#malati di solitudine
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farmaciabrunomilazzo · 2 months ago
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𝐋𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐢𝐭𝐮𝐝𝐢𝐧𝐞 𝐩𝐮ò 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐦𝐚𝐥𝐚𝐭𝐭𝐢𝐚? 🤔
📆 Oggi, in occasione della 𝐆𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐍𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐥𝐚 𝐒𝐨𝐥𝐢𝐭𝐮𝐝𝐢𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥'𝐀𝐧𝐳𝐢𝐚𝐧𝐨, vogliamo portare l'attenzione su un tema delicato che tocca molte persone, specialmente gli anziani. Vivere un momento di solitudine è normale, ma quando questa condizione si prolunga può trasformarsi in un vero e proprio problema di salute.
☹️ Non tutti sanno che la solitudine non è solo una sensazione emotiva. Studi recenti evidenziano come l'isolamento prolungato possa influire sul benessere psicofisico, aumentando il rischio di ansia, depressione, ipertensione e persino infiammazioni croniche.
📌 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐢 𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐥𝐢?
Sentirsi isolati anche in compagnia, perdita di interesse nelle attività quotidiane, calo di energia e difficoltà a dormire possono indicare uno stato di solitudine cronica, che richiede attenzione.
🌱 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐚𝐟𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐚𝐫𝐥𝐚?
✔️ Incoraggiare gli anziani a mantenere contatti sociali regolari
✔️ Sostenere le attività di gruppo (sport, lettura, volontariato)
✔️ Cercare l’aiuto di un professionista della salute se la situazione persiste.
🤝 La nostra farmacia è un presidio sanitario di prossimità, un punto di incontro e di socialità per tutta la comunità. Qui trovi un professionista sempre pronto ad ascoltarti, offrendo non solo consigli di salute, ma anche quel sostegno umano che può fare la differenza.
𝘍𝘢𝘳𝘮𝘢𝘤𝘪𝘢 𝘽𝙧𝙪𝙣𝙤
📍 Via Policastrelli 209 Milazzo (ME)
📞 Tel 090 9295029
📲 Whatsapp 339 464 5244
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raffaeleitlodeo · 2 years ago
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Ogni tanto quando ci si chiede Ma è cambiata la scuola da quando la facevamo noi?, è cambiata la scuola dopo la pandemia?, come sono i ragazzi d'oggi?, la prima risposta che mi viene da dire è chiaramente: tutto uguale. Scazzati, cazzoni, simpatici, rincoglioniti, una rottura di coglioni, fantastici, etc... Sì, i cellulari, i manga, ma tutto uguale. Dall'altra però c'è ci sono un mucchio di cose che sono cambiate. La cosa che per me è cambiata di più nella scuola degli adolescenti, quella che conosco meglio, le superiori, è che gli studenti vengono sottoposti a un interesse molto blando da parte degli adulti che in molti casi è solo controllo e disciplinamento, e non è cura. E non si tratta solo del voto, del registro elettronico, delle sospensioni per le occupazioni. Si parla del bisogno di accudimento che vedo richiesto da parte degli studenti, che non va confuso con una comprensione amicale, ma proprio è una necessità di cura materiale. Quando entro in una nuova classe, la prima cosa che chiedo è mangiare e dormire, come va? Un sacco di loro mi dice: male. Saltano i pasti, nessuno cucina per loro, a colazione non c'hanno il latte né un biscotto, non c'è la spesa in frigo, soffrono d'insonnia, fanno fatica a addormentarsi, sono distrutti in classe per il deficit di sonno. Chiedono a 16, 18 anni un accudimento e una cura materiale che spesso non hanno avuto nell'infanzia o nella pubertà o che non hanno semplicemente perché i genitori non c'hanno soldi, tempo, capacità. Molto spesso sono figli unici, o figli di separati di genitori in contrasto fra loro, spesso non hanno i nonni perché i genitori li hanno fatti da grandi e i nonni sono morti o sono molto malati e quindi sono incapaci di aver cura di loro, e quindi stanno a casa da soli. Moltissimi mangiano da soli la maggior parte dei pasti della loro adolescenza. Ora, non so se questo c'entri, ma una delle cose che ho notato negli ultimi anni nelle mie classi del trienno delle superiori, è la diffusione dei grattini. Molti miei studenti o studenti delle altre classi - molte - in cui faccio supplenza, si mettono a farsi i grattini l'un l'altro/a. E non c'entra se sono maschi, femmine, fidanzati, amiche amici, se c'è una complicità amorosa o di prepetting o qualcosa del genere, avviene come una roba naturale, come quando io con i miei amici ci scambiavamo i bigliettini tra un banco e l'altro. Un grooming generazionale, il desiderio di un po' di accudimento, tenerezza, etc... È un'infantilizzazione? Non lo so, a me sembra la manifestazione di un senso gigantesco di solitudine, il bisogno di qualcuno di cui fidarsi, con cui poi poter sperimentare uno spazio di conflitto e di libertà. Se prima non c'è un interesse, una cura, come può crearsi un desiderio, un percorso di autonomia?
Christian Raimo, Facebook
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salva7orearato · 1 year ago
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I corpi nudi, emaciati, lividi. Disperati di vita fin dentro la morte. Tormentati dal desiderio. Scapigliati di malinconia. Cupi d'amore. Nervosi di affetto. Ossessionati da un erotismo che è bestia infelice la qual divora per rigurgitare istanti impercettibili di sollievo senza riposo. Tutto in Egon Schiele è selvaggio e straziante: dai corpi fragili e affilati, malati di speranza alle anime spiegazzate, turbate dal vuoto e che vagano (da una solitudine all'altra) sempre in cerca di consolazione.
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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Scrivo per la mia solitudine
che non passa mai, per la mia fuga
che non conosce muri.
