#laghetti
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gennarocapodanno · 23 days ago
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Napoli: al Vomero avvallamenti che diventano laghetti
Carenze manutentive e lavori stradali eseguiti male Via Luca Giordano: uno dei laghetti             A Vomero, in questo mese di ottobre, con le prime piogge, si evidenzia ancora di più  la situazione disastrosa delle strade cittadine con dissesti che mietono tantissime vittime. Ripercussioni incalcolabili per la società civile ma anche per le casse pubbliche, pure alla luce delle numerose…
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zanycollectiveflower · 6 months ago
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der-saisonkoch · 11 months ago
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Giro 161223
Die heutige Giro war eine Unterlandgiro. Bis auf Eppan und Kaltern, war wenig Verkehr zu der Zeit, zu der ich gefahren bin. Gegen 14 Uhr. Auf unserem Balkon waren es 17 °C bei meinem Aufbruch. Im Etschtal war es schon bedeutend kühler. Dort habe ich 12°C gemessen. Ich habe heute einen Abstecher über Tramin genommen. Die Rückfahrt führte mich über Neumarkt – Bozen.
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rikki-tiki-tavi · 3 months ago
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Morganna LaGhetti
True heir to the thrones, at least in her opinion. Hot, bitchy, french, and an ode to every Betty spaghetti I gothified
Ref from @adorkastock <3
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diceriadelluntore · 5 months ago
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La Metà Di Niente*
Il fatto che ormai per qualsiasi cosa si tiri in ballo "quelli che non vanno a votare" credo sia l'apoteosi del "metodo ultras" che ha impregnato il nostro costume sociale. che si riassume in: Se non fai come la penso io, sei inferiore (e sono stato elegante). Ribadito che è un segnale negativo, preoccupante e ormai consolidato la bassa affluenza, e ribadito che il diritto\dovere del voto è principio ambiguo, pochissimi si chiedono il perchè ci sia disaffezione al voto. Moltissimi tuttavia immaginano questa quota di non votanti di volta in volta: un enorme bacino per qualsiasi formazione politica, una quota maggiore di popolazione su cui fare i conti elettorali (che è un assurdità, dato che le elezioni si vincono appunto sui votanti effettivi e non sugli aventi diritto, ci vorrebbe un nuovo Trilussa per spiegarlo), ma soprattutto la causa della vittoria o sconfitta della parte avversa. A volte è "il partito vincente", e diventa un monolite. Altre volte è il partito dei delusi, probabilmente aspetto importante nella questione.
Il significato della rappresentanza dei partiti politici è proprio nel "mirare a una piena comprensione delle domande dell’elettorato e alla migliore rappresentanza possibile". (I problemi della rappresentanza politica di G. Pasquino, Enciclopedia Treccani). Ci si dovrebbe chiedere cosa fanno i partiti, e cosa vogliamo chiedere loro, per attivare la comprensione che citava il professor Pasquino. E qui che si dovrebbe discutere: sui modi, sulle persone, sui candidati, sui metodi per sceglierli e così via.
Detto che è ampiamente condivisibile la volontà di non esprimere un voto qualora non vi siano espressioni delle proprie idee politiche, mi chiedo come sia possibile criticare chi non vota quando è pratica comune, e spesso espressione di giubilo, denigrare giornalmente i partiti (soprattutto un paio) per la quasi totalità delle scelte che fanno. Tra l'altro tutte le formazioni, spesso improvvisate, fatte per "catturare gli spazi liberi" lasciati dai partiti di cui sopra alle elezioni prendono decimali di preferenze, che ovviamente hanno il mio totale rispetto, ma che contributo danno a portare le persone al voto?
Ho preso il titolo di questo post dal libro, sensazionale, che Catherine Dunne scrisse nel 1998 (che in inglese si intitola In The Beginning). In esso c'è questo passaggio, che mi sembra azzeccato:
Gli uomini e le donne sono come tanti laghetti. Esternamente sono molto simili, nel punto di partenza e nella destinazione. La tragedia è che mentre uno è ancora impegnato nel tragitto di andata, l'altro ha appena iniziato quello di ritorno.
