#lo dico per ridere ma in realtà
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vabbè appuntamento con collega uni andato miseramente. pensando di cambiare paese. per lo meno regione.
#basta veneto#mo me ne vado in toscana che tanto i toscani sono per lo più boni e interessanti#considererei roma ma coi romani ho brutte esperienze#poi a quel punto torno direttamente a napoli#forse ho bisogno di un terrone come me alla fine dei conti#lo dico per ridere ma in realtà#voglio piangere#che tristezza#mi mancano proprio un certo tipo di connessioni#vabbè#me#mio post
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“Nonoo” questa mattina sei venuto a mancare e dopo aver lottato per altri tre mesi, anche se in ospedale ti avevano dato pochi giorni, ininterrottamente non hai mai mollato quel filo sottile che divide la vita dalla morte; anche contro le tue volontà a testa alta col tuo carattere (in cui non mi rispecchiavo) sei riuscito a tenerti vivo, ahimè, purtroppo, la morte vince si tutto, non ha pietà.
Fin da piccolo il tuo sogno era di vedermi guidare, cosa che se pur col tempo ho saputo apprezzare non ho mai amato fare come te, prima che l’infarto ti colpisse definitivamente ti avevo fatto una promessa, di portarti a vedere un gran premio di formula uno, da noi tanto amata, questo seppur per evidenti problemi economici non mi avrebbe mai impedito di non farlo, però non avresti avuto le forze, anche se immagino che ti saresti commosso, anche se una persona come te era difficile vederla piangere.
Abbiamo avuto periodi in cui ci costruivamo mentalmente dei muri invisibili e proprio per la differenza del nostro carattere questo ci ha ferito entrambi, fuori sicuramente eravamo orgogliosi ma il problema poi è sempre dentro, quel peso che a lungo andare ti consuma fino a trasformalo in malattia.
Col senno di poi siamo bravi tutti, tu hai le tue responsabilità e io le mie, non esistono santi, nessuno di noi due ha vinto o perso, nonostante abbiamo sofferto, ci siamo riavvicinati pian piano, con più fiducia e lo abbiamo fatto raccontandoci la mia, la nostra infanzia, nostra perchè alla fine hai passato davvero tanti anni assieme a me quando ero piccolo, io non dimentico i tuoi errori nonno, ma nemmeno il bene che mi hai fatto, la tua immensa disponibilità per me e la mamma quando aveva bisogno di essere portata per lunghi anni su e giù in ospedale, sappi che queste cose rimarranno impresse nella mia testa, perché col tempo, forse crescendo, anche se ancora mi vedo, sai, un po’ bambino, quel Mattia che era il tuo idolo, che doveva essere il migliore di tutti, ma che in realtà voleva solo essere come tutti, e che quei tutti avessero il mio stesso cuore, quella bontà che col tempo è pian piano svanita.
Chi si dimentica di tutta quella gente che ci Incontrava in bici la mattina presto?
La tua felicità negli occhi, nel vedere come tutti si fermassero a guardarmi, a parlarmi e a sottolineare il fatto che il sorriso non mi mancasse mai.
Si andava a prendere il pane, ne volevo subito un pezzo, ci fermavamo a vedere tutti i cani della via con la speranza che rispondessero alle mie parole, e restavo lì convinto fino a quando sentivo abbaiare e tu mi davi conferma delle loro risposte.
Che periodi, cercavo sempre mia mamma, purtroppo per via del lavoro per me era come stesse via intere settimane ma in realtà così non era, però tu ben sapevi quanto io sia legato a mamma, e tranquillo ricorderò sempre quanto anche tu lo fossi, anche se spesso avevi qualcosa da ridere per via del tuo carattere ricorderò le tue ultime parole: “La mamma è la donna più intelligente che ho conosciuto, fin troppo buona e disponibile per tutti, voglio che lei lo sappia”.
Potrei scrivere un libro, non un poema su ciò che abbiamo vissuto insieme, sei stato la mia infanzia, il mio periodo preferito, lo rivivrei mille volte, nonostante il tuo modo di essere, ma chi sono io per giudicare? Certo, quello che penso lo dico, come hai sempre fatto tu, ma allo stesso tempo non mi nasconderò mai come non giudicherò mai!
Ora stai vicino alla nonna, e assieme fatemi il regalo più grande, che non sono i soldi, non sono una vita di successi, ma la speranza di vedere vostra figlia, mia mamma, stare un po’ meglio.
Solo questo.
Il pensiero rimbomberà sempre nella mia testa, fra cose belle e cose brutte, ma per vivere di questi tempi, bisogna affidarsi solo all’amore, lo sai nonno no?
Quella piccola parte di odio che io ho sempre avuto verso la mia generazione, e tu, verso chi ben sapevi, era molto simile, però se fossi qui so che con un sorriso, e magari una lacrima, diresti: “Qua te ghe rason”.
Ciao caro nonno, ti voglio bene❤��
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DIALOGO CON UN CANE
Questa mattina, complice un ictus nottambulo (sicuro altrimenti non mi darei altra spiegazione), ho deciso di approfittare della gradevole temperatura per fare una camminata.
La salute, lo staccare mentalmente, bruciare calorie... niente di tutto questo, volevo uscire di casa. Punto.
Così intraprendo un percorso che ho fatto altre volte, sfruttando piste pedonali e ciclabili che mi danno moltissime alternative qui in zona, che mi permettono di camminare nella natura e lontano da strade trafficate. Insomma il silenzio tra alberi e campi, interrotto solo dalle voci di chi, chiacchierando tra loro, incontro sul mio cammino e i passi ritmati, come il respiro affannato, di chi m'imbatto mentre corre.
Già, quelli che corrono. Che impegno e costanza, i volti paonazzi, il sudore che fa brillare la loro pelle come se fosse quella dei vampiri alla luce del sole, quelli della saga di Twilight per intenderci.
Si vede, dalla loro espressione, che un divano a casa non ce l'hanno. Diversamente da me che mentre cammino so già dove mi butterò appena rincasato.
Poco dopo aver intrapreso la camminata incrocio un ragazzo disabile, seduto sulla carrozzina, con un cane al guinzaglio. L'ho incrocio spesso quando faccio queste uscite insane per la mia indole, sempre cortese saluta tutti. E tutti ricambiano. Così fa con me e io ricambio.
Bello salutarsi col sorriso ed essere ricambiati. Decido anche io di adottare questa strategia con chi incontrerò. Risultato: nessuno mi caga. Zero. Anzi al mio saluto mi guardano stranito.
Evidentemente la sedia a rotelle ha quel suo perché che fa scattare la solidarietà, per uno sulle sue gambe no.
Così mentre cammino e vengo doppiato, triplicato e via a crescere dagli stessi volti o dalle stesse natiche, si quelle femminili a volte mi incitano a correre... dietro loro come stimolo motivazionale sia chiaro.
Dopo una curva mi ritrovo dietro una donna, capelli biondi ben curati, indossa dei jeans e un bellissimo cappotto. Scarpe rialzate con un tacco. Non è una mise da jogging ne da camminata. Intatti con lei e al guinzaglio c'è un magnifico esemplare di cairn terrier.
