Tumgik
#libri più profondi di quel che sembrano
lamentele · 9 months
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Ci ho provato, pure troppo, ma ora è giunto il momento di allontanarsi, di lasciarti andare.
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theoldbookwormsnest · 6 years
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Oltre noi l'infinito, Jay Crownover
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Scheda del libro
Autore Jay Crownover
Titolo originale Jet
Serie The Tattoo Serie (Marked Men) - 2 di 6
1ª ed. originale 22 Ottobre 2013 (ma alcuni siti indicano 2012)
1ª ed. italiana 16 Luglio 2015
Editore: Newton Compton (Anagramma)
Pagine 416
Genere New Adult
Lingua originale Inglese
Sinossi Con i suoi pantaloni di pelle aderenti, un profilo tagliente e un’aria misteriosa, Jet Keller è il protagonista delle fantasie più sfrenate di ogni ragazza. Ayden Cross è cresciuta accanto a tipi poco raccomandabili e di certo non ha intenzione di farsi abbindolare dagli occhi scuri e ipnotici di Jet. Ha paura di bruciarsi, ma, nonostante tutto, anche solo essere sfiorata da lui la accende. Jet non riesce a resistere alle gambe chilometriche di Ayden, infilate in quegli stivali da cowboy, che sembrano sfidarlo. Eppure, più gli sembra di esserle vicino, tanto più è forte la sensazione di non conoscerla. E nel momento in cui capirà di volerla a qualsiasi costo, dovrà fare i conti con qualcuno che ha un’idea di relazione completamente diversa dalla sua. La fiamma iniziale lascerà il posto a un amore duraturo, o consumerà i loro sogni lasciando solo cenere?
Dettagli
Inizio lettura: mercoledì 17 gennaio 2018, sera, intorno 23.30. Camera mia (anche se ho letto solo un capitolo, ma siamo fiscali).
Fine lettura: mercoledì 24 gennaio 2018, pausa pranzo, intorno 14.30. Camera mia.
Tempo di lettura: 6h per 258 p/m
Acquistato (quando, dove e perché): Acquistato prima di Natale da Libraccio.it, nel cofanetto “Il regalo perfetto: Batticuore. Tutta colpa del cuore”. Avevo un buono da spendere e la buona vecchia Newton mi uccide sempre con quei suoi 3x9.90€. La cosa divertente? L’ho letto in formato ebook.
Rating: ★★★★ (Voto IBS: ★½ )
I say… più analisi, meno tequila.
Jay Crownover ha una abilità buffa: ti fa innamorare dei personaggi del libro successivo mentre fa a pezzetti quelli del libro che stai leggendo. Mentre leggevo la storia di Rule e Shaw, mi ero innamorata di Jet e Ayden e non vedevo l'ora di terminare il romanzo per potermi catapultare a leggere "Oltre noi l'infinito". Che si è rivelato pesante.
L'epilogo del romanzo ci dà un assaggio di "Oltre l'amore" e di Rome e Cora. "Cavoli," mi sono detta "Forse questi due mi piaceranno di più". Lasciamo stare. Ancora una volta, mi sono sentita come John Travolta in Pulp Fiction.
Ma torniamo a noi. Mi sono presa del tempo per scrivere questa recensione, perché era troppo semplicistico dire "il libro è bello, ma non è granché": sebbene sia carino, si cominciano a vedere delle falle. Il mondo della serie Marked Men è splendido, popolato da ragazzi complicati e da ragazze toste, ma questo andava bene per un solo libro.
Jet e Ayden sono una bella coppia, più matura di Rule e Shaw. Sappiamo anche che si sono conosciuti e piaciuti all'istante, quindi perché far passare un intero libro a fargli fare un tira e molla? Dopo un bicchiere di troppo ed un tentativo non troppo velato di Ayden di lasciarsi andare ed un rifiuto da parte di Jet, pensavamo che le cose tra i due sarebbero state complicate.
Oh, credetemi. Lo sono. Perché i due convivono. Con Cora. Parlando di cose complicate.
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Jet, un musicista/cantautore/produttore è spaventato dal successo, non tanto per timidezza o altro, ma perché è spaventato all'idea di lasciar sua madre sola con un padre violento. Ayden, invece, fugge da un passato losco, di cui ci aveva già accennato nel libro precedente, ma credetemi se vi dico che aveva lasciato trasparire ben poco. I due si piacciono, e la loro tensione sessuale è palpabile, eppure lui porta a casa una diversa ogni sera - e Cora e Ayden allietano le walk of shame delle poverette dando loro dei voti da 1 a 10. Più o meno, perché quale romanticheria! solo Ayden è da 10 *inserire qui la gif di Kristen Ritter che rotea gli occhi* - e Ayden esce con Mr. Perfettino. Dopo quello che è successo a Shaw nel primo libro, io starei lontana da i Mr. Perfettini di Denver, ma pazienza.
Oh, e poi c'è Asa Cross, il fratello di Ayden. Uno che sai che dovresti prendere a pugni in faccia e calci nel basso ventre, talmente forti che né lui né le generazioni dopo di lui riuscirebbero ad avere figli ma se non ci riesce perché dovrebbe avere delle generazioni future???... ma, beh, proprio non ci riesci.
Questi personaggi li ho percepiti più psicologicamente tratteggiati e profondi di Rule e Shaw. Loro erano ancora dei bambini catapultati in un mondo di adulti, mentre Jet, Ayden e sì, pure Asa, sono degli adulti difficili e complicati, con dei problemi da affrontare.
Ma ecco l'errore. Signore e signori, le seghe mentali. Qui la gif di Kristen Ritter ci sta tutta.
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Cristo se le odio. Ripetiamolo tutti insieme: TUTTO. SAREBBE. PIÙ. FACILE. CON. UNA. CHIACCHIERATA. Ci credete che è il motto della mia vita? Lo ripeto ogni giorno al mio capo, che combina un casino ogni 3x2 perché non parla chiaro alla gente.
Ayden non vuole parlare a Jet di Asa e di tutti i casini che si è portato dietro dal Kentucky, Jet non vuole parlare a Ayden di suo padre e parte per l'Europa. Dire "Scusami, ma mio fratello è un criminale e devo risolvere i suoi casini" e "Scusami, ma mio padre è una testa di cazzo e devo partire per l'Europa per fare questa tournee e staccare un po'" è troppo difficile, vero?
Parlate, gente, PARLATE. Vi evitate ansie, seghe mentali e paure. Non lasciate che i segreti si mettano in mezzo.
Eppure... ok, mi sono un tantinello innamorata di Jet. Una rockstar tutta tatuaggi e col cuore tenero, pronto a mollare tutto per amore? Nemmeno James Dylan Ferris c'è riuscito. E James Dylan Ferris è un dio di personaggio, ave a te Kylie Scott ed il fatto che il suo fancast sia Gaspard Ulliel non c'entra niente. Ed eccovi una frase da incorniciare, con sottofondo di violini: Jet combatteva da solo contro il suo passato, ma ora che ha trovato Ayden inizia a combattere per lei e con lei.
E sì, un pochino anche di Ayden. Tra le due ho preferito Shaw, ma come non provare pietà compassione un pizzichino di orgoglio per una ragazza che ricostruisce la sua vita da sola? Certo, il fatto che riesca a perdonare sé stessa e non Asa, che ha fatto quasi i suoi stessi errori è un tantino ipocrita da parte sua, ma vedremo nei prossimi libri.
Un difetto, però, a questo libro l'ho trovato. La storia è ripetitiva. È un po' una scopiazzatura di Oltre le regole - lui, maschio alfa tormentato, lei, dolce, un po' problematica e molto intraprendente. Lo stile della Crownover è fantastico, per carità, lascia molto spazio all'introspezione e a farci capire perché i suoi protagonisti agiscono in un determinato modo, ma come dico sempre: una rosa ha lo stesso profumo anche se la chiami con un altro nome. Come al solito, sono alla fine di una lunga recensione senza capo né coda. Inizio dicendo che mi piace, e finisco demolendo un po' il libro. Ma perché questo libro è così: ti piace e non ti piace. Non l'ho amato al 100%, ma non l'ho nemmeno completamente odiato. Come ho già detto, il problema di questa serie è che tutte le storie si ripetono, pertanto il primo libro va bene, il secondo okay, ma dal terzo in poi ti devi reinventare.
Solo... un po' meno analisi psichiatrica, eh?
Mood: troppe chiacchiere sbagliate, ma una scena finale come quella in albergo tra Jet e Ayden... anche subito!
Citazioni
Le sue labbra erano dure e la lingua insistente contro la mia, ed eravamo entrambi a un livello di disperazione tale che quel bacio sfociò presto in qualcosa di più pericoloso di quanto fossi in grado  di gestire, ora che avevo capito quanto in realtà tenessi a lui. Tutto di lui era pura passione – la bocca, le mani, il modo in cui mi teneva, come se stessi per fuggire via lontano da un momento all’altro. Mi baciò come si bacia qualcuno che si ama e il mio cuore si spezzò ancora di più.
