#mi fa sentire stupida
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frammenti--di--cuore · 5 months ago
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vorrei urlare e piangere, ma anche questo è un lusso, perché non riesco a farlo a comando ...e quindi mi ritrovo come in questo momento, in completo silenzio, da sola, con gli occhi lucidi che guardano fisso lo schermo ma dai quali non scende nessuna lacrima, tutte troppo timide per farsi avanti. vorrei abbandonarmi a tutti i sentimenti che dentro di me fanno a botte, abbandonarmi ad essere presa a botte anche io; piangere senza nessuno scopo, senza nessun motivo, senza aver niente da dire, solo per l'istinto di gridare fuori ciò che sento dentro, senza essere perfetta, precisa, coerente. E invece mi ritrovo qua, a scrivere parole inutili che non leggerà nessuno, che non riescono nemmeno lontanamente a descrivere tutto quello che vorrei dire. Vorrei troppe cose, tutte troppo grandi, che nemmeno riesco ad immaginare, a descrivere, che nemmeno so. Vorrei avere il tempo di fermarmi ad elaborare e invece no, le cose mi succedono, mi vengono lanciate addosso una dopo l'altra e io non riesco ad afferrarle tutte...e adesso qui intorno a me c'è un casino terribile, di cose sparse ovunque senza un senso. Le cose belle si confondono con quelle brutte, i confini sono tutti così sottili e mi ritrovo a vivere in una bolla di ansia perenne. non sono più in grado di distinguere tra quello che mi fa bene e quello che mi fa male, tra ciò che è felice e ciò che non lo è...vorrei solo che tutto questo smettesse per un po', solo silenzio, solo silenzio.
z
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falcemartello · 3 months ago
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e lo facevano nel nome dell’interesse pubblico a “evitare la disinformazione” e “limitare l’anarchia sul web”: “Non è che questi tycoon privati si possono sentire al di sopra delle leggi!”
E fin qui, avremmo a che fare con una tesi politica, una tesi straordinariamente ottusa, ma formalmente rispettabile come tutte le affermazioni politiche.
Solo che poi mi è sovvenuto che su quelle stesse pagine, proprio le stesse, durante la pandemia si giustificava la censura sui social, anche quando era totalmente e manifestamente pretestuosa, e lo facevano nel nome del fatto che “dopo tutto i social sono imprese private, e fanno quello che gli pare; se non ti piace, puoi sempre andartene”.
Questo, per dire, veniva sbattuto in faccia quando veniva chiusa la propria pagina per un mese per aver pubblicato un articolo del British Medical Journal che contrastava la narrazione ufficiale (ogni riferimento a cose e persone riconoscibili è puramente intenzionale).
Dunque finché censura in linea con la narrativa ufficiale è un'impresa privata libera di fare fa quel che gli pare, quando non censura è un'impresa privata che deve essere messa in riga nel nome dell'interesse pubblico.
Ora, la questione che mi si pone è l’eterno dilemma: “Ci sono o ci fanno?” Vedo infatti solo due interpretazioni possibili, che potremmo chiamare, per darci un nome icastico, l’interpretazione alla Carlo Maria Cipolla e l’interpretazione alla Sartre.
La prima interpretazione accetta la possibilità che questa gente, nonostante spesso si tratti di affermati professionisti, giornalisti, persino accademici, molto semplicemente sia così sconfortantemente scema da non vedere la contraddittorietà dei propri criteri.
In effetti una profonda verità del più citato dei libri di Cipolla (peraltro, grande storico) è che “La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.” (II legge fondamentale).
E a questa verità, per sconfiggere la mia incredulità, si affianca la Prima Legge: “Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.”
La seconda interpretazione assume invece che questi soggetti non siano stupidi, ma siano in malafede. Diciamo che è gente così in malafede che persino la loro malafede soffre di malafede.
Questa genia è disposta serenamente a qualunque menzogna, contraddizione, doppio e triplo standard purché ciò si attagli ai propri interessi del momento.
Qui l’onnicomprensività della malafede semplicemente ha abolito le funzioni di verità, viste come orpelli inutili.
Avremmo dunque a che fare con il cinismo utilitaristico più conclamato, dove ogni appello al vero e all’integrità sarebbe sconfitto in partenza dalle esigenze pragmatiche correnti.
C’è, tuttavia, temo una terza interpretazione, che fonde entrambe le precedenti.
A metterci sulla buona strada è ancora una volta Cipolla, questa volta con la Terza Legge: “Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita."
Dovremmo fare spazio all’amara possibilità che l’abolizione di ogni criterio di verità, integrità, ragione nel nome di una concezione utilitaristica del vero (“Proclamo come vero ciò che mi serve”), abbia finito per creare le condizioni per la più perfetta stupidità: la stupidità in malafede, che avendo perduto ogni contatto con il vero e il reale non è più nemmeno in grado di percepire il proprio porco interesse.
Questo è il più grande dei pericoli, in cui se non mi inganno stiamo sguazzando: la presenza diffusa di un gran numero di persone disposte a mentire, distorcere, falsificare opportunisticamente, ma senza più nemmeno la capacità di percepire cosa sia nel loro, per quanto meschino, interesse.
Ecco a voi il Male.
