#laboratori di restauro
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pier-carlo-universe · 21 days ago
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Storia del Grand Egyptian Museum: il più grande museo archeologico del mondo
Un monumento alla storia e alla cultura egizia, tra ritardi e inaugurazioni parziali.
Un monumento alla storia e alla cultura egizia, tra ritardi e inaugurazioni parziali. Un progetto faraonico per la cultura mondiale.Il Grand Egyptian Museum (GEM), situato vicino alle Piramidi di Giza, è destinato a diventare il museo archeologico più grande del mondo. Questo colossale progetto, concepito per celebrare la magnificenza della storia e della cultura egizia, rappresenta uno sforzo…
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mishimamiravenecia · 9 months ago
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CA' D'ORO
(English / Español / Italiano)
The Palazzo Ca' d'Oro, located on the banks of Venice's iconic Grand Canal is a testament to Venice's rich architectural Gothic legacy. . Originally adorned with glittering gold leaf, vermilion and ultramarine ornaments, this masterpiece truly lived up to its name, which translates as 'House of Gold'.
It was built in the middle of the 15th century (1421) as the residence of the Procurator of San Marco, Marino Contarini. In 1916, Baron Giorgio Franchetti donated it to the Italian government and, after some renovations, it was opened to the public to display the works of art that the nobleman had collected throughout his life.
Among the most valuable works are the St. Sebastian by Andrea Mantegna, the Portrait of Marcello Durazzo by Antoon van Dyck, the Double portrait by Tullio Lombardo, the Venere allo specchio by Titian, two views by Francesco Guardi, the Crucifixion by Jan van Eyck, the Sleeping Venus by Paris Bordone and what remains of Titian s frescoes painted on the side façade of the Fondaco dei Tedeschi, among which the Juditta stands out. By Vittore Carpaccio and workshop are the three canvases with the Stories of the Virgin from the Scuola degli Albanesi.
In addition to the exhibition rooms, the museum houses various workshops for the conservation and restoration of works of art.
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El Palacio Ca' d'Oro, ubicado a orillas del emblemático Gran Canal de Venecia, es un testimonio del rico legado arquitectónico gótico de Venecia. . Originalmente adornada con brillantes hojas de oro, bermellón y adornos ultramarinos, esta obra maestra realmente hizo honor a su nombre, que se traduce como "Casa de Oro".
La construcción se hizo a mediados del siglo XV (1421), para ser la residencia del Procurador de San Marcos, Marino Contarini. En 1916, el barón Giorgio Franchetti se lo cedió al gobierno italiano, después de unas reformas se abrió al público para exponer las obras de arte que el noble reunió a lo largo de su vida.
Tra le opere di maggior pregio vi sono il San Sebastiano di Andrea Mantegna, il Ritratto di Marcello Durazzo di Antoon van Dyck, il Doppio ritratto di Tullio Lombardo, la Venere allo specchio di Tiziano, due vedute di Francesco Guardi, la Crocifissione di Jan van Eyck, la Venere dormiente di Paris Bordone e ciò che resta degli affreschi di Tiziano dipinti sulla facciata laterale del Fondaco dei Tedeschi, tra cui spicca la Giuditta. Di Vittore Carpaccio e bottega sono i tre teleri con le Storie della Vergine provenienti dalla Scuola degli Albanesi.
Oltre alle sale espositive, il museo ospita vari laboratori per la conservazione e il restauro di opere d'arte.
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Il Palazzo Ca' d'Oro, situato sulle rive dell'iconico Canal Grande di Venezia, è una testimonianza della ricca eredità architettonica gotica di Venezia. Originariamente adornato con scintillanti ornamenti in foglia d'oro, vermiglio e ultramarino, questo capolavoro era davvero all'altezza del suo nome, che si traduce come "Casa d'oro".
Fu costruito a metà del XV secolo (1421) come residenza del Procuratore di San Marco, Marino Contarini. Nel 1916 il barone Giorgio Franchetti lo cedette al governo italiano e, dopo alcuni lavori di ristrutturazione, fu aperto al pubblico per esporre le opere d'arte che il nobile collezionò nel corso della sua vita.
