#mia mamma è via a dicembre
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abr · 2 years ago
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UNA STORIA SEMPLICE DA UN PAESE DEL SOCIALISMO REALE
La scorsa settimana, qualche giorno prima di Capodanno, mia moglie si rompe in modo non grave un femore sulle piste da sci. Fatte le lastre, decido di portarla alle #Scotte (ospedale di #Siena ): inizia così una tre giorni da psicodramma.
Arrivo al PS alle 20. Non riesco neppure a salutarla che sparisce in barella insieme alle radiografie.
1) Non si può entrare in sala d'attesa: ora si aspetta fuori, sotto un porticato con le lampade riscaldanti (grave errore: i bidoni col fuoco sarebbero stati più appropriati).
2) Al PS non entra neanche un libro "perché altrimenti lo perdiamo" (spiegazione di un OSS a posteriori), figuriamoci vestiti o altro. Grazie al solito familismo amorale (conosco uno che ci lavora) riesco a contrabbandare almeno il cellulare.
3) Non ho fogli di ammissione, non ho fogli di ricovero, nessuno mi dice niente. Mia moglie mi chiama dicendo che "passerà la notte lì" e di andare a casa. LEI È SU UNA BRANDA, VESTITA DA SCI IN UNO STANZONE A 1000 GRADI, CON I PANTALONI SPORCHI DI URINA. PER UNA NOTTE INTERA.
4) INTERAZIONE CON GLI OSS, NULLA. IN COMPENSO AL CAMBIO TURNO GRANDI RISATE, BERCI, BESTEMMIE - BESTEMMIE -, COME ALLO STADIO. L'unico medico che passa la prende per il culo per non essere restata in Trentino dove "la sanità funziona".
Dopo una trentina d'ore abbondanti al PS, finalmente la spostano in reparto, accanto a una signora molto anziana precedentemente messa in reparto Covid (VUOTO) grazie a tampone positivo farlocco e salvata da qualche lieve intemperanza dei familiari.
(Tra parentesi: la signora arriva dopo qualche giorno di solitudine praticamente catatonica; bastano due chiacchiere con mia moglie per farle ricordare nomi e date di nascita di figli e nipoti. Capito da cosa derivano 100.000 morti, brutte merde?).
Mi precipito in ospedale con la valigia dei vestiti passando dalla porta posteriore di un altro lotto, perché all'ingresso il 30 dicembre c'è ancora la guardia giurata che controlla il SGP.
In reparto mi imbatto nella caposala, una donnina coi capelli corti e non tinti, sicuramente proprietaria di non meno di 3 gatti, che tutta felice di potermi angariare grazie alla sua posizionuccia di potere mi fa tutto uno spiegone delle intelligentissime regole del posto.
(i) se entro a portare i vestiti non posso entrare al passo; (ii)ad ogni passo può entrare una sola persona; (iii) i minori di 12 anni - colpevoli di aver scampato al vaccino - per dispetto non sono ammessi. IN PRATICA AI MIEI FIGLIOLI È PROIBITO DI VEDERE LA MAMMA RICOVERATA.
Dopo un altro giorno in cui i luminari di corsia stabiliscono prima di operare e poi di non operare più, finalmente le dimissioni. Alle 9. Ritorno a casa: alle 16. Perché?
PERCHÈ GLI OSPEDALI NON HANNO PIÙ AMBULANZE E CHI LE POSSIEDE (MISERICORDIE, CROCE ROSSA, ECC.) LE FA GUIDARE SOLO A VOLONTARI, I QUALI GIUSTAMENTE IL 31 DICEMBRE SI FANNO I CAZZI LORO.
Allora, dopo questa bella esperienza, mi sentirei di fare qualche pacata considerazione.
SE LA SANITÀ DEVE ESSERE COSÌ, ALLORA PIUTTOSTO CHIUDIAMO OGNI COSA, SMETTIAMO DI PAGARE LE ADDIZIONALI E L’IRAP, E OGNUNO SI CURA COME CREDE. PERCHÈ È LETTERALMENTE UNA VERGOGNA.
thread via https://twitter.com/Luca_Fantuzzi/status/1610297267239456770
Solo un esempio del COLLASSO SSN rivelato, non accaduto, post pandemia. #stipendificio
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cutulisci · 1 year ago
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14.08.42. Una lettera mai inviata trovata presso il soldato tedesco Iosef. La lettera era destinata alla sua sorella Sabina: “ Oggi ci siamo organizzati con 20 polli e 10 mucche. Stiamo portando via dai paesi tutti- sia adulti che bambini. Non li aiutano le loro preghiere. Sappiamo essere spietati. Se qualcuno rifiuta di venire, viene ammazzato. Poco fa in un paesino un gruppetto di abitanti si sono intestarditi e non volevano venire. Siamo andati su tutte le furie e li abbiamo fucilati sul colpo tutti quanti. Poi è successa una cosa terribile: due donne russe pugnalarono col tridente due soldati tedeschi… Ci odiano qui. Nessuno a casa riesce immaginare la collera che hanno i russi nei nostri riguardi”.
Un appuntato Felix Kendels scrive all’amico: “Abbiamo frugato nei bauli, poi abbiamo organizzato una buona cena e abbiamo deciso di divertirci un po’. La bimba è capitata cattivella, ma l’abbiamo sistemata pure lei. Ce la siamo spassata tutti quanti…Fa niente…Non preoccuparti. Mi ricordo bene il consiglio del tenente- la bambina è muta come una tomba…”
24.07.42. Mateas Zimlih scrive al fratello, un’appuntato Henrih Zimlih: “A Laiden c’è un campo per i russi, li si possono contemplare. Non hanno paura delle armi, infatti usiamo la frusta quando parliamo con loro…”
Il soldato Ximan della SS scriveva alla sua moglie in Munhen il 3 dicembre 1941: “Adesso siamo a 30 km da Mosca. Quando esci di casa puoi vedere alcune torri di Mosca. Fra poco il cerchio si chiude e ci prenderemo i lussuosi appartamenti moscoviti, ti manderò i regali talmente belli da Mosca che Minna morirà di invidia”.
29.10.41. La lettera trovata presso il tenente Gafn: “Era molto più facile a Parigi. Ti ricordi quei giorni di miele? Le russe sono le diavole, bisogna legarle. Prima mi piaceva pure, ma oramai sono pieno di graffi e lividi, di morsi, quindi la risolvo mettendole la pistola alla tempia. Vedi che si raffreddano subito. Poi è successo un fatto eclatante qui, mai successo niente di simile: una ragazza russa si è fatta esplodere insieme al tenente maggiore Gross. Adesso prima di…le spogliamo e controlliamo tutto. Dopo le buttiamo nei campi”.
La lettera del soldato Gainz Muller: “Gerta, mia dolce cara, ti scrivo la mia ultima lettera. Non riceverai più nulla da me. Maledico il giorno in cui sono nato tedesco. Sono sconvolto da quello che fa il nostro esercito in Russia. Perdizione, sciacallaggio, violenza, omicidi su omicidi. Tutti vengono massacrati: vecchi, donne, bambini. Uccidono per il gusto di uccidere. Ecco perché i russi si difendono cosi’ all’impazzata e cosi’ da coraggiosi”.
Tenente maggiore Langhe (il trasferimento postale 325324) scriveva a Ghedi Beisler: “A Lvov c’è stato un vero spargimento di sangue…La stessa cosa fu a Tarnopol. Nessuno fra gli ebrei è rimasto in vita. Come puoi ben immaginare, noi non avevamo nessuna pietà. Cos’altro poi è successo non te lo posso scrivere”.
La fidanzata del maresciallo Zigfrid Kruger, Lenhen Shtenger gli scrive il 13 giugno dal Dattingen:
“Il pellicciotto è meraviglioso, era un po’ sporco ma la mamma l’ha pulito bene e ora è bellissimo…Le scarpe vanno bene alla mamma, giuste- giuste. Anche il tessuto per il vestito è bellissimo. Sono contenta anche di calze e delle altre cose”.
La lettera dell’appuntato Mang alla moglie Frida: “Se tu pensi che mi trovo tuttora in Francia, sbagli. Sono già sul fronte orientale…Mangiamo le patate e le altre cose che portiamo via ai russi. I polli non ce ne sono più…Abbiamo scoperto una cosa: i russi mettono tutto quello che hanno sotto la neve. Poco fa abbiamo trovato nella neve un boccione di carne di maiale salata e lardo. Abbiamo trovato anche il miele, i vestiti pesanti e il tessuto per il vestito. Di giorno e di notte siamo alla ricerca delle cose nascoste…Qui ci sono tutti nemici, ogni russo, indipendentemente da quanti anni abbia, 10, 20 o 80. Quando li distruggeranno tutti si starà meglio. I russi devono essere ammazzati tutti. Bisogna ucciderli tutti, fino all’ultimo”.
Un appuntato Zimmah: “Oggi noi con tutta la divisione abbiamo “organizzato la maialata”,- scrive all’inizio della guerra alla sua amata uno dei rappresentanti della “razza superiore”,- io ho bevuto come non mai. Ho mangiato tutta la testa del maiale per intero. Ma non ce l’ho fatta a finire un’orecchio e l’ho buttato al mujik bielorusso. Ma il nostro pastore Nettuno lo afferrò per primo. C’era da morire dal ridere”.
Ecco la lettera della moglie Lota al marito-tenente Gotfrid Verner, inviata al fronte:
“Non potresti togliere da qualche lurido ebreo un cappotto col pelo? Tanto non ne risentono, loro. Dicono che in Russia ce ne sono tanti di cappotti cosi’. E non ti dimenticare del tessuto per il vestito. Pensaci cos’altro c’è da portare, non aver pietà di quei bastardi. Almeno compensiamo un po’ questi tempi duri. Io qui proprio non ci riesco trovare un buon tessuto per il vestito”.
09.08.41. Dal diario del tenente maggiore Krauze, ucciso a seguito in Ucraina. Krauze passò per Polonia, Francia, Ugoslavia, Grecia, alla fine arrivò in Ucraina. Le pagine del suo diario condotto in tutti questi paesi si assomigliano parecchio: è un resoconto delle violenze, sciacallaggi e teppismo:
“Fra poco divento un’amante a livello internazionale! Ho sedotto le contadine in Francia, le polacche, le olandesi….” Poi seguono i dettagli dei suoi “atti eroici” a dir poco improponibili. Segue: “Oggi finalmente ce l’ho fatta a rilassarmi. La bambina aveva 15 anni ed era molto impaurita, mi mordeva le braccia. Poverina, ho dovuto legarla…Il tenente mi disse: per questi atti epici meriti una croce di ferro”.
Un carrista Karl Fux:
“Qui è impossibile vedere il viso gradevole e intelligente. Tutti selvaggi, impauriti, deficienti a tutti gli effetti. Pensa che questa feccia guidata dai giudei e galeotti aveva in mente di sottomettere l’Europa e il resto del mondo. Grazie a dio il nostro fuhrer Adolf Hitler non lo ha permesso”.
