#le due metà della luna
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arcobalengo · 1 year ago
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Questa meraviglia della tecnologia anni 60 é atterrato sulla luna con due astronauti dentro.
Con le riserve di ossigeno, acqua, cibo e attrezzature necessarie.
Con i serbatoi pieni dei propellenti necessari per guidare la discesa.
Poi si è diviso a metà, ed è decollato aiutato da un razzo che doveva avere una potenza specifica almeno 6 volte di quella del lanciatore Saturno multistadio, in orbita lunare.
Con i serbatoi ancora pieni di tutto il carburante che occorreva per decollo, risalita e raggiungimento della velocità di fuga dalla forza di gravità lunare ( un sesto di quella terrestre )
Ha raggiunto la velocità di oltre 11.000 kmh in pochi secondi.
Nelle profondità dello Spazio, grazie a un computer potente un centesimo di un commodore 64, ha trovato con precisione chirurgica l'Astronave Madre, si è girato a 180 gradi, ed è stato agganciato al volo dall'Apollo 11 in orbita.
Poi, è stato scaraventato sulla superfice lunare dopo che i due astronauti sono rientrati dentro la navicella madre.
Davvero un peccato aver perso tutti gli appunti, le telemetrie, il domopak, tutta la stratosferica tecnologia che ha permesso un prodigio del genere.
Giuseppe Masala
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diceriadelluntore · 7 months ago
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Storia Di Musica #330 - Franti, Il Giardino Delle Quindici Pietre, 1986
Nel cartone della soffitta il disco di oggi è quello più emozionante. Lo è per la rarità, per la qualità, per la storia che lo accompagna. Quando ho detto a mio papà che avevo ritrovato questo disco, sebbene con piccole macchie di umidità sulla copertina, si è emozionato un po’. Fu un regalo di una persona che lavorava alla Lega Coop in Piemonte, che volle regalargli questo disco dato che conosceva la storia di questa formazione e li andava a sentire quando suonavano nei centri sociali. La storia di questa formazione è in un modo del tutto particolare, unica e irripetibile e ha segnato una parte non così piccola del rock italiano, nonostante siano oggi, ahimè, sconosciuti. Tutto comincia a Torino, seconda metà anni ’70. Un gruppo di compagni di scuola, Stefano Giaccone al sax, Massimo D'Ambrosio al basso, Marco Ciari alla batteria e Vanni Picciuolo alla chitarra, con le incursioni vocali di Lux, cantante dei Deafear, formano un gruppo, la Guerrilla’s Band, che dopo tanta gavetta si autoproduce due singoli su cassetta, No Future e Last Blues, nel 1981. Poco dopo convincono una cantante, Marinella Ollino, in arte Lalli, a diventare la cantante del gruppo. Che ne frattempo cambia nome in Franti, dal nome del personaggio del libro Cuore di Edmondo de Amicis, sinonimo di insubordinazione. Passano dal jazz rock con evidenti omaggi e riferimenti al rock progressivo della scena di Canterbury ad un eclettico mix di jazz, rock, punk, funk che non ha paragoni. Oltretutto, si autogestiscono in tutto, dall’organizzazione alla produzione (non si iscriveranno mai alla SIAE) e fonderanno una propria etichetta discografica, la Blu Bus, con cui produrranno i lavori dei valdostani Kina e di un famoso gruppo “hardcore punk” di Torino, i Contrazione. La formazione ruota intorno a Giaccone, Picciuolo e Lalli, ma in ogni occasione suonano amici, musicisti invitati, quelli della prima ora e band di compagni che condividono gli ideali dei nostri in una sorta di collettivo musicale, tra l’ensemble e una comunità artistica. Prima prova discografica sono le 500 copie di Luna Nera, uscita solo in cassetta e poi in vinile, nel 1985, quando pubblicano Schizzi Di Sangue, sempre su musicassetta e sempre stampata in pochissime centinaia di copie, opera questa che unisce poesia e canto, altra prerogativa della band. La scena alternativa italiana, politicizzata, antagonista, desiderosa più che mai di contribuire ad una descrizione della vita vera nelle canzoni, ha un colpo fortissimo quando i CCCP passano ad una etichetta “commerciale, la Virgin. Sembra il tradimento di ogni cosa. Ma nello stesso anno arriva il disco di oggi, che nonostante il successo molto relativo, rimane un esempio formidabile di quello spirito tradito.
L’idea del titolo nasce da una leggenda del Giappone medievale secondo la quale a Kyoto, voluto da un illuminato imperatore, esista un giardino con quindici pietre, ma da qualsiasi punto lo si osserva se ne scorgono sempre e solo quattordici. Il Giardino Delle Quindici Pietre esce nel 1986 in edizione limitata a 1550 copie (che è quella che stava nella scatola). In accompagnamento, un libretto che oltre che i testi raccoglie poesie, idee politiche, spunti per le discussioni dopo i concerti, pagine di libri mai scritti, poesie, disegni. Il disco fu registrato al Dynamo Sound Studio dal febbraio al maggio 1986 tranne una traccia registrata nel febbraio 1985 al Synergy Studio. È un disco universo, fatto di passioni musicali e politiche, dove i generi, anche di arti differenti (cinema, recitazione, arte figurative) si mescolano a frammenti di punk che esplodono dopo musiche jazz, un disco che ammalia e affascina. Si apre con un testo del cantante giamaicano Linton Kwesi Johnson, che diventa Il Battito Del Cuore, un brano reggae-dub dove Lalli recita e non canta il testo e Giaccone ricama di sax. Acqua Di Luna, che è del 1985, è ipnotica. L'Uomo Sul Balcone Di Beckett è un’amarissima analisi, quasi una ode dolente, alla natura metropolitana umana, che finisce così: Perché quei fantasmi che si siedono con me a fumare sul terrazzo, che girano la chiave della mia serratura nel cuore della notte, che mi tengono la mano quando ne ho bisogno, non potrebbero esistere in nessun altro luogo. Every Time, uno spettacolare afro blues, chiude la prima facciata. Ai Negazione che apre il lato b è un frammento molto accelerato di No Future, Hollywood Army esprime la loro idea politica con un capolavoro hardcore, ma è Big Black Mothers il brano musicalmente più stimolante, riprendendo l’idea primigenia di commistione tra jazz-rock e progressive ma che alla fine, nell’intreccio delle due voci, termina nuovamente hardcore. Micrò Micrò è un omaggio Demetrio Stratos, leggendario cantante degli Area, che è poi seguita da uno strumentale, Elena 5 e 9, meraviglioso e struggente. Nel Giorno Secolo ha come testo una poesia di Mario Boi, dalla raccolta poetica Piani Di Fuga. Chiude il disco il jazz elettrico dei Joel Orchestra, band bolognese di simile fattura e amica dei nostri, con À Suivre, tra il Nino Rota felliniano e sogni simili, dove spicca il piano elettrico di un grande collaboratore dei Franti, Paolo "Plinio" Regis.
