#mani che si sfiorano
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Senti... facciamo che stasera vieni qui e ci facciamo le coccole.
Ce ne rimaniamo abbracciati a chiacchierare di nulla, a ridere di niente, a stare in silenzio, a respirarci vicino.
Vediamo un film o ascoltiamo musica o beviamo un bicchiere di vino o chissenefrega.
Magari mi racconti di quella volta in cui... o fai una battuta così scema da non riuscire a smettere di ridere.
Intanto però... stiamo vicini.
E ci tocchiamo.
Che detta “così” pare roba spinta e invece è solo braccia che cingono, mani che si sfiorano, una carezza sul collo, un bacio a fior di labbra, una gamba sopra le gambe... “dove metto la testa?”, “Vuoi un cuscino?”, Hey... mi si è addormentato il braccio...”, “Sei comoda? Sicuro che sei comoda?”, “Come stai? Sei stanca, vero?”... La fronte si aggrotta, tu ti agiti e ti accendi di pensieri, gli occhi che un po’ si chiudono... “Dormi?”... Già... dormi.
E io non mi muovo... che se ti sveglio mi scoccia.
E la mano rimane ferma sulle tue gambe.
Immobile.
Mi arriva il calore di un contatto tra vestiti.
Tatuaggio di energie.
Ti farei grattini ovunque.
Ti accarezzerei in ogni angolo.
Di anima e corpo.
Ti bacerei di baci leggeri.
Anche senza fare l’amore. Anche senza, per necessità o forza, lasciare che lo stare vicini diventi desiderio o passione...
Mi piacerebbe, a volte, avere più tempo e spazio per coccolarti.
Magari di ritorno da giornate cariche di stanchezza e pensieri.
Perché siamo adulti con bisogni bambini e non c’è intimità più profonda di un uomo e una donna capaci di essere Amanti passionali e complici di tenerezze:
le infinite forme del piacere e del volersi bene.
Senti... facciamo che stasera vieni qui e ci facciamo le coccole.
Ho una storia da raccontarti che comincia così….. ♠️🔥
Letizia Cherubino,
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Il mio sguardo si posa su di te, sulle delicate curve che disegnano il tuo corpo come un'opera d'arte scolpita dalla mano del destino. Il cuore accelera, battendo al ritmo di un desiderio incontrollabile che si alimenta di ogni tuo sospiro, di ogni luce che brilla nei tuoi occhi profondi. Vorrei avvicinarmi piano, sentire il calore della tua pelle sfiorare la mia, immergere le dita nei tuoi capelli come seta tra le mani, mentre il mondo intorno a noi svanisce in un sussurro. Ogni pensiero è intriso della tua presenza, ogni istante lontano da te è un'eternità che brucia di attesa. Sogno di assaporare la dolcezza che solo tu puoi offrire, di trascorrere notti infinite avvolti l'uno nell'altra, dove le parole non servono perché sono i gesti a raccontare le storie più profonde. C'è una melodia che risuona nell'aria quando siamo vicini, una sinfonia di emozioni che solo i nostri cuori possono comprendere. Desidero esplorare ogni parte di te, scoprire i segreti nascosti dietro ogni sorriso, ogni sguardo fugace. Lasciami perdermi nei tuoi abbracci, sentire il ritmo del tuo respiro fondersi col mio, creare un legame indissolubile che sfida il tempo e lo spazio. Le linee del tuo corpo sono strade che voglio percorrere, sentieri di passione che conducono a un luogo dove solo l'amore regna sovrano. In questa notte stellata, con la luna a farci da complice, il mio animo è in tumulto. Ti desidero con la forza di mille tempeste, con la dolcezza di un alba che annuncia un nuovo inizio. Ogni fibra del mio essere anela al tuo tocco, al tuo profumo, alla magia che si crea quando le nostre anime si sfiorano. Sei il pensiero che accende i miei sogni, la realtà che voglio vivere senza timore. Permettimi di avvicinarmi, di colmare la distanza che ci separa, di lasciare che i nostri cuori si parlino senza bisogno di parole. Insieme potremmo scrivere una storia unica, fatta di momenti indimenticabili e emozioni intense. Voglio custodire ogni istante con te, renderlo eterno nella memoria, viverlo con la passione e l'entusiasmo che solo un amore vero può donare. Lascia che sia il tuo rifugio, la persona con cui condividere ogni gioia e lenire ogni timore. Con te, ogni momento diventa poesia, ogni silenzio un'opportunità per ascoltare ciò che le parole non sanno esprimere. Sei la musa che ispira i miei sentimenti più profondi, la fiamma che accende il mio desiderio, la ragione per cui ogni giorno sorge il sole nel mio cuore.
