#letterato
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michelenigrowordpresscom · 5 months ago
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"Destrutturalismo" n.7, una rivista "contro"...
Alcuni miei componimenti poetici sono stati pubblicati sul n.7 della rivista “Destrutturalismo”: come descrive molto chiaramente il nome del quadrimestrale, compito principale della critica letteraria, e artistica in senso lato, oggi, è o dovrebbe essere quello di “destrutturare” certe convinzioni stilistiche e convenzioni accademiche tacitamente introiettate da autori e critici.…
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servantofthefates · 17 days ago
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Fortunetelling 101: How to Predict Timing Extremely Accurately
Today, we can track our Amazon deliveries on the spot. But back then, I don't need to tell you that things weren't half as easy.
So when a wife wanted to know when her husband would return home from business, or when a ship would reach port, and perhaps when the gentleman a lady likes would come to call on her... they would go to a fortuneteller.
And when that fortuneteller has a Sibilla deck, she would shuffle it while asking her customer's question. Then she would take the card at the top, or at the bottom, and declare her prediction:
January
Donna maritata: January 4-10
Mercante: January 11-20
Messaggiere: January 21-31
L’Amante: January 29 to February 13
February
Gran Signore: February 11-20
Il Nemico: February 21 to March 6
March
La Nemica: March 7-13
Sacerdote: March 14-20
Imeneo: March 21-27
La Superbia: March 28 to April 2
April
Viaggio: April 3-8
L’Amica: April 9-14
Fortuna: April 15-20
Stanza: April 21-27
La Lettera: April 28 to May 2
May
Casa: May 2 to June 2
La Donna di Servizio: May 3-8
Falsita: May 8-14
Malinconia: May 15-20
La Conversazione: May 21-27
June
Belvedere: June 3-8
Amore: June 9-14
Allegrezza al cuore: June 15-20
Dispiacere: June 21-27
La Vecchia Signora: June 28 to July 2
July
Il Vedovo: July 3-8
Ammalato: July 9-14
Morte: July 15-20
Consolante sorpresa: July 21-27
Gran consolazione: July 28 to August 1
August
La Riunione: August 2-7
L’Allegria: August 8-14
La Leggerezza: August 15-20
Il Pensiero: August 21-27
Bambino: August 28 to September 2
September
Presente di pietre preziose: September 2-7
I Deliranti: September 8-14
Il Ladro: September 15-20
Denari: September 21-27
Letterato: September 28 to October 2
October
Speranza: October 2-7
La Fedelta: October 8-14
La Costanza: October 15-20
Sospiri: October 21-27
Disgrazia: October 28 to November 1
November
Disperato per gelosia: November 2-7
Prigione: November 8-14
Militare: November 15-20
Domestico: November 21 to December 3
December
Giovine Fanciulla: December 4-10
Dottore: December 11 to January 3
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kalabriatv · 6 days ago
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Il letterato consigliere di Gioacchino Murat
Calabria ricca di personaggi, religiosi, scrittori, politici. La maggior parte molto rinomati all’interno dei confini regionali, ma come abbiamo appreso nelle pubblicazioni precedenti, anche nazionali. La Calabria ha da sempre sfornato menti eccellenti, molti legati alla chiesa, che al tempo permetteva di studiare. Oggi nella nostra rubrica andremo a parlare di Francesco Saverio Salfi, nato a…
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diceriadelluntore · 11 months ago
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Perchè Stairway to Heaven é considerata la canzone più bella?
Cara\o Anonima\o, Buon Natale.
Non sapendo se la tua è una domanda "positiva" (cioè perchè ritieni giustamente la canzone la più bella della musica rock) o "negativa" (cioè ritieni che non sia lei la migliore), ti scrivo che ne penso io.
Stairway To Heaven, scritta da Robert Plant e Jimmy Page, fa parte del leggendario quarto album dei Led Zeppelin, che non ha propriamente un titolo, ma è ricordato come IV, seguendo la numerazione dei precedenti, o Four Symbols, per i simboli che aveva in copertina a identificare i 4 componenti della storica band, disco uscito l'8 Novembre 1971. L'album è una sintesi del breve ma intensissimo percorso che la Band ebbe in meno di 2 anni, che li porta ad essere da sconosciuti a una delle più conosciute, imitate e leggendarie rock band del pianeta. Queste premesse vanno fatte perchè il brano è, secondo me, leggendario giustamente per tre motivi:
musicalmente, sintetizza il percorso, unico, che i Led Zeppelin intrapresero: partendo dal blues, stravolgendolo e avvolgendolo di un nuovo suono elettrico ed eccitante (i primi dischi I e II) virarono su una sorta di contaminazione folk elettrica (ascolta il III) trovando qui una sintesi di ispirazione tra le due, e proprio in questa canzone trovano una summa: l'intro acustico e sognante (che assomiglia tantissimo a Taurus degli Spirits, band che li accompagnò nei tour americani) che sale di energia fino all'assolo di Page, tra i più leggendari di sempre; e poi il testo, ispirato a Plant dalla lettura di Magic Arts in Celtic Britain di Lewis Spence (un poeta, letterato e occultista scozzese), ma anche dai miti folkloristici britannici, che stavano ritornando in auge grazie al folk rock e alla passione mai celata per le saghe Tolkeniane (già presenti per dire in Ramble On). Sulle qualità poi dei singoli musicisti, posso affermare che sono stabilmente nelle prime posizioni di sempre in ogni settore;
una componente di fortuna, perchè il brano, che dura 8 minuti tondi nel disco, non fu mai pensato come singolo di lancio. Ma i Deejay delle radio, ascoltando tutto il disco (come si faceva un tempo) decisero di passarla lo stesso, riscontrando il favore del pubblico; sin da subito divenne una sorta di prova del nove per tutte le band di giovani musicisti, e a testimonianza di ciò c'è il fatto che è di gran lunga lo spartito musicale più acquistato al mondo di sempre (se ne vendono 150 mila copie ancora oggi all'anno, nel 2023). Leggendario è un altro racconto: nei negozi di strumenti musicali americani è noto che si possono provare gli strumenti prima di acquistarli, e diceria vuole che dopo un po' fu affisso un cartello No Stairway, come a dire che avevano sentito così tante volte gli arpeggi che non ne potevano più. Fu peraltro decisivo il successo del disco, che nato sotto le peggiori paure della Atlantic, la casa discografica, per la decisione di non avere nessun titolo e zero pubblicità, divenne uno dei più grandi successi di sempre, con decine di milioni di copie vendute nel mondo;
c'è una componente più sottile, dire estetica: i Led Zeppelin esprimevano una musica che potremmo definire "maschia", nel senso che apparivano volutamente come semidei rappresentando una precisa idea di mascolinità: spesso a torso nudo, cascate di capelli, riferimenti sessuali espliciti (Whole Lotta Love è la trasposizione hard rock di un orgasmo) divennero iconici di una estetica hard rock di potenza sessuale, che ebbe successo soprattutto negli Stati Uniti, che la riproposero per anni trovando successo sia tra i maschi che tra le femmine; in Europa, dove pure ebbero successo strepitoso, si scontrava da un lato sull'ambiguità che il glam rock stava per portare sull'estetica del rock ( si pensi a Bowie o Lou Reed, per dare un'idea) e con la dimensione più intellettuale del progressive, che è il tentativo europeo di creare un genere "proprio", e che non era sovrapponibile a quello Zeppelin per idee, classi sociali di provenienza, tematiche, stesse tecniche musicali. Per una serie di motivi, tra cui la nascita del punk che aveva, tra gli altri, come preciso obiettivo estetico spazzare via la tecnica musicale del prog, è prevalso il modello Zeppelin\Hard Rock, anche perchè il punk negli Stati Uniti fu un movimento marginale e che aveva idee diverse da quello europeo.
Tutto questo, secondo me, ha reso giustamente leggendaria Stairway To Heaven.
Se invece mi chiedevi "negativamente" perchè lo è, partendo da quello che ti ho raccontato puoi capire che non saprei risponderti.
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benzedrina · 2 months ago
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Le stazioni dei treni sono dei luoghi bellissimi. Ci trovi dentro un po' di tutto, dalle persone che corrono alle persone che aspettano, dalle persone che scoprono qualcosa di nuovo alle persone che si sono rotte il cazzo di tutto.
Non mi sono mai sentito diverso, cioè in generale, più che altro mi ci hanno fatto sentire diverso, per le cose che ascoltavo, per le cose che vedevo, per le cose che dice, e soprattutto per il come esprimevo le cose. Tanto che questa cosa mi è rimasta. Quando mi piace qualcosa ma è per motivi diversi del sentire comune, io diverso mi ci sento. Poi una cosa l'ho capita, che diversi lo siamo tutti e che l'omologazione è tanto apparenza quanto distruzione di una forma di evoluzione sociale, ma a una certa età vuoi solo scopare e se alla tizia piacciono i tizi con le Squalo ai piedi, tu le Squalo ai piedi te le devi mettere anche solo per essere notato. Che mondo di merda, oppure che merda è la selezione sessuale, quella cosa antichissima che ci portiamo dietro e che ci fa scegliere in base a chi incarna quelle caratteristiche che vorremmo vedere nella nostra progenie (a me sta cosa che ci stiamo evolvendo linguistacamente nell'usare termini neutri, piace. Avrei potuto usare "un figlio" ma sarebbe stato non inclusivo nei confronti di "una figlia", quindi progenie. Mi fa più letterato). Eppure la selezione sessuale ci fa acquisire dei tratti che prima non avevamo, ci fa indossare orologi costosi per apparire più belli, ci fa vestire in palette per essere più in tono col mondo circostante, ci fa vedere fast&furios (ecco. A me f&f piace un botto ma per i motivi "sbagliati". Il 5 è il 7 per esempio sono girati di cristo, con tanto di omaggio a Michael Bay, con tanto di facciamolo perché c'abbiamo un sacco di soldi).
