#ma vorrei dirgli questo
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Sembro triste... sì beh perché lo sono. Sono stata in coma quando ero piccola, ho passato tanto tempo in ospedale, ho sofferto di mutismo selettivo fino agli otto anni, in mezzo all'indifferenza della gente, sono cresciuta in una famiglia disfunzionale dove mia mamma sclerava per ogni minima cosa, tra urla, esplosioni di rabbia e lanci di coltelli, ho trascorso la mia adolescenza chiusa in casa con ansia, depressione, autolesionismo e continui tentati suicidi, mix di farmaci, poi sono scappata e ho vissuto quasi tre anni in una situazione di droga e altra violenza domestica, la ragazza con cui stavo mi ha spaccato a pugni il setto nasale e inclinato due vertebre, mi sono annientata completamente. Poi ho girato per mesi dormendo da persone a caso che non conoscevo, ritrovandomi nuovamente in contesti turbolenti. Ora mi ritrovo sola, in una nuova città, senza un posto dove stare, fa male... cazzo se fa male. Ho in testa tutte le cose orribili che mi hanno ripetuto nel tempo, tutte le emozioni che ancora mi bloccano e fanno tremare. Mi dico che sono forte e probabilmente lo sono davvero, ma giuro che in momenti come questo desidero solamente sparire dal mondo. Ho bisogno di urlare. Ho la sensazione di aver già visto fin troppo.
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abito in un paesino in provincia di Napoli,
esattamente a metà strada tra Napoli e Caserta
poco meno di trentottomila abitanti.
sarebbe un'assurdità dire che tutti conoscono tutti,
ma la maggior parte conosce la maggior parte.
ho sempre voluto scappare da qui, non l'ho mai sentito mio questo piccolo angolo di mondo;
sempre stata estranea a questa realtà,
un po' come se in viaggio verso il mio posto qualcuno mi avesse persa per strada senza accorgersene e mi sono ritrovata per sbaglio a crescere qui.
negli anni ho cominciato a definire casa mia la mia piccola isoletta felice,
forse perché ho avuto l'immensa fortuna di essere capitata in un contesto in cui ho potuto crescere con i miei affetti più cari anch'essi catapultati entro i confini di quest'isoletta.
mi basta fare toc toc ad una porta per ritrovarmici dietro mio fratello,
cercarla con lo sguardo e trovare mamma,
allungare la mano fuori dal letto per essere bagnata dal nasino di luna,
svegliarmi la mattina con papà che si affaccia in camera prima di andare a lavoro;
mai dovuto fare un passo per aiutare nonna a cucinare per tutti o sentire la sua voce che ogni due per tre urla il nome del cagnolone che c'è in giardino credendo sia scappato, cagnolone che ormai in cinque anni ha imparato a conoscerla e si nasconde dietro ogni albero per spaventarla;
non ho mai dovuto varcare nessun confine per sedermi accanto a nonno mentre scrive, con quella grafia che avrei sempre voluto fosse un po' anche mia; per dirgli che l'uomo che vorrei al mio fianco dovrebbe essere esattamente come lui;
salgo solamente una semplice rampa di scala ed ecco che sono sul letto di mia cugina a parlare per ore.
sono sempre stati tutti qui,
salvi, tra queste mura, dalla guerra che c'è al di fuori.
se chiedete alla me bambina però, vi risponderà che la guerra è sia dentro che fuori queste mura,
si perché il padre non è sempre stato quello che si affacciava alla porta di camera sua e la madre non sempre quella che riusciva a trovare solo con lo sguardo;
vorrei ora dire a quella bambina che con gli anni siamo riuscite a perdonarli, che la madre e il padre sono adesso mamma e papà, che erano troppo piccoli forse all'epoca per saper crescere due figli, che sono cresciuti anche loro insieme a noi e non possiamo fargliene una colpa.
ora siamo tutti grandi,
lei e il fratellino, entrambi forse con qualche piccolo trauma irrosilto, ma che stanno cercando di costruirsi una vita serena;
e mamma e papà, forse non l'emblema di un matrimonio felice, ma capaci di essere ora genitori.
non vorrei spoilerarti troppo, bambina, ma continuerai a fantasticare ogni giorno di una vita completamente diversa da quella che hai,
per un periodo di tempo penetrerai così tanto in quei racconti che perderai la connessione con la realtà e farai credere ad altre persone di vivere vite che non hai mai vissuto.
incontrerai il primo amore, quello fatto di emozioni forti, quello che ti brucia dentro;
e quello stesso amore continuerai a cercarlo in altre mille volti e in altri mille cuori una volta perso,
la tua sarà una ricerca sfrenata, quasi interminabile,
qualcuno ci si avvicinerà, altri nemmeno lontanamente,
e poi finalmente un giorno ti arrenderai
ti arrenderai il giorno in cui incrocerai i suoi occhi per la prima volta e nascerà dentro di te la consapevolezza di non poter mai rivivere un qualcosa di così forte,
lo capirai, lo accetterai e te ne farai una ragione,
d'altronde certe cose sono fatte per essere vissute una volta soltanto, altrimenti diventerebbero ordinaria quotidianità.