La lettera al soldato tedesco Gainz da parte di Ioganna Rohe di Vaissenfels: “Da noi adesso lavorano molti russi, uomini, donne e bambini. Ci odiano a morte e colgono ogni occasione per scappare. Due settimane fa signor Kushtbah ha fermato due russi in Vinberger. Un boscaiolo vicino al Fraiburg tentò di fermare alcuni russi scappati dal campo, ma gli fecero resistenza. In settimana il nostro maresciallo di cavalleria ha fermato in paese due ragazze russe che scapparono dal casale. Le han frustate con i bastoni di gomma”.
Hamurg, 12 agosto 41.
“Mio caro Gans, oggi ho ricevuto ancora la tua lettera ed ero felice (…). Nei settimanali ci fanno vedere bene come sono terribili lassù, si fa fatica a guardare. È una vergogna che questa feccia vive su questa terra, persino quando vedi le facce terribili dei prigionieri viene lo schifo. Ma basta parlare di questo (…). Sono molto raffreddata e visto il tempo, non c’è da stupirsi. Fa freddo come in autunno e voi che dovete sudare lassù. Tua Gisel”.
La cittadina Anna Geller scrive al marito dal Naikirhen (Sassonia): “Quando bisognava raccogliere il pane, la russa s’impiccò. Questa gente fa veramente schifo. Le davo da mangiare e le ho dato persino il grembiule. Prima urlava che non vuole stare nel seminterrato assieme al Karl. Io penso che questa feccia dovrebbe essere onorata dal fatto che un tedesco non abbia schifo di lei. Poi rubò i crackers della zia Mina. Quando io la puni’ s’impiccò nel seminterrato. Ho già i nervi sottosopra, immagina vedere uno spettacolo del genere. Dovresti dispiacerti per me���.
Come fonti di informazione sono stati usati i libri: N.I.Buslenko- “ Sui rubiconi di Rostov- le lettere tedesche del 41”, “ Sconfitta dei tedeschi vicino a Mosca. Dichiarazioni del nemico”, Robert Kershow- “Lettere tedesche del 41. Croci di betulla invece delle croci di ferro.”
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solobrividiecoraggio · 11 months ago
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Invece di studiare ho fatto un disegno di Luna con l'idea di poterlo regalare ad A per il suo compleanno. "Noi abbiamo provato a proporre l'idea di prendere un gattino" in macchina sabato sera aveva detto che la loro mamma (ricordo che in macchina c'erano pure il mio amico e l'altra sorella) sopporta i gatti solo a distanza. Per riempire a destra ho messo la foto che mi ha mandato il 31 Dicembre, del mio biscotto ripieno di crema al pistacchio.
In realtà è improbabile che le darò questo disegno. Questa non è leggerezza Pietro, ci stai ancora andando molto pesante, carico di significato. Pensi veramente di non aver fatto abbastanza? non hai visto come cercava di mettere distanza fisica tra te e lei sabato, o vuoi fare finta di niente perché è scomodo accettarlo? prima di sabato scorso: gli occhi lucidi del tuo amico la sera del 31? e quando ti è sembrato che lei ritrattasse il tuo gesto per messaggio? magari non sei certo di questi segnali, ma devi ammettere che, se contro di te hai poco, a tuo favore non hai niente. Perché ci credi ancora? almeno sembra voler rimanere tua amica, non hai perso una persona, hai perso soltanto quello che pensavi avresti potuto costruire con lei.
...
(scusatemi, avevo bisogno di tirare fuori)
Il bello è che fino al 31 Dicembre non avrei nemmeno detto con sicurezza di essere innamorato, infatti pensavo di star facendo solo un bel gesto. Chissà se di mezzo si è messo anche il Misattribution of Arousal, con il fatto di aver guidato per strade che non conosco bene. Forse sto solo cercando una via di fuga dall'ammettere di non essere ricambiato. Vedrò nelle prossime puntate come gestire questa situazione. Spero che A non ci pensi troppo, non voglio che si senta a disagio in mia presenza, non voglio darle problemi.
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rosateparole · 1 year ago
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Quando Stella Rovis ritornerà a Pola la prima volta dopo l’esodo, passerà e ripasserà davanti alle case dei suoi parenti senza entrare in nessuna. Sui molti motivi per entrare ne prevalse uno solo, contrario: non se la sentiva di aver a che fare con quella gente, raggelata e uccisa a poco a poco da quella città. Ma a mia nonna in osteria raccontò tutto ciò che si era tenuta dentro durante tutti quegli anni passati in campo profughi prima di ottenere un piccolo appartamento nelle case popolari di Trieste.
Le raccontò di quel giorno di dicembre, quando era passata in ufficio da suo marito, e come da allora si fosse messa contro di lui che organizzava le spedizioni nel Buiese per bastonare gli italiani, per farli fuggire in Italia, per confiscare i loro beni mobili e immobili. Stava tutto scritto nel naredenje, nell’ordine sulla scrivania, che lei aveva letto mentre lui era al telefono nell’altra stanza.
Da quel giorno le riuscì difficile amare come prima perfino il loro figlio Dino, che gli assomigliava tanto, così cagionevole di salute, così che lei doveva continuamente roteare una spada attorno al suo corpo affinché la malattia non osasse avvicinarglisi. E a suo marito diceva di essere sicura che lui ordinasse quelle cose contro gli italiani, perché credeva che quello fosse il suo zadatak, il suo compito, per un leale senso del dovere, non per odio contro gli italiani, altrimenti non avrebbe sposato un’italiana, e certo lui per primo ne era disgustato, perché, gli diceva Stella, dentro di te sei diverso, così gli diceva. Non vorrai diventare un aguzzino della nostra gente, uno che si rende frettolosamente disponibile al nuovo padrone, un padrone verso il quale dimostrare tutta la tua lealtà, perseguitando con efferatezza i tuoi conterranei. Così gli diceva. Era convinta che grazie alle sue parole il nodo oscuro che suo marito si portava dentro avrebbe saputo trovare la strada verso la superficie. Ma non mollava, lui era saldo, lui conosceva tutta quella reakcija, tutti i traditori del popolo. «Chi cercherà di colpire la grandezza della rivoluzione, pagherà con le bastonate, anche con la vita. Perfino l’intimità che c’è fra noi non mi farà aver compassione di te, se ti metti contro di me, perché per la reakcija non c'è pietà, e io ho dichiarato guerra agli italiani e alla loro storia. Se ti metti dalla parte loro, per me sei morta».
«Mi sembra di non afferrare bene...».
«Questo è un progetto al quale stiamo lavorando da secoli... Le cose che abbiamo preso l’impegno di eseguire per il Partito vengono fatte in forza di ragioni che tu non potrai mai capire. E il mio compito mi piace...».
Negli occhi le arse ancora per un attimo una scintilla di stupore, che subito si mutò in collera. Uscì dalla stanza, non aveva più niente da cercare lì. Era andata di corsa dai genitori in cerca di aiuto, per attraversare quel freddo e quella confusione in testa, perché intervenissero, e loro l’avevano cacciata via, non volevano più riconoscerla come figlia; che se ne andasse da casa loro, loro lavoravano per il potere popolare, suo padre faceva il guardiano in posta e sua madre era cuoca nella della caserma Musil.
Allora si era precipitata dai suoceri, gli aveva raccontato tutto: Ivo impartiva ordini per licenziare gli italiani, per organizzare razzie e azioni di intimidazione contro di loro. Mamma e papà si erano spaventati. Null’altro, solo paura. Paura di lei. Come se fosse affetta da qualche malattia contagiosa. L’avevano molto semplicemente chiamata «sporca fascista» e buttata fuori di casa perché non li contagiasse, e le avevano detto che in quel modo sabotava lo sforzo rivoluzionario postbellico, e rovinava la carriera del marito.
E così, sola, senza un’amica, ché fino a quel momento su marito e il suo bambino erano stati tutto il suo mondo, così sola come una cagna, se n’era uscita fuori dall’entusiasmo e dalla paura di tutta la famiglia, e tre mesi dopo s’era imbarcata sul Toscana stringendo la mano morbida e calda del suo piccoletto.
In campo profughi si era messa subito a preparare pannolini e bavaglioli su cui ricamava figurine che ballavano allegramente e facevano capriole. Non aveva smesso di credere di essere dalla parte della ragione, e soprattutto di aver fede nella propria forza di donna sola in attesa del secondo figlio. Palpita già in grembo come un cuore, sentiva lì la radice della vita fremere sulla punta delle sue dita. «Che il diavolo si porti questa tremenda beffa che la vita mi ha fatto», era stata la sua conclusione. E mia nonna aveva approvato.
Anna Maria Mori & Nelida Milani, Bora. Istria, il vento dell’esilio
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riveridaho · 10 months ago
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dovete sapere che la segretaria del medico di base mi sta sulle ovaie in una maniera indescrivibile, perché è una persona molto arrogante e anche maleducata. Da un lato comprendo quanto sia difficile avere a che fare con le persone, spesso insistenti con le loro domande "stupide" perché dettate dall'ignoranza in materia, e capisco anche che lei debba far rispettare quelli che sono gli ordini del dottore. Dall'altro lato mi fa rabbia il suo modo di porsi con i pazienti. Parliamo di una ragazza giovane che ha iniziato a lavorare proprio lo scorso anno, non di una persona già esaurita dai 30 anni di lavoro a contatto con il pubblico.
Ieri sono stata dal medico con mia mamma, che doveva farsi visitare, mentre aspettavamo ho avuto modo di vedere e sentire la segretaria che parlava con i pazienti andati lì per chiedere delle impegnative o altro.
Partiamo innanzitutto dal fatto che si comporta diversamente in base alle persone che ha davanti, tipo c'era un ragazzo che conosceva al quale ha fatto un'impegnativa rossa nonostante questo non avesse una prescrizione. Gliel'ha fatta in un secondo senza protestare, mentre ad altre persone prima di lui ha fatto una testa enorme perché lei senza prescrizione non può fare niente.
Ieri c'era un uomo, che mi ha fatto tanta tenerezza, che le aveva chiesto di fare un'impegnativa per una tac. Lei altezzosa risponde "per le tac dovete chiedere al dottore", di conseguenza l'uomo si siede e aspetta il suo turno.
Poi la madame all'improvviso dice "ma lei la tac non la può fare, già l'ha fatta il mese scorso e mica si fanno così spesso"
X: "Veramente? Io non ricordo quando l'ho fatta, penso sia passato tempo perciò vorrei fare un controllo"
La madame, in modo arrogante: "no ma lei l'ha fatta a dicembre infatti c'è segnato nel computer... ah no, a novembre. Vabbè lei comunque la tac non la può fare perché fa male, sono radiazioni e queste vanno sul tumore e fanno aggravare la situazione o peggio ancora vi fanno uscire un altro tumore. Mo che entrate nello studio del dottore anche lui vi dirà la stessa cosa".
