guidata di Wroclaw sulle orme di Edith Stein, cena di chiusura, pubblicazione scientifica in volume. Invio delle proposte: Via e-mail a uno dei seguenti indirizzi (in base alla lingua): [email protected] (in polacco o spagnolo) [email protected] (in polacco o inglese) [email protected] (in polacco o francese) [email protected] (in italiano o inglese) L’email deve contenere un allegato in formato Word con le seguenti informazioni: 1. nome, cognome 2. titolo di studio o titolo accademico 3. affiliazione 4. e-mail 5. indirizzo 6. numero di telefono 7. titolo della presentazione 8. disciplina/e 9. abstract (circa 200 parole)
Zaproszenie na międzynarodową konferencję: Doświadczenie mistyczne w kulturze i nauce / Mystical Experience in Culture and Science
Miejsce i termin konferencji: Wrocław, 7-9 grudnia 2022 r. Organizator: Uniwersytet Wrocławski Wydział Filologiczny Instytut Filologii Romańskiej Wrocław jest rodzinnym miastem Anioła Ślązaka (1624-1677), a region Dolnego Śląska miejscem twórczości wybitnych filozofów i mistyków, wśród których najistotniejszym wydaje się Jakub Boehme (1675-1624). Rok 2022 Rada Miejska Wrocławia ustanowiła Rokiem Edyty Stein (1891-1942), jednej z najwybitniejszych studentek Uniwersytetu Wrocławskiego, która jako fenomenolog dążyła do głębi doświadczenia „wewnętrznego człowieka”, czemu dała wyraz w swojej aktywności pisarskiej. Z tego też powodu pragniemy zaprosić Państwa do udziału w międzynarodowej konferencji poświęconej szeroko pojętemu doświadczeniu mistycznemu w kulturze i nauce, a także upamiętnieniu Edyty Stein. Mistycyzm, czyli prąd filozoficzno-religijny występujący na gruncie różnych kultur i religii, uznaje istnienie mistycznego doświadczenia rozumianego jako akt lub/i stan bezpośredniej komunikacji i unii istoty ludzkiej (lub każdego jednostkowego świadomego bytu) z ostateczną rzeczywistością. Najczęściej ową rzeczywistość określa się jako bezosobowy absolut lub osobowy byt doskonały, na którym ufundowana jest istota jakkolwiek istniejącego innego bytu. Owa transcendencja w kontekście ogólnoreligijnym pełni funkcje sacrum. William James (1842-1910), który doświadczenie mistyczne zaliczał do doświadczeń religijnych, jako wyróżniające je cechy wskazał: niewysławialność, noetyczność (towarzyszące mu objawienie/oświecenie jednocześnie odsłania i zakrywa), przejściowość (względna krótkotrwałość) oraz bierność (doznającego go podmiotu). Doświadczenie empiryczne, wydawałoby się, niezawodne ogniwo między jednostką a rzeczywistością, nie posiada własnego uzasadnienia, domaga się uprawomocnienia przez rozum, ratio. Również doświadczenie mistyczne (owo nagłe i obezwładniające wtargnięcie sacrum w indywiduum) szuka swego potwierdzenia, zrozumienia i wyrażenia poprzez słowo, logos, często zakodowany symbol, który następnie staje się podstawą credo, ruchu filozoficznego czy indywidualnych poszukiwań soteriologicznych. Pomimo iż sam „przedmiot” doświadczenia transcendencji, a więc Bóg/Bogini/Boskość, jest niedefiniowalny i niewyrażalny, mistycy zwykle usiłują to doświadczenie wyrazić w pojęciach zakorzenionych w ich tradycji i kulturze. W ten sposób przeżycie mistyczne zaczyna funkcjonować w interpersonalnych i społecznych ramach. Ekstaza jest szczególnym doświadczeniem teofanii, wskazuje bowiem na działanie polegające na wyjście poza siebie ekstatyka (wyznawcy, jogina, ascety), lecz także i Boga/Bogini — przekroczenie siebie w stronę Innego. O ile boskie motywy mogą być dyskutowane, lecz nigdy w pełni rozpoznane, to ludzkie ścieżki od estetyki (zmysłowego oglądu, doświadczania teofanii poprzez piękno) do ekstazy stają się dla mistyka jedynym możliwym sposobem życia. W ten sposób homo mysticus kroczy via mystica w transpersonalną rzeczywistość, tajemnicę współistnienia Absolutu i Stworzenia, niewysłowioną ciemnię, w mistycznym lęku. Mistyką zwiemy zatem: „niezwykle intensywnie uświadomione przeżycie sacrum «we wnętrzu» człowieka, jako najwyższej lub jedynej wartości. Wartość sacrum inaczej będzie rozumiana w religiach mistycznych, w których niekoniecznie jest mowa o dialogu między mistykiem a Absolutem, inaczej zaś w religiach profetycznych uznających odrębność substancjalną podmiotu i przedmiotu doświadczenia mistycznego. Niemniej w obu tradycjach istnieć będzie wspólny element - owo świadome uczestnictwo w samym centrum świętości”. Owo święte wtargnięcie zagarniające ludzką całość emocjonalno-mentalną, a nierzadko i cielesną, posiada wiele aspektów. W przestrzeni transcendencji może czasowo zaniknąć jednostkowe „ja”, prowadząc do przebóstwienia i narodzin „nowego ja”. Ku przeżyciu doświadczenia mistycznego wiodą różne wysiłki ascetyczne: deprywacja sensoryczna, medytacja, milczenie, techniki oddechowe. Liczne są świadectwa doświadczania obecności Boskości — stawania twarzą w twarz z Bogiem/Boginią (np. opis doświadczenia Mojżesza na górze Synaj w Księdze Wyjścia). Czy