Nel 1987, viste anche le mutate condizioni politiche e sociali, il gruppo di scioglie: nel 1988 pubblicano un cofanetto antologico, che diventerà leggendario, dal titolo eloquente di Non Classificato. Seguono progetti diversi: collaborazioni, decine di progetti, tra cui ricordo che i soli Giaccone e Lalli fondarono gli Orsi Lucille e gli Howth Castle. Ma soprattutto rimangono fedeli a quell’appunto di lotta e coerenza, sintetizzato dalla frase che accompagnava il loro cofanetto antologico Non Classificato: “…la fine di una spirale ne genera un'altra, se l'aquila ha abbastanza cielo per volare. A presto, FRANTI”
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curiositasmundi · 1 month ago
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L’allarme nel 58esimo Rapporto annuale: «Rischio di frammentazioni nella spirale della costruzione di rigidi confini identitari». Profondi buchi di conoscenza in tutte le fasce d’età. Il 15 per cento della popolazione crede che l’omosessualità sia una patologia con origini genetiche. Quasi un italiano su due si sente minacciato dai migranti. E molti pensano che per essere italiani «occorra esibire determinati tratti somatici»
Quasi il 40 per cento della popolazione italiana si sente minacciata da chi vuole facilitare l’ingresso in Italia dei migranti, mentre un cittadino ogni cinque avverte ostilità nelle persone che professano un’altra religione, hanno un’etnia diversa, un colore della pelle differente.
E ancora: il 30 per cento delle donne o degli uomini italiani considerano come proprio nemico chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale, invece un italiano ogni dieci dimostra inimicizia nei confronti di chi ha un orientamento sessuale diverso.
I dati diffusi dal 58esimo Rapporto annuale sulla situazione sociale da parte del Censis «rivelano il pericolo che il corpo sociale finisca per frammentarsi dentro la spirale attivata dalla costruzione di rigidi confini identitari, in cui le differenze si trasformano in fratture e potrebbero degenerare in un aperto conflitto».
A complicare il quadro è l’indebolimento del ceto medio, «che rende oggi il paese non più immune al rischio delle trappole identitarie».
La «fabbrica degli ignoranti»
È l’allarme lanciato dal più prestigioso istituto di ricerca economica e sociale del paese, fondato nel 1964 da Giuseppe De Rita, Gino Levi Martinoli e Pietro Longo, ma non è l’unico. Anzi. Nella fotografia scattata dal Censis c’è grande spazio per quella che viene definita “La fabbrica degli ignoranti”.
Si tratta della descrizione di una società in cui una buona parte della popolazione che la compone pensa che per essere italiani «occorra poter esibire determinati tratti somatici, dove la cittadinanza è pensata come una identità cristallizzata e immutabile, con inconfondibili radici primigenie, che tra i suoi fattori costitutivi comprenderebbe la diretta discendenza da italiani e anche l’essere di fede cattolica», si legge nel rapporto.
Nello stesso documento, però, viene fuori che è anche quella stessa società che non riconosce più le proprie origini storiche e culturali: «Si palesano profondi buchi di conoscenza in tutte le fasce di età anche in relazione a nozioni che si sarebbe tentati di dare per scontate».
E qui il titolo di studio o la condizione sociale non c’entra. Perlomeno non direttamente. Ma è un fatto che la metà della popolazione ignori che Benito Mussolini sia stato arrestato nel 1943 e che un italiano su quattro pensi che Giuseppe Mazzini sia stato un personaggio politico della prima Repubblica. D’altronde, uno su tre non conosce l’anno dell’Unità d’Italia, mentre il 28,8 per cento tra gli intervistati dal Censis ignora quando sia entrata in vigore la Costituzione.
Fotografia 
E poi il quadro impietoso tratteggiato dall’istituto di ricerca si aggrava, man mano che si considerano altre nozioni basilari, dalla letteratura italiana alla grande storia mondiale: la metà della popolazione italiana non conosce l’anno in cui è scoppiata la rivoluzione francese o quando l’uomo è sbarcato sulla Luna. E, per molti di loro, Richard Nixon è stato un grande calciatore inglese e Mao Zedong è conosciuto come l’uomo più anziano al mondo.
Si ignorano poi in percentuali altissime: Dante Alighieri, Gabriele D’Annunzio, Giovanni Pascoli, Giuseppe Verdi, Giacomo Leopardi, Eugenio Montale (per il 35 per cento è stato un autorevole presidente del Consiglio dei ministri degli anni ’50), il capoluogo della Basilicata, la capitale della Norvegia, le tabelline e la differenza tra potere esecutivo, legislativo e giudiziario. Ma in quest’ultimo caso, forse, siamo oltre le conoscenze basilari necessarie, in considerazione del fatto che oltre la maggioranza degli aventi diritto non si reca più alle urne.
E, tuttavia, «sono dati che per molti italiani pongono il problema di una cittadinanza culturale ancora di là da venire che lasciano prevedere una condizione di ignoranza diffusa anche nel prossimo futuro, quando le attuali giovani generazioni entreranno nella vita adulta e dovranno occupare posizioni di rilievo e responsabilità», scrive il Censis. Citando ancora, tra le risposte fornite dagli intervistati, pregiudizi antiscientifici e stereotipi culturali di questo tipo: «Attraverso la finanza gli ebrei dominano il mondo»; «L’omosessualità è una patologia con origini genetiche»; «Islam e jihadismo sono la stessa cosa».
D’altronde, ordini di discorso che capita di ascoltare, talvolta, anche in alcuni salotti televisivi e talk show, e perfino, sempre più spesso, in alcune sedi istituzionali. 
