#mie foto dagli altri
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arriva sempre il momento in cui mi pento visceralmente di ogni cm di pelle che mostro sul web
#e quel momento arriva in genere quando mi rendo conto che non ho il controllo su come vengono ricevute usate e (dio non voglia) salvate le#mie foto dagli altri#e che non posso nemmeno decidere chi mi vede e chi no#vorrei fosse disponibile una scrematura precisa di tutte le persone che mi mettono a disagio#automaticamente impossibilitate a vedere mie foto condividerle o (dio non voglia!!) salvarle sui propri dispositivi#yikes#l'attenzione di alcune persone sa di carezza vellutata oppure di giocosa complicità o ancora di irresistibile frenesia#l'attenzione di altre persone mi mette proprio a disagio e mi sa di qualcosa di sporco impuro e sbagliato#è difficile perchè è impossibile selezionare a priori chi vedrà un dato contenuto#vabbè#me ne vado a ninna#mio post#sfogo#mine
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io e babbo portiamo i fiori al cimitero, prima che la notte scenda
nonno e nonna assistono al cambio di fiori di stoffa, sì di stoffa e pure di fiori veri. un compaesano in giro di cimitero, che non conosco e chiameremo signor mattone, perché ha un cardigan color mattone, si avvicina e attacca bottone, con mio padre, risaputo cordiale parlatore, ma sai, dico ma non lo dico, anche babbo desidera i silenzi di fronte ai suoi morti, sbuffo dentro, e per tutto il cambio vasi cambio fiori, colpetti di tosse, il signor mattone parla parla parla, dei tempi andati dei parenti suoi che non stanno lì, del chicchessiaqualunquecosa. Nonno Attilio sbuffa, giovane ragazzo quando mio padre aveva un mese soltanto, o non so cosa pensa. Ci guarda col volto basso, un po’ interdetto un po’ faccia di bronzo, capello impomatato sigaretta sospesa sulle labbra, pinces sui pantaloni, james dean prima di james dean, maledetta la vespa, maledetta la strada dell’incrocio dei paesi. Gina, dall’alto del suo gran petto che riempie l'ovale della foto e dal basso della sua minutezza, paziente, paziente per forza per amore, aspetta, che il signor mattone ci lasci soli, con la nipote mai conosciuta e il figlio adorato dagli occhi cerulei come i suoi, in bianco e nero. Sospira, la sento che sospira. Io faccio le faccende dei fiori, magari il signor mattone s’accorge e va via, però non so se ho scelto i fiori giusti per lei, se amava questi o preferiva i cristantemi, ma a me non piacciono tanto nonna, e poi non riesco a concentrarmi sull’ikebana, se non posso stare da sola qui con mio padre e con voi, questo signore marroncino continua a parlare della giunta comunale e di chi ruba i fiori alle tombe.
Mattone poi se ne va e io chiedo a babbo un ricordo di tutti e due, anche inventato, è la nostra preghiera. Poi ci prendiamo sottobraccio e andiamo verso la tomba di Grazia, saliamo le scale, c’è un tragitto da fare per raggiungerla, anche se casualmente, è stato un caso, ma nulla è per caso, nel cimitero la tomba di mamma e quella dei nonni si guardano, mamma dal balcone, loro da basso, attorno all’aiuola verde. Una prende l’alba, loro il tramonto.
C’è un sacco di via vai, tutti sembrano più di me provvisti di fiori speciali acque e spruzzini e lavette, io con le mie rose color malva chiaro, e poi volevo pure le foglie e pure le melagrane dell'orto nostro, ma i vasetti son piccini, e tra poco cala il sole.
Arriviamo da mamma a ovest, e come fantasma urlatore scorgiamo il gomito del signor mattone lì davanti la pietra di mia madre. Non ci credo, ci stava aspettando lì, per parlarti ancora! Facciamo un altro giro, un po’ di silenzio vi prego su questa terra, magari si stufa e se ne va, intanto babbo racconta, saluta di qua, io invidio la nebbiolina fiorita di là, che annuvola i vasetti, passa tempo, cala la luce ancora un po', e poi ritorniamo da mamma, ora addirittura s’è creato crocicchio di altrettanti a me sconosciuti, in quei tre metri quadri di fronte alla parete di piccole lapidi. Sospiriamo, giriamo l’angolo verso mamma, facciamoci vedere, tanto qui non se ne va nessuno mi sa.
Ciao mamma dico piano, perché tutti attorno parlano forte di gente che sta male, di un marito che pensa! imbocca la moglie, e io mi dico ma ma ma, ma no, non dico, io e mamma ci guardiamo, la vedo con gli occhi all’indietro, che dice santa pace e qualche parolina di sarcasmo beffardo, babbo sorride contrito alle mie spalle, costretto alle parole degli Altri, è più silenzioso del solito, è scocciato mio padre, è scocciato anche lui, da signor mattone e signor senape e signora muschio, ma mai dirà Potete un attimo lasciarci soli?, Possiamo un attimo raccoglierci, zitti, zitti vi prego, su questa terra, d'altronde lui è il figlio di quei due là sotto all'aiuola dell'est, è il marito della donna qui davanti che sta di fronte al mare coi capelli al vento, e se ne frega dei capelli scapecciati, lui è quello che sta qui, lui accoglie.
Io invece sono la figlia di questo qui che accoglie, e della donna in foto di fronte al mare in tempesta, metto le tre rose color malva nel vasetto, come graffiare il muro della lavagna, mi avvicino alla pietra faccio quasi per entrare dentro il ritratto, cerco di immaginare le battute di mia madre scaccia-urlatori inopportuni, analfabeti della gentilezza, la guardo, chiedo suggerimenti, la vita fa ridere un sacco, ora mi metto un lenzuolo in testa e faccio BOOOO a tutti, così se ne vanno.
invece no, fingiamo di andarcene noi, salutiamo, gli Altri si dileguano, non c'è più da chiacchierare spettegolare a voce alta, torniamo indietro, zitti zitti, non abbiamo gabbato la morte, gabbiamo l'inopportuno, non è poco. Dai sistema i fiori, dimmi i ricordi.
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I cigni fanno finta di niente cignorano.
Ho preso un post-it e sopra ho scritto "Comprare post-it", alché mi guarda e mi dice "Ma che cazzo, sono qua, me lo dici in faccia, me lo scrivi addosso?" e non sapevo come rispondere così ho puntato sull'essere onesti "Bello mio è il 2023 è ora che impari che siamo tutti sostituibili, tu, me, tutti" lui si è preso male, si è scolorito, è passato da quel bel rosa shock acceso tipico dei post-it in uno avvilito e depresso e ha aggiunto "Vabbé ok come vuoi, ricordati solo di prendere le medicine, mi avevi comprato per questo..." e io mi ero scordato in effetti. Ho preso le medicine, il post-it ha smesso di parlare. Peccato, perché era proprio un bravo post-it.
Nel telefono ho solo foto del mio gatto, praticamente. Mi piacciono molto ma mi piacerebbe anche variare un po'. Magari con foto tue di ogni tipo, anche vestita non è un problema. Sono un ragazzo aperto. Non troppo vestita però ché la distanza sarà sempre un problema e poi vorrei inciampare su qualcuna di queste foto mentre sto facendo vedere quanto è bello il mio gatto e "Guarda qua come è seduto in maniera buffa! Guarda qua che panza che ha! È proprio un ciocciottone!!! E invece qua ooops, eh no questa non dovevi vederla, però l'hai vista, ecco, hai visto che bella che è? Sì, pensa che ho il permesso di stringerla. Ti rendi conto? Io, con questa faccia e questa panza che neanche il mio gatto c'ha, posso stringere lei. Posso mettere queste mani su quella pelle. Assurdo eh? Beh, torniamo alle foto di Ernesto, ecco, qua si sta leccando la zona dove una volta aveva le palle, eh poverino, chissà se gli manca avere le palle".
La mostra è stata fatta. Mi hanno finanziato. Ho esposto tutte le tessere degli abbonamenti viennesi. Ho invitato altri artisti e c'era pure una vecchia conoscenza nostra, il caro Spaam, che ha portato un suo lavoro bellissimo ma racconterò tutto quando rebloggherò per la millesima volta il lunghissimo post delle tessere degli abbonamenti viennesi. Però dai metto una foto qui perché sono un sacco orgoglioso.
Questa primavera che non vuole saperne di arrivare mi piace. Anche se sono tornato a indossare i calzini di lana, il secondo paio di mutandoni invernali (fuori sarò ancora un bellissimo ragazzo ma dentro invecchio come non mai e ho qualcosa come centocinquantotto anni portati malaccio) e pure la maglietta della salute. Ogni tanto spunta il sole e Vienna si ricorda di essere viva e i viennesi come lucertole si fiondano sotto ogni raggio disponibile e io salgo sulla bici e pedalo fino a un laghetto poco distante. Non è facile arrivarci, devi seguire una strada piena di automobili e quanto fanno schifo le automobili sono rumorose e lentissime mentre io con la mia bici mossa dalle mie gambe alimentate dalla mia panza siamo molto più eco-amichevoli. Arrivato al laghetto mi sono seduto su un tavolino ignorato dagli osservatori di uccelli locali, quelli che vanno nella natura armati di fotocamere dal lunghissimo teleobbiettivo, e mi sono messo a guardare il cielo. Il tessutto azzurro pallido era graffiato dal passaggio di alcuni aeroplani diretti chissà dove così ho immaginato la mia vita lassù, su un aeroplano, che poi cade, spezzandosi in due. La mia testa non capisco cosa abbia di sbagliato ma vuole sempre che mi accada qualcosa di terribile. Immagino di ritrovarmi a cadere da non so quante migliaia e migliaia di metri da terra a una velocità assurda, anzi no non voglio cercare sul noto motore di ricerca qual è la velocità di caduta ma se ricordo bene deve essere 9,81 metri al secondo. Confermate? Sto cadendo velocissimo e mi manca l'aria ma riesco a raggiungere il telefono e prima di spiattellarmi al suolo vorrei almeno salutare tutti quelli a cui voglio bene, anche quelli che mi stanno sul cazzo dai, perché meritano di sapere che c'è un motivo per cui non li ho mai più contattati ed era proprio perché mi stavano sul cazzo. Quindi preparerei due messaggi, uno che dice "Ti ho sempre voluto bene" e un altro che dice "Sei un essere di merda e sono felice di morire prima di te perché stare ancora su un pianeta dove c'è pure la tua faccia di cazzo è una sofferenza costante". Perché il messaggio d'odio è più lungo di quello d'amore? Non lo so. Ho molta rabbia dentro. In ogni caso non credo sia fattibile. La pressione dell'aria non appena l'aereo si spezza in due sommata allo shock sommato alla temperatura glaciale ecco secondo me io crepo all'istante. Ho pensato a tutto questo mentre stavo seduto su quella panchina e i cigni mi hanno circondato. I cigni appartengono al secondo gruppo, quello dei messaggi di odio. Quanto mi stanno sul cazzo i cigni.