continuerai a sognare quel mare quasi tutte le notti
e sarai grata per questo, perché i contorni di quel ricordo sembreranno non sbiadire mai.
viaggerai, bambina, non tanto quanto vorresti, ma qualche città diversa dalla tua la vedrai
e sentirai in quel luoghi sensazione di casa,
sensazione che giù in quel paesino non sei mai riuscita a sentire.
riuscirai addirittura ad andare via da lì, salvo poi rirornare,
come risvegliarsi di colpo da un sogno e accorgersi di essere sempre lì, nello stesso letto, il tuo.
avrai però, almeno l'illusione di aver vissuto per un periodo quella vita che avevi sempre voluto, circondata da persone che avevi sempre aspettato,
con una di esse ci passerai addirittura una notte su un tetto durante un turno in ospedale.
cambierai poi di nuovo vita, scenderai da quel tetto e ritornerai nella tua isoletta, circondata dalla guerra.
ti sembrerà di aver ritrovato la tua strada, ma ad un certo punto questa strada si interromperà nuovamente
e non saprai se costruirci sopra un ponte per raggiungere l'altro lato dell'interruzione
o tornare indietro e imboccare un altro vicoletto.
scapperai dalle persone, da chiunque, anche da chi sembra farti provare qualcosa di nuovo.
non so ancora dirti se ci sarà quella persona che ti prenderà per mano e ti fermerà,
spero di riscriverti tra qualche anno per dirti che ce l'abbiamo fatta, la nostra strada l'abbiamo trovata, la stiamo percorrendo con accanto qualcuno di speciale e siamo dirette verso la vita che hai sempre sognato.
chissà bambina.
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Non credevo l’avrei mai detto o pensato, ma mi manca quella persona che mi è stata attorno per anni. Quello che mi mandava il “dove sei?” alle 3 di notte. Quello che mi ha smosso qualcosa dentro. Quello che con tutta la naturalezza di questo mondo mi ha fatto sentire me stessa. Quello che mi diceva che si vede che metto il cuore in tutto quello che faccio e che in qualche modo mi ha salvata. Quello che non mi ha mai dato nulla da fumare, che in qualche modo non ha permesso che io mi rovinassi.
Mi manca e vorrei dirgli che gli voglio bene. Che per me è un fratello e gli voglio quel tipo di bene, che qualunque cosa accada io ci sono. E che quando avremo 70 anni lo aspetto a casa per berci una birra.
Mi manca.
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Il primo ricordo musicale che ho è legato a George Michael.
Ho sei anni e sono nella cameretta di zio Michele, a casa di nonna. Salto e mi dimeno come solo una bambina può fare sulle note di Wake me up before you go go. Faccio la mossa di suonare la chitarra e indosso gli occhiali da vista di nonna, facendo finta che siano quelli da sole di George. Posso fare tutto questo perché sono sola. Zio è andato in bagno, nonna è in sala a cucire e mia sorella credo all’asilo. Mi vergogno di ballare davanti agli altri, ma vorrei farlo.
Immagino la felicità di poter esprimere tutta quella gioia di ballare e inventare parole senza nessuno che guarda e sfotte, perché da una bambina come me, così compita, taciturna ed educata, non ci si aspetta la vivacità degli altri bambini. A me però sarebbe piaciuto poter scatenarmi, urlare, saltare con le scarpe ai piedi e inventare le parole delle canzoni.
George Michael però l’ho sempre cantato con mio zio che cercava di insegnarmi le parole giuste da dire mentre faceva gli addominali a terra con me a tenergli le caviglie, avvicinava il suo bellissimo naso al mio ogni volta che tornava su e mi soffiava il fiato in faccia; quel fiato che sapeva sempre di buono. Mi sentivo così importante a reggergli i piedi durante quelle fatiche e così felice a cantare l’inglese in quella stanzetta di adolescente piena di dischi e di segreti, che mi commuovo ogni volta che ci penso e vorrei dirgli “zio, chiudiamoci in stanza a struppiare le canzoni di George Michael, chè abbiamo bisogno tutti e due di ricordi solo felici, senza le lacrime”.
Stasera zio, che ha soltanto 11 anni più di me, verrà a casa, come ogni lunedì da quando mia nonna se ne è andata, a respirare un po’ di tranquillità e a cercare di recuperare i cocci della vita sua che è andata in frantumi in un solo anno. Io cucinerò per lui e con fare vago metterò gli Wham!. Sai mai che si mette a terra e mi chiede ancora di reggergli i piedi per non tornare più in America.