L’altra indagine con Coldiretti
«Braccia rubate all’agricoltura», avrebbe recitato a tal proposito un vecchio adagio, se non fosse che, proprio da un’altra recente indagine condotta dal Censis insieme a Coldiretti, è emerso che in «un’epoca di crollo della fiducia nel sapere, nelle competenze, nelle capacità professionali e nell’operato degli attori dei vari settori economici, gli agricoltori sono riusciti a costruire un proprio specifico capitale di riconoscimento capovolgendo una pericolosa tendenza socioculturale che voleva imporgli un marchio di passatismo, di antico, di desueto».Dunque, se un tempo l’agricoltura veniva culturalmente tacciata di essere il passato, cioè un mondo destinato a sparire, oggi è sulla frontiera più avanzata dell’innovazione sociale. Peccato soltanto che la maggioranza degli italiani, invece, guardi indietro e, con essa, la gran parte della classe dirigente che detiene oggi il potere, politico ed economico. 
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tergestin · 10 months ago
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Questa meraviglia della tecnologia anni 60 é atterrato sulla luna con due astronauti dentro.
Con le riserve di ossigeno, acqua, cibo e attrezzature necessarie.
Con i serbatoi pieni dei propellenti necessari per guidare la discesa.
Poi si è diviso a metà, ed è decollato aiutato da un razzo che doveva avere una potenza specifica almeno 6 volte di quella del lanciatore Saturno multistadio, in orbita lunare.
Con i serbatoi ancora pieni di tutto il carburante che occorreva per decollo, risalita e raggiungimento della velocità di fuga dalla forza di gravità lunare ( un sesto di quella terrestre )
Ha raggiunto la velocità di oltre 11.000 kmh in pochi secondi.
Nelle profondità dello Spazio, grazie a un computer potente un centesimo di un commodore 64, ha trovato con precisione chirurgica l'Astronave Madre, si è girato a 180 gradi, ed è stato agganciato al volo dall'Apollo 11 in orbita.
Poi, è stato scaraventato sulla superfice lunare dopo che i due astronauti sono rientrati dentro la navicella madre.
Davvero un peccato aver perso tutti gli appunti, le telemetrie, il domopak, tutta la stratosferica tecnologia che ha permesso un prodigio del genere.
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susieporta · 1 year ago
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Il giorno in cui è morta mia madre ho scritto nel mio diario: "È arrivata una grave disgrazia della mia vita. " Ho sofferto per più di un anno dopo la morte di mia madre. Ma una notte, negli altipiani del Vietnam, stavo dormendo nella capanna nel mio eremo. Ho sognato mia madre. Mi sono visto seduto con lei e stavamo facendo una bellissima chiacchierata. Sembrava giovane e bella, i suoi capelli scorrevano giù. Era così piacevole sedersi lì e parlarle come se non fosse mai morta. Quando mi sono svegliato erano circa le due del mattino, e sentivo fortemente di non aver mai perso mia madre. L'impressione che mia madre fosse ancora con me era molto chiara. Capii allora che l'idea di aver perso mia madre era solo un'idea. Era ovvio in quel momento che mia madre è sempre viva in me.
Ho aperto la porta e sono uscito. L'intera collina è stata immersa nel chiaro di luna. Era una collina coperta di piante di tè, e la mia capanna era posizionata dietro il tempio a metà strada. Camminando lentamente al chiaro di luna tra le file di piante di tè, ho notato che mia madre era ancora con me. Lei era il chiaro di luna che mi accarezzava come aveva fatto spesso, tenerissima, dolcissima... Fantastico! Ogni volta che i miei piedi toccavano la terra sapevo che mia madre era lì con me. Sapevo che questo corpo non era mio ma una continuazione vivente di mia madre e mio padre e dei miei nonni e bisnonni. Di tutti i miei antenati. Quei piedi che ho visto come "miei" piedi erano in realtà "nostri" piedi. Insieme io e mia madre stavamo lasciando impronte nel terreno umido.
Da quel momento in poi, l'idea di aver perso mia madre non esisteva più. Bastava guardare il palmo della mano, sentire la brezza sul viso o la terra sotto i piedi per ricordare che mia madre è sempre con me, disponibile in qualsiasi momento. ~Thich Nhat Hanh
(Libro: Nessuna morte, nessuna paura: saggezza confortante per la vita [ad] https://amzn.to/3OkUyqt )
(Arte: Fotografia di Nell Dorr)
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princessofmistake · 6 months ago
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Con casto cuore, con occhi puri, ti celebro, bellezza, trattenendo il sangue perché sorga e segua la linea, il tuo contorno, perché tu entri nella mia ode come in terra di boschi o in schiuma: in aroma terrestre o in musica marina. Bella nuda, uguali i tuoi piedi arcuati per un antico colpo di vento e del suono che tu origliasti, chiocciole minime dello splendido mare americano. Uguali sono i tuoi petti di parallela pienezza, ripieni delle luce della vita, uguali volano le tue palpebre di frumento che scoprono e nascondono due paesi profondi nei tuoi occhi. La linea che la tua schiena ha diviso in pallide regioni si perde e sorge in due limpide metà di mela e continua separando la tua bellezza in due colonne di oro bruciato, di alabastro fino, a perdersi nei tuoi piedi come in due uve, da dove nuovamente arde e si eleva l'albero doppio della tua simmetria, fuoco florido, candelabro aperto, turgida frutta alzata sopra il patto del mare e della terra. Il tuo corpo, in quale materia, agata, quarzo, frumento, si plasmò, crebbe come del pane si alza la temperatura, e segnalò colline argentate, valli di un solo petalo, dolcezze di profondo velluto, fino a rimanere cagliata la fine e ferma forma femminile? Non soltanto è luce che cade sopra il mondo quella che allunga sul tuo corpo la sua neve soffocata, finché si stacca da te la chiarezza come se fosse incendiata da dentro. Sotto la tua pelle vive la luna.
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ma-pi-ma · 1 year ago
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(per Caroline Ireland)
Dovevano essere un regalo d'amore,
ma quando tagliò l'involto di carta,
entrambi si accorsero che erano finti; fiori finti
aveva preso in fretta dall'esposizione del negozio,
roba colorata fatta a mano, rigida come crinolina.
Pensò subito alle mani delle donne
che tagliavano nella luce sporca vicino alla finestra di una fabbrica sfruttatrice;
tavoli di assi grezze cosparsi di capolini
ritagliati: gigli, iris, primule,crisantemi
inodori, pistilli fissati su fili
in corone di stami dalla punta spugnosa,
sepali e petali perfetti, perfettamente
immuni alle minacce del giardino.
