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Storia del Cangaço: Il Movimento Sociale dei Cangaceiros nel Nord-Est del Brasile tra XIX e XX Secolo
La storia dei cangaceiros racconta di uomini e donne nomadi che, tra il XIX e il XX secolo, percorrevano l’entroterra del nord-est del Brasile, dando vita a un movimento sociale noto come cangaço. In fuga dalla siccità e dalla carestia nella regione, praticavano rapine e saccheggi, mirando soprattutto i colonnelli, che possedevano grandi proprietà terriere. Continue reading Storia del Cangaço:…
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Tiramisù World Cup 2023 a Treviso
Il Tiramisù World Cup è la sfida più golosa dell’anno, con centinaia di aspiranti che si cimentano nella preparazione del popolare dolce al cucchiaio. Dopo le prime selezioni all’estero tra Uruguay, Brasile e Belgio ora ci sarà il Grand Final, che si terrà nella in piazza dei Signori, a Treviso, dal 5 all’8 ottobre e da Asti arriverà Andrea Mattana Renon, vicepresidente della Tiramisù Academy, pronto a portare ancora una volta la bandiera del Piemonte e dei savoiardi, La Tiramisù World Cup ha ripreso negli ultimi anni le selezioni a livello internazionale, portando la specialità italiana a essere protagonista di nuovi eventi all’estero dove concorrenti da tutto il mondo hanno messo a punto le loro ricette e si sono allenati per portare a Treviso la loro creazione migliore, puntando a diventare i campioni della settima edizione. Oltre che dall’Italia, i partecipanti arrivano anche da terre molto lontane, per far conoscere la propria versione del dessert italiano più famoso nel mondo tra gli europei come Sheila dall’Irlanda, Julian dalla Germania e Miroslav dalla Slovacchia. Il gruppo più numeroso è quello dei britannici, ma non mancano i francesi, storici partecipanti della TWC, e gli svizzeri, mentre Pep di Barcellona sarà il rappresentante per la Spagna, mentre Uma e Alen di Sarajevo quelli per la Bosnia, dalla Finlandia è arrivato in Italia Albert con la sua ricetta creativa del popolare dolce. Da luoghi lontani si sono iscritti Kanan e Manek dall’India, e Roberta, italiana che vive in Thailandia, oltre ai vincitori delle selezioni che si sono tenute nei mesi scorsi a Bruxelles, Montevideo e San Paolo. Una giuria di esperti decreterà il Tiramisù più buono del mondo 2023 domenica 8 ottobre a Treviso, e ci sono Alberto Grandi e James Hoffmann. Alberto Grandi, docente di Storia dell’Alimentazione all’Università di Parma, e l’autore di libri che trattano le origini antiche delle ricette italiane e co-autore con Daniele Soffiati di un podcast di successo giunto alla terza stagione, mentre James Hoffmann, imprenditore inglese, è editore e youtuber del mondo del caffè dal 2003. Tra gli altri membri ci sono anche Manuel Gobbo (chef del ristorante Le Beccherie), Giuseppe D’Avino (amministratore delegato Strega), Dania Sartorato (presidente Fipe e Confcommercio Unione provinciale Treviso). Il presidente di Giuria, come nella passata edizione, sarà la giornalista Laura Forti de La Cucina Italiana, la storica rivista di gastronomia fondata nel 1929, già media partner della manifestazione. Read the full article
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Vicenza, torna il festival Poetry
Vicenza, torna il festival Poetry. Poetry Vicenza, il Festival di poesia contemporanea e musica, ritorna con una nuova edizione dal titolo "Il mare, il viaggio, la deriva" che si è aperta ufficialmente ieri 14 novembre in sala Stucchi a Palazzo Trissino con un primo incontro dedicato alla classe 3C del Liceo classico Pigafetta: "Le isole sconosciute: una lettura di Michele Silvestrin per José Saramago (1922-2010)". Il festival è promosso dalle Gallerie d’Italia - Vicenza, sede museale di Intesa Sanpaolo a Vicenza, e dall’assessorato alla cultura del Comune di Vicenza, in collaborazione con l’associazione culturale TheArtsBox, il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, e il Festival Jazz di Vicenza, e da alcuni tra i maggiori istituti scolastici vicentini e da altre istituzioni pubbliche e private. In parte per ripercorrere le rotte di Magellano (e Pigafetta), e in parte per dar voce a coloro che Magellano e Pigafetta hanno incontrato lungo la loro navigazione, Poetry Vicenza 2022 vuole mettere in gioco voci "altre", dall’Argentina, le Filippine, la Cina, il Sudafrica, anche passando per le musiche tipiche e folcloriche di Spagna, Portogallo, Capo Verde e Brasile. Quelle voci provenienti dai luoghi toccati da quella storica avventura per mare, aiutano a puntare gli occhi non solo sulla difficoltà della navigazione, sul mistero e l’insondabile sfuggevolezza degli Oceani, o sul coraggio d’intrepidi protagonisti, ma anche sulle rotte che sono poi state battute dalle più recenti emigrazioni europee verso il Nuovo Mondo o, al contrario, sono state percorse all’indietro da popoli e individui per la loro personale “riconquista”, o per un approdo finale nello spazio europeo. Ci aiuteranno in questo la poesia e la voce di Giuseppe Conte e Gianni D’Elia, due poeti ormai "storici" della nostra contemporaneità, scrittori che hanno dedicato più d’un libro al mare e al suo mistero/tragedia. A presentare il fitto calendario, con 14 appuntamenti in differenti sedi fino al 13 dicembre, c'erano oggi in sala Stucchi il sindaco Francesco Rucco, il direttore dei Musei civici Mauro Passarin, il vicedirettore Gallerie d’Italia – Vicenza, Elena Milan e il direttore artistico del festival Marco Fazzini. "Attraverso la poesia si può fare reputazione e promozione culturale, come accade nella nostra città, che per alcuni giorni diventerà crocevia di espressioni e linguaggi culturali magari lontani geograficamente ma accomunati dalla suggestione e insieme dalla potenza della parola, e in particolare della parola poetica, che talvolta assomiglia, per citare un verso di José Saramago, a ‘un solco per terra, in riva al mare: e la marea subito lo spiana’" - ha dichiarato l'assessore alla cultura del Comune di Vicenza, Simona Siotto. "Negli ambienti del nostro museo fanno da suggestivo scenario alle letture le collezioni d’arte appartenenti al Gruppo e, quest’anno, anche le opere del percorso espositivo ‘Pigafetta e la prima navigazione attorno al mondo’ "- ha precisato Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo - "Abbiamo organizzato questa mostra per festeggiare i cinquecento anni dalla grande impresa di Ferdinando Magellano di cui fu cronista il vicentino Antonio Pigafetta, e lo stesso festival, in occasione della sua ottava edizione, partecipa all’importante anniversario focalizzandosi sui temi ‘mare, viaggio e deriva’. L’avventura di Magellano sollecita infatti argomenti ancora attuali – dal desiderio di nuove scoperte, alla globalizzazione, all’incontro tra popoli diversi – che saranno trattati dai poeti e dai musicisti invitati, per ripercorrere le culture e le storie dei paesi interessati da quell’incredibile viaggio." La navigazione, la strada, l’anelito di conquista e l’appropriazione d’isole e continenti sembrano aver ispirato più di un’opera, in varie forme letterarie. È per questo che uno spazio particolare viene dedicato, all’interno del festival Poetry Vicenza 2022, a centenari strategici (come quelli di Kerouac, Saramago, e Pasolini), o a libri nodali per la cultura del contemporaneo usciti esattamente cento anni fa, in particolare l’Ulisse (1922) di Joyce e La terra desolata (1922) di TS Eliot. Si tratta di libri e autori nei quali il viaggio, il mare, l’orizzonte, le isole e la deriva, assieme al movimento verso orizzonti inaspettati comunicano tutta la tensione della tempesta dei tempi che dalla Modernità arriva fino al nostro presente. Il direttore artistico del festival, Marco Fazzini, ha spiegato: "Comunque lo si legga, il mare, da sempre, è stato il crocevia di speranze e approdi verso nuovi orizzonti, ma anche di tragedie inaudite, come le recenti migrazioni o i viaggi della speranza all’interno del Mediterraneo. Attraverso varie voci poetiche la poesia ci porterà, in questa edizione di Poetry Vicenza, a leggere le attese, i conflitti, le migrazioni e le sfide dell’uomo, sfide odierne del tutto simili a quelle di allora, consumate in un mondo che, seppure cambiato rispetto ai tempi di Pigafetta, ci presenta la stessa emotività, la stessa tragicità e le stesse aspettative di uomini che possono diventare i protagonisti, ma anche le vittime degli eventi e della marosi della storia." Alcuni viaggi storici, come quelli di Colombo, Vasco da Gama, Vespucci o Magellano hanno cambiato la visione e le geografie del mondo. Non sono stati solamente uno sfidare la vastità e la misteriosità del mare, ma hanno anche rappresentato un incontro (e spesso anche uno scontro) tra popoli, culture, gestioni di spazio e strategie economiche. In particolare, quello di Magellano, portato a compimento da una ciurma sparuta di marinai superstiti tra cui il vicentino Antonio Pigafetta, ha aperto non solo la strada verso il Brasile, e quindi la via verso il Pacifico grazie alla navigazione all’interno dello Stretto di Magellano, ma anche la possibilità di toccare, grazie a una circumnavigazione totale, e per la prima volta, una diversità incredibile di mondi. Partendo dalla Spagna, si possono facilmente ri-elencare le terre raggiunte da quel viaggio: Tenerife, il Brasile appunto, ma anche il sud dell’attuale Argentina, le Isole della sventura, l’Isola dei ladroni, le Filippine (con l’Isola di Massawa, e poi l’Isola di Ceb), le Molucche, costeggiando poi l’India, il Sudafrica, la Namibia, il Golfo di Guinea e Capo Verde. Grazie alle ricostruzioni storiche, ma spesso anche fantasiose di Pigafetta, l’Europa ha sognato e anche temuto quei mondi lontani, mondi che a lungo sono diventati i veri e propri imperi di spietate potenze economiche e commerciali, come la Spagna, il Portogallo, l’Inghilterra. I poeti invitati al festival "Poetry Vicenza" nelle diverse edizioni (dal 2015) – circa 200, per un totale di oltre 30 lingue e più di 40 paesi rappresentati – hanno più volte evocato gli alti valori della libertà e della coscienza civile, facendoci ridere, commuoverci e gioire con loro, condividendo la tragicità ma anche l’ottimismo delle loro storie e il fascino della loro musicalità. A disposizione il volume previsto per l’edizione Poetry Vicenza 2022, contenente testi poetici, descrizioni di mostre di arte visiva, e speciali finestre su centenari di poeti e libri famosi, testimonianza d’un progetto complesso e articolato per le celebrazioni dei 500 anni dal viaggio di Magellano e Pigafetta. Gli eventi sono ad ingresso libero, fino ad esaurimento dei posti disponibili. Informazioni Gallerie d’Italia – Vicenza numero verde 800.167619, [email protected] Associazione TheArtsBox. 