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osmosidelladecenza · 4 months ago
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È un periodo confuso, più confuso della norma dei miei periodi confusi
Non faccio altro che comparare il passato con il presente rendendo quest’ultimo frustrante e orribile
Le persone sempre a confronto e mai all’altezza, come se debbano sempre dimostrare di più, elevarsi di più, essere di più
Non ho più la capacità di mettermi nei panni altrui e questo mi fa sentire molto stupida e immatura
Mi serve una pausa o una botta in testa
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anitalianfrie · 23 days ago
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potrà essere una cosa stupida ma il video di bez mi fa piangere il cuore dalla tenerezza, perché la domanda esce così naturale e non esagerata. chiedere se ha una ragazza o un ragazzo senza farla sembrare una cosa fuori dal normale e lui che non risponde sulla difensiva (come farebbero 3/4 degli uomini etero cis) ma solo divertito dal fatto che sta dicendo di essere single due volte per poi fare la battuta sul cane. il suo orientamento restano ovviamwnre fatti suoi nel modo più assoluto e non dovrebbe mai sentirsi obbligato a dirlo, ma il fatto che non gli interessi nemmeno provare a negare… boh ecco forse è una stupidaggine ma come persona queer che sta vivendo la situazione in italia (e nel mondo) vedere questa normalità e scioltezza in televisione (come dovrebbe essere) mi commuove
Purtroppo sto in classe dalle 8.30 quindi non sono riuscita a sentire il video, ho solo letto il transcript, ma hai perfettamente ragione. Bez è proprio una persona d'oro, parla di queste questioni con una tranquillità che veramente denota una consapevolezza sull'argomento. Come quando al podcast della motogp gli è stato chiesto se gli sarebbe piaciuto essere donna per un giorno (o qualcosa del genere) e lui ha detto di no perché si sentiva bene così, che non sarebbe stato il suo corpo, il tutto con una tranquillità assurda. Bez è veramente un tesoro
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singinthegardns · 9 months ago
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"Però, sai? Forse ti sto dimenticando. Non piango più dopo averti parlato, né dopo averti visto parlare con un'altra, e nemmeno dopo che i nostri occhi si sono incontrati. Certo, il tuo nome mi smuove ancora qualcosa dentro, certo, quando penso a cosa eravamo, e non siamo più, ho ancora il vuoto allo stomaco, certo, quando passo davanti la tua classe spero ancora di vederti sulla soglia, certo, fa male vederti trattare le altre come trattavi me, certo, a volte mi tornano alla mente tutti quei ricordi, certo, ogni tanto li rileggo i tuoi messaggi, e continuo a sorridere, certo, lo controllo ancora il tuo ultimo accesso, certo, quando qualcuno dice una frase che avevi detto tu, mi viene un po' di malinconia, certo, non riesco ancora a guardare nessun ragazzo senza pensarti, certo, continuo a sognarti ogni notte, certo, qualche volta mi capita di sentire ancora la tua notifica, e ci rimango un po' male quando apro il telefono e non c'è un tuo messaggio, e mi sento stupida ad averci sperato, certo, continuo a scambiare qualche passante per te, certo, se mi dicono "amore" continuo a pensare ai tuoi occhi, certo, ogni tanto ho quei momenti in cui mi butto sul letto, ti penso, e mi prende la nostalgia, certo, cammino ancora per i corridoi di scuola con quella strana ansia d'incontrarti, certo, nessun ragazzo regge mai il confronto che faccio con te, certo, ti penso ancora appena mi sveglio, prima di dormire, e anche per tutto il resto della giornata, certo, ho ancora una nostra foto come sfondo, certo, ho ancora la tua chat fissata in alto, certo, mi manchi ancora un po', forse, un po' di più di un po', certo, ogni tanto mi viene da piangere, ma ho imparato a ricacciare le lacrime indietro. Però, sai? Forse non ti sto dimenticando, per niente, però ci provo, me lo impongo, me lo sono imposta più volte, "basta lui mi ha dimenticata, devo farlo anch'io", poi però torni tu, torna il tuo ricordo, torna quell'assurda speranza nel tuo ritorno, e non ci riesco, o forse non voglio, non voglio dimenticare cosa sei stato, né cosa saresti potuto essere,no, non voglio proprio dimenticarti, anche se fa male, fa malissimo, ma il problema è che dimenticarti, mi fa più male di continuare ad amarti. Quindi aspetterò, e forse ti dimenticherò, un giorno, forse mai,ma infondo mi va bene così, forse è così che deve andare, no? Tu che sorridi a un'altra, e io che cerco di trattenere le lacrime. E forse un giorno ti dimenticherò, dimenticherò la ragione dei miei sorrisi, dei miei pianti, delle mie ansie, delle mie paure, e di tutte quelle cose, che solo tu sei in grado di provocare, e mi chiederò che ci vedevo di speciale in te. Poi forse, sarà un giorno di sole, o magari di pioggia, forse di nebbia, grandine, forse sarà autunno, o forse primavera, forse sarà al mare, magari in montagna, o, perché no? In città, sotto la luce del sole, o sotto uno spicchio di luna, forse mentre sarò presa dai miei pensieri, forse dopo una lunga giornata, forse di prima mattina, forse quando sarò in vacanza, ma insomma, poco importa, del perché, del quando, e del dove, ma succederà, che la vita, dolce amara per com'è, mi ricorderà di te, dei tuoi occhi, dei tuoi lineamenti, mi ricorderà di chi sei, probabilmente non ricorderò più il tuo nome, non è quello l'importante, o forse sì, anzi, sicuramente lo ricorderò, e mi ricorderò di te, dei sorrisi, e dei pianti, delle insicurezze e le paure, dei "vaffanculo", dei baci, dei "ti odio", della voglia che avevo di dirti "ti amo", degli abbracci, di quel posto in cui mi hai portata quella sera, delle cazzate, delle giornate no, della tua presenza a migliorarle, dei sabati sera trascorsi insieme, e di quelli passati a sentire la tua mancanza, dei messaggi, delle chiamate, dei "va via", che tradivano voglia soltanto di abbracciarti, mi ricorderò di tutto ciò che abbiamo passato, e che ho passato, dell'inizio e della fine, e mi ricorderò che ci vedevo in te, e mi riinnamorerò di te, anche se tu non mi vorrai, per poi scoprire, di non aver mai smesso di amarti."