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Sono stati giorni stressanti e sono stata fin troppo frustrata. Infatti oggi son crollata, che sia colpa del caffè o di un colpo di freddo, non lo so, perché ho avuto crampi e gonfiore dopo cena, una brutta sensazione addosso che si è intensificata al punto di dover prendere il lexotan e tempo 15 minuti, come se niente fosse mai accaduto. È da settembre che non avevo crisi d'ansia così, ho cercato di resistere, di distrarmi, di fare cose, ma niente, non ha funzionato un cazzo. Solo le medicine mi aiutano e odio che sia successo, certo meglio ieri che domani, visto che oggi ho la visita dallo psichiatra e ho tanta paura che mi faccia tenere questa terapia con l'antidepressivo che mi causa anomalie nell'orgasmo. Ho smesso da sola, ma lui non lo sa, mi ha solo scalato la dose ma io sinceramente ho smesso da settimane e sono stata bene comunque, questo è un solo episodio isolato dovuto a forte stress, frustrazione e abbuffate con sensi di colpa. Domani volevo solo concentrarmi sulla mia depressione e invece mi tocca dirgli che sono stata male. Non voglio prendere farmaci, ma al tempo stesso li vorrei per tirarmi su d'umore, visto che nulla mi sta aiutando. Sono sfinita, non mi alzo mai con un po' di voglia (e uno mi direbbe vabbè nessuno si alza volentieri per andare a lavorare, specialmente col freddo) ok, ma io ricordo che al liceo mi alzavo sì malamente, ma tempo 5 minuti e stavo fuori dal letto, non come ora che mi sveglio a posta un'ora o mezz'ora prima e resto a letto convincendomi ad alzarmi. Non ero così, non lo ero, perché ero stimolata, avevo delle ragioni per uscire da quel letto e ora non ne ho più, il servizio civile mi sta demoralizzando perché mi sento sempre esclusa e le mie colleghe non sembrano interessate alle attività che facciamo, né tanto meno di fare amicizia, ci parlo tranquillamente sì ma più di quello non c'è. Non ho legato con nessuna e ciò mi pesa moltissimo. In più mi sento sempre emarginata dalla comitiva di Riccardo, sto bene solo con 4 persone ma essendo ragazzi non ci ho legato, vuoi che a loro non interessi, vuoi che sono la fidanzata di un loro amico, ci sta, lo capisco, però... Anche il fatto che mi sono quasi trasferita da lui non mi ha causato forte ansia, ero più in ansia il giorno dopo il servizio sociale perché avrei fatto colazione con le colleghe, invece ora che mi alzo sempre da sola perché lui va a lavoro molto prima di me la vivo bene ma sono sempre molto triste di star sola in casa, però lo affronto meglio di quanto pensassi ed è davvero tanto per me, un bel passo avanti. Ma ora, che l'ansia è tornata, tornerà di nuovo? E se sarò sola? Io penso davvero che potrei chiamare la guardia medica se sto così e non so che fare da sola, ma poi avrei paura di chiamarla cazzo ne so, non so più niente.
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Per quasi un anno ho frequentato una persona, tra vari tira e molla.
Lui alternava momenti di dolcezza a freddezza assoluta. Diceva che la mia insicurezza era un difetto e così come reagivo ai suoi maltrattamenti verbali diceva che ero io il problema. Insomma zero rispetto nei miei confronti.
Però intanto mi illudeva, mi prometteva cose (che puntalmente non si avveravano mai) e io ci cascavo ogni volta. All'ennesima lite lui sparisce.
Io l'ho ricontattato solo una volta. Avevo bisogno di spiegargli quanto mi avesse ferito il suo comportamento ma lui niente.. neanche un addio.
Adesso però sono piena di rabbia e vorrei potergli vomitare addosso tutto quello che penso. Mi ha fatto sentire stupida, manipolata ed usata come un oggetto che non serve più.
Se lo ricontattassi per dirgli quanto male mi ha fatto questa sua indifferenza lo farebbe solo sentire importante lo so.. Ma cosa dovrei fare? Solo sparire nel nulla cosapevole di aver dato tanta importanza ad una persona per cui ero insignificante. Davvero non so come fare per accettarlo e andare avanti..
Il primo passo per chiudere questo capitolo, è proprio affrontarlo. Dovresti scrivergli il tuo ultimo pensiero, dove sfoghi tutta la tua rabbia repressa. Lo fai senza aspettarti di ricevere una risposta di ragione o di conforto. In caso non facessi nulla, ti porteresti questo peso per tempi piuttosto lunghi. Quando uno scopre di venire illuso da una persona, non dovrebbe permettere a quest'ultimo di continuare a farlo, sai? Altrimenti è giusto subire tali conseguenze, se siamo noi a sceglierlo.
