#marchio registrato
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La registrazione del marchio vale l'investimento? Ecco quanto costa davvero
La registrazione marchio è fondamentale per proteggere le idee, i loghi ed altri elementi che rendono popolare la vostra azienda. Tuttavia, non vale la pena intraprendere questa azione? Anche se ci sono degli svantaggi nell'utilizzarlo e dei potenziali vantaggi per la società, i benefici per il fornitore potrebbero essere scoperti.
Vantaggi della registrazione del marchio
Diritti esclusivi
La registrazione del marchio conferisce al registrante diritti assoluti sull'uso del marchio in relazione ai prodotti o ai servizi. Ciò impedisce anche che il vostro marchio sia generico e che in futuro un altro marchio possa creare qualcosa di simile al Vostro.
Tutela legale
Un marchio registrato vi consente di accedere ad azioni legali contro coloro che violano il marchio. Fornisce il supporto legale necessario per scoraggiare le suddette pratiche e mantiene la purezza e la reputazione del vostro marchio.
Riconoscimento del marchio
La registrazione del marchio ne protegge l'immagine ed aumenta la fiducia dei consumatori. I consumatori con il passaparola collegano un marchio registrato alla qualità e all'autenticità, rendendoli più fidelizzati.
Valore patrimoniale
Il marchio è un importante oggetto giuridico che appartiene alla categoria dei beni immateriali d'impresa. Può essere concesso in licenza, in franchising o venduto per generare ulteriori entrate per la vostra azienda.
Quanto costa ottenere un marchio?
1.Tasse di deposito
I costi di registrazione del marchio dipendono comunemente dalle autorità governative normalmente coinvolte nel processo. I costi spesso includono.
● Tassa di deposito: Le tasse governative del marchio possono variare a seconda del Paese in cui viene presentata la domanda, nonché a seconda che la domanda venga presentata online oppure cartacea.
● Tasse di classe: Se il vostro marchio comprende prodotti ricompresi in più settori o ambiti, ci saranno dei costi aggiuntivi per ogni classe rivendicata.
2. Spese legali o professionali
Potete registrare un marchio da soli, ma è consigliabile rivolgersi a dei servizi professionali per evitare errori e/o obiezioni. Le spese professionali possono comprendere:
● Spese di ricerca: Un esame preliminare ed approfondito di tutti i marchi esistenti garantirà che non vengano registrati dei marchi simili a quelli dei terzi soggetti.
● Assistenza per il deposito: Assistenza nella stesura e nel deposito conforme della domanda.
3. Costi di rinnovo
La registrazione di un marchio non è un affare che si svolge in un solo momento, ma un processo continuo. Si noti che i marchi necessitano di un rinnovo costante e, nella maggior parte dei casi, di un rinnovo ogni 10 anni, che comporterà una certa somma di denaro.
La registrazione di un marchio è un buon investimento?
La registrazione di un marchio offre dei vantaggi che un'azienda dovrebbe prendere in considerazione quando decide di tutelarlo.
● Risparmio a lungo termine
I marchi non registrati sono sempre soggetti all'uso da parte di altri e costano al proprietario del marchio migliaia di dollari per contestarne il valore in tribunale. I marchi registrati riducono la probabilità di tali eventi e sono un investimento a lungo termine.
● Credibilità sul mercatoI
marchi registrati dimostrano che il proprietario di un marchio fa sul serio con i suoi prodotti ed intende evitare che il mercato sia invaso da falsi. Oltre a portare clienti, dissuade altri concorrenti dal cercare di riprodurre o abusare dell'immagine del marchio.
● Espansione dell'attività
La registrazione del marchio dovrebbe quindi essere richiesta da qualsiasi azienda che desideri espandere le proprie attività o penetrare altri territori in futuro. Può aiutare a garantire che l'identità del marchio rimanga intatta, anche su terreni sconosciuti.
In conclusione
questa informazione su quanto costa registrare un marchio può essere estremamente utile per identificare le azioni da intraprendere in termini di protezione o di ulteriore estensione dei diritti di proprietà intellettuale e per poter mantenere le posizioni di mercato delle aziende. Vale certamente la pena investire nella registrazione del marchio se la protezione del vostro segno distintivo vi interessi realmente.
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THE WORKING CLASS GOES TO HEAVEN
Questa sera "smanettando" tra gli account del nuovo social "BlueSky" sul quale sono appena approdato abbandonando il funereo X e il suo megalomane e pericoloso proprietario, mi sono imbattutto in un account dal nome famigliare: "Novara Media". Incuriosito dal fatto di non averne mai sentito parlare (ed è strano nella mia città, Novara appunto, in cui si sente parlare sempre delle stesse cose). Dopo le verifiche del caso ed ho scoperto che si tratta di una organizzazione mediatica indipendente con sede nel Regno Unito Per meglio dire è un sito di informazione, un tempo si sarebbe detto un sito di informazione "alternativa". L'organizzazione è stata fondata nel 2011 da James Butler e Aaron Bastani con lo scopo di combattere l'aumento delle tasse universitarie in UK, ha anche sostenuto fattivamente l'allora leader laburista Jeremy Corbyn. Dal sito si accede anche ad una stazione radio chiamata "Novara FM". Dal 2019 il marchio "Novara Media", è stato registrato come organizzazione no-profit. Due sono le sedi, a Londra e a Leeds. Ma, venendo alla questione per noi più rilevante: perché si chiama "Novara Media"? Semplice, perché i fondatori hanno voluto omaggiare la città dove Elio Petri ha girato nel 1971, "La classe operaia va in paradiso".
