#misteri d’arte
Explore tagged Tumblr posts
pier-carlo-universe · 13 days ago
Text
"Delitti d'Arte" di Christian Monti: un intricato mistero tra bellezza e crimine. Recensione di Alessandria today
Un romanzo giallo che mescola sapientemente investigazione e storia dell’arte.
Un romanzo giallo che mescola sapientemente investigazione e storia dell’arte. Un viaggio tra intrighi e opere d’arte “Delitti d’Arte” è il secondo caso dell’Ispettore Baroni, il protagonista creato da Christian Monti. Questo romanzo giallo si distingue per il suo intreccio avvincente e per l’ambientazione ricca di dettagli che trasportano il lettore tra i segreti e le meraviglie del mondo…
0 notes
scritturacreativa-85 · 10 days ago
Text
Nel respiro di una città senza tempo
La pioggia cadeva fine, quasi impalpabile, ma bastava a tingere le strade di Roma di un luccichio misterioso. Ogni passo che facevo risuonava leggero sul selciato, accompagnato dal suono lontano di una fisarmonica suonata da un artista di strada. Era sera, ma la città non dormiva mai davvero. La luce calda dei lampioni si rifletteva sulle antiche pietre, e tutto sembrava sospeso in un tempo che…
0 notes
susieporta · 7 months ago
Text
Tumblr media
𝗣𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲̀ 𝗹𝗮 𝗖𝗮𝗯𝗮𝗹𝗮̀ 𝗤𝘂𝗮𝗻𝘁𝗶𝗰𝗮?
E' per unificare il mondo della fisica moderna. Da una parte c’è la meccanica celeste, Newton e Einstein, il macrocosmo. Dall’altra la grande famiglia dei meccanici quantistici, il microcosmo. L’infinitamente grande di fronte all’infinitamente piccolo. Non sono per ora unificati.
L’opera di soluzione di quei problemi non è un qualcosa riservato solo agli scienziati, matematici, fisici, ricercatori ed altri. È un compito possibile ad ognuno di noi. In noi c’è una scintilla di saggezza, c’è un seme luminoso di consapevolezza, che è la capacità di comprensione del creato, e anche più. È la parte di noi che è illuminata dalla Fede Semplice, è il nostro gradiente di operatività creativa ed artigianale, nel senso del come fare della nostra vita un’opera d’arte.
Ognuno di noi ha una scintilla messianica in lei o in lui, ed è con essa che possiamo capire e risolvere i misteri della Creazione. Non ne faremo una professione, al posto di quella attuale. Uno perché sarebbe molto difficile, se non impossibile. E due perché quando la luce delle risposte corrette e la visione dell’Intelligenza di tutto l’insieme, si accende in noi, questo è sufficiente. Cresce il senso di pienezza, e rende la vita un’esperienza interessante e piacevole.
Nella Cabalà, tale riconciliazione avviene nella 𝗤𝘂𝗮𝗿𝘁𝗮 𝗩𝗶𝗮, quella chiamata “𝗹𝗮 𝘃𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗱𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗶𝘀𝘁𝗲𝗿𝗶𝗼𝘀𝗮”. È il rapporto tra la persona in ricerca, coraggiosa abbastanza da sfidare la mentalità vecchia e ripetitiva, e il misterioso femminile di una sapienza diversa. Il valore della posta in palio si vede dall'apertura con la quale il prode 𝙂𝙝𝙚𝙫𝙚𝙧 si rivolge alla 𝘼𝙡𝙢𝙖̀, la “nascosta”.
Che cos’ha di nascosto in se la 𝘼𝙡𝙢𝙖̀? È la sua parte di Donna capace di diventare Messia. Ciò è di più dell’ispiratrice del Messia Uomo.
Nadav Crivelli
4 notes · View notes
carmenvicinanza · 21 days ago
Text
Maricla Boggio
Tumblr media
Maricla Boggio, drammaturga, regista e giornalista, è autrice di numerose sceneggiature, drammaturgie, testi di critica, libri di narrativa, saggistica e antropologia.
La sua produzione teatrale è tutta caratterizzata dall’impegno politico e sociale e da un grande interesse antropologico per ciò che è ritenuto diverso.
Nella sua militanza culturale fatta di teatro, insegnamento, film, documentari e tanto altro, ha valorizzato molte figure femminili e affrontato diverse e controverse tematiche come il disagio dei manicomi, la religione, la guerra, l’Olocausto, la mafia, la piaga dell’Aids. Non c’è, praticamente, tema sociale o accadimento storico che non abbia affrontato.
Dal 2007 è direttrice editoriale della rivista teatrale Ridotto.
Nata a Torino l’11 dicembre 1937 è laureata in legge e diplomata in regia all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, dove ha insegnato recitazione, teorie e tecniche dell’interpretazione e drammaturgia. È stata docente di Espressività Teatrale e Scienza della Formazione all’Università Salesiana di Viterbo.
Nel 1969 è stata regista e autrice, insieme a Franco Cuomo, di Santa Maria dei Battuti, rapporto sulla istituzione psichiatrica e sua negazione in quindici misteri, su vessazioni e abusi nell’ambito in ambito psichiatrico, nove anni prima della Legge Basaglia e, successivamente di Compagno Gramsci, Passione 1514 e Egloga, presentata alla Biennale di Venezia nel 1972.
Nel 1973 ha fondato, con Dacia Maraini e Edith Bruck, il Teatro femminista della Maddalena.
Nel periodo della seconda ondata femminista, tra gli anni Settanta e Ottanta, ha scritto testi come Marisa della Magliana, diventato il primo telefilm femminista italiano, Anna Kuliscioff – Con gli scritti di Anna Kuliscioff sulla condizione della donna, Fedra, La monaca portoghese, Medea, Mamma eroina, Donne di spade, Anita Garibaldi – L’ultimo sogno di Anita Ribeiro sposata Garibaldi e Schegge: vite di quartiere, che ha avuto la regia di Andrea Camilleri.
Nel 1991 ha fondato l’associazione Isabella Andreini comica gelosa che ha riunito autrici, attrici, registe, studiose e operatrici teatrali.
Ha vinto due volte il Premio Giacomo Matteotti, nel 2004, con Matteotti, l’ultimo discorso e, nel 2011, con La Merlin.
Insignita con numerosi riconoscimenti,  tra cui il Cavalierato al Merito della Repubblica Italiana.
Dal 2022, è stato istituito il Premio Nazionale di drammaturgia Maricla Boggio sostenuto dalla SIAD (Società Italiana Autori Drammatici) per valorizzare autori e autrici senza alcuna discriminazione e offrire a Compagnie e attori/attrici testi nuovi e inediti.
Nella sua lunga e prolifica carriera, da vera intellettuale belligerante, ha schivato ogni moda mantenendosi fedele alla sua idea di drammaturgia civile.
0 notes
alemicheli76 · 1 month ago
Text
Una nuova veste per uno dei mistery migliori in circolazione "L'archivio degli Dei" di Miriam Palombi, edito Dark Zone ovviamente
Firenze 1587. Cristoforo sta scendendo per l’ultima volta nelle viscere della terra. Per anni il suo compito è stato apporre dei segni misteriosi su alcune opere d’arte. Ora dovrà chiudere per sempre l’accesso a un luogo che è stato pensato come uno scrigno inespugnabile. Secoli dopo Lorenzo Contini, archivista nella Galleria degli Uffizi, ritrova un elaborato codice che lo metterà sulle tracce…
0 notes
grazielladwan · 1 year ago
Text
Misteri: La sparizione della “Camera d’ambra”
Ricostruzione della Camera d’ambra, visibile presso il Palazzo di Caterina a Pushkin La Camera d’Ambra, una delle più famose e misteriose opere d’arte perdute della storia, continua a incantare e confondere gli storici e i cacciatori di tesori. Creata nel XVIII secolo per il re prussiano Federico I, questa stanza straordinaria era decorata con diversi pannelli d’ambra, foglie d’oro e specchi.…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
lucianopagano · 1 year ago
Text
Appunti di lettura per
«Il rifiuto»
(Musicaos, Balbec, 1)
di Davide Morgagni.