zatem sam Bóg/Bóstwo nie dąży, by wejść w kontakt ze swoim Umiłowanym lub swą Oblubienicą? Wątek mistycznego zespolenia lub mistycznych zaślubin, łączący mistykę z erotyką, powraca w licznych postaciach w różnych tradycjach (koncepcja boskiej bhakti w hinduizmie, żydowskie i chrześcijańskie interpretacje Pieśni nad Pieśniami, poezja suficka). Zdarzają się boskie wejścia w ciało ekstatyka, a także boskie upojenia i inne praktyki transgresji oraz boskiego szaleństwa (na przykład u śiwaickich i śaktyjskich tantryków lewej ręki, tybetańskich adeptów wadżrajany czy jurodiwych w Rosji). Wtenczas wyjawieniu może ulec także i wiedza tajemna, ukryta przed światem (np. wisznuicka tradycja pańćaratry, nauki pitagorejskie oraz orfickie). Boska obecność przeżywana była podczas misteriów starogreckich czy egipskich, w bractwach religijnych i filozoficznych, a w późniejszych czasach w kręgach niektórych tajnych stowarzyszeń(martyniści, towiańczycy itp.). W tradycji chrześcijańskiej mistyka, nim zaczęła być kojarzona z pewną szczególną formą doświadczenia duchowego, na gruncie filozoficzno-teologicznym zaś z poznaniem typu apofatycznego (pisma Pseudo-Dionizego, Eriugeny, później mistyków nadreńskich), związana była z misteryjnym charakterem nauk chrześcijańskich, zastrzeżonych dla grupy wtajemniczonych (przymiotnik grecki μυστικός, ‘mistyczny’, dzieli ten sam rdzeń z wyrazem oznaczającym „tajemnicę”, μυστήριον). Choć mistykę należy odróżnić od ezoteryzmu (oraz Read the full article
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Lampada
di MichaelDavide Semeraro
La santità di Edith Stein non è una santità lineare, ma un cammino fatto di intrecci e di difficili composizioni. Questa donna, filosofa, si lascia sedurre dal Vangelo della croce all’età di trent’anni, fino a farsi condurre al silenzio del Carmelo che diventa il passaggio per abbracciare un altro silenzio: quello di una morte brutale e disumana vissuta in solidarietà con milioni di uomini e donne umiliati. La scelta del suo nome da religiosa mette insieme la benedizione e la croce e ciò interroga la nostra fede e i nostri cammini. Così scrive nel 1941 meditando sul mistero del Natale come primo atto della Pasqua di Cristo Signore: «Le anime verginali non hanno alcun disgusto dei peccatori: la forza della loro purezza non teme nessuna contaminazione. L’amore di Cristo le spinge, infatti, a scendere nella notte più nera. Nessuna gioia materna sulla terra è comparabile alla felicità dell’anima che può far sgorgare nella notte del peccato la luce della grazia. La croce è il cammino che vi conduce».
La croce, che Teresa Benedetta pone come sigillo della sua conversione alla via del Vangelo come compimento della sua personale fedeltà all’alleanza stretta dal Dio d’Israele con Abramo, Isacco e Giacobbe, diventa così un principio ordinatore dell’intelligenza, delle scelte e del discernimento della storia globale. Le parole che troviamo nel Vangelo di questa festa possono ben illuminare il dramma di doppia fedeltà vissuto da Edith Stein:
«No, perché non venga a mancare a noi e a voi» (Mt 25,9).
Siamo di fronte a una reazione “poco evangelica”, che un po’ stupisce. Nel linguaggio parabolico, questa risposta netta e chiara ci ricorda che nei tempi difficili dell’urgenza di porre rimedio alla barbarie della nostra umanità, sempre in pericolo di regressione animale, bisogna mettere al primo posto la custodia premurosa della lampada della vigilanza.
La saggezza delle vergini non sta nel fatto che non si addormentino e non cedano alla stanchezza, ma nella loro lungimiranza che le spinge a prendere «insieme alle loro lampade» anche «olio in piccoli vasi» (Mt 25,4). I tempi dell’attesa e della realizzazione delle promesse di vita può essere più lungo del previsto. Come ricorda il profeta Osea, il «deserto» (Os 2,16), se è il luogo dell’amore, è anche il luogo della pazienza per sperimentare la «fedeltà» (2,22) di un Dio che mai si sostituisce alla nostra responsabilità di custodire e orientare la storia. Celebrare la festa di Teresa Benedetta della Croce nel contesto così difficile dei giorni che viviamo, in cui si risvegliano dinamiche di esclusione incentivate dalla paura, ci obbliga a riprendere la strada della benedizione tenendo accesa la lampada della benevolenza. Benedire significa riconoscere in ogni persona un’opportunità di umanizzazione, tanto che la paura dell’altro può veramente trasformarsi in benedizione per l’altro. L’invito resta valido:
«Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25,13).
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Lectio Divina: Epifania del Signore
Lectio
Lunedì, 6 Gennaio, 2020
Visita dei Re dell’Oriente
Matteo 2,1-12
1. In silenzio davanti a Dio
L’ascolto orante della Parola esige attenzione, esige che il tuo ascolto sia orientato a Dio solo con tutta la disponibilità di cui il tuo cuore è capace.