E niente. Un'amica qualche giorno fa mi ha elevato al rango di malessere e non ho sentito la necessità di ribattere. Forse un po' è vero.
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schizografia · 1 year ago
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- Il letterato - un indiscreto che svende le proprie miserie, le divulga, le rimugina: la spudoratezza. Sono parole sue. Autoritratto?
- Vi è qualcosa di indecente nell’esibirsi, ma nel momento in cui scrivi non ti esibisci. Sei solo con te stesso. E non pensi che quello che stai scrivendo un giorno sarà pubblicato. Quando scrivi, ci sei tu con te stesso, o tu con Dio, anche se sei miscredente. Secondo me l’atto di scrivere è proprio questo, dico sul serio: un atto di immensa solitudine. Lo scrittore non ha senso se non in queste condizioni. Quello che fai dopo è prostituzione. Ma non appena accetti di esistere, devi accettare la prostituzione. Per me chiunque non si suicidi è in qualche modo uno che si prostituisce. C’è prostituzione e prostituzione. Ma è evidente che qualsiasi atto ha a che fare con il marciapiede. Comunque ho sempre detto che in me ci sono due impulsi. Lei nominava giustamente Baudelaire, le postulazioni contraddittorie, l'estasi e l’orrore della vita... Quando si conoscono queste postulazioni contraddittorie, come le chiama lui, in tutto quello che si fa ci sono per forza contraddizioni, cose reprensibili, cose impure. Si oscilla fra l’estasi e l’orrore della vita... Non siamo santi. Le persone più pure sono quelle che non hanno mai scritto, che non hanno professato niente. Sono casi limite. Ma come si accetta di vivere, ci si arrabatta per vivere - insomma per non ammazzarsi -, si scende a compromessi. Che io chiamo impostura. In senso filosofico, ovviamente. Tutti sono impostori, solo che c’è impostura e impostura. Ma tutti i vivi sono impostori.
Emil Cioran, Un apolide metafisico. Conversazioni
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parmenida · 1 year ago
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Una fama sinistra grava sul palazzo situato al n. 9 di piazza San Domenico, a Napoli, dove c’è chi giura di udire nottetempo gemiti e rumori strani, come lo scalpitio concitato di una carrozza o il clangore di catene e ferri battuti.
Proprio all’interno di queste mura, nel 1590, il compositore Carlo Gesualdo, Principe di Venosa, uccise la moglie Maria d’Avalos insieme all’amante don Fabrizio Carafa, sorpresi in flagrante adulterio.
Sempre qui, nel XVIII secolo, visse e operò un personaggio controverso, fuori dal comune persino per gli standard della Napoli settecentesca, che fu al tempo stesso nobiluomo, alchimista, fisico, letterato, medico, esoterico e massone: Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero.
Nato il 30 gennaio del 1710 a Torremaggiore, nel Foggiano, Raimondo fu allevato dal nonno dopo che il padre Antonio si ritirò in convento, sconvolto dalla perdita prematura dell’adorata consorte.
Istruito dai Gesuiti del Collegio Romano, dove rimase sino al compimento dei 20 anni d’età, il nostro tornò finalmente a Napoli per risiedere nel palazzo di famiglia.
Piacente, dalla favella pronta, curioso e d’intelligenza superiore alla media, don Raimondo godeva di fantasia illimitata, che amava mettere alla prova con le sue bizzarre invenzioni, come quella di un “lume eterno��� realizzato con la polvere ossea derivante dalla triturazione di un teschio umano, ricco di fosfato di calcio e fosforo concentrato.
Meno lugubre fu l’invenzione di un tessuto impermeabile pionieristico per quei tempi, di cui fece dono al Re di Napoli Carlo III di Borbone per la realizzazione di alcuni mantelli da caccia. Fu il suo modo di ringraziare il sovrano per averlo onorato con la prestigiosa nomina a Cavaliere dell’Ordine di San Gennaro.
La famosissima Cappella Sansevero, tuttavia, rimane l’opera che lo ha tramandato ai posteri.
Concepita come luogo di culto, essa costituisce soprattutto un tempio massonico carico di simbologie, perfettamente calzante all’estro e al carisma del Principe di Sansevero che così volle abbellire, ampliandola a suo gusto e somiglianza, un’antica cappella preesistente.
Capisaldi del progetto sono le dieci statue delle “Virtù” addossate ad altrettanti pilastri: nove al femminile, dedicate alle donne di Casa Sansevero, e una sola al maschile, il Disinganno, eretta in onore di don Antonio, padre del Principe.
Ogni statua, carica di significati allegorici, rimanda al mondo della massoneria di cui don Raimondo era Gran Maestro. In particolare la “Pudicizia”, vista come riferimento alla dea egiziana Iside, ci parla dei riti iniziatici di cui la dea stessa era regina.
Il capolavoro più suggestivo dell’intera Cappella, però, è la statua del cd. “Cristo velato”, realizzata da Giuseppe Sammartino. Vi si contempla il Cristo, adagiato su un materasso e ricoperto di un velo perfettamente aderente alla sua fisionomia, tanto che a lungo è circolata la voce secondo la quale il Principe di Sansevero avrebbe insegnato allo scultore la tecnica della calcificazione chimica del tessuto in cristalli di marmo.
Recenti analisi, in realtà, hanno fugato ogni dubbio sul fatto che l’opera sia stata interamente scolpita partendo da un unico blocco marmoreo.
In un ambiente attiguo, destano grande impressione nei visitatori le due “macchine anatomiche” dei corpi, rispettivamente, di un uomo e di una donna completamente scarnificati, nei quali è possibile osservare l’intero sistema circolatorio.
Anche qui, se per la leggenda si tratta dei poveri resti di due servitori del Principe, ammazzati per la bisogna e così ridotti con l’inoculazione di uno speciale liquido capace di trasformare in metallo i vasi sanguigni, la scienza ha concluso che siamo dinnanzi a due scheletri umani sui quali, con mirabile perizia medica, sono stati ricostruiti in metallo tutti i condotti circolatori.
In ogni caso, tanta fu la familiarità di don Raimondo con la morte, considerata come ineluttabile passaggio della vita stessa, che secondo un’altra credenza popolare, sentendosi prossimo alla fine sopraggiunta il 23 marzo del 1771, egli si fece tagliare in pezzi da uno schiavo moro al fine di farsi adeguatamente sistemare dentro la cassa dalla quale, come un dottor Faust napoletano, sarebbe balzato fuori vivo e vegeto a tempo prestabilito.
Sarà anche per questo motivo che non è raro scorgere passanti che, davanti a quello che fu il so palazzo, si fanno ancora il segno della croce, allontanandosi in tutta fretta.
Accompagna questo scritto il “Ritratto di Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero”, di Francesco Mura, 1740 circa, Cappella Sansevero, Napoli.
Anche questo è la mia Napoli..
A domani..
Nini
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michelangelob · 6 months ago
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La Calunnia di Botticelli: un complesso enigma. Storia, descrizione e significato
Il dipinto del giorno che vi propongo oggi è la Calunnia di Sandro Botticelli, ispirato da un’opera pittorica andata perduta del pittore greco Apelle del IV secolo avanti Cristo, nota mediante la minuziosa descrizione che ne fece il letterato Luciano di Samosata. Il piccolo dipinto a tempera su tavola appartenente alla Galleria degli Uffizi, con i suoi 62 centimetri di altezza per 91 di…
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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-Ernst Ludwig Kirchner – Coffee Table (1924)
“Il fatto è che volenti o nolenti ci si adegua al tono generale; che prendendo parte a una riunione, capita di solito persino di atteggiare i tratti del proprio viso in armonia con quelli delle facce che si scorgono nel varcare la soglia di una casa; che, essendo di cattivo umore, si simuli un’allegra disposizione di spirito e, per contro, un’aria grave quando ci si sentirebbe in vena di piacevolezze; non ci si vuole, insomma, sentire estranei nei confronti di alcuno; e così il letterato fa politica, il politico metafisica, il metafisico diventa moralista, il moralista discute di finanza, il finanziere di belle lettere o di geometria e ciascuno, piuttosto che tacere o limitarsi ad ascoltare, va sproloquiando su tutto ciò di cui non sa nulla tra la noia generale sopportata per sciocca vanità o per buona educazione.”