Note
Il tatuaggio di Jet.
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theseershoto · 4 years
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#ravenfirerpg [Consigli.] [Jordan e Shoto] [Caffè di Raven, pomeriggio]
-Dopo aver conosciuto Shoto il Fantasma aveva spesso pensato a lui. Il ragazzo gli era parso misterioso al punto giusto, e il suo umorismo lo aveva colpito. Non era cosa semplice, in effetti, catturare l'attenzione di Jordan, poichè si trattava sempre di una sequenza molto precisa di cose che inevitabilmente gli facevano avere una sorta di intuizione su chi gli stesse di fronte. E lo aveva chiamato e lo aveva invitato a prendere un caffè, perchè voleva passare del tempo con lui, aveva bisogno di staccare la spina e necessitava di un consiglio. Una cosa sciocca in verità, ma lui era pessimo nello scegliere i vestiti e desiderava cambiare qualcosa nel suo guardaroba, non per una mera necessità da vanità, ma perchè doveva davvero togliere di mezzo delle cose e far spazio ad altre. Come si chiamava quella tecnica? Decluttering? Lanciare roba vecchia e metterne di nuova? Forse doveva solo darsi una calmata e una regolata, o forse semplicemente doveva prendere un completo e aveva bisogno di un consiglio spassionato e schietto, cosa che Shoto gli era apparso. E lo aspettava al caffè, seduto a uno dei tavolini dinnanzi alla vetrata, con lo sguardo cristallino perso nella strada.- Shoto Ryuck *Shoto deve ammettere di essere abbastanza sorpreso dal messaggio di Jordan. Che qualcuno trovi piacere nella sua compagnia già è una sorpresa per lui, ma che addirittura voglia chiedergli un consiglio... Ad uno come lui... È proprio uno shock. Spera che non sia nulla di grave, che lo faccia star male, tuttavia, se così fosse, farebbe del suo meglio per aiutarlo. È la sua vocazione...aiutare le persone, anche se non tutti lo sanno o lo notano. Arriva al bar e lo nota immediatamente, sembra proprio uscire da un'altra epoca, una di quelle che si legge nei libri e gli viene da sorridere mentre gli si avvicina* Buon pomeriggio Jordan Swaize! Jordan Dickens -era perso nei suoi pensieri quando sentì la voce famigliare di quel ballerino provetto e alzò lo sguardo su di lui appoggiandosi meglio sul tavolino. Assunse una posizione abbastanza buffa, poggiato con i gomiti sul tavolo con l'occhiolino pronto mentre gli faceva segno di prender posto quasi fosse un colloquio. Gli occhi del fantasma vagarono poi in giro, per poi tornare all'ovile del viso di lui, certo che quell'incontro fosse necessario perché in quanto a moda Jordan era pessimo. Era molto semplice nel modo di vestire e puntava all'essenziale, sulla scia de "Il piccolo principe", che seppur per essenziale non intedesse i vestiti, bé, da Jordan veniva interpretato così.- Sei tu Swaize. O forse dovrei chiamarti Baby? -pensò che un azzardo del genere gli sarebbe costato graffi profondi da una certa Doodd, ma la cosa lo fece sorridere.- Come te la passi Shoto? Sono passato al parco con la speranza di incontrarti ancora e deliziarmi con altre coreografie, ma a quanto pare sono stato sfortunato. -scherzare era l'arma di Jordan. Celare il trambusto interiore l'unica cosa concepibile.- Cosa prendi? Shoto Ryuck Facciamo una cosa, tu mi chiami Swaize e io ti chiamo Magic Mike oppure poliziotto sexy... A tua scelta. Che ne dici? A meno che non voglia essere tu Baby *ride mentre si accomoda di fronte a lui e prende un menù per spulciare un po' le cose buone che potrebbe mangiare, ha un certo languorino tanto per cambiare* Io sto sempre alla grande, Magic Mike... Tu piuttosto, mi fai preoccupare. Sei addirittura venuto a cercarmi al parco? Deve essere grave il consiglio che stai per chiedermi *lo guarda di sottecchi mentre studia tutto concentrato il menù finche non sorride soddisfatto e lo chiude. Shoto ama mangiare quanto ama ballare e fare sesso, quindi non riesce mai a resistere quando legge i menù dei bar a tutte le leccornie* Allora prendo un Iced macchiato, un waffle al cioccolato bianco e un cupcake piccolo agli oreo. Mi è venuta fame mentre arrivavo. Tu non vuoi nient'altro? Jordan Dickens Vada per i nomignoli, basta che non ti fai strani pensieri su spogliarelli perchè io non sono pudico ma ho una ragazza che sa mordere, non so se mi spiego. -scherzò pensando ad Holly, per poi appoggiarsi meglio allo schienale fissando quello che considerava un amico, qualcuno con cui si era trovato in connessione immediatamente senza un perchè, senza avere bisogno di una motivazione o spiegazione. Lo sentì ordinare e sorrise, lui intanto prese un caffè macchiato.- Voglio dividere un po' di waffle con te. -ammise con un finto broncio per poi lasciar andare il cameriere e cominciare a giocherellare con le dita, proprio come quando da piccolo pensava a come cominciare un discorso.- Ho bisogno di togliere di mezzo delle cose e far spazio ad altre, a partire dai vestiti. Ho cose che ricordano l'ante guerra e direi che è il caso di cambiare. Tu di certo hai più gusto di me. O almeno mi consiglieresti senza peli sulla lingua… che ne pensi? Shoto Ryuck Oh no... Su questo puoi stare tranquillo. Non faccio sesso con gli amici e poi... Ecco... Per la prima volta ho qualcuno che mi interessa *ci ride sopra, ma la realtà è che la cosa lo turba più di quanto dia a vedere. Shoto non ha mai provato questo interesse per qualcuno. Di solito lui esce, rimorchia, fa sesso e basta. Non tutti i giorni, è chiaro, non è ipersessuale, ma non crea legami. Non ricorda nemmeno i nomi dei ragazzi con cui sta di solito, perché non hanno alcuna importanza per lui, è solo carne, solo liberazione dell'istinto. Con Blake invece è tutto diverso, non ci ha nemmeno fatto sesso ma non fa altro che pensare a lui, ai suoi occhi gelidi ma disperati. Al suo essere distaccato ma bisognoso allo stesso tempo. Gli fa perdere la testa ritrovarsi a non desiderare di far sesso perché pensare a Blake gli basta.. Senza contare l'ingenuità con il quale è convinto lui sia in dooddread come lui a causa della diversità di Shoto. Non può fare a meno di essere curioso e chiedersi quanto ci metterà a capire la sua vera natura. Si ripete che sta solo giocando e divertendosi, ma in realtà si trova sempre più travolto da quel ragazzo. Si ridesta quando sente nominare i waffle dall'amico e gli sorride, dispettoso* Oh, quindi sei uno di quelli che scrocca dai piatti altrui? Buono a sapersi! *ovviamente non è una cosa che lo infastidisce davvero, ma visto che la loro amicizia ha preso questa piega di prendersi in giro sempre, beh... Chi è Shoto per negargli e negarsi un divertimento simile? Resta però sinceramente esterrefatto alla richiesta di Jordan...non si aspettava gli chiedesse un cambiamento di look. Si aspettava qualcosa di decisamente più tragico, ma è nella natura di Shoto aspettarsi sempre il peggio... Ma ciò lo fermerà dal prenderlo in giro? Mai* Oh.... Quindi vuoi cambiare look e hai pensato di chiedere al tuo amico gay? Sai che non si fa vero? Scherzo, so che il mio stile non è per tutti, sono molto bravo perché ho avuto una brava maestra... Ma tranquillo, troverò qualcosa che valorizzi i tuoi muscoloni da agente di polizia Jordan Dickens Sappi che scroccherò sempre solo dal tuo piatto. Parola di lupetto. Avrai l'esclusiva. -scherza sporgendosi per fargli poi un occhiolino. Il volto che da quello di ragazzino si tramuta in poco tempo in quello serio dell'adulto, e dell'agente che è, specie riguardo la questione serissima dell'abbigliamento. La verità è che Jo vuole distrarsi, vuole lasciare che la sua mente per un po' vaghi in frivolezze, e dunque fa del suo meglio per perdersi in quel genere di cose.- Ci contavo. Di certo tu hai più occhio di me per certe cose. E poi mi andava di passare del tempo con un amico Shoto... -pensa a Dorian, al fatto che gli manchi, che in fondo era il suo migliore amico, un fratello, specie per quella comunanza legata alle loro situazioni simili di fantasmi, scuote il capo e lo scruta.- Raccontami qualche novità su. Rimorchiato qualcuno di interessante? Shoto Ryuck Bene, allora inizierò ad ordinare doppio quando ci sei tu! *ride a sua volta per poi smettere solamente quando gli dice che ha voglia di passare del tempo con lui. Non è una cosa che gli capita spesso, di conoscere con una persona nuova e che desideri essergli amico...gli fa piacere perciò gli sorride* Mi stai diventando sdolcinato... Non ci sono abituato, ma va bene. Anche tu mi sei simpatico, ti aiuto volentieri Rimorchiato qualcuno di interessante beh si.... Decisamente interessante e insolito per me