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animadiicristallo · 3 months ago
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ascolto ancora nitro solo perché mi fa sentire più vicina a te pensa che stupida.
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thebutterfly0 · 11 months ago
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Che dire? Sono giornate un pochino strane, dove mi sono decisa ad iniziare ad amarmi un pochino di più. Lo so che ne ho già parlato qualche settimana fa ma purtroppo faccio fatica a cambiare idea su me stessa. Mi vedo sempre la solita ragazzona stupida di un tempo. Devo a me stessa il fatto di amarmi di più o almeno di provarci, di metterci più impegno rispetto alle scorse volte. Oggi sono andata dall'estetista, ho ripreso ad andarci tutti i mesi da poco. Tantissimi anni fa ci andavo spesso poi avevo smesso di andarci quando mi sono trasferita qua e per ben 10 anni non ci sono più andata perché l'ho sempre ritenuta una cosa inutile. Ho capito, sempre con la mia calma, che devo farlo per me. Devo amare questo corpo eccessivo. Sono sempre stata troppo e mi hanno sempre fatta sentire tale. Quando alla fine non è che sono chissà cosa. Sono solo cicciottella. Soprattutto devo smetterla di nascondermi sotto strati informi di vestiti. Ci riprovo per l'ennesima volta. Che sia la volta buona. Sono stanca di lottare contro me stessa. Lotto contro i mulini a vento.
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procrastinareconpigrizia · 6 months ago
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ieri mio padre avrebbe compiuto sessant'anni.
ma non c'è stata nessuna torta, nessuna candelina, nessuna festa.
mio padre è morto 10 mesi fa.
non ho nessuna foto recente del suo volto, nessun audio, faccio una fatica immensa a ricordarmi la sua voce a volte. ho il terrore che in futuro non ricorderò più nulla e che questa cosa diventerà solo "un fatto", un episodio che è successo.
desidero ancora adesso che capitasse a qualcun altro, onestamente.
domani compio 28 anni e sono ancora qui, dove non vorrei essere, a pagare l'affitto e a contare i soldi per arrivare al mese prossimo, a detestare il mio lavoro, a non sapere cosa fare della mia vita.
mi mancano persone che ci hanno messo un pomeriggio ad eliminarmi per sempre dalle loro vite e questo, ancora una volta, mi fa sentire immensamente stupida.
sono molto stanca. solo molto stanca.
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soffroeppuremivienedaridere · 5 months ago
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Come sto? Non lo so come sto in questo periodo, non lo riesco a capire, non riesco a capirmi (non che di solito riesco a farlo). Ho così tanti pensieri che navigano nella mie mente, tutti pensieri negativi che mi buttano giù.
Dal non sentirmi abbastanza per me stessa e di conseguenza non esserlo per nessuno e questo rovina i pochissimi rapporti che ho con le persone. Non sono mai stata abbastanza per nessuno, non mi ci sono mai sentita, sono sempre stata quella persona di cui le persone possono farne a meno, con cui parlano o ti chiedono qualcosa solo nel momento in cui non ci sono più le altre persone, sono la persona che tutti hanno lasciato andare, di cui nessuno ha mai sentito la mancanza.
Sono quella persona sempre in disparte che non riesce a parlare o entrare in una conversazione perché non sa mai cosa dire ed un po' anche per paura di dire qualcosa di sbagliato e per questo rimane sempre in disparte a guardare le persone parlare, non ho mai fatto parte di nessun gruppo e in questo periodo mi viene sbattuto davanti agli occhi ogni giorno e mi fa sentire sbagliata, come se avessi qualcosa che non va perché non ci riesco.
Mi sento inadeguata, sbagliata, sola ed aggiungerei anche stupida.
Mi sento anche incompresa e forse non lo sono perché qualcuno proverà le mie stesse cose, ma mi ci sento ed anche tanto.
Alcune volte penso di essere destinata a sentirmi sempre così.
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teredo-navalis · 8 months ago
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Io non capisco cos'è che non va: ho dato un esame dieci giorni fa e ho preso 30, però mettermi a studiare mi dà ansia e mi fa sentire incapace e stupida. Posso capire l'ansia per chimica organica, che m'ha bocciato due volte, ma per il resto ho solo preso 30, meno un 25 che comunque schifo non fa.
Vorrei discutere bene e approfonditamente di questa cosa in terapia, ma la mia psico è in maternità e non ho la forza di iniziare un percorso nuovo con un* sconosciut*
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canesenzafissadimora · 11 months ago
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Non so cos’è l’Amore
ma so cosa mi insegna.
L’arte di aspettare
di rispettare
di riconoscere i tempi
di vivere nel miracolo
di due corpi che si scelgono
si fidano e si affidano
come l’edera cresce sul suo muro
e sa che può stringersi di più
quando il vento soffia forte
perché sa che quell’incanto le appartiene.
Ecco, l’Amore mi insegna a lottare
perché a volte siamo edera più fragile
a volte, siamo muro che sostiene.