La bestiola mi "sente" e subito si gira, anzi si ferma a guardarmi e la sua accompagnatrice umana si accorge della mia presenza proprio perché il cane si è fermato. Tirandole il guinzaglio.
Cerco di superarli ma niente, il cane scodinzolando mi punta e vuole salutarmi. Mi cerca. Guardo la donna che lo sta portando al guinzaglio, cerco un'intesa con lo sguardo come per avere il suo consenso.
Ma avendo entrambi gli occhiali da sole scuri non riesco a interpretare nulla. Così prendo l'iniziativa decidendo di accosciarmi, con il cane che mi fa le feste.
- Sai - gli dico - lo so che non dovevo accosciarmi, che ora dovrò aspettare che passi uno robusto per aiutarmi a rimettermi in piedi - la donna sorride divertita - ma io devo dirti una cosa.
Vedi tutti questi umani che corrono? Ecco io li ammiro, un giorno sarò come loro, allenato, e correrò anche io.
Senza distogliere lo sguardo dal pelosetto sento lei ridere di più.
- Come dici? - rivolgendomi sempre al carin terrier - Si hai ragione. Meglio non correre che c'ho una certa età. Promesso non lo farò. Come scusa? - a questo punto porgo l'orecchio al cane come se lo stessi ascoltando, la padrona è completamente partita in una risata dietro l'altra - Si, si certo. Hai ragione! - prendendo il musetto del cane gentilmente tra le mie mani - Farò come mi consigli. Appena arriverò a casa prenderò quella fetta di pizza avanzata da ieri sera e la mangerò.
A questo punto lei, la donna si intromette nella conversazione privata: - Ma gli risulta simpatico, non è così avvezzo a farsi coccolare e scodinzolare agli estranei. In realtà risulta simpatico anche a me, ma cos'è tutta questa simpatia?
- Vede - le rispondo - credo si tratti di empatia tra esseri viventi, ogni tanto capita sa? E come se si fosse connessi tra di loro. Vede? Il suo cane mi sta leccando e mi dà dei piccoli leggeri morsi come a dire "Ti voglio bene", ora mi chiedo una cosa...
- Cosa? Se posso sapere?
- Essendo stato leccato e morso dallo splendido cucciolotto, come nei film sui licantropi, con la Luna piena mi trasformerò in un Carinmannaro? Oppure sarà il cane a trasformarsi in uno Scemoumano? Guardi che se fossi in lei mi preoccuperei. Tanto anche.
Mentre lei ride oramai senza ritegno buttando la testa all'indietro, io rapido ne approfitto per rialzarmi. Un po' per cercare di sfuggire al suo sguardo mente goffamente mi rialzo, un po' perché le gambe stavano per andarmi in cancrena.
Quando torna a fissarmi sono in piedi. Mi guarda e io le dico: - Si mi sono alzato senza dire "oplà", lo so è un patetico tentativo di dimostrare meno anni di quelli che ho. Però guardi, se vuole, mentre ammiro il suo cane mi posso mettere le mani dietro la schiena. Come gli umarell.
- Sto morendo giuro - mi dice mentre con la gamba sinistra leggermente piegata verso la gamba destra piega il busto in avanti dal ridere - Ah ah ah ah!
Guardo il cane, scodinzola come se percepisse questa ilarità nell'aria. Lo saluto, accarezzandogli amorevolmente la testa.
Mi guarda con uno sguardo particolare. Che non comprendo.
Saluto l'umana con il cane che si lascia scappare "magari ci rivediamo" e riprendo la camminata come se nulla fosse.
Penso allo sguardo del cane, cerco di interpretarlo.
Ma l'unico pensiero che mi esce è del tipo "Dai non fare lo stronzo. Mi costringe a guardare Beautiful tutti i giorni, con me sul divano. Mentre da anni guardiamo quella pallosa soap opera in cui Brooke Logan si è sposata ventordici volte, lei è sempre single. Speravo che almeno tu..."
Bastardo! Mi voleva fregare con quel musetto carino e coccoloso.
In tutto questo non le ho nemmeno chiesto il nome. Del cane dico, che frana sono.
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ora vi racconto la mia disavventura (spoiler: finita bene) di ieri: erano le tre di notte e dopo essere uscita con la mia migliore amica a fare un giro e a giocare a carte in piazza come delle vecchiette decisi di chiamare il taxi per tornare a casa. Generalmente per pagare un po' meno (e in realtà anche un po' per la mia sicurezza) non mi faccio mai lasciare davanti al portone di casa ma all'inizio della via dove abito e per arrivare a casa devo fare una salita e delle scale che con calma si fanno in 5 minuti. Bene, prendo il taxi, arriviamo a destinazione e gli chiedo tranquillamente se potessi pagare con carta, allora il tipo tira fuori il cazzo - no scusate, il pos (mi faceva ridere) - e pago: tentativo rifiutato. Ci riproviamo: tentativo rifiutato. Parte il panico mentale da parte mia, ero sicura di avere soldi nella carta perché sto mese non ho fatto praticamente nessun acquisto costoso, allora inizio a pensare a cosa potessi fare, non avevo nemmeno un'euro in contanti, ma solo poche monetine di bronzo. Il tassista decide di provare a cambiare pos, ne tira fuori un altro e ci riprovo: ennesimo tentativo rifiutato. A quel punto mi rendo conto che non sapevo proprio cosa fare, allora a lui viene in mente di dirmi "scusa ma a casa non hai contanti? sali a prenderli che io ti aspetto qui" e io pensai che fosse un'idea geniale, finché dopo il mio "sì" mi rispose con "allora lasciami il telefono". Inutile dire che io stessi pensando al NUMERO di telefono, e non al telefono fisico...ma lui tende la mano verso di me facendomi capire che del numero non gli fregava proprio niente, voleva il dispositivo. Io ovviamente, scema quale sono, glielo do ed esco dalla macchina e inizio a correre verso casa (vi ricordo che camminando ci vogliono 5 minuti di salita + scale, quindi casa mia non era proprio dietro l'angolo). Mentre corro inizio a insultarmi in tutte le lingue esistenti, e penso "quanto cazzo sono scema, proprio il telefono dovevo lasciargli? avrei dovuto lascarigli non so... - e qui avviene l'epifania della mia vita - la patente! Sai quanti soldi si fa quello lì con il mio telefono?". Ci avrei scommesso una mano che quello sarebbe scappato con il mio iPhone praticamente nuovo e funzionante...per 15€ io ci avrei rimesso un intero telefono.