-Denis Diderot, “Questo non è un racconto”
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sciatu · 2 years ago
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ANTONELLO DA MESSINA - PARTICOLARI DELLE SUE MADONNE
IL LINK SBAGLIATO
Lo so, è colpa mia! Ma non ci potevo fare niente: l’uomo esperto della vita e delle situazioni, una volta che finisce in un guaio ne esce più forte, mentre un bradipo esistenziale quale sono io, rende il problema ancora più grosso! E questo è quello che è capitato a me: da uno stupido errore, ho creato un immenso casino che mi ha sconvolto la vita. E tutto è successo per uno stupidissimo e insignificante link spedito all’indirizzo sbagliato. Ora, è importante che ti spiego il contesto in cui tutto è accaduto. Io sono un restauratore, dono una nuova bellezza ad oggetti creati da artisti ormai morti, ad opere d’arte la cui luce è stata offuscata dal tempo e dagli uomini. Ecco si, questo è importante per conoscermi: io salvo e proteggo la bellezza nella sua perfezione ed idealità. Quindi, per dover lottare contro il tempo che tutto distrugge e annulla, i miei modi di fare sono lenti e studiati. Per cui non ho quell’approccio che hanno i giovani o gli uomini comuni con le cose e con le persone. Metabolizzo accadimenti e situazioni con il giusto passo, ne troppo lento, ne troppo veloce, per gustarne e capirne l’estetica e attraverso di essa, il senso unico che li caratterizza. Ma di questo cercare l’attimo che definisce il tutto, ora capisco e comprendo che vedevo e consideravo solo una superficiale, benché elegante, inutile apparenza. Questa mia abiura della vacua contemporaneità e illusorio modernismo è dovuta al fatto che la vera forza della natura che ci domina, perché rende vani i nostri sogni, non è il cielo, o il vento o il mare, ma quel Tempo contro cui lotto! Noi siamo quello che il Tempo ci permette di essere nel momento in cui dobbiamo mostrare noi stessi. Una sedia costruita nel 1800 era una sedia, adesso è un’opera d’arte, il simbolo di un’epoca. Per cui per me un oggetto antico, una poltrona, un settimanale, un ex voto, sono un testimone di quella vita che una generazione passa a quelle successive. Sono la prova di una o più esistenze e meritano rispetto, considerazione e la giusta valutazione. Per cui, dando più valore alle cose che alle persone, tratto (o dovrei dire trattavo) le donne, che sono la totalità dei miei clienti, in modo schietto e diretto, senza perdermi in manfrine o complimenti ipocriti e soprattutto senza considerarle importanti. Per motivi che poi spiegherò, ogni volta che permettevo ad una donna di diventare per me importante, ho poi dovuto pagare un prezzo altissimo fatto di infelicità e disperazione. Ma torniamo agli avvenimenti. Per fare contenta Mara, una mia vecchia amica che mi presentava sempre nuovi clienti e opportunità di lavoro, avevo accettato di dare delle lezioni di pittura a lei e ad alcune sue amiche. Non è che io sia un pittore eccezionale, me la cavo un po’ per via del lavoro che faccio e per la buona conoscenza che ho di storia dell’arte; in fondo, come si dice: in mezzo agli analfabeti chi sa scrivere il suo nome è già un letterato. Siccome all’epoca del Covid, ero rimasto senza lavoro, per riprendere i contatti e farmi qualche soldo, avevo accettato di fare qualche corso per allargare la clientela. Mi organizzai con Mara e riuscimmo a interessare alcune sue amiche di cui tre vennero un paio di volte e poi si persero dietro corsi di bachata o fiori di carta, mentre altre tre erano diventate assidue frequentatrici delle mie lezioni. Arrivammo quindi all’ultima lezione prima della pausa estiva e proposi di farla in un posto molto scenografico verso punta Faro, dove si domina lo stretto di Messina, subito dopo Ganzirri, in modo che dopo un paio d’ore di spennellate d’acquarello, potevamo sederci in uno dei tanti ristoranti locali e farci una sbafata di cozze fresche. Ovviamente a spese delle mie allieve. Essendo stato il promotore della uscita con mangiata, promisi di mandare qualche giorno prima dell’evento, l’indirizzo dove potevamo trovarci. Ovviamente me ne dimenticai e il mattino del giorno in cui dovevamo vederci, di fretta e furia, a causa di un quadro che stavo pulendo, mandai in fretta e furia quello che pensavo fosse il link della spiaggia dove dovevamo vederci e quindi continuai tranquillamente la pulizia del quadro che stavo eseguendo senza pensare ad altro. Ed ero tanto preso dal lavoro che arrivai sul luogo dell’incontro in ritardo, solo per scoprire che non c’era nessuno. Fu allora che guardai il cellulare che da quando avevo mandato il messaggio era rimasto chiuso nello zaino usato per portare colori e i quaderni dove dipingevo. Con mia grande sorpresa vi era una sfilza di messaggi “Ma Renzo, sei diventato matto? Non me lo sarei mai aspettato da te” Aveva scritto Mara due minuti dopo aver ricevuto il messaggio “Renzo, che cattivo gusto !! dovresti vergognarti” Aveva scritto Pinuccia aggiungendo una sfilza di faccine disgustate “Renzo ma niscisti pacciù?” Mi chiedeva Emma, la più grande delle gemelle Finocchiaro, mentre sua sorella Edda aggiungeva “si vidi chi jè tantu chi nun fai….” Stupito da quei commenti che le mie alunne mi avevano mandato andai ad osservare il link e notai subito che non era di Google-Map ma di Tumbrl. Eppure ero sicuro di aver copiato il link giusto. Aprii il link e mi trovai a vedere una scena di sesso spinto che neanche Rocco Sifreddi avrebbe mai concepito nei suoi momenti di maggior vigoria. C’era una signora con solo una parte dei vestiti, che dopo essersi deliziata leccando il cannolo del partner, ne faceva uso ed abuso, concedendo all’energumeno ogni suo orifizio ed evidenziando le prestazioni del mandrillo con un piacere urlante anche quando si lasciava tirare i capelli e ricevere grandi manate nel considerevole posteriore, mentre l’infoiato verro, citando i racconti del Decamerone, la possedeva “come in uso tra i cavalli dei Parti”. Provai una enorme vergogna pensando alle mie attempate signore della Messina bene che assistevano stupite e schifate al messaggio che avevo mandato loro. Una profonda e immensa vergona!  In quale abisso ero finito: da maestro d’arte a viscido spacciatore pornografico. Avevo poi dato a quelle annoiate e insipide signore la possibilità di ridicolizzarmi agli occhi di tutti i nostri conoscenti. Che orribile malafigura!! Cercai di capire come avevo mandato quel link assurdo e volgare, che solo quello stupido e fancazzista del mio amico Salvatore avrebbe distribuito tra i suoi conoscenti di ambo i sessi. Fu questa constatazione che mi fece risalire alla dinamica del mio sbaglio. Salvatore, appunto, mi aveva mandato uno dei suoi laidi link, aggiungendovi il solito commento ambiguo e di bassa lega. Mi era sembrato però un link fasullo, perché clickando non faceva partire la pagina web. Lo avevo quindi copiato per incollarlo sul web e vedere di cosa si trattasse. La pagina però veniva caricata molto lentamente ed io l’avevo chiusa, stanco di stare dietro alle stronzate di Salvatore. Probabilmente il link era rimasto in memoria e, preso dalla fretta, lo avevo incollato al posto dell’indirizzo della riunione e li era successo il patatrac, facendomi cadere addosso il mare di escrementi vari in cui stavo affondando. Io non sono un tipo ansioso, ma sapermi ridicolizzato nei salotti bene di Messina mi inquietava. Presto l’inquietudine divento ansia e l’ansia terrore! Passai la notte a pensare a tutti i miei clienti trattarmi da idiota; le confraternite religiose, di cui curavo gli antichi quadri e le tarlate suppellettili, mettermi al bando e cacciarmi con ignominia dai loro circoli; i prelati di campagna che mi portavano vecchi crocifissi anneriti ed ex voto infantili pagandomi con capretti e uova fresche, li immaginavo maledire il mio studio, quella stanza dall’odore di acquaragia e resine pregiate in cui avevo rinchiuso la mia vita per proteggerla dalla barbaria e dal cattivo gusto che la circondavano. Dopo il periodo del covid che aveva asciugato le mie risorse, tutto mi stava crollando addosso per uno stupido, maledetto link. Passai la notte in bianco, maledicendo Salvatore e le tecnologie moderne. Il giorno dopo uscii di casa molto presto, vagabondando per il quartiere pensando a cosa fare. Arrivai alla chiesa del Gesù e come sempre facevo vi entrai non per un qualche motivo religioso o morale, ma solo perché lì c’era la prima opera che avevo restaurato, la cornice barocca che circondava la statua di San Rocco, un’opera molto venerata. Don Nino, il parroco della chiesa, aveva ricevuto una cospicua donazione dal Commendatore Andò che nella chiesa aveva fatto celebrare le nozze della figlia. Con una piccola parte della donazione, mi aveva pagato per il restauro della cornice. Io avevo accettato di buon grado perché ero proprio agli inizi e fino ad allora non avevo avuto nessun cliente che non fosse un mio parente che, ovviamente, si