Tra le opere più preziose ci sono il St. Sebastiano di Andrea Mantegna, il Ritratto di Marcello Durazzo di Antoon van Dyck, il Doppio ritratto di Tullio Lombardo, il Venere allo specchio di Tiziano, due vedute di Francesco Guardi, il Crocifissione di Jan van Eyck, la Venere addormentata di Paris Bordone e quel che resta degli affreschi di Tiziano dipinti sulla facciata laterale del Fondaco dei Tedeschi, tra i quali spicca la Giuditta. Di Vittore Carpaccio e bottega sono le tre tele con le Storie della Vergine della Scuola degli Albanesi.
Oltre alle sale espositive, il museo ospita diversi laboratori per la conservazione e il restauro delle opere d'arte.
Video: mimejorvenecia.com
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istanbulperitaliani · 9 months ago
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I silos di Çubuklu
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I Silos di Çubuklu sono tra i più antichi impianti di stoccaggio di Istanbul. Situati nella località di Çubuklu di Beykoz, i silos hanno svolto un ruolo cruciale nello stoccaggio di carburante durante il periodo di industrializzazione di Istanbul. Dopo il loro abbandono hanno ritrovato nuova vita grazie ad un ambizioso progetto di restauro e trasformazione realizzato dal comune di Istanbul.
Il complesso, con una superficie di 20.000 metri quadrati, offre ora una vasta gamma di servizi culturali e ricreativi. Ha una biblioteca che può ospitare 110 persone e dispone di una collezione di 12.500 opere. Inoltre, il sito comprende il Museo delle Arti Digitali, il Museo della Natura e della Scienza, laboratori, un palco per eventi, aree per bambini, ristoranti e bar.
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Come successo per altre strutture, come ad esempio il Museo Gazhane, non solo é stato preservato un pezzo significativo del patrimonio industriale di Istanbul ma é stato creato un nuovo centro culturale che arricchisce la vita della comunità locale con eventi educativi, culturali e artistici accessibili a tutti. Sono tutte innovazioni che rendono Istanbul una metropoli all'avanguardia per i progetti di rigenerazione urbana, combinando conservazione del patrimonio e funzionalità moderne per il beneficio della città.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città.
Scrivi una e-mail a: [email protected]
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micro961 · 7 months ago
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Olga Tree - Il nuovo romanzo “La leggenda della sorgiva”
Il libro è stato pubblicato dalla casa editrice “PubMe” il 27 maggio 2024
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“La leggenda della sorgiva” è il nuovo romanzo della scrittrice Olga Tree, pubblicato il 27 maggio 2024 dalla casa editrice “PubMe” per la collana “Segreti in giallo Ragazzi”.
Il libro, rivolto ad un pubblico sia giovanile che adulto, narra della storia di un padre e di una figlia, Edmond e Nataliè Ribès, che si recano in un luogo quasi incantato: Cedrì. Edmond, con sua enorme sorpresa, scopre di aver ereditato la casa natale: a partire da questo evento, lui e la figlia vivranno una serie di vicissitudini che li porteranno alla piena conoscenza di loro stessi e ad una finale resa dei conti.
Il titolo del romanzo è dato dalla sorgiva che promette vita eterna a chiunque ne beva un sorso: è vero o si tratta di una leggenda? Il senso di eternità sarà forse racchiuso in altro?
La scrittrice lascia immergere il giovane lettore in una storia fantastica, misteriosa ed affascinante, che lo incanta fino all’ultima pagina.
Già inserita nell’ambiente della narrativa e dell’illustrazione per ragazzi, la scrittrice Olga Tree, pseudonimo di Chiara Vincenzi, con questo romanzo crea una perfetta armonia fra scrittura e disegno, fra realtà e immaginazione. 
Acquista il libro 
Storia dell’artista
Olga Tree è nata a Mantova e, attualmente, abita in Alta Val Seriana in provincia di Bergamo.
Sin da bambina, è appassionata di disegno: si diploma in restauro antico e continua a tenere viva la sua passione per l’illustrazione e la grafica. Durante uno stage presso uno studio di grafica per libri scolastici, apre le porte al mondo editoriale, pubblicando nel 2010 diversi libri per bambini con Il Ciliegio Edizioni. Qualche anno dopo, collabora con A.car Edizioni, la casa editrice che pubblica il suo progetto personale “Strega per metà”, trilogia fantasy per la collana Fantasy Book - Young Adult. Si affaccia nell’ambito scolastico grazie a Mannarino Edizioni: il libro didattico “Il segreto dei Longobardi” ha ricevuto il premio Marchio di Qualità Anno 2023 all’interno della Fiera per la Microeditoria di Chiari. La collaborazione con Jane Rose Caruso dà vita alla serie dedicata a “Le Fiabe della Foresta Incantata”, facendo riscoprire al lettore il bambino che è in ciascuno di noi.