Vabbè, arrivo al portone, prendo l'ascensore (i secondi più lunghi della mia vita) ed entro in casa, in tutto ciò mia madre mi sente dalla camera e mi chiama, ma io la ignoro completamente, prendo i soldi ed esco di nuovo. Corro giù per le scale e per la discesa che prima era una salita, intanto inizio a pensare a come bloccare il telefono tramite il Mac in modo da fare tutto molto velocemente, arrivo nel posto dove ero stata lasciata e contro ogni mia aspettativa il taxi era ancora lì!! (questo è il mio livello di fiducia verso la specie umana).
e niente la storia finisce con me che gli dico di tenersi il resto e mi scuso un miliardo di volte mentre riprendo il mio bambino (telefono) tra le mie mani, tra l'altro trovando pure una chiamata persa di mia madre tutta preoccupata per la mia premura hahaha
ah, e se ve lo steste chiedendo poi ho controllato sull'app della banca e i soldi ci sono tutti...quindi boh tutto sto casino per poi scoprire di non essere io il problema :(
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la situazione tra i miei genitori e pietro è piuttosto tesa, ma sono convinta che lo odino per il semplice fatto che è del mio paesello e sono terrorizzati dall’ idea che la loro reputazione venga in qualche modo intaccata. pensate che a farmi la ramanzina è stato perfino mio fratello: il più piccolo della famiglia, 5 anni in meno di me. sembra uno scherzo. 18 anni e ancora non ragiona con la sua testa per certi versi. quando l’ ho detto a pietro, coi morsi allo stomaco, si è messo a ridere e mi ha detto “meglio, mi eccita ancora di più quando ti trombo”. pietro e risoluzione dei problemi: 10 a 0. scherzi a parte, alla porta di casa mia avrebbe potuto presentarsi un lontano cugino del principe william che i miei genitori lo avrebbero ugualmente ripudiato esattamente come fanno con la sottoscritta. eppure, a detta loro, sono sempre stata voluta e desiderata. credo che ciò che intendano davvero è che desideravano essere genitori. la realtà è che non c’entro nulla con loro. ho una testa diversa, un carattere diverso. ultimamente mia madre mi fa pesare perfino il mio aspetto fisico. mi ripete in continuazione quanto non le piacciano i miei capelli, il mio corpo, il modo in cui mi vesta, il mio viso. per assurdità si aspetta da me che sia sempre posata ed impeccabile. non le piace come cammino perché dice che appoggio male i talloni. non le piace come parlo perché dice che sono terribilmente fastidiosa. non le piaccio struccata perché sembro sciatta. non le piacciono i miei capelli perché dice che sono troppo radi. non le piacciono le mie gambe, la mia pancia, la mia acne, le mie sopracciglia, la mia risata, il mio sorriso, le mie mani, il mio modo di gesticolare o di articolare una frase, non le piace nemmeno la mia postura. l’ altro giorno mentre ero con pietro lo guardo e istintivamente gli tolgo il mio fondotinta dagli angoli della bocca. “perché ti trucchi quando sei insieme a me?” mi chiede. “perché senza sto male” gli dico. “non è vero”. eppure mi pesa.
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Fuori soffia il vento, il divano è comodo e la copertina tiene caldo, ma tremo lo stesso. Sono distrutta psicologicamente, per fortuna sei venuto qui, altrimenti sarei impazzita. Cerchi di rassicurarmi, tutto andrà bene. Non riesco a guardarti negli occhi mentre mi parli, sto fissando il vuoto per non crollare.
Sto ancora tremando, quindi potrebbe non essere il freddo: chiudo gli occhi.
"Okay, fermati un attimo e valutiamo tutte le opzioni. Qual è la peggiore?". Mi chiedi di guardarti negli occhi, ma la pudicizia trionfa e mi impedisce di farlo; tengo sempre i miei chiusi, ma seguo le tue parole e cerco di non farmi prendere dal panico. Inizi ad elencare diverse soluzioni e nonostante il mio cervello si stia spegnendo le seguo tutte. Sta comunque funzionando. Mi prendi una mano, intrecci le dita con le mie e inizi a stringerla ad intermittenza, come a dare piccoli segnali della tua presenza, ma non costanti. Anche questo sta funzionando perché il tremore pian piano passa. "Sono rimasta incastrata, non posso più uscirne" dico, vanificando i minuti in cui mi hai fornito più soluzioni di chiunque altro. Non ti arrabbi con me, come farebbero tutti, ma sbuffi in maniera divertita. Il mio respiro si fa più affannoso ma allo stesso tempo sento le palpebre calare e vedo tutto sfocato: ci siamo, penso, sto collassando. Ricominci ad elencare di nuovo le soluzioni come un cameriere che ripete per l'ennesima volta il menù dei dolci. Le palpebre calano di più e mi sento cadere in un sonno improvviso. Non ti arrabbi nemmeno qui, quando ti sto praticamente dormendo davanti mentre cerchi risposte a problemi solo miei, ma accompagni il mio corpo contro lo schienale del divano; io inizio ad abbozzare due o tre "Scusami" e tu sussurri "Shhhh". L'ultima volta che un uomo mi ha zittita così, gli ho tolto il saluto. Con te è diverso: non stai zittendo me ma il mio cervello. Mi giro verso di te, ti guardo negli occhi e ci sorridiamo. "Secondo me l'opzione tre è la migliore" dici, "quale sarebbe?" ti chiedo. Sorridi e chiudi gli occhi, poi appoggi la testa sulla mia spalla. Ti arrendi al fatto che io del tuo discorso non stia capendo nulla e smetti di ripetere le cose ad un muro. Appoggio la testa contro la tua. Rimaniamo così per interi minuti, finché tu non giri leggermente il viso e ti avvicini al mio orecchio, poi sussurri "Domani ne parliamo, va bene?". Io annuisco, sempre ad occhi chiusi, mentre sento sul mio collo il tuo respiro, che si fa sempre più rilassato. Sei esausto. Hai lavorato anche tu, in più ti sei macinato chilometri per venire da me e sentirmi lamentare di cose più grandi di me e di te, cercando comunque di fornirmi soluzioni che io nemmeno sono riuscita a captare per la stanchezza psicologica. Mi sento in colpa; avresti potuto passare la serata con chiunque altro, ma sei venuto qui sapendo che ero psicologicamente a terra, mentre ora sei sul mio divano a cercare di fare un miracolo, ovvero impedirmi di passare la nottata a distruggermi. Il senso di colpa aumenta e sto per dirti che sei libero, puoi andare via quando vuoi e non ti obbligo a rimanere qui per me, ma tu mi anticipi e mi chiedi a bassa voce: "Posso rimanere qui per sempre?". Io sento il cuore battere all'impazzata, mi sto risvegliando da un sonno ben più profondo di quello in cui stavo crollando. "No" ti rispondo per smorzare la tensione "tua mamma mi sgrida e dice che non ti faccio tornare a casa".
Inizi a ridere e mi ricordi che tu hai dei genitori normali, che vedendo il figlio felice lo incoraggiano a continuare a vedermi: mi sembra fantascienza. I miei mi avrebbero già detto che hai una cattiva influenza su di me perché mi costringi a pensare e riflettere con la mia testa, uscendo dagli schemi che mi vogliono imporre loro. In realtà lo hanno già fatto, ma non te lo dico, mi tengo per me l'ennesima pugnalata che mi hanno inflitto.