Ero alla mostra, stavo aspettando qualche visitatore. Tre curiosi sono passati, uno però è entrato solo perché credeva fosse stato recapitato qua da noi il pacco che gli hanno spedito. L'ho mandato al tabaccaio vicino ma prima di farlo uscire gli ho fatto vedere tutte le opere contenute quindi conta come visitatore! Ho fatto una videochiamata con mio nonno, volevo fargli vedere che suo nipote, disoccupato, prossimo ai quaranta, panciuto, biondo, rancoroso e ossessionato dal suo gatto ci è riuscito: ha fatto la sua prima mostra personale a Vienna. "Bravo Matteo, bravo!" ha detto prima di passarmi la nonna. La nonna non dice nulla da almeno 6 anni. È immobile sulla sua sedia, rinsecchita come una foglia sopravvissuta a troppe stagioni. Le ho detto "Guarda Pupetta! La mia prima mostra viennese! C'è il mio nome qua!" e lei non ha detto nulla. I suoi occhi erano sacchetti di acqua opaca. Sono tornato a parlare con il nonno che ultimamente si commuove per un nonnulla sempre. "Hai visto? Sono proprio felice nonno. È proprio una bella sensazione". Penso che la nonna abbia sentito che per la prima volta in non so quanti anni non mi sono lamentato di qualcosa e anzi ho detto di essere felice e forse ha capito che dai, pure quell'anima in pena di Matteo in qualche modo ha trovato il suo posto. E ha deciso di andarsene.
Guardo il telefono senza riuscire a staccarmi da ventiquattro ore in attesa della comunicazione ufficiale da parte di mia madre. Salirò su un aereo, arriverò a salutarla e le dirò "Ti ho sempre voluto bene" perché era lei il primo numero a cui avrei mandato un messaggio in caso di disastro aereo.
Per bilanciare allora mi sa che passo al laghetto, sulla via per l'aeroporto, a pestare di mazzate qualche cigno. Questa rabbia e lacrime devo sfogarle in qualche modo e quei pezzi di merda sanno di meritarsele.
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Storie ed emozioni e lezioni di vita.
Dal Grande Spirito allo Spirito Santo.
Tatanka, taverna del pellegrino, oasi di pace. 📷
Ancora ateo ma molto provato dagli eventi. Non mi ero ancora convertito, e stavo attraversando il periodo più duro della mia vita. Ma nonostante tutto avevo dei punti fermi su cui appoggiarmi e molti amici che mi sostenevano, conoscendo le cause delle mie sofferenze. Subivo ingiustizie da parte di chi invece, avrebbe dovuto aiutarmi. Le cause? Avevo acquistato un luogo che non avrei dovuto prendere io, già, faceva gola ai qualcuno dei potenti che amministravano il Comune e ad altri che in teoria avrebbero dovuto stare neutri.
Era ridotto cosi quando l'ho acquistato io ma era al centro del paese e in più confinava con quella che si può ben vedere, un'antica chiesa del 1700 circa, ancora diroccata e sconsacrata. Divieti su divieti, ma nonostante aver dovuto rinunciare a molte delle strutture che avevo nei programmi come per esempio una piscina, alla fine questo è stato il prodotto che sono riuscito ad ultimare. Avevo due squadre in serie "A" sia maschile che femminile e i campi di calcetto erano necessari.
Non mi fecero muovere più di cosi e non potetti più avere nessun altro permesso, nel frattempo avevano ristrutturato e riconsacrata la chiesa. E cosi, come funzionava anticamente, mi ritrovai contro Sindaco e Comune, Chiesa, clero e Belle Arti con il naturale coinvolgimento dell'arma dei carabinieri. Sindaco comunista (Peppone) prete (Don Camillo)...si voglio finire questo post con il sorriso sulle labbra pensando che è solo passato e che, seppure in tantissimi anni di soprusi, che in Italia conosciamo bene, forse proprio per tali sofferenze, io quì ci ho incontrato, conosciuto e ricevuto il Signore nel mio cuore e nella mia vita.
Nello stesso periodo dunque, iniziò la mia storia come pellegrino e mi ritrovai come d'incanto ad essere un uomo davvero felice. Avevo con me il Fratello e l'Amico come Guida, e tutte le Vie del mondo da percorrere in libertà. La vera Libertà!
-Non dovevo rinnegare niente e nessuno, io ero cresciuto come uno spirito libero e sempre dalla parte dei deboli. Amavo gli indiani fin da piccolo e odiavo le promesse non mantenute cosi come facevano i bianchi con lingua biforcuta. D'altra parte gli indiani erano un popolo spirituale, che amava e rispettava la natura gli animali e gli altri esseri umani se agivano correttamente con loro e venivano in pace e rispettavano la parola data. Traditi più volte, reagivano con forza e coraggio come le madri quando difendono i loro figli. Per non dilungarmi oltre e concludere, quel Grande Spirito era non altro che lo Spirito Santo, avevo solo cambiato il nome ma era sempre il mio Dio.
=====
Ma il giorno dopo l'11 Settembre però, dopo aver appreso la notizia dai Tg, anch'io come tutti feci cordoglio. Un abominio, uno vero scempio circa tremila morti, ma gli esecutori, avevano toccato la pupilla di Dio e attirato la sua ira, mentre Bush dichiarava che tutto quello non sarebbe di certo rimasto impunito. Ecco cosi come sempre i capi dichiarano le guerre dai loro comodi salotti, e gli altri vanno a morire. Perchè non andate in testa voi come si faceva una volta? Ma non succederà mai. Ecco perchè il giorno dopo, ripensando alla storia di quei popoli innocenti e sottomessi, cosi come gli indiani e in accordo, con ciò che si può leggere nelle scritture: "Ciò che l'uomo semina, quello pure raccoglierà", ho scritto questa breve poesia già pubblicata, per non dimenticare:
"Guardando e riguardando queste foto degli indiani, mi viene in mente adesso la guerra ai talebani.
La lotta al terrorismo che il mondo sta facendo si dice è cosa giusta, ma la gente sta morendo.
L'America che spara, e che colpisce forte, non se ne rende conto che semina la morte.
Or tutti che l'aiutano perchè colpita al cuore ma intanto nessun ricorda che il talebano muore.
Tu un bel giorno hai deciso e hai decimato gli indiani, con le pistole, i fucili e loro con le mani.
Che senso d'impotenza devono aver provato, hanno difeso casa e non ti avevano provocato.
Ci vivevano da sempre, era la loro terra, ma tu per bramosia gli hai dichiarato guerra.
Li hai sconfitti, sei diventato padrone, loro erano i daini, tu eri il leone e quando eri sicuro che loro erano finiti, hai detto a tutto il mondo: "Ecco a voi gli Stati Uniti".
Ora ti ricordi che quel che è fatto è reso, che senso d'impotenza provi adesso popolo leso.
Eri certo ed eri sicuro che non sarebbe mai successo, del boomerang che è tornato te ne accorgi solo adesso.
Ma tu ti puoi difendere, puoi persino attaccare, la vittoria è quasi certa, ma poi dovrai pensare,
a come vivere in futuro e a far la strada dritta o pagherai di nuovo perchè ogni cosa è scritta".
lan ✍️🖤
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Filo
Il mio regalo per te è arrivato oggi. Il tuo messaggio per me è arrivato oggi. E io che dubitavo. Dubitavo di quel filo che ci lega, ma che invece c'è. Che non è come voglio, della natura che vorrei. Ma c'è.
Sai smentire i miei dubbi (o certezze?) e smantellare le mie paure in un attimo. Gioia di un secondo...ma gioia. Destinata a finire, ma che comunque è stata.
È ora di lasciarti scivolare via dal cuore, dalla testa, dalla pancia. Sicura che quello che c'è (e che non è tutto quello che vorrei, ma c'è) nessuno me lo porterà via, nemmeno lei.
Il filo invisibile, oggi l'ho riconosciuto ancora. Sottile. Resistente. Chissà se è stata lei a suggerirti di esserci anche tu nella foto che mi hai inviato. Chissà se è stata lei a suggerirti di non includerla nelle immagini testimoni della vostra felicità. Probabile, ma spero che non sia così.
Possibile ma, anche se fosse, non mi sentirei in dovere di esserle grata. Troppo facile essere empatica quando si è stata scelta. Il suo stare in disparte non richiesto, anche se desiderato. Un rimanere dietro le quinte un po' ipocrita, quando invece, nella realtà, si domina il palcoscenico.
Ma era l'unica alternativa accettabile. Restare nascosta, visto che da me non era stata inclusa. Visto che nella storia che ho scelto per voi (per te e tua figlia), per te, lei non c'è e non è un caso. C'è già abbastanza nella realtà...
Che poi non è vero che non c'è! L'occhio attento e indagatore c'ha messo un po', complice il desiderio di farla evaporare nell'oblio, ma alla fine ha trovato tracce della sua presenza. Non poteva non esserci e stupida chi nell'illusione di questa possibilità s'è cullata.
Un lembo di pigiama, un dito...una presenza che vorrei cancellare ma che rimane indelebile. Una presenza che, anche volendo, non sarò io a cancellare. E che se anche venisse cancellata probabilmente non porterebbe i riflettori ad accendersi su di me.
Una presenza che non posso cancellare, né dimenticare ma che forse, spero, col tempo perderà peso specifico e quando la vedrò non sentirò più lo squarcio. Al petto, nella pancia. Non sentirò più trapanarmi le domande nella testa, domande che rimarranno senza risposta. Non sentirò più il dolore.
Lui è un balsamo che lenisce le mie ferite e gli sono grata. Forse bisogna aprirsi a ciò che è differente da quello che abbiamo sempre pensato essere "su misura" per noi.