339.5709671, [email protected] PROGRAMMA POETRY VICENZA 2022 Festival di poesia contemporanea e musica Il mare, il viaggio, la deriva 14 novembre-13 dicembre 2022 - 14 novembre (Palazzo Trissino, sala Stucchi, ore 11.00-13.00) – Presentazione ufficiale del festival. Le isole sconosciute: una lettura di Michele Silvestrin per José Saramago (1922-2010) - 19 novembre (Spazio Der Ruf, ore 17.00 | Spazio 6, ore 18.00) Due mostre per la poesia: Bruno Ceccobelli e Maurizio Gabbana - 24 novembre (Gallerie d’Italia - Vicenza, ore 18.00) Giuseppe Conte e Paolo Birro (pianoforte) - 25 novembre (Gallerie d’Italia - Vicenza, ore 18.00) Rafael Soler (Spagna) ed Elisa Ridolfi Trio - 26 novembre (Gallerie d’Italia - Vicenza, ore 18.00) Daniel Calabrese (Argentina) con video letture di: Gémino H. Abad (Filippine), Yin Xiaoyuan (Cina) e Lynthia Julius (Sudafrica). Presenta A. Gazzoni Musiche di Ilaria Fantin (arciliuto) & Hersi MATMUJA (voce). Voce recitante: Antonino Varvarà. - 27 novembre (Palazzo Chiericati, ore 18.00) Gianni D’Elia. Una conversazione con M. Fazzini e una lettura poetica - 30 novembre (Galla-Libraccio, ore 18.00) 1922: La Terra desolata di T.S. Eliot. Trad. Elio Chinol. Presenta R. Pretto - 1 dicembre (Palazzo Chiericati, ore 18.00) Roberto Nassi/Roberto Dedenaro/Davide Brullo/Andrea Molesini Una lettura a 4 voci con musiche di Victor Valisena (chitarra) - 2 dicembre (Teatro Spazio Bixio, ore 20.30) Jack Kerouac (1922-1969): On the Road Forever. Letture di Piergiorgio Piccoli - 3 dicembre (Galla-Libraccio, ore 11.00) Giorgio Manacorda e Pier Paolo Pasolini (1922-1975). Una lettura e una conversazione con Marco Fazzini e Bruna D’Ettorre - 3 dicembre (Gallerie d’Italia - Vicenza, ore 18.00) Giovanni Ceccarelli & Daniele Di Bonaventura: Musiche per “Mare calmo” - 4 dicembre (Spazio Der Ruf, ore 17.00) Andrea Ponso. Gli angeli e la poesia: una lezione per il finissage della mostra di Bruno Ceccobelli - 4 dicembre (Galla-Libraccio, ore 18.00) 1922: L’Ulisse di Joyce. Presenta Francesca Romana Paci - 13 dicembre (Spazio 6, ore 20,30) Maurizio Gabbana: una lezione sulla fotografia Letture per Vittoria Colonna, Alda Merini e Francesca Serragnoli... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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“Conobbi Rasputin, Jack London e tanti altri, imparai a ballare il tango a Buenos Aires, nelle Antille e in Brasile conobbi Esmeralda e i riti vudù. E poi ci furono le Indie, la Cina, le isole dei Caraibi… Ho cercato tanti tesori senza mai trovarne uno”. Elogio di Hugo Pratt e di Corto Maltese
“La parola ‘evasione’, che dà tanto fastidio ai materialismi storici, significa scappare da qualche cosa; l’avventura è cercare qualche cosa, che può essere bella o pericolosa, ma che vale la pena di vivere”.
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Un quarto di secolo senza il padre del mare. Non un figlio della liquidità: padre proprio, a tutti gli effetti. Più del Capitano Achab. Nato casualmente a Rimini, città sul mare ma non di mare – la differenza è sottile – ha scelto la dolcezza dell’acqua di lago, quello che si affaccia su Losanna, per salutare il mondo. Era il 20 agosto 1995. Con lui però, grazie al cielo, non se ne è andata la migliore graphic novel europea.
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Ha scelto Photo 13 del 1973 per raccontare come è nato il suo personaggio più celebre. Era alla ricerca di un uomo mediterraneo ma allo stesso tempo british perché “nella tradizione narrativa anglosassone c’è più fiaba, più leggenda”. Lo trovò in un’isola a sud di Sampieri (Ragusa), perfetto sintesi tra ricerca e risposta. L’isola si chiama Malta, un crocevia di culture, un posto immerso nel mare in cui si parla maltese, inglese e italiano.
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Nel mondo dell’arte accade che i colleghi omaggino i Maestri. Ne Le avventure di Giuseppe Bergman il grande Milo Manara – grande amico e, per sua stessa affermazione, suo allievo – il protagonista viene istruito “all’avventura” da un creatore di avventure di nome HP.
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“Il crinale su cui si muove (…) è sottile, melmoso e divide in due il panorama: di qua l’ordine di un mondo razionale, dove convivono fervori e squallori degli appetiti mondani, di là il magma dell’eccessivo, del soprannaturale, dove si agita confuso il sincretismo di religioni e rituali sacri. In questa dimensione ‘antropologica’ il tempo si sfalda e svapora. Gli intrighi, gli agguati, le apparizioni improvvise sono tipici della letteratura nordica, dove appunto scarseggia il sole; gli omicidi assolati come quello dello straniero di Camus, frutto di un delirio dello spirito, chiamano fondali meridionali o orientaleggianti, disseminati di templi antichi e pratiche magiche” ha raccontato Vincenzo Cerami.
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Certo, HP è nato a Rimini ma a Rimini ci è solo nato: la sua vita si è srotolata soprattutto a Venezia, in Argentina e a Londra. Però a Rimini ci è nato, anche se pochi lo sanno. Le origini sono già una premessa interessante per tutto quello che sarà. Un nonno, cresciuto a Venezia, ha origini anglo-francesi e una nonna veniva dalla Turchia. L’altro nonno è un ebreo sefardita emigrato dalla Spagna, poeta e podologo rinomato a Venezia in entrambi i campi, un tipo davvero speciale. Da questo nonno, callista e poeta, HP riceve una grande eredità: l’amore per la poesia. “Nella letteratura quello che mi tocca maggiormente è la poesia perché la poesia è sintetica e procede per immagini. Quando leggo, vedo le immagini, le percepisco a livello epidermico. Dietro alla poesia si nasconde una profondità che riesco a percepire immediatamente e, come nella poesia, il fumetto è un mondo d’immagini, si è obbligati a coniugare due codici e, conseguentemente, due mondi. Un universo immediato attraverso l’immagine e un mondo mediato attraverso la parola”.
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HP è Hugo Pratt.
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La serie di Corto Maltese comprende 32 storie di varia lunghezza, pubblicate, senza una periodicità fissa, nel corso degli anni da diversi editori. Il personaggio propone un prototipo di un eroe del tutto innovativo e lontano dai canoni dell’eroe classico e l’opera a fumetti della quale è protagonista si caratterizza per i temi adulti e per lo stile, per il contesto storico preciso e documentato e per le notazioni geografiche puntuali e coerenti, con riferimenti dotti e culturali disseminati nell’opera senza appesantire la narrazione e per la profondità della caratterizzazione di tutti i personaggi. La storia di esordio, Una ballata del mare salato – che si guadagna per la prima volta nella storia dei Comics la definizione di “Letteratura disegnata” – è ritenuta un classico del genere: apprezzato dalla critica e dal pubblico colto sin dagli anni Settanta, nel tempo il suo successo popolare è andato costantemente crescendo fino a fargli raggiungere lo status di personaggio cult.
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Armin Linke, Hugo Pratt, Grand Vaux (Lausanne) Switzerland, 1994
Corto Maltese (il cui nome, come dichiarò Pratt, appartiene all’argot andaluso e significa “svelto di mano”) nasce il 10 luglio del 1887 a La Valletta. Figlio di un marinaio di Tintagel, Cornovaglia, e di una gitana-prostituta spagnola detta la Niña di Gibraltar, bellissima, in passato modella del pittore Ingres. L’ignoto e la sensualità, il sale e la dolcezza voluttuosa del corpo. Due avventure – una per mare e una nei letti e tra le lenzuola – in una.
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Corto Maltese è un eroe al contrario: alla ricchezza preferisce libertà e fantasia. Un moderno Ulisse che porta i lettori a viaggiare nei luoghi più affascinanti del mondo. Il suo aspetto è inconfondibile: si veste all’uso marinaio con lungo paltò nero della marina, ampi pantaloni bianchi, gilet rosso chiaro, camicia bianca con il colletto alzato e una sottile cravatta nera. E porta spesso un cappello bianco con visiera.