L'uomo è rimasto lì fermo, senza dire una parola facendo un sorriso mortificato e pareva quasi volesse piangere. Io sono rimasta lì con una rabbia per il tatto e la delicatezza che non ha avuto la segretaria, perché proprio non le appartengono e infatti tutti si lamentano di lei. Ci sono rimasta malissimo per quell'uomo, che mi ha fatto tanta tenerezza. Capisco che lei non possa fare determinate cose in base agli ordini del medico e infatti non critico il fatto che non abbia voluto prescrivere la tac, ma critico il suo essere stronza e priva di tatto. Ci sono modi e modi per spiegare le cose.
Vorrei tanto dire che è una storia inventata ma non lo è, non è nemmeno la prima volta che questa fa la stronza con i pazienti soprattutto quelli più anziani.
Per non parlare di tutte le volte che ha fatto la stronza con mia mamma via whatsapp ma vabbè non finirei più di scrivere se ne parlassi
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m2024a · 11 months ago
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Seguici sul:https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/01/fedez-e-tornato-in-ospedale-e-depresso.html Fedez «è tornato in ospedale, è depresso». Chiara Ferragni riappare sui social del marito. Il periodo nero dei Ferragnez: dalle inchieste alla presunta crisi coniugale Fedez e Chira Ferragni in crisi? Da giorni non si mormora altro. Dopo le inchieste aperte sull'imprenditrice digitale per l'affaire Balocco (e similari) per la Royal Family milanese non c'è tregua. Lei che perde milioni di follower, lui che la difende. Chiara che sparisce e riappare sui social (bloccando i commenti) e Federico che diventa un perfetto dogsitter (di Paloma). Ma di loro insieme non si hanno più tracce. Così via alle chiacchiere sulla presunta lite. E si dice anche che il rapper sia tornato in ospedale. Ferragnez in crisi? Non c'è tregua per Chiara e Federico, le chiacchiere sulla presunta crisi coniugale volano veloci. Tutto parte sui social, come è ovvio sia per due persone che sui social ci hanno costruito un impero. E le riprende anche il settimanale Chi con un articolo in cui la vita della Ferry è stata messa sotto la lente d'ingrandimento a partire proprio dal rapporto con il marito. La smentita social Una notizia ripresa da molte testate, tra cui Fanpage.it col un pezzo dal titolo “Chiara Ferragni e Fedez in crisi: il patrimonio, la fuga dei brand e la fiducia minata dei followers”, la testata ha condiviso l'articolo anche su Instagram. E qui entra a gamba tesa Fedez. «Mamma mia, quante str***ate che scrivete», frase accompagnata dall'emoticon con la faccina perplessa. Insomma, pare proprio, che il rapper abbia voluto così spazzare via ogni chiacchiera su una lite famigliare.   Cosa è successo Le voci di crisi cominciano a circolare dopo Capodanno. È infatti da quel video postato da Fedez che lui e la moglie non appaiono più insieme. Da quel momento in molti hanno cominciato a ipotizzare che tra i due ci fosse stato il crac? Il motivo? Secondo molti, Chiara si sarebbe arrabbiata per la troppa presenza di federico sui social mentre lei aveva optato per la strada del silenzio social dopo il Pandoro gate. Ma così, pare non sia, parola (social) di Federico. E per mettere a tacere anche gli ultimi malpensanti oggi sulle Story Instagram di Federico riappare anche la moglie. Fedez in ospedale? I guai per i Ferragnez non finiscono, e secondo il direttore di Novella 2000 Fedez è finito di nuovo in ospedale. A mettere in circolo le voci sulle condizioni di salute di Federico è stato Roberto Alessi, che ai Ferragnez ha dedicato la copertina dell'ultimo numero della rivista. Secondo fonti vicine alla coppia il rapper, si legge, sarebbe tornato in ospedale al San Raffaele, ma non è chiaro se per accertamenti di routine o per nuovi problemi di salute. «Mi dicono che è stato visto in questi giorni al San Raffaele, spero sia l'ennesima fake news», scrive Alessi, aggiungendo: «Chi gli vuole bene mi dice che è molto, molto depresso. D’altra parte, solo a dicembre diceva: “Devo curare la mia salute mentale”». I guai giudiziari in cui è ora finita la moglie potrebbero quindi aver acuito i problemi di salute mentale contro cui Fedez lotta da tempo. Il rapper infatti è in cura per la depressione a causa dei problemi di salute avuti nel 2022, quando scoprì di avere un tumore al pancreas. Poi Il ricovero d'urgenza, avvenuto a settembre e causato da un'emorragia interna da ulcera, ha risvegliato vecchie paure e la depressione è tornata a bussare - come svelato da Fabio Fazio a Che Tempo che Fa - e alimentata forse dagli ultimi guai dell'imprenditrice digitale. Ma sono solo supposizioni. Perché a dirla tutta già da ieri sera il rapper ha postato foto in famiglia, quindi è probabile, molto, si trattasse solo di controlli di routine.
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everythingyouwantsworld · 11 months ago
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30 dicembre 2023 ore 1.26
Così di botto ho deciso che questo è il momento giusto per ripensare a quest’anno . E posso dire una cosa ? Io più passa il tempo più mi rendo conto che i ricordi della mia vita diventano fiochi e poco lucidi . Pensando al 2023 mi viene mente molta fatica e voglia di mettersi in gioco, molte paure , ansie ma anche molta felicità . Mi viene in mente il distacco dalla realtà che ormai mi accompagna molto spesso e mi vengo in mente io che soprattutto nell’ultimo mese mi sono sentita libera di essere me stessa anche davanti alla mia famiglia , sempre pungente , divertente e sdolcinata ma sempre presente , un palo portante per tutti quelli che ho incontrato . Andando un po’ in dietro a gennaio è stato un mese un duro in cui è iniziata la mia battaglia contro una compagna di viaggio che mi ha accompagnato per molto tempo nel 2023 : procedura civile ahahah .pero mi sono messa in gioco e ho provato e riprovato . Ho deciso di mettermi sotto con la palestra e ho ritrovato la mia voglia di essere lì , sfogarmi e diventare la versione migliore di me .a febbraio continuo queste lotte e vado a Napoli per un viaggio stupendo regalato da Serena e nel mentre ogni weekend mi godevo l’amore di mio nipote e ricercavo l’amore con il mio ex fidanzato l’ero mi rendevo conto che non era lì che dovevo cercarlo .a marzo scopro che partirò per Malaga e mi iniziano ad assalire le ansie e i dubbi che riversarvi nella palestra . Aprile è il mese in cui mi sono resa conto di quanto mi stessi distrugge di appresso ad un lavoro che mi portava solo molto stress e ansia e quindi lascio finalmente Rodhouse con una festa che non dimentico più .a maggio continua la mia lotta contro me stessa e i miei studi e ritorna L. Così all’improvviso come un fulmine a ciel sereno.a giugno vado ad un festival e finalmente PASSO PROCEDURA CIVILE e inizio a godermi di più l’estate con feste bei boschi . Tra giugno e luglio do 6 esami e finalmente mi sento di nuovo me stessa .a luglio festeggio il mio compleanno con una gratitudine nel cuore molto presente e mi diverto da pazza al mio compleanno e poi parto vado a Rimini e poi a Savona per divertirmi senza freni e per festeggiare i miei traguardi universitari. Ad agosto vado nella mia amata Calabria e ad attendermi in Italia c’era L. Dopo un anno di alti e di bassi , di parole spese , di presenza continua , di compleanni dimenticati lo vedo e me lo godo al massimo per quello che lui mi rende possibile fare e lascio un po’ da parte le mie paure .ad agosto poi festeggio il mio amato Leo e parto per New York , per ricongiungermi con una famiglia che è sempre più mia anche se una parte di questa è volata via 👼, mi sento sempre più amata e vicina alla mia famiglia , anche a quella che abita a un passo da casa mia che ho dovuto rincontrare dall’altra parte del mondo . A settembre vado in Canada e finalmente concludo le conoscenze dell mia famiglia con il mio ultimo Zio e cugini che vi posso assicurare che mi sembrava di conoscere da sempre . Torno da questo viaggio , rivedo L. E lo saluto con la consapevolezza di essermene innamorata ma con la consapevolezza ancora più forte che quella sarebbe stata l’ultima volta che ci saremo visti . Ottobre lo passo con i miei amici e la mia famiglia , conosco di più Irene e mi rendo conto del tesoro che sia . Volo in Sardegna e la mia luce e solarità mi fanno sempre più rendere certa della scelta che ho fatto lavorativamente parlando .a novembre incomincia a prendere forma il mio viaggio a malaga e inicomicio a studiare di nuovo per nuove sfide e a dicembre do 3 esami di fila .concludo l’anno con la laurea delle mie due sorelle , con un orgoglio immenso e una festa stupenda che ha riunito tutta la mia famiglia , come non succedeva da 20 anni .questa festa è stata bella quanto malinconica , mi ha fatto pensare a quella che sarebbe potuta essere la mia quotidianità , con una mamma e un papà sempre presenti e con la mia famiglia unita . Nonostante questo sono grata di tutto l’amore che ho attorno e che sento giornalmente. Sono grata del supporto costante e delle persone che credono sempre in me
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Las Mariposas: domani l'intitolazione dei giardini di via San Faustino alle sorelle Mirabel
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Las Mariposas: domani l'intitolazione dei giardini di via San Faustino alle sorelle Mirabel. Milano. Domani, giovedì 23 novembre, alle ore 15.30, in via San Faustino (fronte civico 50), l'assessore alla Cultura Tommaso Sacchi interviene alla cerimonia di intitolazione dei giardini alle sorelle Patria (1924-1960), Minerva (1926-1960) e Maria Teresa (1936 -1960) Mirabal, ''Las Mariposas'' (Le Farfalle) della Repubblica di Santo Domingo, assassinate nel 1960 per la loro strenua opposizione al dittatore Rafael Leónidas Trujillo e al suo durissimo regime che dominò sull'isola caraibica per trent'anni, fino alla rivolta e alla sua uccisione nel 1961. Nel 1981, durante il primo Incontro Internazionale Femminista, celebrato in Colombia, la Repubblica Domenicana propose di ricordare l'assassinio delle tre sorelle Mirabal il 25 novembre di ogni anno. Quella data fu scelta dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per celebrare la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne. La ricorrenza fu istituita il 17 dicembre 1999 con la risoluzione 54/134. Alla cerimonia di intitolazione interverranno la Presidente del Municipio 3, Caterina Antola, e il Console Generale della Repubblica Dominicana, Arlene Pena Del Orb. A conclusione della cerimonia, l'attrice Elisabetta Pogliani leggerà la poesia di Cristina Torre Caceres "Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma'', scritta nel 2011 e diventata simbolo della lotta contro la violenza di genere. La poesia Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma. Se non ti dico che non torno a cena. Se domani, il taxi non appare. Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana). Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia (Emily, Shirley). Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata (Luz Marina). Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata per i capelli (Arlette). Cara mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata (Lucía). Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l'alcool nel sangue. Ti diranno che era giusto, che ero da sola. Che il mio ex psicopatico aveva delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana. Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria. Te lo giuro, mamma, sono morta combattendo. Te lo giuro, mia cara mamma, ho urlato tanto forte quanto ho volato in alto. Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutte le donne che urleranno il mio nome. Perché lo so, mamma, tu non ti fermerai. Ma, per carità, non legare mia sorella. Non rinchiudere le mie cugine, non limitare le tue nipoti. Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia. Sono loro, saranno sempre loro. Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato. Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me. Combatti perché possano urlare più forte di me. Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io. Mamma, non piangere le mie ceneri. Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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sounds-right · 1 year ago
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Alla Locanda dei Giurati si gusta un tartufo bianco di oltre 500 grammi, lo ha scovato Schila, Springer di 3 anni 
Como, 22/11/2023. Il tartufo, con il suo profumo ed il suo sapore inconfondibili, è apprezzato dai gourmet di tutto il mondo. La sua raccolta avviene da settembre a dicembre. Viene gustato in piatti come tagliolini o i tipici tajarin al burro, risotto al parmigiano o carni che non abbiano un sapore troppo forte. Il tartufo bianco ha un sapore più intenso ed è decisamente più pregiato.