Ma appena compari tutto il resto impallidisce, si affievolisce e perde spessore. Si assottiglia fino quasi a scomparire. Ma lui è tutto quello che ho ora. Cioè, tutto quello che ho e che somiglia a quello che vorrei.
No, non è "tutto quello che ho". È una persona, è un incontro. Un incontro nel momento giusto. Del desiderio. Di essere consolata, ascoltata, coccolata, bramata.
Lui sembra esserci, in quest'incontro. Forse più di me, o forse è un'illusione. Forse senza "forse", è un incontro che va liberato dai fantasmi del passato.
Aprire le porte, darsi possibilità, anche non cercate, anche fuori dagli schemi dei miei desiderata. Paura che l'entusiasmo che si sprigiona dalla sensazione di essere cercata svanisca, lasciando il vuoto di sempre a regnare sovrano.
Paura di non essere più capace di essere il miele che attira l'ape e di finire dimenticata in qualche punto dell'etere.
Perché le parole accendono qualcuno e su altri scivolano via come olio sull'acqua? Una parola, differenti pesi specifici.
Sentire un legame a volte è violenza, se non porta a ciò che vuoi. Una dolce violenza dal sapore di malinconia.
Sentire un legame e non poterlo vivere come vuoi è dolcezza violenta, una convivenza di fiaba e incubo contemporaneamente coesistenti.
Aprire le porte...riempire vuoti o svuotare pieni, che in fondo è la stessa cosa.
Un'amica mi ha detto che basta a se stessa. Riuscirò anch'io nell'intento? Placherò la mia fame?
Anoressia sentimentale, anzi inedia. Difficile, da qui, provare sazietà.
Eppure mi hai ringraziato subito e, leggendo il mio regalo per te, hai rischiato pure di commuoverti, hai scritto.
Per me il rischio è diventato realtà. Per te anche, credo. Corrispondenza emotiva. Pericolosa come una droga, che ti fa volare ma quando finisce è impalpabile come l'aria e crea un vuoto solido e pesante come un masso (o una montagna). Corrispondenza...chissà fino a che punto...
È il punto che delimita la mia sofferenza ed è per questo che è ora di lasciarti andare.
Accettare la solitudine, raggiungere la sazietà emotiva nutrendosi d'altro. O abituarsi alla fame, per non sentirla più.
Dimenticarmi di ciò che eravamo, perché in effetti poi non lo siamo mai diventati. Come un seme che non ha mai germinato.
Non parlarti per non sentire più il piacere di quello che già siamo e di ciò che saremmo potuti diventare, ma non saremo mai.
Eppure nonostante tutto, nonostante faccia anche male, mentre fa del bene (e mentre scorre il bene), quel filo c'è.
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Buongiorno a tutti!!
Oggi il mio buongiorno sarà diverso dagli altri perché voglio chiudere, con questo post, la vicenda "Dott.ssa-Black". Ho riletto tutti i commenti al messaggio di @miky-de-angelis e vorrei spiegare quello che è successo dal mio punto di vista. Molti non saranno interessati, alcuni si ma, come ho scritto in diversi messaggi pvt e come ha detto giustamente @atenablogs, questo rapporto è stato reso "troppo" pubblico e chiunque interessato ha diritto a una spiegazione.
Non è un modo per "uscirne pulita" , per recuperare stima o elevare le mie azioni in questa storia.
Ho fatto molti errori anche io proprio partendo dalla pubblicità. Alcuni di voi, mi avevano avvisato sui danni che la "resa pubblica" avrebbe comportato ma io non ho voluto ascoltare.… Ero presa da quello che "vedevo" e dalle attenzioni che Black mi dava, attenzioni di cui avevo bisogno come aria per diversi motivi più o meno gravi.
Ho scoperto che quello che vedevo non era reale perché un'amica aveva conosciuto un uomo di Udine e, facendomi vedere le sue foto, coincidevano con quelle che Black mandava a me. Non potevo crederci quindi le ho detto di fare una video chiamata. Scrissi a Black, delusa e arrabbiata ma ero ancora convinta che fosse un uomo. È stata la stessa Michela a rivelare che era una donna.
Michela sa benissimo che ero molto attratta ma non innamorata quindi passata la forte delusione (grazie anche alle parole di @s-a-f-e-w-o-r-d ), e non dire di no @miky-de-angelis, abbiamo provato a mantenere una sorta di "rapporto" ma per me era difficile avere a che fare, non tanto con lei quando con me stessa e la mia diffidenza verso le persone. Quindi si sono interrotti i contatti.
Per quanto riguarda il "venerdì da incontro", l'appuntamento era telematico… Almeno per il momento!!
che cosa mi ha lasciato questa vicenda? Diffidenza e Distanza…
Questo è l'ultimo post a cui risponderò sulla vicenda, gli anonimi che pubblicherò saranno solo quelli di persone che hanno bisogno di parlare del mio lavoro…
E comunque buongiorno ☕️
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Essere o non essere?
Mi sono guardato la schiena allo specchio e confermo che sembro essere stato assalito da una piovra gigante, perché ieri la massaggiatrice ha, oltre a strizzarmi a dovere, usato quelle ventose in plastica morbida che lasciano succhiottoni appunto da piovra. Dopo il massaggio sono andato a pranzo con la piccoletta e come al solito chiacchere e risate random, poi le ho chiesto se la noia che mi portano i miei brani quando li suono, non so se è proprio noia ma chiamiamola così, sia un qualche segnale? Risposta, si, dice che il mio percorso di studi degli ultimi anni mi ha portato fuori da quello che è il mio ambito musicale, che sia il blues o il progressive, la musica classica o la composizione, e mi ha detto di lanciarmi in quello che sento di più sia vicino al modo in cui voglio esprimermi. Le amicizie quelle belle, in realtà pensandoci è vero, l'ho scritto anche ieri mi pare, che sono stufo di fare quei brani non solo perché sono datati ma anche perché dentro di me è nato qualcosa che va oltre, che esce dalla confort zone musicale. John Cage docet "La musica è in continua evoluzione", parte di una frase che ho scolpita nella mente oramai.
Ho letto oggi un articolo interessante che mi ha catturato per il titolo, un pò lungo e un pò bla bla, però ha degli spunti di riflessione niente male, come il fatto di sdoppiarsi in ambiti diversi, come la vita reale e quella online, speravo fosse più approfondito sull'argomento di come ci percepiscono gli altri, ma l'articolo in realtà parla di altro. Però l'aspetto di come ci vedono gli altri in rapporto a come siamo è uno dei punti salienti della nostra vita, soprattutto adesso che i social danno una versione di noi distorta basta una foto o un post o anche un commento per essere fraintesi, per dare al prossimo una visione di noi completamente irreale, come nell'articolo, si crea un doppio, avvolte voluto ma spesso no, almeno per quanto mi riguarda. Ho sempre pensato tra me e me che le persone non hanno la voglia di approfondire la conoscenza del prossimo, non solo la mia, e che non hanno neanche, spesso per niente, l'occhio per i dettagli, la dico così anche perché non mi viene una terminologia adatta, mi spiego : a me capita di capire, anche se non profondamente, una persona dalle azioni che fa, da quello che dice e dai suoi comportamenti sia nei miei confronti che nei confronti degli altri, diciamo che in un certo senso profilo le persone, più che altro per capire con chi ho a che fare, ma la decodifica spesso è difficile proprio perché quella persona non si mostra per quello che è ma è un suo doppio, un carattere che recita, in certi casi molto bene.
Questo lo lego alla falsità che ci circonda giornalmente, al politically correct degli ultimi anni, anche se mi sono reso conto di questo già dagli anni 90. Penso che nella seconda metà degli anni 90 sia iniziato tutto quello che oggi abbiamo di più squallido, quando ancora i social non esistevano dato molto importante, ricordo per esempio un tizio che veniva ai concerti e quando scendevi dal palco ti veniva incontro con un sorrisino ebete e ti dava gratuitamente palate di merda, tipo "Hai fatto schifo proprio sta sera", oppure "Ma perché suoni se non sai suonare?", al che un giorno ha preso mazzate da una band di metallari, ben gli sta, ma quello stesso tizio, che oggi etichettiamo come hater, e che quando ho visto suonare ho capito il perché del suo comportamento ostile, tutta invidia, era il prototipo di tutte quelle persone che oggi dietro una tastiera (quindi rischio di pestaggio zero) si permettono di insultare il prossimo, spesso per il gusto di farlo, si anche un pò bulletti ma sempre e rigorosamente da remoto.
Discorso complessissimo mattutino, quanto me piacciono i pipponi, ma che si allaccia sempre al mio percorso di vita, alle mie scelte di diventare mio malgrado un musicista propenso all'arte che come tale guarda la società con la sua lente d'ingrandimento per scrutarne le venature più profonde. Eccovi l'articolo se siete curiosi come me.
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Acetone: parlano Giorgio V. e Sandro Puddu
Continuiamo a conoscere l'universo musicale di Acetone, label italiana creata appena un anno fa da Maurizio Nari e Jens Lissat che è già tra le tre realtà più importanti per quel che riguarda la Funky House su Beatport. Dopo la bella chiacchierata con Nari e Steve Tosi - che potete leggere qui: https://bit.ly/Acetone1 -, conosciamo meglio Giorgio V. (nella foto sulla dx) e Sandro Puddu (nella foto sulla sx), due degli altri artisti che pubblicano con continuità la loro musica su Acetone.
Si percepisce un notevole entusiasmo, incontrando i dj che stanno collaborando a questo nuovo progetto. Si sente forte la loro voglia di far sentire nel mondo la propria musica, ma soprattutto si sente il piacere di far parte di una realtà collettiva, una label italiana che già oggi si sta facendo sentire fino in Australia con dj set e produzioni. Con pezzi che fanno ballare il dancefloor. Ogni dj di Acetone usa volentieri, durante le sue serate, i dischi prodotti dagli altri... perché funzionano e fanno ballare.
"Per me è davvero un grande soddisfazione collaborare con Acetone", racconta Sandro Puddu. "Ho visto buoni risultati fin da subito, ad esempio 'You're Simply The Best' è ancora in buona posizione su Beatport a tre mesi dall'uscita ". "Per me produrre musica è un'esperienza nuova", gli fa eco Giorgio V.. "Fino all'evento del Covid, per quasi vent'anni, sono stato in console sei sere a settimana, per cui non avevo l'energia per produrre dischi miei. Oggi, grazie anche al supporto tecnico e tecnologico di Maurizio Nari, che è davvero un mago in studio, vedo concretizzate le mie idee. Il mio primo singolo aveva ancora qualche pecca, ma il secondo, 'Upsdide Down' è davvero ben riuscito... e infatti, come il brano di Sandro, è ancora in classifica dopo 3 mesi".
