Tumgik
#ma per i vestiti delle cugine
im-tryingtoloveyou · 3 months
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ambrenoir · 10 months
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Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.
Se non ti dico che vengo a cena.
Se domani, il taxi non appare.
Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in una borsa nera.
Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia.
Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata.
Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata.
Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata.
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, l'alcool nel sangue.
Ti diranno che era giusto, che ero da sola.
Che il mio ex psicopatico avesse delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana.
Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Lo giuro, mamma, sono morta combattendo.
Lo giuro, mia cara mamma, ho urlato forte così come volavo alto.
Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutti quelli che urleranno il mio nome.
Perchè lo so, mamma, non ti fermerai.
Ma, per quello che vuoi di più, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine, non privare le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Combatti per le loro ali, quelle ali che mi tagliarono.
Combatti per loro, che possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti per urlare più forte di me.
Possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima.
Cristina Torre Cáceres
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basically-im-a-clown · 10 months
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Se non rispondo alle tue chiamate domani, mamma.
Se non te lo dico vado a cena.
Se domani, mamma, il taxi non arriva.
Magari sono avvolta nelle lenzuola di un albergo, per strada, o in una borsa nera.
Forse sono in valigia o mi sono persa sulla spiaggia.
Non spaventarti, mamma,
se vedi che mi hanno pugnalato.
Non urlare quando vedi che mi hanno trascinato via.
Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata.
Ti diranno che sono stata io,
che non ho urlato,
che sono stati i miei vestiti,
l'alcol nel mio sangue.
Ti diranno che era ora,
che ero sola.
Che il mio ex, lo psicopatico, aveva delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana.
Ti diranno che ho vissuto, mamma,
che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Lo giuro, mamma,
sono morta combattendo.
Lo giuro, vecchia signora,
ho urlato forte mentre volavo.
Si ricorderà di me, mamma,
saprà che sono stata io a rovinarlo quando mi vedrà in faccia a tutte le ragazze che grideranno
il mio nome.
Perché so, mamma, che non ti fermerai.
Ma per favore, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le miei cugine,
non privare le tue nipoti.
Non è colpa sua, mamma,
non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Combatti per le tue ali, per le quali mi hanno tagliato.
Lottate affinché siano liberi e volino più in alto di me.
Combatti in modo che gridino più forte di me. Possano vivere senza paura, mamma,
proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sarò io, mamma,
se non torno domani,
distruggi tutto.
Se domani tocca a me,
voglio essere l'ultima.
- Cristina Torres Cácers
Ciao Giulia. ❤️
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ladywolf1964 · 10 months
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“Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.
Se non ti dico che vengo a cena. Se domani, il taxi non appare.
Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in una borsa nera.
Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia.
Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata.
Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata.
Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata.
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, l'alcool nel sangue.
Ti diranno che era giusto, che ero da sola.
Che il mio ex psicopatico avesse delle ragioni, che ero infedele, che ero una p*ttana.
Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Lo giuro, mamma, sono morta combattendo.
Lo giuro, mia cara mamma, ho urlato forte così come volavo alto.
Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutti quelli che urleranno il mio nome.
Perché lo so, mamma, non ti fermerai.
Ma, per quello che vuoi di più, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine, non privare le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Combatti per le loro ali, quelle ali che mi tagliarono.
Combatti per loro, che possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti per urlare più forte di me.
Possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima.”
(Cristina Torre Cáceres)
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resalioo · 10 months
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Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.
Se non ti dico che vengo a cena. Se domani, il taxi non appare.
Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in una borsa nera.
Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia.
Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata.
Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata.
Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata.
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, l'alcool nel sangue.
Ti diranno che era giusto, che ero da sola.
Che il mio ex psicopatico avesse delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana
Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Lo giuro, mamma, sono morta combattendo.
Lo giuro, mia cara mamma, ho urlato forte così come volavo alto.
Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutti quelli che urleranno il mio nome.
Perché lo so, mamma, non ti fermerai.
Ma, per quello che vuoi di più, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine, non privare le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Combatti per le loro ali, quelle ali che mi tagliarono.
Combatti per loro, che possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti per urlare più forte di me.
Possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri
Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima.
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Armadio sostenibile- suggerimenti x dummies.
Ho sempre pensato che vestirsi in modo più etico e sostenibile costasse tanto, e so benissimo che il prezzo più alto è assolutamente giustificato da una qualità migliore dei capi e da un trattamento più rispettoso dei lavoratori/ delle lavoratrici ma penso anche che rinnovare (o modificare) il guardaroba debba essere un processo sostenibile per l’ambiente- sì- ma anche per il portafogli.