Jordan Dickens
-Lo scruta giocherellando con le dita appoggiato allo schienale, rilassato, la mente svuotata da altri pensieri che non siano rivolti a Shoto. La loro connessione è stata istantanea, ma c'è molto di quel ragazzo che Jordan ancora non conosce. Insomma riconosce quando qualcuno nasconde qualcosa, anche se non propriamente in senso negativo, del tipo di essere un assassino o altro. Rivede in lui la stessa modalità di approccio che ha fatto sua: ironia sempre e comunque per cercare di celare altro. Jordan è abituato ad essere quello su cui si fa affidamento, quello saggio, quello pronto. Ogni volta che sente sè stesso tremare quasi sotto la spinta di qualcosa che ancora non riesce a capire del tutto, allora quella vena sarcastica diventa più evidente. Ma con Shoto le cose sembrano più semplici: lui può capirlo.- <<Insolito è una parola che adoro ascoltare. Scommetto che è gelosissimo. Ho esperienza a riguardo.>> -E sorride pensando a Holly. Shoto Ryuck *insolito è anche il rapporto che sta instaurando con Jordan. Shoto è un tipo che difficilmente si fa avvicinare dalle persone e, benché il ragazzo non sappia ancora abbastanza di lui da poter affermare di conoscerlo profondamente, sa abbastanza da essere quasi unicum. Sente il loro essere simili caratterialmente e sente questa somiglianza creare un legame fra loro, lentamente, il che va bene per Shoto. Niente turbamenti improvvisi, ma una lenta illusione di controllo su ciò che accade* Si, ma non è la sua gelosia ad essere insolita. Quanto la mia. Io non sono mai stato un tipo da compagno fisso. Non mi è mai piaciuto avere qualcuno che mi ronzasse attorno e non poter controllare o prevedere ciò che succederà. Pensavo di volerci fare solo sesso all'inizio...ma sento che qualcosa in me sta cambiando, sta desiderando qualcos'altro... E il fatto che non sia mai stato con un ragazzo potrebbe peggiorare le cose, o forse no, fatto sta che se fossi stato lucido, avrei messo fine a questo flirt, ma pare che per me non sia più solo un flirt.... Ed è insolito Jordan Dickens <<Dunque sei geloso. Strano in effetti considerato quello che so di te, come hai sempre inteso i rapporti, anche se noi due facciamo eccezione. Pretendo tu sia geloso di me e che non possa avere un migliore amico che non sia tu.>> Lo pungola sfacciato mentre ascolta e assimila, mentre attende ciò che hanno ordinato che arriva poco dopo, prima che lui possa rispondere. <<Credo che il suo essere particolare come cosa la renda ancora più degna di nota, non ti pare? Adoro queste cose sorprendenti. E sono felice perchè sembri sereno. Sembri… emozionato.>> Lo dice con sincerità mentre giocherella con le dita. Le braccia distese sul tavolo, rilassate, mentre si ritaglia un po' di spazio tranquillo da passare con Shoto. I vestiti sono solo una scusa per non pensare a tutto quello che gli vortica in mente. Shoto Ryuck Già e io non sono geloso, o meglio, non sento questo attaccamento di solito con le persone. Oltre i miei cugini ed Ophelia che è come una sorella per me, non sono uno che lascia troppo di sé alla gente. Tu hai scoperto il mio segreto, quindi sei un'altra eccezione. Ti basta come esclusività? Vuoi addirittura che sia geloso di te? Perché hai altri migliori amici? Mi tradisci? *ride, reagendo in modo drammatico di proposito, poggiandosi addirittura la mano guantata sul petto, perché apparisse più esagerato possibile e lo divertisse. In effetti da quando ha iniziato questo processo di avvicinamento alle persone, da quando conosce Blake, non si sta solo aprendo nei suoi confronti. Si sta aprendo e basta. Gli fa bene quel ragazzo e non sa come sia possibile... Ma sembra bello* Credo che la sua particolarità sia stata ciò che me l'ha fatto notare fra la massa. E si...sono abbastanza emozionato perché ho sempre vissuto nello spasmodico, quasi clinico, bisogno di controllare tutto. Invece adesso sento tutto scivolare via fra le dita. Una parte di me rifiuta tutto questo, ma la parte di me che lo desidera così tanto sembra vincere su tutto. Forse non volevo davvero controllare tutto in principio...forse era questo che volevo, lo stavo aspettando Jordan Dickens <<Io sono un aspirante detective con un ottimo spirito di osservazione. E dovresti essere geloso. Voglio sentirmi importante Patrick.>> Sentenzia fintamente offeso mentre si appoggia allo schienale continuando ad osservarlo. Conosce la sensazione di cui parla specie in quel periodo, quando ogni cosa sta sfuggendo al suo controllo ma in modo negativo. <<Dovremmo farlo più spesso, uscire così intendo.>> Sentenzia mentre lo scruta con il solito sorriso. <<io dico che ci pensi troppo. Penso sia una benedizione provare certe cose ed essere ricambiati e devi tenertele strette.>> Lo pensa sul serio. Holly è così per lui, e se ne è reso conto subito inconsciamente. E' felice che Shoto sia nelle sua vita. E' felice di poter ridere ancora così. fine role ❤
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cartofolo · 7 years
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Doc, ho visto che lei ha consigliato dei libri di Cerchio firenze 77. io vorrei comprare il libro ‘conosci te stesso?’ pensa che possa darmi delle risposte e possa aiutarmi a capire chi sono? grazie se mi risponderà
Ne sono sicuro, Anon.E' un libro che personalmente mi ha chiarito a molti dubbi che altre filosofie e perfino la psicologia non erano riusciti a fare.
Ti riporto l'introduzione che Pietro Cimatti (un caro amico che ora non è più tra noi) ha fatto del libro "Conosci te stesso", edito dalle  Mediterranee nel 1980 e curato dallo stesso Cimatti, in quanto le sue parole presentano il libro, Roberto Setti e "le Voci" con i profondi valori che rappresentano al di là del tempo in cui sono state scritte, vissute e ascoltate. Nelle sue parole c'è poesia, rimpianto, ma anche la consapevolezza del dono prezioso che ci è stato dato in un tempo che, per assurdo, non abita in nessuno spazio cronologico.
Conosci te stesso?   Teoria e pratica dell'autoconoscenza e della liberazione.
Ecco, a sei anni della scomparsa fisica di Roberto, il cuore del Cerchio Firenze 77, un'altra raccolta di brani tratti dalle comunicazioni delle Voci che, attraverso il suo dono totale di se stesso, sono giunte nei lunghi anni di ininterrotto contatto e colloquio tra la Pura Coscienza e l'umana possibilità di coglierne quanto meno il suono, meraviglioso ad udirsi.
Il titolo interrogativo "Conosci te stesso?", e la particolare disposizione e rielaborazione dei brani che compongono questo manuale di una folgorante teoria e pratica dell'autoconoscenza e della liberazione - un Insegnamento che mai, prima di ora, era stato dato all'uomo - hanno forse bisogno di essere spiegati.
Chi può dire, sinceramente, di conoscere se stesso?, di esservisi consapevolmente applicato? E chi, altrettanto onestamente, può dire di essere stato appagato dai tanti metodi finora proposti dall'industria culturale su questo tema di fondo?, e chi sa che esso segna l'unico passaggio dall'uomo inconsapevole e smarrito all'uomo della consapevolezza e della serenità interiori?
Che cosa significa, ancor prima, "conoscere se stesso"? Vuol dire forse conoscere, dopo averla studiata come esterna a se stessi, la mappa delle funzioni biopsichiche il cui ordinato e coordinato svolgimento è preposto a una buona salute?, o forse conoscere, tabelle e statistiche alla mano, i modi di un corretto rapporto con i propri simili, esteriormente considerati, ovvero di un oculato inserimento nella propria società?
Certamente non sono ancora questi, fino dall'antichità sapienziale (quando Conosci te stesso era scolpito sul frontone di un tempio delle iniziazioni), il vero valore e il vero significato di quella espressione imperativa che, scrisse Giovenale, è discesa dal cielo - detto metaforicamente - e dal cielo seguita a venire, indicando infine che solo conoscendo se stesso l'uomo è veramente uomo, a somiglianza del dio che ha in sé, nel più profondo che è l'altissimo di lui stesso. E di questo dio interiore, celato ai più, e la cui conoscenza è liberazione, i tanti e mutevoli dèi fabbricati dai teologi, e adorabili all'esterno e nell'ignoranza di se stessi, sono, se non proprio la parodia, certamente l'illusione.
