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Unesco, Cervia (Ra) candida la Salina a Patrimonio mondiale dell'Umanità: annunciato l'avvio delle procedure per il prestigioso riconoscimento
Unesco, Cervia (Ra) candida la Salina a Patrimonio mondiale dell'Umanità: annunciato l'avvio delle procedure per il prestigioso riconoscimento Ieri sera l'evento al Teatro comunale Walter Chiari. Presentati i progetti "Cervia città del sale": dal museo delle acque a quello del sale, alla pista ciclabile attorno alla riserva. Presenti i professori Augenti e Turci e gli architetti Cinzia Bazzocchi e Giovanni Tamburini La Salina di Cervia candidata a Patrimonio mondiale dell'umanità Unesco. L'avvio delle procedure per ottenere il prestigioso riconoscimento è stato annunciato ieri sera nel corso di un evento al Teatro comunale 'Walter Chiari' che si è svolto nella città ravennate insieme al sindaco Massimo Medri, presente il presidente della Regione, Stefano Bonaccini. Un'occasione anche per presentare i progetti di riqualificazione che interessano la città del sale e finanziati con fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): dagli interventi per il Centro visite Saline e l'Idrovora di via Bova, dove verrà realizzato il 'Museo delle acque', al progetto della ciclabile 'Anello del sale', che permetterà di percorrere in bicicletta il tragitto attorno alla salina stessa. E non solo. Tra le opere presentate spicca il nuovo progetto di riqualificazione e implementazione del Musa, il Museo del sale, che diventerà un museo diffuso e verrà integrato e rivisto, inserendo anche i nuovi importanti ritrovamenti archeologici e creando uno spazio sempre più vicino ai bambini e alle famiglie. Inoltre, sono stati illustrati gli interventi necessari al ripristino della salina, dopo la devastante alluvione dello scorso maggio, che richiedono investimenti del valore complessivo di oltre 6 milioni di euro per la riqualificazione delle aree ambientale e produttiva. Il primo milione di euro è arrivato dalle donazioni, a partire dall'iniziativa 'Un aiuto subito' promossa da Corriere della Sera e TgLa7 (725mila euro utilizzati per iniziare a ristabilire l'habitat di flora e fauna) e da 'Sosteniamo l'Emilia-Romagna', raccolta fondi di Conad (300 mila euro) per il ripristino della macchina del sale, fondamentale per fare ripartire la produzione. Il resto delle risorse necessarie arriverà dagli stanziamenti del Commissario straordinario per la ricostruzione attraverso la Regione. Infine, il Parco archeologico che diventerà un vero e proprio polo visitabile con il supporto di guide autorizzate dopo i ritrovamenti e gli scavi avviati negli anni scorsi dal Comune di Cervia. "Sette mesi fa, nella riserva naturale della Salina di Cervia completamente alluvionata, ho lanciato un appello per salvare un patrimonio unico della nostra regione- ha dichiarato Bonaccini-. Era importante che non si spegnessero i riflettori su questa terra che occupa un terzo del Comune, dove si produce un sale dolce conosciuto e apprezzato ovunque, un luogo magico in cui ammirare i fenicotteri rosa che qui sono di casa. Ora non solo proseguiamo i lavori per ripristinare integralmente la riserva in collaborazione col Commissario Figliuolo, che ringrazio, ma rilanciamo con l'avvio del percorso verso la prestigiosa candidatura Unesco. La Salina ha infatti tutte le carte in regola per ambire a questo importante riconoscimento in ambito ambientale e naturalistico, dopo quello recente ai Gessi dell'Appennino emiliano-romagnolo e prima alla Riserva integrale di Sasso Fratino nel Parco delle Foreste Casentinesi e alle tre Riserve Mab Biosfera, Delta del Po, asta del fiume Po e Appennino Tosco-emiliano. Ambiente, turismo ed economia, tre punti di forza della nostra regione sono racchiusi nella Salina di Cervia. Anche questo è un segnale di ripartenza che vogliamo sostenere, perché parla della tenacia e della bellezza di questa terra che niente e nessuno potrà scalfire". "Sta prendendo forma il progetto che porterà Cervia a diventare un vero e proprio 'museo del sale a cielo aperto'- ha spiegato il sindaco Medri-. Siamo riusciti a mettere a sistema i tanti singoli interventi e a costruire un masterplan, un progetto organico complessivo per dare forma alla "città del sale", che ora ci porterà a candidare la nostra Salina come Patrimonio UNESCO. Questo è stato possibile grazie anche alla concessione dell'area delle saline al Comune di Cervia fino al 2057. Un particolare ringraziamento va al presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e al Commissario straordinario, generale Francesco Paolo Figliuolo, che hanno sostenuto il rilancio delle Saline dopo gli eventi alluvionali. È questo un risultato storico, che innalzerà ancora di più il valore della nostra città con la sua cultura, la sua tradizione e la sua storia, importante anche per il settore turistico e per aumentarne l'attrattività a livello nazionale e internazionale". Tra gli altri partecipanti alla serata, il professore Andrea Augenti, titolare della cattedra del Dipartimento di Storia Culture e Civiltà dell'Università di Bologna - sede di Ravenna, incaricato del "Progetto Cervia Vecchia Ficocle", il professore Mario Turci, ideatore del progetto del Museo del sale diffuso, gli architetti Cinzia Bazzocchi e Giovanni Tamburini, che stanno curando il recupero dello stabilimento delle saline e dell'area naturalistica.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Nuovo post su Atom Heart Magazine
Nuovo post pubblicato su https://www.atomheartmagazine.com/felicitazioni-cccp-fedeli-alla-linea/
FELICITAZIONI! CCCP – FEDELI ALLA LINEA 1984-2024
FELICITAZIONI! CCCP – Fedeli Alla Linea: una mostra “spettacolo” che racconta la band che ha cambiato la storia della scena punk in Italia.
A 40 anni dall’uscita del loro primo EP Ortodossia, i quattro CCCP Fedeli Alla Linea – Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici, Danilo Fatur – riportano alla luce le loro memorie attraverso questa fantastica esposizione ricca di immagini, testi, musica e scenografie.
FELICITAZIONI! CCCP – FEDELI ALLA LINEA: LA MOSTRA
Dal 12 Ottobre 2023 fino all’11 Febbraio 2024, presso i chiostri di San Pietro a Reggio Emilia, sarà possibile visitare e ammirare quella che, a tutti gli effetti è una celebrazione di un importante movimento musical culturale, che ha segnato in maniera indelebile la storia del punk.
In mostra sono presenti luci che potrebbero avere effetti negativi sui visitatori fotosensibili.