Empito
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Siamo in piedi uno accanto all’altra, il nostro spazio è piccolo, ma sembra diventare più ristretto ogni volta che ti avvicini, quasi a contatto, ma non abbastanza da farci sentire davvero.
Poi ti sposti e il peso del tuo corpo si appoggia al mio. Ma quel movimento è sufficiente per sentire il peso della tua presenza che mi travolge. È come se il mondo si fermasse, come se il tempo non avesse più senso quando il tuo corpo sfiora il mio. Una leggera pressione, una sensazione che mi percorre come una scossa elettrica. Sento la tua energia, la tua carne così vicina alla mia, e ogni centimetro tra di noi sembra accendersi di una tensione che cresce a ogni respiro.
Le tue labbra toccano il mio orecchio, il gesto è delicato, ma l’effetto è devastante. È come una piccola scintilla che accende un incendio. Il tuo respiro caldo accarezza la mia pelle, e le tue parole mi sfiorano come una brezza leggera, ma ogni singola parola sembra esplodere dentro di me.
La mia pelle si solleva, si tende come se fosse in attesa, ogni fibra del mio corpo si sveglia. Quel sussurro all’orecchio, così vicino, così intimo, lascia una traccia che non posso cancellare. Ogni parola che dici sembra vibrare nei miei sensi, e il mio cuore inizia a battere più forte, come se volesse uscire dal petto.
Il tuo profumo mi invade, una miscela di legno, di dolce miele, una fragranza che mi fa sentire completamente immersa in te. È caldo, sensuale, eppure fresco, come un abbraccio che mi avvolge, come se fosse la tua essenza a permeare l'aria che respiro. Ogni respiro che prendo è intriso di te, ogni mio battito sembra essere segnato dal tuo odore, che rimane impresso, profondo, come un segreto che mi appartiene.
Poi, le tue mani sfiorano le mie, ma quel semplice tocco mi manda in tilt. È come se il mondo si riducesse a quel momento, a quella sensazione di pelle che incontra pelle, di calore che si scambia, di energia che scorre. La mia pelle brucia in risposta al tuo tocco, un fuoco che non posso fermare, che non voglio fermare.
La mia pelle è in fiamme.
Il contatto dei tuoi polpastrelli contro la mia pelle è come una fiamma che mi scorre nelle vene, e il mio corpo risponde istintivamente, si tende, si fa più vulnerabile, più esposto alla tua presenza. Il cuore accelerato, la respirazione che si fa più affannosa. Ogni centimetro di pelle che tocco in te è come un grido silenzioso di desiderio che non posso trattenere.
La voglia cresce, insostenibile, il bisogno di sentire di più, di sentire ogni centimetro di te contro di me, la pelle che si fonde con la mia. Ho bisogno di sentirti completamente, di avvolgerti come il fuoco avvolge tutto ciò che trova sulla sua strada. Voglio che il calore delle tue dita bruci la mia pelle, voglio che il nostro contatto diventi la cosa più naturale del mondo, che diventi un flusso di sensazioni così intense che non ci sarà più nulla al di fuori di noi.
La mia pelle si fa sempre più tesa, come se aspettasse di essere sopraffatta da te, come se fosse pronta a darti tutto, a esplodere in un abbraccio che non cessa mai.
Ho bisogno di sentire il tuo respiro sul mio collo, quello che mi fa tremare senza nemmeno accorgermene.
Ho bisogno di te, voglio di più.
Voglio che ogni millimetro tra noi venga colmato da un contatto che non voglio più ignorare, voglio sentire la tua presenza su di me, voglio essere consumata dal tuo calore, dalla tua intensità.
Eppure, non accade.