Tumblr media
Dieci anni fa, nel 2014, venne pubblicato «I pornomadi» di Davide Morgagni, nella collana «Smartlit» di Musicaos Editore. Il primo manoscritto del primo romanzo di quello che oggi è «Il rifiuto» si intitolava «Canti di un pornomade». Nei vari ragionamenti attorno alla pubblicazione mi ricordo che quella parola, «Canti», oltre a essere molto evocativa (Leopardi, Lautréamont, Dante, etc.), poteva essere associata a un’altra opera, i «Canti dei caos» (2001, 2003, 2009²) di Antonio Moresco e così, per evitare cortocircuiti allusivi, trattandosi di un esordio, suggerii l’opportunità di togliere il libro dal repentaglio di intitolarsi «Canti di…» essendo il terzo titolo di un editore che aveva -caos come suffisso del suo nome, per sfuggire ogni tipo di ammiccamento. Cercammo così un riparo a distanza cautelativa dal capolavoro di Moresco, che a sua volta negli anni seguenti sarebbe divenuto parte di un lavoro ancora più grande. Una cautela che a posteriori, come spesso capita con le cautele letterarie di persone troppo devote alla letteratura, incorse nell’esagerazione di presupporre l’esistenza di lettori più che ideali, sublimi, invece che delle cimici di Majakovskij. 
Dal punto di vista linguistico-narrativo ciò che avviene ne «I pornomadi» è la genesi di un mondo e allo stesso tempo del «modo di esprimerlo». In una città infuocata un autore si scaracolla in balìa di mete imprecisate, tra un’estate e un inverno, con l’unico movente di esistere. L’idea di proporre un romanzo che contenesse un mondo senza somigliare a un romanzo-mondo era connaturata anche alla modalità in cui il volume si presentava nella sua prima edizione, con le opere d’arte fotografica di Lorenzo Papadia a costituire una narrazione visiva, e un’impaginazione “estesa”, che supportava l’idea di voler porre il lettore dinanzi a qualcosa di inedito, sotto più aspetti possibili. Questa realizzazione era alternativa alle aspettative e faceva parte dello stesso esordio, si trattava di un «io esiste».
Ricapitolando, una scrittura endogenetica, per un mondo che si costruisce dalla propria stessa lingua, raccogliendo testo, immagine, suono, urlo. Strumenti per narrare presi in prestito, oggettivamente, dalla poesia. Per usare un geniale e formidabile «metro» Eggersiano, in una scala dal 0 a 10 dove 0 è Poesia e 10 è Narrativa, «I pornomadi» si situa, oscillando, tra un 5 e un 7. Si tratta di una riflessione che troverà compimento nei romanzi successivi confluiti ne «Il rifiuto». Che impressione poteva fare sui suoi primi lettori «Il tropico del Cancro» di Henry Miller, pubblicato a Parigi nel 1934? Solo una ventina di anni prima la letteratura tradizionale (Gide che nel 1912 «rifiuta» “Dalla parte di Swann”) faceva i conti con l’«incomprensione» della prima parte della Recherche di Proust. Non c’è adito di paragone se non nel sottolineare che sempre, in tempi, luoghi e circoli differenti, la letteratura per emergere si pone complicemente come rottura con ciò che la precede nell’immediato, salvo poi essere ripresa – se riuscita – come continuità con lo stesso.
«I pornomadi», col suo stile «delirio» assume una modalità narrativa di derivazione céliniana, un «tenere bordone» costantemente «in levare» che dà movimento col suo stesso porsi, una scrittura che proviene da Miller, Deleuze, Guattari, Joyce, Beckett, Bataille, Céline, Bukowski; mi è sempre sembrato un «ponte» tra la concretezza sperimentativa e i suoi «misteri pedagogici», uno studio che devia dalla lezione originaria per creare qualcosa di originale e totalmente appartenente alla nostra lingua. Un romanzo “Il rifiuto” sul fatto che si possa scrivere un romanzo, fare scrittura, essere scrittura, tenuto conto di ciò che è stato prodotto in filosofia, teatro, poesia, negli ultimi cinquanta anni, tanti all’incirca ne sono trascorsi dalla pubblicazione dell’Anti-Edipo, dalla letteratura di avanguardia degli anni Settanta, dagli sperimentalismi più oltraggiosi, sia quelli riusciti che quelli mancati, quelli che hanno conservato una certa forza e quelli dileguati.
Perdere tutto per affermare l’esistenza di sé stessi, questo sembra urlare il protagonista de «I pornomadi».
«Strade negre» pone altre due urgenze sotto la lente focale della scrittura. Il «delirio» religioso – la prima metà si svolge a Roma, con il protagonista che segue un corso per diventare conservatore/divulgatore dei beni religiosi della Città Eterna – e il «delirio» da anti-potenza del «genere» del milieu culturale occidentale al suo tramonto.
«La nebbia del secolo», uscito nel 2019 con Leucotea Edizioni, è il terzo romanzo, riveduto, de «Il rifiuto». Romanzo più breve e altrettanto folgorante, è ambientato a Parigi nel periodo storico recente, dove il fantasma del terrorismo ha costituito la paranoia globale per eccellenza, concretizzandosi in attentati ancora oggi temibili, prima dello scoppio della pandemia e al margine di ogni guerra.
Dopo aver delirato i continenti, le religioni, i popoli, parlando di virus, guerre, conflitti, giunge la Pandemia. Il romanzo, fino a oggi inedito, «Finché c’è rabbia», racconta gli ultimi anni vissuti, quelli del Covid, nel racconto del protagonista. Le sue vicende non sono centrali di una storia che è più grande, che ci ha investito. Uno dei protagonisti è il Capitalismo, cui viene sferrata una critica viscerale, programmatica, che sottende tutta la narrazione.
«Il rifiuto» così si compone di quattro romanzi, quattro romanzi differenti per stile nei quali si produce un movimento stilistico dal caos iniziale, in cui la lingua poetica fa accadere il mondo, gettando sul piatto quelli che saranno i temi caratterizzanti del Romanzo: con il contrasto particolare (Capitalismo, Espressione, Spersonalizzazione), la Religione Universale e le religioni particolari, la religione dell’Arte, la religione del Maestro, la religione della Devozione Domestica, la religione della Famiglia, la religione allo Stato, la religione dello Studio, eccetera; e ancora lo Spettro della Storia Universale, attraversato a sua volta dagli spettri del terrorismo e della paranoia internazionale, con tutto ciò che compone il Secolo.
«Il rifiuto» è in tal senso rifiuto post-moderno, costruito sulle macerie del post-modernismo. Il post-moderno sanciva la fine della pretesa delle “Grandi Narrazioni”, dagli anni Settanta a oggi sembrava che si dovessero avverare tutte le promesse non solo stilistiche e narrative, ma anche di vita, di uno sviluppo consapevole, rispettoso delle coscienze e del sentire ecologico planetario. Una molecolarizzazione delle esperienze che si sarebbe accompagnata a un grado di umanità più apprezzabile. Tutto ciò ovviamente non ebbe luogo, se non teorico. Solo l’ipotesi di vivere su un pianeta insieme a cinque miliardi di persone, un giorno, poteva atterrire. Mentre scrivo siamo ottomiliardi settantasettemilioni quattrocentosessantasettemila e novecentonovantanove. Impossibile a credersi oggi, per chi vive in un’epoca che è somma di tante epoche che possono coesistere. Dagli anni Settanta a oggi è trascorso mezzo secolo, immaginare di riportare alcuni riferimenti culturali all’oggi senza storicizzarli sarebbe paradossale come interpretare il 1950 con le categorie del 1900. 