Perché così sbagliati, così… appiattiti? Perché non invece
simboli di amore immutabile?
                                       Eppure abbastanza carini,
pensò, disponendoli in un vaso
con erba secca e ortensie dell'estate passata
la cui morte era ancora (come dire?)
viva, o forse dall'altra parte della vita.
Due lati, davvero, della stessa cosa?
Rise un po', idee del genere erano imbarazzanti
anche se tenute per sé,
ma il filo dei suoi pensieri
la trasportava nel suo tunnel privato durante la cena,
e prima di andare a letto, lavandosi i denti,
le capitava di guardare la luna.
Il suo volto illuminato dal sole era rivolto, come sempre, nella sua direzione.
La luna piena, non poteva fare a meno di pensare,
anche se ne vediamo solo la metà.
È stata un'intuizione che decise di poter condividere
con lui, ma quando lui si unì a lei
e insieme giacevano nell'oscurità,
sembrava che non ci fosse motivo di dire nulla.
Le parole, in ogni caso, sarebbero sbagliate,
sfuggirebbero o deformerebbero quello che vorrebbe significare.
Buona fu la sillaba che gli sussurrò,
sprofondando nel sonno. E solo per una frazione di secondo,
in bilico sull'orlo, credette
che tutto quello che doveva essere capito era stato capito.
Anne Stevenson, Fiori finti, da Poesie 1955-2005, 2005
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gregor-samsung · 7 months ago
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“ Nel tragitto dall’ingresso al salottino, senza fermarsi, la donna ha sistemato un libro che si era inclinato su uno scaffale, e l’ingegnere ha avuto la certezza che la sua relazione con lo psicanalista non fosse solo professionale. Ma nei pochi minuti in cui ha aspettato (lo psicanalista congedava i suoi pazienti da un’altra porta dello studio e li faceva accompagnare fuori lungo un altro tragitto, in modo che chi entrava e chi usciva non si incontrassero mai) l’ingegnere ha capito che quella sarebbe stata l’ultima volta che si presentava in Liechtensteinstrasse; e non perché intendesse mollare tutto a metà, al contrario: perché la terapia aveva avuto effetto e lui in quel momento aveva capito di essere guarito, tanto che a mezzogiorno, adesso gli veniva in mente, si era mangiato con grande piacere una cotoletta con una birra. L’incapacità dello psicanalista di cogliere anche aspetti semplici della sua psiche, di rendersi conto di come sia differente crescere in India e in Austria, gli aveva aperto gli occhi. Di colpo l’ingegnere si rendeva conto che tutti i suoi guai a Vienna erano cominciati perché lui ci era arrivato deciso a diventare come loro, a fare le cose che facevano loro nel modo in cui le facevano loro, gli europei. In questo modo aveva abbandonato se stesso, si era trovato in conflitto con se stesso. Aveva dimenticato quanto la luce del sole e della luna influiva sul suo umore; di quanto la sua serenità dipendeva dal sentirsi parte di una comunità; anzi, questi legami con la comunità di cui faceva parte andavano mantenuti e rinforzati, soprattutto adesso che si trovava all’estero. 
La grettezza dello psicanalista l’aveva messo di fronte alla distanza fra le due culture e gli aveva fatto capire che non è né semplice né sensato buttarsi dall’altra parte. Si può farlo, in una certa misura si deve farlo, ma prendendo un sacco di precauzioni e mai troppo di colpo, se no si smarrisce un’identità senza riuscire a sostituirla con niente, il che era esattamente quanto gli era successo, e anche quanto stava finendo di succedere nel momento preciso in cui nella sua testa si facevano chiari questi pensieri. E poi ha pensato che conflitto e armonia sono entrambi importanti, a Vienna forse no, ma a Jaipur sí, e quindi per lui sí; e che ancora una volta dal conflitto stava generandosi una nuova armonia, un’armonia che sentiva attraversargli le ossa, e anche i muscoli, che di punto in bianco, per la prima volta dal suo arrivo in Europa, avevano smesso di contrarsi dolorosamente. In questo nuovo, delizioso stato di benessere l’ingegnere non vedeva l’ora che la porta si aprisse e lo psicanalista gli stringesse per l’ultima volta la mano. Avrebbe dovuto ringraziarlo? Forse sarebbe stato troppo, in fondo lo psicanalista non aveva idea di quello che aveva combinato. Ogni conseguenza positiva del loro rapporto era stata involontaria, mentre non si poteva escludere che alcuni degli aspetti piú sgradevoli, piú imbarazzanti della loro frequentazione che adesso, grazie al cielo, stava per concludersi, fossero dovuti alla frustrazione per quel paziente di cui non stava capendo niente, ma proprio niente, e sul quale non aveva mai avuto l’umiltà di porsi qualche domanda, di immaginarsi un modo diverso di avvicinarlo e di trattarlo. Eppure sarebbe stato bello uscire con stile, dare all’addio un tocco di eleganza, di superiorità… Non gli è riuscito. L’arrivo dello psicanalista ha interrotto queste riflessioni, riflessioni frenetiche, perché tutto stava succedendo molto in fretta nella testa dell’ingegnere e, a quanto pare, anche intorno a lui. Colto di sorpresa, stringendo la mano leggermente sudata del dottore, segno che anche lui si stava preparando a un incontro non proprio amichevole, all’ingegnere sono uscite di bocca parole incontrollate che non è riuscito in nessun modo a arginare. Senza seguire lo psicanalista nello studio in cui non sarebbe entrato mai piú, tirando fuori di tasca il libretto degli assegni con cui si preparava a regolare tutti i conti, purtroppo all’ingegnere non è venuta la frase ironica e distaccata con cui sarebbe stato bello interrompere signorilmente il loro rapporto professionale. Purtroppo l’ingegnere ha pronunciato, o meglio, si è reso conto senza poterci far niente che stava pronunciando la seguente frase: Non è che non mi renda conto che Freud e Jung hanno salvato tanti pazienti, dottore. Ma li hanno salvati perché erano Freud e Jung, non perché con la psicanalisi ci riesca qualunque scalzacane con uno studio sopra una fioraia nazista, in Liechtensteinstrasse. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 29-31.
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noneun · 2 years ago
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Era il 21 Novembre quando...