La tua voce sussurra, eppure quel sussurro mi fa tremare. Quello che sembra un gesto così piccolo, un tocco insignificante, è tutto ciò che posso avere, tutto ciò che posso afferrare. In quel momento, desidero di più, desidero ogni cosa che potrei non avere mai. Voglio bruciare in te, voglio sentire l’incendio che ci consuma entrambi, ma quel sussurro all’orecchio mi riporta alla realtà. È tutto ciò che mi è concesso, tutto ciò che posso sperare di avere. Un respiro, un tocco che scompare quasi immediatamente. Ma dentro, dentro di me, la fiamma continua a ardere, ancora più forte, più incolmabile, alimentata dal desiderio che cresce, dalla sensazione che non riuscirò mai a fermare.
Eppure continuo a vivere di quella scintilla, di quel piccolo contatto che mi basta per bruciare ogni volta.

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Tutti gli animali, Uomo compreso, sono di natura empatici, ma mentre i cani, le giraffe o i gorilla, hanno continuato ad esserlo, la Bestia Umana ha sepolto sotto la sabbia dell'indifferenza, l'EMPATIA che provava, temendo d'essere fragile dato che i sentimenti uccidono più di un coltello. Giacomo Rizzolatti, dell'Università di Parma, scopri' che nel cervello umano sono presenti dei "neuroni-specchio" che ci consentono di far nostre le emozioni degli altri.
La presenza o l'assenza di questi neuroni spiega la differenza tra Noi e i Leghisti.
Senza, non c'é condivisione né appartenenza. L' EMPATIA ci consente di metter dietro tutti i ragionamenti pratici, i perché e i percome di una vicenda, mette in risalto l'emozione e la partecipazione alla stessa.
Una barca che parte, carica di Uomini e Donne alla ricerca della Vita, il loro stringersi addosso per mitigare il freddo, per sconfiggere la Paura per trasmettersi l'un l'altro la Speranza, NON puo' lasciarci indifferenti.
Il nostro "non possiamo accoglierli tutti" é la patetica difesa che l'Egoismo mette in pratica per sconfiggere l' Empatia che vorrebbe invece farci aprire le braccia per accoglierli.
E questo vale per tutte quelle storie che ci sfiorano ogni giorno.
Dalle più drammatiche, tipo una Donna che si brucia per disperazione, all'anziano costretto a rovistare nei cassonetti dell'immondizia per racimolare un po' di cibo.
Da un Popolo oppresso come quello Palestinese, ad un Popolo schiavo come quello egiziano. La nostra EMPATIA ci costringe a fare i conti con noi stessi, con le nostre azioni, i nostri pensieri. Ci sbatte in prima linea nella guerra contro l'Indifferenza. Vi auguro di soffrire per chi soffre, di piangere per tutti coloro che piangono, di provare lo stesso freddo, la stessa fame o la stessa sete. Vi auguro di capire. Vi auguro di possedere la Maledetta Benedizione. Solo cosi', forse, un giorno, facendo nostre le altrui difficoltà, riusciremo a fare qualcosa per fermarle. Avremo la capacità di accogliere le barche, proteggere le Donne umiliate e ferite dal "troppo amore" dei loro padroni, proteggere dall'insulto tutti coloro che amano in modo ritenuto stupidamente "diverso" saremo accanto a chi soffre, dividendo con lui la sua sofferenza, stringeremo le mani, abbracceremo i deboli, aiuteremo chi é caduto a rialzarsi. Saremo dentro il cuore degli altri. Non vi dovete vergognare di provare questi sentimenti. Sono l'unica ragione valida per continuare a vivere, per dare uno scopo al quotidiano respirare, per dare un significato vero, alle nostre azioni.
Senza EMPATIA non saremmo che foglie. Io ho la presunzione e il desiderio d'essere un Animale. Nonostante tutto.
(Claudio Khaled Ser)
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seduti sul divano a guardare un film, con le mani che si intrecciano, le gambe che si sfiorano e pronti a toglierci i vestiti
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“Nonna, come si affronta il dolore?”
“Con le mani, tesoro. Se lo fai con la mente il dolore invece di ammorbidirsi, s’indurisce ancora di più.”
“Con le mani nonna?”
“Si. Le nostre mani sono le antenne della nostra anima.