Forse ora possiamo meglio cogliere il senso di una indicazione costante delle Voci del Cerchio: non siamo venuti tra voi per costituire o avallare nuove religioni, nuovi rituali, nuovi alibi per l'evasione dalla vita, nuove abitudini e palliativi per i pigri ed i pavidi, ma anzi a distruggere intimamente tutto questo; non è più il tempo delle sette, delle filosofie o religioni precludenti, degli steccati divisori tra uomo e uomo, tra un gruppo e l'altro, tra il cuore e la mente dello stesso uomo, ma anzi è venuto il tempo di superare tutto questo, di andare oltre l'illusione in cui finora  l'umanità è vissuta e ha sofferto; e questo è possibile solo conoscendo la reale struttura e finalità del Macrocosmo e, conseguentemente, del microcosmo umano che lo rappresenta ed incarna sulla terra; insomma, solo conoscendo se stessi.
Tutto ha origine e fondamento da qui: conoscere se stessi.
Forse possiamo anche cogliere meglio il perché le Voci parlassero, polifonicamente ma secondo un Disegno unico e sapientemente coordinato, dall'intimo dell'uomo Roberto, dal più profondo che è l'altissimo - si è detto; e perché tanto Insegnamento indicaste in un'unica direzione, insieme amorosa e imperativa, valida per ogni uomo di ogni tempo: conosci te stesso!
Al limite, lo stimolo e l'indicazione costante, pressantemente insistita ai loro ascoltatori di ieri e di domani, è una teoria e pratica dell'autoconoscenza e della liberazione: che non si riassume in tecniche e modalità da imparare a memoria, obbedendo passivamente al maestro e istruttore, che non promette e cioè non inganna in quanto indica la via maestra ma, nel contempo, ricorda che ognuno deve da solo, con la sua sola volontà e le sue sole forze, percorrerla fino in fondo, con sincerità e perseveranza: e questa via maestra è Conosci te stesso; nient'altro!
Ora, scomparso Roberto, le Voci tacciono e il Messaggio sapiente che da lui sgorgò pare interrotto, sicché taluni che hanno partecipato al miracolo del Cerchio hanno poi potuto sentirsene acerbamente privati.
Ma è solo un gioco dell'apparenza: in realtà, l'incalzante polifonia delle Voci magistrali séguita a farsi udire, profonda e costante, ben oltre il Cerchio che esse stesse adunarono e guidarono, nell'intimo di ogni uomo vivente, dove il seme di una Nuova Conoscenza è stato interrato al tempo di Roberto. E di questo può accorgersene chiunque ascolti il nuovo respiro dell'umanità, senta il nuovo corso delle intenzioni e delle azioni umane, che sempre più scopertamente fluisce. Sicché ora possiamo dire: ecco, quel messaggio di Sapienza e di Amore che pareva detto per pochi "fortunati", entro l'ambito stretto di un cerchio di uditori, è diventato agevolmente l'implicita conoscenza e l'operante coscienza di tanti uomini di buona volontà, dovunque si trovino a vivere, che ne siano consapevoli o non, quali che siano le lingue e gli ambiti culturali del loro agire nel mondo. E questo non è che l'inizio di una primavera dello spirito - dalle Voci annunciata, e pareva una promessa; oggi visibilmente avviata, e pare ancora un miraggio!
Questo nuovo slancio condurrà l'uomo ancora più avanti sul suo sentiero di liberazione, cioè incontro al suo reale destino. La liberazione dell'uomo attraverso la conoscenza, la quale culmina e si corona con l'autoconoscenza: non è altro che questo, in sintesi, il Messaggio delle Voci.
Allora, che cosa è stato quel Cerchio che una felice esigenza editoriale, al momento di aprire l'Insegnamento maturato al chiuso di una "scuola" solo apparentemente privilegiata, si è autodefinito Cerchio Firenze 77, con ciò indicando sinteticamente una data, una città di avvio - la città natale di Roberto - e un gruppo di amici raccolti intorno al "fuoco" delle Voci, nella notte del mondo?
Ora meglio comprendiamo che il Cerchio è stato l'occasione necessaria, secondo un Disegno di inesplorabile vastità e profondità, affinché un Sapere destinato ai secoli dell'uomo, al cuore profondo dell'uomo, fosse seminato "in terra" e trovasse, in quel buio dei tempi, il terreno fertile e protetto perché il seme attecchisse indisturbato e, via via, crescesse fino a diventare il nuovo Albero della Conoscenza per tutta un'umanità in attesa, oltre ogni limitazione di spazio e di tempo, la quale umanità potrà nutrirsi del dono dei suoi frutti, e ristorarsi alla sua grande ombra, e stringersi intorno ad esso come ad un nuovo patto col divino interiore.
Allora, e di conseguenza, chi è stato Roberto, grazie al quale tutto ciò che il grande Disegno prevedeva si è realizzato?, senza il cui dono di se stesso niente si sarebbe potuto realizzare?
Dopo la sua scomparsa fisica molto si è detto e scritto di questo "uomo invisibile " - come doveva essere e come infatti è stato secondo quel Disegno impersonale che egli è venuto a compiere. Si è detto e scritto che è stato un grande medium - con un termine preso dallo spiritismo; e che è stato un uomo tranquillo, taciturno, equanime, mansueto, restio ad imporsi, reciso nel non attribuirsi la Potenza che per suo mezzo si manifestava e che lui per primo stupiva - con attributi che sembrano presi dall'agiografia dei mistici e dei "piccoli santi" d'altri tempi, quelli destinati alla postuma adorazione dei semplici di spirito, che non si pongono domande.
Non c'è dubbio che, nei modi dell'apparenza, Roberto fosse e apparisse anche questo, cioè un medium prodigioso per la fenomenologia che spontaneamente esprimeva, nonché una creatura "morta a se stessa", assennato e distaccato in quel mondo esagitato e delirante dello spiritismo, della cosiddetta parapsicologia, che lo rasentò e talvolta lo ferì ma al quale egli fu totalmente estraneo grazie alla sua "divina normalità" e alla sua superiore ironia.
Al di là di queste plausibili apparenze, si deve tuttavia dire che Roberto è stato - a volerlo proprio identificare - un Iniziatore, il perfetto strumento di quella Potenza, di quella Pura Coscienza che, indicando all'uomo di buona volontà il suo grande destino, non poteva analogamente che manifestarsi e rappresentarsi "in terra" mediante quell'uomo di buona volontà e dal grande destino - ma invisibile e impersonale come i maestri le cui Voci dissero, qualificandosi:
"Siamo solo una voce senza corpo, un'identità senza nome, una dottrina senza autorità, un messaggio scritto sulla sabbia di un deserto ventoso ".
A proposito di Roberto, presenza costante nel mio presente, vorrei concludere con un fatto riferito da Krishnamurti. Prima di cominciare a pensare con la sua testa - egli disse una volta - gli avevano inculcato e l'avevano convinto di essere il veicolo dell'Istruttore del Mondo; ma quando cominciò a pensare, volle scoprire che cosa si intendesse per Istruttore del Mondo, che cosa volesse dire, da parte Sua, prendere un veicolo, e che cosa mai significasse la Sua manifestazione in questo mondo. Così conclude Krishnamurti: "Di proposito sarò vago, poiché per quanto facile mi sarebbe precisare, non è mia intenzione farlo, visto che, quando si definisce una cosa, cerca di dare una interpretazione che nella mente degli altri prende una forma definita da cui sono legati e dalla quale dovranno poi liberarsi".
In modo analogo, per questo Insegnamento di liberazione e per colui che gli si è fatto libero e perfetto strumento, è meglio davvero non precisare, non definire oltre, proprio per non creare altri vincoli, altri feticci, altri santi, altre pastoie al libero pensare e sentire dell'uomo.
Oltretutto, il silenzio di Roberto è sacro.
Come ogni macchina lavora perché è stata costruita secondo i principi che regolano la fenomenologia del piano fisico così l'universo esiste perché si fonda su precise leggi. Queste leggi hanno la loro radice nel grande piano divino, poiché qui   la loro ragione di esistenza, ma si manifestano e vigono su ciascun piano, regolandone la vita. La conoscenza di tali leggi è visione del reale. Ignorarle non vuol dire che non esistano o che non abbiano i loro effetti. Si ignorano troppe cose ed è per questo che si soffre. Ignorare significa non sapere, ma si può non sapere proprio per non voler sapere, oltre che per non poterlo! Lo scopo di questo insegnamento è di farvi conoscere quelle leggi.