Se voleste dogliervi una curiosità (o lasciare un piccolo finanziamento come ho fatto io, l'URL è il seguente:
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Storia Di Musica #280 - Joni Mitchell, Mingus, 1979
Quando nel 1972 George Wein, celebre organizzatore del Festival di Newport, presentò Charles Mingus all’ora governatore della George, Jimmy Carter, futuro presidente degli Stati Uniti d’America, stava già su una sedia a rotelle, in una fase terribile della malattia di Gehring. Ma fu presentato come “il più grande jazzista vivente”. Qualche anno prima, non invitato dallo stesso Wein al Festival di Newport, organizzò un controfestival, con esibizioni notevolissime, girando in macchina con un megafono proprio nella stessa Newport, attirando non poche persone. Mingus negli anni ‘70 era appena tornato sulle scene, dopo il tracollo mentale dello sfratto e le cure psichiatriche. Eppure proprio in questi anni ci fu una riscoperta totale dei suoi dischi, anche perchè come sempre lui ci mise lo zampino: si mise in testa di poter far soldi con la Candid Records, una piccola casa discografica fondata nel 1960 dal critico e produttore Nat Hentoft e da Archie Bleyer, proprietario della casa discografica Cadence. Mingus auto assunse il ruolo di “direttore” e in 6 mesi registrò dischi favolosi, garantendo agli artisti totale libertà concettuale e artistica, ma non pagò musicisti, tecnici, firmò contratti stranissimi, tanto che durò tutto dall’agosto del ‘60 all’aprile del ‘61. Ma dagli anni ‘70 il catalogo completo fu ridistribuito con il marchio Barnaby della CBS, riaccendendo l’interesse su questo geniale quanto stranissimo musicista. Di questo periodo anche le sue ultime grandi composizioni, con il vulcanico quintetto di George Adams e Don Pullen, con cui registrò Changes One e Changes Two, tutti e due del 1975, con uno dei suoi ultimi grandi pezzi, Duke Ellington’s Sound Of Love. La sua quarta moglie, Sue, è il suo angelo custode, e proprio Sue gli porta un album di una cantante canadese, Don Juan's Reckless Daughter, che in quegli stessi anni, siamo nel 1977, stava sperimentando il canto jazz: Joni Mitchell. Affascinato dalla sua voce, Mingus la contatta e iniziano a parlare di una collaborazione. La prima idea è grandiosa, in pieno stile Mingus, musicare cioè i Quattro Quartetti di T. S. Eliot: Burnt Norton, East Coker, The Dry Salvages, e Little Gidding sono 4 racconti che il grande scrittore americano aveva pensato come sezioni simili ai tempi di un quartetto d’archi, da cui il nome, scritti prima e dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dal simbolismo ermetico e potentissimo. Joni Mitchell in un primo tempo rifiuta, poi Mingus lascia perdere Eliot e le regala sei composizioni autografe, chiamate Joni I-VI, a cui Mitchell dovrà aggiungere i testi. Siamo nella secondo metà del 1978, e Mingus per via della sua malattia si trasferisce con Sue a Cuernavaca, in Messico. Mitchell prova le canzoni con un gruppo di musicisti, ma non è convinta, così richiama il leggendario bassista e suo collaboratore nei dischi precedenti, Jaco Pastorius, a cui affianca un gruppo fenomenale: Wayne Shorter al sassofono soprano, Peter Erskine alla batteria, Don Alias alle congas, Emil Richards alle percussioni e il grande Herbie Hancock al piano elettrico. Prodotto dalla stessa Mitchell e registrato presso gli Electric Ladyland Studios di New York, Mingus esce nel giugno 1979. Mitchell aggiunge di suo God Must Be A Boogie Man è per voce, chitarra acustica e basso fretless di Pastorius e The Wolf That Lives In Lindsey, più particolare: lungo brano di voce e chitarra più, qua e là, congas (e ululati) e il jazz rock di God Must Be A Boogie Man. Nei brani scelti tra quelli scritti da Mingus, c’è altra magia: A Chair In The Sky è in quartetto con Hancock, Shorter, Pastorius ed Erskine, è uno degli ultimi gioiellini di Mingus, tra armonie complesse e delicate melodie, con Shorter sugli scudi e il lavoro eccellente di Pastorius in tessitura strutturale. Sweet Sucker Dance è quasi swing; The Dry Cleaner From Des Moines è un saltellante blues con tanto di sezione fiati (arrangiata da Pastorius). Il brano decisamente più emozionante è quello che chiude il disco, la magnifica ballata del 1959 che Mingus dedicò a Lester Young, Goodbye Pork Pie Hat: sempre in quartetto, Joni Mitchell fornisce una stupenda esposizione melodica cantando anche la prima, lunga, parte del bellissimo assolo di sax tenore presente nell’originale del 1959. La Mitchell qui come cantante si è superata, e ci ha donato una preziosa versione di questo immortale brano di Mingus. Tra i brani, si intervallano delle parti di dialoghi buffi e scanzonati, segnati sul libretto come Rap, tra Mingus, amici e vari musicisti. Il disco fu un fiasco commerciale, e anche la critica non seppe capirlo all’epoca. Tuttavia per tutti i musicisti, fu uno dei lavori più cari per vari motivi, non ultimo quello che successe di lì a poco. Appena quasi tutti i brani erano pronti, tranne God Must Be a Boogie Man, furono mandati a Mingus a Cuernavaca, a fine 1978. Mingus fece appena in tempo ad ascoltarli, perchè il 5 gennaio del 1979 muore stroncato da un infarto. Il disco uscirà nel giugno 1979. E nelle note di copertina di Mingus, Joni Mitchell racconta questa storia, che si pensava fosse una leggenda di sua invenzione, ma che alla fine si rivelò vera: nello stesso giorno della sua morte, in una Baia non lontana da Cuernavaca, una mareggiata spiaggiò diversi capodogli. Erano 56, 56 come gli anni di Charles Mingus. Il giorno dopo, come da sua volontà, il suo corpo venne cremato e le sue ceneri verranno poi depositate nel Gange. Nello stesso giorno della cremazione, anche le carcasse dei capodogli vennero bruciate in colossali pire sulla spiaggia. Leggenda vuole che le fiamme facessero nel cielo delle piccole M: l’ultima leggenda di Charles Mingus, genio della musica.