È presente inoltre musica ad alto volume.
Si sconsiglia pertanto l’ingresso ai cani. In convenzione con Bauadvisor è disponibile un servizio a pagamento di dog sitting e dog walker prenotabile con almeno 24 ore di anticipo a questo link
I bambini devono essere costantemente sotto la supervisione degli accompagnatori adulti.
GIORNI E ORARI
La mostra FELICITAZIONI! CCCP Fedeli Alla Linea sarà aperta:
Giovedì, venerdì, sabato, domenica e festivi: 10-19
Aperture straordinarie
1 Novembre, 24 Novembre (Santo Patrono) 8, 24 e 26 Dicembre: 10-19 1 Gennaio: 15-19
Altre info
CHIUSO il 25 e 31 Dicembre
Ultimo ingresso un’ora prima dell’orario di chiusura
Il tempo di permanenza consigliato è di almeno 2 ore
FELICITAZIONI! CCCP – FEDELI ALLA LINEA – BIGLIETTI
I biglietti per “FELICITAZIONI – CCCP FEDELI ALLA LINEA” sono acquistabili online a QUESTO LINK e in biglietteria ai Chiostri di San Pietro.
Prezzi
Intero: 15€
Biglietto sostenibile: 16€
Ridotto: 12€
Studenti (19-26 anni): 10€
Ragazzi (11-18 anni): 6€
Biglietti famiglia: 16€ – 32€
FELICITAZIONI! CCCP – FEDELI ALLA LINEA – INFO SUI BIGLIETTI:
Biglietti famiglia 1 adulto + 1 ragazzo/a (11-18 anni): 16€ 1 adulto + 2 ragazzi/e (11-18 anni): 20€ 2 adulti + 1 ragazzo/a (11-18 anni): 28€ 2 adulti + 2 o 3 ragazzi/e (11-18 anni): 32€
Biglietto sostenibile: per contribuire a compensare il tuo impatto ambientale, attraverso questo biglietto per FELICITAZIONI! CCCP Fedeli Alla Linea, verranno acquistati crediti di sostenibilità dal Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Più info qui
Ridotto: over 65, persone con disabilità, gruppi composti da almeno 10 persone, biglietto “Marionette e Avanguardia”, membership card enti convenzionati, YoungER card, soci Coop, tessera ARCI, tessera FAI, Carta Benessere Farmacie Comunali Riunite, dipendenti FCR, dipendenti gruppo Max Mara, iscritti all’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia
Studenti universitari: studenti e studentesse dai 19 ai 26 anni con tesserino universitario
Gratuito: Amici della Fondazione Palazzo Magnani, bambini di età inferiore ai 10 anni, accompagnatori di persone con disabilità, giornalisti iscritti all’albo con tessera di riconoscimento, soci della Collezione Peggy Guggenheim, Amici di Palazzo Strozzi, Amici di Camera, soci ICOM
Cerca altri Concerti ed Eventi.
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Musica e immagini: l'arte sinestesica di Luca Storero
Musica e immagini: l'arte sinestesica di Luca Storero @maiolight @testamusic #pinerolo #pinerolese #artecontemporanea #enpleinair #musicapinerolese
Luca Storero è una figura centrale per l’ambito culturale pinerolese. Non solo per le sue esperienze in campo musicale, costellate di collaborazioni con nomi e formazioni di spicco della nostra scena. Ma anche e soprattutto per il suo percorso di artista figurativo, visionario, originale e fortemente teso alla sperimentazione. Le tematiche inedite che affronta, analizzate attraverso l’utilizzo di…
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#andrea allione#andrea ayassot#andrea fenoglio#andrea mazzari#andrea paone#andrea serafino#claudio mongiello#elena privitera#en plein air#gian mario gillio#i toddiani#lo_fai#luca storero#massimo tosco#moodgate#paolo bianciotto#paolo ferrando#paolo moreschi#roby monnet#rossano zinico#scopito coast#shanty funky#sheyla shyon#the rambling postcards
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Mi prendo i dieci minuti necessari, in questo noioso lunedì lavorativo, per rispondere a @neltempodiuncaffe e scrivere dei miei personali libri per decade dì vita.
Dai 0 a 10 anni sicuramente Un sacchetto di biglie di Joseph Joffo, libro di cui chiaramente ricordo nulla se non che era la storia autobiografica di due bambini ebrei nell’epoca delle rappresaglie naziste. Lo lessi un estate e lo ricordo perché, al rientro a scuola, la maestra ne rimase profondamente colpita dicendomi che era un libro talmente complesso da poter essere letto al massimo da un ragazzino delle medie.
Ho avuto grande bisogno dì conferme esterne nella prima parte della mia vita.
Dai 10 ai 20 mi gioco Jack Frusciante è uscito dal gruppo dì Enrico Brizzi. Libro cult della mia generazione, certamente nulla di sconvolgente o di memorabile ma la figura di Adelaide, così sfuggente e complessa mi è rimasta talmente dentro che è più o meno ciò che ho sempre cercato in una donna e che tuttora cerco.
Nonostante essermi schiantato così tante volte da rendere questa ricerca la parte più ridicola e penosa di me.
Dai 20 ai 30 anni direi L’Ignoranza di Milan Kundera.
Ero in piena epoca universitaria e da sociopatico dalla scarsa attitudine alla concentrazione preferivo chiudermi in biblioteca a studiare piuttosto che assistere a interminabili quanto poco fruttuose lezioni. In uno di quei pomeriggi trovai questo libro e lo divorai nella corsia della narrativa slava.
In un toccante passaggio sulla nostalgia della propria patria scrive: La più commovente frase d’amore ceca: ‘styskà se mi po tobe’: ‘ho nostalgia di te’; ‘non posso sopportare il dolore della tua assenza’.
Mi sono sempre fatto fregare dai particolari, più che dall’interezza degli eventi e delle persone. Quel passaggio, letto e riletto e poi riletto e ri riletto è un pugno in pieno stomaco che ancora ricordo. E le varie Adelaide in cui sono ripetutamente inciampato hanno buttato bombe a mano nel solco del pugno.
Dai 30 ai 40 l’affare si complica perché più che ai romanzi mi sono dedicato alla lettura di libri più impegnati, riferiti a passioni che ho avuto che, tranne qualche raro caso, sono durate quanto un fuoco di paglia. Mi ritrovo quindi ad oggi ad essere uno che sa poco o niente dì antropologia, astronomia, geopolitica e storia della resistenza antifascista sugli Appennini tosco emiliani.
Per quanto riguarda i libri, i romanzi, mi gioco quindi qualsiasi cosa dì David Foster Wallace o di David Grossman; il viaggio vale (quasi) sempre il biglietto.