Non so cos’è l’Amore
ma so come mi fa sentire.
Fortunato nell’averlo incontrato
lontano e salvo dalle guerre della gente
e a volte persino sbagliato
disilluso, perso
perché chi vive di emozioni
deve vincere quella stupida paura
di sentirsi un po’ diverso.
Non so cos’è l’Amore
ma so di cosa ha bisogno.
Medicina dello sguardo
cura delle parole
arte della complicità
musica dello stupore.
L’Amore è misura esatta del pensiero
quando diventa fantasia.
È saper coniugare dolore ed empatia.
L’Amore è quel corteo di sogni
che passa dentro agli occhi
di chi lo sa osservare.
Che a volte confondiamo per possesso
affetto, tenerezza
bisogno di attenzione
per colmare una smania rumorosa
e poi quando rimaniamo senza
ci accorgiamo che l’Amore
è molto piú di questo
che l’Amore, è tutta un’altra cosa.
L’amore è quella forza sconosciuta
che non si può spiegare.
Quella corsa
verso tutto ciò che avevamo perso
e ora, possiamo riabbracciare.
La verità è che l’amore
di me fa ciò che vuole
e io, lo lascio fare.
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Andrew Faber
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becarefulimawitch · 28 days ago
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Pensa che io riesco a vivere benissimamente senza quella Stupida app che hai al primo posto! Ti dico un'altra cosa, sono talmente fiero di non averla mai usata che mi fa sentire molto più intelligente di chi perde gran parte della vita a starci su e ad utilizzarla
Amo io ti stimo sul serio. Continua così, sbattitene dei social e vivi felice, facendosi così rendi il mondo un posto migliore.
No sarcasmo qui, dico sul serio.
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misvnderstood-stvff · 1 month ago
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all'improvviso
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Aveva una bellissima voce. E un bellissimo sorriso. I ricordi sono sempre più frammentati, ma quelli che rimangono sono vividi e uccidono. Ricordo il nostro primo sguardo mentre si allontanava sul bus, ricordo quanto mi aveva fatto stare bene. Quel giorno iniziai a vedere il mondo con colori diversi e non riuscivo a smettere di sorridere. Ricordo che lo cercavo spesso a lezione e sentivo le farfalle nello stomaco quando lo vedevo arrivare. Ricordo i suoi occhi buoni, sono quelli che mi hanno fregata. È una delle prime cose che gli dissi, “hai gli occhi buoni” e lui mi disse che avevo visto male. Forse avrei dovuto ascoltarlo. Quando scoprii che era appassionato di cinema il mio cuore ha avuto un sussulto e ho pensato “ecco, è lui. È quello giusto”. E Dio se era quello giusto. Aveva così tanto bisogno di amore che penso avrebbe fatto di tutto per farmi innamorare di lui, perfino dirmi “ti amo” dopo una settimana e chiedermi di sposarlo dopo 10 giorni. “andiamo a Las Vegas e sposiamoci”, fu il capodanno più bello che avessi avuto fino a quel momento. 
E non riesco a non darmi la colpa per non aver capito niente, non riesco a non sentirmi una stupida a scrivere tutto questo. Il ricordo di lui, di lui all’inizio, di un lui che non so se esiste davvero, mi fa sentire in un modo strano. Fisicamente sento una forte stretta al petto e non riesco a smettere di piangere ed emotivamente sento che mi manca tanto e vorrei che non fosse cambiato niente tra noi. Vorrei che il conoscermi meglio non lo avesse allontanato, vorrei che non mi avesse mai tradita nemmeno col pensiero, vorrei che quei “ti amo” che mi diceva sempre fossero stati veri. Avrei voluto che mi dicesse “ti amo” guardandomi negli occhi. Vorrei non aver dovuto chiedere di dirmi “ti amo” guardandomi negli occhi e vorrei non aver dovuto vedere quello sguardo scocciato sul suo viso quando gli chiedevo di farlo. Vorrei che fosse andato più nel profondo, che se qualcuno gli avesse chiesto cosa preferisco al mondo non avrebbe risposto banalmente “il sushi”. Vorrei cancellare ogni notte in cui sono andata a dormire piangendo, mentre ero sdraiata accanto a lui girato di spalle. Ho cominciato a capire che forse non era la persona per me, o non era più la persona per me, quando mi sono identificata nella frase di un libro che diceva “ho scoperto che il luogo più solitario del mondo è quando sei a letto, accanto a una persona che ti fa sentire piccola, schiena contro schiena, mentre speri che l’altro si giri e ti stringa tra le braccia” ed è nato in me il pensiero che forse l’amore non doveva essere così, che l’amore non deve farti sentire piccola. L’ho capito negli occhi delle mie amiche, nelle loro parole, nel fatto che ci fossero sempre per me e non dovevo chiederlo. Avevano sempre una parola dolce per me e non dovevo chiederla. Mi volevano bene per ciò che sono e non per ciò che potevo dare loro, non mi volevo bene perché sono bella o per ciò che so fare a letto. 