In pre-shopping mi è capitato di partire carichissima e con tante buone intenzioni ma, alla vista di certi prezzi, mi tiravo indietro. Questo perché, detto molto sinceramente, il mio potere d’acquisto non è poi così alto! Immagino che ci siano altre persone nella mia stessa situazione, quindi ho pensato bene (spero) di scrivere qualche suggerimento che può servire a chi vuole iniziare ad acquistare in modo più consapevole e rispettoso del pianeta oppure per chi cerca solo un’ispirazione.
1) Negozi dell’usato. Per favore, smettetela di pensare che nei negozi di secondhand si trovino solo cose datate da indossare a carnevale o per qualche revival anni ‘90. Una volta tolto questo preconcetto dalla testa, fatevi sorprendere da una selezione variegata di capi. Oltre ai grandi store (per esempio: Humana Vintage Store oppure ArmadioVerde online), è importante sapere che esistono tanti piccoli store dell’usato e un modo molto semplice per trovare quelli più vicini a voi può essere la mappa della Rete Zero Waste. Quest’ultima è davvero molto comoda e discretamente aggiornata, utilissima per fare le vostre ricerche. Ormai la qualità di questi negozi è molto alta, raramente ho trovato capi in cattivo stato e l’esperienza d’acquisto è stata sempre positiva.
2) Depop: Ammetto che l’ho usato poco, ma so che si trovano bellissimi capi a prezzi molto accettabili! Credo sia un’opzione d’acquisto molto sottovalutata qui in Italia e che meriterebbe più attenzione- soprattutto se siete amanti del vintage. L’app è molto intuitiva e trovo sia facile trovare tante alternative, adatte ai tanti gusti personali. Ricordate che, se siete possibili clienti o che vogliate aprire un vostro “Depop shop”, è importante comprendere che è una piattaforma in cui le foto -luminose e chiare- fanno la differenza e possono essere determinanti per l’acquisto. L’ultimo accorgimento da avere è quello di selezionare bene i rivenditori, perché possono capitare degli account che vendono capi/accessori fast fashion spacciandoli per usato o vintage.
3) Swap party: quante volte vi è capitato di scambiarvi vestiti con amici/amiche/sorelle/fratelli/cugin*/genitori/zii/zie? E’ sicuramente la modalità di scambio (o acquisto) che più preferisco, in questo modo ho ereditato tantissimi capi e dato la possibilità ad altri miei capi di non essere dimenticati nell’ armadio. Gli swap party, in un contesto molto informale, possono funzionare come dei semplici “baratti”; ma possono funzionare anche in modo più formale e strutturato attribuendo dei “crediti in stelline” agli abiti e/o pagando una somma compensativa. La modalità di organizzazione la decidete voi!
Spero che questo post possa esservi d’aiuto, vi lascio con un ultimissimo suggerimento: comprate solo se necessario, i prezzi economici dell’usato possono ispirare tanti acquisti, ma fateli in modo consapevole e ragionato.
xoxo
-F.
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yougardener-it · 7 years
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I Lavori di Giugno in Giardino e in Terrazzo
Finalmente arriva l’estate! Le piante guardano con occhi preoccupati i padroni che fanno le valigie e pensano “quest’anno si sarà ricordato di cambiare le pile alla centralina dell’irrigazione?”. Ma oltre all’acqua ci sono tanti altri aspetti da prendere in considerazione. Questo mese il sole raggiunge il suo punto più alto nel cielo ed è capace di mandare arrosto il nostro terrazzo in pochi giorni. 
Ultimi giorni di primavera In giugno la primavera appassisce: smette i suoi panni color di smeraldo e trascolora in tinte più calde e cariche. Anche gli odori cambiano: i profumi freschi e volatili di maggio cedono il passo a fragranze più decise e mediterranee. In giardino adesso fluttuano gli odori di lavanda, di elicriso, di salvie… che nell’aria galleggiano insieme al frinire acuto delle cicale.
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Erbacee perenni Molte erbacee perenni sono in piena fioritura. Altre invece hanno le infiorescenze già appassite. Se volete tenere i semi ricordatevi di non recidere i fiori fino a quando non sono maturi. Alcune erbacee, come le aquilegie o i lupini, sono facilissime da riprodurre attraverso i semi; si consiglia quindi di conservarli e di seminarli la prossima primavera. Se invece volete stimolare la pianta a una seconda fioritura oppure non volete affaticarla con il processo di maturazione dei semi, tagliate senza indugio i fiori secchi.