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sciatu · 1 year ago
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VENDICARI
“e ora dove andiamo?” Chiese la figlia partendo da Marzamemi. “andiamo dove l’uomo è solo un ospite” Le risposi enigmatico. Partimmo cosi prendendo autostrade che non erano autostrade con caselli per il pedaggio abbandonati che sembravano usciti da un film horror e strade bianchissime che diventavano mulattiere strette e scomode, fino a che i vigneti, gli uliveti e i campi pieni di piccoli mandorli lasciano il posto a canneti senza fine. In uno di questi lasciamo la macchina e procediamo verso un mondo che ha vinto la civiltà, verso Vendicari. Delle attempate e cordiali signore vestite da ranger ci registrano al limitare di un Boschetto e da li ci incamminiamo per l’oasi su una strada sopraelevata circondata da canneti e acque salmastre. La strada ci porta verso il mare e, come animali in cattività seguiamo percorsi protetti da reti in modo da non disturbare gli acquitrini e gli ospiti che li vivono. Siamo come sopportati e intorno a noi la natura è dominante, rigogliosa, intoccata, splendidamente felice. Arriviamo ad una striscia di sabbia. Il mare è quieto, caldissimo e non sprofonda subito negli abissi che circondano la Sicilia, ma degrada lentamente e puoi camminare a lungo senza affondare. È una piscina naturale, calda e accogliente. Lontano la tonnara è un avanzo umano a ricordarci che li siamo ospiti e che è la natura la vera signora e padrona. Nella spiaggia e lungo le strade che costeggiano i laghi, non c’è un cestino per l’immondizia, ma non vedi tra l’erba e i cespugli neanche una bottiglia di plastica o di birra, un sacchetto un pannolino usato o un mozzicone di sigaretta. Nessuno oserebbe sporcare Vendicari e questa attenzione a lasciare tutto com’è, com’era, come sarà, è un segno di devozione, un atto d’amore assoluto. Nei laghetti i fenicotteri pascolano silenziosi, i grandi granchi si muovono nervosi, il vento si acquieta e il richiamo degli uccelli è l’unico suono che ci accompagna. Lontano monti ingialliti dal caldo e dietro di loro un illusorio mondo tecnocratico, freddo e impietoso. Ci sdraiamo sulla sabbia calda e aspettiamo il tramonto per visitare la tonnara. Chiudo gli occhi e mi sembra di scivolare in un sogno bellissimo ma mi sveglio di soprassalto spaventato che tutto sia illusione, guardandomi ansiosamente intorno. C’è solo il vento, la cantilena delle onde del mare, la carezza del sole, le voci gioiose di bambini e voci dei volatili che si chiamano negli stagni quieti. Per fortuna non era un sogno: è Vendicari.
“And where are we going now?” My daughter asked fwhen we left Marzamemi. “let's go where man is just a guest” I replied enigmatically. So we leave, taking highways that weren't highways with abandoned toll booths that seemed like something out of a horror film and very white roads that became narrow and uncomfortable mule tracks, until the vineyards, olive groves and fields full of small almond trees gave way to cane thickets. endless. In one of these we leave the car and proceed towards a world that has won civilization, towards Vendicari. Some elderly and friendly ladies dressed as rangers register us at the edge of a grove and from there we set off towards the oasis on an elevated road surrounded by reeds and brackish waters. The road takes us towards the sea and, like animals in captivity, we follow paths protected by nets so as not to disturb the marshes and the guests who live there. We are tolerated and around us nature is dominant, luxuriant, untouched, splendidly happy. We arrive at a strip of sand. The sea is calm, very warm and does not immediately sink into the abyss surrounding Sicily, but slopes slowly and you can walk for a long time without sinking. It is a natural swimming pool, warm and welcoming. Far away, the tonnara is a human remnant to remind us that we are guests there and that nature is the true lady and mistress. On the beach and along the roads that run along the lakes, there is no rubbish baskets, but you don't see even a plastic or beer bottle, a bag, a used nappy or a cigarette butt among the grass and bushes. . No one would dare to dirty Vendicari and this attention to leaving everything as it is, as it was, as it will be, is a sign of devotion, an act of absolute love. In the lakes the flamingos graze silently, the large crabs move nervously, the wind calms down and the call of the birds is the only sound that accompanies us. Far away mountains yellowed by the heat and behind them an illusory technocratic world, cold and merciless. We lie down on the warm sand and wait for the sunset to visit the tuna fishery. I close my eyes and I feel like I'm slipping into a beautiful dream but I wake up with a start, scared that everything is an illusion, anxiously looking around. There is only the wind, the singing of the sea waves, the caress of the sun, the joyful voices of children and the voices of birds calling each other in the quiet ponds. Luckily it wasn't a dream: it's Vendicari.
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marcoleopa · 2 months ago
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R.n. Laghetti di Marinello
P.s. granita messinese e brioche "cu tuppo"=patrimonio dell'umanità
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m596118 · 1 year ago
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“Lloyd, tu cosa pensi che siano i desideri?”