Sei talmente disponibile che mi sento una merda, al punto che ora la mia paura è che torni in auto stanco e ti ritrovi ad abbracciare qualche albero. Lo sai già, riesci ad anticipare anche questo pensiero e mi dici "e non preoccuparti per me, torno a casa quando stai meglio, tanto ho bevuto caffè e non mi stampo da nessuna parte". Con te sono superflue anche le parole, sai già tutto. Mi accarezzi il viso e torni con la testa sulla mia spalla. "Non preoccuparti" mi dici continuando ad accarezzarmi "si risolve tutto". "E se non succede?" "Allora puoi prendertela con me; mi tiri un pugno così forte che imparo a non darti false speranze". Improvvisamente mi sento tranquilla, come se effettivamente non ci fosse niente di cui preoccuparsi. Allento la tensione sulle spalle e reclino la testa per dormire. Mi prendi di nuovo la mano ed appoggi la testa indietro anche tu; il tuo respiro diventa sempre più rilassato e profondo, sino a che ti addormenti sul divano. Penso di aver dormito per un po' anche io, perché ho perso la concezione del tempo. Al nostro risveglio, ti ricordo che devi tornare a casa e che aspetto un tuo messaggio per sicurezza. "No, tu ora dormi. Non aspettare messaggi". Non capisco se il senso sia che ora non torni a casa ma vai altrove, quindi non insisto. Ti ringrazio e ti chiedo ancora scusa. Mi abbracci forte, uno di quegli abbracci che non ricevevo da oltre un anno perché chi me li dava così non fa più parte della mia vita. Mi hai fatto sentire al sicuro anche mentre te ne stavi andando via, cosa molto complicata. Non ti sarò mai grata abbastanza.
Dici di non volere che io aspetti il tuo messaggio sveglia, quindi mi dici direttamente che non me lo manderai: "Così almeno vai a dormire ora anziché tra 40 minuti". Tornato a casa però il messaggio me lo hai scritto.
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26 Maggio per tutti può essere un giorno normale ma per noi no.
Da quel giorno sei entrata nella mia vita come un fulmine che colpisce la terra, inutile negarlo m’innamorai senza rendermene conto.
Noi siamo sempre stati legati, destinati a stare insieme dalla nascita.
Grazie per avermi fatto trascorrere l’anno più bello della mia vita, grazie perché mi supporti in tutto e allo stesso tempo mi sopporti in tutto, grazie per quello che fai, grazie di esistere, grazie per quello che sei con me.
Valeria tu mi hai fatto conoscere l’amore, l’amore quello vero che forse in pochi hanno la fortuna di provare, e lo dico perché con te ho trovato tutto, prima di essere la mia fidanzata sei la mia amica, la mia migliore amica la mia complice.
Penso spesso al nostro primo incontro mentre morivamo dall’ansia ed è bastato uno sguardo, un abbraccio che il tempo si è fermato mentre il nostro primo bacio dava inizio alla promessa del nostro per sempre.
Ogni giorno che passa il mio amore per te aumenta sempre di più, senza di te non so starci, mi rifiuterei di vivere questa vita senza di te
Ogni mio pensiero, ogni mio piccolo traguardo, ogni mio sforzo, la mia ispirazione, il motivo di non arrendermi mai e di continuare sempre, la mia volontà.. sei sempre stata tu Valeria.
È incredibile di come il tempo passi così velocemente senza rendersene conto, e noi che nonostante la distanza siamo riusciti a vivere tantissime cose insieme e siamo riusciti a ridurla.. è presto definitamente ❤️.
Presto il nostro sogno più grande sarà realtà, ed io voglio farlo a qualsiasi costo, io voglio starti accanto costantemente e costruire tutto insieme a te, mattone dopo mattone, passo dopo passo, non sarà facile ma siamo insieme e fidati che ci riusciremo.
Non vedo l’ora di svegliarmi e addormentarmi abbracciato a te, sentire il tuo profumo in tutta la casa, rimanere a fissarti mentre sei impegnata a fare qualcosa, sfiorarti ogni secondo così come baciarti ogni istante, vedere i tuoi sorrisi, ridere e giocare come bambini, crescere insieme, fare tutto questo.
Sei il sogno della mia vita diventato realtà, non vedo l’ora di sposarti e di costruire una famiglia insieme a te, ti ho promesso per sempre è per sempre sarà.
Amo tutto di te, amo il tuo sorriso, amo la tua voce, amo i tuoi pregi e i tuoi difetti, amo come mi guardi ma soprattutto amo come ti prendi cura di me e mi tratti.. un tuo abbraccio mi cambia l’umore ed un tuo bacio ha il potere di farmi dimenticare le cose brutte, hai il potere di rendermi ogni giorno la persona più felice del mondo. Ti ho trovata e chi ti lascia più?
Un anno di noi.
Ti amo da morire Valeria ❤️
@yetwefallhappy per sempre mia, per sempre tuo.
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Tre cigni
È la solita storia: quella che inizia con "pensavo di averla presa bene" ma finisce con "e invece". Ci siamo io e A. che abbiamo un'intesa pazzesca, poi succede che - visto che le cose stavano andando troppo bene - decido di autosabotare tutto. O meglio, gli ho solo mandato un messaggio un po' strong che avrei dovuto mandargli. Ho fatto bene a farlo, ora me ne pento perché è andata male, ma ho fatto bene. Comunque, gli ho rivelato un segreto e lui non l'ha presa proprio al top, ecco.
Io sapevo benissimo che avrebbe potuto cambiare idea su di me perché so in che mondo viviamo e so come funzionano le cose. Non sono certamente una sprovveduta. Gliel'ho detto con cognizione di causa consapevole del fatto che probabilmente sarebbe andata male. Quindi, mi aspettavo che mi bloccasse, che smettesse di seguirmi, che non mi rispondesse proprio. Mi aspettavo il peggio.
Invece, prima di smettere di parlarmi (ma di continuare comunque a seguirmi e a vedere le mie storie), mi ha inviato tre cigni. Tre emoji a forma di cigno. Questa è, in tutta onestà, la cosa che mi ha fatto impazzire. Perché mi ha risposto in modo completamente insensato. L'ho detto a tutti. Ho fatto un bel sondaggio, non mettendo nomi né spiegando nulla, ma chiedendo se una risposta del genere a qualcuno poteva mai essere anche solo vagamente sensata e la risposta è stata sempre no.
Oggettivamente chi utilizza l'emoji del cigno? Secondo me nessuno. Io non credo di averla mai usata nella vita, se non quando è uscito Opera Futura di Levante che ha proprio quest'animale in copertina. Quindi magari cercherò le risposte nella sua discografia, come in realtà faccio sempre. Il bello è che il cigno è anche bello ed elegante. Forse un significato c'era, forse è anche profondo. Ma non lo sapremo mai, perché tanto io e A. abbiamo smesso di parlare e l'impressione finale sarà sempre quella che, spiazzato dal mio segreto, abbia buttato a caso le mani sulla tastiera. Anzi, non proprio a caso, perché dal semplice errore al mandarne TRE comunque ce ne vuole. Ma sembra che, spiazzato da ciò che gli avevo detto, abbia reagito un po' a caso. Tipo quando mi veniva da riferirgli tutti i fatti miei, nonostante fosse un estraneo, non so per quale motivo. Semplicemente mi usciva spontaneo, forse è stato lo stesso.