Scrivo per chi è morto, scrivo
perché bisogna rispondere in qualche modo
al grande insulto del morire.
Scrivo per i malati, scrivo perché
avere un tumore non è la stessa cosa
che non averlo.
Scrivo per chi ha paura, la paura
che ti viene all’improvviso e quella
che ti sta incollata addosso tutta la vita.
Scrivo per chi ha perduto un amore
e per chi non lo ha mai trovato.
Scrivo per i vecchi e per i giovani
che già sentono le spine
del tempo che passa.
Scrivo perché ora posso farlo,
perché ho un dolore e la voglia
di sputarlo.
Scrivo perché ho tutta la mente
popolata di uomini e di donne
e di animali e di alberi.
Da tempo me ne sono accorto:
ci manco solo io nel mio corpo,
La poesia è un tentativo di tornare
a casa, di farlo da vivo
e non da morto.
franco arminio
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valentina-lauricella · 2 years ago
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Conversazione tramite un vecchio libro
Ho dovuto fermarmi, respirare, bere un caffè, far finta di riposare, mangiare minestra fredda per placare l'agitazione e lo sconvolgimento di sapere
che tu avevi provato le sensazioni descritte dalle parole che avevo letto. Proprio tu, e proprio quelle crudeli sensazioni che tutti sappiamo, ma che per inettitudine non diciamo
e per viltà non esploriamo; sensazioni di cui tu, invece, avevi fatto un capolavoro per gli occhi di tutti. Ed oggi, per caso, sono stati i miei occhi ad incontrarlo, e a piangerti.
Nella solitudine ti sei fatto in due; ti sei ammalato e sei guarito, sei morto e ti sei redento; e per noi, morti e malati inconsapevoli, sei stato la salvezza.
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rassegnanotizie · 4 months ago
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Il quarto rapporto del Censis, realizzato in collaborazione con Aima e supportato da Roche S.p.a., mette in luce come la pandemia di Covid-19 abbia modificato il profilo dei pazienti affetti da Alzheimer. Oggi si riscontra una prevalenza di pazienti più giovani e recentemente diagnosticati, molti dei quali sono attivi nel mondo del lavoro. Anche i caregiver, generalmente tra i 46 e i 60 anni e per il 55,3% occupati, hanno subito ripercussioni lavorative significative. La malattia mostra un chiaro divario di genere, con il 62,2% dei pazienti e oltre il 70% dei caregiver di sesso femminile. L'indagine ha anche incluso un campione di persone con disturbo cognitivo lieve (Mci), evidenziando come il supporto familiare sia diminuito. Oggi, un caregiver su cinque non riceve alcun aiuto, e c’è una riduzione di chi può contare sul supporto di familiari. Questo porta a un incremento del carico assistenziale sui caregiver, che spesso si sentono soli (68,3%) ma continuano a percepirsi utili (84,9%). La situazione crea tensioni anche tra i familiari e, nonostante il 41,1% delle famiglie ricorra a badanti, la maggioranza dei caregiver non ha una valutazione positiva per l'assistenza pubblica che ricevono (solo il 36,2%). Particolarmente preoccupante è il divario territoriale: più della metà dei pazienti (53,3%) non ha mai consultato un Centro per i disturbi cognitivi e le demenze, con una copertura inferiore al Sud Italia. Il tempo medio per ottenere una diagnosi è aumentato leggermente, passando da 1,8 anni nel 2015 a 2,0 anni nel 2023. I pazienti con disturbo Mci, sebbene più giovani (età media 71 anni), non mostrano una prevalenza femminile come nell'Alzheimer. Il loro accesso ai servizi sanitari è limitato, ma molti segnalano una buona soddisfazione verso le cure ricevute. Tuttavia, si percepiscono difficoltà nella vita quotidiana e un forte desiderio di sostegno, che spesso è fornito dalla famiglia. In generale, le famiglie colpite dall'Alzheimer si trovano ancora in una condizione drammatica, come sottolineato dai rappresentanti di Aima e Censis, evidenziando la continua necessità di migliorare l'assistenza e il supporto per pazienti e caregiver.
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diarioquasiribelle · 8 months ago
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Brivido che mi manca .1
Non va più di moda girare per strada, la notte, da soli è conservata solo per ubriaconi, spacciatori e malati di solitudine. Eppure, che peccato perdere tutto ciò: la poesia del buio, del mare che sbatte, dei poeti che scrivono.
Una luna, una donna, una pioggia. Il buio, le stelle, il silenzio. Il fresco, la solitudine, la perdita.