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Oggi sono proprio queste storie che ci restano in eredità: il 20 agosto 1995 Hugo Pratt muore senza riuscire a vedere la sua creatura, Corto Maltese, finire protagonista in televisione di una serie animata. La sua tomba si trova alle porte del paese di Grandvaux, nel Canton Vaud in Svizzera.
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“Conobbi Rasputin, Jack London e tanti altri, imparai a ballare il tango a Buenos Aires, nelle Antille e in Brasile conobbi Esmeralda e i riti vudù. E poi ci furono le Indie, la Cina, le isole dei Caraibi fra pigre verande e sparatorie e quelle del Pacifico, con Escondida, la più strana fra tutte, fra monaci e corsari. Ho visto un treno carico d’oro precipitare in un lago ghiacciato in Mongolia, ho condiviso i silenzi del deserto con un guerriero, il verde e le lacrime con una bellissima fata irlandese, ho cercato gioielli e sogni impossibili lungo i canali e sopra i tetti di Venezia. Non sono un eroe, mi piace viaggiare e non amo le regole, ma ne rispetto una soltanto, quella di non tradire mai gli amici. Ho cercato tanti tesori senza mai trovarne uno, ma continuerò sempre, potete contarci, ancora un po’ più in là…”. Corto Maltese.
Alessandro Carli
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DA GIOVEDÌ 8 A SABATO 10 NOVEMBRE IL FESTIVAL ELECTROPARK RIGENERA IN MUSICA I VICOLI DI PRÈ
Tra edifici storici e luoghi non convenzionali, la settima edizione del festival internazionale di musica elettronica Electropark cambia volto a Prè con concerti, dj-set, approfondimenti ed esperienze. In programma anche un workshop di progettazione partecipata
Genova – Un percorso musicale e narrativo inedito, che connette il patrimonio artistico del Centro Storico con un’offerta culturale ibrida, in un viaggio tra il contemporaneo e il classico. Tra edifici storici e luoghi non convenzionali, il quartiere di Prè ospita, da giovedì 8 a sabato 10 novembre, la settima edizione di Electropark, festival internazionale di musica elettronica e sperimentazione artistica. Organizzato e promosso dall’associazione culturale Forevergreen.fm, Electropark è inserito nel calendario dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale del Ministero per i beni e le attività culturali, ed è sostenuto da Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore) nell’ambito dell’edizione 2018 del bando “Performing Arts”, dal Comune di Genova nell’ambito della call “Genova Città dei Festival” e dal Goethe-Institut Genua. Electropark ha anche il sostegno di Iren, Coop Liguria e Banca Etica. Inoltre, il festival ha il patrocinio di Regione Liguria, ed è realizzato con la collaborazione del Museo di Palazzo Reale, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Teatro Nazionale di Genova, Teatro della Tosse, Suq Festival, Cooperativa Sociale Solidarietà e Lavoro, Mu.Ma, Commenda di Pré, Associazione Promotori Musei del Mare e della Navigazione, Coldiretti Pesca Liguria, Associazione Culturale Matrioske, Consorzio Vivere S. Brigida, Consorzio Agorà, Punto Emergenza Pré, TreeCycle e Apical. Il progetto ha la media partnership di Edizioni Zero e Radio Raheem, oltre al supporto di Code War, Free Soul, Oversize e Adventures.
Tre giorni di concerti dal vivo, dj-set, approfondimenti ed esperienze: «Electropark si sviluppa – racconta Alessandro Mazzone di Forevergreen.fm, direttore generale del festival – nel quartiere di Prè, anticamente uno dei sestieri a ridosso del porto in cui era suddivisa la città, oggi terreno, spesso dimenticato, di culture diverse e strade da riscoprire». Dopo l’anteprima del 13 e 14 ottobre, andata in scena durante i Rolli Days a Palazzo Reale e nella Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Electropark prosegue in altri luoghi di rilevanza storica e culturale, come il Museoteatro della Commenda, la Chiesa Inferiore di San Giovanni, il Mercato Ittico dei pescatori della Darsena e i Truogoli di Santa Brigida. «Un festival di musica elettronica e sperimentazione artistica a livello internazionale, che si svolge tra gli edifici storici del quartiere di Prè mettendo in relazione l’offerta culturale con il nostro patrimonio artistico – spiega l’assessore alle Politiche culturali Barbara Grosso – Un esempio di rigenerazione urbana, che dialoga con la cultura, dispiegandosi in un viaggio tra il contemporaneo e il classico».
Voci e strumenti arcaici tibetani, techno, world music, i suoni del sitar, artisti internazionali e locali, musica elettronica, ma anche un’installazione che vedrà collaborare i residenti di piazza dei Truogoli di Santa Brigida e un workshop di progettazione partecipata, che coinvolge «in tavoli di lavoro – prosegue Alessandro Mazzone – associazioni culturali, istituzioni, cittadini e commercianti, per individuare azioni di rilancio culturale del quartiere di Prè. Dal 2012 siamo impegnati nella valorizzazione della cultura della musica elettronica, ed è un onore coinvolgere nel nostro progetto di rigenerazione urbana artisti di calibro mondiale come Atom™, Legowelt, An-i, rRoxymore e Pasiphae».
IL PROGRAMMA DI ELECTROPARK 2018
Il festival si apre giovedì 8 novembre alle ore 20.30 alla Chiesa Inferiore di San Giovanni di Prè con la performance live degli artisti russi Phurpa (posti limitati): voci e strumenti arcaici tibetani porteranno il pubblico a fruire di una vera e propria esperienza di rito sciamanico. Gli spettatori verranno iniziati alla performance con una degustazione esotica di liquori infusi in tisane, accompagnata da un’accurata selezione di cioccolato. Dalle 18 di venerdì 9 novembre al Mercato ittico dei pescatori della Darsena, aperitivo con frittura di pesce a cura del consorzio dei pescatori locali mentre in consolle si alternano il genovese Giorgio Gazzo, Cashu del collettivo femminista brasiliano Mamba Negra e Pasiphae, astro nascente della scena elettronica olandese. Alle 23, al Museoteatro della Commenda, va in scena la prima delle due serate dance oriented, con il live techno “Ground Loop”, dell’iconico artista tedesco Atom™. Aprono la serata il cofondatore di Rete Neurale Milano Est Marco Segato e Useless Idea, artista e producer genovese Ebm/acid. Chiude il producer tedesco-americano An-i. Inoltre, sempre venerdì, dalle 11 alle 18 tra i banchi del mercato dei Pescatori della Darsena è in programma una diretta radio e video streaming di Radio Raheem, con dj-set di artisti locali e ospiti del festival, accompagnati da interviste e voci del territorio.
Sabato 10 novembre comincia con il “Repessin”, storico mercato solidale del quartiere, a cura dell’associazione culturale Matrioske. Alle 14 prende il via il workshop di progettazione partecipata al primo piano del Museoteatro della Commenda (iscrizioni online), mentre alle 18 si prosegue con due live di world music in piazza dei Truogoli di Santa Brigida: apre la serata l’armonia del sitar di Alain Panteleimonoff, accompagnato dal tablista Federico Sanesi e dai piatti tipici dei commercianti in piazza, segue l’esibizione live degli African Griot, artisti provenienti dal Senegal. Per l’occasione, in piazza sarà allestita un’installazione partecipata, che ricorderà l’atmosfera di un tempo: quando le persone, residenti alle estremità della piazza, condividevano i fili da stendere e, di conseguenza, i panni. Per ricreare questo spirito di solidarietà, una serie di stoffe riportanti alcune parole, scelte dai residenti stessi nelle settimane precedenti, unirà i Truogoli durante tutta la durata del festival. Alle 23, al Museoteatro della Commenda tocca al gran finale di Electropark, con il dj set di una delle figure chiave dell’elettronica mondiale, Legowelt. Completano la serata l’house con tinte jazz di scuola francese di rRoxymore e il dj sanremese James Falco.
Electropark è organizzato e promosso dall’associazione culturale Forevergreen.fm, impegnata nella valorizzazione della cultura musicale elettronica con Electropark a Genova e, dal 2016, con lo sviluppo della rassegna gemella milanese Electropark Exchanges.
Biglietti, abbonamenti e biglietti a pacchetto (con sconti su prenotazioni di camere e su tour del Centro Storico) sono disponibili sul sito www.electropark.it
Iscrizioni al workshop di progettazione partecipata a questo LINK
TUTTI GLI ARTISTI DI ELECTROPARK 2018
African Griot (SN) Nella cultura dei popoli dell’Africa come Mali, Gambia e Senegal, il griot è la storica figura del poeta e cantore designato per conservare e tramandare la tradizione orale, sociale e culturale. Da questo spirito nel 2009 nasce il collettivo artistico African Griot, i cui componenti sono attualmente di base a Milano ma tutti provenienti da Dakar. Capitanati dal leader del gruppo e tamburo maggiore Balla Nar Ndyae Rose, noto percussionista che ha appreso l’arte della musica e del Sabar dal padre, il collettivo, che arriva a contare fino a sedici membri tra percussionisti di vario tipo e ballerine, porta in scena spettacoli dal vivo promuovendo la conoscenza in Italia della cultura africana senegalese.
Alain Panteleimonoff (FR) pizzica corde già dalla tenera età sul finire degli anni Settanta. Tramite lunghi soggiorni in India si orienta verso lo stile tonale e vocale dell’Indad Khani, collaborando con i grandi sitaristi Ustad Vilayat Khan e Ustad Bimalindu Mulkherjee. Nel 1986 si laurea alla Fondazione Yehudi Menuhin e da allora ha tenuto molti concerti in India ed ha accompagnato il gruppo di danzatori dello stile Odissi di Shri Ramani Ranjan Jena.