Inoltre, più grande è il tartufo, più è raro e quindi costoso. Alla Locanda dei Giurati di Como, da poche ore e solo per pochi giorni, perché il tartufo va gustato velocemente, si possono assaggiare piatti preparati con un tartufo di oltre 500 grammi. L'ha scovato Schila, cagnolina di 3 anni di razza Springer, non lontano da Dernice, un paese in provincia di Alessandria. Soprattutto in Piemonte, infatti, non mancano zone vocate a questa prelibatezza. 
Il padrone di Schila è Roberto Todaro, 39 anni, appassionato tartufaio che tratta i suoi cani come fossero parte della sua famiglia. "Schila ha trovato il tartufo verso le 4 di mattina, in un canalone non troppo esposto al sole. Sono ritrovamenti non comuni, che soprintendono. Anche perché tartufi così grandi spesso nascono 'fuori luna' ", racconta Todaro, che ha un rapporto particolare con Schila.
"I miei cani sono la mia passione e la mia famiglia. Ero affezionatissimo anche alla mamma di Schila, che purtroppo ci ha lasciato. Tutti i miei cani nascono, crescono e vivono sempre a casa mia. Hanno quattro zampe e non due... e hanno anche un'intelligenza stratosferica", continua il tartufaio.
Il tartufo italiano, soprattutto quello piemontese, è davvero una specialità. "Il tartufo arriva spesso dall'estero, ma non è paragonabile al nostro. Colore e pasta dei nostri tartufi, soprattutto quelli bianchi, sono unici. Novembre e dicembre sono senz'altro i mesi migliori per gustarli", conclude Roberto Todaro.
Chi ama il tartufo ed abita in Lombardia non deve arrivare quindi fino alle Langhe per gustare i migliori tartufi: alla Locanda dei Giurati di Como molti dei piatti del menu, solo e soltanto in certi periodi dell'anno e senz'altro in quello che stiamo vivendo (fine  novembre 2023), quando il tartufo sprigiona il massimo di profumi e sapori, sono dedicati al tartufo.
Qui, alla Locanda dei Giurati di Como, i più audaci possono anche osare un altro abbinamento, porcini e tartufo. Tra i piatti nel menu in questo momento, ecco i tagliolini al tartufo bianco, un classico che non delude mai. 
///
Senz'altro il successo della Locanda dei Giurati cresce nel tempo per un mix vincente di semplicità ed eccellenza, da gustare tra l'altro anche a pranzo, con business lunch tutti da vivere.  Ecco come lo staff de La Locanda dei Giurati di Como presenta sui social la sua filosofia: "Un fantastico vino e la nostra pregiata carne, sono il connubio perfetto per creare un momento sensoriale ai nostri ospiti. Un'opera d'arte che si può associare solo alla nostra Locanda, perché venire da noi, non è solo stare bene, ma è arrivare a toccare il piacere degustativo attraverso i nostri piatti".
La Locanda dei Giurati - Como 
via Giulini 16, 0314310051
www.locandadeigiurati.com
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tarditardi · 1 year ago
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Alla Locanda dei Giurati si gusta un tartufo bianco di oltre 500 grammi, lo ha scovato Schila, Springer di 3 anni 
Como, 22/11/2023. Il tartufo, con il suo profumo ed il suo sapore inconfondibili, è apprezzato dai gourmet di tutto il mondo. La sua raccolta avviene da settembre a dicembre. Viene gustato in piatti come tagliolini o i tipici tajarin al burro, risotto al parmigiano o carni che non abbiano un sapore troppo forte. Il tartufo bianco ha un sapore più intenso ed è decisamente più pregiato.
Inoltre, più grande è il tartufo, più è raro e quindi costoso. Alla Locanda dei Giurati di Como, da poche ore e solo per pochi giorni, perché il tartufo va gustato velocemente, si possono assaggiare piatti preparati con un tartufo di oltre 500 grammi. L'ha scovato Schila, cagnolina di 3 anni di razza Springer, non lontano da Dernice, un paese in provincia di Alessandria. Soprattutto in Piemonte, infatti, non mancano zone vocate a questa prelibatezza. 
Il padrone di Schila è Roberto Todaro, 39 anni, appassionato tartufaio che tratta i suoi cani come fossero parte della sua famiglia. "Schila ha trovato il tartufo verso le 4 di mattina, in un canalone non troppo esposto al sole. Sono ritrovamenti non comuni, che soprintendono. Anche perché tartufi così grandi spesso nascono 'fuori luna' ", racconta Todaro, che ha un rapporto particolare con Schila.
"I miei cani sono la mia passione e la mia famiglia. Ero affezionatissimo anche alla mamma di Schila, che purtroppo ci ha lasciato. Tutti i miei cani nascono, crescono e vivono sempre a casa mia. Hanno quattro zampe e non due... e hanno anche un'intelligenza stratosferica", continua il tartufaio.
Il tartufo italiano, soprattutto quello piemontese, è davvero una specialità. "Il tartufo arriva spesso dall'estero, ma non è paragonabile al nostro. Colore e pasta dei nostri tartufi, soprattutto quelli bianchi, sono unici. Novembre e dicembre sono senz'altro i mesi migliori per gustarli", conclude Roberto Todaro.
Chi ama il tartufo ed abita in Lombardia non deve arrivare quindi fino alle Langhe per gustare i migliori tartufi: alla Locanda dei Giurati di Como molti dei piatti del menu, solo e soltanto in certi periodi dell'anno e senz'altro in quello che stiamo vivendo (fine  novembre 2023), quando il tartufo sprigiona il massimo di profumi e sapori, sono dedicati al tartufo.
Qui, alla Locanda dei Giurati di Como, i più audaci possono anche osare un altro abbinamento, porcini e tartufo. Tra i piatti nel menu in questo momento, ecco i tagliolini al tartufo bianco, un classico che non delude mai. 
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Senz'altro il successo della Locanda dei Giurati cresce nel tempo per un mix vincente di semplicità ed eccellenza, da gustare tra l'altro anche a pranzo, con business lunch tutti da vivere.  Ecco come lo staff de La Locanda dei Giurati di Como presenta sui social la sua filosofia: "Un fantastico vino e la nostra pregiata carne, sono il connubio perfetto per creare un momento sensoriale ai nostri ospiti. Un'opera d'arte che si può associare solo alla nostra Locanda, perché venire da noi, non è solo stare bene, ma è arrivare a toccare il piacere degustativo attraverso i nostri piatti".
La Locanda dei Giurati - Como 
via Giulini 16, 0314310051
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zuccherodisqualo · 7 years ago
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Aspetto il ricevimento col mio prof adorato e ci sta una coppietta accanto a me che si mette d'accordo su quando lei ha casa libera per scopare
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kon-igi · 2 years ago
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SO DI ESSERE INFANTILE
ma negli scorsi giorni ho riletto, dopo tanti anni, ‘World War Z. La guerra mondiale degli zombi’ (2006) un romanzo di Max Brooks (figlio di Mel Brooks), scritto in forma di intervista a tutti i protagonisti sparsi per il globo che vissero lo zombie outbreak e i successivi anni di guerriglia, fino alla risoluzione.
(NON guardate il film con Brad Pitt perché NON C’ENTRA UN CAZZO!)
Tra queste, c’è l’intervista a un addestratore di squadre K9, cani particolari che aiutarono i soldati a fronteggiare la minaccia. L’intervista si conclude con un suo ricordo sul perché poi decise di diventare addestratore.
Abitavo a un isolato da un negozio di animali. Ci passavo davanti in macchina ogni giorno per andare al lavoro, e mi chiedevo sempre come quei perdenti sentimentali e disadattati potessero sborsare tutti quei soldi per dei criceti troppo cresciuti e in grado di abbaiare. Durante il Panico, i morti cominciarono a raccogliersi intorno a quel negozio. Non so dove fosse finito il padrone. Aveva tirato giù le serrande ma lasciando gli animali all'interno. Li potevo sentire dalla finestra della mia camera da letto. Tutto il giorno, tutta la notte. Erano solo cuccioli, sa, avranno avuto un paio di settimane. Piccole creaturine terrorizzate che chiamavano la mamma o chiunque potesse andare lì e salvarli. Li sentii morire, uno dopo l'altro, quando finirono l'acqua. I morti non riuscirono a entrare nel negozio. Erano ancora ammassati fuori dal negozio quando fuggii, quando corsi via senza neanche fermarmi a guardare. Che avrei potuto fare? Ero disarmato, inesperto. Non potevo prendermi cura di loro. A malapena riuscivo a prendermi cura di me stesso. Che avrei potuto fare?… Qualcosa. Avrei potuto fare qualcosa.
Ecco.
È più di una settimana che ogni notte mi sveglio di soprassalto perché faccio un incubo in cui Cthulhu e Otto sono tra quei cuccioli e allora perdonatemi la futilità ma devo poter fare qualcosa.
È sera. Oramai ho esaurito le scorte di fagioli in scatola e l’acqua esce dal rubinetto sotto forma di un filo marrone che sa di fango e disperazione.