State continuando a lavorare su nuovi brani anche durante l'estate o siete in meritata pausa?
Sandro Puddu: "Ho deciso di non fermarmi, anche perchè per noi dj e per chi si diverte l'estate è il periodo migliore per proporre ed ascoltare musica nuova. Molta dell'energia deriva anche da chi ascolta i miei brani e mi fa sapere che gli piacciono. Ricevo feedback positivi continuamente e su YouTube c'è addirittura il video di una persona che suona la batteria su 'You're Simply The Best'. So poi che Maurizio Nari e tutto il team della label si stanno facendo in quattro per noi artisti e anche questo dà energia".
Giorgio V.: "Anche io sto ricevendo un sacco di feedback e non mi fermerò. Dopo "Pretty Woman" uscita il 28 luglio, ho già un'altra uscita in programma per fine agosto '23. Il sound che stiamo proponendo piace molto, ai nostri colleghi dj... e anche alle persone durante le serate".
Come ci si sente a godersi questo successo?
Sandro Puddu: "Mi sembra ancora strano. Fino a qualche tempo fa ero solo io a congratularmi con gli altri per i loro dischi, adesso mi capita spesso il contrario, non solo online. Devo dire che le prime volte è stata un'emozione forte. Bella, ma non facile da gestire perché inaspettata".
Giorgio V. "Suono da anni in locali importanti come Le Vele di Alassio e so cosa vuol dire stare al centro dell'attenzione, per cui so che effetto fa la bella musica quando viene proposta nel modo giusto... Tuttavia quella che ci stanno dando le release su Acetone è una cosa diversa, ovvero una visibilità che arriva fino in Australia. Se come dj in Liguria 'funziono' lo sanno, esagerando, fino a Milano. Oggi invece la mia musica viaggia molto più lontano".
Che direzione musicale vi sembra stia prendendo l'estate 2023? Trap e reggaeton sono in calo o continuano a spingere?
Sandro Puddu: "E' una domanda difficile. Mi sembra che tendenze musicali definite ce ne siano poche. Senz'altro trap e raggaeton continuano a spingere forte, soprattutto per il pubblico più giovane, ma è vero che non è affatto detto che un dj per far ballare debba suonare per forza 2 ore solo con questo sound. Parlo della Sardegna, il territorio in cui lavoro".
Giorgio V.: "Sono d'accordo, trend chiari ce ne sono pochi... ma anche in Liguria trap e reggaeton piacciono ancora molto. Il sabato de Le Vele di Alassio ha sonorità tra funky house e 'commerciale' e fa più o meno gli stessi numeri del giovedì, che invece è trap - reggaeton. Certo, il sabato la clientela è un po' più adulta ed elegante, ma i risultati parlano chiaro."
Chiudiamo con una domanda dedicata ai giovani dj. Vista la vostra lunga esperienza, secondo voi quali sono gli errori da non fare quando ci si approccia al lavoro del dj?
Sandro Puddu: "Credo che la cultura musicale sia fondamentale e che il modo migliore per approcciarsi al djing sia iniziare a mixare con i vinili. Ho da poco aperto una scuola per dj e ho già circa 20 alunni. Devo dire che mi fa molto piacere sapere che molti vogliono iniziare con i vinili, con le mani sui dischi".
Giorgio V.: "Troppi si approcciano alla console perché fare il dj sembra un lavoro facile, remunerativo e divertente, che dà adrenalina. E' il motivo sbagliato: si deve iniziare perché si ama la musica, solo così si potrà continuare volentieri. In console oggi si è spesso al centro dell'attenzione, mentre qualche anno fa non era certo così. Ricordo che spendevo, come tanti, tutti la mia paghetta in dischi. Per anni sono arrivato nei locali prima dell'apertura, quando ci sono solo baristi e camerieri, andando via per ultimo. Se si ama la musica e si ha voglia di lavorare in team, allora sì, fare il dj è un gran bel lavoro... ma se si cercano solo soldini e visibilità, l'insuccesso è quasi assicurato".
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Acetone: parlano Giorgio V. e Sandro Puddu
Continuiamo a conoscere l'universo musicale di Acetone, label italiana creata appena un anno fa da Maurizio Nari e Jens Lissat che è già tra le tre realtà più importanti per quel che riguarda la Funky House su Beatport. Dopo la bella chiacchierata con Nari e Steve Tosi - che potete leggere qui: https://bit.ly/Acetone1 -, conosciamo meglio Giorgio V. (nella foto sulla dx) e Sandro Puddu (nella foto sulla sx), due degli altri artisti che pubblicano con continuità la loro musica su Acetone.
Si percepisce un notevole entusiasmo, incontrando i dj che stanno collaborando a questo nuovo progetto. Si sente forte la loro voglia di far sentire nel mondo la propria musica, ma soprattutto si sente il piacere di far parte di una realtà collettiva, una label italiana che già oggi si sta facendo sentire fino in Australia con dj set e produzioni. Con pezzi che fanno ballare il dancefloor. Ogni dj di Acetone usa volentieri, durante le sue serate, i dischi prodotti dagli altri... perché funzionano e fanno ballare.
"Per me è davvero un grande soddisfazione collaborare con Acetone", racconta Sandro Puddu. "Ho visto buoni risultati fin da subito, ad esempio 'You're Simply The Best' è ancora in buona posizione su Beatport a tre mesi dall'uscita ". "Per me produrre musica è un'esperienza nuova", gli fa eco Giorgio V.. "Fino all'evento del Covid, per quasi vent'anni, sono stato in console sei sere a settimana, per cui non avevo l'energia per produrre dischi miei. Oggi, grazie anche al supporto tecnico e tecnologico di Maurizio Nari, che è davvero un mago in studio, vedo concretizzate le mie idee. Il mio primo singolo aveva ancora qualche pecca, ma il secondo, 'Upsdide Down' è davvero ben riuscito... e infatti, come il brano di Sandro, è ancora in classifica dopo 3 mesi".
State continuando a lavorare su nuovi brani anche durante l'estate o siete in meritata pausa?
Sandro Puddu: "Ho deciso di non fermarmi, anche perchè per noi dj e per chi si diverte l'estate è il periodo migliore per proporre ed ascoltare musica nuova. Molta dell'energia deriva anche da chi ascolta i miei brani e mi fa sapere che gli piacciono. Ricevo feedback positivi continuamente e su YouTube c'è addirittura il video di una persona che suona la batteria su 'You're Simply The Best'. So poi che Maurizio Nari e tutto il team della label si stanno facendo in quattro per noi artisti e anche questo dà energia".
Giorgio V.: "Anche io sto ricevendo un sacco di feedback e non mi fermerò. Dopo "Pretty Woman" uscita il 28 luglio, ho già un'altra uscita in programma per fine agosto '23. Il sound che stiamo proponendo piace molto, ai nostri colleghi dj... e anche alle persone durante le serate".
Come ci si sente a godersi questo successo?
Sandro Puddu: "Mi sembra ancora strano. Fino a qualche tempo fa ero solo io a congratularmi con gli altri per i loro dischi, adesso mi capita spesso il contrario, non solo online. Devo dire che le prime volte è stata un'emozione forte. Bella, ma non facile da gestire perché inaspettata".
Giorgio V. "Suono da anni in locali importanti come Le Vele di Alassio e so cosa vuol dire stare al centro dell'attenzione, per cui so che effetto fa la bella musica quando viene proposta nel modo giusto... Tuttavia quella che ci stanno dando le release su Acetone è una cosa diversa, ovvero una visibilità che arriva fino in Australia. Se come dj in Liguria 'funziono' lo sanno, esagerando, fino a Milano. Oggi invece la mia musica viaggia molto più lontano".
Che direzione musicale vi sembra stia prendendo l'estate 2023? Trap e reggaeton sono in calo o continuano a spingere?
Sandro Puddu: "E' una domanda difficile. Mi sembra che tendenze musicali definite ce ne siano poche. Senz'altro trap e raggaeton continuano a spingere forte, soprattutto per il pubblico più giovane, ma è vero che non è affatto detto che un dj per far ballare debba suonare per forza 2 ore solo con questo sound. Parlo della Sardegna, il territorio in cui lavoro".
Giorgio V.: "Sono d'accordo, trend chiari ce ne sono pochi... ma anche in Liguria trap e reggaeton piacciono ancora molto. Il sabato de Le Vele di Alassio ha sonorità tra funky house e 'commerciale' e fa più o meno gli stessi numeri del giovedì, che invece è trap - reggaeton. Certo, il sabato la clientela è un po' più adulta ed elegante, ma i risultati parlano chiaro."
Chiudiamo con una domanda dedicata ai giovani dj. Vista la vostra lunga esperienza, secondo voi quali sono gli errori da non fare quando ci si approccia al lavoro del dj?
Sandro Puddu: "Credo che la cultura musicale sia fondamentale e che il modo migliore per approcciarsi al djing sia iniziare a mixare con i vinili. Ho da poco aperto una scuola per dj e ho già circa 20 alunni. Devo dire che mi fa molto piacere sapere che molti vogliono iniziare con i vinili, con le mani sui dischi".
Giorgio V.: "Troppi si approcciano alla console perché fare il dj sembra un lavoro facile, remunerativo e divertente, che dà adrenalina. E' il motivo sbagliato: si deve iniziare perché si ama la musica, solo così si potrà continuare volentieri. In console oggi si è spesso al centro dell'attenzione, mentre qualche anno fa non era certo così. Ricordo che spendevo, come tanti, tutti la mia paghetta in dischi. Per anni sono arrivato nei locali prima dell'apertura, quando ci sono solo baristi e camerieri, andando via per ultimo. Se si ama la musica e si ha voglia di lavorare in team, allora sì, fare il dj è un gran bel lavoro... ma se si cercano solo soldini e visibilità, l'insuccesso è quasi assicurato".