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cinquecolonnemagazine · 10 months ago
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"D come Davide. Storie di plurali al singolare" di Colacrai
La silloge poetica "D come Davide. Storie di plurali al singolare" di Davide Rocco Colacrai edito da Le Mezzelane è un volume di 26 poesie con la prefazione dello scrittore leccese Mattia Zecca. I componimenti di Colacrai sono seducenti, sorprendono il lettore ad ogni pagina che scopre di volta in volta una storia diversa. Ed è proprio questa la caratteristica di "D come Davide. Storie di plurali al singolare".  Le poesie raccontano tutti gli aspetti e gli eventi che in qualche modo hanno lasciato un segno, hanno fatto vibrare la sensibilità del poeta. Ecco allora apparire Paolo Borsellino, si materializzano gli esuli d’Istria e Dalmazia, suo nonno, l’autore Vincenzo Restivo, riaffiora il suo cane Manny, Billy the Kid, lo scrittore marocchino Abdellah Taïa e Giovanni Falcone. Storia, fatti personali, ricordi ed emozioni intime creano un’osmosi, un flusso denso e pastoso tra ciò che appartiene a noi stessi e ciò di cui facciamo parte. In quanto poeta civile, Davide Rocco Colacrai ha sentito il bisogno di unirsi alle emozioni comuni ricordando la strage dell’Hotel Rigopiano, Ustica, i numerosissimi malati a causa dell’Eternit e le vittime del Ponte Morandi di Genova. Ogni poesia è per il lettore un viaggio nella propria sensibilità e in quella dell’autore, attraverso poesie dolci, a volte forti e dure, che fanno riflettere ed emozionare. Ringrazio Davide Rocco Colacrai per questa bella intervista nella quale abbiamo avuto modo di approfondire non solo il contenuto della silloge ma anche alcune sfumature del suo linguaggio espressivo "D come Davide. Storie di plurali al singolare" di Colacrai Salve Davide, lei è nuovo ai lettori di Cinque Colonne Magazine, ci racconta brevemente cosa le piace e di cosa si occupa nella vita? Innanzitutto, mi permetto di ringraziarvi per l’ospitalità. Sono un Giurista e un Criminologo che via via negli anni è rimasto sempre più deluso dal percorso intrapreso – e qui si potrebbe aprire un ampio discorso su come le cose non funzionano in Italia – fino a decidere di abbandonarlo completamente e di rispolverare altre capacità, quelle linguistiche, e scoprirne alcune che non sapevo di possedere, con le quali attualmente lavoro come impiegato presso una famosa azienda internazionale. Non è stato facile abbandonare una strada per un’altra, soprattutto perché sono un grande sognatore e molto determinato e testardo e, se non costretto, non mollo.  “D come Davide” è il suo decimo libro di poesie. Quando è nata questa passione? Più che di una passione parlerei di un’esigenza, o più genericamente di un dono. Diciamo pure che ho sempre scritto, sin da quando frequentavo le scuole materne e accompagnavo i miei disegni con delle frasi. Sicuramente a partire dal 2006/2007 ho sentito proprio la necessità di buttare fuori, di espellere, di far esplodere verso l’esterno tutto quel rumore che sentivo dentro e non potevo più trattenere, e di condividerlo. Oggi penso che alla base di tale necessità ci fosse anche la ricerca di una umanità al di là di quella solitudine nella quale pensiamo più o meno tutti di essere costretti in questo spazio che chiamiamo mondo. Partiamo dal titolo: perché storie di plurali al singolare? Ho scoperto con gli anni che le storie che viviamo e di cui siamo portatori sono da un lato storie nostre, ma dall’altro storie che altri hanno già vissuto prima o stanno vivendo parallelamente a noi. Pertanto, non esiste mai veramente una storia che sia solo nostra, una storia unica. Quindi armato di una lente e dalla mia inesauribile curiosità sono andato a studiare fatti storici che, allo stesso tempo, racchiudono l’elemento del plurale e quello del singolare: storie che io racconto da un punto di vista mio – dell’uomo, del cittadino, del poeta – e nelle quali troviamo famiglie intere. Pensiamo per esempio alla poesia nella quale si parla della Strage di Ustica. Le sue poesie abbracciano temi diversissimi. Com’è nato D come Davide? Ha ripreso vecchie poesie che aveva scritto oppure ha pensato fin da subito di creare una raccolta con tematiche slegate. Mi diverto spesso a raccontare che i miei libri nascono in maniera completamente intuitiva – e una volta mi hanno persino definito, e all’epoca lo trovavo divertente, “poeta medium”. Ad ogni modo, in pochi minuti butto nel calderone virtuale determinate poesie che già esistono e nel frattempo sono state premiate nei concorsi letterari, poi sento esattamente l’ordine nel quale devono apparire e il titolo. Ne consegue che realizzo la creazione soltanto quando ho il libro cartaceo davanti a me e ho avuto il tempo di sfogliarlo. Per quanto riguarda specificamente D come Davide, posso dire che si tratta di un’opera che raccoglie tematiche apparentemente slegate ma che hanno tutte un preciso denominatore comune: la Storia. Che dovrebbe ricordare a noi stessi chi siamo e che invece spesso viene dimenticata, o persino negata. C’è una poesia presente nel suo libro a cui è particolarmente legato? Ogni poesia è una figlia, per cui sono legato a ciascuna di esse nella misura in cui mi ricordano un certo periodo della mia vita, chi ero o una persona. Dal punto di vista storico invece, tengo molto alla poesia “Il confino (Isole Tremiti, 1939)”, che racconta un fatto storico che fino ad alcuni anni fa era completamente sconosciuto e dunque non riportato dai libri storici: il confinamento degli omosessuali siciliani sulle Isole Tremiti da parte del governo fascista. Il confino (Isole Tremiti, 1939) Agosto trascorre lento, solo, la notte a girare per le campagne e contare i pioppi sugli argini  e bere Ricordo lo stomaco vuoto com’erano vuote le onde, i giorni nella ragnatela dell’attesa,  il marchio di essere un arruso, l’odore di quell’incubo,  e tutto nell’atto di fingere una vita diversa, forse migliore. Zuppa di fagioli e pane, lo sciabordare liquido dei sogni, il gioco alla morra, il desiderio esacerbato della carne, di virgole azzurre nella notte, un orizzonte senza scorciatoie, il pensiero fisso all’isola,  nostra unica donna, madre e matrigna. Eravamo costretti in baracche, due e di legno,  prigionieri di un reticolato, pochi metri quadrati per essere uomini, quattro spiccioli per sopravvivere a noi stessi. Passavano i giorni,  lenti e lontani, come risucchiati dal Cretaccio, e sospesi, era un’isola, la nostra, che non c’era, si faceva sempre più pesante la solitudine, l’assenza quasi tangibile dell’amore, un’ora come un anno a strisciare nei solchi lasciati dalle nostre preghiere, e poi a capo. C’era chi raschiava il silenzio,  chi dipanava la matassa di un senso fatto di sole ossa, qualcuno annusava già la morte.  Non c’era pietà né perdono.  Addosso, con me, il dolore mai lavato della razza, del nostro essere tutti cani randagi, senza nomi. Read the full article
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stefanoligorio · 1 year ago
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Visita:
Riflessioni di Stefano Ligorio.