La qualità della preghiera dipende molto dall’attenzione che vi poniamo. É stato detto che l’attenzione è «l’essenza della preghiera». Se la tua ricerca di Dio è sincera, onesta, corretta, non potrai non incontrare Dio. Oggi, in questa domenica in cui Dio viene manifestato come luce degli uomini, vogliamo chiedere al Signore «la passione di ascoltarlo» con le parole della beata Elisabetta della Trinità: «O Verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarvi, voglio farmi tutta docilità per imparare tutto da voi. Poi, attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze, voglio fissare sempre voi e restare sotto la vostra grande luce» (Elevazione alla Santissima Trinità, 21 novembre 1904)
2. La Parola s’illumina
a) Il contesto del brano:
Se nel primo capitolo del vangelo di Matteo l’intento dell’evangelista è di mostrare l’identità di Gesù (chi è Gesù) nel secondo il mistero della figura di Gesù viene collegato con alcuni luoghi che segnano gli inizi della sua vita terrestre.
Il brano liturgico di questa domenica forma l’inizio del capitolo 2 di Matteo (2,1-29) al quale seguono altri tre quadri narrativi: la fuga in Egitto (2,13-15); la strage degli innocenti (2,16-18) e il ritorno dall’Egitto (2,19-23).
Per una migliore comprensione del messaggio in 2,1-13 risulta più proficuo suddividere il racconto dei Magi in due parti seguendo il criterio del cambiamento dei luoghi: Gerusalemme (2,1-6) e Betlemme (2,7-12). Da notare che nel cuore della storia dei Magi troviamo una citazione biblica che focalizza l’importanza di Betlemme in questo periodo dell’infanzia di Gesù:
«E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città di Giuda: da te, infatti, uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele.» (Mt 2,6)
Le due città costituiscono lo sfondo di questa vicenda dei Magi e accomunate da due fili tematici: la stella (vv. 2.7.9.10) e l’adorazione del bambino (vv.2.11).
b) Il testo:
Matteo 2,1-121Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: 2«Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo». 3All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6E Tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda.
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele».
7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
9Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
3. In silenzio davanti a Dio
Mettiti con semplicità davanti a Dio, immerso in un profondo silenzio interiore; lascia da parte ogni curiosità di pensiero e immaginazione; apri il tuo cuore alla forza della Parola di Dio.
4. Per una lettura attenta
a) Il simbolismo della stella:
I Magi, astrologi orientali, dediti alla scienza astrologica e alla predizione del destino, spesso interrogavano gli astri. Ora giunti a Gerusalemme dicono che hanno «visto la sua stella nel sorgere». Il termine «sorgere», in greco anatolê, significa, senza articolo, l’Oriente (il punto cardinale dove sorge il sole); ma nel testo greco c’è l’articolo e questo significa il sorgere di un vero e proprio astro. Una conferma ci viene da un testo biblico: «sorgerà un astro da Giacobbe e si leverà un uomo da Israele» (Num 24,17). La stella diventa figura del nuovo re appena nato e li guida al luogo in cui egli è nato e si trova. Interessante è notare che questa stella, non è visibile a Gerusalemme ma torna ad apparire ai Magi mentre essi si allontanano dalla città. La stella è, davvero, l’elemento più significativo del racconto.
Innanzitutto i Magi nel loro lungo cammino non hanno seguito la stella ma piuttosto l’hanno vista sorgere e subito l’hanno collegata con la nascita del messia. Inoltre il viaggio non era verso l’ignoto ma aveva come meta, Gerusalemme, città verso cui convergono in pellegrinaggio tutti i popoli secondo il profeta Isaia.
La città a questa notizia dei magi venuti per adorare il Messia è scossa e si agita. Gli abitanti di Gerusalemme non sembrano entusiasti e non si preoccupano minimamente di rendere omaggio al «nato re dei Giudei». Addirittura Erode progetta di ucciderlo.
Eppure in Is 60,1-6 la città di Gerusalemme è chiamata ad «alzarsi ed accogliere la gloria del Signore» ora in Mt 2,2 si assiste ad una reazione di rifiuto da parte del re e di Gerusalemme nei confronti del Messia nato a Betlemme. Tale atteggiamento prefigura l’inizio delle ostilità che porteranno Gesù ad essere condannato proprio a Gerusalemme. Nonostante tale reazione che impedisce ai Magi di accedere alla salvezza proprio nella città eletta per essere strumento di comunione di tutti i popoli con Dio, gli eventi della nascita di Gesù si spostano a Betlemme. Dio che guida gli eventi della storia fa ripartire da Gerusalemme i Magi che si rimettono in cammino e trovano il Messia, nella città che fu la patria di Davide, Betlemme. In questa città Davide aveva ricevuto l’investitura regale con l’unzione da parte di Samuele, ora, invece, il nuovo re riceve un’investitura divina: non con olio ma in Spirito Santo (1,18.20). In questa città ora salgono i popoli, rappresentati dai magi, per contemplare l’Emmanuel, il Dio con noi, e per fare esperienza di pace e di fede..
b) Il simbolismo del cammino dei Magi:
i) Un cammino irto di difficoltà, ma alla fine giunge al successo
Il movente del loro itinerario è l’apparire di una stella, collegata alla nascita di un nuovo re: «abbiamo visto sorgere la sua stella». La stella è qui solo un segno, un indizio che comunica ai Magi l’iniziativa di mettersi in cammino. All’inizio saranno stati spinti da curiosità ma che, in seguito, si è trasformata in desiderio di ricerca e di scoperta. Sta di fatto che quell’indizio della stella ha smosso dei personaggi e li ha spinti a cercare per trovare una risposta: forse a un desiderio profondo? Chi lo sa! Il testo ci mostra che i Magi hanno nel cuore una domanda e che non temono di ripeterla, rendendosi inopportuni: «Dov’è il re dei Giudei?».
