#biancheria intima assorbente
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Mestruazioni sostenibili: un ciclo in armonia con il pianeta
soluzioni per un ciclo comodo, naturale e sostenibile: coppetta mestruale, mutande assorbenti ed assorbenti lavabili in tessuti naturali e ipoallergenici Ogni mese, miliardi di donne nel mondo affrontano il ciclo mestruale. Questo processo naturale, seppur scomodo per molte, comporta l’utilizzo di prodotti usa e getta come assorbenti e tamponi, che hanno un impatto significativo…
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#ambiente#assorbenti lavabili#biancheria intima assorbente#coppette mestruali#ecocompatibile#mestruazioni sostenibili#rifiuti mestruali#salute#spugne mestruali
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Traduzione:
Ciao tesoro … Guarda cosa indossiamo oggi nelle nostre mutandine! Io, perché devo farlo, e tu?
Tu le indosserai perché sei una femminuccia travestita che indossa biancheria intima femminile e penso che se devi vestirti come se avessi una figa, allora devi comportarti come se l'avessi anche tu. Te ne ho messo uno in un paio di mutandine, quindi indossalo, puttana, e, giusto per fartelo sapere, dovrai cambiare il tuo assorbente cinque volte al giorno, ovunque tu sia, quindi non dimenticare di portarne qualcuno con te. ")
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Suore vittime di abusi sessuali e violenze: in un libro le prime testimonianze che rompono l’omertà. “Punizioni psicologiche continue” “Non appena una ragazza, una donna entra in Congregazione, viene eliminato tutto ciò che riguarda l’identità personale, quindi l’acconciatura dei capelli, lo stile degli occhiali, le scarpe e l’abbigliamento, la biancheria intima. Parlare di esperienze personali passate di qualsiasi tipo è proibito; la posta in entrata e in uscita viene letta e controllata; le chiamate e le visite a casa sono estremamente limitate. Proibita pure qualsiasi forma di relazione interpersonale o uno spazio di privacy. Si dorme in grandi dormitori, si mangia lo stesso cibo e le stesse porzioni di cibo, si chiede il permesso per tutto, compreso l’uso del bagno”. È una delle tante drammatiche denunce di suore che hanno subito e continuano a subire in convento abusi di potere, di coscienza e sessuali, spesso nel silenzio omertoso delle loro consorelle e dei superiori. (...) Dalle pagine scritte dal giornalista emerge, infatti, il volto di superiore madri e matrigne. Donne artefici di vere e proprie persecuzioni che mettono in discussione non solo la vocazione delle religiose loro sottoposte, ma la stessa stabilità fisica e psichica delle suore. “‘Non sei obbediente, non vuoi essere santa, non hai la vocazione’. Molte – sottolinea Cernuzio – raccontano di essersi sentite ripetere spesso questa frase, che non trova alcun appoggio nelle costituzioni degli ordini o nel Diritto canonico”. Vite nei conventi rese infernali dalle superiore: “Non era tanto – scrive il giornalista – il silenzio imposto, ‘quello fa parte della regola dell’ordine’, né i lunghi digiuni e le condizioni di vita spartane, come rasarsi i capelli fino a 5 centimetri o chiedere il permesso di fare la doccia o avere un assorbente durante i giorni del ciclo, quanto piuttosto quella ‘mancanza di umanità’ che, nel corso del tempo, diventa opprimente. Soprattutto da parte della madre generale. ‘Lì dentro dimenticavano che dietro l’abito ci fossero persone’”. “Le punizioni, poi, – prosegue il vaticanista – erano continue. Mai fisiche fortunatamente, ma sempre psicologiche: piccole privazioni del cibo, divieto di fare ricreazione, insulti pubblici. ‘Urlava continuamente, – racconta una vittima della sua superiora – anche in cappella davanti al Santissimo, magari per una luce accesa o per una macchia per terra. Una volta feci cadere un po’ di sugo sul pavimento, le chiesi perdono ma mi sgridò ugualmente davanti a tutte. Ricordo pure che un giorno, da postulante, la raggiunsi nel suo ufficio per segnalarle alcune cose che non andavano nella vita di tutti i giorni. Niente di che, questioni di orari e organizzazione logistica. Mi aggredì: ‘Io non ti voglio sentire, vieni sempre a lamentarti, vuoi essere santa o no?’”. E ancora: “Anche quando ci ammalavamo, dovevamo star male con la febbre a 40, altrimenti la madre diceva che facevamo finta di essere malate per non lavorare”. In questo scenario infernale si aggiungono poi le denunce di abusi sessuali commessi da sacerdoti. Quando una delle vittime ha informato la superiora la reazione è stata agghiacciante: “È rimasta impassibile, ma magari quella poteva essere una mia impressione. A distruggermi è stata la sua risposta: mi disse che anche altre si erano lamentate di questioni simili e che evidentemente, se accadeva, era perché noi suore provocavamo i sacerdoti”. (...) Abusi di ogni tipo si ripetono spesso nei conventi. “C’era una cosa – racconta ancora una religiosa – che nel mio istituto da sempre mi ha scandalizzato: quella specie di onnipotenza delle superiore sulla salute delle suore. Loro decidono per noi, come stiamo, come dovremmo stare, se c’è bisogno di cure o meno, quale tipo di terapia affrontare. Un anno, per esempio, iniziai ad avvertire forti fitte al ginocchio. Mi lamentavo del dolore, ma fu la superiora a farmi la diagnosi, non un medico. Mi disse che dipendeva dalla schiena perché lavoravo male. Ho insistito finché non si è convinta a mandarmi da uno specialista che, tramite l’ecografia, ha individuato un versamento sull’arto. Un’altra volta fui io stessa, insieme a un’altra sorella, a discutere perché mandasse una ragazza che aveva avuto delle strane bolle sulla pelle al pronto soccorso. La madre diceva che bastava una pomata. La accompagnammo noi stesse e si scoprì che era una reazione allergica”. (...) C’era chi aveva bisogno di andare dall’oculista o dal dentista e non veniva autorizzata a farlo perché bisognava ‘risparmiare’. La superiora, tra l’altro, aveva prestato servizio in ospedale e conosceva molti medici, ma era sempre restia. Per lei erano tutti capricci”. Ma non funzionava così con tutte: “Solo con chi non le andava a genio. Lei, al bisogno, frequentava i migliori specialisti e ci chiedeva pure di accompagnarla. Naturalmente tutto a spese della comunità. Alcune suore, tra le sue confidenti, le portava da medici privati. Io, invece, ho dovuto fare tutto con l’Asl”. (...) Molte suore abbandonano per sempre la vita religiosa, anche dopo decenni trascorsi in convento, trovandosi improvvisamente in mezzo a una strada, senza casa, lavoro e titolo di studio. Tutto ciò spesso con l’incomprensione della famiglia e l’onta di non essere più una suora. Ma c’è anche chi resiste nonostante tutto e continua a subire, spesso in silenzio e senza intravedere una via di fuga. di Francesco Antonio Grana
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