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Rampicanti Durante tutta la stagione vegetativa i vostri rampicanti cresceranno e si arrampicheranno con naturale istinto esattamente dove non devono. Se si vogliono indirizzare nei punti giusti vanno seguiti e amorevolmente spostati e legati man mano che crescono. A settembre, tornati dalle vacanze, sarà troppo tardi: a quel punto sarete costretti a intervenire con il machete vestiti da esploratore vittoriano per avere la meglio sulla giungla cresciuta durante l’estate sul vostro terrazzo.
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Rose
Non tagliate i fiori appassiti di rose botaniche e antiche altrimenti perderete le bacche che in autunno sono molto decorative. Discorso diverso per le rose rifiorenti che invece è meglio spuntare per stimolare la rifioritura.In questo periodo gli afidi impazzano, non dategli tregua e ricordate che i prodotti biologici contro questi insetti sono efficacissimi.
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Acqua
È il momento in cui il vostro impianto d’irrigazione va controllato per benino. Verificate che gli ugelli e gli sgocciolatoi non siano incrostati di calcare. In caso, un bel bagno nell’aceto risolverà il problema. Il momento migliore per annaffiare è la mattina presto. Ricordatevi inoltre che le irrigazioni serali attirano le zanzare. Per combattere questi fastidiosi insetti è utile mettere un pezzo di rame nei sottovasi. Se avete lo stagno, molti pesci, le gambusie ad esempio, sono adatti a mangiare le larve di zanzara.
Orto
È ora di raccogliere i primi prodotti! In giardino ma anche in terrazzo ricordatevi che le piante da orto possono essere molto decorative. E sono belle da accostare a quelle cugine meno usate che sono un po’ una via di mezzo tra piante ornamentali e piante da produzione. Tra queste consigliamo la Cynara cardunculus (in foto), molti Allium ornamentali, gli amaranti… ma ce sono moltissime!Stesso discorso vale anche per la frutta di cui spesso si sottovaluta il valore decorativo.
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Letture in giardino!
Anche se questo mese i lavori che abbiamo fatto non sono stati pesanti come a inizio primavera, la fatica è resa simile a causa del gran caldo… Quindi è giunto il momento di sedervi e di godere del vostro giardino. Magari con un bel libro. Ecco allora 5 libri che secondo noi il buon giardiniere deve leggere prima o poi nella vita. In rigoroso ordine sparso:
1. Il giardino di Elizabeth di Elizabeth Von Arnim
2. L’educazione di un giardiniere di Russell Page
3. Pollice verde di Ippolito Pizzetti
4. Libereso, il giardiniere di Calvino. Da un incontro di Libereso Guglielmi con Ippolito Pizzetti di Libereso Guglielmi
5. L’avventura di un giardiniere di Peter Smithers
Ci vediamo a luglio con la prossima puntata. Consiglieremo altri 5 imprendibili libri da leggere sotto l’ombrellone!
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Potete leggere questo e altri articoli sulla nostra pagina di Houzz
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pangeanews · 6 years
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“Da qui ti chiamo Definitiva e me ne copro il cranio”: l’epistolario estremo di Veronica Tomassini e Davide Brullo
Vera e Nathan sono soli al mondo, spogli, divisi, in un 1950 livido di tragedia. Lei è rifugiata a Tel Aviv, lui vaga per l’Europa, limpidamente ossessionato, in omaggio al tradimento, vendendo carte stellari di pregio. Colpito da un morbo contratto in Armenia, mentre cercava di raggiungerla, ora Nathan è bloccato a Tabriz, in frantumi di delirio. “Senza gestire l’ignoto” è un progetto letterario di Davide Brullo e di Veronica Tomassini. Sul blog della Tomassini potete leggere la lettera di Vera; qui la risposta di Nathan. Continueremo a fecondare l’ambiguo e l’astrale. L’ultima puntata del ciclo è qui.