La domanda la pongono al re Erode e, indirettamente, alla città di Gerusalemme. La risposta viene data dagli esperti, sommi sacerdoti, scribi: è necessario cercare il nuovo re a Betlemme di Giudea, perché così ha profetizzato Isaia: «E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo Israele» (Mt 2,6). Il testo profetico viene incontro alle difficoltà dei Magi: la Parola di Dio diventa luce al loro cammino.
In forza di quella informazione, attinta alla profezia isaiana, e confortati dal riapparire della stella i Magi riprendono il loro cammino avendo come meta, Betlemme. La stella che li guida si ferma sulla casa in cui si trova Gesù. É strano che coloro che abitano a Betlemme o nei dintorni della casa in cui si trova Gesù non vedono quel segno. Inoltre quelli che possiedono la scienza delle Scritture conoscono la notizia della nascita del nuovo re d’Israele, ma non si muovono per andarlo a cercare. Anzi, la richiesta dei Magi aveva, piuttosto, provocato nei
loro cuori paura e turbamento. In definitiva, coloro che sono vicino all’evento della nascita di Gesù non si accorgono dell’accaduto, mentre i lontani, dopo aver percorso un cammino accidentato, alla fine trovano ciò che cercavano. Ma, in realtà, cosa vedono gli occhi dei Magi: un bambino con sua madre all’interno di una povera casa. L’astro che li accompagnava era, in definitiva, quel semplice e povero bambino, nel quale riconoscono il re dei Giudei.
Si prostrano davanti a Lui e gli offrono dei doni simbolici: l’oro (perché si tratta di un re); l’incenso (perché dietro l’umanità di quel bambino è presente la divinità); mirra (quell’astro è un uomo autentico, destinato a morire).
ii) Il cammino dei Magi: un cammino di fede:
Non é errato pensare che quello dei Magi sia stato un autentico cammino di fede, anzi è stato l’itinerario di coloro che, pur non appartenendo al popolo eletto, hanno trovato Cristo. All’inizio di un cammino c’è sempre un segno che chiede di essere visto lì dove ogni uomo vive e s’impegna. I Magi hanno scrutato il cielo, per la Bibbia sede della divinità, e da lì hanno avuto un segno: una stella. Ma per iniziare un percorso di fede non basta scrutare i segni della presenza del divino. Un segno ha la funzione di suscitare il desiderio che richiede per realizzarsi un arco di tempo, un cammino di ricerca, un’attesa. É significativa l’espressione con cui Edith Stein descrive il suo cammino di fede: «Dio è la verità. Chi cerca la verità, cerca Dio, consapevolmente o no».
Un vero desiderio provoca domande. I Magi, intanto, trovano Gesù perché hanno nel cuore degli interrogativi forti. Tale esperienza d’incontro con Gesù è, davvero, una provocazione per la pastorale: si impone la necessità di non privilegiare una catechesi fatta di certezze o preoccupate di offrire delle risposte prefabbricate quanto di destare nell’uomo di oggi domande significative sulle questioni cruciali dell’umanità. É quanto suggerisce un vescovo del centro Italia in una lettera pastorale: «Presentare Cristo e il Vangelo in connessione coi problemi fondamentali dell’esistenza umana (vita- morte, peccato-male, giustizia-povertà, speranza-delusione, carità-odio, rapporti interpersonali familiari, sociali, internazionali...), onde evitare la sfasatura tra le domande dell’umanità e le nostre risposte» (Lucio Maria Renna).
La risposta, come ci insegna l’esperienza dei Magi, và trovata nella Bibbia. E non si tratta solo di una conoscenza intellettuale o di un sapere circa il contenuto delle Scritture, come nel caso degli scribi, ma un accostarsi ad essa guidato dal desiderio, dalla domanda. Per i Magi quell’indicazione attinta alle S.Scritture fu illuminante per compiere l’ultima tappa del loro cammino: Betlemme. Inoltre la parola di Dio permise loro di vedere nei segni umili di una casa, del bambino con Maria, sua madre, il re dei Giudei, l’atteso d’Israele.
I Magi lo adorano e scoprono in Gesù colui che avevano lungamente cercato. Il lettore. da un lato, è sorpreso dalla sproporzione esistente tra i gesti e i doni dei Magi e la realtà umile che si presenta ai loro occhi; ma, dall’altro, è sicuro che quel bambino che i Magi, adorano è proprio il Figlio di Dio, l’atteso Salvatore del mondo. E così l’itinerario diventa l’itinerario di ogni lettore che legge questa storia significativa dei Magi: chi cerca, anche se è lontano da Dio, può trovarlo. Coloro, invece, che presumono di sapere tutto Dio e credono di avere assicurata la salvezza, rischiano di privarsi dell’incontro con Lui. In una catechesi tenuta a Colonia in occasione della XX Giornata mondiale della Gioventù così si esprime l’arcivescovo Bruno Forte: «i Magi rappresentano tutti i cercatori della verità, pronti a vivere l’esistenza come esodo, in cammino verso l’incontro con la luce che viene dall’alto».