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...decisi di riempire di terra un vasone 100x40 cm per avere in terrazzo qualcosa che potesse assomigliare il più possibile al giardino che non ho. E siccome nel mio ipotetico giardino ci sarebbe sicuramente un laghetto, ecco che ci ho infilato una vaschetta di plastica e due medaka nati nel mio mini pond. Il fil di ferro è ovviamente una protezione anti-gatto, per evitare che il vascone venga usato come lettiera o che i pesci vengano predati (sì, Luna, sto parlando a te).
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Nonostante l'intenzione mai cambiata di lasciar crescere le piante che fossero germogliate spontaneamente, un mese dopo ho deciso di interrare i bulbi di narciso trombone (Narcissus pseudonarcissus) e di Zafferano maggiore (Crocus vernus).
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Due mesi dopo era spuntato solo qualche ciuffetto di centocchio (Stellaria media), complice il freddo che aveva anche congelato parte della superficie del micro-laghetto.
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A fine Febbraio il centocchio aveva già colonizzato quasi tutto lo spazio ed era fiorito, e qualche bulbo aveva iniziato a spuntare.
Ma era solo il preludio all'esplosione di questa prima metà di Marzo:
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I pesciolini vivono tranquilli all'ombra del centocchio, ma l'acqua è un po' torbida. Ho provato ad aggiungere dell'Elodea densa, una pianta acquatica che assorbe nitrati e fosfati e rilascia ossigeno. Spero che inizi a crescere e a fare il suo lavoro.
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intotheclash · 2 years ago
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La coppia era seduta ad un tavolo in disparte, nello spazio esterno di quel minuscolo ristorante. La cornice era da mozzare il fiato. Antichi palazzi signorili incastonavano quella piazzetta di Trastevere, facendola risplendere senza arroganza, come un diamante grezzo non ancora tagliato. A prima vista, i due, avrebbero potuto essere scambiati per una coppia felice in luna di miele, o, quanto meno, per due furtivi amanti in vena di sfidare la gabbia dell'anonimato. Ma un attento osservatore avrebbe sicuramente colto il procedere incerto di chi veleggia su una rotta sconosciuta. Mangiavano poco o niente, parlavano molto. In verità era soprattutto lui a parlare. Troppo e con troppa enfasi. Come un attore consumato che, dopo aver ripetuto la parte un'infinità di volte e limato ogni sbavatura, va in scena la sera della prima convinto di ammaliare e catturare il suo pubblico. Si sentiva in forma, bello ed irresistibile. E bello ed in forma lo era pure, ma di una bellezza stereotipata, da rotocalco rosa. Indossava un impeccabile vestito firmato, grigio scuro, abbronzatura perfetta, denti sfavillanti; proprio non vedeva alcun motivo che potesse impedirgli di fare colpo.
Il problema era che le donne, una parte delle donne, almeno quella, lo vedeva benissimo. Fin troppo evidente. Lo sapeva ancor prima di accettare l'invito a pranzo. Lo sapeva, ma aveva tentato lo stesso. Voltando deliberatamente le spalle all'evidenza. Aveva paura della solitudine e aveva accettato.
Durante il pasto non aveva quasi aperto bocca, tranne che per poche frasi di cortesia e per assaggiare quel cibo, tanto ricercato quanto insipido. Non per mancanza di sale, ma di passione. Era bello, questo sapeva vederlo, ma quella bellezza che arrivava agli occhi era poi incapace di raggiungere la bocca dello stomaco. Niente da fare, la linea doveva essere interrotta. Come se non bastasse, aveva assunto l'atteggiamento del professionista della conquista, era evidente che si sentisse tale. Lei posò la forchetta sul piatto, sbuffò contrariata, si coprì gli occhi con una mano e chiese:“Di che colore sono i miei occhi?”
L'uomo fu colto alla sprovvista. Colpito ed affondato. Non era in grado di rispondere, così cercò, in maniera maldestra, di prendere tempo.
“Come dici Andrea?” Andrea era la donna.
“Ti ho chiesto: di che colore sono i miei occhi? Non è troppo difficile. Puoi farcela anche tu! Non si vince nulla, è tanto per giocare.”
“Che razza di domanda è? Dove vorresti arrivare? Non capisco!” Aveva capito bene invece. Non era stupido. Non fino a quel punto, almeno.
“Lascia perdere, non importa. Chissà cosa succede se ti sforzi troppo. Ti faccio la domanda di riserva: quanti giorni sono che ci frequentiamo?”
L'uomo era in difficoltà. Sentiva il sudore iniziare ad imperlargli la fronte. E non era per il caldo. La situazione stava sfuggendogli di mano. E non riusciva neanche a trovare il tasto reset.
“Quattordici!” Quasi urlò. Cazzo, questa era facile!
“Bravo Umberto! Una l'hai presa! Quattordici giorni e non hai trovato un secondo di tempo per guardarmi negli occhi?”
“Non è vero! Nel modo più assoluto! I tuoi occhi sono bellissimi!” Rispose, ma con uno slancio eccessivo e un tono a metà strada tra l'offeso ed il piagnucoloso che la donna trovò infantile e disgustoso.
“Scommetto tutto quello che ho, anche se non è molto, che se ti chiedessi come sono le mie tette, che taglia porto di reggiseno e di che colore è, non esiteresti un istante a rispondere. Ti giocheresti pure il jolly. O sbaglio?”
Certo che non sbagliava! Aveva delle tette meravigliose. Che sfidavano sfrontatamente la legge di gravità. Sulla taglia del reggiseno, nutriva qualche perplessità. Se la giocavano alla pari la terza e la quarta. Non ne era sicuro. Il colore era facile, visto che ne sporgeva un pezzetto. Turchese. Probabilmente coordinato con le mutandine, che, ormai ne era sicuro, non avrebbe mai visto.
“Il tuo silenzio conferma che ho ragione. Eppure ancora avresti potuto salvare la faccia. Sarebbe bastato ammetterlo. Dirmi: è vero, non ho fatto altro che ammirare le tue tette! Non ci sarebbe stato niente di male. Anche se tu ti sei lasciato prendere un po’ troppo la mano. D'altra parte a me non dispiace mostrarle. E fino a quando riusciranno a tenersi su da sole, continuerò a farlo. Anche in questo non c'è nulla di male. Solo una sana dose di civetteria. Ma, a rischio di sembrare banale, ti informo che c'è dell'altro.”
“Eccome se c'è dell'altro!” Pensò l'uomo. E l'espressione trasognata e vagamente ebete lo tradì di nuovo.