In veste di autrice, pubblica “Nanà, la strada verso casa” e “La leggenda della Sorgiva”, per la casa editrice “PubMe”. Continua il lavoro da illustratrice, realizza laboratori, corsi nelle scuole e ha collaborato con il gruppo di lettura animata “Ad Alta Voce”.
Facebook: https://www.facebook.com/chiara.vincenzi.96/ 
Instagram (autrice): https://www.instagram.com/kiaraautrice/ 
Instagram (illustratrice): https://www.instagram.com/chiarartbook/ 
Linkedin: https://www.linkedin.com/in/chiara-vincenzi-421ab592/ 
Sito personale:https://sites.google.com/view/kiarautrice/home
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cinquecolonnemagazine · 7 months ago
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Cinzia Pasquali alla Scuola di restauro di Botticino racconta il segreti del capolavoro di Leonardo da Vinci
Tra le restauratrici più famose al mondo, Cinzia Pasquali sarà ospite, venerdì 19 luglio alle ore 10.30, della Scuola di Restauro di Botticino per tenere una lectio magistralis sui segreti dei capolavori di Leonardo da Vinci, in particolare “Sant’Anna, la Vergine e il Bambino”. Il celebre dipinto di Leonardo, conservato presso il Museo del Louvre di Parigi, è stato restaurato da Cinzia Pasquali tra il 2011 e il 2012. L’intervento, definito “il restauro del secolo”, è stato raccontato in un documentario prodotto dal Museo del Louvre nel 2012, intitolato “Leonardo da Vinci. The Restoration of the Century”. Cinzia Pasquali Da 30 anni la base operativa di Cinzia Pasquali è a Parigi, dove lavora per riportare all'antico splendore alcuni dei più importanti capolavori del mondo. Ha iniziato il proprio percorso formativo presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (ISCR), organo tecnico del Ministero della Cultura italiano, per poi intraprendere un percorso professionale che l’ha portata ad affermarsi tra i più grandi professionisti del settore a livello mondiale.  Tra gli interventi che hanno segnato la sua carriera: la Galleria di Apollo al Louvre, la Galleria degli Specchi a Versailles e le pitture del Duomo di Napoli, ma anche opere di importanti autori come Bronzino, Ribeira e Giuseppe Penone, fino ad arrivare a Leonardo Da Vinci. La lectio magistralis di Cinzia Pasquali si svolgerà presso i laboratori di restauro della Scuola di Restauro di Botticino a Milano Bovisa, in via Enrico Cosenz 54. La partecipazione è gratuita con registrazione obbligatoria. La Scuola di Restauro di Botticino, cuore pulsante del centro internazionale di formazione e ricerca Valore Italia, è un luogo dinamico e interdisciplinare ma anche innovativo e sperimentale, dove studiare le nuove metodologie da applicare al restauro e al contempo formare i restauratori di domani. Immagini: Scuola di Restauro di Botticino Read the full article
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enkeynetwork · 9 months ago
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mypickleoperapeanut · 10 months ago
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"Storia e innovazione nel decennale del Museo del Palazzo Pretorio di Prato"
Gli anniversari segnano sempre, oltre ad una dovuta scansione temporale, un importante momento per fare il punto su ciò che è stato, su ciò che è, e naturalmente su ciò che sarà.
Dall'inaugurazione ufficiale del Museo del Palazzo Pretorio di Prato, avvenuta il 12 aprile 2014, seguito da un meticoloso restauro del Palazzo iniziato nel 1998, che aveva ospitato il Museo Civico fin dal 1912, sono trascorsi dieci anni durante questo decennio sono stati portati a termine numerosi progetti con l'obiettivo comune di rendere il Museo un interprete della contemporaneità di ogni epoca e di incrementare la sua inclusività.
Matteo Biffoni, Sindaco del Comune di Prato, nella conferenza stampa di venerdì 12 aprile 2024 ha dichiarato : "In occasione del decimo anniversario dall'apertura del Museo di Palazzo Pretorio, inauguriamo una nuova sala.