Non nomino nessuno, non saprei chi nominare quindi chiunque legga e abbia voglia di cimentarsi in questo gioco si senta in diritto di essere nominato/a da me.
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oddio, sarebbe stupendo fare la comparsa nell'amica geniale! :D (però nella mia testa appena ho letto "comparse" ho pensato subito a boris e quindi ti immaginerò così)
AHAHAH totale, mi prendono a fare lo scalatore delle Ande (al massimo scalatore dell'appennino tosco-emiliano) <3
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sono esaurita. l’esaurimento ce l’ho spesso ma questo tipo di esaurimento è deleterio perché mi butta giù, non mi permette di fare la mia corsetta ed il mio esercizio fisico, non mi fa rilassare come si deve, non mi fa socializzare serenamente. ogni cosa è difficile e pesante. non penso sia depressione, sono piccoli momenti di tristezza come quelli che ha Audrey Hepburn in colazione da Tiffany che mi vengono durante la sessione. Audrey Hepburn però si faceva una passeggiata per New York e tutto tornava come prima. Al massimo io posso farmi una camminata nelle colline tosco-romagnole che è praticamente la stessa cosa, sì. devo durare fino a mercoledì prossimo poi mi rilasso, ce la posso fare. l’ultimo esame della sessione poi la vita riprende
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IL DIARIO DI PIA PERA | Diego Mattei S.I.
Al giardino ancora non l’ho detto. Con questo verso, tratto da una poesia di Emily Dickinson, Pia Pera intitola il diario dei mesi segnati dal suo lento avvicinarsi alla morte, nel racconto struggente, delicato, tenero e umanissimo di consunzione per SLA, o malattia del motoneurone, diagnosticatale nel 2012. Al giardino ancora non l’ho detto (Ponte alle Grazie) esce nel 2016, pochi mesi prima della morte della slavista, traduttrice, saggista e romanziera. Nell’ultimo anno questo libro prezioso e raro, per tono e delicatezza, leggerezza e sapienza, ha conosciuto nuovo lustro, dopo la vittoria allo Strega 2021 di Due Vite di Emanuele Trevi, libro nel quale lo scrittore romano racconta la sua amicizia con Rocco Carbone e Pia Pera. Diario, memoir, raccolta di note sparse, viaggio nell’interiorità: Al giardino ancora non l’ho detto raccoglie le riflessioni della scrittrice, che racconta la malattia, il lento progressivo irrigidimento muscolare, i molteplici tentativi di cura, le riflessioni a margine delle letture e dei libri che la accompagnano, lei donna colta e raffinata: innanzi tutto gli amati russi, lei che tradusse Evgenij Onegin di Puskin, ma anche Derek Jarman, Florensky, Tommaso d’Aquino, Massimo il Confessore e i tanti testi dell’amata tradizione buddhista. Pia Pera non si chiude in se stessa, ma nelle pagine di questo piccolo gioiello di umanità vibra tutto un mondo di relazioni, di amicizie e interessi per ciò che le sta intorno e impreziosisce il tempo. Emergono le paure e gli slanci e, su tutto, l’amore per il giardino, che si estende intorno al casolare nella campagna tosco-lucchese, luogo di rifugio e specchio dell’anima, metafora della vita e della sua invincibile bellezza. «Se all’inizio mi prendevo cura del giardino, compiendo in piena autosufficienza tutti i lavori, adesso debbo prendermi cura di me stessa. Il tempo prima impiegato potando, scavando buche, bruciando frasche, zappando, falciando l’erba, adesso mi viene rubato dalle cure necessarie a mantenere me stessa in vita. Quasi fossi diventata io il giardino». E così con Pia Pera, insieme a lei, vediamo lo spettacolo delle forme, dei colori, della luce, del passare delle stagioni, nei fiori e nelle piante che sbocciano, si trasformano, divengono e sorprendono. «Il giardino è diventato immenso, troppo grande da percorrere in una volta sola. Mi metto a sedere sulla panchina – non l’avevo mai fatto: non ne avevo mai avuto il tempo, prima. Sto lì seduta, mi sorprende quello che vedo: il rosa carico del malvone appena fiorito, il finocchio bronzeo che affiora leggero dalle cortine di bosso, i bulbi di certi fiori gialli, profumati tra un tronco di pero a spalliera e l’altro. Il giardino, diventato così grande da parere un mondo a sé, è davvero il luogo ideale per vivere questo ultimo lungo, lento commiato dal mondo».
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30.12.2021
I romani avevano individuato la "fine" dell'Italia in una linea che andava dalla foce del Rubicone a quella del Magra: al di sopra di quella linea c'era la Gallia, quella Cisalpina per la precisione.
Per intendersi quasi la totalità dell'attuale Emilia Romagna e lembi della Toscana non erano, per i romani, territorio italiano ma gallico: grosso modo dal versante nord dell'Appennino Tosco-Emiliano in "su".
A fine età repubblicana addirittura il Rubicone segnava la fine della sfera d'influenza ufficiale il che portò al famoso episodio un po' storico, un po' leggendario dell'"Alea Iacta Est".
In realtà non sappiamo se il Rubicone attraversato da Cesare sia lo stesso che scorre attualmente in provincia di Forlì-Cesena o qualche altro torrente della zona (troppe le deviazioni e i cambi di nome nel corso dei secoli per esserne sicuri) ma di certo i romani capirono una cosa importante della geografia italiana cioè che qualcosa da quelle parti, in un certo senso, modificava il territorio: infatti appena una ventina di chilometri "sotto" la foce del Rubicone c'è quella del Marecchia (che in molti pensano sia il fiume dove accadde veramente quell'episodio).
Il Marecchia è lungo una settantina di chilometri, nasce nelle ultime propaggini appenniche del versante toscano, scorre in una valle (omonina) molto importante dal punto di vista storico e con molte emergenze naturalistiche, culturali e artistiche, sfiora la, da invadere subito, Repubblica di San Marino e sfocia poco a nord del centro storico di Rimini ma soprattutto è interessante perché è uno dei due punti la cui retta segna il confine tra l'Italia continentale da quella propriamente peninsulare.
Sì, insomma: da quella parte lì (sempre, come detto, che quel Rubicone non fosse l'attuale Marecchia quindi azzeccando la cosa al centimetro) i romani avevano "cannato" appena di una ventina di chilometri un'importante realtà geografica.