“Credo che siano buche su cui ci si costruisce la vita, sir. Quando si riesce a esaudirne uno, la buca si riempie e si può proseguire coi lavori”
“E quando non si esaudisce?”
“Alcuni scelgono di costruirci comunque sopra creando instabilità chiamate rimpianti. Altri ci girano intorno e passano oltre, sir”
“E noi?”
“Se ben ricordo sir, ne abbiamo fatto una serie di laghetti molto graziosi.“
"Quelli che ogni tanto mi piace guardare al tramonto?”
“Esattamente quelli, sir. Esattamente quelli”
🦖
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canesenzafissadimora · 4 months ago
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“Lloyd, tu cosa pensi che siano i desideri?”
“Credo che siano buche su cui ci si costruisce la vita, sir. Quando si riesce a esaudirne uno, la buca si riempie e si può proseguire coi lavori”
“E quando non si esaudisce?”
“Alcuni scelgono di costruirci comunque sopra creando instabilità chiamate rimpianti. Altri ci girano intorno e passano oltre, sir”
“E noi?”
“Se ben ricordo sir, ne abbiamo fatto una serie di laghetti molto graziosi.“
"Quelli che ogni tanto mi piace guardare al tramonto?”
“Esattamente quelli, sir. Esattamente quelli”
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greatmoonballoon · 4 months ago
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Iniziano a parlare di crisi idrica e a me è già salita l'ansia. Lo scorso anno siamo stati senza luce né acqua per 5 giorni mentre fuori faceva 45 gradi.
Non piove come si deve da mesi e ho visto qualche settimana fa dei laghetti quasi a secco. Mi viene da piangere a vedere certe cose e tanto tanto impotente.
Quando mi lamentavo della pioggia che rovinava gli impegni e le uscite, oggi mi rendo conto di quanto davvero sia preziosa. Magari esagerano i media però è vero che la situazione è critica.
Spero che quest'estate sia più clemente e fresca rispetto a quelle passate 😞
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francesco-blog-di · 8 months ago
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Laghetti per fortuna non fasulli e oche arrabbiate:
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yoursticazzi · 1 year ago
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"Quanto a Emma, non si chiedeva se lo amasse. Ella credeva che l'amore dovesse arrivare all'improvviso, con fragori e folgori; uragano dei cieli che cade sulla vita, la sconvolge, strappa via le volontà come foglie, e trascina all'abisso il cuore intero. Ella non sapeva che sulle terrazze delle case la pioggia forma laghetti quando le grondaie sono ingorgate, e avrebbe continuato a credersi al sicuro, quando a un tratto scoprì una crepa nel muro.“
Gustave Flaubert, Madame Bovary // Giovanni Boldini
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der-saisonkoch · 1 year ago
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Jetzt habe ich den Ersten
Das ist am Gampen an der Gfrill. Ich komme mit 70 den Berg rauf. In eine verdeckte Kurve – außen und muss schwer bremsen. Dort hat diese Hornochse einen LKW überholt. Ich hatte das glücklicherweise schon geahnt und vorher etwas abgebremst. Denn, durch die Kurve kamen mir schon Vier entgegen. Motoristi kommen dort mit etwa 100 an – bei 90 erlaubten. Raser haben etwa 140. Beide Typen würden nicht…
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corrilibero · 9 months ago
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Questo è quello che mi fa stare bene.
Il primo e unico ultratrail che avevo corso prima di domenica 28 Gennaio era stato “Translagorai Classic” e, per dovere di cronaca, è stato per ora, il mio miglior DNF.
Che poi non c’è niente di male, capita e, anzi, non aver terminato TLC è un’ottima scusa per tornare a Trento, rivedere un po’ di amici e tentare nuovamente la traversata del Lagorai per portarmi a casa l’adesivo più desiderato della storia dell'Ultrarunning italiano.
In quell’occasione mi ritirai al rifugio Cauriol (non ringrazierò mai abbastanza Letizia e Chiara per avermi recuperato), letteralmente svuotato di ogni energia dopo circa 50km e più o meno 3000 D+ (che i più esperti mi correggano) ma, non lo saprò mai con certezza perché il mio GPS pensò bene di abbandonarmi dopo 12 ore (più o meno tra i laghetti di Lagorai ed il Cimon de la Sute).