Questo testimonia che il Pretorio è sempre stato in continua evoluzione con mostre, nuove sale, linguaggi inclusivi, e l'essere un centro culturale amico delle persone con autismo dimostrano come l'arte possa coinvolgere tutti con la sua bellezza e capacità di comunicare.
Da adesso, al primo piano, sarà possibile ammirare opere del '400 e '500 che erano conservate nei depositi, frutto dell'impegno nell'investire per valorizzare il patrimonio esistente."
Simone Mangani, Assessore alla cultura del Comune di Prato, ha così sottolineato : "In questi dieci anni, il Museo civico di Palazzo Pretorio si è affermato come un punto di riferimento culturale, grazie all'impegno costante del Direttore dott.ssa Rita Iacopino, dello staff e del Comitato scientifico, riuscendo a tessere relazioni, consolidare e arricchire un patrimonio inestimabile.
Con l'inaugurazione di questa sala, il percorso espositivo si arricchisce di un insieme di opere di maestri del Quattrocento, riflettendo il contesto culturale dell'epoca, attivo a Firenze e nelle aree circostanti, oltre a una selezione di dieci dipinti raffiguranti Sacre Famiglie e Madonne con Bambino del XVI secolo.
Questo nuovo spazio fa parte di un più ampio progetto di espansione dell'offerta museale che includerà presto ulteriori due aree: una dedicata a "Prato prima di Prato", esponendo reperti archeologici del territorio e dell'antico insediamento etrusco di Gonfienti, del VI secolo a.C., integrati da contenuti multimediali e una al Museo del Risorgimento, mostrando cimeli del precedente Museo del Risorgimento, originariamente allestito nel Pretorio dai primi anni del Novecento e conservati nei depositi.
A questi nuovi allestimenti si aggiungono percorsi multisensoriali paralleli con contenuti interattivi, opere da toccare e ascoltare, guide in lingua dei segni e dispositivi multimediali innovativi.
Il decennale del Museo è celebrato anche con un programma variegato di eventi, che includono performance artistiche, danza, laboratori, musica, incontri tematici e attività destinate a un pubblico eterogeneo.
Prato 12 aprile 2024
Città di Prato Palazzo Pretorio, Prato
Ministero della Cultura Ministero del Turismo ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo
Italia&friends Toscana
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personal-reporter · 1 year ago
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Marcel Duchamp e la seduzione della copia a Venezia
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Fino al 18 marzo 2024, la Collezione Peggy Guggenheim a Venezia presenta Marcel Duchamp e la seduzione della copia, a cura di Paul B. Franklin, studioso indipendente che vide a Parigi e tra i massimi esperti di Marcel Duchamp (1887-1968). Si tratta della prima personale che il museo dedica a Duchamp, tra gli artisti più influenti del Novecento, storico amico e consigliere della mecenate americana Peggy Guggenheim. Con una sessantina di opere realizzate tra il 1911 e il 1968, l'esposizione vede lavori iconici provenienti dalla Collezione Peggy Guggenheim, quali Nudo (schizzo), Giovane triste in treno (1911) e Scatola in una valigia (1935-41), e da altre prestigiose istituzioni museali italiane e statunitensi, come la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Philadelphia Museum of Art, il Museum of Modern Art di New York, il Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Ad affiancare questo nucleo di opere, una serie di lavori meno noti appartenenti all’Estate dell’artista nonché a collezioni private, che provengono dall’eminente collezione veneziana di Attilio Codognato, lungimirante collezionista che fin dai primi anni Settanta si è interessato alla produzione dell’artista francese. Riproducendo i suoi lavori con tecniche diverse, in dimensioni diverse ed edizioni limitate, Duchamp dimostrò che alcuni duplicati e i loro originali danno un analogo piacere estetico, che ridefinisce ciò che costituisce un'opera d'arte e, per estensione, l'identità dell'artista. Esaminando i modi innovativi e vari in cui Duchamp cita se stesso nel corso della sua lunga carriera artistica, il percorso espositivo si sviluppa in  sezioni correlate tra loro, offrendo l’occasione di mettere in relazione