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Il sandalo Arizona di Birkenstock è stato il prodotto più usato ai piedi delle europee quest'estate 2024, soprattutto a Parigi.
Arizona è diventata uno dei sandali più ricercati e amati degli ultimi anni.
La fedeltà è una cosa seria nel mondo delle scarpe. Carrie Bradshaw ha giurato fedeltà a Manolo Blahnik, Christian Dior si è alleato con il genio creativo di Roger Vivier,
Coco Chanel si è rivoluzionato con i suoi sandali bicolore e migliaia di donne sono state conquistate dalle suole rosse di Christian Louboutin.
Ora che il comfort è tornato di moda (nessuna previsione di andarsene), il modello Arizona è entrato nella hall dei must-have: i sandali Arizona, adottati da fashionisti e adorati sui social media.
Birkenstock è il brand del momento dal 2020, come The Lyst Index, una classifica che elenca i brand e i prodotti più desiderati dai consumatori. Basandosi sul comportamento di oltre 9 milioni di persone, hanno rilevato che la ricerca dei tradizionali sandali Birkenstock, in particolare il modello Arizona, è cresciuta del 225%.
Con suola realizzata con la miscela di sughero e lattice, e rivestita in camoscio e strisce di pelle con fibbie di metallo, il grande differenziale del sandalo è la soletta a forma anatomica, che dà supporto ai piedi.
Non sempre il sandalo è stato un successo, e per molto tempo è stato tagliato di brutto, sgradevole e scomodo.
In quasi 250 anni di storia, Birkenstock è riuscita ad affermarsi, crescere, diffondersi in tutto il mondo, diventando oggetto del desiderio.
La sua storia iniziò nel 1774 nella città di Langen-Bergheim, vicino a Francoforte, Germania, quando Johann Adam Birkenstock fu registrato come calzolaio.
Gli affari di famiglia andavano bene, passando di padre in figlio, finché il nipote di Johann, Konrad Birkenstock, iniziò a produrre e vendere solette ortopediche a Francoforte nel 1896.
All'epoca le suole delle scarpe erano tutte dritte e non consideravano le curve naturali dei piedi. Konrad ha poi creato il “porta arco contornato”, che oggi viene usato in diverse scarpe.
Sapeva di avere qualcosa con molto potenziale tra le mani, così ha viaggiato nelle campagne di Germania, Austria e Svizzera diffondendo la sua invenzione e vendendo la tecnica ad altri calzolai.
All'inizio del XX secolo Konrad si accorse che la domanda di scarpe su misura stava diminuendo.
Un cambio di rotta era necessario.
Con un ottimo fiuto per gli affari, Birkenstock ha iniziato a produrre solette flessibili con questo supporto per l'arco contornato.
Realizzate con una caratteristica sfumatura di blu, le solette divennero il più grande successo, poiché davano più supporto ai piedi e di conseguenza più comfort.
Con la Prima Guerra Mondiale nel 1914, Birkenstock iniziò a progettare e produrre scarpe per soldati feriti ricoverati in un ospedale di Francoforte. I medici ortopedici hanno conosciuto i prodotti, hanno apprezzato e incoraggiato Carl Birkenstock, nipote di Konrad, ad espandere la propria attività.
La Germania soffriva per le conseguenze della guerra, ma la famiglia Birkenstock andava benissimo. Hanno aperto la prima filiale a Vienna, Austria, poi sono andati in Norvegia, Italia, Svizzera, Francia, Belgio, Olanda... praticamente tutta l'Europa aveva rappresentanti del marchio.
Nuove fabbriche sono state inaugurate e lavoravano a pieno ritmo.
Negli anni '60 le Birkenstock attraversarono l'Oceano Atlantico e finirono negli Stati Uniti per mano di Margot Fraser, una stilista tedesca che viveva in California.
In vacanza in Germania ha incontrato i sandali Birkenstock e le sono piaciuti! Ne ha comprate un paio e le ha portate alle sue amiche, che sono piaciute anche loro. Lei e suo marito hanno poi contattato la famiglia Birkenstock e sono diventati i rappresentanti del brand negli Stati Uniti.