Quello che mi fa impazzire, quindi, è che in realtà tutta questa faccenda fa ridere. Perché non è finita poi così male, è finita in modo surreale ed esilarante. Con tre cigni.
Poi, a breve si scoccerà anche di guardare le mie storie e di seguirmi e tutto sarà ufficialmente finito. Mi resterà nella memoria, con il setaccio che serve a far cadere giù i brutti ricordi, l'intensità di due giornate splendide passate virtualmente con lui. Ma non è tutto.
Sono nervosa anche per un altro motivo. Quando avevo cominciato ad accennargli il mio problema, infatti, lui mi ha risposto "Spiegami, non ti fare problemi". Ok, non mi sono fatta problemi e abbiamo smesso di parlare, pensa se invece dovevo farmeli sti problemi che succedeva.
Inoltre, credo di aver un po' sopravvalutato il mio coraggio e la mia preparazione. Perché certo, dico che lo sapevo che sarebbe andata male (male, non in questo modo così surreale, comunque) ma forse dentro di me un po' ci speravo nel contrario. Perché abbiamo passato due giorni a dirci a vicenda che oltre che belli eravamo pure intelligenti e poi si è ritrovato a non dimostrare tutto questo spessore e quest'apertura mentale che gli avevo attribuito fin da subito. Sapevo che non sarebbe andata bene e pensavo di essere preparata. Invece, ci sono rimasta male lo stesso.
Abbiamo fatto un sacco di discorsi sul destino che ci ha fatto incontrare e sulla nostra complicità. Secondo me, un giorno dovrà farsi capace e capire che ci incontreremo comunque, prima o poi. Perché il destino non può fermare il suo corso solo perché un uomo si comporta da c0glione.
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Noi poeti, invece, siamo dei Peter Pan. Per questo il Boiardo e l’Ariosto sono sopravvissuti fino a noi, portandoci Marfisa, e la nemica Bradamante. Pensate che Bradamante era convinta che Marfisa volesse rubarle il ragazzo, uno con un nome orribile, Ruggiero! La poveretta ha tirato un sospiro di sollievo quando ha scoperto che il suo amato altro non era che il fratello gemello della suddetta Marfisa! Così, le due guerriere, da rivali si trasformarono in alleate. Io, invece, di alleati non ne ho. Non ne ho mai avuti. Senza fratelli, e con solo una cugina che faceva il surrogato di una sorella-che a me bastava e avanzava- figlia unica corrispondente allo stereotipo, viziata e capricciosa, stavo sola e con gli altri, ma pur sempre sola. Certo, ero obbediente, muta all’asilo e muta a scuola. La maestra d’asilo mi chiamava ‘’mummietta’’. Certo non ero egiziana, e neppure così immobile. Anzi, la mia immobilità non era quella della passività, quanto quella della determinazione, del senso di provocazione, della diffidenza verso ogni affronto, insofferenza nata con me, e riscontrabile facilmente nella foto della recita dell’asilo di fine anno, in cui, sebbene io volessi recitare, mi fecero fare la presentatrice, perché a detta delle maestre, ‘’scandivo bene le parole’’. Non me ne facevo un fico secco dell’articolazione! Io volevo recitare! Per questo si vede, nella foto di gruppo con gli altri bambini, un centro fatto di maestre e alunni, e un po' sulla destra, una bambina, la mia amichetta del cuore dell’epoca, che si voltava, portando la mano alla bocca, come a sussurrare, o chiamare qualcuno ‘’Vieni, vieni qua!’’ E chi chiamava? Ve lo dico io. In fondo alla foto, ancora più a destra, in chiaro isolamento, stava la piccola me, con le braccia conserte e l’aria offesa. Quell’espressione, seppur mitigandola, nel tempo, per ottenere imprescindibili connessioni sociali, non mi ha del tutto abbandonata. Una cosa simile accadde a scuola di danza. Avevo sì e no 5 anni, ma la permalosità si era già insidiata nel mio essere. Una volta, totalmente a caso, mi venne in mente che non volevo entrare nella coreografia che stavamo preparando. Il perché non lo ricordo. Forse ero nervosa, forse non mi piaceva la parte, forse mi annoiavano gli esercizi preliminari. Fatto sta che mi ostinai a non partecipare. La maestra di danza mi mise accanto a lei, e cercava di farmi notare come, senza di me, il meccanismo non funzionasse. La mia amichetta della foto, sempre lei, stava a braccetto col vuoto. Al suo braccio dovevo attaccarmi io, ma l’avevo abbandonata. La scena faceva un po' ridere. Non aveva molto senso. ‘’Vedi, senza di te manca qualcosa!’’ ripeteva la maestra. Quella fu una delle prime volte che qualcuno cercò di insegnarmi che per vivere è importante collaborare, e che la creazione spesso è un atto di insieme, più che un onnipotente ispirazione solitaria. Ma il figlio unico mal si adatta al team, e , costretto a inventarsi da sé tutti i giochi e a recitare tutti i personaggi delle sue storie, in realtà scopre di poter far da sé tutto quanto insieme. Indipendente dagli altri, con orgoglio malvagio. (sbadiglia) Come ogni volta che parlo di questo, mi viene sonno.
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Se avessi un po' di tempo con te, se tu avessi voglia di concedermelo, vorrei portarti a Parigi. Non conosco Parigi, a dire la verità, ma mi piace l'idea di andarci con te. Ci immagino camminare per ore mano nella mano, parlando di tutto ma senza necessità di riempire i silenzi. Perché a volte ti guardo, e mi ritrovo a pesare di non avere voglia di nient'altro. Solo osservarti, te e il tuo modo di essere, e mi sembra talmente bello, tu, l'essere con te, lo stare insieme, che non mi va di tornare alla realtà. Immagino te che mi fai sentire leggera, come sai fare tu. Che posso parlarti della geopolitica del mondo - dico davvero, non esagero, lo sai - e di come le disuguaglianze mi accartocciano lo stomaco eppure non sentirne il peso addosso - come se per qualche istante lo stessi sorreggendo tu al posto mio. Ci immagino ridere, tantissimo, e ascoltare musica che forse non piace veramente a nessuno dei due, ma ci sembra parli di noi. Torneremmo a casa stanchi e io rimarrei comunque sveglia ancora un po', solo per guardarti.
Se avessi un po' di tempo con te, se tu avessi voglia di concedermelo, magari alla fine ti chiederei solo se ti va se andiamo in un posto qualunque a prenderci una birra. Tu prenderesti comunque del vino, probabilmente un rosé, e io ti ascolterei parlare e ti chiederei di tutto, infilando qualche domanda qui e lì tra le tue, che sembrano essere inesauribili. Allora mi stupirei ancora una volta della tua curiosità genuina, una di quelle cose di te che mi sembrano davvero belle e che mi fanno star bene. Tornerei a casa e mi renderei conto che avrei voluto sapere di più, che alla fine non ti ho chiesto di quel tuo viaggio negli Stati Uniti di cui mi hai accennato, o di quel film che sei andato a vedere con gli amici. Forse poi ti scriverei con una scusa, potrei fingere di non ricordarmi il nome del vino che mi hai fatto assaggiare. Tu risponderesti e io avrei comunque la sensazione di non averne ancora abbastanza di te - ne avrò mai abbastanza, di te?
