#mestruazioni sostenibili
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Mestruazioni sostenibili: un ciclo in armonia con il pianeta
soluzioni per un ciclo comodo, naturale e sostenibile: coppetta mestruale, mutande assorbenti ed assorbenti lavabili in tessuti naturali e ipoallergenici Ogni mese, miliardi di donne nel mondo affrontano il ciclo mestruale. Questo processo naturale, seppur scomodo per molte, comporta l’utilizzo di prodotti usa e getta come assorbenti e tamponi, che hanno un impatto significativo…
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Quale donna non si è mai imbarazzata almeno una volta nel dire a qualcuno di avere le mestruazioni? Tanti i modi di dire: “ho le mie cose“, “sono indisposta“, “sono in quei giorni“. E quante volte, invece, è capitato agli uomini di arrossire al solo sentir nominare la parola mestruazioni o assorbenti?
Ciò è dovuto al senso di vergogna ed inadeguatezza che con gli anni è stato associato a questo fenomeno fisiologico e non certo sovrannaturale.
Considerare le mestruazioni alla stregua di un “disturbo” ha origini antiche ed è un modo di pensare più radicato di quanto si creda.
Le religioni in questo hanno fatto la loro parte: nei secoli hanno avvalorato la tesi secondo cui le donne sono “colpevoli” di avere le mestruazioni. Sono immonde, impure e fragili. Sulla base di alcuni testi sacri è stata concepita l’idea della debolezza della donna, basata appunto sul fatto di avere le mestruazioni per sette giorni al mese.
In molte culture e religioni questo periodo biologicamente naturale viene usato per stigmatizzare la donna condannandola all’isolamento e alla vergogna.
La legge ebraica proibisce letteralmente qualsiasi contatto fisico tra uomini e donne durante i giorni delle mestruazioni. Questo in particolare tra marito e moglie. Sono due i temi che ricorrono più spesso in relazione alle mestruazioni: uno è quello dell’isolamento a cui le donne vengono destinate, quasi come fosse una punizione per qualcosa che non possono controllare; un altro è quello della sessualità, in quanto agli uomini viene severamente proibito di giacere accanto alla propria moglie durante i famosi sette giorni e di avere rapporti sessuali, in quanto il solo contatto fisico potrebbe renderli impuri. Ci troviamo ancora una volta alla riduzione della donna a puro oggetto del desiderio sessuale dell’uomo.
Anche il Cristianesimo si è servito delle mestruazioni per creare disuguaglianze e impedire alle donne di occupare posizioni autorevoli. Ci sono molti tabù all’interno della Chiesa che escludono le donne dall’assumere posizioni di una certa importanza all’interno della gerarchia ecclesiastica. Ciò accade perché anche nella Bibbia viene affermato che le donne sono impure, soprattutto durante il loro ciclo mestruale.
L’Induismo ha costruito negli anni una figura della donna “inquinata” e un’idea delle mestruazioni come una maledizione che bisogna combattere con l’isolamento. Il ciclo infatti viene visto come un evento privato che la donna deve vivere da sola. In molti Paesi e culture esse vengono isolate nelle cosiddette “menstrual hut” (capanne mestruali), che si trovano per lo più in luoghi isolati e senza accesso a servizi igienici.
Se una pratica così dannosa è però anche ben radicata in una cultura, cosa bisogna fare? In che modo si può attuare un cambiamento nel modo di percepire le mestruazioni?
L’istruzione è il primo elemento chiave su cui bisogna lavorare: la salute della donna non deve essere un tabù, ma deve essere spiegata nelle scuole così che le ragazze non vengano sorprese dall’arrivo del primo ciclo.
È ciò che è successo in Etiopia, dove Sara Eklund, madre etiope e padre americano, ha fondato il primo marchio africano di coppette mestruali per aiutare le donne, sia dal punto di vista economico che igienico-sanitario: “Noble cup”, coppette eco-sostenibili.
L’imprenditrice del Corno d’Africa non si è limitata a questo: alla creazione e distribuzione delle coppette alle ragazze e donne etiopi, accompagna una serie di incontri educativi sulla biologia femminile e le mestruazioni.
Smettere di considerare le mestruazioni un tabù e garantire l’accesso ai prodotti necessari è il primo passo per liberare le donne dallo stigma che le accompagna. Non stiamo infatti parlando di “affari da donna” bensì di qualcosa di più grande che riguarda tutte e tutti e che dovrebbe essere considerato un diritto imprescindibile.
#luposolitario00🐺#napoli#il ragazzo di napoli#mestruazioni#parità dei sessi#diritti umani#diritti#diritti di genere#femminismo💙#femminismo
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Tanti i modi di dire: “ho le mie cose“, “sono indisposta“, “sono in quei giorni“. E quante volte, invece, è capitato agli uomini di arrossire al solo sentir nominare la parola mestruazioni o assorbenti?
Ciò è dovuto al senso di vergogna ed inadeguatezza che con gli anni è stato associato a questo fenomeno fisiologico e non certo sovrannaturale.