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Acetone: parlano Giorgio V. e Sandro Puddu
Continuiamo a conoscere l'universo musicale di Acetone, label italiana creata appena un anno fa da Maurizio Nari e Jens Lissat che è già tra le tre realtà più importanti per quel che riguarda la Funky House su Beatport. Dopo la bella chiacchierata con Nari e Steve Tosi - che potete leggere qui: https://bit.ly/Acetone1 -, conosciamo meglio Giorgio V. (nella foto sulla dx) e Sandro Puddu (nella foto sulla sx), due degli altri artisti che pubblicano con continuità la loro musica su Acetone.
Si percepisce un notevole entusiasmo, incontrando i dj che stanno collaborando a questo nuovo progetto. Si sente forte la loro voglia di far sentire nel mondo la propria musica, ma soprattutto si sente il piacere di far parte di una realtà collettiva, una label italiana che già oggi si sta facendo sentire fino in Australia con dj set e produzioni. Con pezzi che fanno ballare il dancefloor. Ogni dj di Acetone usa volentieri, durante le sue serate, i dischi prodotti dagli altri... perché funzionano e fanno ballare.
"Per me è davvero un grande soddisfazione collaborare con Acetone", racconta Sandro Puddu. "Ho visto buoni risultati fin da subito, ad esempio 'You're Simply The Best' è ancora in buona posizione su Beatport a tre mesi dall'uscita ". "Per me produrre musica è un'esperienza nuova", gli fa eco Giorgio V.. "Fino all'evento del Covid, per quasi vent'anni, sono stato in console sei sere a settimana, per cui non avevo l'energia per produrre dischi miei. Oggi, grazie anche al supporto tecnico e tecnologico di Maurizio Nari, che è davvero un mago in studio, vedo concretizzate le mie idee. Il mio primo singolo aveva ancora qualche pecca, ma il secondo, 'Upsdide Down' è davvero ben riuscito... e infatti, come il brano di Sandro, è ancora in classifica dopo 3 mesi".
State continuando a lavorare su nuovi brani anche durante l'estate o siete in meritata pausa?
Sandro Puddu: "Ho deciso di non fermarmi, anche perchè per noi dj e per chi si diverte l'estate è il periodo migliore per proporre ed ascoltare musica nuova. Molta dell'energia deriva anche da chi ascolta i miei brani e mi fa sapere che gli piacciono. Ricevo feedback positivi continuamente e su YouTube c'è addirittura il video di una persona che suona la batteria su 'You're Simply The Best'. So poi che Maurizio Nari e tutto il team della label si stanno facendo in quattro per noi artisti e anche questo dà energia".
Giorgio V.: "Anche io sto ricevendo un sacco di feedback e non mi fermerò. Dopo "Pretty Woman" uscita il 28 luglio, ho già un'altra uscita in programma per fine agosto '23. Il sound che stiamo proponendo piace molto, ai nostri colleghi dj... e anche alle persone durante le serate".
Come ci si sente a godersi questo successo?
Sandro Puddu: "Mi sembra ancora strano. Fino a qualche tempo fa ero solo io a congratularmi con gli altri per i loro dischi, adesso mi capita spesso il contrario, non solo online. Devo dire che le prime volte è stata un'emozione forte. Bella, ma non facile da gestire perché inaspettata".
Giorgio V. "Suono da anni in locali importanti come Le Vele di Alassio e so cosa vuol dire stare al centro dell'attenzione, per cui so che effetto fa la bella musica quando viene proposta nel modo giusto... Tuttavia quella che ci stanno dando le release su Acetone è una cosa diversa, ovvero una visibilità che arriva fino in Australia. Se come dj in Liguria 'funziono' lo sanno, esagerando, fino a Milano. Oggi invece la mia musica viaggia molto più lontano".
Che direzione musicale vi sembra stia prendendo l'estate 2023? Trap e reggaeton sono in calo o continuano a spingere?
Sandro Puddu: "E' una domanda difficile. Mi sembra che tendenze musicali definite ce ne siano poche. Senz'altro trap e raggaeton continuano a spingere forte, soprattutto per il pubblico più giovane, ma è vero che non è affatto detto che un dj per far ballare debba suonare per forza 2 ore solo con questo sound. Parlo della Sardegna, il territorio in cui lavoro".
Giorgio V.: "Sono d'accordo, trend chiari ce ne sono pochi... ma anche in Liguria trap e reggaeton piacciono ancora molto. Il sabato de Le Vele di Alassio ha sonorità tra funky house e 'commerciale' e fa più o meno gli stessi numeri del giovedì, che invece è trap - reggaeton. Certo, il sabato la clientela è un po' più adulta ed elegante, ma i risultati parlano chiaro."
Chiudiamo con una domanda dedicata ai giovani dj. Vista la vostra lunga esperienza, secondo voi quali sono gli errori da non fare quando ci si approccia al lavoro del dj?
Sandro Puddu: "Credo che la cultura musicale sia fondamentale e che il modo migliore per approcciarsi al djing sia iniziare a mixare con i vinili. Ho da poco aperto una scuola per dj e ho già circa 20 alunni. Devo dire che mi fa molto piacere sapere che molti vogliono iniziare con i vinili, con le mani sui dischi".
Giorgio V.: "Troppi si approcciano alla console perché fare il dj sembra un lavoro facile, remunerativo e divertente, che dà adrenalina. E' il motivo sbagliato: si deve iniziare perché si ama la musica, solo così si potrà continuare volentieri. In console oggi si è spesso al centro dell'attenzione, mentre qualche anno fa non era certo così. Ricordo che spendevo, come tanti, tutti la mia paghetta in dischi. Per anni sono arrivato nei locali prima dell'apertura, quando ci sono solo baristi e camerieri, andando via per ultimo. Se si ama la musica e si ha voglia di lavorare in team, allora sì, fare il dj è un gran bel lavoro... ma se si cercano solo soldini e visibilità, l'insuccesso è quasi assicurato".
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Il sergente
:: di Lyes :: Ero andata via dall’ufficio senza salutare. Non lo facevo mai, ma in quei giorni ero stanca di tutto e di tutti. Questo dover oltrepassare i controlli e una sbarra all’entrata e all’uscita dal lavoro, mi rendeva intollerante, antipatica e claustrofobica. Particolarmente. Perché già lo ero di mio… Ma non da quando c’era lui. Avevo cominciato a notarlo qualche settimana prima. Cambiavano sempre e da poco era arrivato questo marcantonio dagli occhi blu che guardava sempre fisso davanti a sé. Nemmeno trentenne, io con qualche anno in più, aveva gli occhi del mare d’inverno, carnagione scura e lineamenti marcati. Sembrava uscito da una vecchia pubblicità della Coca-Cola. Però non sembrava affatto essere il bulletto a cui si atteggiava. Forse perché mi ricordava, a tratti, un caro amico d’infanzia, con cui avevo passato l’adolescenza e a cui avevo regalato la mia verginità. Avendo perso il padre da bambino era sempre incazzato col mondo. Faceva il bulletto ma io un po' lo compativo. Così, non dando poi tutta quest’importanza all’evento, decisi che la nostra era comunque una forma d’amore e mi lasciai sedurre con affetto, anche se nessuno dei due era veramente innamorato. Crescevamo insieme e basta. Il marcantonio mi controllava i documenti e non mi degnava di uno sguardo. Nemmeno per vedere se la foto corrispondeva. Mi faceva aprire l'auto, ma niente. Neanche al mio stringato, ma almeno civile, saluto era seguita mai alcuna occhiata, un sorriso, nulla. Forse era solo questo a renderlo interessante ai miei occhi. Quasi rallentavo per farmi fermare quando c’era lui. Ma ero una donna e non mi fermavano spesso. Non oggi però. Oggi controllavano tutti. Ogni tanto accadeva che ricevessero ordini dall’alto che bisognava ispezionare tutti. Ed eravamo in fila. Pazienti gli uomini. Le poche donne, meno. C’era sempre qualche scusa: figli da andare a prendere, correre a fare la spesa, cucinare, riunioni a cui partecipare. Insomma sembrava che gli uomini, in confronto a noi, non avessero mai niente da fare. – Gentilmente mi apre dietro? – Certo. Che voce stridula mi era uscita. Mentre sprofondavo dalla vergogna aprii il portabagagli e subito mi caddero a terra le mille cianfrusaglie stipate dentro la macchina che usavo ormai come una seconda casa. A entrambi venne automatico chinarci per prenderle e così, grazie a questo gesto quasi involontario, ci toccammo per la prima volta dandoci una severa testata l’un l’altro. Lui non si scalfì nemmeno, io invece persi l’equilibrio e mi ribaltai per terra. Mi affrettai a scusarmi. Non so perché. Forse perché la divisa mi incuteva un po' di timore. Ma avrebbe potuto farlo anche lui. Lo chiamarono. – Sergente. Venga. Niente nome. Mi fecero spostare avanti per far passare gli altri. Lui tornò indietro e guidò la mia auto fino a superare il controllo e parcheggiò accanto a me che nel frattempo ero stata messa a sedere su una sedia con del ghiaccio sulla testa e sul ginocchio gocciolante sangue, tra le calze smagliate. L’accaduto ci aveva regalato quell’inaspettata intimità. – Come si chiama? Mi chiese porgendomi le chiavi della mia auto. Ma lo sapeva già il mio nome. – Matilde. E lei? Nessuna risposta. S’inginocchiò di fronte a me e controllò le mie ferite. Mi accarezzò piano la fronte e finalmente dopo settimane che mendicavo il suo sguardo, i suoi occhi fissarono i miei. – Perché non se ne va via? Perché non me ne andavo via? Già, pareva facile. Prendere e lasciare tutto. Senza un soldo. Senza un lavoro. Senza alcun amico lontano che ti potesse ospitare. Eh però se restavi e succedeva che morivi in uno dei mille atroci modi possibili, non era certo meglio. No. Decisamente non lo era. – … E dove dovrei andare? … Arriverà anche qui? – Sì. Era stato un vero e proprio avvertimento. Un dirmi qualcosa che forse non avrebbe potuto. Ma io lo stesso non sapevo dove mai sarei potuta andare. I giorni