An-i (USA/DE) Nato in California a metà anni Settanta ma attualmente residente a Berlino, il dj e produttore elettronico Douglas Lee aka An-I da oltre due decadi pilota umori ed energie sulle piste da ballo di tutto il mondo. Forte dell’esperienza e della reputazione guadagnata a New York come capofila della nascente scena mutant disco, successivamente si fa conoscere anche per le sue produzioni e collaborazioni con Lovefingers, Justin Vandervolgen e Ron Morelli della LIES records. Approda poi nel roster della label Minimal Wave/Cititrax dove pubblica l’EP pietra miliare “Kino I” ed il successivo “Gutz”. Recentemente ha collaborato con Alessandro Adriani nella compilation celebrativa “Waves of the Future” dell’etichetta Mannequin, figurando assieme ad artisti del calibro di Ron Morelli, Beau Wanzer e Silent Servant.
Atom™ (DE) Il tedesco Uwe Schmidt è una figura chiave della musica elettronica sperimentale, un veterano che dagli anni Novanta fino ad oggi ha saputo creare un percorso variegato ed estremamente originale. Dagli inizi in Germania assieme a Tetsu Inoue ed al compianto Pete Namlook, passando dalla fascinazione per la musica latina durante una permanenza in Cile, a collaborazioni importanti con Bill Laswell e Yellow Magic Orchestra, fino alle recenti contaminazioni elettroniche glitch sull’etichetta Raster Noton di Alva Noto e club su The Bunker New York e Ostgut Ton, Schmidt ne ha passate tante senza fermarsi un attimo e cambiando spesso pelle sonora sapendo rinnovarsi in modi spesso imprevedibili.
Cashu (BR) Una delle figure chiave della scena queer nell’underground elettronico di Sao Paolo in Brasile dove, insieme a Carneosso, ha formato nel 2013 il collettivo indipendente Mamba Negra, piattaforma con una forte attitudine femminista rivolta alla libertà sessuale di genere, con manifestazioni in location abbandonate. Cashu porta questa energia in tutti i suoi set in città, che avvengano in capannoni occupati, presso l’edizione brasiliana del Dekmantel, o nell’iconico spazio del Panorama Bar.
Giorgio Gazzo (IT) Dj e party manager con base a Genova dove fonda nel 2011 il progetto Free Soul, solida realtà nel panorama house elettronico cittadino. House, elettronica, nu disco e deep house sono le sonorità che lo contraddistinguono come dj. Come selecter ha lavorato a progetti di interazione con la danza contemporanea e le arti visive nei teatri cittadini (progetti Soundtrack e Love/Unlove). Ha lavorato in diversi club e festival e dal 2017 ha trovato la propria residenza sulla terrazza del Monu Café dove ogni domenica ospita Afterbeach, il party che infiamma le domeniche dell’estate genovese.
James Falco (IT) James Falco è dj resident dei party Adventures, di cui è anche co-fondatore. Il suo percorso va dalle prime resident night alle performance di apertura di musicisti come Gerd Janson, Rampa, William Djoko, Avalon Emerson, Nick Anthony Simoncino e più recentemente Call Super, Courtesy, Shanti Celeste e Or:la. I diversi contesti in cui si muove Adventures, dai party in spiaggia ai club più bui e fumosi, permettono a James Falco di lavorare su un approccio al djing versatile ed eclettico.
Legowelt (NL) Danny Wolfers è una personalità davvero unica nel suo genere, curioso viaggiatore di mondi lontani ed immaginari, lontani da mode ed aspettative terrestri. Di cultura musicale vasta ed espansa, grande nerd di sintetizzatori, Legowelt fa categoria a sé. Esordiente in Olanda nei primi anni Novanta, scuderia Bunker, e ispirato dal suono di Detroit e Chicago, è oggi una figura chiave della scena elettronica mondiale. Estremamente prolifico a nome Legowelt, ed in incognito sotto un’altra dozzina di moniker, ha pubblicato su rinomate etichette come Clone, L.I.E.S., Dekmantel.
Marco Segato (IT) Nato a Roma ma cresciuto nei dintorni di Venezia, inizia ad organizzare eventi e sperimentare con la musica elettronica nel 2009/2010 certificandosi in Ableton Live e attendendo il corso di sound design col guru della disciplina Enrico Cosimi. Nel 2016 viene chiamato come resident da Red Bull Music Academy a Montreal insieme a Lamusa II e Pan Daijing. Instancabile creatore di eventi club e club music, forte dell’esperienza in veneto con FlashForward, da qualche tempo è impegnato a Milano come co-fondatore del collettivo Rete Neurale Milano E.S.T.
Pasiphae (GR/NL) Nome d’arte di Fotini Kappa, originaria della Grecia e attualmente residente in Olanda presso l’Aia, città dove muove i primi passi verso la costruzione di un sound personale. Il 2018 è segnato dalla sua prima uscita solista su Artificial Dance, che ha riscosso elogi e apprezzamenti per lo stile unico e la combinazione di pad atmosferici, bassi electro e batterie techno acid. Una promessa nascente che per la prima volta si esibisce in Italia.
Phurpa (RU), formazione russa guidata da Alexey Tegin, veterano della scena alternativa moscovita dedito alla riscoperta della tradizione Bön, ovvero il misticismo sciamanico originario del Tibet pre-buddista. L’ensemble fa largo uso di voci mantra dette Gyer, canti di gola tantrici e di una strumentazione tipicamente arcaica dotata di Dung-chen, strumento a fiato in bronzo lungo qualche metro da usare in coppia, di tamburo doppio Nga, di pugnali rituali benefici in legno e metallo, e di Kanling, un piffero ottenuto da una tibia. Il tutto è accompagnato dall’assunzione, durante la preghiera, di pozioni naturali e incensi di ginepro.
rRoxymore (FR) La francese Hermione Frank, in arte rRoxymore, è riconosciuta per le sue produzioni sin dal 2012, da quando ha cominciato a far gruppo con personalità del mondo della musica elettronica di spessore come Planningtorock, Paula Temple e Oni Ayhun. Da Montpellier alla patria della club music Berlino, fino a Bristol sotto la label Don’t Be Afraid, si è librata nel panorama elettronico grazie al primo di una serie di EP intitolata “Thoughts of an Introvert”, ancora in corso d’opera. Con una solida esperienza alle spalle, costruita a suon di pubblicazioni e dj set in giro per il mondo, rRoxymore ha tutte le carte in regola per far scatenare la pista di ogni club.
Useless Idea (IT) Useless Idea è il moniker dell’artista audiovisivo Cesare Bignotti. Il suo sound si ispira alle prime produzioni IDM e alla musica ambient, notevolmente influenzato da etichette come Warp & Rephlex. Inizia a comporre musica elettronica a metà degli anni 90, utilizzando una drum machine e un Sintetizzatore Roland registrati su Fostex a bobina. La sua musica e è una forma ibrida di elettronica. Tra le principali influenze annoveriamo IDM, Acid House, Ambient, Detroit Techno e Jungle. Il suo approccio alla musica è carico di sensibilità per l’innovazione volta a una libera e piena espressione del sé e della propria soggettività, per dar vita a un sound che possa essere definito a ragione contemporaneo.
I LUOGHI DI ELECTROPARK 2018
Electropark continua il percorso di attivazione e valorizzazione di edifici e luoghi del Centro Storico genovese, avendo come punto di riferimento il quartiere di Prè, anticamente uno dei sestieri in cui era suddivisa la città e situato a ridosso dell’area portuale.
Museoteatro Commenda di Prè
Lo splendido convento romanico, che si affaccia sulla piazza con il suo inimitabile loggiato, fu in origine anche ospitale, ovvero luogo adibito al dare alloggio ai pellegrini e viandanti di transito per la Terrasanta, collegando popoli e culture diverse. Eletto da sempre come quartier generale del festival, ospiterà notturne escursioni sonore durante il weekend.
Chiesa di San Giovanni di Prè
Costruita di fianco alla Commenda e parte integrante del suo complesso architettonico, caso raro di due chiese sovrapposte, una al piano superiore e una inferiore. In questa elegante cornice del XII secolo si potrà assistere ad un esclusivo live act ricco di fascino.
Mercato Ittico della Darsena
L’indissolubile legame tra la città e il proprio retroterra culturale e storico è degno di nota e se ne trova riscontro anche in una dimensione locale: in questo mercato affacciato sul mare è possibile infatti comprare pesce direttamente dai pescatori della zona, rigorosamente pescato nel mar Ligure. Sarà luogo di attracco per dj set sulla banchina della Darsena.
Piazza dei Truogoli di Santa Brigida
Nell’intricato dedalo di vicoli del centro è nascosta una piazzetta, circondata e sovrastata da alte case, al cui centro si trova ciò che in ligure è detto treuggiu, termine con cui si indicano vasche e lavatoi per raccogliere acqua piovana e dove le massaie portavano a lavare le loro conche piene di panni e indumenti. Dedicato alla Santa svedese che sostò in città per dirigersi al Vaticano, questo scorcio di quotidianità popolare sarà luogo d’incontro tra culture.
Info e Ufficio Stampa
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Il Secolo XIX
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Genova Celebra Colombo
DA GIOVEDÌ 8 A SABATO 10 NOVEMBRE IL FESTIVAL ELECTROPARK RIGENERA IN MUSICA I VICOLI DI PRÈ DA GIOVEDÌ 8 A SABATO 10 NOVEMBRE IL FESTIVAL ELECTROPARK RIGENERA IN MUSICA I VICOLI DI PRÈ
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ANCONA – È passato con l’energia gentile della musica in alcuni dei luoghi più belli del nostro entroterra, il Festival Alte Marche che si è svolto dal 7 all’11 agosto. Un itinerario sonoro tra le province di Ancona e Pesaro Urbino, per sottolineare la vicinanza dei borghi che sorgono ai piedi dell’Appennino, occasione di continue scoperte. Da Sassoferrato a Cantiano, da Cagli a Serra Sant’Abbondio fino a Frontone, paesi che possono essere un’alternativa efficace al caos della costa, che regalano momenti di serenità e contatto con le persone che solo qui si possono vivere.