Difatti non sfuggì alla donna. Evidentemente, oltre ad essere decisamente bella, doveva avere un cervello niente male. Non roba che si possa trovare ad ogni angolo di strada.
“Ascolta, Umberto,” Era giunto il momento della disillusione, “Facciamola finita. Ho paura che, da adesso in avanti, tutto ciò che potresti dire, non farebbe che aggravare ulteriormente la situazione. Peccato, avrebbe potuto essere diverso. Ma non tra noi due. Questa è la mia parte, stammi bene e addio.” Concluse sorridendo e lasciando trenta euro sul tavolo. Prese la sua borsetta, fece un mezzo giro sui tacchi e sparì per sempre dalla vista dell'uomo, accompagnata dallo sguardo di tutti i presenti. O, almeno, di quelli appartenenti al genere maschile.
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daniela--anna · 1 day ago
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#sapeviche
Le feste di Natale durano 13 giorni. Questa durata dipende dal fatto che i nostri antenati misuravano il tempo in due modi:
1) secondo i cicli della Luna
2) secondo quelli del Sole.
Ma l’anno lunare e quello solare hanno durate diverse perciò, affiancando i due calendari,
si crea un buco di 12-13 giorni.
Questo spazio temporale fatto di giorni che non appartengono né all’anno passato né a quello a venire, per i nostri antenati rappresentava il confine tra l’anno vecchio e quello nuovo.
Secondo le tradizioni imposte dall'antica Roma, tutt'oggi questo spazio inizia nella seconda metà di Dicembre, in concomitanza con la festa dei Saturnali, e comprende il 25 dicembre, festa del Sole Invictus, e finisce con la Befana che è l' incarnazione di Madre Natura nella sua forma peggiore, quella di natura dell’Inverno.
A sua volta l'Epifania affonda le sue radici nel paganesimo ed è stato ipotizzato che sia nata come la fusione tra varie figure di divinità femminili collegate alla Natura, tra cui la dea romana Diana e la divinità germanica Berta.
Articolo di Luca Ricatti
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nonameinsightfornow · 12 days ago
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Li ho visti abbracciarsi come bimbi nel parco della luna
Tutti e due con una valigia nella mano
Con l'aria di chi deve partire e andare lontano
Oppure morire in silenzio, sparire piano piano
Sopra il loro cavallo di legno, con la loro pelle scura nella mano
Adesso Sonni Boi e la sua donna Fortuna saranno a metà strada tra Ferrara e la luna.
#everydayarhyme
(Le strade non percorse restano sul cuore come cicatrici. Per sempre.)
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iosonorox · 16 days ago
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5 pensieri
Pensieri scritti a luglio 2010
Ecco a voi 5 pensieri che avevo voglia di condividere. Non sono solo immaginari, ma anche reali.
Fatemi sapere che ve ne pare.
#1 - Brezza marina
E' sera, e sono al mare. Sento la salsedine nell'atmosfera. Dentro di me c'è una strana sensazione di pace ed euforia... E avrei voglia di sedermi in un tavolino di quei ristoranti lussuosi, a godermi il panorama del mare e cenare a lume di candela.
Andando verso la piccola piazzetta si sente della musica folk. Due ballerini la ballano e tanti turisti e gente li guardano, come ipnotizzati.E' bello sedersi lì vicino e gustarsi un gelato con questo meraviglioso sottofondo.
#2 - Di notte
E' notte, e sto ancora fuori. Sono sola. Leggo un giornale. Sono seduta in un tavolo, illuminato dalla luna. C'è un leggero venticello che lascia volare le pagine del giornale, e si sente un buon odore di amarilli, cioè il profumo del mio bagnoschiuma.
#3 - Pensieri notturni
Cammino sola nel buio tra le ville illuminate e le auto. Aumento il passo e mi sento felice. I miei passi sono silenzioni come quelli di un gatto.
Ho voglia di correre e lo faccio.
Mi vengono in mente alcuni pensieri che avevo fatto... Ci rifletto e li rielaboro.
" Farò di tutto pur di sparire, anche a costo di non tornare più "
Passa una macchina. Mi sento morire. Sono illuminata per un secondo interminabile dai suoi fari allo xeno. Continuo a pensare.
" Domani sarà un altro giorno, spero l'ultimo di questa vita. Altro che sfogo adolescenziale..."
Ridacchio, sapevo in cuor mio che non l'avrei fatto mai.
#4 - A letto
Con le cuffie mi isolo dal mondo, di notte, di giorno, ad occhi aperti, ad occhi chiusi.
Prima di addormentarmi, ascolto il mio cantante preferito. Elaboro le sue parole, che siano in inglese o no, ed è come se cantasse solo per me, accanto a me.
La musica, quella cosa meravigliosa che ti fa gioire,sperare, vivere.
#5 - Passeggiando
Camminando per il viale fiorito, inspiro e sento l'odore del polline. La luna è a metà, alta in cielo, e penso ai miei amici speciali. Vorrei trovarmi con loro. Ma è notte, ormai. Si sente il venticello che soffia e vedo le palme cullarsi dolcemente. Sento anche qualche cicala. Mi sento tanto bene. Forse per stanotte non c'è bisogno di pensare ad altro.
Rox
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lecodellariviera · 2 months ago
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Cena della Stella Mercedes: 100 invitati, amicizia, fiducia e solidarietà ai bimbi della Casa grande di Giz.
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"Non sappia la tua sinistra ciò che fa la destra". Vangelo secondo Matteo: quando ciascuno di noi, ricco o bisognoso, fa un gesto generoso nei confronti del prossimo meno fortunato deve restare nell'ombra. Matteo continua: "non suonare la tromba come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà".
Sono passati secoli, il mondo è mutato, ribaltato, si sono raggiunti traguardi inimmaginabili, si programmano viaggi-vacanze sulla Luna, su Marte ma, paradossalmente, incredibilmente, disumanamente aumentano uomini, donne, anziani, famiglie, soprattutto bambini sempre più bisognosi di "mani destre" che aiutano. Troppo spesso Stati, Nazioni, Governi, partiti, politici che dovrebbero provvedere, risolvere, sono assenti, lontani. Per dirla col Manzoni sempre "in tutt'altre faccende affaccendati". Sinagoghe e Palazzi di vetro continuano ad ospitare ipocriti. Per fortuna sulla terra, oggi come ieri, non cresce solo gramigna. Lentamente, ma qualcosa sta cambiando.