Riflessioni (immagini) di Stefano Ligorio.
Raccolta di alcune Riflessioni, di Stefano Ligorio, su: amore, intelligenza, ignoranza, sofferenza, libertà, emozioni, conoscenza, delusione, ipocrisia, felicità, solitudine…
Alcune Riflessioni, di Stefano Ligorio, in formato pdf.
Riflessioni – Mettere in pratica quel che si sa…
Riflessioni – La consapevolezza e la conoscenza delle cose…
Riflessioni – Cultura della legalità e corretta applicazione della legge.
Riflessioni – L’intelligenza emotiva…
Riflessioni – La bontà lascia teneri ricordi…
Riflessioni – La ragione, alla fine, vince sempre sulle emozioni…
Riflessioni – Il vano soccorso…
Riflessioni – Un sereno Natale a tutti…
Riflessioni – Un pregiudizio…
Riflessioni – Il ‘fato’…
Riflessioni – Imparare a limitare l’egoismo…
Riflessioni – La sofferenza interiore…
Riflessioni – L’importanza della psicologia applicata…
Riflessioni – ‘Entrare’ nel proprio inconscio emotivo.
Riflessioni – La ‘libertà…’ è anche salute.
Riflessioni – Il dovere del medico e il dovere del paziente.
Riflessioni – Evoluzione non solo tecnologica e culturale, ma anche ‘emotiva’…
Riflessioni – L’illusione e il disincanto…
Riflessioni – Accusare per ignoranza…
Riflessioni – La verità nelle cose…
Riflessioni – Il campo da coltivare…
Riflessioni – Le emozioni.
Riflessioni – Gli ostacoli limitanti l’intelligenza…
Riflessioni – Essere coerenti a ciò che si crede.
Riflessioni – L’intelligenza non va sprecata…
Riflessioni – L’importanza del ‘conoscersi’.
Riflessioni – Gli occhi ‘di fuori e di dentro’…
Riflessioni – Libertà vera è avere un ‘IO morale’ liberale e consapevole…
Riflessioni – Il giudizio, nel pregiudizio, verso i malati psichici…
Riflessioni – ‘La mamma è sempre la mamma…’.
Riflessioni – Il vigliacco…
Riflessioni – Sognare non illudersi…
Riflessioni – Follia…
Riflessioni – Vivere nell’illusione di quel che non si è…
Riflessioni – I veri ignoranti.
Riflessioni – L’importanza di una corretta applicazione della legge.
Riflessioni – Le persone non cambiano.
Riflessioni – L’immane potenza della viltà e dell’ipocrisia.
Riflessioni – Un vero augurio di serenità e felicità…
Riflessioni – L’insegnamento della solitudine.
Riflessioni – La regola da non trasgredire…
Riflessioni – La delusione.
Riflessioni – La stupidità.
Riflessioni – La malasanità.
Riflessioni – A volte si crede a ciò che si vuol credere sfuggendo la realtà delle cose…
Riflessioni – L’ignoranza…
Riflessioni – Trattare le persone come meritano.
Riflessioni – Ansia e depressione.
Riflessioni – La dipendenza dalle droghe.
Riflessioni – Gli impedimenti all’intelligenza.
Riflessioni – L’inutile dispendio di ‘energie’…
Riflessioni – Gli effetti dei giudizi della gente che ‘ignora se stessa’…
Riflessioni – Il valore di un uomo…
Riflessioni – Cos’è l’amore?
Riflessioni – I ‘buoni’ e i ‘cattivi’ di fronte agli eventi avversi…
Riflessioni – La complessa battaglia tra il raziocinio e le emozioni.
Riflessioni – Le malattie psichiche.
Riflessioni – I ‘tubi digerenti’…
Riflessioni – ‘Potenziare’ la ‘ragione’ contro le emozioni ‘sfavorevoli’…
Riflessioni – Prevenzione non solo ‘primaria’, ma, ove ‘necessario’, anche solo ‘alternativa’…
Riflessioni – Prevenzione efficiente: praticare, con costanza, attività motoria…
Riflessioni – Dittatura e moderno Totalitarismo…
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siciliatv · 2 years ago
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Ad Agrigento nasce l’associazione "Alzheimeriani non più soli"
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Una nuova realtà del settore no profit che persegue finalità di solidarietà sociale in ambito socio-sanitario facendo leva sull’esperienza e sensibilità dei suoi promotori, tra cui la dott.ssa Lina Urso Gucciardino, il dott. Giuseppe Provenzano (nella foto) e il dott. Geraldo Alongi.   L’associazione si prefigge di fornire un sostegno concreto non solo ai malati di alzheimer, ma a tutti i sofferenti di patologia degenerativa, neuropatica, ischemica, geriatrica, disabilità mentale e anziani emarginati anche attraverso azioni di formazione e sostegno.   “Desideriamo dare avvio a un percorso che metta la malattia al centro dell’attenzione della comunità agrigentina, delle istituzioni e dei cittadini - commentano Provenzano, Alongi e Urso - e contribuire a migliorare la prevenzione, la diagnosi e la terapia, garantendo alti livelli qualitativi nell’erogazione dei servizi sanitari e socio-assistenziali. Mai più soli perché crediamo sia fondamentale affiancare le famiglie e aiutarle ad orientarsi nel difficile impegno di cura, per contrastare la solitudine e l’isolamento, per tutelare i diritti del malato, incentivarne la riabilitazione e la partecipazione alla vita sociale e lavorativa, individuare le strategie più opportune per affrontare i cambiamenti e le difficoltà”. Read the full article
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amicidomenicani · 2 years ago
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Quesito Padre, Sto attraversando un periodo terribile. Non sto bene. Ho paura di avere un cancro. Prego ogni giorno il Signore e la Madonna di liberarmi dal terrore della morte e dell'inferno. Ma la mia fede vacilla.  Raramente la preghiera riesce a sollevarmi da questo abisso oscuro. Ho la intima consapevolezza di rivolgermi a Dio in termini egoistici e utilitaristici, per ottenere una grazia senza il beneficio della vera Fede.  Provengo da una famiglia cristiana e mi reputo un cristiano sebbene, fino a quando il mio corpo e la mia anima non sono stati aggrediti dalla malattia e dalla depressione, il mio cristianesimo sia rimasto soltanto un riferimento, senza una vera e costante partecipazione. Anche se il mio pensiero molto spesso si rivolgeva a Cristo Gesù e a Sua Madre, ho condotto la mia esistenza lontano dai sacramenti. Non mi sono confessato e comunicato per moltissimi anni. Partecipavo alla Messa solo a Natale e Pasqua. Né tale mio modo di vivere procurava in me particolari sensi di colpa.  