Un risultato sempre valido: portare musica di qualità in luoghi particolari e caratteristici per creare momenti di vicinanza e scambio tra pubblico e artisti, esperienze condivise che creano un legame forte con queste terre. Situazioni informali e aperte, per turisti e residenti. Uno spirito ben sintetizzato dagli organizzatori che descrivono Alte Marche come «un festival che crea un nuovo e solido rapporto con il territorio attraverso la combinazione di musica, persone, cultura e natura».
La musica è stata sempre di gran qualità, con interpreti eccellenti, in grado di esprimere il loro talento in tutte le occasioni. Le ispirazioni per il programma venivano dal jazz, dal rock, dalla canzone d’autore e dalle colonne sonore, dalla grande tradizione italiana e dalle musiche popolari del mondo, fino all’opera lirica. Una tavolozza sonora multicolore e stimolante, apprezzata in tutte le occasioni dal pubblico.
La partenza con Flower Power, a Palazzo degli Scalzi di Sassoferrato, ha subito fatto capire che Alte Marche aveva imboccato la strada giusta. La voce di Nicoletta Tiberini e la chitarra di Valerio Scrignoli hanno inanellato una serie di brani ormai entrati nel mito, interpretati in maniera sempre originale. Da Dylan ai Jefferson Airplane, dai Beatles a Crosby Stills and Nash fino alla colonna sonora di Jesus Christ Superstar, con il pubblico che cantava assieme agli artisti brani che sono nel cuore.
La seconda tappa di Cantiano ha stupito tutti per affluenza di pubblico. Qui il trio Apricot Tree e la fisarmonica di Nadio Marenco hanno tratteggiato un ritratto accattivante di una formazione vocale leggendaria della musica italiana: il Quartetto Cetra. Con talento e simpatia i musicisti hanno presentato brani storici del Quartetto quali “In un palco della Scala” o “La leggenda del prode Radamés” intervallandoli con brevi racconti e legandoli alla tradizione swing americana alla quale si sono ispirati.
La chiesa di San Francesco a Cagli ha ospitato il trio jazz di Antonio Zambrini con i danesi Jesper Bodilsen e Martin Andersen, per un concerto ispirato alla colonna sonora del Pinocchio della RAI, diretto da Comencini, scritta da Fiorenzo Carpi. In una atmosfera intima e delicata, con una scenografica illuminazione della chiesa, il trio ha presentato brani che Carpi ha scritto anche per il cinema e diversi altri sceneggiati tv, accompagnati da alcune composizioni originali.
La notte di San Lorenzo si è aperta nel raccolto e accogliente spazio del giro delle Mura a Serra Sant’Abbondio e con le Ninna Nanne intorno al Mondo intonate dalla voce di Nicoletta Tiberini accompagnata dalla fisarmonica di Nadio Marenco. I brani andavano dalla tradizione italiana, a Cuba, alla Turchia e al Brasile, per arrivare a musiche di Šostakovič. L’atmosfera sognante coinvolto il pubblico che a fine serata, con la guida del sindaco di Serra, ha potuto trasferirsi al vicino Colle della Mozza per ammirare le stelle cadenti.
Chiusura nel segno di Gioachino Rossini, nel 150° della morte, nel cortile interno del Castello della Porta di Frontone con il progetto Radio Rossini, una fantasiosa ed energica rilettura di alcuni brani del Barbiere di Siviglia. Le Mosche Elettriche, guidate dal funambolico trombettista e compositore Giovanni Falzone, hanno interpretato la grande energia del Cigno di Pesaro con un suono jazz rock di forte impatto. Un continuo cambio di prospettiva nei confronti delle arie di Rossini, scomposte e ricostruite con creatività e talento dalla band. Un progetto che ha saputo conquistare il pubblico, che ha applaudito a lungo i musicisti. Con Falzone c’erano Valerio Scrignoli, Giacomo Papetti e Riccardo Tosi.
Grande successo, anche per la risonanza sui canali social, hanno avuto i concerti al fiume, improvvisati e senza calendario preciso. Momenti di vicinanza con le risorse naturali del territorio pieni di rispetto, armonia e delicatezza. Le brevi improvvisazioni musicali immersi nella natura, per i fortunati che le hanno ascoltate, sono state uno dei segni distintivi di Alte Marche.
Grande la soddisfazione del direttore creativo di Musicamorfosi, Saul Beretta, che ritiene pienamente raggiunti i propositi con in quali aveva impostato il lavoro sul progetto Alte Marche.
Francesco Passetti, sindaco di Frontone e presidente dell’Unione Montana Catria Nerone che ha promosso il festival, commenta: «Grande soddisfazione da parte dei cinque comuni e dell’Unione Montana che ha coordinato questa prima edizione del festival per la qualità delle esibizioni e per la grande partecipazione di pubblico. Siamo già pronti a pensare insieme a Musicamorfosi alla prossima edizione con la finalità di far conoscere ad un pubblico sempre più vasto la bellezza dei nostri borghi e dei luoghi naturali incontaminati che li circondano, fulcro della Strategia di rilancio dell’Area Interna dell’Appennino Basso Pesarese-Anconetano».
Appuntamento alla prossima edizione di Alte Marche.
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Al di là dell’Adriatico c’è un filo conduttore che collega lo sport locale alla storia di queste affascinanti nazioni in maniera profonda. Il legame è molto più datato di quello che si potrebbe pensare, proprio l’Hajduk Spalato, per dirne una, fu fondato da un gruppo di studenti croati nel 1911, in una delle birrerie più suggestive di Praga (U Fleku), rivelando anche ai meno arguti l’organicità della Croazia con l’Impero Austroungarico. Non di meno il nome adottato, restando su riferimenti storici, alludeva alla resistenza croata del XVI secolo contro l’Impero Ottomano. Scorrendo le pagine del grande libro della storia, nella prima meta degli anni ’40, sempre l’Hajduk insieme all’altra squadra di Spalato, l’RNK, rifiutò la partecipazione al campionato Italiano durante l’occupazione dell’Asse con la luogotenenza degli Ustascia. Al collaborazionismo, la squadra e lo staff tecnico dei bianchi di Spalato preferirono passare nella resistenza Jugoslava, diventandone una delle squadre simbolo. L’avversione dei giocatori al regime durante la Seconda Guerra Mondiale è quantomeno curiosa se rapportata alle numerose scritte sui muri richiamanti la simbologia di estrema destra che possiamo trovare attualmente lungo le strade della periferia Spalatina e in zona stadio. Sarebbe frettoloso e stupido dimenticare che intercorrono oltre settanta anni di cui più della metà segnati da una dittatura socialista, terminata con una sanguinosa e controversa guerra che ha lasciato diversi strascichi. Per fare ulteriore ordine direi che le scritte destrorse non sono riconducibili ufficialmente a nessun gruppo organizzato ed anche se è facile pensare che la dominante sia quella, non bisogna cadere in semplificazioni che non aiutano a carpirne le sfumature che restituirebbero un maggior realismo al quadro d’insieme.
Il centro storico di Spalato fu eretto intorno all’antico palazzo romano di Diocleziano, risalente al IV Secolo D.C., costruito quasi interamente in pietra bianca. Mi ha particolarmente sorpreso il fatto che l’interno dello stesso palazzo rettangolare fosse abitato: l’idea standard che ho di “palazzo” è quello di una struttura magari ricolma d’arte, ma comunque staccata dalla città. Qua il copione è rovesciato in maniera originale, le piazze e i luoghi di ritrovo recitano da coprotagonisti insieme ai monumenti. Nelle diverse viuzze medievali e caratteristiche spuntano talvolta murales e/o adesivi richiamanti l’Hajduk e la Torcida, suo gruppo organizzato principale. I colori bianco (prima maglia), rosso e blu (seconda) ricorrono spesso sia nei mercati cittadini che nelle stradine di cui sopra. Se poi ci si sposta dal centro percorrendo le strade più periferiche, l’immersione è totale. Troviamo una moltitudine di murales con i simboli più noti della Torcida, quali la caratteristica “T” o il ragazzo con la bandana rossoblù su tutti, sempre dipinti con cura e precisione.
La Torcida è la formazione di tifosi più antica del vecchio continente. La fondazione risale addirittura al 1950. Leggenda vuole che, durante il periodo del mondiale dello stesso anno, dei marinai di Korcula fecero scalo in Brasile rimanendo colpiti dall’ardore poi mutato in disperazione con cui i tifosi brasiliani, “torcedores” in lingua locale, seguirono la partita del “Maracanazo” da cui mutuarono appunto il nome Torcida. Una particolarità di questo gruppo è che mantiene tutt’ora una folta quantità di sezioni sparse in tutta la Dalmazia e una addirittura a Zagabria. Sezioni con relative pezze che fanno molto anni ‘80, periodo che il sottoscritto non ha vissuto ma che in questa maniera ha potuto indirettamente assaporare.
La storia di questo gruppo è collegata in maniera forte e affascinante all’indipendenza croata di inizi anni ’90, aspetto rimarcato anche sul sito della Torcida, di cui diversi membri furono tra i primi ad arruolarsi nel neonato esercito croato.