guardava bene dal pagare. Il restauro attirò su di me l’attenzione dei benestanti del quartiere e piano piano, incominciai ad avere la giusta clientela. Guardavo la cornice di San Rocco quando sentii la voce di don Nino alle spalle “È sempre bella, non è vero?” “Certo – risposi felice di vederlo – sempre più bella. Ma occorrerebbe pulirla un po'” “Magari quando troviamo qualche soldino da spendere per la chiesa: ora abbiamo troppi poveri. Ma dimmi, come và, ti vedo preoccupato” Don Nino riusciva a capire i miei stati d’animo anche se mi fossi messo una maschera. Era per me un buon amico e senza di lui sarei stato solo un fallito per cui decisi di accennargli dei miei pensieri. “È che ho fatto una minchiata, forse ho offeso qualche signora e non so come uscirne” Don Nino salutò una vecchia signora che passò nella navata. “Come stà tua moglie” Chiese improvvisamente con un ghigno che se non l’avessi conosciuto mi sarebbe apparso maligno “Don Nino!! Lo sa che io di quella persona non voglio parlarne, non ne voglio sapere: Quella per me è morta!!!” “Ed è per questo che da quando ti ha lasciato non esci più da tuo laboratorio” “Don Nino ma questo chi ci ntrasi? Stavo parlando di un mio problema e lei mi tira fuori quella … quella … non le dico cosa perché siamo in chiesa…” “Ci ntrasi, ci ntrasi – fece sornione don Nino – perché se tu fossi andato a cercare tua moglie e trovandola le avessi chiesto, guardandola negli occhi perché ti aveva lasciato dopo un mese di matrimonio, uno sposalizio con duecento invitati e otto anni di fidanzamento ufficiale dopo quattro anni di giochi erotici e sbaciucchiamenti da fidanzatini, ora sapresti cosa fare! Andresti da chi hai offeso e guardandolo negli occhi diresti “scusa amico mio, scusa, ho sbagliato!” E invece no, ti perdi a pensare come farti perdonare, cosa dire, perché e percome hai sbagliato! Ti chiuderai nel tuo laboratorio indeciso su come affrontare il problema e pensando e ripensando consumerai i tuoi giorni, la tua vita dentro ad una stanza, come un carcerato! Prendi coraggio e vai da chi hai offeso chiedendo scusa, inginocchiati ai suoi piedi pur di riavere la sua amicizia ed evitare di essere sempre più solo!” La forza con cui don Nino mi disse il suo pensiero rimbombò nella navata ed i sacrestani che stavano mettendo in riga i banchi si voltarono a guardarci. Alzai una mano come per rispondergli ed argomentare quel suo rimprovero che pensavo immeritato. Ma non mi usci parola. Allora mi girai e a passo veloce, furioso e disgustato, me ne andai. Fuori dalla chiesa camminai mormorando tra me e me. Urtavo persone che mi lanciavano improperi e maledizioni, attraversavo strade dove le macchine facevano stridere i freni per non investirmi. Ne dicevo di tutti i colori nei confronti di don Nino, ma sapevo che aveva ragione, che da quando mia moglie mi aveva lasciato il mondo per me era come morto. Se non fosse stato per i pochissimi amici che avevo, non sarei uscito dal mio laboratorio. Vedi all’inizio, quando ho cercato di descrivermi, non ti ho detto di mia moglie perché …  perché non ci riesco! Tanto è stato per me il trauma che ancor nel dover parlare di quei momenti mi sale una rabbia che non so trattenere e controllare. Non è solo una persona amata da sempre che improvvisamente ed inspiegabilmente se ne è andata, ma anche tutta la mia giovinezza, tutta una concezione del mondo dove certezze come l’amore, la fiducia negli altri, l’ottimismo, la sicurezza dei rapporti finiva improvvisamente. Come fai a credere negli altri, ad aver fiducia in chi incontri per strada se dall’oggi al domani, chi ti giurava amore infinito se ne va svuotandoti la casa e il conto corrente, dicendo che gli avevi rotto le scatole con la puzza dell’olio dei mobili e le soluzioni di bicarbonato per pulire i quadri. Come fai a credere all’amore, all’amicizia, a tutto quello che ti spinge a vivere se hai capito che non esistono. Non possono esistere. Io lottavo per fermare il tempo, l’estasi della bellezza assoluta. Lei aveva invece cancellato metà della mia vita uscendo da essa. Il suo potere era stato più forte del mio. Fu un periodo orribile, passato a fissare le pareti del mio studio come se fossero le onde del mare al tramonto. Ne sono uscito lentamente grazie all’aiuto di qualche amico. Ad esempio, il corso di pittura richiesto da Mara forse era stato inventato da lei più per aiutare me che le mie allieve a dipingere. Don Nino aveva ragione: dovevo trovare il coraggio di chiedere scusa. Il suono di un clacson mi svegliò dai miei pensieri nel mezzo del Viale San Martino,  circondato da macchine impazienti. Mi guardai intorno e vidi che ero vicino alla casa delle gemelle Finocchiaro. Senza esitare mi diressi verso il loro caseggiato e risoluto a contraddire don Nino salì al loro piano suonando alla loro elegante e ricca porta di casa. Sentii un ciabattare e un chiavistello girare più volte e quando la porta di mogano antico si aprì, mi apparve una delle gemelle con un prendisole turchese, pieno di ricami da cui si vedeva balenare la candida pelle. Ora devo dire due cose delle gemelle. La prima è che sono perfettamente uguali. Loro dicevano che era facile riconoscere chi erano perché Emma, quella sposata portava la fede, mentre Edda che non lo era, portava all’anulare un anello con un rubino. Spesso però avevo la sensazione che si scambiassero l’anello per confonderci. La seconda cosa che devi sapere è che si comportano come se fossero una sola persona. Dipingevano sempre insieme usando uno stile che ricordava i pittori naif della Jugoslavia degli anni ‘80. Una di loro iniziava a dipingere da una parte e l’altra dalla parte opposta muovendosi entrambe, in perfetta sincronia, verso il centro del quadro. Benché non si parlassero e non avessero pianificato il quadro, le due parti del quadro si integravano perfettamente e non si vedevano differenze di stile o dimensioni tra la parte di destra e quella di sinistra. Erano quadri dove erano rappresentate isole mediterranee con tante piccole candide case messe una sull’altra, mentre scendevano verso il mare in un rigoglio di palme e buganvillee. Le case e le stradine che le percorrevano, erano popolate da centinaia di piccoli uomini e donne impegnati in mille attività come piccole rosee formiche in un candido formicaio. In basso a destra si firmavano con la figura di una bambina che era formata da due metà ricongiunte, ma per notare questo particolare bisognava guardarla attentamente. “Renzo, che bella sorpresa” Mi disse una gemella in turchese quando mi aprì la porta “Mi fa piacere vederti” Aggiunse l’altra arrivando ciabattando da un lungo corridoio vestita con un coprisole ocra. Entrambe erano vestite come i personaggi dei loro quadri. “Vieni, entra, prendi qualcosa con noi” Fece quella che mi aveva aperto e presa la mia mano, mi tirò dentro casa sua “Meno male che sei venuto mi stavo annoiando” Aggiunse l’altra spingendomi in un lungo corridoio che dava su molte stanze tutte arredate in modo classico con alle pareti i grandi quadri colorati che dipingevano. Mi fecero sedere in un piccolo salotto con un divano molto largo e pieno di grandi cuscini. Sul tavolino in onice erano sparsi disordinatamente libri, riviste e scatole di torroncini e confetti. Sparirono e riapparirono subito dopo portandomi un gran bicchiere di acqua tonica in cui galleggiava della granita al limone. Parlammo del caldo che imperversava e dello scirocco che svuotava le strade e a loro faceva venire il mal di testa, fino a che non misi giù il bicchiere e, schiarendomi la voce, iniziai il discorso che mi ero preparato. “Ecco … sono venuto per quel link che involontariamente vi ho spedito … volevo chiedervi … scusa” “O veru? …. Scusa  mi volevi chiedere ….?” Iniziò quella seduta accanto a me a destra e quella seduta a sinistra finì la frase “… E picchì ti scusi per quella stupidata …?” “Mi ha fatto divertire ….” “…. E ti confesso, ma non lo dire a mio marito …” “Lui è all’antica, non capirebbe …” “Mi ha fatto venire un po' di voglia…” “voglia di passione, un fuoco proprio li …” “Intenso ….” “feroce ….” “Una cosa mai provata …” “ma forse desiderata …” “ tu quelle cosa, dimmi … le hai mai fatte ?