Ho in mente tante cose che non ho il coraggio di dire a nessuno, tante impressioni e sensazioni che mi mettono a disagio. Mi metteva a disagio la sua ossessione per il sesso, per l’avermi sempre nuda anche se non mi piaceva starci. “Vuole aiutarmi, vuole farmi stare bene col mio corpo”, ho romanticizzato perfino questo, perfino la perversione di un bambino che continua a considerare la donna come un oggetto. Mi è rimasto impresso il fatto che all’inizio non gli piacevo fisicamente, non avevo il seno abbastanza grande, ma per fortuna lui aveva visto che “avevo del potenziale”. Ho iniziato a mangiare e mangiare, come mangiava lui, perché avevo paura di dimagrire. Avevo paura che se fossi dimagrita avrei perso chili di seno e non di pancia o di cosce. Lo vedevo talmente ossessionato da queste cose che avevo paura di qualsiasi ragazza con una quarta di seno, pensavo bastasse questo per vederlo andare via. Ho iniziato a dubitare di ——, ne ho parlato anche con lei. Mi sentivo inferiore. Mi sentivo stupida in confronto a lui. Lui che si ricordava tutto ed era bravo in tutto ciò che faceva mentre io non ero in grado neanche di decidere cosa fare della mia vita. 
E c’ero sempre per lui, a ogni partita, a ogni uscita con i suoi amici, ogni volta che finiva di lavorare alle 5 di mattina io c’ero. C’ero in chiamata o al suo fianco. C’ero in ogni momento, perfino a ogni volta che andava in bagno. Lui mi voleva con sé, me lo diceva. Mi ricordo che mi piaceva tantissimo lavarci i denti insieme, lo guardavo nello specchio e pensavo a quanto fosse bello e a quanto fossi fortunata ad averlo, pensavo a quanto sarebbe stato bello lavarsi i denti nella nostra casa. Già, la nostra casa. Era un po’ che non ci pensavo. Non ricordo chi dei due l’aveva proposto, ma probabilmente io. La casa che mi ero impegnata a cercare, la casa a cui pensavo sempre. La casa di cui lui non voleva parlare perché “ne abbiamo già parlato una volta, quante volte ne dobbiamo parlare?”. Così come la famosa proposta di matrimonio. Forse ci ho creduto troppo, ma come puoi dire con leggerezza una cosa del genere e aspettarti che l’altro semplicemente se ne dimentichi? “Non sono più sicuro che sia quello che voglio, non so più se voglio sposarti”. Ed erano piccole cose, piccole rispetto a ciò che mi era successo prima. Ma forse non erano così piccole perché ogni parola mi tagliava dentro. Mi tagliavano dentro ma non sapevo come dirglielo, avevo paura. Avevo paura di rovinare tutto, avevo paura di essere io quella sbagliata. Sono troppe le volte in cui mi sono sentita sbagliata, un peso, una bambina immatura. E con lui mi sentivo davvero di nuovo bambina, ma in un senso buono. Mi sentivo di potermi permettere di essere fragile, sentivo che avrebbe capito. Sentivo che mi avrebbe stretta a lui dicendomi che non sarei più dovuta stare così, che avrebbe capito. Che avrebbe capito quanto è difficile fidarsi di nuovo di qualcuno, di quanto è difficile credere nell’amore quando non l’hai mai visto in casa. Di quanto distrugga vedere la tua vita che va a pezzi e non riuscire a rialzarti e che quando ci provi, ti casca tutto addosso. Vorrei che non mi avesse mai incolpata per queste cose. Non riuscivo più a sfogarmi con lui dopo un po’, avevo capito che non era ciò che mi aveva fatto vedere all’inizio. Ma ormai ero fottuta, ero innamorata, pensavo ci volesse solo del tempo. Ma così non è stato e ho il cuore a pezzi, ho il cuore a pezzi perché ho permesso a un’altra persona di farmi questo e ora ho una paura fottuta di innamorarmi di nuovo. Non mi era mai capitato prima, cercavo l’amore dappertutto e se non lo avevo facevo di tutto per trovarlo. Ora non lo voglio, non voglio più nessuno vicino a me in quel modo, non prima di essere sicura che non si approfitti di me. È una consapevolezza davvero davvero brutta per una persona che ama l’amore. 
Eppure il suo ricordo continua a farmi effetto. Scrivo queste cose e una parte di me continua a sperare di vedere il telefono illuminarsi e leggere il suo nome, rispondere e sentire la sua bellissima voce che mi dice “sono qui sotto, scendi?”. E vorrei scendere e vedere il suo bellissimo sorriso. Vorrei vedere il ragazzo di cui mi sono innamorata, il ragazzo del bus, il ragazzo dagli occhi buoni. Vorrei che mi dicesse “ti amo” guardandomi negli occhi e che mi stringesse in un abbraccio come per dire che non mi sarei più sentita così.
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levysoft · 7 months ago
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John Cage: 4'33''
Il colore del silenzio
Due opere musicali ci chiedono di considerare ciò che il suono nasconde e il silenzio rivela.
Il 29 agosto 1952, il pianista David Tudor salì sul palco della Maverick Concert Hall di Woodstock, NY, per presentare in anteprima una nuova composizione del compositore sperimentale americano John Cage (1912-1992). Tudor si sedette al pianoforte e aprì il coperchio della chiave, dopo di che non fece nulla finché non lo chiuse più di un minuto dopo. Ha ripetuto questa sequenza due volte, a quel punto la performance, che aveva richiesto quattro minuti e trentatré secondi, è finita.
Il pubblico, sebbene abituato alle opere d'avanguardia, ha reagito con incredulità sbalordita. La maggior parte delle persone non capiva ciò a cui avevano appena assistito, e alcuni non si rendevano conto che era effettivamente successo nulla. La reazione al pezzo di Cage è stata rapida e in gran parte critica, con molte persone che lo hanno definito uno scherzo musicale o addirittura un insulto. Mezzo secolo dopo, quando la BBC ha trasmesso una performance di quello che è diventato noto come 4'33", la seguente reazione dell'ascoltatore ha parlato per molti: "Non ho mai sentito parlare di una cosa così stupida in vita mia! "Dio riposa la sua anima, ma questa ""composizione"" di Cage soffre di arroganza e auto-importanza""." Un altro ascoltatore è stato leggermente più generoso: "Suona molto meglio della maggior parte della musica venduta oggi".