Lasciando stare il versante adriatico, del quale ho appena scritto sopra, ho già citato brevemente il versante (non tirrenico come si potrebbe pensare) ligure nel senso dell'omonimo mare (la precisazione pare superflua però se andate a vedere i "confini" istituzionali potrete scoprire cose interessanti, tipo che Tirrenia non si trova sul mare quasi omonimo) parlando dell'altro punto (la foce del fiume Magra in territorio ligure a meta strada tra La Spezia e Massa) dove scorre la retta citata anche qui i romani hanno lasciato un segno importante.
Infatti nel 177 A.C. fondarono, a un paio di chilometri dalla foce, una città che doveva essere l'avamposto estemo a fermare le bellicose intenzioni di una popolazione locale, i liguri apuani: Luna.
Luna, ora Luni, che, en passant, ha dato il nome a tutta una regione storica: la Lunigiana, appunto.
Luna da una parte, Ariminum (dal nome latino del Marecchia cioè Ariminus) ovvero Rimini dall'altra: in mezzo gli Appennini che già di loro difendevano Roma dai barbari del nord, tipo il sottoscritto, e non avevano bisogni di chissà che avamposti militari.
Anyway se a Rimini è rimasto l'impianto cittadino e un paio di importanti manufatti (il ponte di Tiberio e l'Arco di Augusto) di Luna rimangono delle rovine: seppur non valorizzate come meriterebbero sono piuttosto suggestive per la posizione (lo sfondo delle Alpi Apuane che non sono Alpi ma Appennini, mi raccomando), la realtà naturalistica che le circonda, la conservazione dell'impianto e i resti di luoghi come l'anfiteatro, il teatro e il tempio che sono veramente d'impatto.
È impossibile recarsi lì e non essere colpiti da quello che rimane del Cardo Massimo o godersi un'atmosfera quasi magica seppur inevitabilmente decadente.
Che siate civili peninsulari o barbari continentali ma pure colti insulari: xè l'istess.
Enjoy the tour fotografico.
Mood: Barbaro
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Scomparsa di Franco Bellucci, l’assessore Massetti “se ne va un caro amico e un grande sportivo” Appena appresa la notizia della pematura scomparsa di Franco Bellucci, socio fondatore e instancabile organizzatore del rinomato Trofeo Tosco Umbro di Lippiano e punto di riferimento di numerose manifestazioni di ciclismo a livello nazionale anche l’assessore allo sport, Massimo…
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C.S.I. - Tabula Rasa Elettrificata
Lindo Ferretti e Massimo Zamboni di ritorno dalla Mongolia dopo un viaggio al seguito di una troupe del posto decidono di cambiare la storia della musica indipendente italiana insieme al loro consorzio e la data di quel terremoto commerciale combacia con l’uscita di T.R.E., ovvero Tabula Rasa Elettrificata, terzo album di studio del gruppo tosco-emiliano. Primo settembre 1997. I canali televisivi…
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L’area del Montalbano si estende tra le colline delle province di Firenze, Pistoia e Prato. Resa celebre dai dipinti di Leonardo da Vinci, capita, girando, di riconoscerne i luoghi e i profili di quei quadri esposti nelle sale dei più prestigiosi musei del mondo. Il Montalbano comprende diversi Comuni a partire da Vinci, la città di origine di Leonardo nonché la più visitata dai turisti, Serravalle Pistoiese, Monsummano Terme, Cerreto Guidi, Larciano, Lastra a Signa, Lamporecchio, Quarrata, Tizzana, Carmignano, Montemagno, Poggio a Caiano, Signa, Montelupo Fiorentino, Capraia e Limite. È il luogo ideale da cui partire per visitare tutta la Toscana, trovandosi in una posizione centrale e non lontano dalle maggiori città d’arte, dal mare della Versilia e dalla montagna, come l’Abetone, rinomata meta sciistica. Serravalle Pistoiese @123rf Il paesaggio qui è bellissimo. Le colline sono delle distese di vigneti e uliveti, tanto che il territorio è attraversato dalla “Strada del vino e dell’olio del Montalbano” che si snoda lungo l’Appennino tosco-emiliano. Le colline sono anche luogo di ville, borghi, castelli, vestigia etrusche, pievi e chiese e antiche riserve di caccia, come il Barco Reale, tra i primi esempi di “riserva naturale” creata dall’uomo, ma anche di località termali, come Monsummano, frequentate sin dai tempi dei Romani. Il Montalbano è attraversato da una fitta rete di percorsi escursionistici e ciclabili che consentono di raggiungere il crinale a circa 600 metri sul livello del mare e di esplorare ogni angolo di questa straordinaria area naturale nel cuore della Toscana, raggiungendo località immerse nel verde, siti archeologici e boschi antichissimi, come il lecceto di Pietramarina. Per i meno avventurosi e per gli amanti della buona tavola, lungo la Strada del vino e dell’olio si sviluppa l’itinerario “Colline di Leonardo” che tocca tutti i Comuni di questo territorio e suggerisce preziosi spunti per la scoperta delle pregiate produzioni locali. La presenza dell’uomo non ha danneggiato questo splendido ambiente naturale, anzi grazie alla coltivazione della vite e dell’olivo ha contribuito a creare una sorta di ordinata “campagna-giardino” tipica del paesaggio toscano. Le colline del Montalbano, rifugio di molte specie animali e non troppo distanti da Firenze, tra XVI e XVII secolo furono scelte come riserva di caccia dalla famiglia Medici che privatizzò un’ampia parte di territorio istituendo il Barco Reale Mediceo del quale ancora restano porzioni delle mura perimetrali. Oggi, infatti, il Montalbano è un’area di turismo ecologico e sono tantissimi gli agriturismi che si possono trovare in zona. Alcuni producono olio, altri vino, altri miele, altri ancora formaggi, confetture, erbe officinali. Aperti solo per la ristorazione o anche per soggiorni turistici, offrono un tipo di esperienza genuina e molto rilassante. Spesso si incontrano lungo i cammini o i percorsi trekking o i sentieri ciclabili e possono essere punti attrezzati per la sosta. Una delle immagini forse più conosciute della campagna Toscana è quella delle Ville Medicee, residenze di campagna usate per le battute di caccia o per trascorrevi le vacanze estive entrate nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Durante il governo dei Medici, che interessò la città di Firenze e gran parte della Toscana, tra il XV e la prima metà del XVIII secolo, fecero realizzare alcune ville circondate da splendidi parchi e giardini che costituiscono un vero e proprio sistema territoriale ed esprimono al massimo l’alto livello di architettura rinascimentale e barocca raggiunto in Toscana, decorate da affreschi e circondate da giardini all’italiana e folti parchi. Villa La Magia @Ufficio stampa L’area del Montalbano conta nel suo territorio ben cinque di questi