…”” “… si, si tu sotto sotto chissà quante ne fai…” E sentii una mano scivolarmi lungo la coscia “… magari ti ha spinto a spedire quel filmino un qualcosa di inconscio, un desiderio mai confessato … “ “ma fortissimo! Anche a me capita …” “di provare sanazioni proibite, pensieri libertini…” “ ma in fondo, umani siamo” “le tentazioni, dentro di noi sono” E senti il calore di un paio di generose minne premermi contro il petto “per questo il tuo… è sicuramente un messaggio d’aiuto …” “un messaggio… alle tue amiche …” “ e hai fatto bene a mandarlo!” “Ora sò che quello che sento io anche tu lo senti: hai lo stesso pensiero….” “abbiamo gli stessi desideri” “ e ai desideri non bisogna resistere: fa male … “Fisicamente e moralmente…” “Se un desidero è onesto, perché resistergli?” “… devi soddisfarlo, se vuoi vincerlo… “ “Così staresti meglio … ti sentiresti libero” “e anch’io starei meglio …” “mi passerebbe il mal di testa” “mi rilasserei …?” Sentivo il loro respiro sul collo, una mano era salita alla base della coscia e richiamava l’attenzione del locale residente, mentre un'altra mano, dalla parte opposta aveva vinto la resistenza di un bottone della camicia e stava esplorando con dita calde ed esperte, il mio petto. Non sapevo cosa fare, o meglio, lo sapevo benissimo, mi sarei dovuto alzare e lasciar perdere quelle due sirene assatanate. Ma i loro corpi contro il mio, quel sussurro con cui mi tentavano, la carestia sensuale che provavo da quando quella donna che aveva giocato a fare la moglie per poche settimane se ne era andata (portandosi via corredo e regali di nozze), mi impediva persino di concepire l’idea di muovermi, di fuggire a quell’ipnotico desiderio di essere sbranato sensualmente. “Ma … tuo marito?” Cercai di dire ricordando loro impegni morali e sentimentali così che (loro) finissero quella inattesa e bellissima seduzione di un incapace (io), di un inesperto (sempre io ), di un maschio minchione e fissa (ancora io) e quindi innocente, assolutissimamente innocente. “mio marito è una persona eccezionale” “… lui è in mare, è capitano su una nave…" Fece qualcosa di umido che mi esplorava l’orecchio “… starà li per altri due mesi …” Rispose la mano che apriva la mia cintura “è intelligente, capirebbe” “Poi lui fa l’amore a metà….” “… non accetta il fatto che io sono una… “ “ in due corpi” “Che deve amarmi due volte …” “entrambi i corpi” “… perché io abbia un unico piacere …” “… ma se lo sa mi ammazza” Azzardai come ultima disperata e debole difesa “… non lo saprà mai e poi” “… gli abbiamo detto che sei gay ” “… che tua moglie ti ha trovato a letto con un negro…” Capisci? Oltre la notorietà di possibile cornuto, avevo anche la fama di probabile gay. Ma quello che ero per il marito di Emma, in fondo non mi interessava perché ormai non parlavamo più. Cosa stava succedendo è inutile dirtelo e a ripensarci non ricordo tutto quello che era accaduto, perché il mio cervello è troppo piccolo per ricordare tutto il piacere che le gemelle mi facevano provare. Ricordo solo che l’intimo di una profumava di rose e che quella dell’altra di tuberose e che la prima era dominante esigente, predatrice, un amazzone volitiva e golosa. Tuberosa era invece succube, generosa, disponibile, pronta a donare quanto la sorella pretendeva, a non negare quanto la sorella non voleva. Ma non farmi dire altro. Ti dirò solo che insieme avevano tutti i desideri, i capricci, le voglie che una donna ha. I corpi di Rosa e Tuberosa erano abbondanti come le donne dei quadri di Rubens eppure leggeri, quasi evanescenti aerei, come le donne del circolo dei canottieri di Renoir, felici come le Mademoiselle d’Avignone di Picasso e oscure, impenetrabili come gli occhi senza anima delle donne di Modigliani. Scoprii nuovamente che le donne sono come il sole a primavera che dona vita agli alberi e ai fiori, come la pioggia nel deserto capace di far fiorire l’arida sabbia. Quando la sera, distrutto nel corpo e rinato nell’animo tornai nel mio laboratorio di restauro, mi accorsi che era piccolo, troppo piccolo per contenere il piccolo pezzo di paradiso che le gemelle mi avevano donato. Compresi anche la loro solitudine, quella che nasce dal non poter essere di fronte al mondo, quello che ci sentiamo di essere, quella disagevole sensazione che nasce dal mostrare a tutti solo una minima parte di quanto siamo. Quella sera nella casa vuota, mentre osservavo allo specchio i graffi, i morsi che mi avevano lasciato sulla pelle, mi sentii anch’io come loro la metà di una persona, privo di quel gemello con cui poter essere un individuo completo. La metà che mi mancava non era quell’essere odiato che mi aveva lasciato, ma tutte quelle anime spaiate che conoscevo o che avrei potuto trovare e che invece, chiuso nel mio laboratorio, non avevo incontrato e forse avevo perso per sempre. Il giorno dopo mi alzai frastornato. Mi misi a lavorare di lena, ma ogni pezzo di legno che scartavetravo era un pezzo della coscia di Profumo-di-Rosa o Tuberosa; ogni pennello che usavo per distendere gli oli o le resine, mi ricordavano i loro capelli, accarezzati, stretti, tirati e rilasciati con i loro sospiri di piacere. Me ne andai a metà mattinata e mi diressi deciso verso casa di Pinuccia. Dovevo ancora chiedere perdono alle altre amiche e lo facevo volentieri perché ormai avevo capito che anche loro potevano essere sole come me e che il link sbagliato che avevo inviato poteva essere un motivo per non esserlo più. Stavo per suonare alla porta di Pina quando questa si aprì improvvisamente e una vecchia signora, seguita da una ragazza down uscirono. “Marti ti sei presa la sciarpa?” gridò la voce di Pinuccia da dentro casa “Si mamma, non ti preoccupare” Rispose la ragazza “Non fare sforzi “ “Si maaa” Rispose seccata Marti “Cercavo la signora Lo Cascio “ chiesi alla vecchia signora stupita di vedermi proprio di fronte a lei “È intra – fece la vecchia, ed alzando la voce gridò – Signora a stannu ciccannu” E presa Martina per mano entrò nell’ascensore “Chi è? - Fece Pinuccia apparendo sulla porta, vedendomi esitò qualche secondo  e poi mi disse quasi seccata – entra” Entrai colpito dall’assenza di entusiasmo con cui mi aveva accolto Mi fece entrare in salotto e senza chiedermi di accomodarmi mi chiese “Cosa vuoi?” “Ecco … volevo scusarmi per quel filmetto che ti ho mandato … è stato uno sbaglio un errore deprecabile dovuto alla mia superficialità … scusami …” Lei mi guardò freddamente. Io ti confesso che quello sguardo mi fece male. Pina era una signora dai modi aggraziati, aveva due occhi chiari perennemente tristi sotto una chioma di capelli scurissimi, un naso importante che colpiva e ammaliava. La sua pelle era sempre chiarissima ed il corpo tonico, senza un filo di grasso. L’avevo vista una volta in bikini e mi era apparsa come una di quelle sculture delle ballerine di Francesco Messina: perfetta e seducente. Vederla così fredda e arrabbiata mi dispiaceva “”Scusami”…. Vieni qui e mi dici “scusami” … prima mi mandi quelle cose volgari e degradanti, dove le donne son trattate da bestia e poi mi dici “scusami”” E fece una faccia che mostrava solo di disprezzo “Ma no, è  stato uno sbaglio … era un semplice film … “ “Non era un film – gridò feroce quasi saltandomi addosso – non è mai solo un film quando si fa del male è … una porcheria … un sopruso che il vostro egoismo di uomini fa passare per “amore”, per “piacere”” “… ma  veramente …” Cercai di difendermi “È stato un atto disgustoso mandare a me che quella violenza l’ho subita, un film che me lo ricordasse” “Ma no Pina io…” “Sei un vigliacco  un porco come quello che mi violentò a quindi anni e mi ha messo in cinta di Martina … sei un mostro … siete tutti dei mostri” Urlò disperata e nascondendosi il volto tra le mani incominciò a piangere “Ma io … non …” Balbettavo sopraffatto dalla sua reazione, dalla sua storia che non conoscevo, che non sapevo e volevo quasi quasi andarmene, fuggire da quella situazione imbarazzante e sgradevole. Non sapevo cosa fare e non so perché mi venne in mente don Nino e la sua voce che gridava di gettarmi in ginocchio per chiedere perdono. Preso dalla disperazione mi avvicinai a lei e cadendo in ginocchio ai suoi piedi l’abbracciai stringendole le gambe. “Scusami, scusami, scusami, non volevo farti del male, sono uno stupido, un coglione, ma non voglio, non sarei mai capace di farti del male. Sono venuto solo a scusarmi perché è stata una cosa da imbecille ma non sapevo cosa ti era successo, e mi dispiace che questa bambinata ti abbia fatto tanto male. Non avrei mai voluto, non saprei mai farti del male” ripetei, rallentando quel mio dire esagerato e velocissimo che era il frutto della mia sorpresa, del mio disorientamento di fronte al suo dolore. Continuai più lentamente “tu sei speciale, sei la persona più gentile e generosa che abbia mai conosciuto, io non posso volere o desiderare il tuo male. Soprattutto ora che so quanto hai sofferto, quanto stai soffrendo. Pensavo di essere l’unico ad essere stato preso a schiaffi dalla vita. Ma ora so che tu non sei stata più fortunata di me e questo mi dispiace perché avrei voluto che la vita fosse stata più generosa con chi ritengo migliore di me.  