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Il Viaggio della Memoria: testimoniare ciò che è stato
Si dice che la violenza sia insita nell'uomo, che sia parte imperfetta dell'umanità ma, quei fatti accaduti tra il 1939 e il 1945, corrispondenti allo sterminio denominato Shoah o Olocausto, sono oltre a ciò che è umano e i sopravvissuti hanno dato le loro testimonianze che sottoscrivo per il dovere che mi è stato dato ed è stato ricevuto a chi ha affrontato quest'oggi il viaggio della memoria: testimoniare ciò che è stato. Il principio del disastro furono i ghetti: uno dei primi fu quello di Cracovia (in Polonia). Delimitato dalla città da due barriere naturali, che sono il fiume Vistola e uno strapiombo vicino a un asilo, costudisce l'inizio drammatico testimoniato dalle molteplici storie. Il ghetto appare come un quartiere normalissimo di una qualunque grande città, palazzi, negozi e famiglie che trascorrono la loro quotidianità, eppure quelle mura, quelle costruzioni non trasmettono quiete né serenità bensì una sensazione di pesantezza, di una malinconia percepita dall'anima. Come un carcere, gli ebrei che vivevano lì non avevano possibilità di uscire, erano prigionieri senza colpe quando passeggiavamo per le loro familiari strade dovevano guardarsi le spalle, tenere lo sguardo basso perché i generali nazisti, spesso, sparavano e uccidevano uomini di cui non conoscevano il nome né le colpe solo perché gli era stato ordinato, poiché non avevano coscienza ma solo malignità. Nonostante ciò, nel ghetto lavorava il primo Giusto fra le nazioni, un farmacista, Tadeusz Pankiewic, che aveva deciso di rimanere nel ghetto per lavorare nella sua farmacia con l'intento di poter aiutare gli ebrei portando loro medicine, cibo e cercando di farli uscire, usando la scusa del «gli Ebrei mi rovinano il business» abbindolando le SS per poter rimanere senza indurre sospetti. La farmacia si trova dove ora c'è la Piazza delle Sedie, chiamata così poiché sono allestite delle sculture in piombo, appunto, a forma di sedie: l'artista si è ispirato a una fotografia la quale raffigurava una bambina che portava con sé una sedia della sua scuola, ubbidendo agli insegnanti che avevamo ordinato di portarsi nel ghetto le sedie e i banchi della scuola così da costruire una nuova aula, gli insegnanti non hanno fatto altro che rassicurare i bambini, ricreando un ambiente familiare e affinché non perdessero lo studio, la conoscenza che è coscienza e coraggio. Nel ghetto c'era un asilo che è stato, purtroppo, anche ospite di una delle più grandi tragedie, ovvero l'uccisione dell'innocenza: la fine della speranza; una sera, i soldati nazisti andarono in quell'asilo per prelevare tutti i bambini (i genitori molto giovani li lasciavano all'asilo durante la giornata mentre erano a lavorare) per portarli nel bosco dietro dove c'era lo strapiombo, uno dei confini del ghetto, e lì compirono una delle più atroci azioni: li fucilarono. La morte di quegli innocenti era stata decisa per il bieco motivo che la loro perdita potesse limitare la volontà degli Ebrei di combattere, di vivere e sperare. Era oppressione, togliere tutto anche i bambini per non avere più nessun affetto a cui aggrapparsi. Quel luogo ora è un parco giochi circondato da uno strapiombo che pare voler caderti addosso. È surreale e mostruoso e io ho posto i miei passi lì, in quella quiete che era stata eco degli spari omicidi. Il ghetto si poteva considerare la prima stazione di quel treno che ha condotto migliaia di innocenti alla fine, ai campi di concentramento. Questi si dividono in tre tipologie: campi di lavoro, campi di concentramento e di sterminio (quest'ultimi presenti solo in Polonia). Il sistema di campi di Auschwitz (Auschwitz 1, Auschwitz 2 o Birkenau, Auschwitz 3 o Monowitz) è di quest'ultima tipologia. Auschwitz 2 o Birkenau, 120 ettari di sciagura delimitato dal filo spinato (elettrificato a 40 Volt), è uno dei più vasti campi di concentramento e di sterminio. Gli Ebrei, i criminali politici, i Testimoni di Geova, i Rom e i Sinti, omosessuali e asociali venivano deportati, come è risaputo, per la ferrovia che si estende oltre l'entrata del campo ammassati dentro i vagoni merci. Ce ne hanno mostrato uno: più che una vagone pare una grossa scatola di legno, ammuffito, senza aperture se non qualche foro. Lì dentro ci avrebbero dovuto trasportare merci come cibo o pacchi postali invece venivano ammassati decine di persone, senza cibo e acqua. Anche non entrandoci. Osservandolo dall'esterno si percepisce il senso di claustrofobia, l'istinto di sgomitare per recuperare il proprio spazio, per respirare, per vivere erge dalla ragione, la sensazione si perdere il respiro sembra reale. Birkenau è impressionante anche solo osservando l'entrata: immenso nella nebbia perenne, pare che la luce non lo abbia mai illuminato, il grigiore che aleggia in quella zona è il dolore immenso di tutte quelle donne, quegli uomini, quei bambini e quegli anziani che hanno patito e che ancora adesso percepiscono nel cuore, come i sopravvissuti Sami Modiano, Tatiana Bucci e Piero Terracina, che troppo giovani hanno conosciuto tutto il male dell'umanità. Birkenau diviene l'inferno in terra, non tanto per come si mostra ma per i racconti di chi ci è stato che sembrano materializzarsi in quei luoghi. Sami che a quattordici anni ha dovuto vedere il padre sottostare alle violenze dei nazisti, che ha dovuto patire il freddo, la fame, il lutto per la morte di suo padre e della sorella. Tatiana che ancora bambina ha visto tutto il suo mondo crollare, la sua infanzia andarsene via e di dover crescere troppo in fretta. Piero che ha visto tutta la sua famiglia andarsene poco a poco, essere ripudiato dal proprio Paese e dalle persone che conosceva per poi ritornare solo e senza nulla. Toglievano tutto: i propri beni, la propria identità, il proprio nome e la dignità e chi non era abbastanza forte o necessario (anziani, malati e donne incinte) per divertire il sadismo di quegli uomini che uomini non sono, veniva direttamente ucciso nelle camere a gas. Chi invece lo era, veniva portato alla Sauna, un edificio in cui levavano tutto e i deportati venivano registrati. Di legno erano le baracche dove dormivano gli uomini, nel lato destro, di muratura quelle delle donne, nel lato sinistro. 52 cavalli avrebbero dovuto stare nelle baracche invece dormivano oltre 209 persone! I bambini rimanevano soli assieme una donna che se ne occupava circondati dai disegni realizzati dagli adulti per allietare quei lunghi giorni senza sole e quelle lunghe notti su letti di cemento o legno senza sogni. Gli uomini che cercavano fra le donne, in lontananza, un viso familiare, la propria madre, moglie, figlia, sorella, le donne che cercavano il proprio padre, marito, figlio, fratello e resistevano semplicemente per ricordarsi di essere persone e non bestie come erano trattati. Chi si faceva forza o chi si abbandonava, chi si ripeteva la Divina Commedia (come Primo Levi) per ricordarsi di avere dignità e ragione o chi si lasciava trasportare dall'istinto. Così tante persone che non ci si rende conto di quante sono state dai numeri stampati sui libri ma dai ricordi che hanno lasciato, dei loro resti, dei loro vestiti. Ad Auschwitz 1, infatti, sono state allestite delle teche contenenti i beni dei deportati contenuti, allora, nella baracca Canada (il nome rimandava alla ricchezza come lo era, appunto, quel Paese). Questo secondo campo differisce da Birkenau per le strutture ma non diverse le sofferenze; è più piccolo (sono circa 12 ettari) e precedentemente era stato una caserma infatti lo si può notare dagli edifici a due o tre piani di muratura nei quali dormivano i deportati. Ora all'interno ci sono delle mostre dei beni ritrovati, camere intere che raccolgono occhiali, valigie con le firme dei proprietari, scarpe, abiti, creme, spazzole e persino capelli ancora pettinati o intrecciati con i nastri. Centinaia, migliaia, ogni oggetto rappresenta una persona viva o morta che è stata lì dentro e a me sembrava che per ogni di quegli oggetti si materializzasse chi la possedeva, ed erano così tante. C'erano anche fotografie: ragazzi e ragazze che sorridevano, famiglie in posa e ritratti delle persone care. Persone normalissime che hanno vissuto, amato, gioito e pianto, che hanno avuto una loro storia, le proprie idee e memorie che ora sono svanite perché qualcuno aveva deciso che doveva essere così. Qualcuno di così marcio si è preso il diritto di decidere chi doveva vivere o morire di malattie o di fame, fuciliate o nelle camere a gas. Camere a gas che non avevano parvenze di una doccia piuttosto di un magazzino, un parallelepipedo di cemento dove quando si entra non si riesce a respirare, non c'è luce se non dalle lampade o da quella filtrata dai fori di uscita nei quali veniva inserito il gas Zyklon B, sassolini grigio-verde dalla parvenza innocua che venivano fatte riscaldare per trasformarle in sassolini mortali. Un corridoio dalle pareti grigie che raccoglieva centinaia di persone ammassate addosso l'un l'altra, che a malapena riuscivano a dilatare i polmoni. Non sembra però una doccia, come viene spesso raccontato, i soffioni ci sono ma si scorgono a malapena e sono ossidati e l'atrio con il pavimento di legno marcio incute timore. Si comincia a tremare solo stando dinnanzi l'entrata, anche l'odore dell'aria è diversa, pesante e acida come lo è il cielo, smorto e incolore. Incolore è anche la stanza dei forni crematori, dall'altra parte, nel quale si trovano tre forni crematori piccoli e poco profondi e arrugginiti, il muro sovrastante è ancora nero per il fumo. È in questi luoghi che ci si rende conto della violenza e la pericolosità dell'indifferenza, di ciò che comporta il non sapere e il non denunciare, il silenzio e il cinismo. Questi viaggi sono organizzati non solo per conoscenza di nuovi fatti storici o per comprendere il dolore dei deportati ma per capire il dovere di non stare in silenzio di fronte alle violenze, di non sottostare a regimi oppressivi credendo a ogni cosa che viene detta, senza criticare e indagare. I sopravvissuti ci hanno passato il testimone, ci hanno dato la responsabilità di portare avanti e rendere eterni quei ricordi, quelle storie, non solo per noi ma per un futuro il migliore possibile. Un futuro in cui non deve succedere MAI PIÙ! Viviana Rizzo @ilbiancodellefarfalle https://www.bombagiu.it/il-viaggio-della-memoria-testimoniare-cio-che-e-stato/
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pangeanews · 4 years
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L’uomo vuole conoscere il male. In difesa di Franca Leosini, politicamente scorretta con stile, il narratore onnisciente ottocentesco che ci eravamo dimenticati
“Se dici qualcosa che non offende nessuno, non hai detto niente”, affermava Oscar Wilde. E anche Franca Leosini, storica conduttrice di Storie maledette, stimata al punto di poter vantare una schiera di fan eponimi, I Leosiners, negli ultimi tempi non è immune da critiche.