Per quanto riguarda la fase dell'accettazione, sarebbe più facile se non pensassi più al "come poteva essere" ciò che è stato, è stato perché così doveva essere
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mi ero accorta subito ci fosse qualcosa che non andava. mi guarda con gli occhi spenti ed un sorriso forzato per tutta la serata. gli preparo la cena, gli porto il caffè e i biscotti, ci sdraiamo nel letto e gli accarezzo la testa, ma continua a tacere. poi ad un certo punto scoppia, mi dice che non ha un soldo, non ha la patente, che si sente un fallito, che in tre anni non ha concluso nulla nella sua vita e per questo mi stancherò di lui. tento in tutti i modi di farlo stare meglio. inizialmente rassicurandolo, dicendogli che le cose si sistemeranno, che credo in lui e che lo aiuterò sempre. “perché non studiamo assieme domani?”, oppure “vedrai che il colloquio di gennaio andrà bene!”, e ancora “mi basta stare insieme a te e sapere che sei sempre presente”. mille sforzi da parte mia, credetemi. l’ ho spronato a riprendere ad allenarsi con la promessa di vederci per camminare o magari correre insieme, obbligandoci a svegliarci presto. gli ho proposto di andare in biblioteca, fargli un programma di studio, insegnarli a costruire le mappe concettuali. l’ ho aiutato ad aggiornare il curriculum e sono rimasta al computer, con lui, fino all’una di notte per scriverlo. lo ascolto, piango insieme a lui, lo prendo tra le mie braccia, lo consolo………la sua risposta è stata “ma io non ne ho voglia” “tu lo sai che questo tuo stato d’ animo non durerà in eterno, vero?” “e se così non fosse?”, per un attimo ho esitato. e se avessimo obbiettivi diversi? vite diverse? se questo ci allontanasse? se non avessi prospettiva di crescita con lui? e poi mi sono chiesta se fossi innamorata di quella parte di lui che è morta tre anni fa, nient’altro che una presenza vuota. l’ ho guardato col petto che mi si stringeva e ho pensato “stai scappando” e come a confermarlo, tutto tremante mi dice “ho paura”. la discussione viene interrotta bruscamente, esce di casa alla svelta, ed io mi sento bruciare di rabbia. poi mi blocco. penso a quando mi ha portato a vedere le stelle. un telo e noi seduti, su un fianco, l’uno sull’altro. conosco a memoria ogni sua micro espressione, tutte, dalla prima all’ultima. ed il mio io, così frastagliato e contraddittorio, gli appare semplice. è la prima persona che mi fa sentire chiara, leggibile, facile da amare. e le mille cose che vorrei dirgli, viviamo a 50 metri l’uno dall’altro e il tempo non basta mai. e cresce, cresce talmente tanto che mi si spezzano le costole sotto il peso di tutto questo amore accecante, che fa tremare, ti lacera e ti ricuce. mi basta e mi basterà sempre.
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Mi sono svegliata infelice. Sì, hai capito bene: infelice, mica stanca, mica stressata, mica insoddisfatta. Infelice. Sto cercando la strada per trovarti, non so quanto attivamente, ma nel dubbio alleno le mani a toccarti senza ferirti, ad afferrarti senza catturarti e a toglierti il respiro senza soffocarti. Questa mattina mi hai detto che posso farcela, che non sono mio padre e che negli occhi non ho neanche un accenno della sua ombra.
Mi sento sola. Anche se canto in macchina, anche se rido forte, anche se ho foto di qualcuno nudo sparse nei messaggi.
Mi sento sola e a te avrei potuto dirlo. Avrei dovuto dirti quanto ero sola mentre eravamo in due. Forse avrei dovuto dirti che ero ancora più sola quando eravamo in tre. Invece quando ti ho incontrato qualche sera fa sono rimasta frastornata dal fatto che parliamo della pioggia battente di un giugno insolito come se non avessimo mai condiviso lo stesso zaino molto prima che lo stesso letto.
Chissà che amore pensava di meritare. Vorrei metterlo seduto qui, davanti a me, e chiedergli se un elenco esaustivo di tutte le volte che ha sentito di meritare di più, esista davvero. Vorrei sapere se un amore migliore è stato il motivo che l’ha spinto fuori da quella porta. Chissà invece se, sentendosi vittima, non si è mai riconosciuto colpevole dei suoi tentativi falliti. Chissà se ci legano più gli occhi o questa incapacità di legarci.
Mi ferisce non essere stata la tua ancora di salvezza molto più di quanto mi dispiaccia che tu te ne vada. Mi ferisce non aver saputo tenerti in piedi quando ti sentivi scivolare, mi ferisce non aver saputo ricucire gli strappi causati da questo continuo andare, mi ferisce che tu non abbia sentito le mie mani sufficientemente salde per conservare i tuoi malumori. In realtà mi ferisce essere stata niente, quel niente gigante ci ha diviso senza che ci muovessimo da queste due stanze attigue.