meravigliosi capolavori architettonici: Villa di Cerreto Guidi, Villa di Artimino, Villa di Poggio a Caiano, la Villa Medicea di Montevettolini e Villa La Magia a Qarrata. Quest’ultima era la dimora di caccia preferita di Ferdinando I, oggi è un museo a cielo aperto, con installazioni moderne nell’ampio parco e un Museo del filet all’interno. Qui, infatti, nel 1987 fu fondata la prima scuola di filet dalla contessa Gabriella Spalletti che insegnò alle contadine della zona un mestiere e per di più retribuito. Tra le località più famose di questa zona della Toscana c’è, come già anticipato, Vinci. Nel paese in cui nacque Leonardo sorgono la Biblioteca Leonardiana, un centro internazionale di studi leonardiani, e il Museo leonardiano di Vinci, che ospita un’ampia e prestigiosa collezione di modelli di invenzioni realizzata all’interno della Palazzina Uzielli e del Castello dei Conti Guidi, una mirabile fortificazione medievale risalente all’XI secolo. Visitato ogni anno da 130 mila persone, il Museo Leonardiano è uno dei musei più importanti e frequentati della Toscana. A Vinci ha sede anche il Museo ideale Leonardo da Vinci, dedicato all’approfondimento dell’attualità della figura di Leonardo e alla complessità della sua opera di artista, scienziato e inventore. Il borgo di Vinci @123rf https://ift.tt/38Y3M5b La bellezza dei borghi e delle colline del Montalbano in Toscana L’area del Montalbano si estende tra le colline delle province di Firenze, Pistoia e Prato. Resa celebre dai dipinti di Leonardo da Vinci, capita, girando, di riconoscerne i luoghi e i profili di quei quadri esposti nelle sale dei più prestigiosi musei del mondo. Il Montalbano comprende diversi Comuni a partire da Vinci, la città di origine di Leonardo nonché la più visitata dai turisti, Serravalle Pistoiese, Monsummano Terme, Cerreto Guidi, Larciano, Lastra a Signa, Lamporecchio, Quarrata, Tizzana, Carmignano, Montemagno, Poggio a Caiano, Signa, Montelupo Fiorentino, Capraia e Limite. È il luogo ideale da cui partire per visitare tutta la Toscana, trovandosi in una posizione centrale e non lontano dalle maggiori città d’arte, dal mare della Versilia e dalla montagna, come l’Abetone, rinomata meta sciistica. Serravalle Pistoiese @123rf Il paesaggio qui è bellissimo. Le colline sono delle distese di vigneti e uliveti, tanto che il territorio è attraversato dalla “Strada del vino e dell’olio del Montalbano” che si snoda lungo l’Appennino tosco-emiliano. Le colline sono anche luogo di ville, borghi, castelli, vestigia etrusche, pievi e chiese e antiche riserve di caccia, come il Barco Reale, tra i primi esempi di “riserva naturale” creata dall’uomo, ma anche di località termali, come Monsummano, frequentate sin dai tempi dei Romani. Il Montalbano è attraversato da una fitta rete di percorsi escursionistici e ciclabili che consentono di raggiungere il crinale a circa 600 metri sul livello del mare e di esplorare ogni angolo di questa straordinaria area naturale nel cuore della Toscana, raggiungendo località immerse nel verde, siti archeologici e boschi antichissimi, come il lecceto di Pietramarina. Per i meno avventurosi e per gli amanti della buona tavola, lungo la Strada del vino e dell’olio si sviluppa l’itinerario “Colline di Leonardo” che tocca tutti i Comuni di questo territorio e suggerisce preziosi spunti per la scoperta delle pregiate produzioni locali. La presenza dell’uomo non ha danneggiato questo splendido ambiente naturale, anzi grazie alla coltivazione della vite e dell’olivo ha contribuito a creare una sorta di ordinata “campagna-giardino” tipica del paesaggio toscano. Le colline del Montalbano, rifugio di molte specie animali e non troppo distanti da Firenze, tra XVI e XVII secolo furono scelte come riserva di caccia dalla famiglia Medici che privatizzò un’ampia parte di territorio istituendo il Barco Reale Mediceo del quale ancora restano porzioni delle mura perimetrali. Oggi, infatti, il Montalbano è un’area di turismo ecologico e sono tantissimi gli agriturismi che si possono trovare in zona. Alcuni producono olio, altri vino, altri miele, altri ancora formaggi, confetture, erbe officinali. Aperti solo per la ristorazione o anche per soggiorni turistici, offrono un tipo di esperienza genuina e molto rilassante. Spesso si incontrano lungo i cammini o i percorsi trekking o i sentieri ciclabili e possono essere punti attrezzati per la sosta. Una delle immagini forse più conosciute della campagna Toscana è quella delle Ville Medicee, residenze di campagna usate per le battute di caccia o per trascorrevi le vacanze estive entrate nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Durante il governo dei Medici, che interessò la città di Firenze e gran parte della Toscana, tra il XV e la prima metà del XVIII secolo, fecero realizzare alcune ville circondate da splendidi parchi e giardini che costituiscono un vero e proprio sistema territoriale ed esprimono al massimo l’alto livello di architettura rinascimentale e barocca raggiunto in Toscana, decorate da affreschi e circondate da giardini all’italiana e folti parchi. Villa La Magia @Ufficio stampa L’area del Montalbano conta nel suo territorio ben cinque di questi meravigliosi capolavori architettonici: Villa di Cerreto Guidi, Villa di Artimino, Villa di Poggio a Caiano, la Villa Medicea di Montevettolini e Villa La Magia a Qarrata. Quest’ultima era la dimora di caccia preferita di Ferdinando I, oggi è un museo a cielo aperto, con installazioni moderne nell’ampio parco e un Museo del filet all’interno. Qui, infatti, nel 1987 fu fondata la prima scuola di filet dalla contessa Gabriella Spalletti che insegnò alle contadine della zona un mestiere e per di più retribuito. Tra le località più famose di questa zona della Toscana c’è, come già anticipato, Vinci. Nel paese in cui nacque Leonardo sorgono la Biblioteca Leonardiana, un centro internazionale di studi leonardiani, e il Museo leonardiano di Vinci, che ospita un’ampia e prestigiosa collezione di modelli di invenzioni realizzata all’interno della Palazzina Uzielli e del Castello dei Conti Guidi, una mirabile fortificazione medievale risalente all’XI secolo. Visitato ogni anno da 130 mila persone, il Museo Leonardiano è uno dei musei più importanti e frequentati della Toscana. A Vinci ha sede anche il Museo ideale Leonardo da Vinci, dedicato all’approfondimento dell’attualità della figura di Leonardo e alla complessità della sua opera di artista, scienziato e inventore. Il borgo di Vinci @123rf Resa celebre dai dipinti di Leonardo da Vinci questa bellissima zona poco nota si estende tra le colline delle province di Firenze, Pistoia e Prato.