***
Tabriz, 20 giugno 1950
Tre sono le tue vite – una è questa. Aveva la lingua per metà blu, un cervo impennato disegnato sulla guancia destra, una longitudine di rovi tra i capelli – il male, che ha declinazione retorica nel sangue, mi fa sognare troppo e questo, pare, mi lacera le forze. Delle tre vite l’unica che non intendeva considerare – seduta nel cortile dell’ospedale, non chiede soldi per sondare il passato, non cede, ma la pazienza di uno che dia calibro all’oggi – era la quarta, questa, perché, diceva, “per ascendere al futuro bisogna capire ciò che è morto”. Mi svelò la prima – “alle altre arriverai di conseguenza”, disse, bisbigliando, come se avesse un millennio e la sua vigna tra i denti – e io pensai a quel nugolo di versi di William Butler Yeats – Once out of nature I shall never take/ My bodily form from any natural thing,/ But such a form as Grecian goldsmiths make –, che avevo letto a Reims, incisi sulla lama di una spada ornamentale, nella casa troppo sontuosa dell’uomo che avrebbe traviato mia madre, ti giuro, prima che lei mi dicesse. “Eri orafo tra gli Sciti, nel IV secolo prima di Cristo – ti uccisero dopo aver elaborato il collare della regina, perché è inconcepibile la vita di chi offre una forma pura”. Improvvisamente mi sembrò che i bambini orfani, nel cortile, stessero giocando con il sole, lo avessero staccato dalla sua orbita, come demoni minori e passeggeri, troppo capricciosi per curarsi degli inferi – mi parve che si stessero spartendo l’astro, a morsi, e la luce mi lavò l’iride – caddi – la donna, forse, d’età inutile, era il prodotto del secondo o del quarto sogno, geologicamente collegato agli altri.
Non riesco a uscire da Tabriz e tu sei il mio acquartieramento nella quiete – la tua povertà, la tua insufficienza, sono così risolte – Antartide non è abbastanza perché quel bianco – su cui l’astro con lascivia lava e dilata la sua colpa – non rende ragione alla tua bianchezza.
Dicono che a Urmia sia nato Zarathustra – mi sono recato lì con un rabbino – va in giro con un seguito di cani, gli trottano intorno, li tratta come se fossero le dita di Dio. Avrei chiesto di raggiungerti almeno con l’anima, introducendola a forza nel corpo di un colombo – le lettere evocano fraintendimenti, un cataclisma di interpretazioni contrapposte. Le parole hanno quel blu che porta al tradimento, per una banale scomposizione delle virgole in vizio. Ma il morbo mi ha massacrato – come se avessi una voliera nello stomaco – e il rabbino, che ha il nome di uno degli angeli maledetti, ride quando qualcuno è preda del male, perché lo ritiene una chiara testimonianza divina, e chiama i cani Keter, Chokhmah, Binah, come le Sephiroth, gli attributi di Dio – mi ha riportato a Tabriz, in questa prigione di veli e di cure, incastrato al regno onirico. Non so dirti se esista la luna, qui, o se i cani del rabbino l’abbiano spaventata, ad accucciarsi tra Israele e il Mediterraneo e la sua invidia.
*
Tabriz, 22 giugno 1950
Della violenza degli Sciti racconta Erodoto – e della valenza dei loro orafi. Come se il sangue fosse equivalente all’oro, come se il massacro assuma lucentezza, come se il raro sia possibile solo tra i sopravvissuti. Viaggiai fino a Buenos Aires – trovando virtù per vite che sono di molto superiori a tre o a quattro – per acquistare una mappa del cielo degli Sciti. Era, appunto, una piccola placca d’oro, intagliata con finezza: negli occhi di un giaguaro che salta – granitico nel desiderio –, sono disposti, da un lato, il nostro pianeta, dall’altro la Luna – sulla lingua è deposto il Sole e sul corpo della bestia si aprono costellazioni di forme sconosciute. Ciò che vale per le parole, vale per le stelle nel cosmo: a seconda di come le interpreti, qualcosa orienta, qualcuno ama, distribuisce o disturba. Ho rivenduto quella placca – per anni ho voluto essere il salto nell’oro di quel giaguaro stellato – a un banchiere di Firenze, dieci anni fa – coltivava serpenti in una vasca, frusciavano con suono di bicchieri e di gambe, intonati al disinvolto cinismo del loro padrone. Capelli laccati, vestiti ordinari come il codice penale, l’impeccabile pinguedine di chi somministra la ferocia come un farmaco. A volte, immergeva un uccello nella vasca, vivo, un passero, una gazza, chiudeva il coperchio, l’uccello urlava in gergo umano, affondava nello scintillante sibilo delle serpi – insieme si muovono con l’acuta prescienza di un fiume – come si getta una pietra in un lago, che smuove il sentimento dell’acqua, poi è nulla. Di ogni luogo, ho bisogno di vedere il potente – chi è efficace alla Storia e ne è l’anatomico esecutore – hanno visi simili a un proiettile – perché agire se l’unico scopo è sparire? Eppure, è più facile vedere un dio che razzola tra gli impuri piuttosto che mentre brandisce una spada, invitando alla costruzione di minareti e alla distruzione di tutto il resto.