Prima che scoppiasse tutto il casino, provavo un particolare odio verso quei padroni di cani che anteponevano i loro pelosetti a tutto il resto e ogni volta che qualche proprietario provava a darmi dell’insensibile, io citavo Independence Day, quel pastrocchio con Will Smith e Jeff Goldblum in cui arrivano i cattivoni alieni e i nostri eroi li sconfiggono stridendo come aquile reali e mangiando torta di mele. Avete presente la scena in cui gli alieni radono al suolo New York col raggio della morte e migliaia di persone fuggono nel Lincoln Tunnel? Mentre una palla di fuoco avanza impacabile nella galleria, disintegrando macchine e persone, la moglie del protagonista riesce a infilarsi in un tunnel di servizio laterale... ma il cane rimane in macchina! Lei lo chiama urlando, il fuoco avanza, lui sembra non farcela a entrare e... IMPROVVISAMENTE CON UN SALTO SCANSA IL MURO DI FIAMME E SI BUTTA IN BRACCIO ALLA PADRONA! Io quel film lo vidi al cinema insieme a Danielle... oddio, Danielle... non pensavo a lei da... da troppo tempo... dunque, nell’attimo che il cane balza in salvo TUTTO IL CINEMA SCOPPIA IN UN APPLAUSO FRAGOROSO e io penso ‘Ma sono morte carbonizzate migliaia di persone! E voi applaudite perché si è salvato un botolo pulcioso?!’
E ora mi ci trovo io in quel tunnel.
Anche questa sera i cuccioli stanno piangendo ma sempre più debolmente. Centinaia... migliaia di persone sono morte e ora girano putrefatte sotto casa mia e io riesco solo a pensare a quelle piccole creaturine terrorizzate.
Se riesco a salvare loro, forse posso ancora riporre qualche speranza di salvezza in questo mondo distrutto.
Per fortuna che è Dicembre, sennò dentro la mia tuta da motociclista mi sarei giù liquefatto. Pensare che l’ho pagata 2.000 dollari e non avevo neanche una moto. Quella me la sarei fatta prestare e poi avrei detto a Danielle che mi ero stancato e che l’avevo venduta. 
Ho scartato i guanti da motociclista perché per quello che dovevo fare avevo bisogno del massimo della mobilità nelle dita. Un paio di guanti da lavoro in Dyneema andavano più che bene. Stringo le cinghie dello zaino sulla schiena e controllo che il piede di porco sia fermo ma raggiungibile velocemente. Finalmente ho trovato un utilizzo per quegli stupidi spiedi in acciaio che danno in dotazione coi forni... uno infilato in ogni stivale e sono finalmente pronto.
Apro la finestra di camera da letto e guardo giù in strada. L’unica fonte di luce è la luna che si riflette su crani scarnificati e liquami gocciolanti. Non riesco a contarli ma la maggior parte degli zombie sono assiepati contro la serranda del negozio di animali, attirati dai lamenti disperati dei cuccioli.
Una volta ho visto il video di una scimmia arrampicata su un palo della luce che per sfuggire a chi la voleva salvare afferrava i fili elettrici e si paralizzava istantaneamente, cadendo morta in strada.
Ecco, spero davvero che gli zombie abbiano fatto saltare tutte le centrali elettriche e che non ci sia un ampere di tensione in giro perché altrimenti... meglio non pensarci.
Dal davanzale della mia finestra passo sul condizionatore esterno della vecchia Margie. Il cavo elettrico sembra ben ancorato alla parete ed è pure uno di quelli spessi e intrecciati, visto che probabilmente portava corrente in tutto l’isolato di fronte.
Salto e mi aggancio con due mani.
Cosa dicevano in quel film francese? Il problema non è la caduta ma l’atterraggio... vaffanculo mangiarane di merda!
Contraggo gli addominali e intreccio le ginocchia intorno al cavo... ok, come un bruco a culo all’aria adesso è solo questione di strisciare lentamente, lentamente (non pensare alla scimmia)... guardo in basso e il buio mi risparmia la visione peggiore. Però sento i loro gemiti, sempre più vicini. Devo essergli sopra. 
E poi la mia testa sbatte contro il muro del palazzo di fronte.
Bene... ci sarà anche qua una signora Margie con le caldane trentennali da menopausa e un condizionatore formato albergo?
Sgancio i piedi e mi lascio spenzolare, finché con la punta dello stivale tocco quello che sembra lo stipite di una finestra. Ho una torcia TL122 agganciata sulla spalla ma accenderla adesso significherebbe diventare un faro in un mare di morti viventi e anche se mi trovo al terzo piano non mi piacerebbe sentirli assiepati sotto ad aspettare che perda l’equilibrio.
Tasto coi piedi e mi sembra che il davanzale sia abbastanza largo per starci in equilibrio. Tenendomi alla cornice di mattoni, mi ci lascio cadere sopra.
- Bene... e adesso vediamo di capire come aprire la finestra.
Non è una posizione comoda (sembro gesù crocifisso o uno di quegli improbabili babbi natale spenzolanti che andavano di moda nei primi anni duemila) ma frugo lo stesso nella tasca per estrarre il mio karambit, con la lama del quale comincio a frugare nello stipite.
Perché nei film è così facile? Vorrei tanto l’inquadratura da dietro la finestra e lo zoom sulla lama che solleva il fermo!
Poi il fermo scatta e la finestra si apre verso l’interno.
... e la gemella della signora Margie mi si avventa contro, i bigodini che spenzolano ancora dal cuoio capelluto strappato, e dopo avermi afferrato per il davanti della giacca, cerca di mordermi la faccia.
Capitemi... io ero appena passato dalla posizione crocifissa a quella del russo accovacciato in un pericolossisimo slav squat, quindi la mia prima reazione è quella di piantarle il karambit in gola (pentendomi subito della futilità del gesto) e poi di afferrarla a mia volta per non cadere in strada.
Fortuna vuole che la vecchia carampana sia sovrappeso e anche se ero sbilanciato indietro, la sua enorme pancia era incastrata nel davanzale interno, però ogni volta che la tiravo per bilanciarmi la sua bocca sgocciolante mi snappava a due centimetri dal naso.
Allungo la mano destra verso lo stivale, ringraziando mentalmente di non aver mai avuto soldi per il forno a microonde, e infilo 30 cm di spiedo in acciaio inossidabile dentro l’orbita della zombie.
E le cado sopra mentre smette di agitarsi.
- Ok... ti è andata bene. La vecchia abitava da sola altrimenti li avresti già avuti tutti addosso. Ora devo scendere le scale e sperare che il negozio abbia una porta secondaria interna.
Sulle scale trovo solo lo zombie di un uomo che mi dà le spalle ed è un attimo trafiggerlo con un angolo di 45 gradi e far entrare la punta dello spiedo sopra l’atlante dentro il foramen.
Grazie Dott.Cox delle tue lezioni di anatomia - penso divertito.
In fondo alle scale in effetti c’è la porta di servizio del negozio. Abbasso la maniglia ed è aperta. 
Mi colpisce il naso l’odore penetrante di urina e feci e con la torcia trovo il recinto in vetrina, dove i cuccioli stavano quasi per perdere la loro lotta contro la solitudine e la paura. Quando mi inginocchio in mezzo a loro, i loro uggiolii diventano della più pura delle gioie e mentre tutti quanti riescono a leccarmi la faccia contemporaneamente, sussurro
- Va tutto bene... ci sono qua io con voi.
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Ora posso andare a dormire e che mi crediate o meno, so già che non ci sarà alcun incubo... forse non posso salvare tutti ma perlomeno lasciatemi sognarlo.
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ladyklein · 3 years ago
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Oggi non è stata proprio una semplice giornata, no, affatto.
La Luna era in Toro e io ero frizzante, ma con la testa in tremila situazioni.
I calendari stanno andando a rilento, ma stanno arrivando, e.. si avvicina Natale.
Per chi alleva questo è un periodo di cambiamenti repentini, e il buio ti porta accelerare nelle ore di luce.
Abbiamo scelto gli agnelli per la vendita, li ho accuratamente accompagnati pregando, come sempre, perché è una benedizione poter mangiare qualcosa di sano, averlo allevato con amore e ad è importante che ognuno porti abbondanza nella propria casa.
Ho sentito tutto il giorno pianti e disperazione. Perché sì, perché la vita è questo, e bisogna accompagnare, ascoltare, sentirsi parte di un coro che piange e ricordare che è lo stesso pianto del lutto.
Sono stata talmente tanto dentro questa giornata da non aver riposato, e ho atteso infinitamente il camion perché gli uomini, si, gli uomini alle volte dimenticano il rispetto per gli altri, e dimenticano che il mondo non gira tutto attorno a loro (e per una volta non sto parlando dei macellai).
E stasera abbiamo munto, abbiamo ripreso l'anno, e abbiamo iniziato a mungere le prime pecore "stelle".
E poi sono andata a riprendere dal pascolo la laghinza.
Ho notato una sagoma bianca, lontanissima risplendere al sole, di tanto in tanto si muoversi, mi sono avvicinata.
Lentamente ho fatto passi avanti e .. la pecorella aveva appena partorito.
Con molta pazienza ho preso l'agnella ma.. la giovane mamma non ne voleva sapere.
Ho così pazientato, creato legame, atteso, mentre carezzavo e sentivo il pianto della nuova nata, e la disponibilità della mamma.
Lentamente ho dovuto attendere la fiducia, mentre andavo e tornavo con l'agnella in braccio, ma la pecora no, non mi seguiva.
Solo dopo aver annusato anche me ha capito di potersi fidare e seguirmi passo passo tra la terra, l'erba e il fango.
Tra un belato e un gemito, la chiamata di mia sorella perché non rientravo, ho preso la via verso i capannoni.
Annusava a ogni passo la sua piccola, mentre guardavo le nostre ombre muoversi tra le pietre.
L'emozione era tanta perché non sempre le giovani pecorelle danno confidenza, mio padre temeva di dovermi recuperare in trattore.
Ma con estrema pazienza e fiducia abbiamo attraversato i cancelli, l'acqua, il fango, e siamo arrivate.
Questi sono solo attimi di una lunga giornata, spezzettata tra le mille e una cose da fare.
Dentro la vita in campagna ci sono attimi rituali non facili da vivere, da interiorizzare.
Ogni gesto è rituale, anche accompagnare con le lacrime agli occhi gli agnelli che fino a due minuti prima stavano giocando con te.
Questa è la Vita.
Questo è il mondo remoto di cui ancora faccio parte.