passarono e fummo immersi in questa coltre di ansia e incertezza. Suonavano le sirene. Correvamo negli scantinati. Ogni tanto arrivavano notizie da dove era la guerra. Quella vera. Quella dove qualcuno che conosci è scappato o muore o non ne sai più nulla. Eravamo un po’ tutti sgomenti. Sotto choc. Mai avremmo potuto immaginare che una guerra, oggi, avrebbe preso posto nelle nostre vite. La guerra apparteneva al passato. Ai libri di storia o a un film, al massimo. E invece, nonostante sembrasse tutto così incredibile e assurdo, eravamo lì, e io avevo paura di tutto. Anche per il mio gatto ammaccato che si aggirava sempre più circospetto per casa. Da qualche giorno venivo fermata più spesso. Non solo io. La situazione era peggiorata. Mancava spesso l’acqua e riuscivo a lavarmi solo a pezzi. Mi sentivo sempre sporca e in ansia. I rumori mi atterrivano. L’umore era nero. – Mi deve dare i suoi documenti. – Ma sono sempre quelli i miei documenti. Passo da qui tutti i santi giorni, quattro volte al giorno. Non è che scado. Nonostante tutto risi di me stessa e della mia acidità. Il sergente alzò un sopracciglio e per la seconda volta in questa assurda storia, mi guardò dritta negli occhi. – Non c’eri ieri. Il suo darmi del tu mi sbalordì. – No. Riuscii a biascicare. – Nemmeno giovedì. – No. Il cuore cominciò a battere velocemente e dopo tanto tempo ebbi quasi un attimo di pura euforica allegria. Non ero più abituata a sentirmi leggera ed ero come ubriaca. – Stai meglio? – Sì. Non rispondevo che a monosillabi ma volevo gridare. Mi trattenni. E poi arrivò la mazzata. Inaspettata. Brutalmente inaspettata. – Tra 15 giorni mi trasferiscono. Mi sentii mancare. Ecco che questa oasi di vuoto, di estraneità all’orrore, me l’avrebbero tolta. Questo miracoloso rituale, che mi permetteva di sopravvivere ogni giorno, sarebbe finito. – Dove? Domanda inutile e stupida. Mi fece cenno di andare. E io mi sentii salire lacrime amare e piene di rabbia. Arrivai a casa con gli occhi arrossati e pieni di un mare salato. Salii in fretta e, visto che scorreva un leggero rigagnolo d’acqua, m’infilai sotto la doccia, nella speranza che durasse quantomeno per lavare via questa insensata frustrazione. Il citofono suonò. – Posso salire? Riconobbi la voce e aprii senza dire una parola. Senza nemmeno indicare il piano. Se sa dove sto, sa pure a che piano. Bussò e io aprii la porta, con i capelli bagnati e l’accappatoio addosso. Arrivò anche il micio che lo fissò torvo e sbilenco. Con mia grande meraviglia lo guardò e lo salutò sorridendo. Sorriso che era la prima volta che vedevo. I denti bianchi, erano perfettamente allineati. – Ciao gatto. Dal mugolio che ne seguì, compresi che anche il mio gatto si era preso, immediata, una cotta per lui. Dal gatto passò a guardare me. Mi guardò intensamente e a lungo. Per tutte quelle volte in cui prima non l’aveva fatto. – Posso? Mi chiese in un sussurro e io feci solo cenno di sì. Mi aprì l’accappatoio piano, mi afferrò i fianchi e cominciò a baciarmi lungo il collo, dietro l’orecchio. Mi accarezzò ogni centimetro di pelle. Avevamo bisogno del calore l’uno dell’altra e non smettemmo un secondo di guardarci e baciarci e sorriderci. Disperati. Mi svegliai con lui addosso. – Non so nemmeno il tuo nome. Si mise a ridere… – Ok. Ricominciamo da capo. Ci vediamo a pranzo. Ci incontriamo ufficialmente e ci presentiamo. – Ok. Sembrava un ragazzo adesso. E lo era. E se ne andò baciandomi sulla fronte. Aspettai l’ora convenuta con un’ombra nel cuore. Avevo paura che fosse stato solo un modo facile per andarsene. E invece eccolo lì, che ancora mi sorrideva arrivando da lontano. Con gli occhi fissi su di me. All’improvviso non vidi né sentii più nulla. Balzai violentemente all’indietro dal mio tavolino contro il muro. I vetri si frantumarono e la polvere fu ovunque. Un tremendo boato mi rimbombava nella testa e per qualche minuto non seppi più dov’ero e cosa stavo facendo. Mi scossero. Brandelli di carne e tutto il rosso che avevo addosso pensarono fosse il mio. Ma non era il mio sangue. Avevo (in loop) nella testa, lui che mi guardava per la prima volta. Lui che mi accarezzava il viso, lui che mentre facevamo l’amore mi sussurrava quanto mi aveva desiderato. Lui che mi sorrideva da lontano. Lui che saltava in aria. Qualcuno venne a chiedermi se sapessi il suo nome. Io avevo ancora il suo odore addosso. Ma il suo nome no, non lo sapevo. E non lo avrei saputo mai. © Testo – Lyes N.B. L'immagine utilizzata per la copertina è stata presa dal Web, ma non siamo riusciti a risalire agli autori. Siamo a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire nonché per eventuali non volute omissioni o per errore di attribuzione. Qualora l'immaginie utilizzata in questo testo violasse eventuali diritti d’autore, si prega di darne comunicazione e sarà immediatamente rimossa.:: editing a cura di edida.net :: Read the full article
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Api, vespe, calabroni e un sacco d'altra gente
Ispirato dal post sulle pere di @kon-igi, faccio una piccola dissertazione su alcune caratteristiche di queste bestie, per quanto le mie conoscenze lo permettano. Preciso subito che sono aperto a correzioni da parte di chi ne sa più di me.
Cominciamo dalle api, ovvero Apis mellifera.
(fonte immagine: wikipedia)
È un imenottero abbastanza comune, e ha due caratteristiche che lo rendono unico nel panorama degli insetti (almeno finché non cominceremo seriamente a mangiarli): è carino e coccoloso e è allevato da cani e porci. Già, perché questa bestia è un animale da allevamento, curato, gestito e propagato nel mondo dall'essere umano, come una pecora o una gallina. Anzi, visti i danni che sta procurando in giro per il mondo, forse potrei paragonare le api ai gatti. Non ve l'aspettavate, eh?
Ma Einstein diceva che dopo due anni senza api saremmo morti tutti, dobbiamo proteggerle!
Einstein ha pure detto di non dare retta alle frescacce che leggete su di lui sui social. Le api da miele, allevate, coccolate, protette dagli esseri umani come fossero dei cani, stanno in perfetta salute, il numero di favi in giro per il mondo continua a crescere nonostante parassiti, malattie e insulti vari, naturali o no.
Quelle a cui ci si riferisce quando si dice di preservare le api, o almeno quello a cui si riferiscono gli studiosi, sono le api selvatiche, ad esempio quella più citata è del genere Osmia
(fonte immagine: wikipedia - Osmia rufa)
In realtà, a quanto ho capito, pure Osmia spp. è utile per l'agricoltura, quindi un po' di persone si sono messe in testa di aiutare pure lei, per quanto possibile. Ancora non ho trovato nessuno, però, che voglia prendere le difese di Xylocopa violacea
(fonte immagine: wikipedia)
E come X. violacea tantissime altre api selvatiche, ben più efficienti nell'impollinazione di A. mellifera, rischiano di soffrire della sua presenza. E ovviamente soffrono per l'uso di alcuni pesticidi e altri interventi umani, la retorica del "salviamo le api" non è del tutto sbagliata, solo che è indirizzata verso le api sbagliate.
Sappiate che quando qualcuno vi chiede soldi per sostenere l'apicoltura, non state sostenendo le api o l'ambiente, state sostenendo gli apicoltori. Potete anche farlo, figuriamoci, ma se lo fate, fatelo almeno con cognizione di causa.
In fine, da quanto ho capito, il veleno delle api è più tossico di quello dei calabroni, a parità di quantità.
Passiamo a quelle che chiamiamo vespe. In questo gruppo ce ne sono di diverse, alcune sono addirittura Apoideae, quindi tecnicamente delle api (cfr: Sceliphron spp. o vespa muratrice). Per amore di semplicità, parlerò di soli due generi, cominciando da Vespula
(fonte immagine: wikipedia - Vespula germanica)
Ne conosco due specie, che sono quelle in cui mi imbatto più spesso (e che ho difficoltà a distinguere, perché tocca vedere che disegno c'hanno sull'addome: la V. germanica ha quegli specie di triangoli al centro, mentre la V vulgaris è più a forma di onde appuntite... e comunque spesso non mi avvicino abbastanza per poter distinguere o far foto decenti) e sono una scocciatura. Insistenti, curiose, non si fermano a nulla di fronte a una fonte di cibo. Sono le tipiche vespe che vengono a disturbare durante il picnic per avere un pezzo del panino, o che magari si annegano nella coca cola, e non c'è verso di schiodarle.
Sono insetti impollinatori e cacciatori, perché le larve sono carnivore, quindi o gli date quel pezzo di prosciutto o continueranno a rompervi le scatole. Essendo carnivore, hanno un ruolo molto importante nella lotta biologica ai parassiti, quindi non lamentatevi - almeno finché non calpestate un nido. Già, perché queste bestiole hanno l'abitudine di fare nidi sotto terra (non ricordo se lo fanno entrambe le specie o solo una... in ogni caso le chiamano vespe di terra per questo), e avendo questa abitudine sono abituate al fatto che ci si possa camminare sopra.
Ora, se tu abitassi in un condominio abitato solo da soldati, esperti di arti marziali, ninja e campioni mondiali di vale tudo, e un tizio sbadatamente passasse sopra il condominio rischiando di danneggiarlo... cosa faresti? Ovviamente attacco globale nucleare senza sosta finché la minaccia non è passata. Ecco, Vespula spp. è un po' così: carogna infame che attacca chi ha la sventura di imbattersi in un nido, e l'unico modo per cavarsela è correre a perdifiato. State lontani dai nidi di Vespula, se potete. Per fortuna, lontano dal nido non è così aggressiva e si limita a rubarvi il prosciutto del panino.
Passiamo alle vespe più fraintese del mondo: le Polistes spp.