Per prescindere dall’empasse cui potrebbe condurci la storia ci si attiene alla creazione poietica, ai testi, alle influenze, in tal senso Gilgamesh è nostro contemporaneo. Nel miscuglio babelico dei linguaggi si è aperta con la Rete una Babele ancora più grande, districabile per chi ha in amore la complessità, la Società del Controllo è divenuta realtà, e oggi che ognuno di noi è misurato, controllato, enumerato, accountizzato, di quale bisogno si scopre desiderante la comunità dei clienti (lettori, ascoltatori, videoutenti) dell’infotainment? Narrazioni. Grandi. Innumerevoli. Ovunque. Grandi narrazioni. Chiusura del cerchio (canto del cigno o requiem) del post-modernismo, “Il cerchio si chiude”, come termina Stephen King il suo capolavoro virologico “L’ombra dello scorpione”.
«Il rifiuto» affronta questi temi con la densità leggera di un volo, pagina dopo pagina, mettendo a nudo i meccanismi psicologici, sociali, antropologici, mentali, narrativi, che ci vengono presentati dai metadiscorsi che viviamo. C’è un elemento comico che ritorna, come ce ne sono tanti, ilari, più o meno forti e incisivi, ma questo di cui parlo è – se vogliamo – metacomico: il protagonista, che si trova a dialogare con i suoi amici, conoscenti, spesso si sente rivolte frasi di questo tenore «sai, penso che quello che sto vivendo è importante, penso che lo racconterò in un libro», oppure «penso che scriverò un libro». In un mondo creato da un protagonista ossessionato dalla descrizione di un mondo traducibile e decifrabile per lui soltanto, gli altri, che subiscono il mondo senza comprenderlo, si sentono più atti di lui a raccontare la realtà. 
La scrittura filosofica è un genere poco letto, non mi riferisco ovviamente alla scrittura di romanzi a metà tra saggio e narrativa, o romanzi scritti da filosofi. Tutto ciò che c’è di politico e filosofico ne «Il rifiuto» traduce permanentemente un’urgenza stilistica, permettendo a questa scrittura la distanza tra autore, da una parte, e artista dall’altra. Se gli strumenti che Davide Morgagni utilizza attingono a un bagaglio simile, gli ambiti sono totalmente differenti. «Il rifiuto» intende porsi in un dialogo con le persone, i critici, i lettori, in generale, pensanti, a questi, da controcanto (di un pornomade) indico ad esempio la lettura dei romanzi di Aldo G. Gargani.
«Il rifiuto» è un romanzo lontano da Dio, fuori dalla sua grazia, se il protagonista può sembrare un asceta, questa sua ascesi si compie tra le mura, in un appartamento leccese, o romano, o parigino, senza wc, dove non c’è grazia del signore; c’è vicinanza a tutte le creature, compresi gli innumerevoli animali del creato, a dimostrazione di un anelito ecologista/ambientale di fondo  (pulci api foche mucche blatte vermi formiche microbi granchi lombrichi gatti pidocchi tonni pesci-spada galline polli sirene ragni topi cavalli gechi ramarri cani passeriformi molluschi bruchi testuggini merluzzi cicale grilli farfalle iene rondini fringuelli mosche tacchini ricci platesse polpi zanzare tigri cinghiali rondini piccioni scimmie pinguini giraffe bufali conigli rane mosconi manzi gazze capre agnelli struzzi tartarughe pipistrelli civette lucertole salmoni lumache porcospini moscerini calamari gamberoni ostriche colombe vipere ippopotami scorfani anguille orche foche seppie totani pappagalli cigni scoiattoli bisce avvoltoi scimmie anatre pecore pulcini millepiedi vitelli delfini pipistrelli pescecani gorilla babbuini rospi sanguisughe pesci palla leoni lupi asini ghepardi balene fagiani).
Molte creature ma, all’orizzonte, nessun Dio. Eppure non si tratta di un pensiero laico, quello che viene sfrondato da queste pagine, perché quella del protagonista non è un’ascesi raggiunta in mezzo alle persone buone e cordiali, al contrario, è una segregazione spesso ricercata per salvarsi e per difendersi dai barbari. Per non parlare delle volte in cui il protagonista, semplicemente, parla la lingua della verità in mezzo ai sordi, recando letteralmente la saggezza al mercato, come lo Zarathustra di Nietzsche, che compie l’oltraggio peggiore, quello di «bruciare» la news della sua scoperta «oltreuomo» con la condivisione.
Ciò che succede nei vari piani che situa il romanzo fa anzitutto in modo che ciò che risulta in esso romanzato (l’amore, le relazioni, le amicizie, i quartieri, le città, le metropolitane) trascorre in secondo piano rispetto alla società, ai conflitti generali di interesse economico, all’attrito tra classi sociali. «Il rifiuto» diviene così un dispositivo artistico rivolto all’esterno. Ricapitolando, una storia che abbraccia le vicende del protagonista nell’arco di quindici anni, con luci a più punti focali mirate a illuminare l’agire dell’individuo come reagente in una società paranoica-ossessiva-delirante. Il protagonista/Narratore, pure con diverse «facies», è sempre lo stesso, così i comprimari.
C’è un termine che si affaccia ed è: profezia. Quando la scrittura letteraria, poetica o narrativa, compone un quadro realistico di tutte le tensioni in gioco nel momento descritto, spostandosi in avanti fino a prevedere possibilità, la scrittura diviene profetica; un termine religioso – come ascesi – che ritorna in un ambito dal quale l’orizzonte di un qualsivoglia Dio è compromesso.
«Il rifiuto» è preludio a una narrativa dell’avvenire (non inteso come futuro, “ciò che avverrà”), di ciò che avviene nel suo farsi, che si compone passo dopo passo, della creazione di un contesto e dell’internamento di un protagonista nell’agire stesso che è stato contestualizzato a parole. La ricezione di una scrittura simile, è assimilabile a quella di una scrittura poetica, per quanto riguarda il suo abbrivio, che evolve in un percorso narrativo che porta al lettore stralci dal sapore joyciano, milleriano, beckettiano.
I luoghi in cui accade questo «avvenimento» (sempre da “avvenire”) narrativo sono tre, in tempi differenti e che si rincorrono, principalmente Lecce, Roma, Parigi. Il protagonista occupa sempre un altrove in ognuno di essi, ciò che percepisce il lettore è una velocità estrema, istantanea, centrifuga. Del centro, pur essendone affascinato, il Narratore coglie tutte le contraddizioni, la mancanza di umanità nei rapporti, la spersonalizzazione, l’egoismo. Non c’è un obiettivo, c’è una vita di margine vissuta al limite, nell’«underground». Torna qui, anche nel rapportarsi ai luoghi, la dimensione ascetica di una purezza etica, né santa né laica.
L’aggettivo «negro», come gli altri, è un simbolo. La negrezza/negritudine cui fa riferimento il Narratore è la risposta etica al disfacimento dell’Occidente. In particolare nell’ultimo romanzo, l’inedito «Finché c’è rabbia», dove lo sfondo delle vicende è lo Spettro Pandemico, si pone come fatto compiuto uno scollamento senza ritorno di tutti gli attori sociali. Non hanno più niente di esotico gli uomini del sud che ciondolano fuori dai bar per arrivare alla fine di un’altra giornata. Sono zombie, batterie senza carica positiva, salvati dal pasto quotidiano della Caritas e da un giaciglio di fortuna. Il racconto dell’umanità vissuta a contatto stretto, questo è il sud, un certo meridionalismo narrato da Davide Morgagni ne «Il rifiuto». Viene raccontata la povertà, l’indigenza, la vita degli ultimi. È uno dei temi che vengono messi di più in risalto nel quarto romanzo che compone «Il rifiuto», «Finché c’è rabbia».
Non potevano che volerci dieci anni per misurare un certo tipo di ampiezze. Termino con una breve considerazione sulla forma finale in cui è presentato «Il rifiuto». Perché quattro romanzi, al di là dell’Opera, in un volume? L’idea dell’autore, nel presentare «Finché c’è rabbia», era che questo romanzo chiudesse un ciclo di storie, tutte vissute e raccontate dallo stesso Narratore, e che questa conclusione avesse un titolo ideale che racchiudesse queste storie, per l’appunto, «Il rifiuto». Abbiamo creduto, di comune accordo con l’autore, che valesse la pena presentare questi quattro romanzi insieme, perché erano trascorsi dall’inizio de «I pornomadi» dieci anni, durante i quali avevamo il presentimento che fossero accadute molte cose.