È stato difficile convincere i negozi di scarpe americani che le Birkenstock potevano essere una buona idea. Secondo i venditori, nessuna donna vorrebbe comprare quegli orribili sandali. Per questo Margot e suo marito hanno dovuto incontrare il loro pubblico: hanno trovato fiere incentrate sulla sana alimentazione, vendendole a persone che apprezzano uno stile di vita più alternativo.
La fama dei sandali è stata costruita con bocca a bocca in America. I venditori dei negozi di prodotti naturali provavano il sandalo, lo trovavano comodo, lo consigliavano ai clienti e così è stato.
Negli anni Settanta Birkenstock era già un successo tra gli hippie.
Il modello Arizona, che oggi è il campione di vendite, è stato sviluppato all'epoca e disegnato da Margot Fraser.
Andava tutto alla grande fino all'arrivo degli anni '80, e l'estetica hippie è passata di moda.
I sandali super confortevoli erano la faccia di quello stile, e poi sono tornati considerati brutti.
È stato un periodo difficile in cui il brand ha cercato di reinventarsi e modernizzarsi, colorando le strisce di pelle e lanciando nuovi modelli.
Ma solo negli anni novanta Birkenstock è finalmente caduta nelle grazie dei fashionisti.
Kate Moss, a 16 anni, indossava sandali del tipo nell'iconico editoriale di The Face Magazine che l'ha lanciata nel mondo nel 1990 e da allora stilisti e marchi come Marc Jacobs, Narciso Rodriguez, Paco Rabanne, Jean Paul Gaultier, Alexander Wang e Phoebe Philo su Céline (all'epoca ancora con accento) o hanno adottato i sandali iconici o disegnato scarpe simili per le loro collezioni.
Più recentemente, il marchio secolare tedesco ha unito le forze con grandi nomi come Valentino, Proenza Schouler e Rick Owens per lanciare collaborazioni.
Il sandalo è finito fino all'Oscar 2019 ai piedi di Frances McDormand, salito sul palco per consegnare il premio come miglior attrice a bordo di una coppia di Arizonas verde limone — quelle della collab con Valentino.
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Bandai Namco ha registrato il marchio Tales of the Abyss
Bandai Namco ha registrato il marchio Tales of the Abyss L’editore giapponese Bandai Namco ha registrato il marchio Tales of the Abyss, facendo ipotizzare l’arrivo di un’edizione rimasterizzata. Powered by WPeMatico L’editore giapponese Bandai Namco ha registrato il marchio Tales of the Abyss, facendo ipotizzare l’arrivo di un’edizione rimasterizzata. {authorlink}…
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CIAO A TUTTI CI PRESENTIAMO ANCHE QUI
noi siamo fedarmoss 2 ragazzi che hanno deciso di creare un piccolo brand! Dallo scantinato di casa a creare una piccola azienda! Fedarmoss.com è un marchio di abbigliamento streetwear nato nel 2019 e registrato dal 2022 ed è divenuto noto per il suo stile unico e distintivo. Il suo logo richiama una F e una M appositamente per richiamare i nomi dei due fondatori. Ogni capo è realizzato al 100% in cotone e progettato per essere un pezzo unico da indossare. La nostra filosofia è "No Label" di non avere etichette, sia nella vita che nell’abbigliamento, promuovendo l’espressione personale attraverso la moda creando sempre tematiche attuali che ogni giorno affrontiamo. Il Motto dell'azienda è, proprio per questa filosofia, "Nella vita, come nel vestiario, non abbiamo etichette" (In Life, as in Clothes, We Have No Labels)
questo sarà il nostro piccolo spazio dove anche voi potrete darci spunti e idee
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Xera Pro, il collasso della “mega Ponzi” e la nascita di Homnifi
Xera Pro è stato lanciato a Dubai nel gennaio 2024, rappresentando una fusione di tre Ponzi precedenti: Safir International (conosciuto anche come Neo ZenTech), Success Factory e The Blockchain Era (conosciuto come WeWe Global, LyoPay, LyoTrade e LyoWallet). Le persone dietro questi schemi falliti hanno assunto ruoli chiave nel team di formazione di Xera Pro. Tra i nomi di spicco troviamo:
Henk Diepbrink: Direttore Generale di Xera e ex Direttore Generale di Safir.
Werner Kaiser: Vicepresidente Globale di Xera, membro del “Circle of Trust” di Safir e promotore Ponzi di Lyoness.
Diego Endrizzi: Capo delle vendite globali di Xera e promotore di WeWe Global e The Blockchain Era.
Gorka Buces: Chief Visionary Officer di Xera e ex CVO dei Ponzi Xifra e Decentra.
Nils Grossberg: Responsabile delle partnership globali di Xera, fondatore del Ponzi DagCoin e Success Factory.
A seguito di un avviso di frode in Australia, emesso il 23 aprile 2024, Xera Pro ha iniziato a mostrare problemi di prelievo a partire dal 15 luglio 2024. Lo stesso giorno, l’azienda ha annunciato un “aggiornamento del servizio”. Successivamente, il 3 agosto 2024, Xera Pro ha dichiarato una ripartenza sotto il nuovo nome Homnifi.
Nel caso in cui si cadesse vittima di una truffa di questo tipo e si effettuassero investimenti per una prima analisi allo scopo di capire se è possibile recuperare i soldi persi, nel caso in cui si cade nella trappola e si dovessero acquistare criptovalut
Il rebranding in Homnifi
Homnifi è stato registrato il 10 giugno 2024 sul dominio homnifi.com e si presenta come una società offshore con sede nelle Isole Vergini Britanniche. Tuttavia, tutte le operazioni vengono gestite da Dubai, continuando il modello Ponzi di Xera Pro. Le personalità di spicco dietro il nuovo marchio includono:
Gorka Buces: Ora promosso a co-fondatore di Xera Pro.