Le accuse più frequenti? Per Aldo Grasso sul Corriere, il caso criminoso risulta sovrastato dall’eloquio dell’intervistatrice, pure un po’ morbosa nelle faccende di sesso. Già tempo fa Gianluca Neri su RollingStone le attribuì scarsa empatia e strumentalizzazione del dolore. Più voci l’hanno accusata di non essere femminista nel modo oggi ritenuto giusto: Eretica di Abbatto i muri, Lady V su Linkiesta, ma anche, più di recente, Simonetta Sciandivasci su Il Foglio. Tutte affermazioni invero corrette. Non resterebbe che da aggiungere l’ormai abusato “ma ha anche dei difetti”.
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Storie maledette, una delle prime trasmissioni di cronaca nera, nata nel 1994, è un format a basso costo, sobrio, elegante, oggettivo, in cui Franca Leosini intervista i protagonisti delle inchieste giudiziarie all’interno del carcere, solo dopo che si sono conclusi i tre gradi di giudizio e al termine di un meticoloso studio delle carte processuali. La giornalista non azzarda ipotesi, non si improvvisa detective, non costruisce plastici, non chiede a parenti disperati cosa provano a cadavere caldo, non arruola improbabili vicini di casa in cerca di notorietà. Eppure per alcuni questo non basta a risparmiarle l’etichetta di sciacalla. Forse perché, oggi più che mai, una compagine di militanti della morale vorrebbe abbattere statue, censurare libri e film, cambiare nome persino a cibi e bevande, con lo scopo di rimuovere – cosa ben diversa dallo sconfiggere – il male dal mondo? Risponderei loro proprio con uno dei più celebri motti leosiniani: “L’ha rimosso? Allora glielo ricordo io”.
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L’essere umano vuol conoscere il male, e domandarsi quanto di quel male ha anche dentro sé. Vuole spiare la morte dall’alto e di sbieco, prima di trovarsela davanti, e per questo la cronaca nera richiama da sempre grande pubblico: non a caso era censurata ai tempi del fascismo, quando bisognava credere che andasse sempre tutto bene. Ma che cos’ha la Leosini più degli altri? Proprio quel che Aldo Grasso le imputa come difetto: è una grande narratrice. Franca Leosini è il narratore onnisciente ottocentesco che abbiamo lasciato sui banchi di scuola, ormai sconsigliato da quasi tutte le scuole di scrittura ma da lei riportato a nuova vita, con tanto di linguaggio barocco e desueto, ma reso attuale dall’ironia. E cos’è il celebre faldone ad anelli scritto a mano, sempre presente tra le sue mani, se non l’evoluzione del manzoniano “scartafaccio” ritrovato? Da bravo narratore onnisciente, Franca parte da un’impostazione oggettiva, o come dicono quelli bravi, eterodiegetica, ma nel corso della narrazione non può fare a meno di rendersi palese e di affondare nell’animo dell’intervistato con la propria, inconfondibile voce.
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Nel corso del dialogo la Leosini entra in comunicazione con l’intervistato, lo rassicura, lo ascolta, lo analizza, scava nel suo animo, se necessario si dissocia o si contrappone, sempre con educazione e misura. Poi, all’improvviso, gli affondi, quelli ironici e dissacranti, in cui la Leosini riunisce gli opposti, mescola alto e basso, tragedia e commedia, aulico e triviale, moderno e antico, e il “ditino birichino” di Rudy Guede, la “storiella scopereccia” di Francesco Rocca, la “sentimentalmente genuflessa” Sabrina Misseri vanno a costituire tutto l’aforismario che l’ha resa celebre.
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Da qui, l’accusa di scarsa empatia. Ci sono vittime, parenti di vittime, condannati all’ergastolo, come si permette la Leosini di anteporre a tutto questo il compiacimento della narrazione, di far appassionare e a tratti pure sorridere lo spettatore? E si vede dallo sguardo che si diverte! Alla fine, quel che non le si perdona, è risparmiarci – al contrario di molti suoi empatici colleghi – occhi umettati di lacrime e voce incrinata da trattenuta commozione, come forse direbbe lei stessa. E meno male! In un mondo che vende ormai empatia al chilo, come tranci di pesce al mercato – come se soffrire per un dolore altrui non fosse un fatto raro e rivoluzionario – e che pretende pure di insegnarti come e quanto devi piangere e per chi devi piangere prima, se per gli italiani, gli stranieri o gli elefanti – ben venga chi si limita a raccontare con abilità e passione una storia. Così, assodato che nemmeno la Leosini sta realmente soffrendo, anche lo spettatore può finalmente salire sulle montagne russe emotive del programma senza sensi di colpa e abbandonarsi a un puro godimento catartico.
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Perché Storie maledette è forse uno dei pochi esempi di bell’eloquio, narrativa e teatralità in televisione, e non solo in una tradizione classica, perché se ora infastidisce qualcuno, forse vuol proprio dire che non è privo di elementi innovativi. Anzi, è come se il politicamente corretto avesse fatto il giro, tanto da rendere il linguaggio d’altri tempi della Leosini il più adatto per dire l’indicibile. E non con la rozzezza di certo politicamente scorretto, che pure inizia a stancare, tipico di Feltri e dei suoi epigoni, bensì con grazia sottile. Non a caso, i condannati non mostrano mai fastidio per le parole della Leosini, anzi. Non solo hanno tutti accettato l’intervista – per espiare, per gridare la propria innocenza, per narcisismo, per bisogno di esprimersi, questo non ci è dato sapere e non importa – ma tutti o quasi dialogano piacevolmente e di buon grado. Non si accorgono di certi motteggi? Forse abitano abissi ben più profondi, in cui una battuta è prezzo più che equo da pagare, per un momento di normalità.
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E qui veniamo alle accuse di sessismo, o almeno di inadeguatezza all’attuale femminismo. È innegabile che il linguaggio new-retrò della Leosini si addentri anche nella descrizione dei rapporti di genere. Franca ci parla di “mariti farabutti e fedifraghi” e di “angeliche spose”, di “gentiluomini” e di “femme fatale”, di donne con “il radar per trovare uomini nullafacenti”, ma parla anche di transessualità, affermando che “è una condizione e non una perversione”, rassicura Sonia Bracciale che “anche noi donne siamo legittimate a legarci a uomini più giovani”, dice a Sabrina Misseri che è una “babbalona” ma poi la invita con dolcezza materna a una maggiore autostima sul suo aspetto fisico, perché “nessuno ha mai detto di una ragazza che belle ossa”, dice a Cosima che “suo marito non dà l’idea di un acuto pensatore”, poi la loda per la sua “modernità insospettata”, parla di “minigonne sfacciate” ma poi disprezza le chiacchiere di paese “funeste come coliche”. In realtà chi non si limita a frasi estrapolate, ma guarda puntate intere e più puntate, troverà nel suo linguaggio, pur sopra le righe, un mondo complesso e affatto manicheo. Eppure c’è chi, come Lorenzo Tosa, trasforma con un triplo salto carpiato la saggia frase della Leosini “nel fallimento di un matrimonio le responsabilità quasi sempre si hanno in due” nella del tutto personale interpretazione “se il marito la picchiava, qualcosa deve aver fatto”. Credo basti questo per capire a quali livelli di censura del linguaggio si vorrebbe arrivare.