Scusami di non aver fatto rinascere il dolore che ti porti dentro.” Lei scivolo tra le mie braccia e mettendosi anche lei in ginocchio mi abbracciò “ La vita mi ha sempre violentato. La prima volta a sedici anni, la seconda quando è nata Martina che malgrado tutto aspettavo con amore, poi quando l’ho dovuta crescere da sola senza l’aiuto di nessuno, quando ho incontrato mio marito che poi è morto in un incidente, privandomi della nuova vita che mi ero costruita. Ed ora, con il tumore che ha Martina l’incubo ricomincia. Lunedì dovrò portarla in ospedale, poi le  medicine, la chemio, le visite e lei dovrà pazientemente sopportare tutto ed io con lei! Ora tutto rincomincia, sono di nuovo all’inizio di un altro calvario” Restò in silenzio qualche secondo, sempre stretta a me “Sono stanca. Vorrei che tutto finisse perché non ce la faccio più.” Chiuse gli occhi e appoggiò la testa sulle spalle senza più dire o muoversi Sentivo il suo corpo tra le mie braccia e non era quello delle gemelle, con un calore solare e un desiderio vitale. Era un fragile guscio che conteneva un anima che aveva attraversato tempeste e soprusi , senza un momento in cui avere la giusta pace e la desiderata serenità. “Lunedì vi accompagnerò io. – esordii improvvisamente - Vi starò accanto e affronteremo insieme tutto quello che c’è da fare: non sarà un altro calvario. Tu hai superato tanti momenti brutti, saprai superare anche questo momento, poi hai le tue amiche, ci sono io: ti difenderemo dal destino e gli impediremo di farti del male.” Lo so: le mie erano semplici e probabilmente inutili parole. Esageravo nel sottovalutare il problema e nel vantare la soluzione, ma in quel momento ci credevo veramente. Sapevo fermare il tempo che divorava la bellezza di mobili e quadri, avrei saputo fermare anche il destino perché ancora una volta non travolgesse Pina e Martina. Ma più di tutto, sapevo, perché me lo aveva insegnato l’arte che curavo, che i sogni vivono più a lungo dei sognatori che li avevano creati, e che illudersi e credere nelle proprie illusioni era l’unico modo di santificare la vita, la propria e quella degli altri vincendo quel nulla da cui diamo nati e in cui scompariremo. Lei si staccò da me guardandomi, poi sorridendo anche se aveva gli occhi lucidi “Non ti sapevo così determinato! Vuoi proprio il mio perdono” “Mi hai già perdonato - le dissi asciugandole gli occhi -  e hai fatto bene. Chi non sa perdonare è come se volesse fermare la vita, ma questa, non la può fermare nessuno e alla fine, la vita lo schiaccia. A me è successo questo dopo che mia moglie mi ha lasciato. Non volevo che tu facessi lo stesso errore.” Sentimmo girare la chiave nella serratura e ci alzammo velocemente. Martina entrò felice mostrando alla madre le medicine comprate. Io salutai e Pina mi accompagnò alla porta. “Allora lunedì passo a prenderti ed andiamo al Papardo. Non ti dimenticare” “Ma Renzo, non so se è il caso …” “Lo è! Fidati” Ed entrai in ascensore. Per strada camminavo lentamente pensando a tutto quello che era successo. Pina dipingeva di preferenza le nuvole. Quelle di un azzurro purissimo sfumate di rosa simili a quelle degli affreschi del Tiepolo e quelle cupe e color piombo della Tempesta di Giorgione. Ora capivo che nel dipingere cercava un po' di pace e voleva esorcizzare le ansie che l’assalivano. Lei non si era rinchiusa in una stanza perché non poteva, ma non di meno, come i miei, i suoi giorni erano senza sole e serenità. Fino a quel momento avevo tenuto lontano tutto e tutti ritenendo che “gli altri” si fossero presi più di quanto mi avessero dato, lasciandomi in una tribolata solitudine mentre loro vivevano immersi in una normalità viscosa e soporifera ma serena e forse, felice. D’improvviso invece, persone che ammiravo perché parte dello sfondo luminoso che circondava la mia oscurità, mi avevano mostrato le loro inquietudini e difficoltà. Non ero quindi un’anomalia, un diverso obbligato ad un infelice malinconia per tutto quello che avrebbe potuto avere e che gli si era rivoltato contro. Ero solo un comune infelice dei tanti, uno qualunque senza peso e senza alcuna importanza. Infelice come lo era anche chi mi circondava.   Avevo bisogno di parlare con Mara. Lei era il mio punto di riferimento, in ogni momento difficile avevo trovato in lei un aiuto a chiarirmi situazioni e persone. Volevo capire cosa dovevo fare con le gemelle, con Pina e soprattutto con me stesso ora che un link del cavolo mi aveva costretto a fare i conti con un insospettato lato nascosto della realtà. Presi il mio furgone e mi diressi verso la casa della mia amica. Arrivato il portiere filippino mi disse che era andata nella casa al mare a Rometta, perché era il compleanno del figlio e volevano festeggiarlo al mare. Mandai un messaggio chiedendole se avesse tempo per me e mi rispose immediatamente di andare a trovarla aggiungendo di entrare dal cancello sul giardino. Andai direttamente a parlarle passando dal giardino senza suonare. Ai tempi del liceo  ero stato in quel giardino molte volte per le feste di compleanno di Mara o per le feste estive. All’epoca Mara era una ragazza con le curve delle donne di Botero, abbondanti e sensuali. Malgrado il sovrappeso e un leggero strabismo di venere, mi attraeva in modo particolare e avevo fatto diversi approcci per farglielo capire e passare ad una relazione più intima.  Non ero però abbastanza esperto per poterla sedurre o interessare, ed in fondo lei aveva già abbastanza malizia da neutralizzare i miei goffi tentativi.   Quello che di lei mi colpiva era la sua capacità di razionalizzare ogni sentimento e persona, una capacità in antitesi con  la mia mente creativa e caotica. Era quindi un valido punto di riferimento, una sicura certezza. Non so perché pensai che al liceo non riuscivo a capire come mai quel suo corpo fuori dalle regole della bellezza mi piaceva, mentre ora mi accorgevo che non era il suo corpo ad attirarmi, ma quello che conteneva: la sua costante serenità, la lucidità, la semplicità, la fermezza, la forza con cui affrontava l’ironia dei compagni di classe e le difficoltà della vita. E questo perché riteneva la vita troppo importante per sciuparla in malinconie ed arrabbiature. Entrai nel giardino e camminai tra gli alberi dei limoni e mandarini, ognuno chiuso in un quadrato di terra circondato da piastrelle di lucido cotto. Quella razionale disposizione mi ricordava i quadri di Mara dove paesaggi e persone erano suddivisi in forme geometriche perfette come quadrati, cerchi, triangoli equilateri, quasi la rassicurasse la perfetta disposizione spaziale di tutto quello che vedeva. La trovai sul dondolo che osservava  il suo cellulare . Era vestita con un kimono leggero, di fiori rossi su un fondo crema. Il kimono era stretto ai fianchi da una cintura che lo faceva aprire sul davanti mostrando, l’abbondanza del petto rinchiuso nella parte superiore di un bikini rosso. Mi fece segno di sedermi accanto a lei “Allora come và?” Esordi sorridendo e guardandomi da sopra i suoi occhiali che controllavano e bloccavano il suo strabismo di venere. “È che ho mandato quello stupido link e sono venuto a chiedere scusa.” “hai fatto tutta questa strada solo per questo? Ma era chiaro che non era cosa tua” “No, non è solo per questo. Ho chiesto scusa anche alle gemelle e a Pina e hanno reagito in un modo strano! Ognuna di loro in modo personale e comunque diverso da quello che mi sarei aspettato.” “È normale : ognuno reagisce per il carattere che ha, siamo in fondo tutti diversi” “Ecco è proprio questo: è normale che ognuno reagisca secondo il proprio carattere, ma la loro reazione mi ha fatto capire che non avevo compreso le loro personalità che non erano per come le pensavo o le conoscevo.” Sorrise allargando le rosse labbra lunghe quanto un sogno. “Ce lo hai spiegato tu: ognuno vede un quadro in un modo diverso perché lo interpreterà sulla base della sua esperienza: tu forse, le hai sempre giudicate sulla base del rapporto superficiale che avevi con loro. “Certo! Questo è normale ma, pur conoscendole da tempo si sono comportate come se non le avessi mai conosciute mentre invece è da un anno che le frequento. La continuità di una relazione fanno si che abitudine e consuetudine rivelano  chi ci stà accanto. Invece non è così. A questo punto mi chiedo: ma allora non conoscevo nel suo profondo intimo neanche la mia ex moglie, non conosco te, non conosco nessuno: e quindi non è possibile conoscere veramente qualcuno per quello che è, con i suoi problemi, manie, nevrosi? Vi sono sempre dentro di noi delle porte che non apriamo a nessuno, per questo nessuno in questo mondo riesce ad essere cristallino, trasparente: vero. E allora che senso hanno le frequentazioni, l’amicizia … l’amore? Se tutti nascondiamo agli altri quello che siamo veramente? Se siamo tutti fragili e prigionieri delle illusioni che ci creiamo per vincere la nostra solitudine? Che senso ha la vita, se è solo un palcoscenico dove tutti recitano di essere un altro e mai se stessi e mostriamo agli altri nei social o per strada, quello che è solo una nostra l’illusione creata per non essere schiacciati dalla realtà?” Restai qualche secondo in silenzio “Ecco, sono confuso” Lei sorrise di gusto “Sei confuso perché sei un uomo, hai la testa piena di rotelline che girano dove ognuna si muove spinta da quella prima per muovere quella dopo, per cui uno più uno è sempre e solo uguale a due. A noi donne questa logica non serve, noi sappiamo leggere anche