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La #Maremma Non han sì aspri sterpi né sì folti quelle fiere selvagge che 'n odio hanno tra Cecina e Corneto i luoghi còlti Dante Alighieri, L'Inferno, XIII, vv. 7-9 Il fiume Cecina, a nord, e il Corneto, a sud (nel Lazio), son i due limiti, indicati da Dante, della Maremma tosco-laziale. Veduta della Maremma Da principio il vocabolo marittima era un aggettivo; concordato con il sostantivo regio indicò ogni terra da cui si vedeva e si respirava il mare. Poi l’aggettivo divenne nome proprio di una parte della costa tirrenica o etrusca. Con la decadenza medievale, infine, passando attraverso le forme maretima e marimma, si confermò l’attuale Maremma. Di questa terra Dante dà i confini tra Cecina e Corneto (oggi Tarquinia); ma, quando in Toscana si pronuncia questo nome ci si riferisce a Grosseto e alla sua pianura o, al massimo, alla sua terra. Terra malata, la Maremma, specialmente dal secolo XIV fino ai tempi del Carducci, del Fucini e del Pratesi, quando la vita concessa non andava oltre la media di venti anni e i capitreno ordinavano ai viaggiatori di tenere chiusi i finestrini nel suo percorso. Allora in Maremma ci si faceva ricchi in un giorno e si moriva in un anno. Le spose di coloro che vi si recavano preparavano le gramaglie e i parenti cantavano in coro "Tutti ti dicon Maremma Maremma", come i canti di morte ai soldati della prima guerra mondiale; chi non aveva legami familiari s’accasava con una vedova accollandosi anche i figli. Dopo il deserto medievale le genti si abbarbicarono sulla terra come gli alberi con le loro radici, fecero muro contro l’alito della morte. Così, a furia di chinino, di morti e di sacrifici infiniti, con le buone leggi lorenesi la malaria fu vinta e prosciugata la terra. Liberamente tratto da La Maremma e il suo territorio Posted @withregram • @mibact DANTEDÌ | Mercoledì 25 marzo si celebrerà per la prima volta la giornata dedicata a Dante Alighieri. Un'edizione speciale tutta in rete, seguila sui social con gli hashtag ufficiali #dantedì e #ioleggoDante. - 🌿 beniculturali.it/dantedì - Voce Vittorio Gassman da "Gassman incontra Dante" - Rai - #mibact #dante #dantealighieri #divinacommedia #italia #italy #litterature #i (presso Piazza Dante (Grosseto)) https://www.instagram.com/p/B-Kf6yGIwBq/?igshid=1dddcxcb6sq6o
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A Zocca Festival dell’Appennino Poi il “Massimo Riva Day” D.M. 19 Aprile 2019 ZOCCA. Weekend pasquale speciale a Zocca, dove da sabato a lunedì va in scena il primo Festival dell'Appennino tosco-emiliano, organizzato da Eventi 3000, ditta sanmarinese specializzata in appuntamenti di grande ... http://bit.ly/2PjIqq6
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Pobres contra pobres: é oque pretende Bolsonaro
Espanta-me o fato de que sejam tão poucos os cidadãos capazes de entender a unicidade do Brasil no confronto com quaisquer países há muitos séculos saídos da Idade Média.
Aqui, casa-grande e senzala continuam de pé. Conservo a esperança de que Bolsonaro não confirme o assombroso resultado do primeiro turno, prova implacável da nossa medievalidade.
Consta que os fiéis do deus mercado estão em festa, o que não há de surpreender. Não nos força a espremer as meninges perceber que o capitão cabe no papel de capataz da casa-grande.
Teria de derrubar o queixo do observador isento, isto sim, a incapacidade do povo brasileiro de se enxergar como vítima de 518 anos de prepotência, predação e hipocrisia.
Sosseguem, não derruba. Trata-se apenas de uma razão da nossa infeliz peculiaridade: a casa-grande foi muito eficaz ao manter a maioria na senzala em um dos países mais desiguais do mundo.
Um dos aspectos mais lancinantes da tragédia que todos vivemos, cientes ou não da desgraça, é a atitude de quem ainda traz no lombo a marca da chibata e vota na derradeira versão do capitão do mato. Condenados a viver na Idade Média, e não sabem.
Sempre, desde a mocidade, me perguntei a quem atribuir a responsabilidade por tamanha insensibilidade, tamanha ignorância, tamanho encanto diante das miçangas do mais reles populismo. Pelé disse que a culpa é do próprio povo, que não sabe votar.
Faltam provas a respeito, pelo contrário avultam as culpas de quem haveria de levar os pobres à consciência da cidadania e não quis, ou não pôde, ou não soube, quando não se entregou à mais modorrenta indiferença.
O povo brasileiro é perfeitamente adequado às circunstâncias impostas por quantos mandaram, os senhores da situação, desinteressados da pátria que polui seus discursos, sequiosos somente pelos privilégios e benesses do poder.
Não imaginemos, contudo, que os donos do poder, como escreveu Raymundo Faoro, possuíssem algum gênero de sabedoria, ferozes com os desvalidos, e tão toscos e primitivos igual aos que espezinhavam.
Por isso, somos o que somos, um país de potencialidades infindas, e cada vez mais atrasado e insignificante pela malignidade, ganância e incompetência de quem o comandou.
Quando, ainda em 1979, nasceu a ideia do Partido dos Trabalhadores nas dependências do Sindicato dos Metalúrgicos de São Bernardo e Diadema, fiquei empolgado diante da perspectiva do surgimento de um partido de esquerda autêntico, na minha visão indispensável à modernização do País, como se deu em diversos países europeus.
Ao longo dos anos, o PT, atento aos acontecimentos mundiais, abrandou algumas posições mais intransigentes, mas sempre se constituiu em uma oposição firme e democrática. A eleição de Lula, em 2002, pareceu-me justo desfecho de uma bela história.
Não repetirei o que já escrevi a respeito do PT no poder, sem deixar de sublinhar que o governo Lula foi ótimo de muitos pontos de vista: deu passos inéditos e importantes no campo social, praticou uma política exterior exemplar, pagou a dívida externa e encheu as burras do Estado.
Certas cautelosas premissas demonstraram, porém, a crença na famigerada conciliação, possível somente entre as chamadas elites, expostas a desavenças entre si a serem rapidamente compostas. A casa-grande jamais abrirá suas portas para o PT. É natural, mas os petistas receio que não tenham entendido, e esta é falha grave.