Perché non mi basta? Mi manca andare a casa con te molto più di quanto possa mancarmi l’alba. Siamo già stati qui, dove niente mi scalfisce e mi riempio la bocca di frasi distratte. Con gli occhi disfatti non distinguo la pioggia dallo sporco che incrosta i vetri.
Ho paura di svegliarmi una mattina e di realizzare di essere stata lui tutto questo tempo. Mi dici “se qui non puoi amare, allora non restare”, ma io credo di non potermi amare né qui né altrove. Sono un paio di anni che macero nella convinzione che devo solo imparare a riposare quando sento l’aria mancare. A riposare, mica ad andare via. In questo momento, però, non riesco ad affermare con totale sicurezza che la mia voglia di mollare dipenda dalla stanchezza e non già da quell’infelicità che mi attanaglia. Pensa quante parole complicate ho dovuto scomodare per dirti che non so che cazzo fare. Guardo lo stesso cielo, dalla stessa finestra, con gli occhi brutti di chi cerca la fine. I problemi, quindi, sono veri o sfilano davanti ai miei occhi intenti solo a scovarli? Vorrei un bugiardino per queste quattro mura e un bicchiere di speranze per placare l’arsura di questa insoddisfazione.
Mi circonda un grande mal di testa, mi domando se la sua indifferenza è la risposta alla teoria dell’universo o se forse merito il silenzio per non aver saputo dare altro. Mi torturo le unghie pensando che forse dovrei scriverle, senza cadere nel balletto del disturbo. La sento lontana, mi sento stretta. Consumo quattro metri quadri di ufficio chiedendomi quale risposta dare ad una domanda scontata. Mi sento lontana, vorrei averla stretta.
Onnisciente, vorrei dirgli che mi hanno chiamato in modi peggiori. È quello che penso di meritare? Un paio di risposte vuote e qualche frammento di oggi è l’unica cosa che ho da offrire. Ho gli occhi stanchi e un’incapacità di amare che mi imbavaglia. Sento di non arrivare mai, di muovermi in modo frenetico, questo sì, ma di arrivare mai. Niente funziona, né dentro né fuori. Hai lasciato un mezzo disegno su una colonna bianca, mica hai lasciato me. Non è che non piaci, tu non esisti proprio. A volte mi sorride, anche quando mi giudica, mica mi ferisce.
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Oggi è stato il primo giorno del mio studente, ho praticamente passato la giornata con lui.
Mi commuove sempre quella timidezza del "ma se premo qui è un problema?", "ma non è che disturbo in questo meeting?", vorrei dirgli "MA SCASS TUTT COS, MA CHE TE NE FOTT, MANN AFFANCUL, 'STI CHIAVEC NUN S'AMMER'T'N NIENT!!!", perché solo così si impara, ma la policy prevede altro, e provo ad italianizzare fin dove mi è concesso.
Dura la vita per i tutor.
#potrei raccontare di quella volta dove regalai le credenziali di produzione di una mega azienda ad un provider di terze parti#perché dovevo andare a mangiare il crudo a Parma e me passav po' cazz degli upgrade
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Da tempo ormai sto provando a smettere, stavo riuscendo quando stavo con lei, so che non è un buon motivo smettere per una persona, ma associavo il bene che volevo a lei come valvola per uscire da quella roba lì, nonostante la relazione finita ho provato in tutti i modi a farle capire che solo lei avrebbe potuto aiutarmi, ma come spesso accade mi ha voltato le spalle, forse sono io a spiegarmi male.
Sto provando a lottare, sto raccontando bugie, inganno tutti per riuscire a portare avanti le due facce di questa stessa vita, da una parte all’apparenza normale, e dall’altra costretto a mantenere contatti con ambienti degradati dove gli unici valori conosciuti sono quelli strettamente legati alla droga.
L’apice toccato l’altra sera io che collasso tra le braccia di mio padre e le lacrime di mia madre, “hai preso qualcosa”
“Assolutamente no” risposi dopo aver ripreso coscienza.
E loro che mi avevano raccomandato da sempre di non toccare quella roba lì, ecco quella roba lì, che ormai è diventata il centro del mio mondo e mi fa superare queste interminabili giornate che spero possano finire un giorno, sto provando a farlo.
Ho iniziato per sfida ormai anni fa con un mio amico e pian piano ero diventato anch’io uno di “loro”
Ogni giorno il primo pensiero è avere quella roba lì, di conseguenza parte dello stipendio è dedicato a quello, nella mia banca ci sono tutte le transazioni che effettuo, svago, cibo, divertimento, dovrebbero metterne una anche per le droghe, così uno si regola, che cazzo.