quello che non è scritto, sappiamo già se il risultato è buono o cattivo indipendentemente dal dover sommare o sottrarre. Noi non avevamo bisogno del tuo link per capire chi sei.” La guardai aspettando che continuasse “E allora chi sono io?” “Un bietolone – rispose sorridendo allegramente -  uno che si perde dietro a un tavolo stile direttorio o un quadro di De Pisis senza considerare la donna che lo osserva accanto a lui” “Io non sono così” Osservai per difendere la mia dignità virile “E allora cos’è per te una donna?” “Un opera d’arte come le Madonne di Antonello da Messina, con lo sguardo che rivelano un anima e delle labbra che promettono l’estasi” Si mise a ridere poi si avvicinò e appoggio la testa con la lunga chioma al suo braccio destro e con la mano sinistra aggiustò il colletto della mia camicia rimasto a mezzaria dopo l’ultimo incontro con Pinuccia. “Una donna non può essere una statua o un quadro da ammirare. Una donna è anche emozione, sensualità, eleganza, passione, armonia, tenerezza, forza, istinto e mille altre cose. Tu di tutto questo hai deciso di vederne solo una piccola parte. Hai ridotto tutto ai minimi termini in esteriorità e coiti, per paura o disillusione e non ci capisci più. Quand’è l’ultima volta che hai vissuto desiderando, o sognato amando?” La guardai disorientato “E cosa dovrei fare per non essere il bietolone che sono?” “Quello che le gemelle e Pinuccia ti hanno detto di essere” Capii che lei sapeva tutto forse anche le cose più intime delle gemelle o che mi ero vergognosamente abbracciato alle gambe di Pina “ vuoi dire amante e amico…?” Chiesi dubbioso “Sei un restauratore, un signore di una certa cultura che restaura le cose e che non ha capito che anche le persone devono essere restaurate, devono essere pulite dalla patina dell’ipocrisia, dalla stanchezza del vecchiume che copre ogni esperienza per riavere le loro emozioni e far nascere delle speranze. Ognuno di noi è abbruttito dalla disillusione e dalla solitudine che ricopre, soffoca i suoi giorni, ognuno di noi vorrebbe levarsi le maschere che indossa per proteggersi o nascondersi e con te questo è possibile perché sei come un bambino onesto e sincero. Tu eri l’unico in classe che mi guardava dentro, cercando di capire cosa c’era in quel mio corpo orribile. E questo ti è rimasto. Non hai però capito che tutti noi vogliamo che il tempo si fermi; vogliamo tornare a provare i colori, i sentimenti della nostra gioventù, le sfumature nascoste delle nostre personalità e splendere come i vecchi quadri che tu pulisci facendoli tornare alla loro bellezza. Questo tu, sei abituato a farlo. Tu non fermi il tempo che divora un quadro! Tu ricrei le emozioni che quel quadro dona, ed è questo quello che le gemelle o Pina volevano e che tu hai dato loro: le emozioni che non riescono più ad avere” Era questo quello che mi era sfuggito: quello che le mie donne cercavano. Volevano riprovare le emozioni delle stagioni passate, riscoprire le certezze che la vita aveva sfigurato o cancellato. Volevano ritrovare quello che era stato rubato loro e per fare questo dovevano vivere, con il mio aiuto, le emozioni che la quotidianità gli negava. Le gemelle avevano bisogno di sentirsi quell’unica persona divisa in due metà come la firma nei loro quadri. Pinuccia voleva una presenza, un sostegno fidato, un amico affidabile e Mara? Mara cosa cercava ? Una donna è emozioni, aveva detto, ma lei era sempre stata neutra, imperturbabile, anche quando la prendevano in giro per le forme tonde e il leggero strabismo di venere. Aveva fatto del non mostrare emozioni il suo scudo invincibile. Con il tempo si era costruita una forma da elegante donna matura, con i fianchi larghi e con gli occhiali, ma anche con due gambe da ventenne e due spalle da campionessa di nuoto che potevano sostenere l’abbondanza del seno, quelle forme che, nell’insieme, la facevano sembrare una intramontabile fotomodella, con un fascino discreto ed intenso. Ma ancora, come al liceo, non mostrava mai emozioni e forse era proprio questo quello che dentro di se avrebbe voluto: mostrare e vivere quanto provava, quanto le dava piacere facendole gustare ed apprezzare la vita. La guardai ed osservai le lunghe labbra piegate in un sorriso ironico. Quelle labbra lunghe, sempre rosse e serene, mi erano sempre piaciute fin da quando eravamo al liceo, e forse il modo migliore per farla uscire allo scoperto era proprio farle capire cosa lei era per me “Ti ricordi quando con gli altri compagni di classe, siamo andati a fare il bagno a Falcone? In quarta superiore” Lei mi guardò stupita da quell’improvviso cambio di argomento “Si … Perché? Cosa c’entra ora?” “Ti ricordi che abbiamo fatto il gioco della bottiglia? Facevamo girare la bottiglia e chi la bottiglia indicava quando si fermava doveva baciare chi aveva di fronte?” “Si – rispose ridendo – abbiamo fatto baciare Carlo e Giovanni” “Ecco vedi – dissi facendo la faccia innocente e spostandole con un dito la falda del chimono – io mi ero allenato il giorno prima  e avevo studiato come far fermare la bottiglia su chi volevo” Lei osservò la mia mano scivolare dentro il kimono e e alzò gli occhi a guardarmi severa, ma non mi fermò “Allora quando toccò a me far girare la bottiglia gli diedi il colpo che avevo studiato e sei uscita tu” Mi guardò ancor più sorpresa mentre con l’indice scendevo sotto il costume e lentamente giravo intorno al suo capezzolo “Mi piacevi tantissimo ma mi evitavi sempre allora sono ricorso a questo trucco per baciarti, ed è stato bellissimo. All’inizio hai fatto resistenza, poi però la tua lingua è scivolata tra le mie labbra. Me lo ricordo ancora. Fu come un fulmine mi fosse entrato nel cervello illuminandomi l’anima e mi sembrò di esplodere, di essere diventato enorme tanto da abbracciare tutto l’immenso blu del mare. Fù la cosa più bella che ricordo di tutto il liceo.” Chinai la testa e appoggiai le mie labbra sulle sue mentre il suo capezzolo si irrigidiva, duro e complice del mio dito. Fu un bacio stranamente lungo e quando mi staccai continuai. “È passato tanto tempo ma quello che eravamo resta ancora in quello che adesso siamo. Io quel momento non l’ho dimenticato ed ogni volta che ti vedo, anche arrivare da lontano mi sembra ancora di sfiorare le tue labbra e di abbracciare l’immenso blu del mare. Se ti sognassi non vorrei più svegliarmi.” “Magari se avessi avuto lo stesso pensiero con tua moglie, lei non ti avrebbe lasciato” Osservò lei senza accidia o cattiveria “Se ne sarebbe andata in ogni caso. I nostri corpi si amavano ma tra le nostre anime non c’era quella amicizia, intimità e complicità che serve a riempire tutto il tempo di chi sta insieme.  L’amicizia è il seme dell’amore, è una piccola, primordiale, forma d’amore e senza di essa, l’amore non può esistere.” “Adesso, quella nostra amicizia del liceo, è diventata altra cosa. Il tempo passa per tutti” “Lo hai detto tu che sono un restauratore, che posso fermare il tempo e per me quel tempo e le emozioni che mi ha dato, sono rimaste esattamente per come le ho vissute” Mi chinai ancora una volta e la baciai con maggiore intensità. Per pochi secondi senti che lei mi rispondeva con la sua passione, ma subito le sue mani mi spinsero indietro. Quando stupito incontrai i suoi occhi, mi sembravano felici, ma la sua bocca mi gelò “Lunedi accompagno io Pinuccia e sua figlia al Papardo.” La guardai stupito. Sapeva ovviamente tutto e ora, al suo solito, stava riprendendo le redini della situazione. Prese la mia mano immersa nel calore del suo seno con due dita e la fece uscire da sotto la sua vestaglia “Pinuccia ha apprezzato molto la tua disponibilità e tutto quello che le hai detto - continuò con un tono tranquillo mentre chiudeva il kimono - Le hai ridato la fiducia nelle persone e nel destino. Ma quello della figlia è un problema di donne e preferisce che con lei vi sia una donna” “Ho capito. – feci seccato – da donna hai letto in noi due qualcosa che non andava bene, anche se non era scritto?” “Si, non possiamo tornare completamente indietro e saltando troppo in avanti faremmo solo del male a noi stessi e a chi vogliamo bene. Il restauro migliore è quello in cui si lasciano le cicatrici del tempo, le rotture i tagli sull’oggetto restaurato. Forse in quello che provi, ci credi, ma devi viverlo secondo le cicatrici ed i doveri  che la vita ha lasciato dentro di noi: per ora va bene così, non c’è bisogno di forzare la mano. Ho due figli, un marito che lavora per darmi tutto quello che io o i figli vogliamo. Loro hanno più importanza di quello che provavamo o che provo io adesso o che potremmo provare domani. Di egoismo si muore ed io non posso essere egoista e pensare solo a me stessa.” Devo aver fatto una brutta faccia perché sorrise e continuò “Anch’io, come Pinuccia ho apprezzato le parole e il gesto, ma la vita non risparmia chi si illude” Aveva ragione, la vita premia solo chi ha coraggio, io dovevo averlo allora quando mi ero accorto che lei era il mio immenso, infinito blu. Si alzò “È meglio che vai. Quello che proviamo al di fuori dell’amicizia non ha un futuro e quindi non può avere neanche una ragione o un motivo. Tra tutti i nostri obblighi ed impegni non ha né uno spazio per crescere ne un senso per vivere” Eccola li: razionale e indifferente, nemica di ogni passione ed emozione. Mi alzai seccato. Il suo volto era serio, forse turbato dalla conclusione che aveva tratto da sola per entrambi e per il nervosismo si mise con le braccia conserte quasi a tenermi lontano. La guardai. La odiavo mentre sentivo di non poterne fare a meno e questo me la faceva odiare ancora di più. “Oh capito ciao” Risposi seccato. Mi girai e mi incamminai incazzato verso il cancello. Era una presuntuosa, boriosa e seccante, come faceva suo marito a sopportarla? Mi fermai davanti al cancello. Il pensare a suo marito fece girare le rotelline del mio cervello. Un pensiero mi illuminò. Mi dissi che ero il solito bietolone che credeva a tutto quello che gli dicevano.   