Ma torniamo a noi e ai dubbi che mi assalgono la sera di sabato 27. Dopo aver viaggiato, ritirato i pettorali e cenato insieme a Dario, Marco e Carletto, arriva il momento di andare a letto ed è lì che mi aspettavano i dubbi:”Ma domani, ce la farò? Sul Lagorai sono arrivato più o meno al 50° km con circa 3000 D+, distrutto e dopo una quantità di ore che nemmeno ricordo bene. Ricordo però che dopo 12 ore quando il GPS si spense, ero sì e no al 41° o 42° km e forse il dislivello era simile a quello che mi aspetta domani… saranno 45 km e 2300 D+ ed il tempo limite sarà di 10 ore. Sono più allenato, forse… certo non ho mai corso su dei dislivelli simili… ma ho tentato di fare del mio meglio…”
Per fortuna non sono il tipo che si fa togliere il sonno dai dubbi e così arriva finalmente il momento che aspettavamo.
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Siamo lì, tutti e quattro schierati sulla linea di partenza, visibilmente felici ed eccitati, maglia del Team, zainetto contenente tutto il materiale obbligatorio che nessuno ha mai controllato: cappellino, guanti, collo e manicotti. Ci guardiamo, ci scambiamo un doppio cinque ed un “in bocca al lupo” promettendoci di rivederci alla fine e… cinque, quattro, tre, due, uno VIAAAAAAAAAAAA! Si parte, ed è come al solito una grande emozione.
Dopo poco più di un km ci siamo già persi di vista, ma fa parte del gioco e ci va bene così, l’obiettivo è quello di rivederci al traguardo. In fondo “non importa a nessuno quando si va forte, l’importante è soffrire tutti allo stesso modo” (cit. TRC).
I primi km sono tra le strade del paese, mi sento bene. anzi, mi sento in gran forma! Dei dubbi della sera prima nemmeno l’ombra e va benissimo fino al terzo km, quando sento un dolore intenso dietro la coscia sinistra. Dario che era con me si rende conto che qualcosa non va e mi chiede se voglio fermarmi. Cammino qualche secondo, qualcosa dev'essere successo ma no, non voglio fermarmi, non posso ritirarmi ora al terzo km, non se ne parla. Arriviamo al primo ristoro, poi si vedrà.
Da lì in poi è tutto un tira e molla, prima è avanti Dario poi sono avanti io e via così fino al 21° km attraverso paesaggi fantastici e correndo su terreni di ogni tipo affrontando salite, sentieri tecnici di roccia, salite, single track nel sottobosco, ancora salite, forestali fangose, sempre salite, canyon di roccia e di nuovo salite.
Sono stupito. nonostante il dolore che mi porto dal km 3 sto andando bene, non mi sento particolarmente affaticato e quando sono quasi al trentesimo km, ecco davanti a me il ristoro che dovrebbe trovarsi tra il km 29 ed il km 30. Sono lì che inizio a tirar fuori il bicchierino da trail, quando dal sottobosco esce un cane, anche lui corre verso il ristoro, peccato che non mi veda ed infilandosi tra le mie gambe mi fa volare a terra.
Per fortuna non è niente di grave (un livido e qualche escoriazione), vengo immediatamente soccorso dai volontari del ristoro ed in 5 minuti sono di nuovo in strada. Ancora qualche km e mentre sono lì a ragionare sul dislivello che manca e i km che devo ancora percorrere prima di raggiungere il traguardo, entro in una sorta di trance senza rendermi nemmeno conto di percorrere altri 7 km. Torno al presente e sono al 37° km, sono passate poco meno di 5 ore, non manca molto, circa 8 km e 500D+, sono un po’ stanco, ripenso al Lagorai ed ho voglia di riscatto. Con questo pensiero tiro dritto ignorando il dolore che mi porto dal terzo km, la fatica che inizia a farsi sentire ed i quadricipiti che ormai mi insultano per lo sforzo a cui sono sottoposti (sia in salita che in discesa).
Arriverò al traguardo in 6h11’31” felice come un bambino che ha passato una giornata nel miglior parco giochi del mondo e come se non bastasse scopro che qui, alla Ronda Ghibellina, hanno un’usanza diversa dal solito: al posto della solita medaglia da finisher ti danno un boccale di ceramica, pieno di birra!
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Non mi resta che sedermi vicino all’arrivo, sorseggiare la birra ed aspettare i miei compagni per festeggiare il loro di arrivo.
Il primo ad arrivare sarà Marco, seguito da Dario ed a chiudere il gruppo, Carletto.
Queste sono le avventure che ci piacciono, questo è quello che mi fa stare bene.
Al netto del mio non saper scrivere, mi rendo perfettamente conto di quanto, questo breve racconto non possa rendere giustizia all’avventura che abbiamo vissuto, che si è completata nel preciso momento in cui stanchi, sudati ed ammaccati ci siamo abbracciati subito dopo aver oltrepassato la linea del traguardo.