Inoltre l’esperienza dei Magi ci insegna che in ogni cultura, in ogni uomo ci sono attese profonde che chiedono di essere colmate. Da qui la responsabilità di leggere i segni di Dio presenti nella storia degli uomini.
5. Per meditare
- Dopo la lettura di questo brano del vangelo sono disponibile a rivivere il cammino dei magi?
- Quale difficoltà incontri nella conoscenza profonda di Cristo Gesù? Come puoi superarle?
- Nel tua ricerca della verità sai affidarti, metterti in cammino e in ascolto di Dio?
- Alla luce della Parola, che cosa puoi cambiare nella tua vita?
6. Salmo 71
É un salmo regale, composto per festeggiare il re nel giorno in cui sale al trono. La primitiva comunità cristiana non ha avuto alcun dubbio a vedere in queste immagini il ritratto del Messia.
Dio, dà al re il tuo giudizio,
al figlio del re la tua giustizia;
regga con giustizia il tuo popolo
e i tuoi poveri con rettitudine.
Le montagne portino pace al popolo
e le colline giustizia.
Ai miseri del suo popolo renderà giustizia,
salverà i figli dei poveri
e abbatterà l’oppressore.
Il suo regno durerà quanto il sole,
quanto la luna, per tutti i secoli.
Scenderà come pioggia sull’erba,
come acqua che irrora la terra.
Nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e annonderà la pace,
finché non si spenga la luna.
E dominerà da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
A lui si piegheranno gli abitanti del deserto,
lambiranno la polvere i suoi nemici.
I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte,
i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.
A lui tutti i re si prostreranno,
lo serviranno tutte le nazioni.
Dossologia
Anche noi ti rendiamo la gloria,
Padre santo il cui nome è sublime;
con il Figlio e lo Spirito santo
sempre gloria nei secoli eterni.
7. Preghiera finale
Sì, Amen!
Te lo diciamo, o Padre,
con tutto il cuore
sintonizzati al cuore del tuo Figlio
e della Vergine Maria.
Te lo diciamo con tutta la Chiesa
e per tutto il genere umano.
Fà che, radunati nell’amore,
dopo il «sì» nell’ora della croce
possiamo con voce unanime,
in possente coro,
in silente splendore,
cantarlo eternamente
nel santuario del cielo.
Amen! Alleluia!
(Anna Maria Canopi)
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09 AGOSTO SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE (Edith Stein) Breslavia, 12 ottobre 1891 – Auschwitz, 9 agosto 1942 Edith Stein (in religione Teresa Benedetta della Croce) è stata una monaca, filosofa e mistica tedesca dell'Ordine delle Carmelitane Scalze. Di origine ebraica, si convertì al cattolicesimo dopo un periodo di ateismo che durava dall'adolescenza. Venne arrestata nei Paesi Bassi dai nazisti e rinchiusa nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau dove, insieme alla sorella Rosa (anch'ella monaca carmelitana scalza) trovò la morte. Nel 1998 papa Giovanni Paolo II la proclamò santa e l'anno successivo la dichiarò patrona d'Europa. PREGHIERE A SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE O Santa Teresa Benedetta della Croce, figlia del Popolo Eletto e figlia prediletta della Chiesa, che prendesti su di te le sofferenze e la persecuzione del tuo popolo, fino a morire con loro e per loro, ottienici di scoprire la Verità che si nasconde nella scienza della Croce che tu riuscisti a gustare nella spiritualità del Carmelo.  O Santa Teresa Benedetta della Croce, che facesti della tua sete di verità una preghiera continua intuendo che chi cerca la verità cerca Dio, ottienici di cercare sempre la Verità. Tu che incontrasti la Verità nella Croce di Cristo fa' che siamo illuminati anche noi dalla luce che si sprigiona dal mistero della Croce. Facci il dono di saper abbracciare la Croc come l'hai abbracciata tu. Tu che scopristi la Verità che cercavi leggendo la semplice vita di Santa Teresina, ottienici di scoprire nella semplicità quotidiana la grandezza della presenza di Dio. Tu che ti donasti pienamente all’Amore che hai incontrato, fa’ che tanti giovani possano donarsi al Signore che chiama senza la paura di perdere, ma con la gioia di dare. Tu che nel campo della morte ti prodigasti con dolcezza e premura verso il tuo popolo infondendo conforto e coraggio, ottienici in tutte le occasioni di vivere la carità verso il prossimo. Tu che nell’ora della morte, prima di entrare nella camera a gas, facesti tua la preghiera di Gesù: "Se non può passare questo calice, sia fatta la tua Volontà", ottienici di poter chinare il capo serenament https://www.instagram.com/p/B07oZBViWpw/?igshid=guk7ipc5869d
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Il tuo nome è Fedele, alleluia!
Lunedì – VI settimana T.P.
(At 16, 11-15 / Sl 149 / Gv 15, 26-16, 4)
La domanda che Lidia pone agli apostoli, dopo aver aperto il suo cuore alla fede in Cristo, diventa una porta per comprendere l’opera così segreta ed efficace che lo Spirito continuamente opera nella nostra esistenza: <Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa> (At 16, 15). Ciò che lo Spirito del Risorto opera nel cuore di quanti si aprono alla luce della Pasqua, non è che un’opera di partecipazione intima e segreta alla stessa vita di Dio. L’adesione di fede non solo rende intimamente partecipi, ma quasi responsabili custodi del suo stesso mistero perché sia partecipato pienamente all’umanità. Le parole del Signore Gesù sono dolcissime e, al contempo, tanto esigenti mentre ci parla dello Spirito promesso: <egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio> (Gv 15, 27). La testimonianza che lo Spirito assicura per ciascun credente è, prima di tutto, la memoria grata di quanto Dio sia fedele ai nostri umani cammini tanto da accompagnarne i passi e animarne e orientarne i desideri più veri e profondi. A questa opera di Dio in noi non può che corrispondere una conformazione sempre più nitida del nostro stile di vita al modo di agire dello Spirito. La conclusione della prima lettura ci parla certamente di Lidia ma, in certo modo, ci parla di Dio: <E ci costrinse ad accettare> (At 16, 15).