Se avessi un po' di tempo con te, se tu avessi voglia di concedermelo, la verità è che sarei felice semplicemente di stare con te, in qualunque luogo. Mi ritroverei a sperare ingenuamente che il tempo possa fermarsi e tenerci insieme un po' più a lungo, ancora per un po'. Non permetterei a me stessa di farci separare così presto, e non permetterei a te di lasciarmi andare così facilmente. Mi terrei per un po' quella sensazione prepotente che mi provoca lo starti vicino senza poterti toccare: è il ricordo più vivido che ho di te e la prova che non mi sono inventata niente. Forse alla fine ti lascerei andare di nuovo, probabilmente no. Magari saresti tu a lasciar andare me, e farebbe incredibilmente male. Sarei comunque contenta perché, se tu avessi voglia di concedermelo, io verrei fino in capo al mondo per passare solo un altro secondo con te.
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day 14 since you left pt2 sono tutti sconvolti dal fatto che lei mi abbia lasciato sola in questo periodo, forse un po' anche io, ma non così tanto. lo sentivo, sapevo che tutte quelle parole in realtà erano un aiuto per entrambe ad uscire nella situa in cui ci trovavamo e soltanto un'idea, una fantasia a cui aggrapparci. forse non per me, forse non per me. io le avrei volute fare tutte quelle cose, avrei voluto conoscerti meglio, capire cosa sei per me, perché sei una figura astratta.. mi dico di non essere innamorata di te, perché forse è più comodo, ma.. il modo in cui mi abbracciavi, mi toccavi, mi guardavi mi faceva sentire viva, mi faceva sentire presente, apprezzata, accettata. forse mi piaceva di te il fatto che tutto quello che sono non ti avrebbe spaventato. mi piaceva ridere, mi piaceva il fatto che mi chiamassi se non riuscivo a dormire, il fatto che ti prendessi cura di me, il fatto che se facevi una battuta guardavi me, il fatto che ti preoccupassi per me. probabilmente tu per me sei stata una carezza che non ricevevo da troppo tempo. e quindi hai fatto tanto rumore. però sai, io non penso che questo sia amore, io non lo so cosa sia l'amore. e questo evince dal mio desiderio controllante di vedere se tu mi abbia scritto o ascolti le nostre canzoni o mi pensi. perché io non penso che tu sia in grado di amare, ma wait.. non lo sono neanche io. o forse si. ma in un modo sbagliato: tu mi fai sentire viva io ti do tutto quello di cui hai bisogno. in questo momento mi chiedo quanto avrei bisogno del tuo amore o dell'amore di qualsiasi altra esistenza se io riuscissi ad accarezzarmi da sola, se mi sentissi piena da sola. d'altro canto mi dico che lo so benissimo, che l'ho fatto per anni. che per anni mi sono accontentata di non sentirmi vista. e quindi davvero è un cercare di capire. chi sono stata, chi sono adesso e chi voglio essere. a me fai un po' sorridere, perché ti senti motivata a capirti ma in realtà resterai la stessa.. mentre io non posso farlo. quando ci parleremo di nuovo, io non sarò più quella che hai lasciato. perché hai lasciato qualcuno di distrutto, una me che craving le tue attenzioni. un po' mi dico che questo era l'unico modo per fare andare le cose, l'unico modo che volevo anche io. ma forse no. forse mi sarebbe piaciuto avere la tua compagnia, ma forse sarebbe stato solo un rificcarsi in una relazione per fuggire dalla solitudine, forse sarebbe stato solo un rimpiazzare un appoggio che non avevo più. il punto è che quello che devo cercare di guarire sta proprio lì: qualsiasi scelta a me sarebbe andata bene. con te o senza di te. e un po' mi da fastidio avere questa incertezza. vorrei davvero poter dire a me stessa: io sono innamorata di lei e volevo costruire qualcosa con lei. oppure voglio affrontare questo periodo da sola, anche per capire cosa provo per lei. mi da fastidio non aver preso questa scelta o forse infondo si. o forse, si. forse se non sono così a pezzi da quando te ne sei andata ma anzi è stato il click per rialzarmi, forse era quello che aspettavo. liberarmi da tutto quello che in questi mesi mi ha distrutto e logorato. poi si, sono molto romantica, quindi mi manchi, mi dispiace rinunciare a tutte le cose che ci siamo dette. poi non riesco neanche ad essere arrabbiata, perché ti capisco. capisco tutto benissimo e forse non riesco ad essere arrabbiata perché quelle cose non le volevo neanche io. chissà, magari un giorno avrò una risposta, magari no.. però adesso ho bisogno di lottare con i denti e le unghie per tenermi insieme e rinforzare le mie impalcature.
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Cerco di avere pensieri positivi.
Mi ritrovo a pensare a quel giovedì al cinema, siamo andati a prendere delle caramelle al supermercato prima del film.
Ricordo che hai nascosto i due sacchetti nelle tue enormi tasche, perché io non avevo una borsa per nascondere gli snack.
Mi viene da ridere ripensando al rumore che hai fatto quando ti sei seduto, quando hai provato a togliere i pacchetti dalle tasche fallendo nel non fare rumore.
Una serata senza pensieri, con tante risate.
Ma vengo violentemente riportata alla realtà. A quella notte che ho sentito le sue mani toccarmi il seno.
Io che stavo solo dormendo.
Non ho avuto nemmeno il coraggio di parlarne, perché se lo dico ad alta voce è successo davvero.
E quando ho ripetuto la storia allo staff della polizia, ho capito che era successo davvero, che non l’avrei dimenticato facilmente.
Voglio solo dimenticare, andare avanti.
Non era la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima.
Perché lui ha speso solo 5 minuti per il suo piacere e io perdo giorni a piangere e rimanere col trauma a vita?
Non voglio più essere una donna.
Fa schifo.
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PRINCE: “HE’S BACK!”
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ESCALADE (B)
Sono ancora dietro alla finestra. Immobile. Per un paio di secondi sono come paralizzata da una strana emozione, che mi attraversa, velocissima, dalla testa ai piedi e viceversa, come una scarica a trentamila volts si fa strada nell’incauta persona che ha toccato un cavo dell’alta tensione, senza riuscire a prevedere cosa stia per accaderle.
(niente di particolare, in realtà: quella è stata solo la sua ultima percezione da viva e amen!)
Poi - solo POI - riesco a muovermi.
Mi metto a correre.
Corro fuori, così come sono, con la maglietta da notte logora ed i leggings, indossati alla velocità della luce.
Infilo anche le mie ciabatte da esterno, quelle da giardino. Corro fuori.
Da te. Tu mi guardi e automaticamente sorridi, con quel tuo sorrido timido ed impacciato, quello che inalberi ogni volta che ti senti colto alla sprovvista e non hai fatto in tempo a metterti la corazza.
Agiti la mano. Io resto lì a guardarti. Inespressiva. Mi muovo come un automa.
(ma che mi succede?)
Con le chiavi apro il cancello.