Jose Gordo: Promotore del Ponzi OneCoin, coinvolto in WeWe Global e The Blockchain Era.
Wener Kaiser: Retrocesso da Vicepresidente Globale a Specialista delle Relazioni con i Clienti.
Charbel Zalaquett e Goran Hemstrom: Importazioni da The Blockchain Era e WeWe Global.
I prodotti di Homnifi
Homnifi offre ritorni passivi attraverso il mining LayerK e il trading bot Quantwise. Le opzioni di investimento variano a seconda del pacchetto acquistato:
Homnifi MiniMax: Investimento fino a $1000 in LayerK e $500 in Quantwise.
Homnifi AirStream: Investimento fino a $5000 in LayerK e Quantwise.
Homnifi Breeze: Investimento fino a $15,000.
Homnifi Cyclone: Investimento fino a $45,000.
Homnifi Dynamo: Investimento fino a $100,000.
Homnifi Elevate: Investimento fino a $250,000 in LayerK e illimitato in Quantwise.
Homnifi Flash: Investimento illimitato in LayerK e Quantwise.
Viene anche menzionato un sistema di “supernodi”, che promette ritorni dal 2% al 10%.
Il piano di compensazione di Homnifi si basa sulle vendite di accesso ai servizi di mining LayerK e al bot Quantwise. Le commissioni vengono pagate su più livelli, seguendo un modello binario. Ecco i dettagli principali:
Referral Commissions: Commissione del 10% su ciascun affiliato reclutato.
Residual Commissions: Pagamenti settimanali calcolati sulla base del volume di nuove commissioni nella squadra binaria. Il limite di guadagno varia da $1000 a $125,000 settimanali, a seconda del livello di affiliazione.
Homnifi offre anche un Matching Bonus basato su un sistema di livelli, pagando una percentuale delle commissioni residuali guadagnate dagli affiliati reclutati, oltre a un Global Bonus Pool, che distribuisce il 3% delle entrate totali tra i membri di livello più alto. Infine, gli affiliati possono guadagnare bonus di riconoscimento in base al loro avanzamento di livello. I premi vanno da gift card fino a case del valore di $360,000 per i membri al massimo livello, Royal Crown Diamond.
Le origini di LayerK e WalleK
Un altro personaggio coinvolto in Homnifi è Erwin Dokter, collegato a LayerK e WalleK, che costituiscono la parte crittografica del modello Ponzi. Dokter è anche coinvolto nel Ponzi Safir International e Zeniq Coin. L’inclusione di LayerK è cruciale nel nuovo schema, poiché il token LYK, creato da LayerK, rappresenta la valuta digitale emessa senza alcun valore intrinseco. Questo modello Ponzi vede gli investitori “bagholding” il token LYK, che inevitabilmente perderà valore con il crollo dello schema. Secondo i dati di SimilarWeb, Xera Pro ha visto una notevole diminuzione del traffico web, con circa 44,000 visite mensili a luglio 2024, in calo del 16% rispetto al mese precedente. I paesi con il maggior traffico erano Germania (61%), Australia (10%) e Italia (8%). Homnifi, al suo lancio, ha registrato un numero molto inferiore di visite, con solo 457 visite mensili. Questo suggerisce una riduzione significativa dell’interesse per il progetto, riflettendo una potenziale diminuzione di nuovi investitori.
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La nautica a doppia velocità
La nautica in Italia corre sempre più forte, anche alla voce “Luxury”. Oltre il settore della cantieristica, che oggi vale quasi 28 miliardi di euro, è nel turismo che il Baelpaese gioca le sue carte migliori. A testimoniarlo Spartivento, leader di settore, che negli ultimi cinque anni ha registrato, soltanto con il marchio SAILUXE, il primo in Italia destinato a una clientela “high-spending”, un…
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Era lo scorso 18 giugno quando Akio Toyoda è stato rieletto al ruolo di presidente di Toyota
Lo storico presidente della Toyota rischia la carica. A pesare, al di là del noto scetticismo di Toyoda verso le auto elettriche, è stato in particolare lo scandalo dei motori truccati di Dahiatsu, una macchia indelebile sul glorioso brand giapponese di Toyota. E ora sono molti coloro che si interrogano su cosa accadrà durante le prossime votazioni, a cominciare proprio dallo stesso Toyoda, che parlando durante un'intervista rilasciata questo lunedì, ha spiegato che il sostegno degli azionisti continuerà a calare anche quest'anno. Nel 2023 l'assemblea ha votato per il 72 per cento in favore dell'ex CEO del marchio, contro l'85 per cento del 2023, segnando così il punto più basso mai registrato da un direttore nella storia di Toyota, così come affermato anche dallo stesso nipote 68enne dello storico fondatore di Toyota. "Se continua di questo passo, l'anno prossimo non potrò più fare il presidente", ha detto Toyoda senza girare troppo attorno all'argomento. Sta venendo meno in particolare il sostegno degli investitori stranieri, che durante le ultime votazioni è stato del 34 per cento, poco più di uno su tre. Un risultato prevedibile tenendo conto che prima delle elezioni i consulenti per la delega Institutional Shareholder Services (ISS) e Glass Lewis avevanoinvitato i colleghi a votare contro Akio Toyoda proprio alla luce dello scandalo dei motori truccati di Dahiatsu. Anche il sostegno degli investitori nazionali viene dato in forte calo, pari al 55 per cento contro il 70 dell'annata precedente, di conseguenza poco meno della metà ha chiesto le dimissioni dello storico manager. Fortunatamente per Toyoda la pensano diversamente gli investitori al dettaglio, che hanno votato pressochè all'unanimità, al 99%, in favore di Toyoda, forse convinti che la strategia dell'ibrido sia attualmente quella giusta in questo momento storico di transizione. Read the full article
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Le Penne a Sfera : gadget promozionali di Classe
La penna a sfera, comunemente conosciuta come biro dal nome del suo inventore László Bíró, rappresenta uno degli strumenti di scrittura più diffusi e versatili al mondo. Questo articolo esplorerà la storia, l’evoluzione e l’uso delle penne a sfera, enfatizzando come esse siano diventate un elemento essenziale nei gadget promozionali.