(fonte: wikipedia - Polistes dominula)
Si distinguono dalle Vespula spp. quando sono in volo perché le Polistes spp. sembrano un po' ubriache, al confronto, e hanno sempre le zampe penzoloni. Le prime sono decisamente più eleganti. Dette anche vespe cartonaie, impollinano e non rompono le scatole, non fanno nulla di male, anzi addirittura possono produrre pure un po' di miele (mai quanto A. mellifera, ma se uno le alleva - sì, c'è chi alleva Polistes spp - può assaggiarlo). Queste vespe sono decisamente bonarie: una volta sono stato punto, tre punture da due operaie, ma stavo facendo giardinaggio e inavvertitamente ho dato un pugno al nido, non sapendo che ci fosse.
Mi è capitato un sacco di volte di camminare a meno di 20 cm da un nido senza problemi, nei gruppi di entomologi su facebook ci sono addirittura video degli allevatori che vanno a toccare le operaie sul nido, senza alcuna conseguenza. Queste sono le vespe più tranquille, rilassate e amichevoli che esistano, non gliene frega niente di quello che fai, basta che non attenti al nido o alla loro vita, e loro non ti pungeranno. Ne esistono varie specie, io sento spesso parlare di P. dominula e P. gallicus, ma non chiedetemi come distinguerle, non lo so.
Una curiosità: su youtube trovate un pazzo sclerato di nome Coyote Peterson che ha girato il mondo per sperimentare le punture di vari insetti, per vedere quale fosse la più dolorosa. Ebbene, ho visto tutti i video di puntura e a giudicare dalla sua reazione, la peggiore in assoluto è quella di una Polistes non presente in Italia, più che altro in America centrale e zone tropicali: P. carnifex, o vespa boia (che in inglese è executioner wasp, come la chiama Coyote)
(fonte: wikipedia)
C'è da dire che, anche questo caso, nonostante la puntura sia poco raccomandabile, la vespa mi è sembrata piuttosto tranquilla e per niente aggressiva. Ma non la conosco.
E ora passiamo ai miei imenotteri preferiti, i calabroni. In particolare Vespa crabro.
(fonte: wikipedia inglese)
Esiste un gruppo, su facebook, che si intitola Quelli che non hanno prove, ma sono certi di aver visto una crabro da 5 cm, gestito da entomologi, in cui si parla di insetti (ma non solo) in maniera ironica, e si mettono alla berlina le idiozie dette dalle persone per ignoranza e sentito dire (un po' come faccio io con le diete). Attenzione: si attacca sempre il messaggio, mai il messaggero, i nomi vengono sempre oscurati. Detto questo, ho imparato più da questo gruppo ironico che da altri gruppi entomologici seri, che sono spesso molto rigidi e non permettono, né stimolano, un dialogo volto all'aumento della conoscenza. Ma torniamo a noi.
V. crabro è lunga al massimo 3.5 cm, non esiste un calabrone di 5 cm (ecco perché il titolo del gruppo), e quella misura è raggiunta solo dalle regine, le operaie sono più piccole. Il veleno è meno potente di quello di A. mellifera, ma in caso di attacco rilascia feromoni che richiamano altri calabroni, quindi la quantità di punture può essere molto pericolosa.
Per fortuna è un animale abbastanza tranquillo, e attacca solo se minacciato o se si minaccia il nido (sconsiglio di avvicinarsi a meno di un metro da esso). In particolare, sono sensibili alla concentrazione di anidride carbonica, quindi se soffiate contro di loro non fate altro che farli incavolare di più, e tenetene conto anche se vi avvicinate a un nido (ad esempio, a me è capitato di rimanere a osservarne uno in un tronco). Non sono un pericolo per le api da miele, le mangiano solo occasionalmente (le loro larve, gli adulti sono vegetariani e impollinano), generalmente si dedicano ad altri insetti. Sono la mia seconda specie di Vespa preferita.
La prima è Vespa orientalis, della quale so davvero poco, se non che è bellissima e che attacca occasionalmente, ma non raramente come le V. crabro, le api da miele
(fonte: wikipedia)
È salita agli onori della cronaca recentemente, perché col riscaldamento globale si sta spostando un po' più verso nord e ora è presente anche a Roma, oltre al sud Italia, zona Trieste e zona ligure. Spero di beccarla presto, non vedo l'ora di avere una foto di V. orientalis.
La mia Vespa schiferita invece è la Vespa velutina, che non solo è una piaga per apicoltori, perché è capace di distruggere interi allevamenti in poco tempo, ma è pure brutta come la fame.
(fonte: wikipedia)
Credo sia abbastanza aggressiva, è una vespa alloctona, ovvero non originaria dell'Italia, quindi non ha controllo diretto della popolazione in natura. Esiste un'associazione che si occupa di contrastare l'avanzata di questa vespa: Stop Velutina, se la vedete segnalatela.
Ecco, questo è tutto quello che avevo da dire, sono aperto a correzioni da chi ne sa più di me. Mi raccomando, trattate con rispetto le bestie con i pungiglioni.
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Studio della tipologia femminile tramite l'uso delle chat.
- LA DONNA FATTA DI "SE E MA"
"Seeee, ma figurati se tu...", "Seeeee certo...", "Senti, ma se tu...", "Seeeee come no...", "Seeee magari tu..."
- LA DONNA DELLE PREPOSIZIONI
"Di cosa ti occupi?", "Da dove scrivi?", "Sugli scogli della spiaggia nella laguna, delle cose che vorresti fare, dalla tua mente che in da su faresti?"
- LA DONNA GRAMMARNAZI
"Ciao ho letto il tuo post, ho notato che in una frase hai perfettamente inserito due congiuntivi (un imperfetto e un trapassato), che ben si sono integrati nel contesto della frase. Una casualità o sai scrivere davvero così? Se fosse reale la seconda delle ipotesi, ti andrebbe di incontrarci per un caffè?"
- LA DONNA EMOJI
"Ciao 👋", "Sei una⭐️", "A che 🕐 posso chi🥰?", " Questa 🌃 ci 👓 per una 🍕 e due 🍻? Poi se ti va 💋 che poi 👩❤️💋👨, e tu 🐽 e in fine 🍑🍆"
- LA DONNA DI POCHE PAROLE
"Ciao, (foto tette) queste sono le mie gemelle Alda e Polda"
Se solo non rispondi in cinque secondi, se appena hai un secondo in più di incertezza, sei subito bloccato.
- LA DONNA PREMUROSA
"Ho fatto una torta", "Se vuoi te ne metto da parte una fetta, la vuoi?", "Anche se sei lontano ventordicimila chilometri ci possiamo vedere a metà strada", la metterò nella stagnola e poi in un canovaccio, così resterà calda", "Mettiti la canottiera se esci, per venirmi in contro, che prendi freddo", "Vero che mi vieni in contro?", "Che strada farai?", "mica che io ne prendo un'altra e non ci si incontrerà mai", "poi la torta si fredda", "La torta la si prende calda", "Molto calda", "Vuoi anche del tè?", "Ci vediamo vero? A metà strada dico".
- LA DONNA ANSIOSA
"Ciao, madonna che ansia appena ti ho visto in foto "bum"... ansia a mille", "Ti stai facendo spazio dentro me ogni giorno, il problema è l'ansia che è in me, non vuole uscire. Forse è per questo che ingrasso? Siete in due. Colpa tua", "Ciao, tutto bene? Cosa fai nella vita? Stai Bene? Sei sposato? Hai l'amante? Quanto sei alto? Che patologie hai?"
- LA DONNA INSICURA
"Ciao ti scrivo qui per avvisarti che ti ho chiesto l'amicizia, sai magari non l'hai notata la mia richiesta. Sono già tre minuti e non mi hai ancora accettata. Noti qualcosa in me che non va? No dimmelo tranquillamente, tanto non vado mai bene a nessuno. Hanno tutti da ridire. Anche tu hai da ridire?"
- LA DONNA DAGLI AFORISMI FACILI
"L’uomo, non deve diventare la tua ragione di vita. Ma solo un buon motivo per depilarti".
- LA DONNA PERMALOSA
Ciao.
Ciao.
Uff!
Che hai?
Niente.
Come niente, hai scritto "Uff!"
Ma no, niente.
Ah, ok allora.
Ecco vedi?
Cosa?
Niente.
Allora bene, s'è niente non c'è nulla che non vada bene.
Non capisci niente, come tutti gli altri uomini. Lo sapevo.
- LA DONNA CON IL SESTO SENSO
Generalmente è munita dei seguenti sensi:
Vista
Olfatto
Tatto
Udito
Gusto
Ti ha messo due like, ci sta provando, ne sono sicura
- LA DONNA CON GLI ATTRIBUTI
Per questa sera, il preservativo, lo indossi tu o lo indosso io?
[continua...]
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Per la prima volta (più o meno) ho messo una foto di me "in posa" sui social in cui io ho un nome e cognome, in cui mi si conosce e ho un volto, oltre che una maschera sociale.
Sebbene fossero anticipate da altre storie, l'hanno vista tutti i maschi con cui ho avuto a che fare in questi anni:
L, mio conoscente alle superiori, con cui sono uscita qualche anno fa, che mi aveva stupita un sacco e che penso un certo punto abbia cominciato a provarci perché aveva cominciato a fare domande intime e personali;
V, che mi scriveva ogni Cristo di giorno e che mi ha invitato 100 volte a bere una birra, ma ogni volta che tornavo, si dimentica di me, spariva e non se ne faceva niente;
il mio maestro si chitarra, di cui ho già parlato e che, come accennato, ha lasciato un like;
M, che mi aveva ammaliato con la sua sconfinata socievolezza e dolcezza, ma che ho scoperto fidanzato e di una immaturità allucinante;
A, che ho conosciuto su Tinder e con cui sono uscita a pranzo qualche mese fa, quando ho capito quanto brava sia stata a stuprarmi da sola, e che ha lasciato un commento che poteva calibrare meglio (ma i maschi fanno sempre questo errore).
Ed è questo quello che sono diventata: una bambola. Messa in vetrina, per la contemplazione altrui. (Auto)Prostituzione pure questa? E chi lo sa.
Mi dà fastidio essere guardata? No, anzi. Ormai mi ubriaco che di questo, degli "occhi", virtuali o meno, che contemplano la bambola che sono.
Dal libro scritto da Emily Ratajkowski (riportato in un post recensione di @insuperficie): Una pagina micidiale del libro lo esprime molto bene: «Se guardo il mio corpo, non mi sembra mio. È qualcosa, ma non è me. E loro possono guardarlo quanto vogliono, perché hanno ragione: il corpo è davvero soltanto uno strumento».