A ciò si aggiunge il fatto, oggettivo, che sarebbe stato difficoltoso e magari affaticante, per il lettore odierno, ricomporre un puzzle narrativo i cui frammenti, seppure facilmente reperibili, andavano rinvenuti richiedendo quattro atti di volontà separati. Ciò per evitare, parafrasando l’Amleto/CB, quelle “spiegazioni che ci ammazzano”, nell’avere a che fare con un romanzo che richiamava inevitabilmente la prosecuzione all’inverso degli altri tre. Lo stesso senso è anche quello di questo intervento, che cerca di sollevare alcuni temi presenti nei quattro romanzi che fanno «Il rifiuto», che oltre a essere un romanzo da leggere, sia ad alta voce che interiormente, è un romanzo politico, nel senso più schietto e originario che si può dare oggi a questo termina.
E adesso dimentichiamoci di tutto per leggere «Il rifiuto».
Buona lettura.
«Il peggio passa e se ne fa una sintassi», «Io scrivo per le pulci di periferia», «Vedi ragazzo – quando perdi cerca di perdere tutto – e quando muori assicurati di essere morto», «Il demonio ha in serbo grandi fichi sbucciati per le nostre bocche ragazzo e quando ogni cosa va in frantumi è perché e eterna», «La Storia è un riciclaggio di antichità e remote invarianti ed è per sempre immondizia puzzolente di morte e morti e gambe e occhi paralizzati», «Poi ha compreso che soffrire non serve, ma ciò non serve a smettere di soffrire», «Nella disperazione non si vede nulla, ma la disperazione vede tutto».
«Il rifiuto» di Davide Morgagni è la prima uscita della collana «Balbec», di Musicaos Editore, nella quale sono in programmazione le uscite dei nuovi libri di Giuseppe Goisis, Raffaele Gorgoni, Francesco Lanzo.
Luciano Pagano
«IL RIFIUTO» (Musicaos, Balbec, 1) - Davide Morgagni
in distribuzione dal gennaio 2024
ANTEPRIMA a LECCE - VENERDÌ 22 DICEMBRE alle ORE 19
presso ASTRAGALI TEATRO (Via G. Candido, 23)
interveranno:
Fabio Tolledi [direttore artistico e regista di Astràgali Teatro]
Simone Giorgino [Docente di Letteratura Italiana Contemporanea / UniSalento]
Luciano Pagano [Editore]
0 notes
objecteiespai · 1 year ago
Text
5 JULIOL - 22 OCTUBRE 2023
Un viatge a través del temps i de les cultures, un recorregut que no distingeix ni èpoques ni fronteres per mostrar un tema universal: com l’ésser humà s’ha representat i es representa a si mateix.
Una mostra per gaudir i reflexionar sobre qüestions absolutament vigents en els nostres dies com són l’ideal de bellesa, la divinitat o el poder.
UNA MOSTRA AMB PECES DE DIVERSES ÈPOQUES, ZONES GEOGRÀFIQUES, TÈCNIQUES I MATERIALS. DES D’UN CRANI MODELAT DE FA 11.000 ANYS FINS A OBRES AUDIOVIDUALS CONTEMPORÀNIES.
La mostra ofereix un recorregut apassionant per un dels grans temes –potser el més recurrent– de l’art figuratiu: l’ésser humà. Les obres icòniques de civilitzacions antigues del British Museum es combinen amb una selecció d’obres d’art contemporani de la Col·lecció de la Fundació ”la Caixa” i amb alguns préstecs importants d’altres institucions com el Museo del Prado. En un mateix espai es juxtaposen peces d’èpoques, temàtiques i cultures absolutament diverses.
En tots els racons del món, les persones han creat constantment representacions de si mateixes. Moltes d’aquestes representacions contenen un simbolisme complex; altres ens remeten a la bellesa i al misteri del cos humà, a través de diferents vies, des de la més profunda estilització fins a l’hiperrealisme.
0 notes
primusliber-traduzioni · 1 year ago
Text
Yellowcard - Childhood Eyes, traduzione testi
Tumblr media
Sono l’unico che non è morto dentro? Magari siete voi stanchi, magari siete voi ciechi Sono l’unico che guarda con occhi da bambino?
(da: Childhood Eyes)
1. Yellowcard – Three Minutes More, traduzione
Tre minuti in più
A lungo sono stato sfortunato in amore
Ciondoli con dentro i ricordi di una radio che ripeteva ritornelli scritti da me
Cocktail e cotte e notti a dormire da solo
Ho provato a farci il callo, tenere duro, rifugiarmi in me stesso
È diverso stavolta alzare lo sguardo verso questo cielo
Tre minuti in più potrebbero anche salvarmi stavolta
Con più di un dente avvelenato è dura
Tu che talento hai? Io quello di smascherare chi finge
Parole vuote piene di doni grandiosi
Mai arrivati, mai visti, per cui ho lasciato perdere
Rovistando tra tutti i lucchetti e le chiavi
Pensavo stessi risolvendo i misteri della vita
Mi appoggiavo alla stampella del desiderio
Dicendo la verità con la lingua di un bugiardo
Adesso vedo un’esposizione diversa
Che è come se non fosse mai finita
Aspetterò tre minuti in più se è una cosa vera
A lungo sono stato sfortunato in amore
Ciondoli con dentro i ricordi di una radio che ripeteva ritornelli scritti da me
Cocktail e cotte e notti a dormire da solo
Ho provato a farci il callo, tenere duro, rifugiarmi in me stesso
È diverso stavolta alzare lo sguardo verso questo cielo
Tre minuti in più potrebbero anche salvarmi stavolta
Un tempo ragazzo del jet set, degno di nota
“Venite tutti a vedere quello che ho fatto”
Tutti i passi falsi che ho fatto mi hanno lasciato sul cuore un segno, una missione, un marchio e una cicatrice
Adesso che l’età è veramente un numero, magari stavolta sogno col pensiero libero
I cavalcavia ricoperti di vegetazione rimangono
Falli saltare in aria, dagli fuoco, sii il cambiamento
Aspetterò tre minuti in più se è una cosa vera
A lungo sono stato sfortunato in amore
Ciondoli con dentro i ricordi di una radio che ripeteva ritornelli scritti da me
Cocktail e cotte e notti a dormire da solo
Ho provato a farci il callo, tenere duro, rifugiarmi in me stesso
È diverso stavolta alzare lo sguardo verso questo cielo
Tre minuti in più potrebbero anche salvarmi stavolta
2. Yellowcard – Childhood Eyes, traduzione
Occhi da bambino
Ho trovato, ho trovato i miei occhi da bambino
Sono l’unico che ogni tanto si chiede come mai l’amore mi lascia a mani vuote ogni volta?
Sono l’unico che non è morto dentro?
Magari siete voi stanchi, magari siete voi ciechi
Sono l’unico che guarda con occhi da bambino?
Sono da solo all’altare adesso
Ho il cuore ateo
Tu hai insabbiato tutto e te la sei filata
Già, sei proprio un’opera d’arte
Se solo io fossi la droga di cui ti fai, infilata in una vena del tuo braccio
Magari saresti rimasta, da buona drogata quale sei
Ho trovato, ho trovato i miei occhi da bambino
Sono l’unico che ogni tanto si chiede come mai l’amore mi lascia a mani vuote ogni volta?
Sono l’unico che non è morto dentro?
Magari siete voi stanchi, magari siete voi ciechi
Sono l’unico che guarda con occhi da bambino?
Sono da solo in un oceano adesso, e tu sei una luce a riva
Lo so che pensi di poter trattenere il respiro fin quando non sprofondo
Ma se cerchi di aspettare che questa cosa passi, ci resti da sola a farlo
Ci dovrà pur essere qualcos’altro, qualche altra verità da poter scoprire
Ho trovato, ho trovato i miei occhi da bambino
Sono l’unico che ogni tanto si chiede come mai l’amore mi lascia a mani vuote ogni volta?