Avevo ancora una volta riassunto una relazione in sesso e apparenze come avevo fatto con quella stronza di mia moglie. Ma Mara non voleva solo la felicità di un attimo donata dalla carne anche se, a sentire il suo capezzolo, l’apprezzava. Avevo sbagliato nel semplificare i suoi bisogni, nel pensare troppo solo ai miei, nell’essermi alzato e nell’andare via offeso nella mia presunzione. Se si è capaci solo di fuggire e non si è disposti a fermarsi, a capire, a lottare per chi si ama, che amore è? Era questo quello che in fondo don Nino voleva dirmi. Mi voltai e tornai da lei sorridendo. Incominciai a parlare velocemente “Lunedi vengo con voi al Papardo e vi aspetto fuori. Quando Pina e Martina escono le accompagno a casa così puoi andare a prendere i tuoi ragazzi a scuola. Ora chiamo le gemelle e chiedo loro se sabato vogliono venire a Taormina. A Palazzo Corvaia c’è una bella mostra e penso che a loro piacerà. Inviterò anche Pina e Martina. Penso che faccia bene a Martina vedere Taormina e riempirsi gli occhi di sole e di mare prima di vedere le corsie dell’ospedale. Assumo che tu venga perché da quando mia moglie mi ha lasciato tu sei stata sempre presente, la prima a chiamarmi, l’unica a considerarmi e da allora non ti ho mai sentito parlare di tuo marito, non ti ho mai visto insieme a lui da nessuna parte a Messina, su Instagram o Facebook e nessuno di tutte le tue amiche, ne ha mai parlato al presente. I tuoi figli hanno più diritto di me, è chiaro, ma io sono il tuo unico diritto, quello a cui non puoi, non devi rinunciare se vuoi dare un senso ai tuoi giorni. Ai nostri giorni. Sei sempre stata quella che passava i compiti senza che nessuno te li chiedesse: hai sempre pensato per gli altri e mai per te stessa come adesso fai con i figli o con un marito che non lo è più. Hai sempre nascosto ogni emozione perché provavi solo quelle che ti facevano male. Ma sei una donna. Tu le emozioni le fai nascere, sai renderle eterne e sublimi: non puoi ignorarle. Io sono un restauratore e come hai detto faccio rinascere le emozioni invecchiate. Ma per me, le uniche emozioni che voglio rivivere sono quelle che mi hai dato quando ti ho rubato un bacio. Se tu il giorno dopo il primo bacio avessi accettato di venire ai falò, io non avrei incontrato mia moglie e non avremmo perso anni della nostra vita  per una stronza.  Non fare lo stesso errore di allora: se sai leggere anche quello che non è scritto, leggi quello che avrei voluto dirti ma che non vuoi sentire: la prima cosa che leggeresti sarebbe  “non aver paura a voler vivere le tue emozioni, la tua vita.”” Le sorrisi e me ne andai. In macchina pensavo che per un link della minchia ero stato sedotto da una donna che era la somma di due donne, ero l’amico fidato di una donna che la vita non aveva mai rispettato, ed ero l’ingenuo seduttore di un’altra donna generosa e pronta ad aiutare tutti, tranne che se stessa. Un casino. Come avrei fatto a gestire tutto? Come mi sarei diviso tra l’una e l’altra e il mio lavoro. Da che ero più solo di una bottiglia vuota che galleggiava in mezzo al mare, a che mi trovavo a condividere intimità e problemi con un harem di anime più sole della mia. Quasi mezz’ora dopo mi arrivò un messaggio, come al solito imperativo e pragmatico: “A Taormina vengo anch’io con Pina e Martina. Andiamo con il tuo furgone!” Passò qualche secondo e apparve un’altra parola come se prima di essere scritta dovesse essere razionalmente pesata e valutata, prima di essere irrazionalmente spedita “un bacio” Aveva fatto la sua scelta. Sapevo che sarebbe venuta anche lei. Perché a Mara le mostre d’arte sono sempre piaciute e chi ama il bello, non può fare a meno dell’amore. Ne ero sicuro perché come ti ho detto, l’amicizia è sempre un principio d’amore un seme che in un modo o in un altro diventa sempre un fiore e perché, come diceva don Nino, una vita, non può restare chiusa in una stanza piena solo di rimpianti.
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riservadopamina · 9 months ago
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“Sostiene Pereira che si sentì più sollevato, finì la sua limonata e fu tentato di prenderne un’altra, ma era indeciso, perché non sapeva per quanto tempo Monteiro Rossi voleva ancora trattenersi. Così domandò: che ne direbbe se prendessimo un’altra bibita? Monteiro Rossi acconsentì, disse che aveva tutta la serata a disposizione e che avrebbe avuto voglia di parlare di letteratura, lui ne aveva così poche occasioni, di solito parlava di filosofia, conosceva solo gente che si occupava unicamente di filosofia. E a quel punto a Pereira venne in mente una frase che gli diceva sempre suo zio, che era un letterato fallito, e la pronunciò. Disse: la filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità”.
Cosa vuoi che siano trent’anni per un romanzo destinato a restare?
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michelenigrowordpresscom · 2 months ago
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Davide Morelli su "Carte nel buio"
Un grazie sentito al poeta, saggista e critico letterario Davide Morelli per queste sue parole come sempre competenti e importanti sulla mia raccolta “Carte nel buio”… E un grazie anche a La Gilda dei Lettori per aver pubblicato la recensione… PER LEGGERLA: QUI! ♦
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vanbasten · 1 year ago
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ma 'siamo come belli il sole' non sono famosi versi di leopardi? molto bello da parte tua mettere un così alto esempio di poesia come header ❤️ (se non faccio lo scemo non son contento)
SKFJDKXJJRKD finalmente un altro letterato che Comprende…. il chiasmo naturalmente rievoca l’idillio dell’Ac Milan di Milano, da sempre elogiato dal poeta che nascondeva questo suo amore usando lo pseudonimo di “Silvia”
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raffaeleitlodeo · 1 year ago
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"Mi limiterò a dire che a mio parere – non empiricamente, purtroppo, ma solo in teoria – per chi ha letto molto di Dickens, sparare al suo simile in nome di un’idea è più problematico che per chi non ha letto Dickens. E sto parlando proprio di chi ha letto Dickens, Sterne, Stendhal, Dostoevskij, Flaubert, Balzac, Melville, Proust, Musil, e così via; cioè di letteratura, non di alfabetizzazione e istruzione. Un letterato, persona colta, per essere sicuri, è pienamente in grado, dopo aver letto questo o quel trattato politico [...], di uccidere un suo simile, e anche, dopo averlo fatto, di esserne pienamente convinto. Lenin era letterato, Stalin era letterato, e così era Hitler, e Mao Zedong ha perfino scritto versi. Ciò che tutti questi uomini avevano in comune, però, era che la lista delle persone che hanno colpito era maggiore alla lista dei libri che hanno letto". - Iosif Brodskij, Discorso di accettazione del Nobel, dicembre 1987
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claudiaciardiautrice · 1 year ago
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Virgilio, grande poeta latino, immortale guida di Dante nel suo viaggio ultraterreno, oltreché protagonista di uno dei più importanti romanzi del Novecento: La morte di Virgilio di Hermann Broch.
Virgil, great Latin poet, immortal guide of Dante in his otherworldly journey, as well as the protagonist of one of the most important novels of the twentieth century: The Death of Virgil by Hermann Broch.
Special thanks to Laura Vargiu for her memory of Broch, a profound scholar and lover of all the arts // Ringraziamenti speciali a Laura Vargiu per il suo ricordo di Broch, letterato profondo e amante di tutte le arti: https://ilpontedelleparole.blogspot.com/2023/05/il-ritorno-di-virgilio-edizioni-via-del.html
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ibrahimalbadriroleplay71 · 2 years ago
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