una selezione fondamentale di, esercizio essenziale, come più volte sostenuto da Duchamp, per comprenderne il progetto estetico. Inoltre si sviluppa parallelamente all’esposizione una sezione scientifica, organizzata dal dipartimento di conservazione della Collezione Peggy Guggenheim e dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Marcel Duchamp, dove un viaggio nella Boîte-en-valise presenta i risultati dello studio scientifico e dell’intervento di conservazione sull’opera di Marcel Duchamp o Rrose Sélavy (Scatola in una valigia) condotto in due fasi, nel 2019 e nel 2023, nei laboratori di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure, e sostenuto da EFG, Institutional Patron della Collezione Peggy Guggenheim dal 2006. Read the full article
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pietroalviti · 2 years ago
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Ceccano, la Sovrintendenza avvia il restauro del dipinto di Sant'Antonio
Con il trasporto nei laboratori del dipinto conservato nella chiesa della Madonna del Loco a Ceccano – si legge nella pagina facebook della Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio Frosinone e Latina – la Soprintendenza dà inizio al grande progetto di restauro di beni mobili delle province di Frosinone e Latina. Un importante impegno attraverso il quale saranno restituite alle rispettive…
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Biella, Cascina Oremo rinasce come polo educativo e sportivo
Grazie ai 12 milioni di euro investiti dalla Fondazione Crb (ANSA) – BIELLA, 15 APR – L’ex antica Cascina Oremo, tra Biella e Occhieppo Inferiore, dopo i lavori di restauro rinasce come polo educativo, sportivo, innovativo e inclusivo aperto alla cittadinanza. 8.981 mq di spazi complessivi, per la didattica, palestre, piscine, aule e laboratori fruibili da bambini e adulti con e senza…
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abr · 3 years ago
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Il recente via libera del Parlamento europeo al nucleare come fonte green ha riacceso il dibattito (...) sul futuro dell'atomo italiano. (...) L'energia nucleare è considerata da molti l'unica risposta plausibile alla crisi energetica e all'esplosione dei consumi legati al (...) auto elettrica. (...)
Sogin (è società pubblica ) al centro di un'inchiesta della magistratura (...). Nel mirino dei pm (...) ci sono i manager legati a Pd e M5s che hanno gestito - in modo alquanto fallimentare, stando ai risultati, la delicata questione del Deposito nazionale unico delle scorie grazie ai miliardi di euro presi dalle bollette (...). Verrà commissariata e probabilmente smantellata. (...)
Nei giorni scorsi ci sono stati diversi interrogatori, condotti dalla Procura (...). Nel mirino (...) nominati da Luigi Di Maio, (...) manager di area Pd, (...) e amici dell'ex premier slovacco Robert Fico, coinvolto nell'omicidio di un giornalista che lavorava su una pista legata alla 'ndrangheta.
(S)ul futuro della centrale di Caorso il governo gioca la partita più importante: nel Pnrr c'è un progetto - già finanziato con 800 milioni di euro - che prevede di trasformarla in un deposito per opere d'arte da utilizzarsi in caso di calamità naturali e sede di start-up, industrie culturali e creative e laboratori di restauro.
Peccato che Caorso sarebbe perfetto per «testare» i progressi sul nucleare di ultima generazione. (...) «Non possiamo perdere per l'ennesima volta la possibilità di ricoprire un ruolo di guida sullo scenario internazionale». Il dossier è sul tavolo del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani e del premier Mario Draghi. Nei prossimi giorni si capirà qualcosa di più.
Anche fossero miniere di diamanti a cielo aperto da raccogliere col secchiello e non un tema delicato come il nucleare, sei ci metti sopra la Mano Pubblica con le Kompetenzeh pidine o elpueblo che vale Uno! pentastellato, il risultato è catastrofico uguale. Il problema dell'Italì e dell'Europa vien prima delle scelte strategiche (comunque in ritardo di decenni), è SISTEMICO. E' il prodotto del benecomunismo dal volto scemo: per eliminare gli avidi im-prenditorih, consegna il futuro in mano a ... avidi burocrati.