Da qualche mese tutto è mutato. Il mio precario stato di salute fisica e mentale mi ha indotto a riavvicinarmi, dopo trenta o quaranta anni, ai sacramenti, in particolare alla confessione. Qualche mese addietro un sacerdote non mi ha assolto. Convivo da molto tempo con una donna senza essere sposato e tale condizione è stata la causa prima della mancata assoluzione. Qualche settimana fa sono passato per caso davanti a una Chiesa che frequentavo durante gli anni della mia giovinezza. Sono entrato. Ho visto che un sacerdote era presente. Mi sono avvicinato e gli ho chiesto se poteva confessarmi. Ha immediatamente accolto la mia richiesta. Certo non sono riuscito a confessare tutti i miei peccati. Era troppo il tempo trascorso dalla mia ultima confessione. Ho cercato di elencare i miei peccati più gravi, o che io reputo più gravi. Ovviamente gli ho parlato della mia convivenza. Gli ho detto che ormai il legame fra me e la mia compagna non può esser più definito come quello di un marito e di una moglie ma di un fratello e una sorella.  Da anni non abbiamo più rapporti sessuali anche se dimoriamo e viviamo nella stessa casa. Il sacerdote non solo mi ha assolto ma mi ha chiesto se volevo ricevere la Santa Comunione. Mi è parso un dono del Signore che ho accolto con gioia. Questa condizione è durata poco. Pur non avendo commesso peccati gravi le mie paure mi hanno ricondotto sulla strada del dubbio e della mancanza di fede piena. Potevo davvero ritenermi libero dalle mie colpe e destinato non più alle tenebre dell'inferno ma salvo e nella grazia del Signore? In questo momento, specialmente, vivo un periodo di grande sofferenza. Prego ogni giorno, vado in Chiesa più volte. Mi rivolgo a Gesù, alla Madonna, ai santi che più amo - San Giovanni Battista, San Pio da Pietrelcina, San Leopoldo Mandic - chiedendo di guarire il mio corpo e salvare la mia anima. Chiedo loro di intercedere non solo per me ma anche per i miei cari, per gli afflitti, per i malati che conosco, per i miei morti.  Ma nonostante i miei sforzi non riesco a uscire dal baratro del dubbio, dal sospetto che le mie preghiere siano indotte soltanto dal terrore della morte e del fuoco eterno e non, invece, dalla vera Fede in Cristo. Grazie, Padre, per avermi ascoltato. Risposta del sacerdote Carissimo,  1. la tua situazione è oggettivamente irregolare trattandosi di una convivenza che a suo tempo è stata segnata dai rapporti sessuali. 2. Tuttavia il magistero della Chiesa ricorda che se si è pentiti di aver intrapreso una strada che non è secondo il progetto di Dio, se al momento e neanche per il futuro non è possibile pensare ad una separazione perché si lascerebbe una persona nella solitudine e nella necessità, se c'è l'astensione dall'intimità sessuale è possibile essere confessati e comunicati. Ed è quanto ha fatto il sacerdote che per caso provvidenziale hai incontrato entrando in
Chiesa. 3. Va aggiunto però che la Santa Comunione può essere fatta pubblicamente solo dove non si è conosciuti come conviventi. Sebbene tra voi non ci sia intimità sessuale, tuttavia la gente potrebbe pensare che oggi si può fare la Santa Comunione anche se si è conviventi. 4. Questa cautela la Chiesa la pone anche per i divorziati risposati che non possono ormai separarsi o per la presenza di figli o per altri motivi seri. Giovanni Paolo II, nella Familiaris consortio scrive:  “La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio.  Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo II, 25 Ottobre 1980)” (FC 84). 5. Nel vostro caso, se sotto il profilo dello stato civile siete celibi, sarebbe opportuno pensare al sacramento del matrimonio. Il matrimonio può essere celebrato anche soltanto con la presenza di due testimoni davanti al parroco al di fuori della celebrazione della Messa. 6. Ma tornando al motivo di ansia che ti ha colpito qualche tempo dopo quella confessione, ci sono buoni motivi per dire che vivi in stato di grazia. Certo, la situazione di irregolarità permane. Ma questo non impedisce che tu possa vivere in grazia di Dio. Pertanto vai avanti serenamente fidandoti di quello che ti ha detto il sacerdote che ti ha assolto e ti ha dato la Santa Comunione. Tu vivi nella comunione dei santi: non solo perché vivi in grazia di Dio, ma anche perché vivi l’amicizia con alcuni santi in modo particolare. Sulla loro fedeltà, sulla loro intercessione e sulla loro protezione puoi sempre contare. Sono gli amici più fedeli e più potenti. 7. Allontana i pensieri dubbiosi che vorrebbero buttarti nella disperazione. Tieni sempre a mente ciò che diceva San Giovanni Bosco: “Tutto ciò che turba e porta via la pace non viene da Dio”. Pertanto non lasciar penetrare nella tua mente alcun pensiero di quella sorte. Sono pensieri di morte e non di vita. Ti benedico, ti ricordo nella preghiera e ti auguro ogni bene, soprattutto per la tua salute. Padre Angelo
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coccobellos-blog · 2 years ago
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La solitudine, si sa, non tutti se la possono permettere. Non se la possono permettere i vecchi. Non se la possono permettere i malati. Non se la può permettere il politico. Un politico solitario è un politico fottuto di solito. Però, sostanzialmente, quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante. Il circostante non è fatto soltanto di nostri simili. Direi che è fatto di tutto l’universo, dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai nostri problemi e, credo, addirittura, che si riescano a trovare delle migliori soluzioni. E, siccome, siamo simili ai nostri simili, credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri. Con questo, non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né del romitaggio. Non è che si debba fare gli eremiti o gli anacoreti. È che ho constatato, attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita, non è che dimostro di avere la mia età attraverso la carta di identità. Credo di averla vissuta. Mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura. Invece, l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura.