Storia della Penna a Sfera
Il concetto di utilizzare una sfera per applicare l’inchiostro su carta risale al XIX secolo. Il primo brevetto per una penna a sfera fu registrato il 30 ottobre 1888 da John J. Loud, un conciatore di pelli. La sua invenzione era costituita da un tubo contenente inchiostro con una piccola sfera di acciaio montata sulla punta. Sebbene potesse scrivere su superfici ruvide come il cuoio, la penna di Loud era troppo grossa per scrivere su carta, portando alla sua obsolescenza commerciale.
La vera rivoluzione avvenne nel XX secolo grazie a László Bíró. Frustrato dai problemi delle penne stilografiche, Bíró, con l’aiuto del fratello György, sviluppò un inchiostro viscoso e un meccanismo a sfera che consentiva un flusso controllato dell’inchiostro. Nel 1938, Bíró depositò il brevetto della sua penna a sfera in Gran Bretagna. Dopo essere fuggiti dall’Europa, i fratelli Bíró si trasferirono in Argentina, dove continuarono a sviluppare la loro invenzione, venduta come Birome.
Evoluzione e Adattamenti della Penna a Sfera
Con il tempo, la penna a sfera ha subito molte evoluzioni. Le prime penne a sfera presentavano problemi come l’irregolarità nel rilascio dell’inchiostro e le perdite. Tuttavia, grazie agli avanzamenti nella chimica e nella meccanica di precisione, questi problemi furono risolti. Ad esempio, l’inchiostro di una penna a sfera è stato ottimizzato per avere la giusta viscosità, e i meccanismi di rilascio dell’inchiostro sono stati perfezionati per garantire una scrittura fluida e senza interruzioni.
Oggi, le penne a sfera sono disponibili in una varietà di dimensioni della sfera, da 0,38 mm a 1,6 mm, per adattarsi a diverse esigenze di scrittura. Alcuni modelli avanzati, come la Fisher Space Pen, sono dotati di cartucce pressurizzate che permettono di scrivere in condizioni estreme, come in assenza di gravità o sott’acqua.
Le Penne a Sfera nei Gadget Promozionali
Le penne a sfera sono tra i gadget promozionali più popolari per diverse ragioni. Prima di tutto, sono estremamente utili e versatili. Una penna a sfera è uno strumento di scrittura indispensabile che viene utilizzato quotidianamente da milioni di persone in tutto il mondo. Questo le rende un gadget promozionale ideale, garantendo che il marchio del donatore sia visto frequentemente.
Inoltre, le penne a sfera possono essere facilmente personalizzate con loghi, slogan e colori aziendali, rendendole un mezzo efficace per la promozione del marchio. Il costo relativamente basso di produzione e personalizzazione delle penne a sfera le rende accessibili anche per le piccole imprese che desiderano utilizzare gadget promozionali per aumentare la loro visibilità.
Benefici dei Gadget Promozionali: Penne a Sfera
L’inclusione di penne a sfera nei gadget promozionali offre numerosi vantaggi:
Visibilità del Marchio: Ogni volta che una persona utilizza una penna a sfera con il logo di un’azienda, essa funge da promemoria costante del marchio.
Costi Contenuti: Le penne a sfera sono economiche da produrre in massa e personalizzare, rendendole un’opzione economica per campagne promozionali su larga scala.
Utilità Quotidiana: Le penne a sfera sono strumenti essenziali che trovano impiego quotidiano, assicurando che il gadget promozionale sia utile e apprezzato.
Durata: Una buona penna a sfera può durare a lungo, fornendo un’esposizione prolungata al marchio.
Conclusione
Le penne a sfera rappresentano un esempio eccellente di come un oggetto quotidiano possa diventare uno strumento potente nei gadget promozionali. La loro storia affascinante, dalle prime invenzioni di John J. Loud e László Bíró, fino alle moderne penne pressurizzate, testimonia l’innovazione continua in questo campo.
Come gadget promozionali, le penne a sfera offrono un’ottima combinazione di utilità, visibilità del marchio e convenienza. Aziende di ogni dimensione possono sfruttare le penne a sfera personalizzate per promuovere il loro marchio, raggiungendo un vasto pubblico in modo efficace ed economico. In un mondo sempre più digitale, le penne a sfera continuano a essere strumenti indispensabili, confermando il loro valore duraturo come gadget promozionali.