Se le fai muovere cucendo, cucinando, dipingendo, suonando o sprofondandole nella terra invii segnali di cura alla parte più profonda di te. E la tua anima si rasserena perché le stai dando attenzione.
Così non ha più bisogno di inviarti dolore per farsi notare.”
“Davvero le mani sono così importanti?”
“Si, bambina mia. Pensa ai neonati: loro iniziano a conoscere il mondo grazie al tocco delle loro manine.
Se guardi le mani dei vecchi ti parlano della loro vita più di qualsiasi altra parte del corpo.
Tutto ciò che è fatto a mano si dice che è fatto con il cuore. Perché è davvero così: mani e cuore sono connessi.
I massaggiatori lo sanno bene: quando toccano il corpo di un’altra persona con le loro mani creano una connessione profonda. E’ proprio da questa connessione che arriva la guarigione. Pensa agli innamorati: quando le loro mani si sfiorano fanno l’amore nel modo più sublime.”
“Le mie mani nonna… da quanto tempo non le uso così!”
“Muovile tesoro mio, inizia a creare con loro e tutto dentro di te si muoverà. Il dolore non passerà. Ma si trasformerà nel più bel capolavoro. E non farà più male. Perché sarai riuscita a ricamarne l’essenza.”
- Elena Bernabè
Le citazioni di www.ilboscofemmina.com
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Non ci si può innamorare solo con le parole
L'amore ha bisogno di sguardi
del sapore dei baci
di mani
Ma ci sono parole
Che colmano vuoti
di mancate carezze
Rivelando insospettabili crepe
nelle pareti dell' anima
Parole
Che sfiorano corde
di strumenti ormai muti
come impalpabili mani
che restituiscono al cuore
le note perdute

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Lasciavo che i miei pensieri accarezzassero la tua mente,
come dita leggere sfiorano la pelle calda,
finché la tua anima, selvaggia e ardente,
non graffiava la mia con desideri proibiti.
Il tuo profumo, dolce veleno nell’aria,
invadeva i miei sensi senza pietà,
annegandomi nel mare delle tue curve,
dove il mio essere uomo si perdeva senza ritorno.
Ogni tuo respiro era un invito al peccato,
ogni sussurro un fuoco acceso sulla pelle,
e tra le tue mani tremanti di voglia
scoprivo il brivido crudo della mia follia.
Ti portavo oltre i confini del piacere,
tra lenzuola stanche e sospiri infiniti,
consapevole di averti persa e ritrovata
nella furia dolce di un amore carnale... ♠️🔥
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A volte, nella confusione del mondo, ci illudiamo che la connessione più profonda nasca dalle parole: dalle conversazioni notturne, dai discorsi infiniti, dalle frasi dette con la voce tremante.
Eppure, le anime davvero affini non si trovano solo nei dialoghi, ma si sfiorano prima ancora che una parola venga pronunciata.
Ci sono incontri che non fanno rumore. Persone che si siedono accanto a te e, pur non sapendo niente della tua storia, sembrano leggere ogni pagina non scritta del tuo cuore. Non ti chiedono “come stai”, perché lo capiscono dagli occhi. Non ti offrono soluzioni, perché sanno che certi dolori non si risolvono: si accompagnano. Stanno lì, presenti, silenziose… ma intere. E quel silenzio non pesa. Anzi, consola.
È lì che nasce il riconoscersi: nel modo in cui due presenze si abitano senza invadere, si toccano senza mani, si ascoltano senza suoni. Come se qualcosa, dentro, parlasse una lingua più antica delle parole. Un sussurro fatto di intuizioni, di ferite che si assomigliano, di emozioni che si rispecchiano anche senza spiegarsi.
Spesso, queste anime non si incontrano per caso. È come se si cercassero da tempo, camminando in vite diverse, attraversando storie piene di nomi sbagliati e abbracci incompleti… fino a che, un giorno, si trovano. E non c'è bisogno di raccontarsi tutto, perché quel “tutto” è già percepito, accolto, condiviso, in silenzio.
Ed è in quel momento che capisci una verità semplice e struggente: che essere compresi senza dover spiegare è una delle forme più pure d’amore.
E che certe presenze non hanno bisogno di rumore per essere sentite. Basta il cuore.