O resultado de 7 de outubro ressalta pela enésima vez a impossibilidade do acordo com os insufladores da revolta dos pobres contra os pobres. Uma emocionante lição de civilidade e discernimento vem do Nordeste, enquanto os hunos invadem o resto do País, onde mora a demência reacionária.
Da Bahia para cima, terra de emigrantes, entre eles um menino chamado Luiz Inácio, apelidado de Lula. Vinham na boleia de caminhões e, ao lembrar meus tempos de juventude, eram recebidos com desconfiança e animosidade, às vezes traduzida em chacota.
São Paulo rica ria-se dos nordestinos pobres. O tempora, o mores... Não direi que a aula que o Nordeste ministra me surpreende. A região foi muito bem administrada por seus governantes, voltados aos interesses da terra e do povo.
Às vezes, e não me refiro ao que disse acima, encontra-se a civilidade onde em princípio não estava prevista. Na semana passada, quinta-feira 4, Fernando Morais e eu fomos visitar o nosso querido amigo Lula, encarcerado na sede da Polícia Federal de Curitiba.
Estávamos munidos da devida autorização, subitamente revogada por um juiz local. Visitantes jornalistas não poderiam ter contato com o ex-presidente condenado sem prova e preso sem crime, depois de definitiva e irrecorrível decisão do presidente do STF, um certo Toffoli, de negar-lhe a possibilidade de dar entrevistas. E não adiantava afirmar que não era esta a nossa intenção.
Em compensação, descobrimos três simpáticos, atenciosos cavalheiros, o superintendente Mauricio Valleixo, seu braço direito, Reinaldo de Almeida Cesar (aliás, velho e caro amigo) e Jorge Chastalo Filho, encarregado de cuidar de Lula.
No gabinete do superintendente conversamos longamente com eles, a nos explicarem, constrangidos, como e por que cumpriam ordens. Foi um papo entre amigos. Já me dissera do impecável comportamento destes policiais Massimo D’Alema, que esteve em São Paulo faz pouco tempo para participar de um seminário organizado pela Fundação Perseu Abramo, a partir de uma ideia de Celso Amorim e Dominique de Villepin. Antes do início dos trabalhos, o ex-premier italiano visitou Lula.
A esta altura, CartaCapital reforça seu apoio a Fernando Haddad e Manuela D’Ávila e seus apelos pela unidade do bloco progressista. Gostaria muito que Lula chamasse Ciro Gomes para compor de vez uma desavença que prejudica o País.
A formação de uma Frente Democrática, aberta a todos os brasileiros achegados à razão, é a nossa esperança. Não excluiria golpistas arrependidos, eleitores tucanos e emedebistas, e aqueles do governador França, chamado a enfrentar em segundo turno o engomado rei dos oportunistas, João Doria.
O Brasil nunca enfrentou um risco tão imponente, incluída a demoníaca constatação da desorientação de tantos que neste momento endossam o ideário de Bolsonaro. O qual, permito-me insistir, não é fascista. Ele representa um fenômeno exclusivamente brasileiro. Se uma vaga semelhança existisse, seria mais com os preconceitos nazistas.
Mas o capitão, de verdade, é típico do país em que ir à rua é arriscado. Bolsonaro é bolsonarista, inserido na unicidade e medievalidade brasileiras. O meu empenho em definir a personalidade do capitão e de quantos o sufragam está longe de ser semântica. Batalha perdida, eu sei, como outra a favor do substantivo copo que por aqui foi batizado como aquilo que não é, taça.
Há casos em que poderíamos falar em cálice a bem da precisão, mas taça, como Bolsonaro, é representativa da unicidade nativa, na pretensão de um refinamento tão falso quanto ridículo.
Fonte: Por Mino Carta, em CartaCapital
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Storia di un ponte: il ponte Attilio Vergai
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Storia di un ponte: il ponte Attilio Vergai
“La casa dei sette ponti” è un bellissimo libro di Mauro Corona, è una favola moderna ambientata nelle valli dell’appennino tosco-emiliano, un libro particolare a metà strada fra “Il canto di Natale” di Dickens e la parabola biblica del figliol prodigo. Una frase su tutte mi ha colpito di questo scritto e mi è venuta alla memoria proprio quando mi accingevo a scrivere questo articolo: “I ponti uniscono separazioni, come una stretta di mano che unisce due persone. I ponti cuciono strappi, annullano vuoti, avvicinano lontananze”. Proprio così, la funzione di un ponte è questa, simbolica e concreta allo stesso tempo ed quanto di mai più appropriato si può dire del ponte stradale più famoso di tutta la Garfagnana: il ponte Attilio Vergai che si trova sulla statale 48 nel comune di Villa Collemandina, tra i paesi di Magnano e Canigiano. Questo ponte è famoso essenzialmente per tre motivi: il primo motivo risale al 1933, quando fu inaugurato era il ponte più alto d’Europa, era ed è considerato tutt’oggi a detta di molti tecnici e storici un pregevole ed ardito esempio delle prime strutture realizzate in cemento armato in Toscana, la seconda ragione riguarda il personaggio a cui è dedicato, Attilio Vergai, eroe della resistenza e principale fautore della sua realizzazione, infine l’ultimo e triste ragione consiste che questo ponte è meta di poveri disperati che decidono di chiudere in maniera volontaria la propria vita gettandosi dai suoi 87 metri d’altezza. Analizziamo adesso però i primi due motivi principali, tralasciando il terzo per le sue infelici e private storie. Il cartello informativo all’inizio del ponte parla chiaro:
“Ponte Avv. Attilio Vergai. Anno di costruzione 1932-1933. Lunghezza metri 160. Altezza m 83. Sviluppo arcate m 40 e m 60. Progettista Ing. Danusso politecnico Milano”