Sono l’unico che non è morto dentro?
Magari siete voi stanchi, magari siete voi ciechi
Sono l’unico che guarda con occhi da bambino, che guarda con occhi da bambino?
Sono io l’amore di cui hai bisogno
Sono io l’amore di cui hai bisogno
Vai
Sono io l’amore di cui hai bisogno
Sono io l’amore di cui hai bisogno
Sono io l’amore di cui hai bisogno
Sono io l’amore di cui hai bisogno
3. Yellowcard – Hiding in the Light, traduzione
Nascondersi in piena luce
Possiamo farne un altro giro? Ancora uno
Voglio sentire il fuoco della tua pelle
Voglio che il mio cuore si riversi sopra di te, dentro di te
Ero un profeta che predicava errori prima di te
Ho fatto una dichiarazione di fede
Siamo sempre stati noi due
A raccontarci tutto, a inseguire i sogni
Tutto questo viaggiare nel tempo cercando di farmi a pezzi
Tu ti nascondevi nella luce
Io affogavo nel buio
Ora scelgo la vita e vado avanti e canterò fino al giorno della mia morte
Tutto questo viaggiare nel tempo cercando di farmi a pezzi è finito
Amore, quando sarà di nuovo inverno ce ne staremo al caldo
Pure quando viviamo nel peccato, con te non mi basta mai
Vestito di nero, come un tempo
Dammi tutto quello che hai ogni volta, distruggimi
Io e te per il resto di questa vita: il futuro che vedo, il futuro che vedo
Tutto questo viaggiare nel tempo cercando di farmi a pezzi
Tu ti nascondevi nella luce
Io affogavo nel buio
Ora scelgo la vita e vado avanti e canterò fino al giorno della mia morte
Tutto questo viaggiare nel tempo cercando di farmi a pezzi è finito
È finito, è finito
Tutto questo viaggiare nel tempo cercando di farmi a pezzi
Tu ti nascondevi nella luce
Io affogavo nel buio
Tutto questo viaggiare nel tempo cercando di farmi a pezzi
Tu ti nascondevi nella luce
Io affogavo nel buio
Ora scelgo la vita e vado avanti e canterò fino al giorno della mia morte
Tutto questo viaggiare nel tempo cercando di farmi a pezzi è finito, è finito, è finito
4. Yellowcard – Honest from the Jump, traduzione
Sincera dall’inizio
Eravamo due stelle lontane
Cuori in collisione cosmica
Certi soli bruciano proprio in fretta
Da polvere torniamo polvere
Non c’è problema
C’eravamo quasi quella prima volta, quando tu quasi ci tenevi
Giusto un bacio sull’angolo della strada
La gioia della creazione di contenuti
Prendi, prendi, non dare nulla
(Cibati di un sentimento e vivi per sempre)
Lunga vita a ciò che non dura
(Fino all’osso ormai, eppure per me…)
Non c’è problema
C’eravamo quasi quella prima volta, quando tu quasi ci tenevi
Debole dentro
Chiamavo a casa e gli dicevo che per me c’eri solo tu
Tu non porti amore per nessuno
Non sei stata sincera dall’inizio
Tu non porti amore per nessuno
Non sei stata sincera dall’inizio
Tu non porti amore per nessuno
Non sei stata sincera dall’inizio
Tu non porti amore per nessuno
Non sei stata sincera dall’inizio
Eravamo due stelle lontane
Non c’è problema
C’eravamo quasi quella prima volta, quando tu quasi ci tenevi
Debole dentro
Chiamavo a casa e gli dicevo che per me c’eri solo tu
Debole dentro
Chiamavo a casa e gli dicevo che per me c’eri solo tu
5. Yellowcard – The Places We’ll Go, traduzione
La strada che faremo
Sono passati vent’anni, pazzesco quanto in fretta
Ma siamo stati davvero così giovani?
Gli anni novanta volavano
E io mentivo ancora a me stesso e a tutti quanti
Ma tu avevi comunque un posto dentro al mio cuore
Eri comunque tutto quello che avevo fin dall’inizio
E voglio farti vedere come sono cresciuto
Voglio che tu mi fai vedere la strada che faremo
Ho commesso degli errori
Ti ho lasciata nella scia prendendo il mare
Di notte navigando ho sentito di aver sbagliato tutto
Tu ti sei trovata un anello
Ma tu avevi comunque un posto dentro al mio cuore
Eri comunque tutto quello che avevo fin dall’inizio
E voglio farti vedere come sono cresciuto
Voglio che tu mi fai vedere la strada che faremo
Per tutto quello che ho fatto non ho trovato nessuno che mi perdoni come te
Per cui adesso metto a nudo le mie azioni
Mi ripulisco finalmente, e ti dico che lo voglio
E tu sarai proprio lì dentro al mio cuore
E sarai l’unica cosa di cui ho bisogno fin dall’inizio
E così posso farti vedere come sono cresciuto
E amore, tu puoi farmi vedere la strada che faremo
Amore, tu puoi farmi vedere la strada che faremo
0 notes
pier-carlo-universe · 2 months ago
Text
Vacanze spezzate per Wolfgang Gross di Ilaria de Franceschi: Tra Trieste e Vienna. Recensione di Alessandria today
Quattro indagini mozzafiato per l'ispettore Wolfgang Gross tra arte, omicidi e misteri internazionali
Quattro indagini mozzafiato per l’ispettore Wolfgang Gross tra arte, omicidi e misteri internazionali. Recensione del Romanzo:Ilaria de Franceschi torna a catturare l’attenzione dei lettori con il suo nuovo romanzo Vacanze spezzate per Wolfgang Gross: Tra Trieste e Vienna. Protagonista indiscusso è l’ispettore Wolfgang Gross, che vede le sue tanto attese vacanze rovinate da una serie di…
0 notes
lamilanomagazine · 2 years ago
Text
Milano: al Castello Sforzesco da oggi online "SVELARE LEONARDO", una retrospettiva digitale su Leonardo Da Vinci realizzata da Google Arts&Culture
Tumblr media
Milano: al Castello Sforzesco da oggi online "SVELARE LEONARDO", una retrospettiva digitale su Leonardo Da Vinci realizzata da Google Arts&Culture.  “Svelare Leonardo” è il nuovo progetto digitale che permette di esplorare la vita, l’opera e l’eredità di Leonardo da Vinci e porta online per la prima volta oltre 1.300 pagine dei suoi Codici. La retrospettiva, disponibile per tutti su Google Arts & Culture, è curata da esperti di otto paesi e riunisce oltre 80 storie selezionate da 28 partner in tutta Europa e negli Stati Uniti, tra cui la British Library a Londra, la National Gallery di Washington, il Castello Sforzesco, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” e la Pinacoteca Ambrosiana di Milano. L’hub digitale include storie sulla vita di Leonardo, le sue incredibili invenzioni che possono essere viste in 3D, oltre ai suoi capolavori pittorici. Sempre parte del progetto, la sezione “Inside the Genius Mind” si avvale dell’aiuto dell’intelligenza artificiale e della curatela del professor Martin Kemp per immergersi nei misteri dei manoscritti di Leonardo. Oltre alle opere d’arte, dipinte su tela e anche sui muri, il progetto raccoglie online, in un unico luogo e per la prima volta, i Codici dispersi di Leonardo da Vinci: una vasta serie di appunti scientifici e schizzi che catturano la sua incursione nella matematica, la geometria, la fisica, l’ottica, l’astronomia, l’architettura e persino il volo. “Leonardo da Vinci e Milano sono uniti da un legame indissolubile. Milano è stata la città in cui ha vissuto più a lungo, lasciando un’impronta indelebile grazie al suo eccezionale talento artistico, la sua curiosità senza limiti e il suo genio innovativo. A Milano possiamo ammirare l’Ultima Cena, dipinta nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, una delle pietre miliari dell’arte occidentale. È sempre a Milano che possiamo visitare il Castello Sforzesco, dove Leonardo lavorò per conto di Ludovico Il Moro e realizzò la Sala