Non ho la più pallida idea di come affrontare il problema, i miei amici sono come me, ma come cazzo faccio a chiedere aiuto a persone che hanno il mio stesso problema? Perché appunto con loro non è un problema.
Rivolgermi a strutture per aiutarmi? Ma aiutare per cosa?
Non capisco il problema io come potrebbero aiutarmi persone sconosciute, sarebbe come andare al macello, ecco, quei posti lì reputo così, un mattatoio di persone che attendono la morte.
Ho 26 anni è il problema giornaliero è trovare il tempo di farmi, e riesco sempre a trovarlo, anche a lavoro.
Non me ne importa più niente della vita, già da un po’ di anni, sono convinto di aver già vissuto abbastanza e sono pronto a far si che tutte ste sofferenze possano finire.
Di quello che può succedere tra un’ora, il giorno dopo, la settimana dopo, in quei momenti sarebbe potuto succedere di tutto, per questo per me è importante fare le poche cose che mi fanno stare bene il prima possibile, tu che stai leggendo speravo potessi capirlo.
Vorrei provare a non girovagare per la città fatto perso, come uno zombie, e sentire il vento che mi accarezza la faccia ed essere sereno senza uso di quella roba lì, non riesco.
Sono tante le cose da capire e da chiarire, troppe, forse se la mia amica d’infanzia non si fosse tolta la vita adesso non sarei in questa situazione, mi manchi Chiara e non c’è giorno che non ti penso, come stai?
Lo sguardo di mio padre e quello che i suoi occhi riescono a comunicarmi pur non dicendo niente, forse lui ha capito, senza forse, magari sta aspettando che gli parli del problema apertamente, ma quando sono con lui, i rari abbracci che ci diamo, mi sento piccolo, torno indietro di anni e anni e riesco solo a dirgli ti voglio bene papà, lo stesso discorso potrei farlo anche per mia madre, la amo con tutto il mio fottuto cuore, come ho potuto ridurmi così?
Mi sento come se fossi “narcotizzato” tutti i giorni ormai..
Ho passato ore, giorni, mesi e poi anni a chiedermi come fosse stato possibile per me arrivare a tanto, è difficile da accettare, è difficile vivere con questo dolore perenne.
Ma in fondo si sa, “la vita non è per tutti” mi rimbombano in testa queste parole ogni mattina, chissà, arriverà anche per me?
Chiedo pace, pace eterna.
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Partenza
Ho sempre trovato un rifugio per i miei pensieri qui sul mio blog, dove non c'era nessuno che potesse giudicarmi quando scrivevo cose tristi e malinconiche, sfoghi di rabbia o semplicemente vincende accadute che mi facevano stare male.
Posso dire di essere fortunata, si perché l'ultimo pensiero qui era proprio sulla felicità e non tutti riescono a trovarla nella vita.
Una sensazione che non avevo mai provato del tutto così a pieno. Forse c'è chi reputerà stupido dire che ho trovato la felicità conoscendo un ragazzo e se dicessi anche che è davvero speciale, sarei ridondante come una qualsiasi dodicenne innamorata del suo primo fidanzatino.
Ma lui è davvero straordinario, di un'altra epoca, ha principi e atteggiamenti che il genere maschile odierno si sogna. Più passano i giorni e più lo vorrei accanto a me, perché so che uno come lui non esisterà mai.
Ammetto che ho fatto fatica le prime settimane che l'ho conosciuto a non affezionarmi subito per via delle mie esperienze passate, non volevo crearmi false speranze, anche se mi ero presa una cotta dal primo momento che mi ha baciato. Quando poi ho capito che potevo fidarmi e aprirmi ho iniziato a godere a pieno la relazione e non mi vergogno di dire che in poco tempo la cotta è diventata molto di più.
Quando lo guardo negli occhi vorrei dirgli che è fantastico e che mi sono davvero innamorata solo che ho paura non sia proprio lo stesso per lui.
Non amo molto questa parte di me super emotiva, questo mio essere o tutto o niente, però sono fatta così e in tutte le cose che faccio mi piace dare sempre il massimo per non avere mai rimpianti di non averci provato.
Insomma la conclusione di ciò è che avevo bisogno di scrivere e di sfogarmi perché sono circa due orette che non smetto di piangere.
Il motivo è che per lavoro si trasferirà e io non lo voglio perdere. Ho semplicemente paura che tutta questa felicità svanisca e io non sono pronta perché è durata veramente troppo poco.