Cage, che era presente alla premiere di Woodstock, ha reagito all'accoglienza negativa del pubblico come segue:
Hanno mancato il punto. Non esiste il silenzio. Quello che pensavano fosse silenzio, perché non sapevano ascoltare, era pieno di suoni accidentali. Si poteva sentire il vento che si agitava fuori durante il primo movimento. Durante il secondo, le gocce di pioggia hanno iniziato a schioccare il tetto, e durante il terzo le persone stesse hanno fatto tutti i tipi di suoni interessanti mentre parlavano o uscivano.
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Cage ha detto che 4'33" è stato il lavoro più importante della sua carriera, e vedendolo eseguito di nuovo oggi, sento che voleva che il pubblico ascoltasse se stesso e l'ambiente circostante per raggiungere due obiettivi. In primo luogo, per rivelare i suoni che sono nascosti durante una performance tipica. In secondo luogo, per evidenziare il contributo sonoro del pubblico, un fenomeno che non passa inosservato a meno che non diventi invadente. Perché costringere un pubblico a concentrarsi su questi suoni nascosti per oltre quattro minuti? Mi piace la risposta del critico Kyle Gahnn a questa domanda:
Che ne dici di un "esperimento di pensiero", una sorta di "metamusica" che fa una dichiarazione sulla musica stessa? Per molte persone, me compreso, 4′33′′ è certamente questo, se non solo quello. Una storia su Cage racconta la sua seduta in un ristorante con il pittore Willem de Kooning, che, per motivi di discussione, ha messo le dita in modo tale da incorniciare alcune briciole di pane sul tavolo e ha detto: "Se metto una cornice intorno a queste briciole di pane, non è arte". Cage ha sostenuto che in effetti era arte, il che ci dice qualcosa su 4′33′′. Certamente, attraverso gli atti convenzionali e ben intesi di mettere il titolo di una composizione su un programma e organizzare il pubblico su sedie di fronte a un pianista, Cage stava inquadrando i suoni che il pubblico ha sentito in un tentativo sperimentale di far percepire alle persone come suoni d'arte che di solito non erano così percepiti.
4'33” è diventato uno dei pezzi più (in)famosi della musica d'arte occidentale (quello che una volta si chiamava “musica classica”). Viene ancora eseguito regolarmente, avendo vinto la sua parte di fan nel corso degli anni. Il pianista da concerto Stephen Hough, ad esempio, ritiene che 4'33" sia particolarmente rilevante nel 21° secolo:
C'è musica ovunque e sta diventando sempre più invadente: è nei bar, nei caffè, nei ristoranti, nei negozi, che perde dalle cuffie di altre persone, persino dalla mia banca, spesso a un volume che preclude una parola o un udito confortevole e che invade la nostra coscienza, creando "vermi dell'orecchio" indesiderati o aggravando il mio acufene. Sembra che ci sia una forza invista che ci richiede di avere una colonna sonora per ogni momento della nostra giornata. Al contrario, 4'33" ci spinge a prenderci del tempo per ascoltare e ascoltare davvero.
Hough vede un forte legame tra 4'33" e i "Dipinti bianchi" dell'artista visivo Robert Rauschenberg, che erano anche divisivi quando resi pubblici per la prima volta.
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Cage ha definito i pannelli bianchi "aeroporti per luci, ombre e particelle, stabilendo una comprensione duratura della serie come superfici ricettive che rispondono al mondo che li circonda". Rauschenberg una volta si riferiva alle opere come orologi, dicendo che se "uno fosse abbastanza sensibile ai sottili cambiamenti sulle loro superfici, si poteva dire che ora era e com'era il tempo fuori".
Mi piace 4'33”, e raccomando l'idea di un compositore che chiede al pubblico di ascoltare se stesso (e solo se stesso) e, così facendo, contemplare uno spazio con e senza musica. Per quanto interessante sia la famosa composizione di Cage, c'è un lavoro molto più oscuro che trovo più provocatorio ed eccitante da considerare. È stato creato dall'artista concettuale francese Yves Klein (1928-1962), che è più ricordato nell'arte e nella moda per il suo notevole colore caratteristico, International Klein Blue ("IKB").
Klein ha deciso di creare la sua tonalità unica di blu a causa dei fallimenti di due mostre di dipinti monocromatici che ha messo in scena nel 1955 e nel 1956. Il pubblico non ha capito i suoi dipinti, osserva lo scrittore d'arte Phillip Barcio, vedendoli come "decorazione piuttosto che come espressioni astratte di pura emozione". Per il suo prossimo spettacolo, Klein ha deciso di lavorare con un solo colore che sarebbe stato inventato per l'occasione. Ha collaborato con il proprietario del negozio di vernici parigino Edouard Adam, e dal loro sforzo innovativo è venuto quello che ora è considerato "il blu più vibrante e puro possibile".