Etheria Aforismi 🪶
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IL PESO DEL MONDO
Ho sofferto a lungo di dolori al collo. Ho cambiato sedia, ho comprato un collare ortopedico, ho fatto yoga, pilates, sono andata da un chiropratico e da medici di ogni genere, ma il dolore è continuato; un peso, un disagio che non mi faceva nemmeno dormire più. A volte era anche difficile per me respirare.
Poi, incontrai una saggia ed anziana donna.
Solo guardando la mia colonna vertebrale tesa e compressa,
solo tastando la mia pelle nuda con il suo tocco di mani vecchie e consumate.
Mi disse: "Hai portato così tante pressioni negli anni, così tanto dolore, da perderne il conto; porti il peso del tuo mondo e di quello degli altri."
- Sospirai...
Prese le mie mani, tra le sue mani nodose, di vecchia signora; mi fece abbassare le mani, sciogliere le spalle, sollevare il mento e si mise dietro di me. Le sue labbra sfiorano il mio orecchio e sussurrarono dolcemente:
- "Non tutto è colpa tua. "
- "Non tutto è tua responsabilità. "
- "Non puoi fare tutto. "
- "Non puoi sistemare tutto. "
- "Non devi farti carico di tutto. "
I miei occhi all'improvviso, iniziarono a versare lacrime spesse come vetro rotto...
C'è stato un momento in cui ho pensato che avrei pianto sangue, per quanto dolore stavo provando.
Piano piano le mie spalle sono tornate al loro posto, il mio collo è diventato morbido e si è rialzato, la mia schiena si è raddrizzata come non accadeva da anni e ho sentito le mie ossa come rinsaldarsi.
Il peso del mondo era sceso dalle mie spalle ed il peso del dolore del passato,
era finalmente caduto a terra.
Il peso del mondo.
Flora Azevedo
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Il sentiero che percorriamo in vita, quando si è giovani, è spesso tra campi fioriti e alberi in fiore. Tutto è avvolto dalla primavera, i prati intorno a noi possono essere tinti di vari colori, così ci ritroviamo a camminare sotto un cielo che sembra promettere l’eternità. E come spesso capita, a quell'età, ci si ritrova con le mani intrecciate a un'altra persona. Percorrendo insieme quel sentiero con gli occhi pieni di sogni, giurandosi un legame indistruttibile, sussurrandosi parole che il vento, poi, porterà via come semi pronti a germogliare. “Niente ci dividerà,” quante volte lo abbiamo pensato, convinti che il fuoco di quella passione avrebbe sfidato il tempo. Ma gli anni, come un soffio crudele, sbiadiscono i colori di quel giuramento spegnendo un po' alla volta quel fuoco. Spesso ci si allontana, per poi ritornare sui propri passi cercando ancora quella persona. Magari con il cuore carico di speranze ormai fragili, ma purtroppo ci si accorge che i petali di quel sentimento si sono seccati, lasciandosi dietro spine che graffiano l’anima. Le mani, un tempo così unite, si sfiorano appena, in un gesto stanco, quasi obbligato, mentre il silenzio prende il posto delle risate. Così si può prendere la decisione di camminare da soli, tra i ricordi, tenendo ostinatamente tra le mani quel mazzo di fiori di un amore oramai appassito. Come un feticcio che non si vuole buttare. Fiori di un amore raccolti in un aprile che sembra appartenere a un’altra vita. Con un rimpianto che colpisce come un’onda anomala, ogni volta che lo guardiamo. Alzando la testa lungo quel sentiero, che sembra oramai diventato un pellegrinaggio solitario, si può incrociare uno sguardo nuovo, con un sorriso che illumina la nostra strada polverosa. Qualcuno che risveglia un battito dimenticato. A cui offrire tutto ciò che si ha come promesse, sogni, forse anche quell'ultimo frammento di luce, che per un istante di calore ci riporta a quella primavera passata. Riassaporando un bacio, mai provato prima. Sono quei momenti in cui, camminando tra le rovine di alcuni nostri sogni del passato, troviamo la speranza e la forza di ricominciare.
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Lo vedo.
Il mio cuore.
Immenso. Silente. Immobile.