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ieri è stata una giornata delirante fatta di pianti e di ragionamenti. Ho dovuto dirtelo , io non riesco e non perche non ci voglio provare . Ci ho provato ma io non sento ciò che dovrei. Non è colpa sua , è colpa mia. Io non so andare contro cio che la mia anima necessita. Non sono io. Sapevo che sarebbe andata così . Ma dentro di me sono un abisso gigante che richiede una determinata luce non una luce qualsiasi. Ieri erano 3 mesi dall'ultima mia conversazione con C. Sono passati 3 mesi dove ho affrontato una battaglia estenuante , dove le forze mi sono mancate più volte e la voglia di smettere di combattere è stata tanta. Mi manca si , mi manco io , non posso continuare con a. Non posso. Dentro il mio cuore , nelle mie vene , la mia pelle grida un'altra persona e non posso tornare a casa e non avere niente dentro se non la voglia di parlare con lui davanti al nostro mare , sotto il nostro cielo . Mi manca la persona che da quando l'ho conosciuta ho portato dentro con coraggio e forza. Sempre fiera di averlo accanto anche nei silenzi. Non essere arrabbiata con lui ad oggi non è semplice , né ho tutti i motivi ma ho sempre promesso di proteggerlo , di comprenderlo. Ci sono giornate come oggi che darei qualsiasi cosa per poter parlare con lui e dirgli che anche oggi, anche dopo 3mesi di silenzio , anche dopo tutto lui è la mia ragione di essere . Lui che mi ha senza nemmeno volerlo probabilmente senza nemmeno saperlo. Voglio bene ad a. Mi è stato vicino, mi vuole stare vicino ma lo sa che io sono altrove. Ricordo quando provo a toccare l'onda sul costato....gli ho afferrato la mano e gli dissi : questo no. Giorni dopo mi chiese : " smetterai mai di cambiare tono e sguardo quando parli di lui?" la mia risposta lo lasciò senza parole
" dovrei perdere la memoria , dovrei smettere di ricordarmi come si respira , dovrei smettere di farmi battere il cuore forse, ma lui rimarrà sempre la parte più pura di me e quindi no , non smetterò mai di avere quello sguardo ."
Vorrei dire mille parole scrivere mille cose ma non posso commettere l'errore di riversare cose che dovrei dire a lui non qui su un blog aperto.
Urlando una mancanza , una voragine. Ho sempre chiesto poco... perche le cose non vanno chiesto ma se potessi chiedere qualcosa sarebbe riavere tutto ciò che mi faceva stare bene davvero.
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23) Se ti chiedessero sinceramente di fare tutto ciò che vuoi, ora, in questo preciso istante, cosa faresti?
come prima cosa scoppierei in un pianto isterico lasciandomi andare completamente, direi a quelle ultime persone che mi hanno deluso tutto quello che vorrei davvero dirgli, poi penso che preparerei quella valigia che tengo sotto il letto, quella valigia che dovevo già riempire l'anno scorso ma che per debolezze, paure, manipolazioni, tossicità e scelte sbagliate, non ho riempito.
adesso la riempirei e me ne andrei.
e non sorriderei più solo per cortesia o per circostanza. non mi nasconderei più, me ne andrei soltanto
perché sono stanca e non ne posso più
🌼🤍
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Novità.
Ieri quasi alla fine del turno il proprietario mi chiede se so fare le pizze, non essendo il tipo che si vanta gli dico solo si certo, poi precisa ma con la pressa, gli dico che non sembra difficile, quindi mi invita a parlare un attimo in sala. Mi dice :"Il tuo contratto finisce a metà Settembre, ma se impari a fare le pizze puoi intanto dare il cambio alle ragazze, si fa per dire, e restare fino alla fine di ottobre, ma c'è anche il fatto che Roza (una delle ucraine) dopo un anno che lavora qua non sa ancora le ricette delle pizze, fa le pizze a fantasia e non so se la tengo, magari puoi sostituirla?", dico che posso provarci senza esagerare, penso che sia na cazzata in realtà e che la parte difficile è imparare gli ingredienti che sono tanti da mettere sopra le pizze, chiude dicendomi che la prossima settimana magari con l'aiuto di Valve, che sarebbe il nome della head chef e non la casa di software, che sa fare tutto, ok, ok. Sinceramente avrei preferito chiudere a Settembre e dedicarmi alla musica anche perché l'orario delle pizzaiole è più lungo e con più giorni, si ok sono soldi, ma il tempo per me è musica e non denaro, potrei anche dire di no e dirgli che preferisco terminare il contratto, ma diciamo che non navigo nell'oro e che la musica è sempre presente come lo è sempre stata, quindi penso che accetto e magari mi faccio sto mese e mezzo in più e poi si vede.