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fashionbooksmilano · 2 years ago
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L’arte delle pietre dure
Annamaria Giusti
euro 39,50
email if you want to buy [email protected]
Le Lettere, Bagno a Ripoli 2012, 264 pagine, 32,5 x 24,5 cm.,brossura,  ISBN 978-8860875969  
Nel corso del tempo le pietre dure hanno esercitato un fascino perenne nel panorama artistico italiano ed europeo. La raffinatezza, l’eleganza e la finezza dei manufatti hanno incantato mecenati e collezionisti di ogni epoca, celebrato i fasti di corti regie e aristocratici casati. Il volume ricostruisce sapientemente, all’interno di un quadro storico completo ed esaustivo, le forme, l’utilizzo e l’impiego di questi nobili materiali nel corso delle varie epoche, attraverso un appassionante percorso corredato di suggestive e affascinanti illustrazioni a colori. Dopo brevi cenni storici – dai tempi antichi fino all’epoca medievale – il viaggio di Annamaria Giusti comincia nel Cinquecento, a Roma, dove la nuova tecnica a mosaico in pietre dure trova largo impiego nella lavorazione di preziosi ornamenti architettonici e sontuosi arredi, adornando i lussuosi ambienti di ricche e nobili famiglie, e diffondendosi così nelle corti aristocratiche di tutta la penisola. Ma è a Firenze che, durante il periodo mediceo, la produzione di mosaici si affina e si perfeziona, arrivando al suo massimo splendore sotto la corte di Ferdinando I de’ Medici quando, nel 1588, viene fondato per volere del sovrano l’Opificio delle Pietre Dure. In seguito al successo della manifattura fiorentina, nel corso del Seicento nascono e si sviluppano presso altre corti europee (a Praga sotto gli Asburgo, in Francia sotto Luigi XIV) laboratori regali per la lavorazione di arredi in pietre dure. Affiancata a quella di Carlo di Borbone a Napoli e a Madrid, e di Caterina II in Russia, la tradizione manifatturiera dell’Opificio fiorentino continua anche nel secolo successivo, sotto i Lorena, quando l’illustre struttura rinverdisce la sua notorietà e il suo prestigio internazionali. Il volume ne tratteggia efficacemente le principali tappe storiche – dal periodo napoleonico alla restaurazione – fino alla seconda metà del XIX secolo, quando l’Opificio vede il suo tramonto come laboratorio artistico delle pietre dure, e viene destinato ad attività di restauro. Un efficace sguardo agli ultimi decenni dell’Ottocento, alle prime esposizioni universali dell’artigianato «tra invenzione e serialità» conclude e completa adeguatamente il volume.
06/10/22
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levysoft · 5 years ago
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Spie spaziali
Fra il 1966 e il 1967, gli Stati Uniti inviarono verso la Luna cinque sonde di ricognizione, denominate Lunar Orbiter, con l’obiettivo di creare una mappa fotografica dettagliata dalla quale selezionare i luoghi migliori per i futuri allunaggi degli equipaggi delle missioni Apollo. La tecnica usata per riportare sulla Terra le immagini della Luna fu decisamente eroica: non disponendo di sensori fotografici digitali, che non erano ancora stati inventati, le sonde Lunar Orbiter fotografarono la superficie selenica su pellicola fotografica da 70 mm. Non esisteva ancora la tecnologia per far tornare sulla Terra queste pellicole, per cui a bordo della sonda fu installato un laboratorio di sviluppo all’interno di un contenitore pressurizzato. Le pellicole furono quindi sviluppate chimicamente, asciugate e poi sottoposte a scansione con un sistema analogico, in maniera completamente automatizzata, a bordo delle sonde. Le Lunar Orbiter trasmisero via radio verso la Terra il segnale di uscita di queste scansioni, che fu captato dalle grandi antenne della NASA situate in Spagna (Madrid), Australia (Woomera) e California (Goldstone). Le fotografie furono ricostruite sulla Terra partendo da questi segnali radio e furono usate per preparare gli allunaggi. Alcune furono pubblicate immediatamente, mentre il grosso fu offerto al pubblico nel 1971, dopo i primi sbarchi umani sulla Luna con equipaggio ad opera degli Stati Uniti. Ma la versione che fu presentata al pubblico fu intenzionalmente e fortemente degradata, con un contrasto estremo e con striature molto marcate. La reale qualità delle spettacolari immagini della Luna scattate dal programma Lunar Orbiter rimase segreta. C’erano infatti due problemi che impedivano alla NASA di rendere pubblici gli originali. Il primo era che la corsa alla Luna fra Stati Uniti e Unione Sovietica era ancora aperta e i sovietici avrebbero potuto sfruttare gratuitamente le immagini americane per le proprie missioni, senza dover costruire e lanciare delle proprie sonde. Il secondo era che le fotocamere delle Lunar Orbiter erano fondamentalmente uguali a quelle dei satelliti-spia militari, semplicemente modificate per fare ricognizione fotografica della Luna anziché del territorio nemico sulla Terra, e il governo statunitense non voleva assolutamente far sapere ai russi quanto fosse sofisticata e potente la tecnologia americana di ricognizione satellitare strategica. Sui giornali uscirono quindi versioni scadenti delle foto e il pubblico, ignaro dell’inganno, si dovette accontentare. Ma alla NASA un gruppo selezionato di esperti sapeva come stavano realmente le cose.