La squadra che affronterà i locali questa domenica è la Dinamo Zagabria, squadra più blasonata e titolata di Croazia. Nacque subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, dalle ceneri delle tre squadre di Zagabria del tempo: l’Hask, il Gradanski e la Concordia. Ovviamente la nascita della Dinamo fu legata all’allora neonato stato socialista di Jugoslavia, ma il suo nucleo storico di tifosi organizzati, i Bad Blue Boys, sono stati e sono tutt’ora ferventi nazionalisti. Il gruppo, formatosi nel 1986, riporta spesso nel proprio sito web notizie riguardanti gli eroi dell’ultima guerra e le giornate più importanti della stessa. Numerose anche le iniziative extra stadio lungo tutto il corso della settimana, cosa che avviene anche per i rivali della Torcida, attività che conferiscono ai due gruppi principali di Croazia un valore che va oltre al semplice gruppo ultras nostrano. BBB e Torcida sono un punto di riferimento per i più e meno giovani delle rispettive città a cui danno l’opportunità non solo di sostenere la squadra del cuore, ma anche di partecipare a frequenti dibattiti e momenti di crescita durante la settimana.
Patriottismo e funzione sociale non sono le uniche cose che accomunano le due realtà maggiori di Croazia. Da circa una decina di anni, infatti, entrambe le tifoserie, insieme ad altre del paese, portano avanti una battaglia contro Zdravko Mamic e la Federazione Croata. La famiglia Mamic rilevò la Dinamo Zagabria nel 2003, vincendo con la squadra più di dieci scudetti negli ultimi 15 anni.
Facendola breve il capostipite della famiglia è riuscito a costruire un sistema di reclutamento di giocatori che, con delle clausole nei contratti, definite da “usuraio” in un comunicato della Torcida, si è personalmente garantito percentuali altissime nelle cessioni dei giocatori e talvolta persino dai contratti annuali degli stessi.
Per mettere in vetrina i suoi “prodotti”, Mamic non s’è mai fatto scrupolo di sfruttare indebitamente il suo peso all’interno della federazione, di cui fu vicepresidente, favorendo la convocazione dei giocatori sotto la sua egida (e costringendo così indirettamente tutti i giocatori più promettenti ad intraprendere queste vie nel tentativo di favorire la propria carriera). Nella controversia sconfinata anche nelle aule di tribunale, sono stati coinvolti persino giocatori di fama mondiale come Modric, ora in forza al Real Madrid, Lovren del Liverpool e tanti altri. BBB e Torcida su tutti sono stati tra i primi e tra i più decisi a denunciare le sporche gesta di questa persona, organizzando svariate e ferme proteste, talvolta congiunte, arrivando a boicottare le partite della nazionale come azioni più estreme per attirare l’attenzione su questa anomalia. Il lancio di fumogeni a San Siro dovrebbe ricordare qualcosa, anche se la maggior parte degli osservatori si sono fermati inebetiti a guardare il dito che indicava la luna.
Ovviamente queste proteste hanno avuto delle conseguenze forti, considerando che colpiscono una delle persone più potenti del paese: le più immediate, una sorta di Tessera del Tifoso e Black List per le maggiori tifoserie della nazione!
La prima misura è stata sconfitta quasi subito con una diserzione di massa in tutto il paese mentre la lista di proscrizione causa ancora problemi. Qualche anno fa fu vietato l’accesso a dei membri della tifoseria dell’Hajduk il che portò la squadra, sotto decisione dell’allora presidente, a non scendere in campo a Zagabria in un derby contro la Dinamo.
Gli stessi BBB hanno disertato per svariati anni lo stadio, sempre sotto la frusta del “ban” dalla Gradinata Nord (rientrando definitivamente, con qualche diserzione saltuaria, nella sfida con la Juventus in Champions del 2016). Situazione questa che ha causato negli anni scene surreali, come festeggiamento per la vittoria del campionati della Dinamo di fronte ad appena qualche centinaio di tifosi.
L’ultima trovata in fatto di repressione sarebbe la richiesta di un permesso scritto da parte dei genitori di ogni minorenne che volesse andare nel settore occupato dalla tifoseria organizzata della Capitale, a smembrare il tifo partendo dal suo ricambio generazionale.
Oltre al danno alla bellezza dello sport, questa grande “Mafia” del calcio croato porta con sé ferite dal punto di vista ideologico per i Tifosi, soprattutto per quelli della Dinamo. L’impostazione associativa, di partecipazione popolare e di rappresentanza del tifo nel consiglio di amministrazione è molto forte nel calcio croato. Ovviamente per la squadra di Zagabria questi principi popolari vengono meno dato che il potere è tutto accentrato intorno alla figura di Mamic, cosa che fortunatamente non succede se non in misura minore nelle altre squadre.
Per quanto ciò sia di gran lunga più preoccupante rispetto ai malaffari del calcio italiano, è invece inversamente molto più forte la coesione tra tifoserie, contrapposte sul campo ma unite quando c’è da far fronte a problemi comuni. Con questo non voglio assolutamente insegnare niente a nessuno, ma fa pensare come le tifoserie croate, combattendo in modo congiunto, abbiano velocemente avuto la meglio sulla sottoforma locale di Tessera del tifoso.
Dopo questa lunga ma doverosa premessa passiamo al racconto della partita in sé. All’ora di pranzo mi dirigo verso il centro e mi rendo subito conto che non è un giorno come gli altri. Quasi tutte le persone hanno una sciarpa dell’Hajduk, una maglia della squadra o una t-shirt della tifoseria addosso. Mi avvicino verso lo stadio e mi accorgo di come la sede della Torcida, molto popolata già quattro ore prima della partita, occupi la via di congiunzione stadio-centro: una scelta logistica ideologicamente molto suggestiva.
La frenesia del momento, mista all’emozione, mi porta ad entrare già all’apertura dei cancelli intorno alle tre del pomeriggio, perdendomi così il corteo dei tifosi di casa. Da quel che mi è dato sapere non è successo nulla di rilevante prima e dopo il match tra le due tifoserie, probabilmente grazie all’imponente servizio d’ordine disposto per la partita più sentita della nazione.
Lentamente lo stadio inizia ad animarsi. I ragazzi della Nord, durante la mattinata, hanno invitato a entrare in curva entro un’ora dall’inizio della partita, in modo tale da organizzare al meglio la scenografia prevista. Dagli altoparlanti vengono sparate a tutto volume canzoni croate riguardanti la squadra di casa, scelta che non mi piace, ma che riscuote un certa partecipazione da parte del pubblico di casa, soprattutto nei distinti dove ho preso posto anche io.
A ridosso dell’inizio della partita fa il suo ingresso il plotone dei tifosi ospiti, tutti insieme in maniera compatta, sotto i fischi e i cori dei padroni di casa. I settori occupati dai tifosi locali offrono un bell’impatto visivo, la stragrande maggioranza indossano infatti una maglietta bianca, mostrandosi come un unico blocco.
Entrano le squadre in campo e gli occhi di tutti sono rivolti alla curva di casa. La coreografia, che durerà svariati minuti, sarà una sorta di spettacolo dinamico: con dei cartoncini viene composto un muro di mattoni gialli e arancioni, dopo di che vengono tirati su piccoli teloni raffiguranti ragazzi girati di spalle e armati di bomboletta spray. Successivamente vengono calati i teli per far apparire una lettera ipoteticamente scritta dai writer di cui sopra. Azione ripetuta svariate volte finché si completa la scritta: “Viviamo per l’Hajduk”. Molto originale davvero la realizzazione e ben riuscita nel suo esito finale.
Nel mentre i tifosi ospiti, presenti in 600 unità, si danno da fare con cori e battimani eseguiti con una partecipazione totale e grande coordinazione. I primi cori dei padroni di casa invece, iniziati dopo la choreo, sono per me impressionanti. L’adesione ai battimani è totale, anche nei distinti, dove mi sento un completo estraneo non tifando insieme alla gente locale. Nel frattempo noto che la Torcida ha una posizione non proprio centrale nella curva, ma leggermente spostata verso il mio settore, come a volere virtualmente guardare negli occhi i tifosi ospiti, assiepati nella metà opposta dell’altra curva.
In campo si nota subito il divario tecnico, abbastanza evidente, in favore degli ospiti. I padroni di casa, come da copione, sopperiscono le assenze tecniche con grande abnegazione e impegno e riescono a pareggiare il risultato di svantaggio iniziale, terminando così il primo tempo.
L’umoralità del tifoso, “normale” e non, che per me è una nota positiva perché indice di interesse sportivo, è evidente. Quello che mi impressiona è come i rispettivi nuclei organizzati di entrambe le tifoserie risultino instancabili e continui in tutto l’arco della partita. Poco prima del gol della Dinamo, il settore ospite appare completamente a torso nudo, rendendo l’esultanza ancora più particolare. Col settore capitolino in visibilio, la curva di casa aumenta subito i decibel, rifiutandosi di voler udire la gioia altrui. Durante il corso della prima frazione la curva di casa esegue una bella sciarpata e continua con il proprio tifo in maniera costante, mentre gli ospiti insistono con i loro battimani e cori, talvolta con melodie richiamanti il nostro paese.
Inizia il secondo tempo e sul campo mi sembra di vedere un film già scritto: la squadra meno forte tecnicamente gioca all’arrembaggio per i primi 15 minuti, sprecando svariate occasioni, ma alla prima occasione, la squadra che ha sonnecchiato per tutto il secondo tempo segna e finisce per controllare in sicurezza il risultato fino al novantesimo con giusto qualche brivido isolato.
Il supporto delle due tifoserie è ineccepibile ed entusiasmante anche nel secondo tempo. I 600 venuti da Zagabria cantano tutti quasi costantemente, usando spesso e volentieri il battere delle mani e l’ausilio dal tamburo. Per la curva di casa il discorso è più ampio. La metà di curva intorno alla Torcida canta praticamente sempre, il resto della curva e i distinti sono coinvolti in ugual misura e molto di frequente durante la partita. Il settore nord si rende inoltre protagonista di una bella fumogenata arancione, condita da torce luminose, a metà della seconda frazione. I cori di astio ci sono da entrambe le fazioni e quando a offendere sono i padroni di casa, tutto lo stadio si esalta nel dare manforte alla curva.