Cambiando discorso, oggi leggo che i giornalisti/e di Repubblica prendono le distanze dall'articolo di Elkann sui lanzichenecchi, vorrei vedere, a mio modesto parere sembra la lamentela di un vecchio che però è il padre dell'editore quindi dice al figlio (da leggere con la R moscia stile Agnelli) "Pubblicami questo articolo su questi ragazzacci irriverenti che c'erano sul treno", "Ma papi, sei sicuro cioè so ragazzi dai", "Tu fallo, son pur sempre tuo padre", secondo me è andata così. Mentre un certo Molinari, forse quello della Sanbuca, al Giffoni dice, copio e incollo "La scuola anglosassone insegna che più i contenuti intellettuali sono controversi e più fanno discutere, più sono positivi. Credo che la discussione che ha innescato sia stata profondamente positiva. La controversia c’è stata, dirompente, e in qualche maniera ha testimoniato la validità della pubblicazione", si ok ma non penso sia questo il caso, sembra più uno di quei commenti sui social dei classici ignoranti che si lamentano di qualcosa che a loro da fastidio senza pensare che il mondo cambia.
Altro articolo su Ansa, quello di prima era sul Tempo, è sull'ecoansia, parola composta da eco, penso da ecologia, e ansia che è la combinazione di varie emozioni forti come paura, apprensione e preoccupazione. L'articolo dice che è un nuovo mal essere che sta iniziando a colpire gli Italiani e soprattutto i giovani, ah. Quindi il fatto che ci siano svariati articoli di "allarmi meteo", a sto punto penso che i tg siano inondati (mi sembra il termine adatto) di servizi ad hoc sulle catastrofi naturali degli ultimi tempi, giusto? Quindi è l'ennesima proiezione a esagerare un evento come per esempio il caldo, d'estate fa caldo, o i cambiamenti climatici che portano a bombe d'acqua improvvise, che poi se uno guarda il cielo lo vede che c'è un nuvolone nero e minaccioso che si avvicina, ah dimenticavo che oramai gli occhi sono solo puntati agli schermi dei telefoni. L'umanità ha perso tutto anche il coraggio di affrontare la natura, non ho mai visto un animale avere paura della pioggia, anche se tanta, loro fa un baffo se piove, se è tanta si infilano da qualche parte tanto sanno che passerà. No il mio non è cinismo, ma puro sprezzo del pericolo, come un pompiere non ho paura e mi sono trovato in situazioni in Marina militare dove il mare poteva diventare una tomba, ci vuole sangue freddo, eliminare la paura ti aiuta a sopravvivere, come dici? Non è facile? Beh se sei abituato/a a pisciarti sotto ogni cazzata ovvio che non è facile. L'uomo è un animale ma da quando è uscito dalla catena alimentare e crede di essere più forte della natura, quando in realtà non lo è, è iniziata questa sorta di paura verso quello che non si conosce, la natura appunto. Cosa succedesse se arrivasse il diluvio universale? Pioggia a dirotto per mesi, oppure un bel cataclisma tipo un fortissimo terremoto con tutti i vulcani che eruttano contemporaneamente e rendono l'aria pregna di gas e nubi che oscurano il sole? Lo so cosa fareste, anche quelli che si professano atei, iniziereste a pregare invece di risolvere il problema, avete perso la bussola.
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Quando mi viene da piangere vorrei troppo andare da D. per sfogarmi e dirgli tutto quello che non va, ma poi mi ritorna sul corpo la sensazione di malessere che provo quando il pensiero di "come appaio ai suoi occhi, cosa vede quando mi guarda?" torna dirompente come un tuono dentro a un temporale. Vorrei chiederglielo, ma non ho il coraggio di sentire la risposta.
Fatto sta che in questo momento vorrei piangere, e se gli dicessi tutto sono sicura che apparte un po' di conforto, mi direbbe che non ho ragione.
Vorrei sistemare un sacco di cose, ma non so proprio da dove iniziare.
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é la prima volta da quando ho tumblr che scrivo qualcosa in prima persona, senza rebloggare niente da nessun altro
mi dispiace per voi, cari lettori, perché ho deciso di farlo in questa circostanza e vi tocca subirvi una me sottona..hahah
il problema é che questo blog, é l'unico con cui posso sfogarmi..
avevo lui..
ora non c'è e mi sento così tanto sola, mi manca come l'aria..non so spiegarlo a parole
so solo che fa tanto, tanto male
e ho tanta paura che non passerà mai, perché é stato l'unica persona capace di comprendermi a pieno, l'unico dopo sette lunghi anni capace di entrare nel mio cuoricino..
lo amo tanto, più di quanto credevo di esserne in grado..e vorrei troppo cercarlo io, dirgli tutto ciò che sto scrivendo qui, ma gli ho promesso che non lo avrei fatto..sto provando a rispettare la sua decisione per quanto possa essere doloroso e straziante per me e chiamarlo o scrivergli adesso sarebbe una scelta egoistica da parte mia..
mi limiterò a scrivere qui ciò che vorrei dirgli, ripeto, mi dispiace per voi che mi leggete, ma non ho alternative al momento
e lo aspetterò, perché so che tornerà un giorno, nonostante adesso faccia male, malissimo..non é ancora finita del tutto fra me e lui, lo aspetterò qui..sempre
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