Un’enorme distesa di ghiaccio, trasparente come vetro ma freddo come l’inverno eterno. Sembra infinito, come un lago dimenticato dal tempo, su cui nessuno ha mai camminato. È lì che si è addormentato il mio cuore: sospeso in un’era glaciale dell’anima, in un silenzio ovattato fatto di neve e ricordi sepolti.
Ho passato anni a congelarlo, a nascondere ogni battito sotto strati e strati di ghiaccio, come una reliquia proibita che non deve essere toccata. Ogni dolore, ogni paura, ogni ferita è diventata uno strato in più. E ora è lì: incapsulato, perfetto nella sua prigione di ghiaccio impenetrabile, intoccabile.
Ma ora brucio.
Brucio per te.
E quel calore, sottile, quasi timido all’inizio, ha cominciato a scivolare come una crepa impercettibile tra le venature del gelo. È un soffio tiepido che serpeggia lento, che accarezza la superficie e lascia tracce. Minuscole gocce iniziano a formarsi, come lacrime dell’inverno che si arrende. Sento il calore insinuarsi tra le crepe, sciogliendo le mie difese.
Cammino sopra quel ghiaccio come una ballerina sospesa tra due mondi. I miei piedi nudi sfiorano la superficie gelata con grazia e cautela, come piume portate dal vento, mentre l’aria attorno vibra di un silenzio cristallino. Il ghiaccio scricchiola piano sotto i miei passi, ma non si rompe ancora, è sottile, vivo, sensibile come pelle.
Mi fermo. Sento un richiamo, un mormorio profondo che proviene da sotto di me.
Abbasso lo sguardo.
Il mio riflesso mi guarda.
Non è solo un’immagine piatta.
È una finestra su un abisso.
Mi inginocchio lentamente, con la delicatezza di chi teme di svegliare qualcosa di antico e pericoloso. Le mie mani tremano mentre scivolano lungo la superficie ghiacciata. Le dita si adagiano sul vetro freddo, sento l’istante esatto in cui il gelo mi morde i polpastrelli, eppure non ritraggo la mano.
Accarezzo il ghiaccio.
Non per riscaldarlo, ma per cercare di vederlo meglio. Per superare quel sottile velo che mi separa dal mio stesso cuore. Lo lucido con la mano, come se potessi rendere più nitida la mia immagine… E pian piano, qualcosa appare.
I miei occhi.
Immersi in quella lastra lucente come in uno specchio incantato.
Occhi gonfi, stanchi.
Ma in quel momento li vedo inumidirsi. Una lacrima li accarezza da dentro. Non cade, resta lì, tremolante, come trattenuta da un ultimo barlume di forza. Mi chino ancora di più. Il mio respiro appanna il ghiaccio per un attimo. Spalanco gli occhi, come per cercare un segnale, un motivo.
Vorrei parlare a quel riflesso, vorrei dirle che va tutto bene, che può resistere ancora un po’. Ma lei non risponde. Mi guarda solamente. Con una tristezza che taglia come vetro rotto. Con una dolcezza spenta, come una candela consumata dalla sua stessa fiamma.
E in quell’attimo… Sento il gelo sotto di me vibrare.
Una crepa.
Una sottile linea che corre via come un serpente d’argento.
Poi un’altra. E un’altra ancora.
E poi, in un soffio, un batter di ciglia, un lieve sussurro che passa nel vento…
Il ghiaccio sotto di me si spezza. Come una lastra di cristallo si frantuma in pezzi.
E io cado. Precipito all’interno di quel mio cuore sul quale danzavo.
Cado, cado e cado.
Finisco in quel tumulto di emozioni che vorticano nel mio cuore, sembrano onde impazzite. Sprofondo sempre più giù, in quell’acqua buia che abita in esso. Un’acqua nera. Non c’è luce, se non quella sopra di me che si trova in superficie, ma che ormai si fa sempre più lontana, più sfocata.
Annaspo, provo a nuotare verso l’alto, ma il gelo mi preme le ossa, mi congela dall’interno.
E alla fine cedo.
Mi lascio andare.
Smetto di provare.
Smetto di annaspare.
Mi lascio cadere.
Mi lascio prendere dal buio.
Non combatto più.
Non c’è più alcuna forza nelle mie braccia, nessuna volontà nei muscoli. Il mio corpo fluttua, sospeso in quel silenzioso liquido che mi avvolge. Come seta gelida, l’acqua mi accarezza ogni fibra, si insinua dentro di me, scivola tra i miei pensieri e li affoga uno a uno.