Capitolo striscioni: entrambe le tifoserie espongono striscioni per Milka Zadro, madre di un generale ed eroe di guerra croato. A rimarcare la coesione sotto questo punto di vista ci sono stati dei cori nel post partita applauditi reciprocamente. Lato ospite viene srotolato uno striscione contro la dirigenza della Dinamo, mentre la tifoseria di casa riserva uno striscione contro i BBB, accennando ad una loro “morte ideologica”, anche se non ho i mezzi per capire nello specifico a cosa si alluda.
Dopo la partita le tifoserie continuano a tifare per diversi minuti e tra i cori sento distintamente le parole “Grobari” e “Delije”. Sui cori, applauditi reciprocamente dalle due fazioni, non conoscendo la lingua, le chiavi di lettura che ne ho ricavato sono due: o i tifosi si insultavano dandosi vicendevolmente dei Serbi, applaudendo in pieno spirito goliardico, oppure erano direttamente indirizzati ai tifosi del Partizan e della Stella Rossa di Belgrado, rimarcando con quegli applausi l’unità nazionale croata di cui si è fatto più volte cenno. Ma sono ovviamente teorizzazioni che solo qualche più esperto della lingua e della realtà croata fra i nostri lettori saprà spiegare.
Come nota a margine vorrei fare chiarezza sul numero degli ospiti. I biglietti resi disponibili per loro erano esattamente 600, non perché non ne entrassero di più ma perché, sempre per il loro astio verso la federazione, ai BBB vengono concessi meno biglietti rispetto ad altre tifoserie, proprio per rappreseaglia per il peso specifico che gli stessi hanno nella lotta al sistema calcio locale.
Finisco questa giornata con la consapevolezza che un’esperienza del genere è da vivere e da consigliare fortemente a tutti. Oltretutto è un’ulteriore conferma, soprattutto per il lavoro di ricerca fatto in seguito, che il falso mito “all’est fanno quello che gli pare” è assolutamente da sfatare. Le limitazioni ci sono anche quì, così come le misure repressive: è la risposta delle tifoserie che mi è sembrata diversa rispetto all’Italia. Allo stessa maniera è diverso il modo in cui il popolo sta allo stadio, molto meno moderno e più popolare, visto proprio come un rito laico dove divertirsi e sfogarsi. Altrove il rito è stato sostituito dall’evento, ma questo se da un lato ha favorito la loro spettacolarizzazione, ha altresì generato una occasionalità che al contempo uccide la passione e la partecipazione popolare.
Hajduk-Dinamo Spalato: il filo conduttore fra calcio e storia Al di là dell’Adriatico c’è un filo conduttore che collega lo sport locale alla storia di queste affascinanti nazioni in maniera profonda.
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In un indagine svolta tra giovani veneti in occasione di una mostra sull’emigrazione e risultato quanto segue:
32% non sa nulla dell'emigrazione italiana. 37% sa qualcosa dalla televisione. 22% sa qualcosa da parenti. 9% ha saputo qualcosa tramite la scuola.
Inoltre 80% degli studenti intervistati pensa che gli italiani emigravano per turismo e il restante 20% ha risposto per fame.
Questi sono dati che fanno riflettere sulla necessita e urgenza di far conoscere ai giovani, e non solo ai giovani, la storia del nostro passato recente per poter sgombrare il campo da facili generalizzazioni e comode rimozioni su un fenomeno quale l’emigrazione nei giorni nostri verso il nostro paese.
Fermamente convinti che “conoscere la storia serve ad evitare gli stessi errori” abbiamo realizzato Made in Italy dove raccontiamo le vicende che hanno visto coinvolti i nostri progenitori e che tuttora riguardano direttamente noi. Un dato su tutti: tra il 1960 e il 1980 i nostri connazionali emigrati in Svizzera dovevano nascondere i propri bambini in casa per la paura di essere espulsi.
Tra il 1820 e il 1980 ventisette milioni di italiani hanno lasciato la propria terra per cercare fortuna altrove, in luoghi piu vivibili. Stiamo parlando di una delle piu grandi diaspore che siano mai esistite nella storia che molti, e non solo giovani, non conoscono affatto.La rimozione e un meccanismo a volte subdolo, accomodate, si rimuovono addirittura interi periodo storici per evitare di doversi specchiare in chi oggi vive le stesse sofferenze e umiliazioni che noi abbiamo dovuto vivere nel passato.
La rimozione aiuta soprattutto coloro che si arrogano il diritto di poter insultare e "cacciare" dal nostro territorio i “temibili” extra-comunitari che per la stragrande maggioranza vengono qui per cercare di vivere piu dignitosamente che al loro paese. A volte non e neanche rimozione ma reinvenzione della realta come e il caso di molti che si raccontano il mito che i nostri emigrati italiani erano grandi lavoratori, rispettati e ben voluti ovunque andassero.
Ma la realta e ben lontana purtroppo e Made in Italy ce lo spiega molto bene, raccontando come eravamo veramente e lasciando allo spettatore il paragone tra quello che dovettero subire i nostri nonni, bisnonni e trisavoli all'estero e quello che subiscono gli immigrati di oggi che cercano rifugio e speranza nel nostro Paese .Made in italy e uno spettacolo che sfata molti miti raccontando di come scrittori e giornalisti, spesso corredando di vignette maligne e xenofobe, scrivessero degli italiani come una minaccia, o descrivessero le nostre citta e i nostri abitanti come bei posti pieni di opere d'arte ma abbandonati e trascurati da una popolazione di ladri, mendicanti, briganti o scansafatiche. Un Italia, dal nord al sud piu profondo, in cui le donne erano particolarmente avvezze a vendere il proprio corpo ai forestieri e non da meno fu la tratta delle donne, vendute anch'esse da qualche "magnaccia" nostrano nei bordelli di mezza Europa.
E se oggi ci indignamo per i bambini sfruttati con l’accattonaggio, perche si riconosce che non si puo rubare l’innocenza, ci dobbiamo ricordare che anche noi, cattolicissimi italiani, l’infanzia e i suoi diritti l’abbiamo violata in tutti i modi. Noi i bambini li si vendeva per pochi soldi per essere sfruttati in qualche fabbrica oltre confine, o ancor peggio a fare mestieri al limite della fatica umana con il piu delle volte l’inevitabile decesso. Bambini usati come spazzacamini, sterratori o suonatori ambulanti in giro a mendicare con la scimmietta sulla spalla.
E anche quella che sembra essere l’accusa piu nuova che viene mossa di questi tempi agli stranieri, ossia quella di essere terroristi, non era a noi risparmiata. Basti pensare a Sacco e Vanzetti condannati, con accuse false e infamanti, alla sedia elettrica perche anarchici e soprattutto italiani.Gli italiani sparsi nel mondo hanno raggiunto la cifra strabiliante di 27 milioni!
27 milioni di nostri connazionali che nell'arco di un secolo hanno cercato una vita migliore altrove. Tra il 1880 e 1915 piu di 4 milioni sbarcarono solo negli Stati Uniti. Una vera e propria orda, incontrollabile ed incontrollata specialmente dal nostro governo che era ben felice di veder partire quei poveracci e le loro famiglie numerose, difficili da sfamare in un Paese ridotto all'osso.
Si imbarcavano ovunque, ammassati in 3° classe. Un viaggio infernale che durava svariati giorni dove la morte era sempre in aguato. Molti avevano venduto tutto quello che avevano per questo viaggio.
Chi arrivava a destinazione, in particolare ad Ellis Island (New York) veniva sottoposto a varie visite e vari test per verificare l'idoneita a varcare la soglia del Nuovo Mondo. Molti, essendo analfabeti o fisicamente inadatti, non passavano i controlli e venivano rispediti in Italia. Alcuni al solo pensiero si suicidavano buttandosi nel mare gelido.
Erano troppi, una marea umana, tanto che negli anni '20 il governo americano fece delle leggi che riducevano le quote di immigrati per ogni Paese, per quelli del Nord Europa le quote erano piu alte di quelli del Sud, cosi che quella dell'Italia era stata ridotta a poche migliaia l'anno.
Ma gli italiani non andavano solo negli Stati Uniti; oltre ad alcuni stati Europei come la Francia, il Belgio, la Germania e la Svizzera che videro una consistente immigrazione dal nostro Paese nel dopoguerra, anche l'Australia, il Canada e tutto il Sud America accolsero milioni di nostri connazionali in cerca di fortuna, tanto che oggi in alcuni Paesi come l'Argentina ,il Brasile o l'Uruguay, la percentuale dei nostri oriundi e molto elevata ed arriva a sfiorare il 50%. In alcune zone del Brasile si parla una lingua chiamata "Talian", un misto tra portoghese e antico dialetto veneto.
Ma anche qui l'accoglienza loro riservata non era delle migliori. Specialmente nei Paesi anglosassoni gli italiani venivano visti come i peggiori tra gli immigranti, cittadini di serie B, gli stereotipi sull'italiano medio si sprecavano, eravamo i piu ignoranti, i piu sporchi, i piu rissosi, i piu propensi a delinquere (grazie anche all'associazione con la mafia), i piu chiassosi e gesticolanti, col coltello in tasca sempre pronto all'uso, spesso paragonati ad animali; nelle Little Italy americane dormivano insieme agli asini e le scimmie. Studi pseudo scientifici cercarono di dimostrare che gli italiani non erano di razza bianca, molti erano troppo piccoli e scuri per essere paragonati ai Nord Europei, quindi dovevano avere sangue africano. Da qui l'italiano era classificato come razza inferiore e pericolosa per quei Paesi che ci accoglievano e che vedevano arrivare milioni di nostri connazionali che, oltre a rubare il lavoro, avrebbero "infettato" la purezza della razza caucasica.