delle Asse, il più grande trompe-l’oeil della storia dell’arte che stiamo ancora finendo di scoprire grazie a un attento restauro conservativo; sempre al Castello è conservato il prezioso Codice Trivulziano, che ci svela la vastità delle sue invenzioni e le infinite connessioni del suo sapere. E ancora il Codice Atlantico, la più grande raccolta al mondo di manoscritti leonardeschi, che racchiude la sua profonda conoscenza nelle scienze Grazie alle sue conoscenze di ingegneria idraulica, Leonardo cambiò anche il paesaggio di Milano, implementando i Navigli e i canali navigabili e le tracce del suo grande lavoro sono tuttora visibili” ha dichiarato l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi. “Grazie al progetto ‘Svelare Leonardo’ di Google Arts & Culture queste straordinarie opere sono state rese accessibili a un pubblico internazionale, permettendo a milioni di persone di immergersi nell’universo del genio di Vinci. La collaborazione tra Google, la città di Milano e le istituzioni culturali locali e internazionali sottolinea il costante impegno congiunto per preservare e promuovere il patrimonio artistico e intellettuale di Leonardo da Vinci, garantendo che la sua eredità continui a ispirare le generazioni future.” ha proseguito l’assessore Sacchi. Google Arts & Culture è la piattaforma tecnologica sviluppata da Google che permette agli utenti di esplorare opere d’arte, manufatti e molto altro tra oltre 3mila musei, archivi e istituzioni culturali da più di 90 paesi del mondo. Disponibile sul web, da laptop e dispositivi mobili, o tramite app, la piattaforma è pensata come un luogo in cui esplorare l’arte e la cultura online. “Leonardo da Vinci, pioniere dell’arte, della scienza e dell’innovazione, ha ampliato enormemente gli orizzonti della nostra conoscenza. La sua eredità è ancora oggi di grande ispirazione per numerose professioni e discipline. Grazie ai nostri 28 partner internazionali, su Google Arts & Culture diventano accessibili oggi storie curate da esperti ed esperienze di visualizzazione interattiva alla scoperta di una delle più grandi menti della storia – ha dichiarato Amit Sood, Founder and Director di Google Arts & Culture. L'artista visivo Maxime Causeret ha utilizzato in modo creativo lo strumento di intelligenza artificiale sviluppato dal Google Arts & Culture lab per creare un’opera inedita video, un’interpretazione artistica moderna dei Codici di Leonardo Da Vinci, e la pagina di ingresso del progetto presenta illustrazioni dell’artista sudafricana Natalie Paneng, che interpretano il mondo di Leonardo e le sue influenze sull’arte, la scienza, la tecnologia e altro ancora, attraverso immagini potenti che parlano all’idea contemporanea di progresso tecnologico. Il progetto offre anche nuovi modi per interagire con i Codici di Leonardo: grazie all’intelligenza artificiale la sezione “Da Vinci Stickies” permette agli utenti di unire i disegni di Leonardo dando vita a nuove, sorprendenti idee e creazioni. “Svelare Leonardo” è disponibile su Google Arts & Culture tramite app iOS o Android oppure online su goo.gle/leonardo.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
viaggiaescopri · 2 years ago
Photo
Tumblr media
#BielleseMisterioso …”oltre confine” Nel #Comune #piemontese di #TrinoVercellese vi è un gioiello d’#arte che sarebbe rimasto nell’oblio se non fosse stato per certe #leggende dall’odore “sulfureo”. Il gioiello d’arte in questione è il #santuario della #MadonnadelleVigne, il quale si trova nella località di #Montarolo. Questo santuario #abbandonato è conosciuto per la #storia dello “Spartito del diavolo”, un brano #palindromo ritenuto #magico che se fosse suonato al contrario (partendo da destra a sinistra e dal basso verso l’alto) libererebbe un demone che sarebbe tenuto #prigioniero nella #cripta della #chiesa della vicina abbazia di #Lucedio, #abbazia cistercense che fu soppressa nel 1784 e che poi divenne un #principato. Ufficialmente, l’abbazia fu soppressa per una questione tra i #monaci ed il #vescovo di #CasaleMonferrato riguardo alla nomina dell’#abate commendatario. La #leggenda, invece, parla di una storia sinistra di un #diavolo che sarebbe stato evocato cento anni prima della soppressione dell’abbazia. Il #demone sarebbe stato #evocato durante una #messa nera nel vicino #cimitero di #Darola, anch’esso oggi in disuso. (Fonte: https://www.vanillamagazine.it/arte-e-misteri-nel-santuario-della-madonna-delle-vigne/amp/) (presso Principato di Lucedio) https://www.instagram.com/p/Com5rWuswjD/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
carmenvicinanza · 9 months ago
Text
Mimosa Echard
Tumblr media
Mimosa Echard è un’artista multidisciplinare che realizza opere d’arte con la tecnica del recycling in un approccio ambientalista e femminista.
Assemblando oggetti, immagini e riferimenti botanici, esplora i confini tra natura e cultura pop, creando mondi immaginari dai tratti psichedelici. Con la sua particolare pratica di riuso creativo, descrive un mondo fluido che coniuga materia inerte e vivente, botanica e cromie girlish. Porzioni di un ecosistema fantasioso dove ciascun frammento è parte di un “tutto” incontrollabile e poeticamente contagioso.
Nata nel 1986 ad Alès, nel sud della Francia, è cresciuta in una comunità hippy nelle Cévennes.
Si è diplomata all’École nationale supérieure des arts décoratifs di Parigi, nel 2010. Dal 2021 è responsabile del laboratorio di pittura dell’École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi.
La sua ricerca è stata portata avanti in importanti residenze artistiche e istituzioni internazionali e le sue opere sono nelle collezioni di prestigiosi musei come il Centre Pompidou, la Fondation Louis Vuitton, il Museo Ettore Fico e la Sadami Art Foundation di Dhaka, per citarne alcune.
Per le sue opere utilizza la pittura, la scultura, l’installazione, il video e il digitale, ha anche creato un videogame di un gioco di ruolo per la sua personale al Palais de Tokyo dal titolo Sporal. Una ricerca sui mixomiceti iniziata nel 2019 durante una residenza a Villa Kujoyama a Kyoto.
Nel gioco c’è un protagonista unicellulare che si fa strada attraverso un mosaico di universi, mutandosi in differenti forme di vita attraverso uno scambio di fluidi con altre specie. Il pubblico viene avviluppato nel suo universo psichedelico dove il genere e la sessualità esistono in nuove forme in perpetua evoluzione.
Nel 2022 ha vinto il Premio Marcel Duchamp con Escape more, un’installazione organica e monumentale che attraverso la creazione di un ecosistema naturale e artificiale, parla di ecologia e di erotismo.
Il suo lavoro, che mette in gioco, temi legati ai misteri della memoria e delle interazioni con l’ambiente, si può sintetizzare come una critica alla profonda instabilità dell’odierna società. Rivelando l’interdipendenza tra l’essere umano e la macchina, mostra la fluidità e immanenza di elementi della natura che tendiamo a dare per scontati ma che sono destinati a dissolversi.
0 notes
iltrombadore · 3 years ago
Text
Hermann Nitsch, lo spettacolo come profezia...