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La composizione musicale di Klein, in due movimenti, si chiama Monotone Silence Symphony. Nel primo movimento, un'orchestra e un coro creano "un "suono" continuo unico, tirato fuori e privato del suo inizio e della sua fine". Quel suono, un accordo di Do maggiore, viene tenuto continuamente senza ornamenti o variazioni per venti minuti. Il secondo movimento è di uguale durata ma consiste solo nell'orchestra seduta in silenzio, istruita a rimanere ferma e non fare movimenti. Poiché nessun cantante o strumento orchestrale standard può tenere una nota per venti minuti, per eseguire il pezzo, il re maggiore viene trasferito avanti e indietro da un gruppo di strumenti accoppiato all'altro, facendo attenzione a rendere la transizione il più senza soluzione di continuità possibile.2Il direttore è l'unico esecutore autorizzato a muoversi nel secondo movimento.3
La Monotone Silence Symphony è un pezzo esigente da eseguire, forse spiegando perché è stato ascoltato dal vivo solo meno di una dozzina di volte dal suo debutto nel 1960. "Non puoi davvero fare una prova completa di qualcosa del genere", ha detto Roland Dahinden, che ha diretto il pezzo un paio di volte: "È troppo difficile. Tutti morirebbero e basta.”
Per i critici e il pubblico che lo sperimentano, la performance può creare uno stato mistico o meditativo, come ha notato un critico del New York Times nel 2013:
...una dozzina di minuti dopo, ha iniziato a suonare stranamente elettronico (da qui Philip Glass), come qualcosa che gli esseri umani non potevano produrre. Il signor Dahinden muoveva il corpo e le mani sinuosamente, sforzandosi di mantenere l'accordo ininterrotto e coerente, ascoltando attentamente per segnalare energia e attenzione fino a quando, alle 8:31 a punti, ha sollevato le mani e riunito e ha terminato il suono bruscamente come era iniziato.
Nel pubblico alcune persone chiusero gli occhi, come se meditassero o pregassero. Altri leggono i loro programmi o tenevano telefoni e iPad in alto per registrare il momento. Cinque minuti dopo l'accordo l'uomo alla mia immediata destra, che assomigliava un po' all'attore John Slattery, tranne che con la barba, si addormentò e russava dolcemente fino a quando non iniziò il silenzio e si svegliò.
Il re maggiore è spesso chiamato "Accordo d'oro" perché era tradizionalmente associato alla gloria o alla maestà. Alcuni sinesteti affermano di vedere un bagliore giallastro quando lo sentono. È la chiave di molte composizioni famose, tra cui “Canone in re” di Pachelbel e la Sinfonia “Prague” di Mozart.
Il breve video qui sotto fornisce uno sguardo al pezzo di Klein.
https://www.youtube.com/watch?v=JfiBFqcHaQE
Ho sentito l'intero lavoro e sono d'accordo con un esecutore che ha detto: "non stavamo ricevendo tanto la musica quanto eravamo legati in essa (e nel silenzio, che era anche la musica)". Era, ha aggiunto, “come un oceano... mareale. Dentro e fuori. Andare e venire.” Per me, il momento in cui il suono in re maggiore si ferma è un'esperienza sonora unica. È come se le acque di un profondo mare blu su cui galleggiavo da venti minuti scomparissero improvvisamente, e fossi caduto sul fondo. In piedi nell'abisso, capisco finalmente la vastità e la profondità del mare.
Il blu non ha dimensioni, è oltre le dimensioni, mentre gli altri colori non sono....il blu suggerisce al massimo il mare e il cielo, e, dopo tutto, sono in natura reale e visibile ciò che è più astratto.—Yves Klein
La cantante Laura Glen Louis, che ha scritto in modo eloquente sull'esecuzione del lavoro di Klein, ha avuto una reazione simile:
Quando il carro armato maggiore D si è schiantato contro il muro di mattoni del silenzio, nessuna delle parole morbide è servito: dissolvenza, dissolvenza, decrescendo. Sbatta dentro/sbattuta. Come la superficie dell'oceano dove l'acqua incontra l'aria (dove si verificano la maggior parte degli annegamenti). Come quel nanosecondo quando lasciamo l'utero e facciamo il nostro primo respiro. Come un colpo di NOS. Come esplodere nell'iperspazio.
"Senza inizio e senza fine", è così che Klein ha descritto la sua sinfonia, e ha affermato che era tutto "Vorrei che la mia vita fosse". Ahimè, doveva essere una vita breve, perchè morto per una serie di attacchi di cuore, l'ultimo dei quali lo ha ucciso il 6 giugno 1962, all'età di 34 anni. Di tutte le sue opere d'arte, è la sua unica creazione musicale che ammiro di più. Cage può essere famosa per mostrarci il suono del silenzio, ma è Klein che lo avvolge nella più profonda delle tonalità.
(via John Cage: 4'33'' / Petrenko · Berliner Philharmoniker - YouTube e https://carlosalvarenga.substack.com/p/the-color-of-silence)
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thebutterfly0 · 1 year ago
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Da qualsiasi parte guardo ho fatto qualcosa che non va. Ho cercato, come al solito, di proteggere gli altri e mai me continuando ad essere infelice e a non vivere. Una persona tra di voi, con moltissima pazienza perché mi sopporta, mi ha detto che questa pseudo relazione effettivamente si basa sul niente, io mi punisco inutilmente. Questo rapporto è quella cosa che mi fa andare avanti nelle mie giornate dove la massima aspirazione è quella di andare a fare la spesa. Poi ci si mette anche mia mamma che non aiuta perché secondo lei dovremmo fare delle cose ed io cerco di risponderle a monosillabi per non far sentire niente ma non essendo sordo sente tutto e poi si incazza con me. Da la colpa a me che non ho voglia di fare niente ma quando propongo dice che è tempo perso e soldi spesi inutilmente. Quindi si ritorna a fare sempre le stesse cose. Stupida quale sono pensavo di iscrivermi in palestra ma non l'ho fatto perché mi sono detta e poi quando ci sentiamo, intanto lui si è iscritto all'università e quindi ci sentiremo quando non dovrà studiare ed io sono rimasta con il nulla in mano. Poi comunque mi sentirei in colpa perché magari io vado in palestra e il lui ufficiale magari deve lavorare nel suo cavolo di giardino. Capite quanto sono stupida?