Promuovere, dare una mano nei modi giusti, anche visibilmente a chi ne ha bisogno, rendendo noto, pubblicizzando ..... non turba, non è peccato. Anzi. Ci sono persone, pubblici amministratori, imprenditori, aziende, marchi, professionisti, società, medie, piccole, anche internazionali, artigiani, scienziati, agricoltori, tanti privati, artisti, campioni, leader, gente comune che non stanno più fermi, aiutano, producono per se e per gli altri. Studiano, organizzano meeting, fiere, inaugurano, partecipano a manifestazioni culturali, musicali, artistiche, sportive. Offrono fondi, raccolgono, aiutano, danno una mano, ossigeno, speranza a chi ne ha bisogno.
Anche in Riviera sono stati e continuano ad accendersi riflettori nel campo solidale e sociale. Tante iniziative locali come il Barrel On the Beach-Baudino o i Tabaccai di Taggia nel ricordo di Anna Rosa, solo per citarne alcune. Anche importanti sigle nazionali come Conad ed internazionali a partire dalla Mercedes-Benz, concessionario Gino S.p.A -Cuneo, Cascina Malaspina. Proprio in questi giorni nei saloni, show room e tecnologica officina della filiale aperta dalla casa automobilistica di Stoccarda ad Arma di Taggia, diretta da decenni con successo e vendite record da Stefano Morbidelli, è stata organizzata la "Cena  della Stella", in collaborazione con "La Casa grande di Giz", associazione di volontariato nata a dicembre 2021 per aiutare bimbi autistici.  Bambini con disturbi del neurosviluppo, fragilità neurocognitive e psichiche, disturbi del movimento nelle diverse fasi della vita e le loro famiglie anche per quanto riguarda l'elevato carico sanitario, sociale ed economico.
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Fondatore e presidente è Giacomo Casagrande, meglio conosciuto come "Mino", nonno coraggioso, instancabile, determinato, pronto a sacrifici per la sua famiglia ed aiutare chi ha bisogno. "Con La Casa grande di Giz - ha spiegato - ho voluto assicurare il futuro a mio nipote Giacomino appena gli è stato diagnosticato, purtroppo, un ritardo cognitivo e, nello stesso tempo, dare una mano a tutte le persone che si trovano ad affrontare questo delicatissimo problema e non sanno a chi rivolgersi, come affrontarlo, curarlo nel modo migliore possibile. Le porte della Casa grande di Giz sono aperte a tutti. A chi economicamente può e a chi non può. Tutti da noi troveranno aiuto, medici, infermieri, volontari. A questo sogno, a questa struttura ho voluto dare il mio cognome, diviso a metà "casa grande", unito alle iniziali di mio nipotino Giacomo, "Giz". Abbiamo iniziato in un mini locale di Via Flora, ad Arma, ai primi di gennaio del 2022 con soli due bimbi. Dopo 7 mesi, ad agosto, ne curavamo già 35. Oggi il numero è aumentato così tanto e così in fretta che è stato necessario trovare una struttura più ampia. Sono cresciuti pure i costi, il numero di medici, specialisti, tecnologie, aiuti necessari per chi non ha sufficienti mezzi economici. Non è facile, ma ce la stiamo facendo grazie ad enti, persone generose che capiscono, che hanno cuore. Venendo a conoscenza della nostra missione e serietà, ci danno sostegno, forza, coraggio per poter continuare ad aiutare sempre più bambini, famiglie che da soli non potrebbero farcela".
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L'unione tra pubblico, privato, volontariato e la virtù teologale della carità per chi è credente, sta facendo miracoli. I bimbi assistiti ad Arma da "Giz" ne sono la prova: da 2 che erano all'inizio oggi sono già un centinaio. E il telefono 348 7292946 continua a squillare.
    La "Cena della Stella", iconico marchio Mercedes, organizzata splendidamente da Gino e Morbidelli e' stata un successo. Cento invitati, a partire dal sindaco di Taggia, l'architetto Mario Conio e signora, il Presidente ad interim della Regione Liguria, Alessandro Piana, il generale dei Carabinieri Luciano Zarbano, leader della lista civica "Imperia senza padroni", il sindaco di Santo Stefano al Mare, Marcello Pallini, tanti noti imprenditori, Silvano (edilizia), Fera (costruzioni) o Raffaele Fasuolo (Fun seven Bikes s.r.l.), per citarne alcuni. Oppure Francesco Barlaam, il più longevo e noto tassista di Sanremo (in pensione) primo cliente Mercedes quando il Concessionario Gino il secolo scorso, con Stefano al timone, ha  aperto il punto vendite, tanti liguri, anche stranieri, francesi, professionisti, medici, tecnici, sportivi, artigiani, operatori turistici, impiegati, insegnanti, eleganza, musica, cordialità, forte interesse per i bolidi esposti, i nuovi modelli, l'intero catalogo della Stella, grande solidarietà per " La Casa grande di Giz", sempre aperta a chi bussa alla sua porta.
La cena-evento si è conclusa nel migliore dei modi, strette di mano, brindisi, sorrisi, commozione, qualche lacrima e la consegna, da parte della Mercedes di un assegno, un contributo di 1.500 euro alla "Operazione Mino" ed alle centinaia dei suoi piccoli ospiti, bisognosi di assistenza e solidarietà. Applausi sentiti e meritatissimi a volontari e specialisti che li assistono con grande umanità aiutandoli a crescere, a vivere meglio. "La nostra azienda - ha dichiarato con legittimo orgoglio Stefano Morbidelli - da tempo è attenta al sociale e questo incontro, questo abbinamento con il mondo di Giz, poter aiutare bambini e le loro famiglie, ci è sembrato il modo migliore per ringraziare la fiducia e la fedeltà dei nostri sempre più numerosi ed affezionatissimi clienti". 
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Roberto Basso.       