Tumblr media
E' morto Herman Nitsch, il discusso, turbato e inquietante protagonista dell' Azionismo viennese. Aveva 83 anni. Di lui presentai una azione a Roma nel 2009, assieme a Francesco Villari. Con un testo che ripubblico oggi:                                   Residui d’orgia, tracce  di drammi rituali e di misteri consumati per una teatralità che lascia intravedere ampie colature di sangue versato a profanare stoffe bianche come tuniche sacerdotali, tabernacoli e altari dove possono rimanere appese tanto le vesti umane quanto le viscere  di animali votati al sacrificio: così l’opera di Hermann Nitsch evoca la origine caotica del mondo (“in principio era il Caos”) e si richiama direttamente come un ebbro Sileno alle radici di religioni a carattere dionisiaco puntando a coinvolgere il pubblico in una comune esperienza mistico-estetica. Una simile messa in scena, che non ha uno scopo puramente estetico, ma punta a realizzare effetti di comprensione religiosa (nel senso di “esperienza di verità ”) usa i riferimenti alla liturgia cristiana (altari, tabernacoli, croci, eccetera) per un valore di paradosso. Il  sacrificio cristiano, con i simboli della croce, del pane e del vino, è come il pretesto o il preambolo di una vertiginosa “discesa agli inferi” dove l’immagine dolente e trascendente del Crocefisso cede il passo alla vertigine del baccanale con le sue estasi e vittime sacrificali.  
Tumblr media
Protagonista del Wiener Aktionismous, la corrente che negli anni Sessanta del ‘900 puntò a valorizzare il corpo umano come centro dell’operare artistico, Hermann Nitsch  mette in gioco sé stesso  assieme al pubblico in una accurata regìa di accadimenti spazio-temporali (il famoso “Teatro delle orge e dei misteri”) dove compaiono simboli esoterici, nudità, azioni cruente, processioni. L’artista sollecita l’osservatore a superare la barriera della contemplazione visiva per entrare in una  rischiosa relazione psicofisica con lo  “spettacolo” che vuole associare indissolubilmente l’arte con la vita. Comportamento fisico e manipolazione estetica si danno la mano nel tentativo di fare emergere le pulsioni primigenie della vita emotiva individuale ben oltre le  difese della razionalità cosciente. In questa azione - di cui è parte integrante lo scenario visivo drammatizzato col vivido colore del sangue – si distingue l’esperienza estetica di Hermann Nitsch come un invito religioso a volgersi verso il mondo primordiale e originario, quel misterioso e ctonio “regno delle Madri” dal quale dipende,  avrebbe detto Goethe, “tutto ciò che ha forma e vita sulla superficie della terra” . 
Tumblr media
Di radice schiettamente romantica e più ancora espressionista, la linea espressiva prescelta dall’artista – tessuta di dissonanze, di grida, di improvvise gestualità e di violenti cromatismi suggeriti dall’uso di liquidi e altre materie organiche- sorprende per la macabra ed efficace sintesi di forma e contenuto. L’idea di associare l’elemento sublime a quello sub-liminale giunge però per l’artista “romantico e mistico” nel momento in cui la coscienza consuma fino in fondo l’esperienza della “morte di Dio” e di ogni religiosità trascendente. E riemerge così una tentazione neo-pagana che vuol vivere in forma dionisiaca il senso della disperazione e della avventura mortale del genere umano. Anche per questo il “Teatro delle orge e dei misteri”, concepito da Hermann Nitsch, intende gareggiare  con l’ambizioso progetto wagneriano di “opera d’arte totale” e in qualche modo riesce a suscitare una emozione che mima l’esperienza del “cammino spirituale”. La messa in scena è avvalorata tra l’altro dalla esistenza di un piano di azione ripetitivo fino quasi alla ossessività che punta a fare emergere i primordiali istinti umani . “…Il colore della carne- ha scritto Nitsch- del sangue e delle interiora era diventato importante. Dominava il rosso. Il monocromatismo assunse un ruolo arcaico. Tutto si orientava verso il colore dell’estasi, della vittima del sacrificio, della passione, del sangue, della carne”: all’ascolto di queste parole si riconosce facilmente tra l’altro un gusto tedesco tanto simile a quello di un poeta  tardo decadente come Stefan George che amava associare in poesia l’immagine corrusca e splendente dell’imperatore-dio Eliogabalo con quella del sangue caldo versato sui marmi del  palazzo all’atto della sua eliminazione.
Tumblr media
 E non vi è chi non riconosca ancora, in questa sensuale e diretta raffigurazione, un richiamo ai residui delle grandi feste pagane mediterranee che  si ripetono evocando il culto del sangue e della promiscuità sessuale (si pensi alle feste di Valencia e Pamplona, alla rincorsa dei tori sospinti fino al “macello” della corrida, e al lancio dei pomodori sulle vesti bianche della folla dei partecipanti) . In questa inquietante e vitalistica capacità di scuotere l’emozione risiede la principale virtù espressiva di Hermann Nitsch che mira precisamente ad ottenere un effetto provocatorio sollecitando lo smarrimento dello sguardo abitudinario. C’è del truculento in questa ripetuta  “performance” dionisiaca che l’autore predilige come intenzione estetica e al tempo stesso segnala, accanto all’elemento macabro, una accurata inclinazione al più vivido cromatismo dell’immagine (il bianco delle vesti contro il rosso del sangue, i fondi neri e dorati, il grumo colorato delle materie organiche). Ma ciò che veramente conta nel progetto di Nitsch è l’esigenza di non ridurre l’arte a fattore esclusivamente decorativo per mettere invece in risalto tutta la sua potenza come fattore  spirituale e conoscitivo. La “performance” rituale intesa come “atto purificatorio” che sintonizza esperienza scenica, musica, danza, vino e sangue, è una esplosione di materialità che punta a coinvolgere tutti i sensi in un miscuglio di “idea”, “materia” e “azione”. Su questa lunghezza d’onda  si sono nel tempo tra l’altro mossi, oltre a Nitsch e i protagonisti del Wiener Aktionismous, anche i formidabili artisti del gruppo giapponese Gutai, o il francese Yves Klein, per una sintesi di arte e vita che mette in funzione il linguaggio del corpo e cerca risposte radicali al desiderio di conoscenza e creazione. 
Tumblr media
Rivendicando una funzione primigenia dell’Arte, il filosofo-artista Hermann Nitsch chiama all’appello i giganti dell’inconscio e con essi cerca di dar vita ad una comunità culturale arcaica esaltando una fisicità dionisiaca fino al limite dell’estasi. Così l’arte può diventare la discriminante  di esperienze più intense (al di là del bene e del male) dove le ragioni di Siegmund Freud (il principio del piacere) incontrano la catarsi sensuale di Federico Nietzsche (l’origine e la funzione della tragedia greca). In questa coinvolgente evidenza ottica e drammatica l’artista esibisce una  efficace “vocazione teatrale” in cui metafora religiosa e brutalità  quotidiana si esaltano e realizzano un monumento spettacolare  di rara efficacia barocca. Un po’ come Jospeh Beuys con la “scultura sociale”, anche Hermann Nitsch con i suoi misteri tanto simili  e tanto distanti dai misteri medioevali, vuole essere un “profeta dell’ arte” che mette assieme pittura e scenografia, scrittura, musica e drammaturgia, per effettuare catarsi collettive. Nella giostra tardo moderna delle immagini circolanti ad uso e consumo di una totale assenza di significato, ecco invece un tentativo estremo e quasi selvaggio di restituire senso alla parabola della vita umana e della morte: e nella manifestazione quasi ossessiva di questa radicale esigenza “religiosa”  Hermann Nitsch riesce a trovare le ragioni di una coerente vocazione estetica e di una notevole potenza formale ed espressiva.
3 notes · View notes
wdonnait · 4 years ago
Text
Chi è il padre di Roger Garth: tutto sull'opinionista dell'isola dei famosi
Nuovo post pubblicato su https://wdonna.it/chi-e-il-padre-di-roger-garth-tutto-sullopinionista-dellisola-dei-famosi/110705?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=110705
Chi è il padre di Roger Garth: tutto sull'opinionista dell'isola dei famosi
Tumblr media
Roger Garth è uno degli opinionisti della nuova edizione dell’isola dei famosi.
Molti di voi lo conoscono già, in quanto ospite frequente nei programmi di Barbara D’Urso. Biondo, con gli occhi azzurri ed affascinante, Garth detiene il titolo di primo top model androgino dell’Italia. E per chi non lo sapesse, egli svolge anche la professione di doppiatore e attore.