Più tardi
Ho parlato di te al rabbino, lasciandogli assaggiare alcune frasi delle tue lettere – le odora e i denti sono decine di ventri e di polmoni, pulsano, si muovono – a Budapest ho sentito odore di arancio nella nebbia e ho pensato che basti un crocevia di luminosità, un luogo dove maceri per anni lo stesso giorno, a stimolare un’etica anomala. Poi, più tardi, mi prende le mani, come se fossero le tue lettere, e dice “lei non può che essere amata perché è la morte” – il viso del rabbino è carta, puoi strapparlo, e sotto ce n’è un altro, poi un altro, infine il muso di un cane, quello di un lupo, un falco: il rabbino sa che ogni cosa è un’altra, che nell’albero c’è la natura di un acquazzone, che la pietra ha in serbo il ragno, ed è per questo che prega, fino a escludersi, per stabilizzare il creato. “La magrezza estenuata, la quiete arcuata con cui ti attende, di chi non vuole e non ha, introdotta alla privazione, il campo che le ha disseccato il corpo e scorporato lo spirito – lei è una risorta, una ricomposta”. Cita testi che non conosco – di cui sono esecutori i celesti – dice “per vivere devi morire in lei” – e la sua indagine è più alta dei vaniloqui della fattucchiera – poi mi chiede chi vorrei essere, e sa che realizzare qualcosa è uccidere.
Più tardi, ancora
Forse scrivere è il mattatoio – ambire a queste lettere che hanno muggiti, e cavalcano, e una mortalità più ambigua della nostra. Per anni ho fatto ingresso nella vita delle donne che ho finto di amare – che ho amato con la sincerità incresciosa della finzione. In dedizione alla loro vita come al corpo – mi sono fatto presentare ai familiari – sono entrato in confidenza con fratelli, cugine, genitori. Mi adatto a ogni parentela, con un garbo riconosciuto. Poi, colto dall’ineludibile desiderio di deludere, mi sono dileguato – consegnando il morbo del sospetto e il demonio del rammarico – restando, in effetti, indimenticabile – è ciò che avrebbe potuto essere che ci compiace, non ciò che è, una estatica dell’ovvio. Per questo ho istituito una fratellanza con te, Vera, disintegrando ogni altro legame – non sai quante vite ho dissipato, e forse è a questo che alludeva l’indovina. Necessità di individuare la zona cruda della vita ed esaudirla, per prepararmi a te.
Ora il virus mi impone l’orizzonte di un uomo che muore, che giace nel male – a Tabriz non esiste notte ma una nicchia dove gli dèi inferiori, quelli dalla faccia di sciacallo, si radunano – l’alba è l’alcova del Dio unico, l’isolato – da qui ti chiamo Definitiva, e me ne copro il cranio.
Nathan
L'articolo “Da qui ti chiamo Definitiva e me ne copro il cranio”: l’epistolario estremo di Veronica Tomassini e Davide Brullo proviene da Pangea.
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chesogno · 7 years
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22 settembre
sognato di trovarmi all’ingresso di un parco naturale all’interno della Sardegna, dove io e R. arrivavamo all’imbrunire, ragion per cui ci veniva chiesto di non oltrepassare alcuni sentieri: pena il ritrovarci al buio, da soli, in un luogo impervio e sconosciuto.
La scena si spostava in seguito nella mia attuale abitazione, che però non corrispondeva in tutto e per tutto alla realtà, e dove accoglievo cugine (che fra loro sono in particolare disaccordo). Una di queste mi portava in dono una sorta di pista, su base di legno e macchinine di plastica, trovavo l’oggetto oltre che brutto (salvo la piattaforma di legno che subito pensavo a come avrei potuto riciclare), senza senso; l’altra cugina invece mi portava forse dei vestiti o comunque aveva da ridire sui miei, specie su una maglia che a suo dire nascondeva parte del mio corpo, e benché le dicessi che l’avevo usata apposta perché mi trovavo ingrassata, lei sosteneva che avrei dovuto sollevarla.
Sognavo poi che zia. P. doveva acquistare delle scarpe per il figlio, ragion per cui mi chiedeva di accompagnarlo, e nonostante avessi cercato di dissuaderla (insomma, il figlio ha raggiunto la sua maggiore età da oltre vent’anni) lei insisteva. Poco dopo saliva su un trattorino, che si mostrava incapace di manovrare, finiva per mettersi in ridicolo, mostrare le mutande, e buttare giù persino i vestiti che stavano appesi all’interno del negozio.
Succedevano poi in seguito delle altre cose, ma che ricordo ormai soltanto vagamente.
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