Una poesia scritta da Teresa Benedetta della Croce ci aiuta ad entrare nel mistero della pienezza del dono pasquale che è l’effusione dello Spirito: <Chi sei, dolce luce? Sei forse il raggio che scaturisce come il lampo dall'alto trono del Giudice eterno, penetrando come il ladro nella notte dell'anima che misconosceva se stessa (Lc 12, 39)? Misericordioso, eppure inesorabile, penetri fino alla sua profondità nascosta. L'anima è spaventata da ciò che vede di se stessa e sta in un sacro timore davanti al principio di ogni sapienza che viene dall'alto e ci ancora saldamente in alto, davanti al tuo operare che nuovamente ci ricrea, Spirito Santo, raggio che nulla può fermare! Sei forse la pienezza di spirito e di potenza che permette all'Agnello di sciogliere i sigilli del decreto eterno di Dio (Ap 5, 7)? Sul tuo ordine i messaggeri del giudizio cavalcano per il mondo e separano, con il taglio della spada, il Regno della luce dal regno della notte (Ap 6, 2). Nuovo sarà il cielo e la terra nuova (Ap 21,1) e tutto ritroverà il suo giusto posto, sotto il tuo soffio leggero: Santo Spirito, potenza vittoriosa!>1.
Una potenza che si attua e si rivela nella forma dell’interiorità capace di formare discepoli fedeli e disponibili alla testimonianza estrema: <Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto> (Gv 16, 4). Come per Lidia, <commerciante di porpora>, quest’opera segreta dello Spirito Santo lavora <il cuore> (At 16, 14) tra le attività consuete ed ordinarie della vita.
Signore Gesù, anche noi come Lidia cerchiamo di commerciare la nostra vita per farla fruttificare al massimo delle nostre possibilità. Le nozze tra la nostra piccola fedeltà e la tua grande fedeltà ci possano far conoscere la fecondità della fede, della speranza, dell’amore che trasfigurano la nostra umanità. Alleluia!
1. EDITH STEIN, Poesia, Pentecoste 1937.
http://www.lavisitation.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2284:il-tuo-nome-e-fedele-alleluia&catid=10:oggi-e-la-parola&Itemid=113&lang=it
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Venerdì 27 Dicembre 2019 : Commento Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein]
Presso il presepio, il Salvatore desidera anche la presenza di colui che gli è stato particolarmente caro durante la vita: Giovanni, il discepolo che Gesù ama (Gv 13,23). Lo conosciamo bene in quanto figura della purezza verginale. Poiché era puro, è piaciuto al Signore. Ha potuto riposare sul Cuore di Gesù e esservi iniziato ai misteri del Cuore divino (Gv 13,25). Come il Padre celeste ha reso testimonianza a suo figlio proclamando «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo» (Lc 9,35), così il divino Bambino sembra anch'egli indicarci il suo discepolo prediletto e dirci: «Nessun incenso mi è più gradito di un cuore puro che si dona con amore. Ascoltate colui che ha potuto vedere Dio perché aveva un cuore puro» (Mt 5,8). Nessuno ha potuto immergersi più profondamente di lui nella contemplazione degli abissi nascosti della vita divina. Per questo ci annuncia il mistero dell'eterna generazione del Verbo divino. (...) Ha condiviso le lotte del suo Signore come solo un'anima che ama di un amore sponsale può fare. (...) Ha fedelmente custodito per noi e ci ha trasmesso le testimonianze che il Salvatore in persona rendeva alla propria divinità davanti ai suoi amici e ai suoi nemici. (...) Grazie a lui sappiamo a quale partecipazione alla vita di Gesù e alla vita di Dio Trinità noi siamo destinati. (...) La presenza di Giovanni al presepio del Signore ci dice: vedete ciò che è stato preparato per coloro che si offrono a Dio con un cuore puro. Tutta la pienezza inesauribile della vita sia umana che divina di Gesù è magnificamente concessa loro in cambio. Venite e bevete alle sorgenti della vita che il Signore fa scorrere per gli assetati e che sgorgano per la vita eterna (Gv 7,37; 4,14). Il Verbo è divenuto carne e giace davanti a noi nella forma di un bambino neonato.
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La voce assoluta della musica italiana: in memoria di Giuni Russo
Un talento e aderirvi è già deragliare nella fede.
*
Giuni Russo è sepolta nel ‘Carmelo’ milanese, nel cimitero del Convento di Santa Teresa di Gesù Bambino a Milano. È morta nel 2004, quindici anni fa. Fui banalmente folgorato dall’album del 2003, Morirò d’amore, che è tra i più alti della discografia italiana ‘pop’, diciamo così. L’album prende il nome della canzone che Giuni Russo e Maria Antonietta Sisini – incontrata a Milano nel 1969, amica, sodale per la vita – scrivono nei tardi Ottanta. Nella canzone s’intrecciano parole di San Giovanni della Croce: l’affinità tra Giuni Russo e il mistico della “notte oscura” mi ricorda quella a cui si lega Cristina Campo, che traduce il fascio delle sue poesie, con lo pseudonimo di Giusto Cabianca, per l’edizione dei Mistici dell’Occidente curata da Zolla (prima Garzanti, 1963, poi Rizzoli, ora Adelphi).