Fabrizio De André
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canesenzafissadimora · 7 months ago
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La solitudine, si sa, non tutti se la possono permettere. Non se la possono permettere i vecchi. Non se la possono permettere i malati. Non se la può permettere il politico. Un politico solitario è un politico fottuto di solito. Però, sostanzialmente, quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante. Il circostante non è fatto soltanto di nostri simili. Direi che è fatto di tutto l'universo, dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai nostri problemi e, credo, addirittura, che si riescano a trovare delle migliori soluzioni. E, siccome, siamo simili ai nostri simili, credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri.
Con questo, non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né del romitaggio. Non è che si debba fare gli eremiti o gli anacoreti. È che ho constatato, attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita, non è che dimostro di avere la mia età attraverso la carta di identità. Credo di averla vissuta. Mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura. Invece, l'uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura.
Fabrizio De André
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paneliquido · 4 years ago
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VIETATO VIVERE
Un mattino ti svegli e scopri che è vietato vivere, perché è così, è vero: «L’uomo moderno, in cambio di un po’ di sicurezza, ha rinunciato alla possibilità di essere felice» (Sigmund Freud) perché ormai ogni divieto sembra sacrosanto, ma poi diventa un insieme che diventa una galera, la nostra galera. Lo sembra questa nostra vita in cui, appunto, un mattino ti svegli e scopri che a Roma e a Torino, siccome eravamo a corto di divieti, hanno deciso di bloccare le auto per via dello smog (sacrosanto, certo) e pazienza se salire su tram e metro diventerà una follia, fa niente se in pratica già non possiamo più uscire di casa e dobbiamo stare attenti pure a come ci stiamo, in casa, e a che cosa mangiamo, beviamo, fumiamo, diciamo, ascoltiamo, clicchiamo; fa niente se la capacità di imporre divieti è diventata la misura dell’amministrazione pubblica, fa niente. Tanto ormai è tardi, viviamo come se vivere corrispondesse solo al rischio di morire, non ci siamo accorti che il bisogno di sicurezza genera sempre – sempre - anche delle forme di un autoritarismo e la tendenza a regolamentare ogni cosa. Mentre un professorino di Foggia, ieri, spiegava che un Natale in solitudine è più spirituale (ma lo colpisse un fulmine, a Giuseppe Conte) abbiamo smesso di accettare che la prima causa di morte è la vita, che basta nascere per avere una probabilità su tre di avere un tumore (purtroppo è vero) mentre c’è una parte del mondo che non riesce a mangiare e c’è un’altra che non riesce a non farlo: e, in mezzo a tutto questo, non c’è nessuno che ammette che la prima causa di morte, nel Pianeta, sono l’alimentazione e la respirazione. Si muore perché si vive. Così leggiamo libri e guardiamo programmi che parlano di cucina (che servono a ingrassare) e poi passiamo dal dietologo (perché dobbiamo dimagrire) e non passa giorno senza che un’alterata percezione del rischio venga trasformata in causa di morte da una politica medicalizzata (o sanità politicizzata, fate vobis) che ormai spadroneggia, e che tende a inglobare anche le dimensioni comportamentali dell'esistenza. Ormai il libero arbitrio viene visto come una minaccia da ridurre a malattia: ecco perché l'Organizzazione mondiale della sanità e cento altri organismi fanno campagne mediatiche e «scientifiche» su tutto, e decidono i prossimi nemici della nostra salute. Ora c’è il coronavirus, certo. Ma sappiamo tutti che presto o tardi, per dire, negheranno la mutua agli obesi, metteranno etichette terrorizzanti per cibi e vini come per le sigarette, il peso dei bambini diverrà un voto sulla pagella (accade negli Usa) e ci saranno le chiese senza incenso passivo (accade in Canada) e saremo sempre più invasi da continue «valutazioni dei rischi» mentre pubblicheremo, sui nostri giornali, qualsiasi studio: anche se il giorno prima ce n'era un altro che diceva il contrario. Ascolteremo qualsiasi medico o virologo o camice bianco come se l’idiozia non fosse equamente distribuita in tutte le categorie, e il nozionismo rendesse davvero più intelligenti. Il terrore di ammalarsi impera in una civiltà che tende a interpretare la natura umana solo in chiave biologica, e che ti spiega, persino, che i grandi uomini erano soprattutto dei grandi malati: depressi erano Ippocrate e Churchill e Montanelli, Leopardi aveva un problema di neurotrasmettitori, la sensibilità di Tchaikovskij era una somma di fobie omosessuali, Van Gogh del resto era epilettico, Paganini aveva la sindrome di Ehiers-Danlos, Rachmaninov quella di Marfan, e, peggio, la vicina di casa ha il coronavirus. E allora bisogna vietare. Giustamente. Ma, a poco a poco, vietano tutto. La vera minaccia alla nostra proviene da una declinazione distorta della libertà stessa: non abbiamo più margine individuale a fronte della proliferazione proprio dei diritti individuali: il diritto alla salute su tutto, ma questo