(15 dicembre 2021)
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inlouehsarms · 3 years ago
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COCÒ
ne è passato di tempo dalla mia ultima volta qui.. e ne è passato anche dall'ultima volta che ho scritto qualcosa di mio qui; quindi ritornare dopo tanto tempo mi fa strano.. specialmente dovendo tornare per parlare dell'ennesima storia finita. ve lo presento, lui è cocò.. la persona che negli ultimi sette mesi e mezzo ha fatto parte della mia vita e che ha tenuto il mio cuore tra le mani; cocò era come lo chiamavo io e come ancora lo tengo segnato sul mio telefono perché non ho la forza di cambiargli nome ma facciamo un passo per volta okay? cocò l'ho conosciuto quasi un anno fa, era dicembre 2020.. ma io avevo deciso che non sarebbe stato quello il giorno in cui tutto doveva cominciare quindi dopo un piccolo scambio di messaggi le nostre strade si "dividono". passano i giorni e ogni tanto cocò fa capolino nei miei DM, io leggo i messaggi e poi lascio le cose così come stanno.. fino a quando arriviamo a gennaio 2021, ad essere precisi arriviamo al 9 gennaio 2021.. dove qualcosa in me decide di rispondere e di portare avanti quella conversazione che gli permetterà di avere il mio numero; quella notte l'abbiamo passata tutta a parlare fino all'alba del giorno seguente.. wow, era un po' che non succedeva e che strana sensazione! cocò ed io da quel giorno iniziamo a parlare quasi ininterrottamente.. qualche giorno dopo mi chiede di uscire ed io decido di accettare così il 14 gennaio 2021 ci vediamo per la prima volta; a primo impatto simpatico ed anche abbastanza carino dai, ha deciso di portarmi al mc e farmi sforare con la dieta mannaggia ma ho apprezzato tanto, lo sognavo da un po' sto mc a dir la verità.. la serata prosegue abbastanza bene, con tedua in sottofondo e qualche chiacchiera per occupare il silenzio e conoscerci un po' di più, parcheggia l'auto, acchittiamo la situazione e via con shameless (prima serie in comune, quante lacrime!!); inizio a sentirmi a mio agio e finalmente via giacca, sciarpa e poi cappello.. lui lo nota e commenta: "oh finalmente lo hai tolto!" io timida ed in imbarazzo cerco di farmi piccola e bere la mia coca cola ma lo sento, eh si.. sento i suoi occhi che si posano su di me e qualcosa che mi chiama nella sua direzione che neanche il tempo di girarmi e tac, MI HA BACIATA! farfalle nello stomaco, tutto sottosopra che bella sensazione quasi quasi mi siedo su di lui.. e si, l'ho fatto ed i baci aumentavano a dismisura fino a quando non si stacca dalle mie labbra e si avvicina al collo.. che bella sensazione, come mi mancava tutta questa passione ma calmiamoci che siamo sempre nel parcheggio del mc! (non nego ci sia stato qualcosina, ma non è importante a questo punto della storia). io torno al posto in imbarazzo, chiacchieriamo ancora un po' e poi dritti a casa che è tardi e scatta il coprifuoco, scambio di effusioni e scendo dalla macchina che deve andare via.. lo guardo allontanarsi e sorrido, mi giro vado verso il portone di casa e PANICO copri bene il collo, non farlo vedere a mamma e papà; "come è andata?" sorridi e di che sei stata bene e ti sei divertita ma sei stanca e vuoi andarti a cambiare, entro in bagno e mi guardo quel livido violaceo allo specchio.. lo sfioro e sorrido, "wow che bello" penso. bene, è iniziata la nostra avventura: buonanotte, buongiorno e così via ogni giorno.. tutto questo mentre ci richiudono a casa per via del covid perché il lazio diventa zona gialla o arancione proprio non ricordo ma vabbè noi stringiamo i denti, fine gennaio arriva la prima canzone che lui chiama come "la nostra canzone", riecco le farfalle e il vuoto allo stomaco.. da lì a ripetizione parte "miss guid" mezza dedicata tramite i messaggi; arriva febbraio e finalmente ci rivediamo (c'è stata una seconda uscita già, andata molto bene anche quella.. un po' romantica), il 2 febbraio 2021 andiamo nella sua seconda casa che era da sistemare e controllare, brr fa freddo ma a fare le pulizie ci si scalda e una volta finito, subito sul letto a vederci l'anime "your name" che lui segue a tratti perché dopo poco eccolo che parte il
bacio, lui su di me io su di lui e i baci aumentano insieme alla passione.. wow, sta per succedere e boom facciamo l'amore; io impacciata e vergognosa, lui timido ma voglioso.. una volta finita subito la coperta addosso che non mi doveva guardare, stupide insicurezze! ora tocca mantenere la promessa, il giorno in cui ci fossimo spogliati per unirci corpo a corpo una sua felpa sarebbe stata mia ed eccola, quella bianca della levis che sa di lui subito addosso a me.. cavolo come mi piace! passano i giorni, arriva "il nostro primo boh" una sorta di piccola discussione ma nulla di grave, passa due giorni dopo e ci iniziamo ad organizzare per san valentino.. che ansia, era tanto che non passavo un san valentino da sola e fai le corse per preparare la cheescake a forma di cuore.. prima volta che faccio una roba così dolce, ma lui ha pensato al pranzo e va bene così, musica, si mangia e poi si fa ancora l'amore, che felicità mi accoccolo a lui e quasi mi addormento.. una ventina di minuti e poi sveglia, lui che mi guarda io che arrossisco ed indosso la sua felpa, mi dice che inizia a guardarmi come fossi la sua ragazza è tutto così perfetto, mi riporta a casa e poco dopo ecco il messaggio: "non dirlo a nessuno per adesso", via il sorriso ed ecco il magone allo stomaco.. non dovevo fidarmi lo sapevo, ci resto male e faccio la fredda ma poi due giorni e forse mi passa.. tutto procede benino, varie zone rosse e arancioni e piano piano si arriva a marzo mese che procede con alti e bassi, un po' di discussioni e primi pianti seri; verso fine marzo non ne posso più, basta chiudiamola qui ognuno per la propria strada, troppo insicuro ed io ho bisogno di sicurezze che non mi può dare.. ma non ci possiamo vedere e mi chiede di aspettare almeno fino a quando ci saremmo visti di persona, tentenno ma okay.. ehi, arriva aprile, situazione un po' così e ci siamo riavvicinati è il mio compleanno e finalmente ci rivediamo, 1 aprile 2021 "mi sei mancata.." sussurrato all'orecchio in un abbraccio all'inizio silenzioso spezzato solo da lui, mentre io lo stringo e passiamo due ore bellissime la pace è tornata e dai riproviamoci; 6 aprile 2021 STIAMO INSIEME, cavolo non ci credo! una nottata in videochiamata tra chiacchiere, risate, confessioni, quasi pianti e silenzi rumorosi.. FINALMENTE, di nuovo felice e non aspettavo altro. dormi da me, dormo da te.. tante prime volte per lui e per me, mi affeziono e si affeziona inizia la vera storia, con tanti alti e bassi ed io che mi incazzo ma ne vale la pena; lui trova lavoro, io poco dopo e andiamo avanti felici.. foto su foto e sorrisi su sorrisi, arriva agosto partiamo? si, primo viaggio insieme e tre giorni in toscana! non è come me lo aspettavo, ma tra una discussione e l'altra ce lo godiamo e poi Roma, che succede? vediamoci e parliamo.. lui paura di lasciarsi, io dubbi su che fare ma finisce in bene e ci mangiamo il mc che ci fa felici a tutti e due ma c'è qualcosa che non va; settembre va un po' così, qualche altra discussione ma ehi sono cinque mesi che bello!! a ottobre che succede? non siamo come prima, lui sta sulle sue ed io raffreddo un po'.. risolviamo e andiamo avanti, che questo è il sesto mese!
novembre, un mese un po' così.. qualche discussione: "vieni da me che parliamo e se non ci ammazziamo dormi qui, poi a casa ti riporto domenica sera io" va bene, vengo, ma parliamo.. si fa tardi, arrivo e non lo bacio lui mi guarda "perché mi eviti?" faccio spallucce e non rispondo, sorrido.. con lui sorrido sempre pure se incazzata, odio pensare che forse ci lasciamo ma andiamo in camera e parliamo, mi sfogo e piango mentre lui mi guarda muto, non è mai stato bravo a parole si chiude sempre in se; faccia rossa, occhi rossi e gonfi ma è ora di mangiare e quindi asciugo le lacrime e vado.. torniamo in camera, altra discussione e poi silenzio cosa dobbiamo fare? inizia la pace, un bacio e poi qualche battuta.. buonanotte, è mattina e siamo distanti "stai con me" gli do le spalle e scuoto la testa, "fino ad ora mi hai lasciata qui, vai via" si stende e poi mi stringe, facciamo pace e poi l'amore.. era un po' che non succedeva, ma ehi sono sette mesi!
arriva domenica 21 novembre 2021, che bella giornata che passiamo.. "vieni a casa" qualche coccola e poi l'amore che non lo si faceva da un po', risate e perdita di tempo ma poi dice qualcosa di sbagliato, mi infastidisco e lui va via.. tre giorni così, parliamo poco e niente poi sbottiamo.. 24 novembre 2021 vediamoci, tocca farle di persona certe cose non con i messaggi: "arrivo", doccia e poi scendo.. lo vedo, lo sento, respiro.. "non sono venuto per lasciarci" parliamo, non va non ci siamo è tutto troppo diverso tra di noi "vogliamo prenderci del tempo per capire?" "no, è finita, va bene così" mi alzo e me ne vado, piango e lo aspetto alla macchina; lui arriva, non lo guardo e prendo tutto "e comunque, buon natale." do il regalo e me ne vado, non mi ferma.. non mi chiama.. non parliamo.. lui era cocò, ed io la sua mimi ma ora non più.. ve lo presento, si chiama matteo ed io forse non l'ho amato, non apertamente ma per un po' è stato mio e per quanto ha fatto male è stato così bello! lo porterò dentro per sempre, anche se un giorno forse non lo penserò più ma lo ringrazio per avermi permesso di piacermi ed accettarmi quando nessun altro l'ha fatto.. - da una mimi non più sua, che ora è semplicemente chiara.
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tma-traduzioni · 3 years ago
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MAG124 - #0121112 - Lasciati sospesi
[Episodio precedente]
[INT. INSTITUTO MAGNUS, ARCHIVI, UFFICIO DI JON]
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ARCHIVISTA
Dichiarazione di Julian Jennings, riguardo a un tragitto in cabinovia sul monte Untersberg in Austria. Dichiarazione originale rilasciata l’undici dicembre, 2012. Registrazione audio di Jonathan Sims, l’Archivista.
Inizio della dichiarazione.
ARCHIVISTA (DICHIARAZIONE)
La parte che mi dà davvero noia è che quella non è nemmeno stata la prima volta che siamo saliti su quella cabinovia. Voglio dire, niente di tutto questo ha senso; è tutto impossibile, e le cose terribili che sono successe mentre eravamo sospesi lì non sarebbero assolutamente potute succedere. Ma dato che sono successe, non capisco perché siano capitate a noi. Non c’era nulla - di speciale in noi, niente di degno di nota nella nostra gita. Siamo stati solamente dei testimoni casuali di qualcosa di terribile? Dobbiamo esserlo stati, perché non vedo per quale motivo qualcuno dovrebbe decidere che ci accada qualcosa. Deve essere stato quel vecchio, di sicuro, ma di nuovo, perché?
Mio padre è morto quasi dodici anni fa, ormai. Cancro al pancreas. Sono sicuro di non dovervi spiegare che è stato devastante, probabilmente il primo vero lutto che io abbia mai sentito, ma negli anni che sono seguiti, ho trovato che mi ha avvicinato molto a mia mamma. Lei e papà erano sempre una specie di unità, vedete, e crescendo mi è sempre sembrato di avere meno un rapporto specifico con loro come persone, e più uno con i miei genitori. Non inusuale, ma una volta che mi sono trasferito e ho iniziato la mia vita, siamo finiti per essere un po’ distanti. E nelle poche occasioni all’anno in cui li vedevo, era, di nuovo, per fare visita ai miei genitori, senza alcun pensiero per i rapporti individuali.