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Perché la registrazione del prodotto e la protezione del nome dovrebbero essere il vostro primo passo?
La difesa delle vostre innovazioni non è solo pertinente, ma fondamentale quando si tratta della vostra direzione strategica. Che si tratti dell'introduzione di un nuovo prodotto o del lancio del volto di un marchio o di un'azienda, è fondamentale disporre di una protezione legale. Il primo passo per stabilire una protezione legale e formare una strategia a lungo termine per il vostro nome ed il vostro prodotto è la registrazione. Ecco perché queste azioni dovrebbero essere tra le prime della vostra lista.
Che cos'è la registrazione del prodotto?
La registrazione prodotto è una procedura legale che fa conseguire il diritto di proprietà sull'identificazione, la novità o il design del prodotto in base alle leggi sulla proprietà intellettuale. Per gli imprenditori si tratta di molto più di una protezione: è un'opportunità per costruire il futuro dell'azienda.
Perché la registrazione del prodotto è vantaggiosa?
Offre protezione legale: Dopo che il vostro prodotto è stato registrato, nessuno può replicarlo o usarlo in modo improprio, il che è strategico nei settori in cui l'orientamento è basato sull'innovazione.
Ottenete diritti esclusivi: In qualità di proprietari, avete il controllo esclusivo sull'uso e sulla distribuzione del prodotto, nonché sui diritti di licenza del prodotto stesso.
Aumenta il valore: Poiché un marchio è registrato, il prodotto ha un valore più elevato e le persone saranno prontamente disposte a collaborare con il proprietario o a investire in esso.
Dà un vantaggio sul mercato: Un prodotto registrato offre un vantaggio competitivo sul mercato, facendo sì che clienti e collaboratori sviluppino fiducia in esso.
Perché proteggere il nome è fondamentale
In questa sede possiamo evidenziare solo un consiglio importante: dovete sempre registrare un nome per la vostra attività o prodotto. In questo modo il nome assegnato sarà unico per la vostra attività o per l’organizzazione e non assomiglierà in futuro al nome di un altro marchio o azienda.
Perché la registrazione del nome è importante
Previene i conflitti: La registrazione del nome significa anche che nessun'altra persona o organizzazione può usarlo o usare un nome simile, eliminando così la possibilità di arrivare in tribunale.
Costruisce l'identità del vostro marchio: Avere un nome registrato facilita la creazione dell'identità del vostro marchio, rendendo più facile l'ingresso sul mercato.
Facilita il riconoscimento globale: La registrazione del nome aiuta a prepararsi all'internazionalizzazione e a vedere il vostro marchio affermato e protetto in altri Paesi.
Misure per garantire la registrazione del prodotto e la protezione del nome
La corretta procedura legale da seguire rende il processo di registrazione a prova di bomba. Ecco una guida semplificata:
Ricerca e verifica:
● È consigliabile fare delle ricerche per avere la certezza dell'unicità del prodotto o del nome.
Attraverso i database della proprietà intellettuale è possibile cercare le registrazioni già effettuate.
Depositare le domande:
● Depositare le domande presso i giusti uffici per la proprietà intellettuale nella vostra parte del mondo.
La domanda deve essere completa e corretta per evitare di perdere ulteriore tempo.
Monitoraggio e manutenzione:
● Registrare l'azienda e assicurarsi di aggiornarla per soddisfare i requisiti di registrazione previsti dalla legge.
In questo modo è possibile monitorare le potenziali violazioni ed intervenire immediatamente.
La linea di fondo
La registrazione del prodotto e la protezione del nome sono i primi passi da compiere per intraprendere un'attività commerciale. Questi passi proteggono le idee, rafforzano l'immagine dell'azienda e sviluppano canali di promozione e visibilità. Queste azioni, se considerate prioritarie, consentiranno alle aziende di affrontare la concorrenza con facilità e sicurezza.
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🥧Torta Barozzi
La torta Barozzi è la storica torta di Vignola nel modenese, ricca di cioccolato fondente e preparata utilizzando anche i fondi del caffè. La ricetta è segreta e il marchio registrato dal creatore di questa golosa torta, per cui quella che segue è la ricetta della torta tipo Barozzi. La preparazione è molto semplice e, come detto nell’introduzione, prevde l’utilizzo dei fondi del caffè. Per queste dosi ne basteranno 40 grammi, e se non se ne ha a disposizione potrete sostituire con l’equivalente di caffè in polvere.