E proprio un po’ di tempo fa, Roger Garth entrò nel mirino di alcune polemiche, inerenti all’identità di suo padre. Infatti, non si sa bene di chi possa essere figlio anche se ci sono molti sospetti a riguardo. Pensate che non si conosce nemmeno il suo anno di nascita ma soltanto la data (ossia il 18 ottobre) e molto probabilmente, il suo potrebbe essere un nome d’arte.
Roger Garth padre
Come vi abbiamo detto poco fa, non si sa molto sull’identità del padre di Roger Garth.
Tuttavia, girano molte voci a riguardo. Ad esempio, alcuni magazine riportano l’indiscrezione che suo padre potesse essere tedesco ma c’è anche chi lo definisce un divo di Hollywood deceduto più di dieci anni fa. Ma chi sarebbe?
In molti si sono mobilitati per indagare sul caso e se si parla dell’anno 2008, allora Paul Newman potrebbe essere il padre di Roger Garth. Ovviamente, son tutte voci di corridoio e il ragazzo stesso non ha mai lasciato dichiarazioni a riguardo, nemmeno riguardo sua madre. Sarà anche lei un personaggio del mondo del cinema?
I misteri sono tanti ma Roger Garth non lascia trasparire nulla. Allo stesso tempo però, c’è la speranza che in qualche intervista futura egli possa rivelarne l’identità e motivare il perché di tutto questo silenzio. Insomma, è una vicenda tutta da scoprire.
Roger Garth isola dei famosi
Proprio ieri sera, Roger Garth è comparso in prima serata su canale 5, per la prima puntata dell’isola dei famosi.
Il reality show, condotto da Ilary Blasi, vede la presenza di altri due opinionisti, ossia Tommaso Zorzi (vincitore dell’ultima edizione del Grande Fratello Vip) e Iva Zanicchi.
Garth non siede affianco a loro in studio ma si collega di tanto in tanto nel corso della puntata. Il suo compito è praticamente identico a quello degli altri due. La Blasi infatti, gli ha chiesto nel corso della puntata cosa ne pensa dei nuovi naufraghi e della divisione tra burinos e rafinados.
Inoltre, egli è lì per supportare il cromatologo Ubaldo Lanzo, concorrente approdato insieme a Fariba, la mamma di Giulia Salemi. Di lui ha detto così:
“Mi sto sentendo già in colpa perché sono stato io a convincerlo a partecipare all’isola. Non ha mai fatto nulla di materiale in vita sua, è un po’ viziato. Lui ha i domestici, fa tutto la mamma, i parenti… quando lo ospito a casa mia lascia la qualunque in giro!”
Roger Garh modello
Cosa sappiamo della carriera di Roger Garth?
In realtà, non molto se non qualcosa riguardo il mondo della moda.
Egli infatti ha intrapreso la strada per il successo come modello, sin da piccolo. E’ possibile notare la sua presenza in vari spot per bambini. Tutto comincia nel panorama americano, tant’è che ha partecipato al The Mickey Mouse Club, un noto trampolino di lancio americano per vari artisti, basti pensare a Christina Aguilera o Britney Spears.
Ma come vi abbiamo già detto in precedenza, Garth è famoso anche per il suo percorso da doppiatore, iniziato durante gli anni ’90. In diversi cartoni avrete modo di sentire la sua voce: alcuni esempi? Alvin Superstar e American Dad!
Tuttavia, ciò che lo ha portato verso una popolarità non indifferente è senza ombra di dubbio la moda. E come possiamo ben notare dai suoi outfit, è un personaggio che ha stile e non ne sbaglia una, in termini di abbinamenti.
Diverse riviste e stilisti lo hanno chiamato per shooting e sfilate. E grazie alla sua bellezza, Roger Garth ha avuto modo di viaggiare un po’ ovunque, dall’America all’Europa, fino ad arrivare al continente asiatico per campagne e calendari.
E’ stato anche testimonial di Alviero Martini nel 2007.
Roger Garth attore
Nelle vesti di attore invece, ha recitato in teatro interpretando il personaggio di Dorian Gray ma anche al cinema per il film “Identità inattese”. L’anno successivo invece è conduzione del programma americano Saturday Night Live.
Per quanto riguarda il panorama televisivo invece, lo abbiamo visto nel programma di Piero Chiambretti Markette, ma anche nei film The Dange e Flylight – il volo leggero, recitando insieme a Mariagrazia Cucinotta e Nathalie Caldonazzo.
Tra le altre sue esperienze più significative, troviamo anche: “Modeland” e Fashionably Late, entrambi programmi televisivi.
Insomma, una carriera di tutto rispetto!
Roger Garth cane
Roger Garth è molto legato al suo cane.
E’ un levriero afghano che si chiama Kalahari e spesso lo abbiamo visto in tv, nelle trasmissioni di Barbara D’Urso, come “Pomeriggio Cinque”, “Domenica Live“ e Live: Non è la D’Urso.
E nei programmi televisivi, Roger non ha mai perso l’occasione di intraprendere discussioni con altri vip, che si trasformano in litigi davvero molto trash. Basti pensare al suo recente attacco a Patrizia De Blanck, definendola una donna falsa e finta puritana, poiché impegnata segretamente con un personaggio famoso e per di più già sposato.
Roger Garth instagram
Dov’è possibile seguire tutte le novità su Roger Garth?
Ovviamente sui social!
Su instagram infatti, egli ha un profilo ufficiale con la bellezza di oltre 100 mila followers.
Per seguirlo vi basta digitare il nickname @roger.garth. Sul suo profilo noterete numerose foto insieme al suo cane Kalahari ma anche scatti e stories che offrono spunti su outfit.
Garth è riuscito ad instaurare un bel rapporto con la sua community. E seppur girano intorno a lui vari misteri, possiamo certamente dire che sia una persona umile e simpatica. Sotto alle sue foto il supporto dei fans non manca affatto e lo si può notare dai numerosi likes e commenti ricchi di complimenti e di ammirazione.
Restano però vari dubbi in merito all’identità del padre (ma anche della madre e del suo anno di nascita)… sarà davvero figlio del grande Paul Newman? O ci sono delle vicende ancor più inaspettate?
3 notes · View notes
abr · 5 years ago
Quote
questo David Parenzo, “provocatore” in missione per conto di Renzi. Ce ne sono di misteri dolorosi a questo mondo. Ieri ha trovato modo di definire, ed era serio, il cantante clonatore Achille Lauro “il riformismo che avanza”. E parla di uno col nome d’arte di un populista monarchico, dal sensualismo mistico dannunziano, dal motto ducesco “me ne frego”. Uno che tira fuori dallo scatolone i costumi delle rockstar glam di 40 e più anni fa. Con riformisti come questi, chi ha bisogno di reazionari? Ma a uno come Parenzo che gli vuoi dire, è come sparare alle sagome, t’intristisci solo a rispondergli.
http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/le-metamorfosi-dei-maestri-di-pensiero-della-sinistra-che-arrivano-ovunque-pure-a-sanremo/
David Parenzo: cognome ebraico indicatore di provenienza, una ridente cittadina istriana oggi detta Porec, svuotata quasi completamente - ma non del tutto - dagli eredi della cultura che la fece e che a imperitura memoria le ha donato l’immagine di miniclone di cittadina veneta (quasi un esercizio di presapelculo visuale, soave ma definitiva, alla veneta appunto, agli attuali padroni che goffamente insistono, post pulizia etnica, a cucire su tutta la regione istriano-dalmata una narrativa tutta e solamente loro, con tanto di Marko Polo croato); il Parenzo dicevo mi casca quindi a fagiuolo senza volerlo nel Giorno della Memoria delle Foibe. Scommetto che non gli piace :D
Per il resto l’individuo è prova esemplare della antropologica differenza teorizzata a suo tempo da quello sfigato del Serra. Possono anche credere di esser loro la razza superiore e graziosamente glie lo concediamo, anche se l’evidenza fisiognomica testimonierebbe l’opposto; l’importante, il fondamentale è che non ci siano dubbi sul fatto che uguali non siamo e non possiamo essere.  
20 notes · View notes