E io la lascio fare.
Non c’è più paura. Solo una stanchezza antica, totale. Una resa che non è vigliaccheria, ma liberazione. Dopo tanta guerra, tanta lotta silenziosa e invisibile, lasciarsi cadere è come tornare a casa.
Sprofondo lentamente, con una grazia tragica. Come un petalo morto che galleggia verso il fondo del mare. Gli occhi sono aperti, ma non cercano più. Guardano… senza vedere. La luce in superficie ormai è solo un’eco lontana, come una stella cadente che nessuno ha visto. Si dissolve piano, inghiottita dalla nebbia nera dell’abisso.
Il cuore non batte più con rabbia.
È quieto, rassegnato.
Non implora amore, non chiede salvezza. Ha smesso di urlare. Ora canta sommessamente un canto che solo il buio sa ascoltare. Una nenia dolce e crudele, fatta di sussuri che non fanno più male, solo freddo.
Il gelo, ora, non è più un nemico.
È compagno.
È coperta.
Mi stringe, mi culla, mi sussurra parole senza voce. Lo sento insinuarsi nelle ossa, tra i capelli, nelle vene. E invece di temerlo, gli apro le braccia. È qui da così tanto tempo che è diventato parte di me. Non sono più io contro il gelo. Io sono il gelo.
Il fondo si avvicina.
Lo sento.
Non è fatto di pietra, né di terra. È fatto di vuoto. Di silenzio così profondo che annulla ogni altra cosa. È lì che sto andando. Non c’è più resistenza nel mio corpo. Solo abbandono. Solo l’eco liquida di ciò che ero.
La fiamma che avevo visto… non era reale.
Era un’illusione del mio bisogno. Un miraggio. Una speranza partorita dalla disperazione.
La verità è che il cuore non si scioglie con il calore. Si frantuma, e poi resta lì, in pezzi, sul fondo.
E io adesso sono uno di quei pezzi.
Sento le emozioni disfarsi come tessuti marci. La paura si diluisce. La rabbia si spegne. La nostalgia diventa polvere. Quel sentimento… ah, quel dannato calore… quel fuoco che bruciava adesso è solo fumo che si mescola all’acqua scura.
Non resta nulla. Solo il peso dolce e immobile dell’abisso.
Chiudo gli occhi.
Non per dormire.
Perché non c’è più nulla da vedere. E nemmeno da sognare.
I suoni si allontanano, le immagini si sfilacciano, i ricordi si sgretolano come sabbia tra le dita. Ogni pensiero diventa sempre più lento, più debole. Come se la mia mente si stesse spegnendo un poco alla volta, con delicatezza, come un lume che si consuma piano in una stanza vuota.
Cado.
Ancora.
Ma ormai non lo sento nemmeno più.
È come se il mio corpo fosse diventato tutt’uno con l’acqua. Non c’è più distinzione tra me e l’abisso. Il mio cuore non è più una cosa viva. È una reliquia sommersa, un relitto dimenticato, una rovina su cui non cresce nulla.
E va bene così.
Non tutti i cuori si riaccendono. Non tutte le storie finiscono con una luce. A volte, la verità più onesta è nel buio. In quel cedere finale. In quell’ultimo, dolcissimo niente.
Smetto di pensare.
Smetto di sentire.
Lascio che l’acqua mi prenda tutta.
Che mi stringa.
Che mi inghiotta.
Che mi faccia scomparire.
E in quel nulla… finalmente… potrei trovare la pace.