(eh, no, mio caro, devi sapere che io sono povera, non possiedo un apri-cancello elettrico: qui si fa tutto manualmente, usando delle semplici chiavi, ogni benedetta volta!)
Mi tremano le mani.
Cerco di capire, ad occhio e croce, se quella specie di mastodonte potrà passare nell’apertura. Miracolo. Ci riesce. Scendi di nuovo.
Eccoti.
Siamo uno davanti all’altra. Ci guardiamo. Ci studiamo per un paio di secondi.
Subito dopo, due braccia che si allargano, che contengono, che scaldano.
“My little girl!”
(gli abbracci quelli lunghi, avvolgenti, i migliori, in assoluto, parola di hugs seeker)
Un bacio. Arriva, subito dopo. Rassicurante. Amorevole.
Ti guardo.
“Eccoti. Sei proprio arrivato.” - ti dico, mentre poggio una guancia sulla tua.
È fresca. Morbida. Adorabile, come sempre. Adorata, come sempre.
Non riesco a dire nulla, a mettere insieme pezzi semplici, parole semplici, per costruire una frase banale, ma anche solenne, adatta all’occasione e questo perché proprio in quel momento mi commuovo. A tradimento.
Lacrime. Vere. Piuttosto copiose, anche.
Mesi, anni di cose dette a distanza tra noi due e, a quel punto, ci sono solo dei secondi tra me e te. Uno spazio microscopico, che si è appena ridotto a zero.
Eccoci. Abbraccio senza fine. Una stretta di cui ho appena misurato la forza, l’unico mezzo per capire quanto sia l’intensità della mancanza, che è speculare, simmetrica alla mia.
Osmosi di abbracci, di sollievo. Ho sollevato la mano, insieme al mio viso, che si è allontanato dall’incavo del tuo collo e ti ho accarezzato di nuovo la guancia morbida.
Avrei voluto gridare.
(Relief)
Ma non l’ho fatto. Ho resistito.
(uno degli sport in cui sono sempre stata eccellente, fin da giovane, una supercampionessa mondiale: resistere all’emozione, bloccarla, proprio mentre sta arrivando, non farmi trascinare, costi quel che costi)
Ho solo pianto: non sono riuscita a controllarmi fino in fondo. Perdo colpi, a quanto pare.
Ormai sono vecchia e - lo so - da un po’ di tempo a questa parte mi commuovo per ogni più piccola cosa: un gatto simpatico che passa dalle mie parti e miagola al mio indirizzo, un bambino che mi sorride e fa una smorfia, l’abbraccio di un’amica che capisce al volo un mio stato d’animo particolarmente triste, in una sera di primavera.
È comprensibile, quindi, che stasera mi sciolga per l’emozione. E tu mi abbracci ancora più forte. Capisci. Sai cosa c’è dietro. La tua stretta è direttamente proporzionale.
Sei arrivato. Dopo tanto tempo. Mi hai ascoltato, sei partito. Eccoti qui. Abbiamo tanto da raccontarci. Abbiamo un viaggio da fare insieme.
Noi due. Noi due soli.
Ma non ora.
Ora andiamo verso casa.
Mi giro a guardarti: mi viene da ridere.
“Fammi capire una cosa, innanzi tutto: sei arrivato qui, davanti al mio cancello, come Testimone di Geova o come Uomo della Mia Vita?”
Scoppi a ridere con una delle tue risate travolgenti. Potenti.
“Holy Shit!” - dici e riprendi a ridere.
Anche io non riesco a smettere di ridere.
Metti il tuo braccio intorno al mio collo come se fosse un gancio, poi ti avvicini alla mia guancia per darmi un bacio.
(la battuta scema è stata perdonata)
Ci avviamo verso la porta.
“Guarda che la mia casa è piccola e povera. Ti avevo già avvisato.”
“No matters”
Non importa?
“Forse ti conviene dormire lì dentro” - ti dico, mentre indico lo scarafaggio nero appena parcheggiato - “di sicuro è più grande”
“No matters” - ripeti
Va bene. Ok. Non importa.
A te va bene come sono, quello che sono. Non è importante dove e come vivo. Ne abbiamo già parlato. A lungo.
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Breve racconto quasi erotico, mai finito
Il risveglio dopo un sabato sera è scocciante: hai la testa devastata per un dolore che ti parte dal collo e arriva fino alla fronte, i muscoli rammolliti come se non ti fossi mai mosso da quando sei nato e lo stomaco sottosopra; tuttavia resta da superare l’imbarazzo del risveglio con la ragazza con cui hai parlato nel locale mentre sorseggiavi il tuo Negroni e alla quale, Dio sa come, sei sembrato interessante. Sì, alcune donne trovano ancora interessanti gli scrittori, non sta a me dire quale assurda alchimia scatta nel loro cervello e forse mai si saprà però accade e devo ringraziare l’universo di ciò.
Eccomi qua, sdraiato nel letto con il suo corpo nudo accanto e tutti questi pensieri che si manifestano nella mia testa, più cerco di scacciarli più ritornano come le zanzare… odiosi insetti. Vorrei che fosse ancora notte perché questa luce del mattino, seppur fioca per via delle tende, mi sta uccidendo intensificando oltremodo un mal di testa causato dal drink e dal vino bevuto insieme. Mi rigiro nel letto verso di lei e vedo le sue curve sotto le lenzuola che partono da un piccolo seno e scendono come montagne russe sui fianchi, sulle cosce fino ai piedi disegnando un contorno che ricorda molto i bozzetti dei dipinti. In questi momenti mi capita di chiedermi se stia sognando ancora o se sia la realtà, però l’erezione mattutina mi conferma in quale mondo io sia. Lei ancora dorme, non mi affretto a svegliarla perché spero di riprendermi per primo e di restare ancora qualche minuto ad ammirare il suo bellissimo corpo illuminato da quei odiosi raggi che penetrano dalla finestra. Faccio un respiro profondo, il suo profumo mi pervade la mente e mi aiuta a ricordare la nottata anche se rimane ancora confusa in certi passaggi ma del resto è il dolce epilogo di una notte di scopate e alcol iniziata con una discussione sui libri da portare in vacanza. Finita la contemplazione che sarebbe servita come memoria visiva nei momenti di solitudine, decido di svegliarla lentamente accarezzando dapprima la spalla e scendendo per il braccio giungendo al palmo della mano.
<Buongiorno, dormito bene?> le dico sorridendo,
<Non credo che avessimo passato la notte a dormire noi due> risponde lei con un tono malizioso.
<In effetti hai ragione, dovrebbero inventare una notte più lunga per darci la possibilità di fare tutto: bere, ridere, scopare e dormire>.
<Mi hai detto di essere uno scrittore, potresti provare a creare un mondo così… la gente credo che sarebbe felice nel viverci>.
<Preferisco la realtà e la tristezza post-coitale, gli universi alternativi non fanno per me>
Lei inizia ad allungare la mano sotto le coperte e arriva ad afferrare il mio cazzo, <Non mi sembra che tu sia triste>, inizio già ad amarla, adoro questa ironia mista ad erotismo quando le donne si mettono in gioco e non hanno paura di essere giudicate. Mi avvicino a lei e la bacio.