Mi chiedo se abbia senso tentare di trasmettere ciò che ho sentito e vissuto in questa giornata. Ho corso, questo è poco ma sicuro, ma forse la vera essenza, la bellezza di quello ho sentito, non può essere rccontata a parole. Resterà tutto custodito dentro di me, nei miei muscoli, nei miei tendini, nel mio cuore e nei miei polmoni ma, di una cosa sono sicuro e questa ve la posso dire:”è in giornate come queste, passate fuori a correre e a faticare che riesco a far pace con la vita”
Ci vediamo lungo la strada!
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princessofmistake · 1 year ago
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“Lloyd, tu cosa pensi che siano i desideri?”
“Credo che siano buche su cui ci si costruisce la vita, sir. Quando si riesce a esaudirne uno, la buca si riempie e si può proseguire coi lavori”
“E quando non si esaudisce?”
“Alcuni scelgono di costruirci comunque sopra creando instabilità chiamate rimpianti. Altri ci girano intorno e passano oltre, sir”
“E noi?”
“Se ben ricordo sir, ne abbiamo fatto una serie di laghetti molto graziosi.“
"Quelli che ogni tanto mi piace guardare al tramonto?”
“Esattamente quelli, sir. Esattamente quelli”
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raffaeleitlodeo · 2 years ago
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‘Zaiastan, la terra spettrale dei capannoni abbandonati’
Se volete regalare un capannone per Natale, questo è il momento giusto. La Confindustria del Veneto ha aperto un portale nel quale cerca di ricollocare undici mila capannoni abbandonati. Vengono via con poco. Demolirli costa, i proprietari preferiscono lasciarli lì, gusci vuoti in mezzo alla grande pianura. Carcasse in memoria del nostro prosperoso Novecento. Che ce ne facciamo, adesso, di tutti quei capannoni vuoti? Qualcuno ha pensato di farci i rave-party, ma non è andata a finire bene. Cercare di rifilarli ai cinesi, come abbiamo già fatto con pezzi importanti della nostra industria dismessa, non funziona più: i cinesi si stanno comprando l’Africa, ormai ragionano in grande, altro che Veneto… Forse si potrebbe provare con una grande campagna nazionale, “adotta un capannone a distanza”. Con i pinguini funziona. O smantellarli e ricostruirli su Marte, basta chiedere a Elon Musk. Nel solo Veneto i capannoni sono più di novantamila, più o meno uno ogni 50 abitanti. Non ci credevo, ho rifatto i calcoli un paio di volte, ma la proporzione è questa: ogni cinquanta veneti c’è un capannone. I medici di base – media nazionale - sono uno per ogni 1200 abitanti. Un capannone ogni 50 abitanti, un medico di base ogni 1200. Un po’ ovunque, con poche eccezioni, l’Italia ha costruito se stessa, e il proprio benessere, sulla base di un patto con la politica che funziona più o meno così: io ti voto, ti faccio fare il sindaco, il consigliere regionale, il deputato. In cambio, tu devi chiudere un occhio se evado le tasse, lo sai, no, che lo faccio solo per far quadrare i miei conti… E devi lasciarmi costruire il mio capannone, e la mia casa, dove mi va, senza fare troppe storie. Lo sai, no, che lo faccio solo per il bene della mia famiglia… L’abusivismo edilizio, con le case costruite nei valloni franosi, o accanto al greto dei fiumi, porta morte e dolore. Con i capannoni sparpagliati a casaccio, a decine di migliaia, va appena un poco meglio: a morire è l’ambiente, perché la cementificazione leva il respiro alla Terra. E a morire è il paesaggio italiano, che poi magnifichiamo nelle campagne di promozione turistica, come se la retorica potesse salvarci. Un grande veneto, il poeta Andrea Zanzotto, definì “progresso scorsoio” questa maniera di vivere. Progresso scorsoio: più accelera, più ti stringe alla gola. Oggi ci ritroviamo a fare i conti con i capannoni dismessi, e domani? I centri commerciali nascono come funghi. E sorgono in pochi mesi gli smisurati capannoni della logistica, cemento e acciaio a perdita d’occhio. Il giorno che dovesse cambiare il modello di sviluppo, e cambierà, che ce ne faremo, di centinaia di centri commerciali dismessi, e dei depositi della logistica lunghi chilometri? Per far vedere che hanno buone intenzioni, i giganti della logistica mettono spesso, accanto ai loro megadepositi, i laghetti con le papere. Quando sarà il momento di svendere quei capannoni giganti, tra venti o trent’anni, anche le papere saranno comprese nel prezzo.
- Michele Serra
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