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masamorporfavorblog · 1 year ago
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Mister X,
Non so bene come iniziare e non so bene come dirlo, ho pensato di scriverlo, magari diventa più facile.
Solo per dire alcune cose, cose che già ti ho detto, che già ti ho scritto e che, forse, hai già capito.
Mi piaci.
Mi piaci e per me non è così facile dirlo.
Non credo nemmeno di esser mai riuscita a farti un complimento, ricordo che una volta ti ho detto una cosa come “hai degli occhi.. strani”. (Insomma bene, ma non benissimo.)
Ma quello che penso è che hai degli occhi belli, furbi, enigmatici, ma che quando siamo insieme mi fanno sentire al sicuro. È il tuo essere te, emani una tranquillità che mi fa sentire al sicuro. Mi fido di te e questo te l’ho detto spesso.
Mi piace stare con te, mi sento bene, è come se colorassi la mia vita, hai il potere di “accendermi”. Con te esistite una parte di me che non sapevo nemmeno di avere, mi fai sentire viva. Mi fai provare cose che non ho mai provato e che nemmeno pensavo di poter provare. E mi fai ridere, tanto.
A volte devo sforzarmi a non pensarti, a volte cedo e ti scrivo. A volte ho l’impressione di esser di troppo.
Ed è proprio questo potere che tu hai su di me che mi spaventa.
Mi basta un tuo messaggio per correre da te.
Ho provato ad andare oltre, l’estate scorsa, uscendo con una persona, che mi adorava, sulla carta era perfetto, ma il problema era che la mia testa era da un’altra parte.
E faccio anche fatica a riconoscermi perché io non mi sono mai sentita così, non ho mai avuto bisogno di nessuno, non mi è mai importato davvero di qualcuno in questo senso, non ho mai sentito la necessità di volere stare con qualcuno.
Ma con te è diverso…. ho voglia di vederti e di sentirti, ti penso quando non ci sei, e quando siamo insieme non ho mai voglia di tornare a casa. Vorrei avere sempre più tempo. E a volte mi manchi anche.
Quando poi mi hai scritto, è ricominciata la giostra, sono corsa da te.
Ho pensato: gliel’ho detto qualche mese fa, magari questa volta è diverso. E per un po’ me l’hai fatto credere.
E invece no, è come sempre: sei scostante, ci sei, non ci sei, sparisci, torni. Non sei presente. E io mi accorgo che quando provo a parlartene ti irrigidisci. Non so se è per menefreghismo, fragilità, svogliatezza. Non lo so e non mi è dato saperlo.
Ma quando stiamo insieme sto bene, e quindi la giostra mi piace.
E credo anche tu abbia la certezza che qualsiasi cosa succeda io tornerò da te, e forse è vero, e se hai questa convinzione è tutto merito mio. Ma io torno da te fino a quando credo ne valga la pena.
Forse questo ti sto chiedendo, di darmi un motivo per restare.
E la cosa che più “mi diverte” è che queste cose non le ho capite proprio subito, mi ci è voluto un anno. (Non sono famosa per avere un ottimo tempismo). Sai all’inizio ero convinta che il sesso era la chiave di tutto, credo che per tutto questo tempo ho giustificato il fatto che tu mi piacessi perché mi piace venire a letto con te, un nuovo gioco che ho scoperto e che mi piace molto.
Mi sono nascosta dietro a questo per non ammettere a me stessa che c’è qualcosa oltre il sesso, che provo qualcosa per te.
Credo di averlo realizzato quella sera in cui non è stata la miglior prestazione della vita, ero lì abbracciata a te e non mi importava. Ad un certo punto una voce dentro di me diceva “, alzati, scappa, domani starai una merda” ma lì accoccolata ci stavo bene e sono rimasta.
E non hai idea di quanto mi costi scriverlo, mi sento come: “lo scrivo e diventa vero”.
E mi sento addirittura stupida a raccontarti queste cose, a mostrarti questa parte di me vulnerabile, ad abbassare il muro e farti entrare. È molto più facile spogliarsi dei vestiti che aprirsi in questo modo.
Perché mi fa paura e perché so che hai tutto il potere per ferirmi.
E mi fa addirittura incazzare perché non so quando e come tutto questo sia successo, non so come io abbia fatto a perdere il controllo e perché è successo e basta, non l’ho scelto.
Puoi aggiudicarti una medaglia, sei effettivamente la persona di tutte le mie prime volte, alcune decise e altre meno.
Però la vita è una sola e a volte più breve rispetto a quanto ci si aspetti e io voglio viverla a pieno.
Quindi eccomi qui, nonostante la paura e l’imbarazzo, un atto di coraggio un po’ impacciato: questo è il mio regalo per il tuo compleanno, un pezzo di cuore.
Abbine cura.
E come sempre, comunque vada, ti auguro il meglio e che tu sia felice, che tutti i tuoi desideri si possano avverare.
Voler bene a qualcuno forse significa anche questo, nonostante tutto.
Tantissimi auguri di buon compleanno.
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