La scorsa estate e anche qualche settimana fa ho scritto praticamente la stessa cosa: ammirare me stessa allo specchio come se io non fossi io. Alle mie amiche l'ho descritta come disocciazione.
Forse siamo arrivate alla conclusione di non vedere il nostro corpo come nostro per i continui commenti (troppi) che riceviamo. Non ho mai pensato di avere un bel corpo, né un bel culo. Però ad un certo punto della vita ti viene detto così tante volte che, non solo ci credi, ma cominci ad ubriacarti di quelle parole. So di avere un bel culo (anche se ancora devo capire a che cosa corrisponda), perchè sono consapevole del valore che può avere per chi è esterno a me. Le loro parole si infondono nell'immagine riflessa allo specchio e che arriva ai miei occhi - ne diventa un vanto. Ed eccomi diventata Narciso. Un vanto, però, determinato dagli altri e non da me stessa. Narcisista ma dipendente. Se smettessero di dirmelo o di farmelo capire, cosa farei? Se il mio involucro, che è il mio vanto, perdesse di attrattiva, che altro senso avrei in questo mondo ipersessualizzato? Nessuno. Sarebbe il sintomo della fine della mia giovinezza, e della mia vita.
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Il vantaggio delle destre: la possibilità di mentire Questa riflessione nasce da un’amara constatazione. Le destre sono in forte ripresa in tutto il mondo occidentale, Italia compresa. Le sinistre sono in forte affanno, Italia compresa. Le destre affidano spesso ruoli politici di primo piano a personaggi poco preparati, a volte addirittura cialtroneschi. Ma crescono nei sondaggi e nei risultati elettorali! Le sinistre anticapitaliste hanno tra le loro file persone molto competenti, serie ed affidabili. Ma spesso non riescono a raggiungere efficacemente il grande pubblico, calano nei sondaggi e nei risultati elettorali. Talvolta addirittura nemmeno si presentano alle elezioni. Nella comunicazione politica le destre hanno un grande vantaggio strategico: sanno di dover mentire! È un vantaggio paradossale ma efficace. Da diversi decenni le destre stanno aumentando i loro consensi perché hanno preso atto che, in democrazia, per ottenere consenso e voti devono mentire. Difendono gli interessi (anche illeciti) di ristrette minoranze, ma hanno bisogno dell’assenso e dei voti di molti elettori. Ecco perché devono mentire ed hanno imparato a farlo efficacemente. Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori: «Votatemi, ed io vi ruberò 49 milioni di euro»! Intanto in anticipo non saprebbe quanto riuscirà a rubare una volta eletto. Ai suoi elettori mentirà dicendo: «Votatemi, ed io vi difenderò dai migranti», che ovviamente non costituiscono affatto un pericolo. Oppure dirà: «Votatemi, ed io vi difenderò dal pericolo comunista» o da qualche altro pericolo inesistente nella realtà; magari dal pericolo microcriminalità, in una fase storica in cui i reati contro la persona sono in forte diminuzione. Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori: «Votatemi, perché le mie aziende sono piene di debiti ed io ho bisogno di rimetterle in sesto a spese vostre». Mentirà promettendo altro. Magari una sicurezza che già c’è. Oppure un milione di nuovi posti di lavoro! Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori: «Votatemi, perché altrimenti rischio che la magistratura mi condanni per uno dei molti reati che ho commesso». Mentirà promettendo, piuttosto, una “riforma” della magistratura, oppure dei referendum. Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori: «Votatemi, ed io diminuirò le tasse ai ricchi e le solleverò per tutti gli altri». Piuttosto mentirà promettendo «Meno tasse per tutti». Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori: «Votatemi, ed io farò morire le persone in mare». Mentirà promettendo di difendere i confini della Patria, che ovviamente non sono in pericolo. Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori: «Votatemi, ed io metterò in difficoltà alcuni tipi di famiglie». Mentirà dicendo di voler difendere la famiglia “tradizionale”, che naturalmente non corre alcun pericolo. Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori: «Votatemi, ed io distruggerò la democrazia dall’interno». Piuttosto mentirà promettendo qualche “riforma” per velocizzare l’azione dell’esecutivo. Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori: «Votatemi, ed io farò aumentare la povertà, a vantaggio di pochissimi super ricchi». Mentirà affermando di voler far tornare grande il suo paese. Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori: «Sì, è vero, mi piacciono le prostitute minorenni». Piuttosto mentirà dicendo «Non ho mai pagato una donna», «era la nipote di Mubarak», o addirittura, con sprezzo del ridicolo: «la pagavo affinché non fosse costretta a prostituirsi». Un politico di destra non dirà mai ai suoi elettori la verità, ma la menzogna propagandistica più idonea a fargli vincere le elezioni. Gli esempi sopra riportati non sono gli unici. Le destre mentono anche attraverso la loro ideologia neoliberale, attraverso la narrazione menzognera che questa ideologia fa del presente, del passato e dei processi economici. (...) L’operazione di mistificazione della realtà si è ripetuta anche più di recente, nel 2010, anno in cui il capitalismo finanziario ha mandato a segno «il suo ultimo capolavoro: rappresentare il crescente debito pubblico degli stati non come l’effetto di lungo periodo delle sue proprie sregolatezze e dei suoi vizi strutturali, largamente sostenuti e incentivati dalla politica, bensì come l’effetto di condizioni di lavoro e di uno stato sociale eccessivamente generosi». Del resto, le destre non mentono soltanto contro la sinistra. Mentono anche ai propri elettori, anzi: soprattutto ad essi! Tra i tanti modi possibili, c’è il push poll, il “sondaggio con spinta”. Nel 2000 alle primarie del partito repubblicano, si sfidavano John McCain, veterano del Vietnam, in netto vantaggio, e George W. Bush, che per i suoi trascorsi con l’alcol non incarnava il tipo di candidato più apprezzato dagli elettori repubblicani. In che modo gli strateghi della campagna elettorale di Bush riuscirono ad indurre i potenziali elettori di McCain a non votarlo? Con un finto sondaggio, appunto un push poll. Nel South Carolina agli elettori repubblicani, che secondo i sondaggi avrebbero preferito McCain, arrivò una telefonata per un sondaggio fittizio. Tra le tante domande rivolte ai cittadini, c’era quella fatale: «Lei voterebbe per il candidato John McCain sapendo che ha avuto un figlio illegittimo da una donna di colore»? Nascosta nella domanda c’era l’informazione falsa secondo cui McCain aveva avuto una relazione extraconiugale da cui era nata una figlia. Esistevano foto della famiglia McCain in cui compariva anche una ragazza nera. Ma non si trattava di una figlia “illegittima”, bensì di una figlia adottiva. La menzogna della relazione extraconiugale con una donna di colore venne fatta circolare anche attraverso volantini anonimi. Questo trucco fu sufficiente ad alienare le simpatie degli elettori a John McCain, quel tanto che fu sufficiente a far prevalere Bush alle primarie. Di Bruno Lai per La Bottega del Barbieri.
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Eat Miles Not Animals
Fatto 1: In questi giorni fa tutto un po’ schifo. Tra le ragioni, ieri è morto Ciglio, un gatto randagio a cui avevamo fatto una casetta in legno fuori casa e a cui davamo da mangiare. Aveva l’HIV felina e nelle ultime settimane i miei lo avevano portato diverse volte dal veterinario. Ci penso mentre guardo Artù ai piedi del letto, col pelo liscio e gli occhi felici. La vita è ingiusta penso.
Fatto 2: Qualche giorno fa Giorgia ha mandato sul gruppo di URMA la foto di una pagina del libro di vetta del San Vicino, in cui P aveva scritto una frase di Adorno: “Auschwitz inizia ogni volta che un uomo guarda un mattatoio e pensa: sono solo animali”.
Non mangio più animali da un tempo considerevole. Non esagerato, ma considerevole. In ogni caso da molto più tempo della maggior parte dei vegetariani e dei vegani che frequento. Non è questione di chi ce l’ha più lungo, ma mi fa mettere in relazione quel tempo con quello che dedico a parlare della cosa: non parlo mai della cosa. Ho sempre evitato di farlo per due ragioni, perché si finisce per essere autoreferenziali e perché si scade quasi sempre in un’accusa verso chi ha fatto scelte diverse dalle tue. C’è anche una terza ragione, ed è che i vegetariani hanno nomea di fare proselitismo. E se ci sono due cose che non sopporto sono le generalizzazioni e il proselitismo.
Alimentazione e cibo non sono argomenti di cui parlo, anzi, non li considero proprio argomenti. Non capisco per quale ragione dovremmo parlare di cibo quando non parliamo di sesso. Mi interessa sapere come fanno sesso gli altri? No, allora perché dovrebbe interessarmi sapere se e per quale ragione hanno deciso di alimentarsi a base di sugna, lattuga o cavallette? Non sono interessato alla cosa e non li considero argomenti di conversazione.
Ciononostante, col tempo ho rivisto le mie priorità e sono diventato più sensibile a certe cose. Continuo a tenermi lontano da discorsi apologetici, ma sono involontariamente diventato più intransigente verso alcuni comportamenti. Inizialmente non ho smesso di mangiare animali per ragioni animaliste, in realtà non so bene per quali ragioni abbia smesso, forse non c’erano, semplicemente mi andava. Ma negli anni mi ha portato ad essere emotivamente compromesso e poco attrezzato di fronte a certe cose.
Fatto 3: Qualche giorno fa Ste mi raccontava della sua gatta, investita da una macchina poche settimane prima. Ne aveva perso le tracce per qualche giorno, fino a che non ha avuto una segnalazione dagli sbirri. Dicevano che era uscito l’ENPA per raccoglierla, ma è più probabile che guidasse un netturbino e che la macchina fosse verde coi lampeggianti arancioni e puzzasse da umido. La maggioranza delle persone che incrociamo per strada vede gli animali come degli oggetti, a meno che questi non abbiano un nome scritto su un libretto conservato nello studio di un veterinario di qualche angolo del mondo. Anche in quel caso, vengono comunque considerati meno importanti degli esseri umani. Come se l’identità e la soggettività fossero vincolate a un nome o al legame con un essere umano (che conosciamo, possibilmente) e tutto il resto non abbia importanza.
Ale ha disegnato e stampato questa maglia per BioEnergy, l’azienda di prodotti Veg di Giulio. Lo slogan credo sia di Paco. Artù approva. Adesso esco a correre.
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