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Non a caso la Leosini usa spesso, con arte, il luogo comune, per poi ribaltarlo più volte. È solita infatti trattare casi che avvengono in provincia, dove l’odierno linguaggio mediatico, disinfettato di Amuchina e asterischi, non è ancora arrivato, e dove più che altrove l’essere uomo o donna, bello o brutto, intelligente o stupido fa una certa differenza, nel bene e nel male, e può anche concorrere a determinare gli eventi. Il suo terreno narrativo preferito è il delitto della gente comune, persone che sembrano attraversate dal male quasi per caso e poi da quello stesso male abbandonate, come se fosse rimasto in loro giusto il tempo di quella singola azione orribile, in una vita altrimenti comune se non banale. Il crimine che matura dal basso, dalle pulsioni più intime, dalla gelosia, dalla passione, di cui la Leosini non ci nega i dettagli sessuali, cosa che le porta accuse di morbosità. E che bello invece – in una televisione spesso giovanilistica, specie per quanto riguarda la parte femminile – trovare una signora di oltre settant’anni che non ha paura di parlare di sesso, né s’impone di farlo in modo asettico, ma con la curiosità per il proibito e al tempo stesso la sfacciataggine di chi ha l’età per non doversi più censurare, se mai l’ha fatto. D’altra parte, come Franca stessa ama ricordarci, “la vita inizia e finisce a letto”, e spesso anche il delitto.
Viviana Viviani
Editing di Luisa Baron
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empressmoody · 4 years
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Short Story della mia campagna di D&D – Fuga dalla realtà
Ed eccomi di nuovo qui, seduta su questa panchina del giardino, a fissarmi i piedi. È quello che faccio ogni volta che mi arrabbio, che mi sento triste, o semplicemente  fuori luogo, e qui mi capita fin troppo spesso. Questo angolo del giardino del palazzo è il mio rifugio, l'unico posto che in qualche modo mi trasmette quel calore tipico di casa. Alzo la testa ed inizio a guardare il paesaggio intorno a me, cercando di trovare negli alberi, o nel modo in cui la luce si riflette sullo stagno, qualche similitudine con la mia casa a Marenia. Il pensiero della mia terra mi getta ancora più di nello sconforto. Sarei tanto voluta rimanere lì, nel mio paese, ad osservare il mare dalla mia camera del castello, a continuare a vivere con le mie sorelle e i miei fratelli, poter scherzare con loro, ridere, o anche solo litigare, da quando sono qui ogni ricordo di quel tempo sembra così felice e luminoso. So già cosa direbbe mia madre se mi potesse vedermi in questo momento, esprimerebbe tutto il suo disappunto, preoccupandosi di ricordarmi che il mio matrimonio è il più importante di tutti, di non comportarmi da ingrata, e di smettere di essere la delusione quale sono, così come dice puntualmente in ogni sua lettera.
Scuoto il capo cercando di non pensarci, in questo momento mi sento come se dovessi piangere, eppure le lacrime non accennano ad uscire. Sto provando ogni sorta di emozione, ma allo stesso tempo mi sento così vuota, domandandomi come una contraddizione simile sia possibile, chissà se Lúthien si è mai sentita così. Mi scappa un piccolo sorriso sfiorando la copertina del libro, qui poggiato sulla panchina accanto a me. Vorrei tanto provare un amore intenso come quello di Beren e Lúthien, pronti a sfidare il mondo in nome dell'amore che provano l'uno per l'altra. Purtroppo però, non è questo il mio destino. Io sono incatenata qui, in questa vita di doveri, senza alcun tipo di amore. Sola con i miei libri, con il mio angolo di giardino e il mio piccolo cottage, che mi osserva lì, oltre il piccolo specchio d'acqua. Prima che lo ristrutturassi, era quasi completamente abbandonato, adibito a capanno degli attrezzi, ed è l'unica cosa che quello zotico di mio marito mi ha concesso, anche se probabilmente  lo ha fatto per tenermi lontana dal palazzo, mentre porta in camera sua ogni ragazza che mette piede che varca la soglia di ingresso.
I miei pensieri corrono veloci all'ora precedente. Avevamo avuto un altro dei nostri soliti litigi, anche oggi nonostante fosse il giorno dell'apertura, e trovo inammissibile di come non si preoccupi di macchiare il mio onore, lanciandosi in atteggiamenti intimi e adulteri in pubblico. Mossa da amor proprio quindi, ho espresso il mio disdegno per quello spettacolo, ma non l'avrei mai fatto se avessi anche solo immaginato che si sarebbe avventato su di me. «Allora vedi di soddisfarmi tu.» Quelle parole mi risuonano in testa, come un tuono improvviso, facendomi rabbrividire. Mi sembra quasi di avere di nuovo su di me le sue mani, che mi stringono e mi toccano in modo così rude e violento, il solo pensiero mi fa venire voglia di vomitare. L'unica cosa che mi è rimasta è il mio debole orgoglio, e penso che non manca molto al momento in cui mi porterà via anche questo.
D'un tratto mi sembra di non essere più sola, d'istinto mi volto di scatto e mi scappa un gridolino nel rendermi conto che c'è veramente qualcuno ad osservarmi tra gli alberi, non è solo la mia immaginazione.
«Mi dispiace di averla spaventata in questo modo vostra maestà.»
Ho ancora il cuore che batte a mille. Da quanto tempo sarà rimasto lì ad osservarmi? Come ha fatto ad arrivare? Avevo dato ordine a tutta la servitù di non avvicinarsi, come sempre loro rimangono a distanza non facendo avvicinare nessuno. Come ha fatto quindi lui a passare inosservato? «Ero sul punto di annunciarmi» riprende dopo un breve silenzio, probabilmente dopo aver atteso un qualche tipo di risposta da parte mia, «ma sono rimasto incantato ad osservarla e le mie labbra non sono riuscite a pronunciare neanche una singola parola, mi dispiace» e termina la sua frase con un sorriso, così dispiaciuto e sincero, di un fascino disarmante anche lì nella penombra degli alberi.
Lord Alejandro de Perilla, era arrivato a corte da poco più di una settimana, e sembrava che ogni nobildonna volesse smaniosamente un po' della sua attenzione, e non era difficile comprendere il perchè. Un uomo davvero affascinante, alto, capelli scuri e degli occhi neri con dall'immenso potere magnetico, nel momento stesso in cui incroci il suo sguardo, un enorme forza ti spinge a scrutarli più intensamente, cercando di arrivare ad una fine, a qualche verità, eppure è una ricerca vana, perchè sono infiniti come il cielo notturno, e finisci solo per esserne rapita. Come se tutto questo non bastasse era un uomo davvero educato e gentile, sembrava avere sempre una parola buona per tutti, una persona non toccata dal male di questo mondo, con un sorriso così caloroso da spazzare via ogni tristezza. Sembrava il principe di uno dei miei romanzi d'amore. Tuttavia, non avevo mai realmente parlato con quell'uomo, non da sola per lo meno. Scambiai con lui solo qualche parola durante una cena di corte, non riuscendo a comprendere esattamente da quale luogo provenisse.
Mi resi conto solo dopo un lungo istante di silenzio che stava ancora aspettando una risposta da parte mia, e che un sorriso si era impadronito del mio volto.
«Lord de Perilla, perdoni se mi sono spaventata in questo modo, ma credevo di essere sola, visto che avevo dato ordine alla servitù di non far avvicinare nessuno» dico cercando di riprendere il controllo di me stessa e ponendo enfasi sull'ultima parte della frase, sperando di avere una risposta alla mia domanda inespressa.
«Sono sinceramente dispiaciuto, e non le nego di essere anche leggermente imbarazzato sua maestà» risponde con l'aria di chi ha commesso una gaffe. «Volevo solamente fare due passi lontano dalla corte, sa, domani mi aspetta un lungo viaggio e volevo essere il più rilassato possibile.»
Viaggio. Mi ero dimenticata che si sarebbe fermato per così poco, e che l'indomani sarebbe ripartito verso le terre libere di Riventad.
«Più che comprensibile, io stessa mi ritrovo qui per scappare da palazzo» rispondo quasi senza accorgermene, tornando a guardare lo stagno davanti a me «è l'unico posto in cui riesca a sentirmi rilassata e...»
«Libera» aggiunge immediatamente lui.
Mi volto sorpresa per guardarlo, e scopro che si è avvicinato a me in quel secondo che non lo stavo osservando. Ora il suo viso è illuminato dal sole, e mi sembra quasi che il mio cuore abbia avuto un sussulto per un attimo. È davvero di un fascino senza paragoni.