Articolo completo: Link
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Storia Di Musica #270 - Prince And The Revolution, Purple Rain, 1984
I fiori sulla copertina, che sono la caratteristica comune ai dischi di Aprile, in questo caso cadono a cascata a lato della sua foto, in sella alla motocicletta. Viola. Il disco di oggi, uno dei più celebri della storia del rock, è un mix inarrivato di creatività, megalomania, successo. Arriva nel momento in cui Roger Nelson, in arte Prince, si sente stretto solo per il mondo della musica. Mondo il quale padroneggia come nessuno all’epoca: a 13 anni il primo gruppo (Gran Central poi Champagne) nella sua Minneapolis, a 19 è già capace di scrivere e autoprodursi un intero disco, caratteristica che la Warner Bros. nota subito: For You (1978), Prince (1979), Dirty Mind (1980) sono tutti scritti, suonati, arrangiati da lui, una sorta di One Man Band che mischia funk e rock, Little Richard con Sly & The Family Stones, che ammicca seducente, tanto che i Rolling Stones lo chiamano ad aprire il loro Tour del 1981. Scrive con un ritmo esagerato, un disco all’anno, nel 1982 arriva addirittura un doppio, 1999, capeggia in tutte le classifiche, la rivista Rolling Stone gli dedica una copertina fotografato da Richard Avedon. Al massimo della fama, l’idea del cinema. La trama è semplice: The Kid, interpretato dal nostro, è un giovane cantante che si esibisce in un night club in competizione con altre due band a Minneapolis. Ha un gruppo di spalla, The Revolution. Vive però una situazione familiare deprimente, a causa dei suoi genitori litigiosi e violenti. Incontrata la cantante Apollonia, si sente attratto da lei e ne è ricambiato, ma la donna gli confessa di volersi esibire con un gruppo funk rivale, capeggiato da Morris, il quale ostenta in maniera sprezzante e provocatoria la propria volontà di distruggere Kid nel successo e nell'amore. La carriera di Kid appare a questo punto in declino, ma un ennesimo litigio dei genitori, finito con il ricovero in ospedale del padre a causa di un tentato suicidio, determina una riflessione da parte di Kid e la conseguente decisione di prendere in considerazione un pezzo scritto dalle ragazze della sua band, che porterà alla composizione del brano Purple Rain, restituendogli successo, stima e amore. Purple Rain, prodotto dalla Warner Bros, non sarà ricordato negli annali dei Film più belli, discorso a parte merita la colonna sonora. 9 brani tutti iconici, e tutti potenzialmente singoli di successo, costruiti con una facilità di creare “ganci musicali” che diventerà il marchio di fabbrica del piccolo genio di Minneapolis (piccolo perchè è alto 1,59m). Registrato in parte live nello studio di registrazioni di Prince a Minneapolis, con certosino lavoro di sovraincisioni post produzioni, si parte con il Rock di Let’s Go Crazy, poi Take Me With U, scritta per le Apollonia 6, il gruppo di Apollonia Kotero, sua spalla nel film (il suo contributo al successo di altri artisti con le sue canzoni è notorio e fenomenale). Prince ha la capacità di riscrivere canzoni in pochi minuti, come The Beautiful Ones: scritta per una delle musiciste della sua band Revolution, che era in dubbio se lasciare o meno il fidanzato, viene usata nel film come momento musicale nel momento in cui la protagonista Apollonia è in contrasto tra lo scegliere Kid oppure Morris. Computer Blue è un brano quasi sperimentale, che nei crediti vede comparire John F. Nelson, padre di Prince anch’egli musicista, come regalo alla linea melodica che gli donò durante una chiacchierata con la chitarra in mano. Darling Nikki è il primo brano cult, famoso per i supposti richiami alla masturbazione, che spinsero una avvocata, Mary Elizabeth Tipper Gore, a chiedere all’associazione Parents Music Resource Center di segnalare con apposito adesivo, il Parental Advisory Sticker, testi con allusioni sessuali. Altra canzone torrida e spettacolare è When Doves Cry, famosa anche perchè non ha la linea di basso, che diventerà altro brano culto. Ma l’apoteosi, dopo le belle I Would Die For U, con il suo meraviglioso Mid-Tempo e Baby I’m A Star, già autocelebrativa, c’è la canzone clou, Purple Rain: un misto tra il rock dei Rolling Stones, una ballata malinconica e le invenzioni di Jimi Hendrix, 8 minuti di classe, dimostrazioni di capacità musicali, del suo talento cristallino di chitarrista, apoteosi di un cantante che all’epoca si sentiva una divinità. Il film decuplica in incassi i costi di produzione, il disco vince un Oscar, con Purple Rain migliore canzone Originale nel 1985, due Grammy, diventerà solo negli Stati Uniti 9 volte disco di platino, nel mondo venderà 30 milioni di copie, e il successo porterà in classifica tutti gli album precedenti di Prince (Dirty Mind disco di Platino nel 1984, anno di Purple Rain). Il percorso incessante di un disco all’anno continuerà per dieci anni, fino al 1993, periodo nel quale riprova il colpo di Purple Rain con un film e colonna sonora nel 1986, Under The Cherry Moon (film in bianco e nero, francamente orrendo) e la colonna sonora, Parade, uno dei suoi capolavori, uno dei dischi del decennio che precede il suo capolavoro assoluto, Sign O’ The Times (1987) che è il suo testamento musicale incredibile. Vivrà con tormento l’oblio e la caduta di fama dopo questi anni memorabili, fino alla sua morte, avvenuta per overdose di medicinali, nel 2016: nella sua casa studio di registrazione sono sbucate decine di migliaia di idee, canzoni registrate, linee musicali, a dimostrazione di un talento sconfinato, per quanto fragile e iconoclasta.
Buona Pasqua!
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FLASH NEWS - Marchi e concessioni
☞ FLASH NEWS – Marchi e concessioni ☜ Un marchio validamente registrato conferisce al suo titolare dei diritti esclusivi, quali la facoltà di utilizzo del segno registrato per contraddistinguere i prodotti e servizi e la conseguente facoltà di vietare a terzi l’uso di un segno identico e/o simile al marchio registrato, sia per classi merceologiche identiche, sia per classi merceologiche affini…
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