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Non è un sussurro, ma un terremoto. La lingua è un fiume in piena, travolgente, una lingua che non chiede permesso ma esplora. Una pressione, una ricerca. Non corpi, ma spine e dolcizza, incertezze che si sciogliono in un abbraccio. Respiri bruciano. Mani che tremano, palmi che si aggrappano come a un salvagente. La pelle è seta bagnata, un mosaico di tremori. I fianchi si sfiorano, un passo di danza lenta, risposte a domande mai fatte: "Sei qui?" "Sei reale?". Non c’è silenzio. Solo il ruggito del sangue, i denti che mordono un labbro esitante. Un gemito non è un suono, ma un fiotto che attraversa vene. Luce e buio si confondono. Le mani vagano, tracciano mappe di curve note a malapena. Non c’è possessività, solo bisogno: esplorare, affondare, sentirsi non più soli. Le labbra si staccano per un momento, solo per divorarsi di nuovo, cercare la gola, la nuca, come se volessero tramutarsi in pelle e osso dell’altro. C’è sospetto, dietro la furia? Paura che l’attimo finisca. Se smettessimo? E se non bastassimo? Ma non si fermano. Un capezzolo strozzato, un morso delicato, un’altra lingua che scivola, non implora. Solo più, meglio, ora. Il corpo non è corpo: un campo di lava che si raffredda e si accende di nuovo. Tra le pieghe, una tremarella, una collisione di sospiri. Un braccio intorno alla schiena, stretto come un marchio. Le unghie sulle spalle scavano linee sottili, come ad agganciarsi a qualcosa di pronto a volare via. Fuori, forse piove. Qui, è solo luce di candela che danza su risvolti nascosti: un neo, una cicatrice, una spalla che trema. Non c’è imbarazzo. Solo la consapevolezza che, se gli altri guardassero, non capirebbero. Ma non c’è bisogno di capire. Solo sentire. Il tempo sbiadisce. Le lingue si ritirano, le labbra si socchiudono. Un respiro: “Ancora”. Non serve. I sussurri sono inutili, quando le mani parlano di loro, tracciano nomi indecifrabili con polpastrelli che conoscono ogni centimetro. Quando la calma arriva, è una pace fragile. Le gambe si intrecciano, ancora. Due esseri che non sono più due: una sola spirale di impulsi, desideri non finalizzati. E in quell’istante, sanno che nulla avrà più importanza, a parte questo: essere qui, ora, finché le forze non si sciolgano.
Empito
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Sotto il cielo di Venezia, avvolti dal silenzio,
nudi come il mare prima del vento,
lei sopra di me, leggera come una piuma,
i suoi occhi nei miei, un abisso senza fondo.
Il tempo si ferma, nessun orologio,
solo il battito di cuori che si confondono,
le sue mani, come foglie al vento,
sfiorano la pelle, un tocco che non ha fine.
Ogni respiro è un filo che ci unisce,
ogni sguardo una promessa taciuta,
tra le ombre di una stanza che ci abbraccia,
viviamo in un istante che non vuole morire.
E in quel silenzio, in quel tempo sospeso,
siamo tutto, siamo infiniti,
due anime che si parlano senza parole,
due corpi che si ricordano di essere uno.
Venezia, città di riflessi e sogni,
ci osserva da lontano, ma qui,
nel cuore della notte, siamo solo noi,
nudi e completi

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«Noi agitiamo quest’acqua. In essa le nostre mani si cercano,
Talvolta si sfiorano, forme spezzate.
Più in basso, è una corrente, è qualcosa d’invisibile,
Altri alberi, altre luci, altri sogni.
E guarda, sono anche altri colori.
La rifrazione trasfigura il rosso.
Era un giorno d’estate? No, è il temporale
Che “cambierà il cielo”, e fino a sera.
Noi immergevamo le mani nel linguaggio,
Vi afferrarono parole delle quali non sapemmo
Che fare, non essendo che i nostri desideri.
Noi invecchiammo. Quest’acqua, nostra trasparenza.
Altri sapranno cercare più nel profondo
Un nuovo cielo, una nuova terra»
(Yves Bonnefoy)

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La consegna non è un gesto
non è l’istante febbrile in cui le mani si sfiorano
né il battito spezzato tra le costole.
È un sentimento che nasce in silenzio
come una fiamma che non brucia, ma illumina.
È spogliarsi non solo della pelle
ma delle paure, dei segreti cuciti nel cuore.
È lasciar cadere le difese
un ponte costruito tra due solitudini
che scelgono di non essere più isole.
La consegna è guardarsi negli occhi
e vedere riflessa non solo la passione
ma la promessa che, anche nel buio
le mani non si lasceranno andare.
Non è fuoco che divora
ma brace che scalda
un sentimento che vive
nel respiro condiviso del silenzio.
©Consiglia

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