Tutto questo è finito con la morte di mio padre. Il lutto ha reso me e mia mamma più vicini di quanto non  fossimo mai stati prima. La chiamavo regolarmente, e facevo il viaggio fino a Swansea per lo meno una volta al mese, fino a che non mi ci sono trasferito di nuovo quattro anni fa. È stato il secondo anno dopo la morte di papà che abbiamo iniziato con le nostre vacanze annuali insieme, all’inizio era solo un modo per fare… interessare mamma di nuovo al mondo, ma abbastanza presto è diventata una delle parti migliori del nostro anno. Stavamo via per una settimana, di solito, forse due se mi erano rimaste abbastanza ferie. A mamma non piacevano molto i voli, quindi tendevamo ad attenerci all’Europa centrale o occidentale, anche se un anno l’ho portata fino a Corfu. La sua grande passione erano le montagne; dovevamo sempre andare su una montagna.
Beh, per essere onesto, non erano le montagne che amava, precisamente; erano i panorami. Poche cose facevano felice mamma quanto vedere l’intera creazione estendersi di fronte a lei come un tappeto, e spendevamo sempre un bel po’ di euro per usare qualsiasi binocolo a gettoni posizionato nei punti panoramici.
Ha anche scoperto di avere un’affinità per l’aria più rarefatta delle grandi altitudini. Non ho mai capito davvero come funzionasse, in quanto pensavo che avrebbe dovuto rendere respirare più difficile, e dopo qualche ora tendevo sempre ad avere un leggero mal di testa. Ma a mia mamma non dava fastidio e dopo un minuto o due era sempre più vivace di quanto non l’avessi vista in tutto il resto l’anno.
Certo, alla sua età… scalare davvero una montagna sarebbe stato un po’ troppo, quindi le nostre vacanze erano sempre palesemente pensate essere le vette più alte nell’Europa centrale e occidentale che potessero essere scalate con un pullman, un treno o una cabinovia. Per quanto molte montagne europee siano ben servite dai trasporti pubblici, questo ci limitava un poco. Quindi, è per quel motivo che quest’anno ci siamo ritrovati a tornare a Salisburgo, una delle nostre prime destinazioni precedenti, e a Untersberg, una delle nostre montagne preferite. Svettava in lontananza sulla città. Era una vista meravigliosa, ricordo, anche se il modo più veloce e affidabile per raggiungerla era sfortunatamente in cabinovia.
Vedete, io non me la cavo benissimo con le altezze. Non parlerei di vere e proprie vertigini, e di sicuro quando siamo davvero in cima a una montagna, non ho nessun problema se sto alla larga dai pendii. Ma, di solito, andare dal livello del mare su fino alla cima è per me una sorta di sfida, per non parlare della discesa. Non ho mai condiviso queste paure con mamma, certo; a lei piaceva così tanto che non volevo darle preoccupazioni.
Comunque, mi ricordo che la cabinovia che sale e scende dall’Untersberg mi dava particolarmente fastidio. Quando la cabina accelerava verso i pilastri dall’aspetto traballante, c’era questa scossa mentre le guide cambiavano angolazione, e la cabina dondolava sempre avanti e indietro al punto che dovevo mettermi a sedere per terra. Avevo detto a mamma che questo era perché mi era difficile restare in equilibrio, ma onestamente era perché così non avrei dovuto guardare fuori dalla finestra verso il terreno lontano quasi un miglio.
Quando siamo arrivati alla stazione della cabinovia questa volta sono rimasto sollevato nel vedere che avevano sostituito molte delle strutture dalla prima volta che c’eravamo stati. I cavi si allungavano su lungo la montagna, nuovi e forti, anche se ancora con quella curva preoccupante, e le cabine stesse avevano un riflesso che speravo davvero non fosse solo una riverniciatura. (Ride) Mamma sembrava abbastanza composta, ma in quel modo di quando è entusiasta, e abbiamo acquistato i nostri biglietti e ci siamo messi in fila senza alcun problema.
Era quasi la fine della stagione, ed eravamo arrivati quanto più presto possibile, quindi la fila in questo caso era composta da un solo altro passeggero: un uomo anziano dai capelli bianco acceso e un sorriso garbato e divertito. Aveva un bastone da passeggio in mano, anche se la sua schiena era dritta come un fuso, e sembrava ricordarsi di usarlo solo quando si accorgeva di tenerlo ancora in mano.
La giornata era limpida, e il sole illuminava l’interno della cabina quando abbiamo passato il gap della piattaforma. Sapevo che avremmo potuto vedere per miglia e miglia dalla cima, qualcosa che non vedevo l’ora di fare quando avrei avuto i piedi saldi sulla montagna, piuttosto che dalla cabina dondolante.
L’operatore se ne stava in piedi in un angolo della piccola scatola di metallo, guardandoci con un’espressione annoiata e dando un’ultima occhiata ai controlli, che ammontavano a due pulsanti e un telefono. Mi sono seduto, barcollando un po’, sulla dura panca d’acciaio, mentre mia mamma e il signore anziano hanno preso posto alle due finestre con la vista migliore. L’operatore ha fatto un cenno tra sé e sé, facendo chiudere la porta, e ha girato una chiave nel pannello di controllo. C’è stato un tremore lungo l’intera struttura della cabina quando le ruote sopra di noi hanno iniziato a girare, e abbiamo iniziato a salire verso la vetta.
In un certo senso, il primo minuto è il peggiore. La scalata dura più di otto minuti in tutto, ma in quei primi secondi puoi vedere ogni dettaglio del terreno mentre questo si allontana da te, e puoi sentire ogni metro di quello spazio di aria vuota che si espande sotto i tuoi piedi, tenuto a bada da un pavimento che sembra… troppo sottile.
Ora del secondo minuto, mi ero calmato leggermente, l’angolo del cavo e la nostra velocità di salita si erano stabilizzate, e il terzo minuto è stato… quasi pacifico. Ho azzardato un’occhiata verso mamma, che stava alla finestra guardando fuori con un sorriso sereno verso il terreno che si faceva sempre più lontano. Ho guardato in direzione del vecchio, il cui volto brillava con entusiasmo e… anticipazione.
Il quarto minuto è stato quando abbiamo colpito il primo dei tre piloni di supporto, e l’improvviso cambiamento di angolazione e velocità mi ha fatto aggrappare al bordo della mia seduta, fissando il pavimento con risoluzione e sforzandomi di ignorare il dondolio della cabina.
Nel quinto minuto, ho azzardato un’altra occhiata fuori dalle finestre, proprio quando siamo arrivati al secondo pilone di supporto, e ho sentito una fitta allo stomaco. Mi sono seduto di nuovo velocemente, sperando che il tremore delle mie gambe non fosse udibile a mia madre, che stava ancora fissando fuori dalla finestra che aveva scelto.
Il sesto minuto è stato l’ultimo tratto con solo l’aria vuota sotto di noi, e sarebbe stata l’ultima parte prima che raggiungessimo l’ultimo pilone e che iniziassimo a viaggiare sopra la montagna stessa. Ma è stato a quel punto che la cabina si è arrestata all’improvviso con uno scossone.
Mi è salito il panico, e ho serrato i denti per provare a trattenere un urlo. Mi sono preso un secondo e ho esalato un respiro tremante. Andava tutto bene. Questo genere di cose succedeva sempre, senza dubbio; era solo un piccolo ritardo. Qualcuno in cima che stava impiegando troppo tempo nella cabina che scendeva nell’altra direzione, forse.
Ho dato un’occhiata all’operatore, e certo, aveva un’aria confusa e irritata sul volto, ma niente che potesse essere interpretato come preoccupazione, o paura. Ha alzato il telefono vicino ai controlli e ha iniziato a parlare in un tedesco irritato, ma dalla sua espressione non sembrava che stesse ricevendo alcuna risposta. Ho sentito simili suoni di irritazione da mamma, e girandomi con cautela, ho notato che alcune nuvole basse ci avevano raggiunto, e la finestra era ora ricoperta da una nebbia sottile e vorticante, che oscurava il panorama sottostante.
Il meteo aveva previsto cieli sereni - ma non era niente di inaudito. Avevo sperato che non riuscire a vedere il terreno, lontano sotto di noi, avrebbe smorzato il terrore che sentivo mentre rimanevamo appesi lì, dondolando lentamente, ma invece sembrava peggio, in quanto tutto quello che ora riuscivo a immaginare era un vuoto interminabile e terribile, che si estendeva sotto di me.
Ho sentito una risatina, e ho alzato lo sguardo per vedere il vecchio sorridere a se stesso, il suo bastone da passeggio dimenticato sul pavimento.
Quello che è successo dopo è stato così veloce che ho a malapena avuto il tempo di processarlo. Il vecchio si è girato verso la porta della cabina, la porta che avevo visto bloccare e chiudere a chiave dal controllore quando eravamo saliti all’inizio… e ci si è avvicinato. Ha afferrato la maniglia, e con un unico movimento fluido, l’ha spalancata.
L’operatore aveva visto quello che stava succedendo e aveva provato ad afferrarlo, ma era troppo tardi. Il vecchio si è voltato per solo un secondo, mi ha guardato negli occhi e mi ha fatto un esagerato occhiolino teatrale. Poi è caduto all’indietro, fuori dalla cabina, ed è sparito, nell’aria vorticosa dietro di lui.
L’operatore ha urlato - qualcosa - e mia madre ha lanciato un urlo, ma i suoni sono spariti nei cieli oscurati che ci circondavano. L’operatore era tornato al telefono, provando disperatamente a raggiungere qualcuno all’altro capo mentre la porta rimaneva lì, aperta sul nulla oltre la cabina.
Volevo agire, aiutare, fare qualcosa, ma ero inchiodato alla mia sedia, con una paura confusa. Poi, senza preavviso, e senza alcun comando dell’operatore, la cabina ha iniziato a muoversi di nuovo. Viaggiava verso l’alto, prendendo velocità e dondolando con una forza tale che temevo che saremmo stati tutti sbalzati fuori dalla porta aperta.
Un minuto. Due minuti.
Tre minuti.
Avremmo dovuto raggiungere un altro pilone, o la vetta della montagna a quel punto, ma continuavamo semplicemente ad andare avanti, sempre più in alto, le nuvole ci circondavano più fitte, entrando dalla porta aperta. La mia mente si era praticamente bloccata, e mi sentivo come se non potessi fare altro che guardare mentre gli eventi progredivano.
Non so per quanto tempo siamo saliti prima che la cabina si arrestasse di nuovo. Mamma era piegata per terra, adesso, stringendo le maniglie sopra di lei per stabilità, e l’operatore stava provando a ottenere una qualche risposta dai controlli. I freni hanno finalmente ripreso a funzionare con un vigore tale che saremo stati sbandati in avanti di 45 gradi. Poi di nuovo indietro. Poi avanti. Potevo sentire la nausea pervadermi mentre venivo quasi spinto in avanti sul pavimento. Poi tutto è tornato immobile, tranne che per il leggero dondolio.