dopo che un insieme di minoranze ha oppresso sempre nuove maggioranze per via dei diritti del cittadino, del consumatore, del bambino, dell’alunno, dell’anziano, del pedone, dell’automobilista, del ciclista, del turista, dello sportivo, del disabile, del militare, del teleutente, dell’ascoltatore, del lettore, dell’ambientalista, del cacciatore, di chi vuole essere armato e di chi esige che la gente sia disarmata, di chi vuole fumare e di chi non vuole il fumo altrui: sinché a un certo punto tutti i diritti hanno finito per elidersi a vicenda e il lockdown (mondiale?) da Coronavirus ci ha dato la mazzata finale. Così resteremo a casa. Distanziati, se possibile. Senza troppi abbracci e smancerie contagiose. Anaffettivi. Naturalmente senza fumare (perché il fumo passivo ammazza il figlio dell’inquilina del palazzo di fronte, e di recente hanno scritto che fa male anche ai cani) e bevendo acqua senza sodio (ma occhio all’arsenico e al cloro e ai solfati, oltre al celebre stronzio) ma senza prosciutto, salame, mortadella e bacon che sono pieni di grassi malsani e nitrati e nitriti (di cavallo?) e niente birra perché il luppolo fa male alla prostata, lo zucchero bianco è veleno al pari di burro, strutto, olio di palma e olio di colza, i sostituti dello zucchero fanno peggio, i biscotti contengono mediamente più grassi dei salumi, sul caffè e sui carboidrati si è letta ogni cosa, nel 2015 l'Organizzazione mondiale della sanità ha deciso che «la carne è cancerogena» (le salsicce sono accanto all'amianto nel gruppo 1, dove sono racchiusi gli agenti più pericolosi) come la Coca Cola e le bibite di ogni tipo, e i succhi, anche in versione dietetica, mentre la frutta alla fine contiene sempre tracce di pesticidi anche se hai lavato e sbucciato, e comunque fa ingrassare come quella secca, il gelato contiene additivi e coloranti e conservanti, in generale tutti i grassi causano malattie cardiache, il generale tutto il grano (non solo il glutine) contiene bromato di potassio, le merendine per bambini fanno ingrassare e danno squilibri ormonali, dei fritti neanche parliamo, il pesce assorbe le sostanze tossiche dei nostri mari, la pizza ha la farina 00 che ha troppo amido e amido e zuccheri e i bordi bruciati o carbonizzati che fanno venire i tumori, niente è peggio del sale che alza la pressione, forse solo il vino, almeno secondo il Chief Medical officer (2016) che ha stabilito che faccia male sempre, anche poco, e che ti abbassa l’aspettativa di vita. Ma chi la vuole, questa vita. Chi la vuole, questa sanità che ingloba anche le dimensioni sociali e comportamentali, e dove qualsiasi coglione ti spiega che se ti ammali pesi economicamente sulla società. Ridateci il compianto (davvero) e libertario Antonio Martino, ex ministro ed economista: «L’impiego di argomentazioni scientifiche volte a distogliere la percezione del rischio, terrorizzare l’opinione pubblica e indurre le autorità politiche all’adozione di misure restrittive delle libertà individuali... rappresenta nient’altro, nella quasi totalità dei casi, che uno strumento nella lotta che gli statalisti di ultima generazione conducono ai danni delle nostre libertà». Ridateci il Michele Ainis del 2004 col suo libro «Le libertà negate. Come gli italiani stanno perdendo i loro diritti», dove raccontava di uno Stato che, in fondo, ti chiede solo di rispettare delle regole: e fa niente se queste regole, lentamente, nel loro insieme, finiscono per imbrigliarci come le cordicelle che bloccavano Gulliver. Ormai è vietato tutto. Fioccano le commissioni culturali e giornalistiche per edulcorare i testi che rischiano di offendere qualche sensibilità, fioccano le purghe del linguaggio, già vent’anni fa scrittori come Michel Houellebecq e Oriana Fallaci furono denunciati per aver istigato all’odio razziale, libri e film sono stati accusati a vario titolo di razzismo o pedofilia, parlare è diventata un’impresa (ne abbiamo scritto più volte) e attendiamo chiusi in casa, sfiduciosi, le prossime novità sul lockdown, sui nuovi divieti: non abbiamo mai avuto (mai, mai, neppure lontanamente) una classe politica così scandalosamente imbecille, proprio tarata mentale: ma c’è qualcosa che va oltre e, come si dice, ha piovuto sul bagnato. Un diluvio. E ci sono tante persone normali, perbene, che sono diventate inconsapevoli fiancheggiatrici di un neosalutismo che ha i toni isterici e salvifici di chi non si limita a lottare contro un virus, come tanti che ce ne sono stati nella Storia: è anche piccolo traffico, piccolo commercio, sondaggino di opinione, esondazione ideologica, pubblicità progresso, fanatismo di chi stabilisce dall’alto il benessere di un popolo e rivitalizza il primato del collettivo sull’individuo, glorifica l’intervento statale, annuncia nuove ondate e nuovi lockdown, e intanto ci chiude in casa. Ma ne usciremo. Ne usciremo comunque.
Filippo Facci
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marquise-justine-de-sade · 4 years ago
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🖤
Figlia mia, sii pietra dura
per chi vuole scalfire il tuo mondo
e modellarti come meglio crede.
Sii roccia impervia
per gli amori malati,
che vogliono domarti
e pretendono di tenerti a bada
e vorrebbero isolarti dal mondo intero,
per averti tutta per loro.