Per arrivare a sapere tutto non voler sapere nulla in nulla. Per arrivare a godere tutto non voler godere nulla in nulla. Per arrivare a possedere tutto non voler possedere nulla in nulla. Per arrivare a essere tutto non voler essere nulla in nulla.
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Morirò d’amore fu esclusa dal Festival di Sanremo del 1989, quello vinto da Anna Oxa & Fausto Leali, con le incursioni comiche di Beppe Grillo e il solito bilioso provincialismo italico (secondo posto per Toto Cutugno, terzo per Al Bano & Romina, soltanto nona Mia Martini che cantava Almeno tu nell’universo). La canzone fu poi riproposta al Festival del 2003: Giuni Russo, malata, fu ammessa, la sua esibizione memorabile, eppure, in una delle edizioni sanremesi più brutte, arrivò settima (prima: Alexia, con Per dire no; secondo: Alex Britti, 7000 caffè; terzo: Sergio Cammariere, Tutto quello che un uomo; ma chi se le ricorda?).
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La voce di Giuni Russo desertifica – passa come un’ascia, tra catacomba e Everest, bilanciata a Est ci spacca la fronte come una Armenia, una armeria di crocefissi.
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Nell’album del 2003 c’è anche un’altra canzone che sancisce il legame con Giovanni della Croce, La Sua figura. Si sa che Giuni Russo riorientò la sua vita da Un’estate al mare agli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola e i testi di Edith Stein, risorta sul petto di Teresa d’Avila, ostacolata perciò dai discografici che non intendono la conversione ma vogliono mungere fama finché c’è. L’incipit de La Sua figura è micidiale:
Scopri la tua presenza: mi uccida la tua vista e la tua bellezza! Sai che la sofferenza d’amore non si cura se non con la presenza e la figura.
Così il canto torna lode e se lo ascolti ti radica nella scelta, ti radia dall’andirivieni dei giorni, incuneandoti nel tuo destino.
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La sua figura è un documentario del 2007 diretto da Franco Battiato per ricordare Giuni Russo; nel 2009 Bompiani pubblica il libro di Bianca Pitzorno Giuni Russo. Da Un’estate al mare al Carmelo. Giuni Russo è il caso più eclatante della musica ‘leggera’ italiana.
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La canzone di Giuni Russo che ascolto con ossessiva costanza è Io nulla, in quel medesimo album (ma è presente anche nel live del 2002, Signorina Romeo). Qualcosa di pervasivo mi porta nel retro di me, dove posso lanciarmi nella lacerazione dell’abbandono.
Primizia del mio tempo Orlo del velo che copre la presenza Dal vivo occhio mi penetra Un raggio di pura luce Fai cantare alla mia lingua Melodie sconosciute Dell’amore che buca l’opacità del mondo e crea *
Il refrain continuo, Io nulla, io nulla, io nulla, ci accorda a ciò che siamo: passeggera vanità, vaniloquio di promesse, esigenza di fiducia mai riscossa, fiamma dell’irrisolto, falena in figura di falco, ratto, del topo un’ombra. Non si sarchia la propria individualità per sconfiggerla – bensì, per giungere alla persona, al suo difetto di diamante. Si svanisce nei penetrali della presenza. “Oso fiorire” proprio a partire dalla nullità in cui faccio scempio di me. Neppure ritorno allo stato infantile. Semplicemente, capire che ‘io’ è un sistema di relazioni, un gioco di specchi, il riflesso che crediamo sia davvero ‘io’, anima correlata alle attese degli altri, alla necessità – stabilita dal convivere e dalla convenzione – di adempiere a ciò che gli altri si attendono da noi – o a scarnificare in delusione quella tenda di attese, santificazione dell’oblio. Estirpare questo – cioè: sradicarci alla convenienza sociale, essere ignifughi alla fama, al di là dei giudizi, in una indifferenza rosea – ci ammette al nulla. Ovvero: al fatto possibile di rinascere. Mistero: si nasce alla vita per morirvi e rinascere – prima della morte fisica, arguire l’altra, la vera, inghiottirla.
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Per aggiornarmi a Giuni, serve una antologia mistica – per stare nel cardine del suo dire, dico, nel fogliame del canto.
Margherita da Cortona: “Vengo a te come inferma al medico… io sarò non tuo cuore sarò anche nella ferita del tuo costato e in tutti i luoghi dove si trovano i chiodi”.
Angela da Foligno: “Questo bene così potente che mi si rivela nella tenebra, sta ora la mia speranza, incrollabile, tutta raccolta in sé… Quel che io vedo nella tenebra è il tutto”.
Camilla Battista Varano: “Questo è stato ed è quello acuto e pungente coltello che me ha transficto el core… in terra prostrata me buto con lacrimosa fazza; tuta de vergogna e rubescenzia perfusa… infelicissima felicità”.
Caterina Fieschi: “Io non ho più cuore né anima, ma lo mio cuore e anima è quello del mio dolce amore – in lo quale di tutto in tutto era annegata e transformata. Poi fue tirata più in su, cioè alla bocca, e ivi le fu dato un bacio in tal modo, che fu tutta absorta in quella dolce divinità e ivi perdette tutta lei propria, dentro e di fuora”.