Considerare le mestruazioni alla stregua di un “disturbo” ha origini antiche ed è un modo di pensare più radicato di quanto si creda.
Le religioni in questo hanno fatto la loro parte: nei secoli hanno avvalorato la tesi secondo cui le donne sono “colpevoli” di avere le mestruazioni. Sono immonde, impure e fragili. Sulla base di alcuni testi sacri è stata concepita l’idea della debolezza della donna, basata appunto sul fatto di avere le mestruazioni per sette giorni al mese.
In molte culture e religioni questo periodo biologicamente naturale viene usato per stigmatizzare la donna condannandola all’isolamento e alla vergogna.
La legge ebraica proibisce letteralmente qualsiasi contatto fisico tra uomini e donne durante i giorni delle mestruazioni. Questo in particolare tra marito e moglie. Sono due i temi che ricorrono più spesso in relazione alle mestruazioni: uno è quello dell’isolamento a cui le donne vengono destinate, quasi come fosse una punizione per qualcosa che non possono controllare; un altro è quello della sessualità, in quanto agli uomini viene severamente proibito di giacere accanto alla propria moglie durante i famosi sette giorni e di avere rapporti sessuali, in quanto il solo contatto fisico potrebbe renderli impuri. Ci troviamo ancora una volta alla riduzione della donna a puro oggetto del desiderio sessuale dell’uomo.
Anche il Cristianesimo si è servito delle mestruazioni per creare disuguaglianze e impedire alle donne di occupare posizioni autorevoli. Ci sono molti tabù all’interno della Chiesa che escludono le donne dall’assumere posizioni di una certa importanza all’interno della gerarchia ecclesiastica. Ciò accade perché anche nella Bibbia viene affermato che le donne sono impure, soprattutto durante il loro ciclo mestruale.
L’Induismo ha costruito negli anni una figura della donna “inquinata” e un’idea delle mestruazioni come una maledizione che bisogna combattere con l’isolamento. Il ciclo infatti viene visto come un evento privato che la donna deve vivere da sola. In molti Paesi e culture esse vengono isolate nelle cosiddette “menstrual hut” (capanne mestruali), che si trovano per lo più in luoghi isolati e senza accesso a servizi igienici.
Se una pratica così dannosa è però anche ben radicata in una cultura, cosa bisogna fare? In che modo si può attuare un cambiamento nel modo di percepire le mestruazioni? L’istruzione è il primo elemento chiave su cui bisogna lavorare: la salute della donna non deve essere un tabù, ma deve essere spiegata nelle scuole così che le ragazze non vengano sorprese dall’arrivo del primo ciclo.
È ciò che è successo in Etiopia, dove Sara Eklund, madre etiope e padre americano, ha fondato il primo marchio africano di coppette mestruali per aiutare le donne, sia dal punto di vista economico che igienico-sanitario: “Noble cup”, coppette eco-sostenibili.
L’imprenditrice del Corno d’Africa non si è limitata a questo: alla creazione e distribuzione delle coppette alle ragazze e donne etiopi, accompagna una serie di incontri educativi sulla biologia femminile e le mestruazioni.
Smettere di considerare le mestruazioni un tabù e garantire l’accesso ai prodotti necessari è il primo passo per liberare le donne dallo stigma che le accompagna. Non stiamo infatti parlando di “affari da donna” bensì di qualcosa di più grande che riguarda tutte e tutti e che dovrebbe essere considerato un diritto imprescindibile.
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A me sta bene, più che bene che si parli di certe realtà come sfruttamento e via dicendo. Dobbiamo tutti essere consapevoli di ciò che si cela dietro quello che compriamo o mangiamo. Il punto però è che non tutti possono fare le stesse scelte, non tutti hanno il privilegio di poter pagare un jeans 30 euro, rifare l’armadio spendendo 300 euro e via dicendo. Certo, ci sono i mercatini che personalmente amo e da cui comprerei sempre, ma non tutti li hanno a portata di mano e soprattutto, essendo magra, non trovo mai cose che possano andarmi bene. Sarebbe bello cominciare a usare la coppetta e altre cose più sostenibili per le mestruazioni ma son cent’anni che gli uomini ci dicono come cazzo vivercele ed ora son le donne stesse a consigliare di infilarmi una coppetta su per la vagina (spoiler: la mia vagina rigetta anche il tampax, ho un blocco psicologico che non riesco a superare). Il punto è: non cagate il cazzo. Fate informazione ma non fate moralismi, non fate sentire in colpa, perché il sistema generale non si cambia non comprando più da shein o indossando una coppetta mestruale, si cambia andando in piazza e facendo la rivoluzione, anche a costo di morire. Non si può sovvertire un sistema scomponendolo in piccole branche - lo sfruttamento, l’ambientalismo, i diritti civili -, si deve sovvertire il sistema nella sua totalità, altrimenti il sistema stesso troverà altre modalità di sfruttamento, e basta.
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