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Venerdì.
Oggi ho portato la chitarra dal liutaio per farle praticare il buco per il cavo del pickup, il liutaio himself non c'era, il tizio mi ha detto che forse passa domani e che mi contatta, ho lasciato numero e cognome, Corvetti, il tizio mi dice :"ahhhhh, I know you, I see your comment in ....", lo interrompo e gli dico :"si sono io, lo so a volte sono iper critico...". Fatto sta che la chitarra verrà in ogni caso fatta la settimana prossima, non ho fretta. Che strana la vita, ti fai il mazzo così per poi essere ricordato perché hai aspramente criticato uno che in realtà meriterebbe la zappa, no lo zio Frank, in mano e non la chitarra, come se quello che faccio è invisibile qua, però mi viene sempre in mente quel tizio jazzista, che non mi sovviene mai il nome, che disse che oramai della musica non importa più a nessuno, le persone sono più interessate a come si veste, con chi va a letto, cosa mangia, che droghe usa ecc ecc. Ora forse ha più senso.
Avevo riso come un matto per un meme, penso sia finto, di una recensione di un ristorante, questa
Mi fa troppo ridere, pensavo di scrivere ditemi dov'è voglio andarci, ma visto che era stato già scritto ho scritto :"i ristoranti sei (la tastiera spesso mi fa gli scherzetti), dov'è voglio andare a lavorarci", levando il fatto che manca la r, una tizia mi ha risposto impara prima a scrivere, ma veramente? Nell'ironia ho corretto la r e le ho assicurato che so cucinare, finita li, penso, magari risponde fra qualche ora, ma onestamente non saprei oltre alla r dov'è l'errore. Non sono uno scrittore e magari la forma è sbagliata, oppure la tizia è la solita punta cazzo che rompe ogni secondo quando qualcuno sbaglia anche una consonante, che ne ho beccate di persone così nella mia vita che ti rompono perché magari sbagli il tempo di un verbo e poi non sanno cosa significa tanatologia :D va bè oggi è una giornata ilare e non me ne frega di litigare, ma se scrivevo "Il posto che fa per me, scorregge e bestemmie sono un maestro...", sicuramente qualcuno mi avrebbe detto che faccio schifo :D le persone non hanno idea delle cose che ho visto nelle cucine dove loro poi danno 4 o 5 stelle, se sapessero :D hahahahahahha
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30 gennaio 2023
Gennaio non è mai durato così tanto in vita mia, mi sembra di aver vissuto metà anno condensato in 30 giorni. Mi sono pesata alla bilancia di casa e ho perso 4 chili da quando ho iniziato la tesi e questo non so come mi fa stare, non posso neanche pensarci perché devo pensare alla tesi. Il mio free will è completamente andato, sono davvero un ai programmato da un evil architect.
Quest’ultimo weekend non ho fatto altro che:
-litigare con Rambo perché dopo tutto un anno sono arrivata al limite di sopportazione pure io, per cose idiote tipo un’ortofoto di 3000 dpi che mi blocca il pc e le ombre che non vuole rifare da artlantis e lui che fa modifiche che non dice agli altri, ci stiamo scontrando l’uno con l’altro. Ormai ho perso ogni voglia di essere sua amica, I don’t care anymore. Deve solo fare queste ultime cose per bene, non mi importa cosa pensa di me.
-passare dallo scherzare e ridere per ore con ile a lei che mi risponde in maniera fredda ogni qualvolta di retta a Daniele. Io lo so che lei si è sbattuta per impaginare un intero tomo da sola e che le fa pure male il polso. Io non voglio farla lavorare più del previsto. Ma se le modifiche hanno senso io non posso chiudere un occhio e decidere per me, soprattutto se a quelle tavole ci ho lavorato con altri. Soprattutto alla fine. Io sto facendo problem solving per ogni minima cosa e lei non riesce a vederlo. Pensa che mi schiero con Daniele sono per priscio o non so cosa. Questi mood swing di 180 gradi mi stanno dando un po’ alla testa.
-parlare al telefono con Daniele. Non c’è una conversazione che riesco a far durare meno di un’ora. Meno male che era uno di quelli che doveva avere un rapporto col telefono alla Ronan Lynch. Non lo so manco io che ho in testa perché non ho il tempo di pensarci. O le forze. L’altro giorno in auletta, sarà stato venerdì, era passato il tutor per controllare la situazione e dopo averlo fatto si era messo a scherzare con noi sui colori degli abiti che ci metteremo per la seduta ufficiale. Io ero in piedi perché era andata a prendere un post it e la mia penna a gel dallo zaino, questo stava vicino a Daniele che stava facendo cose su Photoshop, mentre il tutor parla e noi comunque continuiamo a fare le cose nostre, Daniele mi chiede come può fare a fare una cosa che pensava fosse difficile, gli faccio vedere un comando che la risolveva in 2 secondi e quello prende e mi abbraccia. Dato che sto in piedi e lui seduto, mi prende proprio in mezzo. Io ovviamente mi blocco subito. Che problemi ho? Il fatto è che mentre lo fa il faccio eye contact col tutor mentre gli dico che io sarò vestita di blu per cercare di far finta che non sta succedendo niente al di fuori dell’ordinario mentre in realtà dentro sto un po’ morendo. Quegli altri due o non hanno visto i ci hanno rinunciato a dire qualcosa. Io la conto come una vittoria. Ho riaperto quell’applicazione che ti fa fare test vari sulla personalità e ti fa dei recap azzeccati e anche graficamente pleasing e mi ritrovo davanti agli occhi una scritta che dice tipo ‘you crush on your best friend who everyone already thinks you’re dating’ e voglio solo sotterrarmi. La sera poi, c’è ne siamo tornati insieme in stazione e io avevo perso il treno e avrei dovuto aspettare un sacco per l’altro, allora lui dice prendo anche io il prossimo così non aspetti da sola, io rifiuto ma lui insiste e alla fine ci facciamo un giro insieme e parliamo e lui mangia un pezzo di focaccia e io lo ascolto su quel gioco idiota che fa e lui mi presta un libro che aveva a caso dallo zaino. Alla fine prendo il treno ancora dopo perché avrebbe dovuto aspettare lui in stazione da solo. Ci siamo ritirati a casa con minimo un’ora di ritardo ma almeno ci siamo coordinati coi treni a distanza di 5 min. Non lo so manco io. Non fa altro che parlarmi di un posto che fa sushi dove vuole andare la sera della seduta e io devo per forza auto invitarmi perché sono fatta così e lui lui alla fine dice va bene e sorride e basta. In quel momento forse mi ha odiato. Ma ripeto, non lo so. Non voglio pensare.
Ora sto andando a recuperare ile in copisteria e dovrò usare tutto il mio convincimento per non farla essere incazzata con me. Non penso che lo sia. È più stanca che altro, però ha bisogno di sentire cosa le devo dire. Mi faccio troppi problemi pure io eh, questo lo so. Non riesco a sentirmi le canzoni dell’ultimo comeback dei txt e tra poco ci stanno i Grammy e tra poco finisce un’era e io non sto a capire più niente. Let’s go.
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