Maria Maddalena de’ Pazzi: “Desidero di non essere e ora vorrei avere un essere infinito; desidero non potere niente, e ora vorrei poter ogni cosa; desidero esser dispregiata e ora vorrei esser esaltata”.
Veronica Giuliani: “Ma mi cognosco miserabile; non so come Idio mi soporti sopra la terra, temo e tremo”.
Testi di anime estreme, nell’obliquo della visione, donne smadonnate alla rinuncia, tra strazio di sguardi, grandine di pupille invidiose, testimoniate nel volume di Giovanni Pozzi e Claudio Leonardi, Scrittrici mistiche italiane (Marietti, 1988) che per lo meno dice di una tensione, di una tenuta del verbo femminile in adesione all’assoluto – e di Dio coglierne le caviglie, il lato in tana.
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Uno potrebbe dire che era tutto in quel viso: un cargo di occhi, zigomi che fanno un chiostro, viso intagliato come un proverbio. Davanti a tutti per retrodatare il palco in altare, sperperare il corpo in quella fionda di voce – te ne svuoti, e non sai dove si è introdotta quella magia, un proiettile in verbi, con chi interloquisce, di che vita è origine, Giuni Russo. (d.b.)
L'articolo La voce assoluta della musica italiana: in memoria di Giuni Russo proviene da Pangea.
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Non è l’attività umana che ci può salvare, ma soltanto la Passione di Cristo. La mia aspirazione è partecipare a essa». #edithstein Fece i voti perpetui nel 1938, scrivendo sui ricordini alcune parole di S. Giovanni della Croce (14 dic): «D’ora innanzi la mia unica vocazione sarà quella di #amare il più possibile». In una delle sue lettere si paragonava alla regina Ester in esilio presso la corte persiana: «Credo che #Dio mi abbia chiamata per conto di tutto il mio popolo. Non posso non pensare alla regina Ester, che venne presa dal suo popolo proprio per difenderlo dal re. Sono una povera e indegna Ester, ma il re che mi ha scelta è infinitamente grande e misericordioso». Spesso Edith Stein, ora Teresa Benedetta della Croce, faceva riferimento alla sua crescente comprensione del destino del popolo d’Israele alla luce della croce e al suo personale compito di espiazione. Quando Hitler e i suoi seguaci innalzarono il latente antisemitismo del popolo tedesco, per la metà circa di fede cattolica, al livello di obbligo nazionale, il terrore e le sofferenze ingiuste ancora una volta divennero l’amaro destino degli ebrei in Europa, a un livello e su scala fino ad allora sconosciuta nella storia delle persecuzioni razziali e religiose. Teresa Benedetta si convinse che «il destino del mio popolo era anche il mio». Spesso faceva riferimento al senso del suo incontro con Cristo nel mistero della croce. 🙏🙏🙏🙏🙏 O Dio dei nostri padri, donaci la scienza della Croce, di cui hai mirabilmente arricchito santa Teresa Benedetta della Croce nell’ora del martirio, e fa’ che per sua intercessione cerchiamo sempre Te, somma Verità, fedeli fino alla morte all’eterna alleanza di amore, sigillata nel sangue del Tuo Figlio per la salvezza del mondo. Amen #SantaTeresaBenedettadellaCroce https://www.instagram.com/p/B07wWrnC36N/?igshid=pqdcczrjds68
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Martedì 30 Aprile 2019 : Commento Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein]
Mio Signore e mio Dio, mi hai guidata su un cammino lungo, sassoso, oscuro e faticoso. Sovente sembrava che le forze volessero abbandonarmi, non speravo quasi più di vedere un giorno la luce. Il mio cuore stava pietrificandosi in una sofferenza profonda quando il chiarore di una dolce stella sorse ai miei occhi. Fedele, mi guidò ed io la seguii con passo prima timido, poi più sicuro. Giunsi al fine alla porta della Chiesa. Si aprì. Chiesi di entrare. La tua benedizione mi accoglie attraverso le parole del tuo sacerdote. Dentro, le stelle si susseguono, stelle di fiori rossi che mi indicano il cammino fino a te... E la tua bontà permette che esse rischiarino il cammino verso di te. Il mistero che dovevo tenere nascosto nell'intimo del mio cuore, posso ormai annunciarlo ad alta voce: Credo, confesso la mia fede! Il sacerdote mi conduce ai gradini dell'altare, chino la fronte, l'acqua santa scorre sul mio capo. Signore, come si può rinascere Quando si è giunti alla metà della propria vita (Gv 3,4)? Tu l' hai detto, e questo è divenuto per me realtà. Il peso della colpe e delle pene della mia lunga vita mi ha abbandonato. In piedi, ho ricevuto il vestito bianco posto sulle mie spalle, simbolo luminoso di purezza! Ho portato in mano il cero la cui fiamma annuncia che la tua vita santa arde in me. Il mio cuore è ormai il presepio che attende la tua presenza. Per poco tempo! Maria, tua madre che è anche mia, mi ha dato il suo nome. A mezzanotte depone nel mio cuore il suo bambino appena nato. Oh! Nessun cuore umano può concepire ciò che prepari per coloro che ti amano (1 Cor 2,9). Ormai sei mio e non ti lascerò mai più. Dovunque vada la strada della mia vita, sei accanto a me. Nulla potrà mai separarmi dal tuo amore (Rm 8,39).
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