La cabina è rimasta ferma per del tempo. Credo che stessimo tutti solo aspettando  qualsiasi cosa sarebbe successa dopo. Nessuno di noi ha parlato, e guardando verso mamma potevo vedere la mia stessa paura riflessa sul suo volto. Dopo un po’, quando tutto si era calmato, l’operatore ci ha guardati. Eravamo tutti zitti, spaventati, credo, di rompere la quiete in cui ora ci ritrovavamo. Ma l’ho visto iniziare ad avvicinarsi alla porta. Sapevo che cosa stava cercando di fare. Voleva chiuderla, serrarla come doveva essere e tornare ad avere almeno una qualche apparenza di controllo.
Volevo dirgli di fermarsi, avvertirlo di - qualsiasi cosa stesse per accadere, perché sapevo che qualcosa stava per accadere. Ma potevo solo guardarlo mentre lui si avvicinava lentamente, dolorosamente alla sua fine.
E infatti, come si è avvicinato all’apertura, la sua mano appena fuori nella nebbia, ho sentito qualcosa sui cavi che si estendevano dietro di noi. Non mi sono girato, ma potevo sentire i suoni ritmici e graffianti di qualcosa che si arrampicava velocemente verso di noi. Ho visto gli occhi di mamma fissarsi su qualcosa dietro la mia testa, e lei ha urlato. Era un suono che non le avevo mai sentito fare in tutta la mia vita, e uno che non dimenticherò mai.
C’è stato un tonfo da sopra, il suono di qualcosa di pesante che è atterrato sul tetto della cabina, e l’operatore si è bloccato, braccia ancora allungate in avanti. I suoi occhi si sono spalancati con un’improvvisa realizzazione, ma prima che potesse allontanarsi dal bordo, un braccio, lungo, grigio e del tutto inumano, è scattato giù dall’alto con una velocità terribile. Gli ha afferrato il polso, solo per un momento, e poi lui era andato, le sue urla che svanivano nell’abisso oltre la porta.
Nel silenzio che è seguito, mamma e io ci siamo fissati, nessuno dei due sapeva che cosa avremmo potuto fare tranne che attendere qualsiasi destino… se ne stava accovacciato sopra la cabina. Poi ci sono stati tre colpi, uno dopo l’altro sul tettuccio della cabina. Toc. Toc. Toc. Poi una risata. Un suono terribile e sibilante, come il ruggito di una tempesta. E poi…
Non so quando ho notato la luce verde sul pannello di controllo. Quella vicina al bottone che l’operatore aveva premuto quando avevamo iniziato il viaggio all’inizio. Di sicuro non era stata accesa l’ultima volta che ci eravamo mossi. Forse non dalla prima volta che ci eravamo fermati.
Non potevo permettermi di lasciare che la speranza si facesse strada nel mio cuore, penso che sarebbe stato troppo crudele, ma so anche che non potevo ignorarla. Alla fine, mi sono alzato dolorosamente. Tutto il mio corpo stava tremando così violentemente che ho pensato che sarei collassato prima che avessi anche fatto solo il primo passo, ma poco a poco mi ci sono avvicinato, senza mai distogliere gli occhi dalla luce verde. Senza mai guardare verso la porta.
Quando le mie dita alla fine hanno trovato il bottone, l’ho colpito con tutta la forza che mi rimaneva, e ho sentito la cabina iniziare a muoversi di nuovo verso l’alto. Non ho idea se quella cosa che si trovava sopra la cabina fosse ancora lì, ma quando ho visto il terzo pilone svettare tra le nuvole, potevo sentirmi piangere dal sollievo. Non ho neanche sentito il tremolio quando l’abbiamo raggiunto.
Non mi ricordo molto dopo quello. Non credo di aver detto cose molto sensate. So che gli ci è voluto molto per riportarci giù dalla cima dell’Untersberg senza usare la cabinovia. Mi ricordo di aver parlato con la polizia, anche se non mi ricordo se ho detto loro la verità.
Credo che la versione ufficiale sia diventata che l’operatore, un uomo di nome Otto Hessler, si era suicidato a metà della montagna saltando giù verso la sua morte. Il corpo non è mai stato ritrovato, e il rapporto non menzionava mai un vecchio.
Ho ancora gli incubi, chiaramente, e la mia paura delle altezze è peggiorata notevolmente. Ho provato a parlarne con dei professionisti, ma per la maggior parte la trattano come se stessi parlando per metafore. E di solito glielo lascio credere.
La parte peggiore è la tensione che tutta questa storia ha messo sul rapporto con mia madre. Lei… si rifiuta di ammettere che tutto questo sia accaduto, ripetendo la stessa versione dei fatti data dalla polizia di Salisburgo. Mi guarda dritto negli occhi e mi dice che non sa di che cosa sto parlando, che non c’è mai stato nessun vecchio o delle nuvole. Niente che si è arrampicato sui cavi dietro di me. Sappiamo entrambi che sta mentendo. Non so se ci saranno mai altre vacanze, di sicuro nessuna includerà le montagne. (Respiro tremante)
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Fine della dichiarazione.
(Sospira) Simon Fairchild è una delle… persone ricorrenti che credo mi inquieti maggiormente. Non solo per quello che fa, gli spazi interminabili dell’altitudine o della profondità ai quali sembra condannare così velocemente le sue vittime, ma… la gioia che sembra trarne. E non credo ci sia molto altro su questo racconto oltre a questo; un uomo malvagio che tormenta e uccide solo per il suo piacere personale, e per nutrire il potere che lo sostiene. (Sospira) In altre circostanze, potrei… pensare che il luogo sia degno di nota, potrei provare a ricostruire qualche piano più grande, ma Fairchild sembra viaggiare in lungo e largo per le sue vittime, senza alcuna altra motivazione se non la… varietà. Non credo di volerlo mai incontrare.
Certo… anche se volessi fare delle indagini su questa dichiarazione non avrei alcun aiuto nel farlo. È passata una settimana e l’attitudine di Melanie verso di me non è migliorata. E Basira, per quanto sia ben disposta a parlare, non sembra ancora fidarsi di me abbastanza da coinvolgermi in qualsiasi piano possa avere. Ammesso che abbia dei piani, ovviamente. Potrei - costringerla a dirmeli; lo so, ma… Non posso permettermi di tagliare altri ponti.
Ancora nessun segno di Peter Lukas ovviamente, (Sospira) o di Mar-
[Un leggero rumore di statiche inizia a crescere leggermente in sottofondo]
Aspetta. Aspetta.
[Si alza dalla sedia e apre la porta]
Martin! (Leggermente più forte) Martin!
MARTIN
(Sorpreso) Oh - (Pausa, sembra ricomporsi) Ciao, Jon.
ARCHIVISTA
Martin, è-è-è- i-io, i-io non ti ho più visto!
MARTIN
Già. Scusa.
ARCHIVISTA
C-Cosa, dove, dove sei stato, io, voglio dire, pensavo -
MARTIN
Oh - No, no sono, sono stato qui, èsolo, um, sai… sono stato occupato.
ARCHIVISTA
Occupato.
MARTIN
Già.
ARCHIVISTA
Giusto. A lavorare per Lukas.
MARTIN
Ah, n-no, P-Peter è - (Sospira) [sillaba smorzata] (Si ricompone) È complicato.
[Pausa]
ARCHIVISTA
Certo.
[Pausa]
MARTIN
Comunque, io… dovrei, uh [tornare a] -
ARCHIVISTA
(Sovrapponendosi) C-come stai, Martin? V-va tutto…
MARTIN
Sì. Sì, no, io, io sto bene, uh… va tutto… bene.
ARCHIVISTA
Già. Um... come... come vanno le poesie?
MARTIN
Oh, uh, beh, non ho avuto esattamente molto tempo ultimamente, quindi…
ARCHIVISTA
Sì, ma certo.
[Martin fa hm]
ARCHIVISTA
Sei stato occupato.
MARTIN
Già.
[Pausa]
Guarda, Jon, Io - (Sospira) Devo proprio andare -
[L’Archivista sospira]
ARCHIVISTA
Oh. Okay.
MARTIN
(Sovrapponendosi) Mi dispiace.
ARCHIVISTA
(Sovrapponendosi) C,c,ci- è stato - bello - (Tono più dolce) È stato bello vederti.
MARTIN
...Già.
[L’Archivista sospira piano mentre Martin si allontana]
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Già...
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[Traduzione di: Victoria]
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la-ragazza-turbata · 3 years ago
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Avrei tante cose da dire di me.
Sono nata con un difetto.
Quando ero molto piccola, 6/7 mesi circa, mia mamma ha notato che non crescevo, non mangiavo e avevo un colorito strano.
Decise di portarmi in ospedale.
Fu allora che venne fatta la diagnosi: Beta Talassemia Major.
La forma peggiore della talassemia, che ti costringe a fare trasfusioni di sangue.
Mi fecero subito una trasfusione perché ero messa malissimo.
Ho continuato con le trasfusioni per un po'.
L'unica cura definitiva era un trapianto di midollo osseo.
Hanno fatto gli esami alla mia famiglia per capire se uno di loro fosse compatibile con me, e fortunatamente mio fratello lo era.
Gli hanno spiegato la situazione e lui accettò di farlo.
Quando avevo 14 mesi arrivò il momento.
Mi fecero un po' di chemioterapia per eliminare le mie cellule malate e prepararmi al trapianto.
Alla fine tra il 30 e il 31 dicembre 2002 operarono mio fratello, prelevarono il midollo e fecero il trapianto.
Sono rimasta 4 mesi in ospedale con mia mamma, che non mi ha mai lasciata sola, mentre mio "padre" era casa con i miei fratelli, facendogli passare le pene dell'inferno.
Alla fine mi lasciarono tornare a casa.
Ormai mia mamma aveva deciso di lasciare mio "padre" e andò via dalla casa in cui viveva con lui e i miei fratelli e tornò a casa dei miei adorati nonni, che mi hanno vista crescere.
All'inizio non potevo uscire dalla camera e i miei fratelli non potevano entrare senza essersi fatti una doccia.
Ero rinchiusa in quella cameretta.
Passò un po' di tempo e lasciarono che andassi almeno in cucina.
Dopo tanto tempo, arrivò il momento di uscire di casa, dovevo mettere la protezione 50 anche in inverno e gli occhiali da sole, perché ero più fragile rispetto agli altri bambini.
Sono passati gli anni e posso dire di essere guarita.
Ringrazierò sempre mia mamma per non avermi mai lasciata sola e avermi permesso di fare il trapianto, e ringrazierò sempre mio fratello per avermi donato il suo midollo.
Io non ricordo nulla, ero troppo piccola.
Questo è il poco che so della mia malattia, perché devo basarmi sui racconti della mia famiglia.
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