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micro961 · 3 months ago
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Fabio Smitti: “Carma”
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Il nuovo singolo del cantautore trevigiano è un brano che attraverso sonorità elettro-pop ipnotiche ci accompagna nel viaggio spirituale del protagonista
«La crescita interiore può avere evoluzioni diverse in ognuno di noi a seconda di chi siamo e chi vogliamo diventare. Nonostante ci siano delle differenze, si può tuttavia tracciare un percorso comune per chi vuole evolvere, percorso fatto di ricerca di insegnanti o più in generale di entità che possano istruire su quale sia la strada per diventare abbastanza coscienti. Questo prima di tutto per saper riconoscere e filtrare tutte le informazioni che ci arrivano, nel bene e nel male, poi per accettare e vivere con serenità gli eventi della vita. In senso Buddista, Carma è la parola che riassume questi concetti, parola che indica il funzionamento universale di casualità sia delle cose ma soprattutto degli aspetti invisibili o spirituali della vita.» Fabio Smitti
“Carma” è il quarto singolo del cantautore trevigiano Fabio Smitti, nuovo capitolo del suo progetto di fusione del cantautorato italiano con la musica elettronica. La ricerca sonora nella musica di Smitti qui si intreccia e fonde con la ricerca personale e interiore del protagonista del brano, alla ricerca di una crescita che porti a conoscere il suo vero Io. In questo percorso si inserisce inaspettatamente la passione per una donna, che viene però accarezzata e lasciata andare perché il viaggio spirituale non è ancora concluso e non può sostenere l’amore per un’altra persona. Le sonorità elettro-pop del brano restituiscono il senso di un viaggio interiore turbolento e travagliato, con una sezione ritmica incalzante sulla quale tastiere e chitarre tessono un tappeto sonoro lisergico e ipnotico.
Fabio Cancian in arte Fabio Smitti, sviluppa in gioventù una spiccata passione per la musica, dedicandosi anche in modo occasionale a lezioni di chitarra. Ascolta tra i più svariati generi dalla Tecnotrance al Rock, dal Pop al Grunge, per prediligere infine la musica Italiana. Adora Franco Battiato, Max Gazzè, Neffa e i CSI. A metà anni ‘90 crea una rock band, i BCS producendo anche un CD di musica propria con 12 canzoni in Italiano. Per diverse ragioni abbandona la produzione musicale e i concerti a inizio 2000, fino al 2019 dove incontra Fabio Fiore. I due sono amici musicisti di vecchia data e dopo diverse collaborazioni in passato, decidono di dare vita ad un progetto musicale di musica pop-rock originale, Le Vane Intese. Producono quindi un album dal titolo ENJOY THE MOMENT, progetto pop-rock-indie che evidenzia temi di attualità e di natura sociale in modo ironico e divertente. Escono con 10 tracce in Italiano, 4 di queste pubblicate anche con videoclip. Tra questi c’è ENJOY THE MOMENT vincitore del 1° Premio del Festival Nazionale Amicorti 2020 e EROI l’ultimo uscito. A fine 2021 Fabio ha il desiderio spingersi in qualcosa che lo ha sempre affascinato, di esplorare un mondo musicale diverso: coniugare musica elettronica e cantautorato Italiano. Nasce quindi SATISFACTION che esce a Settembre 2022 raccogliendo riscontri positivi sia dai fan storici che lo hanno sempre seguito sia dagli ascoltatori in cerca di idee nuove. Successivamente tra il 2023 e 2024 escono i singoli LUNA, EPILOGI e ECO MODO. Il nuovo singolo CARMA, sviluppato e prodotto in collaborazione con l'amico e produttore Eduard Orselli, esce l’11 ottobre 2024 in radio e in tutti i digital store.
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gregor-samsung · 2 years ago
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“ (D) I giornali hanno ricordato che il nazismo sognava l'uso generalizzato della t.v. e che solo la guerra distolse le energie tecniche ed economiche dal progetto. La t.v. nacque così, con una signorina tedesca impiegata delle Poste, Ursula Patschke, che [la sera del 22 marzo 1935] apparve in video e annunciò ai dieci apparecchi «ricevitori» esistenti a Berlino che tutto era pronto per «far scendere nei cuori dei camerati del popolo l'immagine del Fürher». Non le sembra un anniversario imbarazzante? Ha sottolineato che la t.v. è nata come strumento di consenso e di dominio.
(R) Nella Germania nazista, come lei diceva, la televisione non fu diffusa su larga scala. Perché la televisione, a differenza della radio, ha bisogno che i ripetitori siano a vista, ha bisogno di grandi impianti e forti investimenti. I francofortesi, quando parlano di masse e «media», non si riferiscono quasi mai alla televisione, bensì alla radio e alle adunate oceaniche. Sono fuggiti da paesi fascisti e nazisti, per cui studiano soprattutto i mezzi impiegati davvero da quelle dittature: Hitler e Mussolini avevano usato ampiamente, oltre alla radio, il cinema di fiction e il documentario. Basti pensare a film come «Scipione l'africano» o a documentari come quelli di Leni Riefenstahl. Sì, la potenza dei media è stata intuita e sfruttata anzitutto dai regimi autoritari e gerarchizzati. La prima stazione radiofonica del mondo è stata quella del Vaticano. I francofortesi, però, non sono come il Karl Popper degli ultimi anni, che ha già mangiato, digerito e rifiutato la televisione. Vengono da un'esperienza tutta radiofonica. Eppure già la radio appare loro uno spauracchio terribile, un'inedita possibilità di massificazione. D'altronde era vero: prima della radio un predicatore, poniamo il Savonarola, poteva essere ascoltato al massimo da qualche migliaio di persone. Non c'era, tecnicamente, possibilità di maggiore "audience". Ora si è passati a milioni; in alcuni casi (come le Olimpiadi o lo sbarco sulla luna) addirittura a miliardi. Tenga conto, per di più, che a metà degli anni cinquanta la radio da noi era ancora un lusso. Ricordo che sotto casa nostra abitava una vecchietta che per tutta la vita, e inutilmente, ha desiderato di possedere un apparecchio radiofonico. A metà degli anni cinquanta arriva anche la televisione, un «medium» che d'improvviso irrompe e agisce con presa inaudita. S'immagini un paese d'inverno: alle cinque è buio, i bar sono chiusi, la gente è a casa... La televisione crea veramente il villaggio globale. All'improvviso dà a tutti la possibilità di entrare dovunque: nelle case di lusso come alla Scala. E all'improvviso Agnelli e un contadino lucano vedono lo stesso telegiornale. Nella gerarchia del mezzo televisivo basta essere utenti per essere uguali agli altri. Personaggi totalmente sconosciuti, poi, diventano idoli all'improvviso. Con due o tre puntate di «Lascia o raddoppia» Mike Bongiorno diventa una star. E si conquista il saggio semiologico di un autore sofisticato come Umberto Eco. “
Domenico De Masi, Ozio creativo. Conversazione con Maria Serena Palieri, Ediesse (collana Interventi), Roma, 1997¹; pp. 49-50.
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