Ma cominciamo dall’inizio. L’avvocato Attilio Vergai fu nominato podestà di Villa Collemandina nel lontano 1927. Era la persona più adatta per ricoprire il ruolo di primo cittadino di questa comunità, aveva da parte sua il titolo di avvocato per districarsi fra le mille burocrazie che anche una volta affliggevano il nostro Paese e in più aveva un amore sconfinato per la propria terra. Nella sua veste istituzionale volle così dare ai suoi compaesani un infrastruttura grandiosa degna delle più grandi città non solo d’Italia ma anche d’Europa: il ponte sopra il torrente Corfino, un viadotto a due arcate, alto nel suo massimo 87 metri e costruito a ben 800 metri d’altitudine nelle impervie strade della Garfagnana. Era un’ossessione per il buon avvocato Attilio questa opera, in cuor suo credeva molto in questo progetto tanto da coinvolgere i corfinesi emigrati all’estero per finanziarlo, grazie al loro contributo si potè raggiungere una cifra ragguardevole per l’epoca: oltre duecentomila lire. Il sogno ormai stava per concretizzarsi, i lavori cominciarono così nel 1932. Dopo aver letto queste righe quello che per i cari lettori può sembrare un ponte voluto quasi per capriccio dal Vergai aveva invece solide motivazioni per essere costruito e tali motivazioni nacquero qualche anno prima quando nel primo decennio del 1900 fu (quasi) costruita la strada di collegamento fra Villa Collemandina e la frazione di Corfino. Sfortuna volle purtroppo che l’impresario edile addetto alla realizzazione della strada morì, il fatto compromise i lavori e lasciò di fatto incompiuta la nuova via di comunicazione. Il terribile terremoto del 1920 che devastò la Garfagnana e in particolar modo proprio quei paesi dette però l’imput al suo completamento e nel 1921 i lavori ripresero, si evidenziò fortemente la necessità di velocizzare i soccorsi in caso di un futuro sisma, difatti in precedenza gli aiuti giunsero clamorosamente in ritardo proprio a causa delle accidentate strade. L’amministrazione comunale affidò allora l’opera all’ingegner Aldo Giovannini che doveva studiare l’ultimazione della strada e la maniera più economica per realizzarla. Dopo aver messo sul tavolo varie possibilità venne scelta la soluzione che prevedeva un lungo e alto ponte, ciò avrebbe anche valorizzato l’intera area in tutti i suoi aspetti. I piani strutturali di questo ponte furono molteplici, un progetto per esempio comportava la sua realizzazione in due arcate di 30 metri ciascuna, in cemento armato, con una pila centrale alta 33 metri, la pendenza e il fattore puramente estetico di questo proposito fu bollata dagli ingegneri come “scempio del paesaggio”. Con buona pace di tutti finalmente il progetto venne definitivamente assegnato all’ingegner Arturo Danusso, i lavori ebbero così fine con la sua inaugurazione il 7 luglio del 1933 e le cronache dell’epoca così la definirono: “Ciò che pareva irrealizzabile e ora realtà e sull’abisso si curva agile ed elegante l’arco che sembra tracciato da una mano onnipotente con una facilità e con una leggerezza veramente fantastica”. La gioia per il suo principale sostenitore Attilio Vergai era immensa, finalmente aveva potuto regalare alla sua terra un’opera che anche lui sapeva che sarebbe durata per sempre.
Attilio Vergai
I momenti felici però presto cesseranno per Attilio, due mesi più tardi da quel bellissimo giorno terminò il suo mandato di podestà e cominciò a lavorare a Castelnuovo Garfagnana nella filiale della Cassa di Risparmio di Lucca. Arrivò anche lo scoppio della II guerra mondiale e lui si contraddistinse subito come un fervente anti fascista, tanto che dopo l’otto settembre 1943 entrò in contatto con i primi partigiani garfagnini attivi in Campaiana aiutandoli nell’attività di sostegno ad ufficiali inglesi fuggiti dai campi di prigionia. Nel 1944 accadde il fattaccio, quando si oppose alle Brigate Nere che volevano i soldi custoditi dentro la banca di cui lui era il direttore, nella notte infatti modificò la combinazione della cassaforte e prelevò il denaro che inviò tramite una staffetta alla direzione di Lucca, città che già era stata liberata dagli americani. Ormai era entrato di fatto nella lista nera dei fascisti e il 27 febbraio 1945 fu catturato a Corfino e fu accusato di attività spionistica e favoreggiamento alla diserzione militare, dato che nell’anno precedente si era fortemente esposto aiutando alcuni giovani compaesani a non rispondere alla chiamata alle armi della Repubblica Sociale. Fu trasferito dunque nel carcere di Camporgiano dove fu brutalmente maltrattato, gli venne addirittura promessa la libertà in caso di confessione, ebbe anche l’opportunità di fuggire ma non lo fece per paura di ripercussioni sulla sua famiglia.
Un mese dopo la sua cattura Il 27 marzo 1945 comincia il mistero sulla morte di Attilio Vergai. Di prima mattina fu prelevato da Camporgiano e fu condotto in prigione a La Spezia, questa fu l’ultima volta che fu visto vivo. Il corpo di Attilio non fece mai più ritorno a casa, all’epoca si fecero alcune ipotesi sulla sua morte, la più probabile rimane quella che in una successiva traduzione carceraria da La Spezia a Genova via mare, la nave che trasportava Attilio fu attaccata da aerei anglo americani, nel corso del bombardamento si presume che l’imbarcazione affondò e gli uomini a bordo uccisi…
Nel 1952 il magnifico ponte gli fu giustamente intitolato.
Bibliografia
“Mediavalle e Garfagnana tra antifascismo, guerra e resistenza” di Feliciano Bechelli edito Pezzini editore 2016
Pietre della memoria, il segno della storia
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Markarian’s Chain of Galaxies: This stunning image made by Massimo Tosco from Italy shows a chain of over a dozen of galaxies that collectively hold several trillion stars. It is called Markarian’s Chain after the Armenian astrophysicist who discovered the galaxies move together through space, this collection is some 50 million light years away in the massive Virgo Cluster, the closest cluster of galaxies to our own Milky Way Galaxy. Markarian’s Chain of Galaxies appears to form an arc and at least seven of the members of the chain share a common motion. Besides the Chain, this image captures hundreds of galaxies, the majority of which are Virgo Cluster members. The three galaxies that stand out most are three huge lenticular galaxies catalogued by Messier. M84 is the large galaxy at the bottom centre, M86 is tight above it and M87 is towards the upper left corner of the image. Each of these huge galaxies alone is already estimated to have 400 billion stars or more. The two seemingly interacting galaxies near the centre of the image are NGC 4438 and 4435. NGC 4438, the larger galaxy, is thought to have once been a spiral galaxy that was strongly deformed by collisions in the relatively recent past. It has a highly distorted disk and long tidal tails. A lane of obscuring dust is visible just below its weak nucleus and young stars are visible to the left of its center. NGC 4435 is a compact barred lenticular galaxy with a bright core of more than 50% of its diameter, and has a relatively young stellar population on its central regions (age of 190 million years). It seems to be almost devoid of gas and dust, but does have a very faint extension in the opposite direction of NGC 4438. It appears completely free of any tidal disturbances. . . Image credit & copyright: Massimo Tosco http://ift.tt/2lgTJ3f
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