Non mendicare amore,
per paura della solitudine.
Fai della mancanza un’occasione per diventare tormenta.
Scagliati come un’onda d’urto
che si oppone agli abbandoni,
alla sofferenza, al dolore.
Sii più forte di loro.
Falli tremare.
Impara a costruire muri,
vette invalicabili,
per chi ti manca di rispetto
per chi osa con la violenza , quella dei gesti o delle parole.
Fatti caverna inaccessibile
in cui nascondere il tuo cuore di perla
dalle false persone.
Da chi ti mette da parte,
quando pensa che ci sia di meglio.
Da chi fa finta di non vederti,
perchè non servi più.
Da chi non trova il tempo,
quando tutto ciò di cui hai bisogno è presenza.
Sii superficie marmorea, lucente,
per farti scivolare addosso gli insulti, le umiliazioni.
Di chi vuole impedirti di crescere, di essere migliore.
Non accettare mai compromessi.
Pretendi attenzione,
con gli amici, con un compagno,
fatti scaltra come le facce delle montagne rivolte al sole.
Non lasciare che ti sgretolino le critiche.
Fatti tu sabbia,
scivola tra le loro mani,
perché sappiano che un animo pulito
non si può chiudere in un pugno di parole.
Ma quando incontrerai chi di te ha rispetto, fatti incavo in cui accogliere le carezze, rigagnolo in cui far scorrere l’incanto.
Fa che le tue crepe
siano impenetrabili all’odio e al rimpianto,
che li attraversi solo l’acqua che lava, che porta via.
Figlia mia, fatti cristallo,
quando incontri l’amicizia e l’amore, quelli veri, e come un caleidoscopio
che riflette infinite combinazioni di colore,
moltiplica in mille facce la gioia e la passione.
E quando avrai bisogno di coltivare sogni,
perché il presente non ti basta e vuoi volare, fatti polvere di stelle.
Per me, continuerai ad essere così,
gemma preziosa, ed io, ad ogni risveglio,
i tuoi sogni li vorrò abbracciare.
* Felicia Lione *
Ph Web
Mi avvalgo della facoltà di essere acida
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Anoressia nervosa: le conseguenze dei disturbi alimentari
L'anoressia nervosa è uno dei disturbi del comportamento alimentare dalle conseguenze molto gravi. La cancellazione del Fondo nazionale per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell'alimentazione, per il mancato rifinanziamento in sede di Legge di bilancio, impone tenere acceso il faro sul tema. Due giorni fa lo ha fatto il Corriere della sera sul quale è apparsa un'intervista ad Arianna David. Miss Italia 1993, Arianna ha condiviso la sua esperienza con l'anoressia. Partendo dalla sua testimonianza, vogliamo illustrare cosa si cela dietro la malattia. Come riconoscere l'anoressia Il sintomo più evidente dell'anoressia nervosa è il forte calo ponderale. Arianna ha dichiarato di essere arrivata a pesare 39 chili. In realtà la perdita di peso, che potrebbe avere una causa diversa, è solo la punta dell'iceberg. Sotto c'è tutto un mondo fatto di percezioni distorte e di comportamenti disfunzionali. Le persone che soffrono di anoressia: - cercano la magrezza assoluta - hanno il terrore di ingrassare - si vedono grasse anche dopo aver perso molto peso - negano di avere un problema Per soddisfare l'esigenza di magrezza mettono in atto due tipi di strategie: la prima consiste nel ridurre le porzioni di cibo, la seconda nel rimpinzarsi per poi procurarsi il vomito o assumere lassativi. Nel primo caso si parla di anoressia restrittiva, nel secondo di bulimia. Le strategie malsane si compiono nella totale solitudine: si butta il cibo non consumato, ci si chiude in bagno quando si auto induce il vomito, si assumono i lassativi di nascosto. Se affermano di non avere fame non bisogna credere loro: la fame scompare solo quando si giunge a uno stadio molto avanzato. I soggetti malati si illudono, combattendo la fame, di esercitare un controllo sul proprio corpo. Quali sono le conseguenze dell'anoressia nervosa? Le conseguenze dell'anoressia nervosa sono svariate e di diverso tipo: - brachicardia e ipotensione - ipotermia - peluria su viso e collo - edemi - stipsi L'anoressia può portare a un calo del desiderio sessuale e nelle donne alla scomparsa del ciclo mestruale. La stessa Arianna ha raccontato di non aver avuto le mestruazioni per un anno. Si manifesta, inoltre, uno squilibrio ormonale con un deficit di estrogeni nelle donne e testosterone negli uomini, degli ormoni tiroidei e alti tassi di cortisolo. Nei casi più avanzati si riscontrano i sintomi classici della malnutrizione: il cuore si indebolisce pompando sempre meno sangue, possono verificarsi aritmie cardiache, disidratazione con conseguente svenimento, scompensi elettrolitici (bassi livelli di sodio e potassio). In caso di bulimia il vomito provoca un'infiammazione dell'esofago e la corrosione dello smalto dei denti, mentre l'uso prolungato di lassativi può portare a danni intestinali. Patologie in aumento In Italia ci sono circa 4 milioni di persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare. 1.680.456 sono i nuovi casi diagnosticati nel 2023 (il 30% in più rispetto agli anni pre-pandemia) e riguardano bambini tra i 10 e i 13 anni. Il Fondo per il contrasto dei disturbi alimentari sosterrà, fino a novembre, una rete di 126 strutture specializzate delle quali 112 pubbliche. Dopo tale termine se il governo non darà seguito alle ultime dichiarazioni circa lo stanziamento di fondi per questo capitolo, per i pazienti si prevedono enormi difficoltà di accesso alle cure e lunghe attese. In copertina foto di FranckinJapan da Pixabay Read the full article
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