«Perdoni la sfrontatezza vostra maestà, ma posso avere l'onore di sedermi accanto a lei?» dice indicando la panchina sulla quale sono seduta.
«Prego, si accomodi pure.» Senza pensarci troppo mi sposto più a sinistra per fargli spazio. Per un attimo mi sembra sentire la voce di mia madre dirmi che questo non è il comportamento più appropriato, eppure penso che almeno un attimo di compagnia posso meritarlo in tutta questa tristezza.  
«Deve perdonarmi, so che il mio comportamento risulta eccentrico qui a Chaîne des Nuage, ma il mio cuore soffre a vedere una donna afflitta da così tanta tristezza.» mentre parla osserva il cottage davanti a lui, non mi guarda neanche per un attimo, e questo mi dà la possibilità di scrutare liberamente il suo viso mentre parla, senza cader in alcun tipo di imbarazzo.
«Era così lampante che stavo soffrendo?» trovo il coraggio di chiedergli, e la mia voce trema un po'.
«Sì, vostra maestà, lo si notava.» risponde con un tono di voce carico di dolcezza, sempre guardando davanti a sé. Ora mi rendo conto del perchè tutti sembrano volere un po' della sua attenzione. Più dei suoi occhi, ciò che è affascinante è la sua sincerità nei modi di fare. La sue espressioni, i suoi gesti, il tono della voce, sono di una sincerità quasi irreale, e ti sembra di poter leggere le sue emozioni e i suoi pensieri mentre parla. Sembrano racchiudere una personalità davvero forte, che mi trovo ad invidiare un po'.
«Sono desolata, una regina non dovrebbe mostrare debolezze» ribatto frettolosa.
«Vostra maestà» dice girandosi verso di me di scatto. I suoi occhi profondi guardano intensamente i miei, a pochi centimetri di distanza, e mi rendo conto di non avere più scampo. «Non dica queste cose. Non è lei a doversi sentire in difetto, ma chiunque abbia osato arrecarle tanto dolore» le sue parole mi sorprendono, sembrano quasi nascondere della rabbia. «Penso che una delle cose peggiori che si possano fare in questo mondo sia ferire una donna nel suo animo, ancor peggio se ad una dama come lei, che non ha nulla da invidiare alla Dea Sûne, la dea dell'amore.»
Mi sembra di essere in un sogno, o qualcosa di simile, non credo di avere pienamente possesso del mio corpo, o dei miei pensieri in questo momento, sento le guance che vanno a fuoco, come se il sole le stesse bruciando.
Senza attendere alcun tipo di risposta, prende le mie mani e se le avvicina al petto. Penso che in tale situazione dovrei gridare ed allontanarmi, ma né il mio corpo e né il mio cuore ha alcuna intenzione di obbedire.
«Per lei mia signora» riprende a parlare con una strana luce negli occhi, «per lei, io sarei pronto a sfidare chiunque, sarei disposto anche ad andare al di là delle Montagne Millenarie recuperare i tesori che esso nasconde, se questo la rendesse felice.»
Sono una stupida, lo so, devo andare via da qui, mi devo allontanare, sono la regina, lo devo allontanare. Tuttavia, un briciolo di felicità non è concessa anche a me ogni tanto?
Con questi pensieri che mi affollano la mente continuo a guardarlo paralizzata, non sapendo a quale voce dare ascolto, e le voci iniziano a farsi sempre più assordanti nel momento in cui mi rendo conto che il suo viso si sta avvicinando sempre di più al mio. «Non... non dovremmo...» è tutto quello che riesco a dire, con un tono di voce così basso che non sono sicura di esser riuscita ad udire io stessa. Mi sfiora il viso con l'indice della mano destra, in modo davvero dolce e delicato, mentre i suoi occhi continuano a guardare i miei, e mi sembra di non poter guardare altrove «Domani all'alba sarò già lontano da qui, e le prometto di non tornare più» con l'indice sfiora le mie labbra, e un fremito percorre lungo la mia schiena, mentre lui riprende a parlare «Così che questo rimanga solo un sogno.»
Qualsiasi pensiero stesse ancora affollando la mia mente, viene del tutto spazzato via nel momento in cui le sue labbra sfiorano le mie. Mentre con due dita tiene sollevato delicatamente il mio mento, sento la sua bocca premere dolcemente sulla mia, come se stessero aspettando il consenso. Sì Cassandra, anche tu meriti un po' di felicità. Con questo pensiero nella mente, schiudo le labbra permettendo alla sua lingua di entrare in contatto con la mia. Sento il mio cuore che batte sempre più forte e sempre più velocemente, la mia mente si annebbia e allo stesso tempo si risveglia, ed inizio a dubitar di aver mai baciato prima d'ora.
Mi aggrappo alle sue parole avidamente, finendo per convincermene. Non c'è niente di male, mi merito un po' di felicità, lui domani riparte e non lo vedrò mai più. Continuo a ripeterle nella mia mente per giustificare il perchè l'avessi continuato a baciare, perchè gli stavo permettendo di toccarli laddove solo mio marito avrebbe dovuto, e soprattutto sul perchè mi fossi lasciata condurre nel mio cottage senza obiettare.
Il tocco caldo delle sue dita sulla mia pelle, mentre mi slaccia il vestito, mi procura come delle continue scintille dentro di me, e più le provo, più ne voglio ancora. Mi sento coraggiosa e determinata in questo momento, sento una forza dentro di me sconosciuta, e mi è così estranea che mi sembra di averla presa in prestito da qualcun altro. Mentre mi adagia sul divano e spinge il suo corpo nudo contro il mio, mi rendo conto che non mi porta più di nient'altro ora, solo di me stessa e dei miei desideri. Mi sento sicura, e non riesco a trattenere un sorriso. Probabilmente questo gli sarà sembrato un cenno di consenso, perchè risponde al mio sorriso allargando le mie gambe con le sue mani, ed entra dentro di me strappandomi un grido. Se era ancora rimasto un briciolo di razionalità dentro di me, lui l'aveva appena fatto scomparire.
Per la prima volta da tanto, troppo tempo, mi sentii davvero felice. Così tanto da chiedergli di rimanere e non partire, ma a quella richiesta non ricevetti altra risposta che un sorriso.
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lady-with-hat · 7 years
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Le Cronistorie degli Elementi - Saga E l’amore, secondo voi, deve esser sempre fonte di gioia per essere bello? Quei dolori così profondi, che pare ti strappino il cuore dal petto, quella smania di veder qualcuno, sì per pochi secondi che sembrano quasi di gioia eterna espansa all’infinito. E non è forse più bello, più profondo, (a volte), quell’amore desiderato, ancor non vissuto, che ti dilania nel desiderio di sentirti tutt’uno con quel qualcuno che par etereo come polvere di stelle… e impossibile, inesistente, intangibile. Perché tutti lo vogliamo quell’amore, quel palpito del cuore, quell’emozione che, di strazio, ti fa sentir vivo. Su Amazon http://amzn.to/2bw8Qz8 Disponibile per gli iscritti Kindle Unlimited. Il Mondo che non vedi (luglio 2015) Aidan (dicembre 2015) Il Regno dell’Aria (luglio 2016) Il Regno del Fuoco (gennaio 2017) Il Regno della Terra (luglio 2017) Cosa aspetti a intraprendere il tuo viaggio di fantasia? Un nuovo mondo da scoprire e tanti personaggi da amare. #urbanfantasy #paranormalromance #youngadult #romance #libro #libri #leggere #lettura #books #booktrailer #citazioni #quote #emozione #ioleggoperchè #kindle #amazon #amazonkindle #selfpublishing #selfpublished #lecronistoriedeglielementi #ilmondochenonvedi #ilregnodelfuoco #ilregnodellaria #LauraRocca #ilregnodellaterra #terra #novità
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lamentele · 8 months
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lamentele · 9 months
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Se tra loro era finita, non aveva più nulla da perdere.
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lamentele · 9 months
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Si stanno facendo troppo male, ma non riescono a smettere.
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lamentele · 9 months
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La guardò allontanarsi, consapevole di aver fatto la scelta giusta. Come mai, allora, si sentiva così uno schifo?
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lamentele · 10 months
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Non gli piaceva affatto la sensazione d’angoscia che gli stava chiudendo lo stomaco. Per il momento, tuttavia, non gli rimaneva che farsi da parte. E aspettare.
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lamentele · 10 months
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Asciugò le lacrime di rabbia prima ancora che scendessero. Non avrebbe pianto. Non avrebbe dato loro quella soddisfazione. Avrebbe fatto come al solito. Avrebbe nascosto la testa dentro al guscio e avrebbe fatto finta che non le importasse.
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lamentele · 11 months
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K: “va bene, vado, ma non ho intenzione di arrendermi”
S: “alla fine lo farai”
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lamentele · 11 months
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Certe cose fanno male anche se non vuoi ammetterlo.
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