Eravamo la feccia della civilta, tutti, indistintemente, dal Trentino alla Sicilia.
Eravamo gli zingari del mondo.
Tanti i nomignoli che ci venivano, e tuttora vengono, affibbiati a dimostrazione che la stupidita e dura a morire.
E magari la discriminazione si fermasse solo agli insulti… Negli Stati Uniti non impiccavano solo i neri ma anche italiani e con pretesti a volte banali. Il tutto sotto l’occhio benevolo delle autorita locali e con la piena partecipazione di tutti i cittadini: donne, vecchie, bambini. Tutti orgogliosi di partecipare a quel macabro “sport” che porta il nome di linciaggio (lyncing); e tutti orgogliosi di avere prova testimoniale della loro impresa attraverso scatti fotografici che sarebbero diventati cartoline postali da inviare ad amici, parenti…
Veri e propri massacri avvenuti in ogni angolo del mondo contro gli italiani, dove fino a non molto tempo fa si potevano trovare cartelli appesi in alcuni locali che recitavano: “vietato l’ingresso ai cani e agli italiani"
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XXXFuorifestival
Eventi - 19/6/2015 - 27/6/2015
Dal 20 al 27 giugno
In concomitanza con la 50esima “Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro”, XXXFuorifestival, giunto alla quarta edizione, conferma la predilezione per la video arte, mezzo espressivo tra i più usati negli ultimi anni, attuale e capace di interessare un vasto target di pubblico.
La rassegna, organizzata dall’associazione culturale XXXFuorifestival, presenta un circuito di videoinstallazioni che coinvolge importanti luoghi storici della città: la Sinagoga, Palazzo Mazzolari Mosca e Palazzo Ratti, con inaugurazione venerdì 19 giugno. Artisti di calibro internazionale saranno presenti con le loro opere, grazie alla direzione artistica di Tommaso Pedone e dei curatori italiani e stranieri invitati.
Negli spazi della Sinagoga, viene presentato il lavoro di digital art di Hwayong Jung, media designer di origine coreana con base a New York; un contrasto decisamente interessante tra le ricche decorazioni degli interni e l’estetica minimal-futuristica dell’artista.
La cura è di VisualContainer, agenzia di videoarte e media-partner che sponsorizza artisti in mostre e festival internazionali.
A Palazzo Mazzolari Mosca, Al Fadhil, curatore egiziano che vive e lavora a Lugano, propone le proiezioni video di due affermati artisti di origini mediorientali, Aissa Deebi, palestinese che vive e lavora a New York e Kadhum, iracheno. Lavori che riflettono sulle intense quanto attuali tematiche socio-politiche delle loro terre sconvolte da anni di guerra.
Qui anche una sezione dedicata ai curatori emergenti come Maykson Cardoso, critico brasiliano di Rio de Janeiro, testimone di un Paese in forte sviluppo creativo oltre che sociale. Una importante selezione di videoartisti per il ritratto di un paese in continua evoluzione, un caleidoscopio di ideali, emozioni e colori.
Tra le novità 2015 nello splendido Palazzo Ratti sono presenti due progetti video di Almagul Menlibayeva. Videoartista e pittrice di origine kazaka, presente alla Biennale di Venezia di quest'anno, che si contraddistingue da anni nel panorama internazionale per la sua estetica borderline e la particolare attenzione alla figura femminile.
XXXFuorifestival ha tra i suoi principali obbiettivi quello di avvicinare il pubblico portando l’arte in strada, negli spazi commerciali e nelle residenze storiche. Fare perno sulla qualità della proposta, rendere la città attrattiva sperimentando nuovi linguaggi e rafforzare l'identità culturale del territorio aprendosi ad un pubblico sempre più ampio eterogeneo anche fuori dai nostri confini.
[...]
Mostra a cura di Maykson Cardoso (Brasile) Paese: Brasile Adrianna Eu “A costura de si” Adriano Motta “Estudo” Fábio Carvalho “Frequently Secretly” Gabriela Capper “Bells machine” - “Feche os olhos e veja” Gurcius Gewdner “Almoco na relva” (Lunch in the Grass) Ivan Grilo “Despedida” - “Retorno” Lívia Moura “In-vaso” Luane Aires “A unica constante” Mariana Smith “Extravio” Paula Scamparini "Ficções" Roberto Corrêa dos Santos “Cantos Divinos” Suzana Queiroga “Atlas” - “ Olhos d'água”
In collaborazione con Comune di Pesaro, Provincia di Pesaro e Urbino, Sistema Museo.
Adriano Motta, Estudo 1, 2011
Vídeo 05'00''
Suzana Queiroga, Olhos d'água, 2014
Vídeo 06'59''
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Comunicato Stampa #569: Dal 24 al 26 novembre 2016 la sesta edizione di Matera Sport Film Festival
Prorogato al 15 ottobre il termine per iscrivere le opere in concorso
Matera, 5 ottobre 2016. Si svolgerà dal 24 al 26 novembre prossimi - a Matera e in altre località della Basilicata - la sesta edizione di "Matera Sport Film Festival". L'evento, che sarà realizzato in collaborazione con la Fondazione Matera-Basilicata 2019 ed il Comitato Regionale UISP di Basilicata, ha lo scopo di promuovere la migliore qualità delle produzioni di immagini sportive, e la valorizzazione dello spirito olimpico e dei valori universali dello sport, attraverso un programma fitto di appuntamenti: Proiezioni, Meeting, Workshop, Mostre ed Eventi collegati. Cinema, Televisione, Comunicazione e Cultura sportiva diventano i mezzi per la creazione di un luogo capace di stimolare lo studio, il dibattito e la conoscenza delle tematiche culturali e creative.
Al fine di consentire la più larga partecipazione all'evento, gli organizzatori hanno deciso di prorogare al 15 ottobre 2016 il termine ultimo per poter iscrivere le produzioni alla rassegna.L'organizzazione dell'evento, curata da Matera Sports Academy - organismo riconosciuto dal Comitato Nazionale Olimpico Italiano (CONI) - vanta, tra gli altri, il prestigioso patrocinio di Commissione Nazionale Italiana per l'Unesco, Regione Basilicata, Fondazione Lucana Film Commission, Comune e Camera di Commercio di Matera, Rai Basilicata. Il Festival aderisce, inoltre, al network di festival lucani di qualità "BasilicataCinema International Film Festival". Nutrito il novero delle collaborazioni avviate con i festival italiani e stranieri: tra i partner figurano il Festival Nazionale dello Sport Integrato di Courmayeur e il FIFE di Rio de Janeiro.La manifestazione sarà articolata in un programma a ingresso libero per 3 giorni di attività, ospitata in prestigiose sedi: all'interno degli antichi Rioni Sassi di Matera - Patrimonio Mondiale Unesco, in palazzi storici di Sant'Arcangelo (PZ), e in altri luoghi della Basilicata. L'edizione 2016 sarà caratterizzata e valorizzata dalla relazione tra Matera e la città olimpica di Rio de Janeiro - sede dei recenti Giochi Olimpici e Paralimpici - dove il festival lucano è stato ospitato a dicembre scorso, e dalla cui interazione è scaturito il tema principale del concorso: "Giochi Olimpici - Spirito Olimpico". La competizione potrà comprendere cronache, ricerche, reportage riguardanti lo sport, i suoi protagonisti e i suoi valori culturali, storici ed etici attraverso la preparazione e la partecipazione ai Giochi Olimpici.Sono quattro le sezioni competitive di quest'anno: "Movies", "Documentari", "Trasmissioni TV e Nuove Tecnologie" e "Sport e Società". Quest'anno, per la prima volta, Matera Sport Film Festival sperimenterà inoltre la sezione speciale in concorso "Sport4Youth", in cui si inviteranno gli alunni delle scuole secondarie della regione a raccontare storie di sport, con le moderne tecnologie digitali, su tre differenti temi: "Oltre le barriere: sport e inclusione sociale"; "Nutrizione e Benessere: stile di vita sano e corretta alimentazione per una cultura della prevenzione"; "Sport e arte di strada: nuove tendenze di creatività giovanile". I lavori, della durata massima di 120 secondi, saranno "postati" dagli studenti nei rispettivi account su YouTube e ripresi dal sito ufficiale www.materasportfilmfestival.com per essere valutati attraverso una votazione online, a seguito della quale le opere più meritevoli saranno premiate nel corso dell'evento.Come già accaduto nelle precedenti edizioni, l'organizzazione avvicinerà il Festival all'ambiente scolastico ed educativo, grazie al progetto "La cultura attraverso le immagini e le storie di sport: a Scuola di Cinema". Questa iniziativa, che vanta il patrocinio del MIUR - Direzione Scolastica della Regionale Basilicata, prevede la proiezione di film, cortometraggi, documentari, cartoni, che raccontano lo sport.Anche in questa edizione, è attesa un'ampia partecipazione su scala nazionale ed internazionale, che renderà Matera Sport Film Festival una straordinaria vetrina per tutti i soggetti, pubblici e privati, che gravitano attorno al mondo dello sport e della comunicazione. Stati Uniti, Russia, Cina, Svizzera, Danimarca, Romania, Francia, Messico, Sudafrica, Ecuador, Repubblica Ceca, Brasile e - naturalmente - Italia, sono alcune delle nazioni di provenienza dei produttori iscritti alle precedenti edizioni.Durante la rassegna, qualificati ospiti del mondo cinematografico, televisivo, sportivo e giornalistico saranno insigniti di prestigiosi riconoscimenti. L'ultima edizione vide la premiazione di Luca Barbareschi, Carlo Paris e Alessandro Antinelli; nel 2014 Gianni Maddaloni e negli anni precedenti Domenico Fortunato, Luca Corsolini e Lorenzo Roata.
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