Luna virtuale
Le prime tre missioni della serie Lunar Orbiter fotografarono una ventina di siti lunari ritenuti potenzialmente accettabili per un allunaggio: servivano zone pianeggianti e senza asperità. Fra l’11 e il 25 maggio 1967, la sonda Lunar Orbiter IV scattò una serie di foto della faccia visibile della Luna. In segreto, le immagini in qualità originale furono stampate e composte per ottenere un mosaico dettagliatissimo della superficie lunare. La risoluzione era talmente elevata che la panoramica complessiva stampata misurava 12 per 16 metri e fu disposta sul pavimento di una grande sala, nella quale gli analisti e anche gli astronauti entravano scalzi per camminare virtualmente sulla Luna. Nonostante le dimensioni, i dettagli di queste foto richiedevano comunque l’uso della lente d’ingrandimento. Alcune delle immagini, scattate da una quota di circa 44 chilometri, mostravano dettagli inferiori al metro, e la quinta missione acquisì immagini della faccia nascosta della Luna e dettagli dei siti di allunaggio, producendo una cartografia selenica quasi completa. Ma una volta usate, queste fotografie eccezionali furono archiviate per proteggere i segreti militari della tecnologia che le aveva rese possibili e al pubblico fu presentata solo una copia di qualità ridottissima.
McMoon
I circa 1500 nastri sui quali erano stati registrati i segnali radio prodotti dalle scansioni di queste pellicole di ricognizione rimasero in magazzino per due decenni. Nel 1986 fu necessario decidere se continuare a conservarli oppure distruggerli. La decisione spettava a Nancy Evans, archivista del Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California. Lei non se la sentì di mandarli al macero e quindi se li portò a casa e li mise nel proprio garage. Evans e alcuni colleghi, con un piccolo finanziamento della NASA, riuscirono a trovare quattro enormi unità Ampex FR-900, macchine speciali necessarie per leggere i segnali memorizzati sui nastri. Anche queste finirono nel garage dell’archivista. Dopo vent’anni di abbandono erano in pessime condizioni, piene di sporco e ragnatele, ed era necessario restaurarle pezzo per pezzo. Ma per farlo occorreva trovare tecnici che si ricordassero delle tecnologie militari degli anni Sessanta e sapessero ricreare i componenti mancanti, in particolare le testine di lettura, i demodulatori e i convertitori da analogico a digitale. Alcuni ricambi furono trovati su eBay. Passarono anni, finché nel 2007 il tentativo di recuperare le foto delle Lunar Orbiter fu annunciato pubblicamente sul sito NasaSpaceflight.com e si fecero avanti vari esperti, fra cui Dennis Wingo, presidente dell’azienda aerospaziale SkyCorp, che sfruttò la propria rete di contatti alla NASA per radunare le risorse umane e tecniche necessarie per il progetto, denominato LOIRP (Lunar Orbiter Image Recovery Project), e lo cofinanziò insieme a Keith Cowing, ex dipendente della NASA. Con l’aiuto di Ken Zin, veterano dell’esercito ed esperto negli apparati di registrazione a nastro militari, riuscirono a riparare un lettore FR-900 e a presentare nel 2009 le prime immagini recuperate, fra le quali spiccava una stupenda immagine obliqua del cratere Copernico. Con l’aiuto di studenti della San Jose State University e di veterani della Ampex, fu ricostruito il sistema di catalogazione dei nastri, ciascuno dei quali conteneva una singola immagine. Dal restauro emerse che lo scanner analogico a bordo delle Lunar Orbiter aveva una risoluzione di 5 micron (200 linee per millimetro) e che il segnale era stato trasmesso verso la Terra usando una compressione analogica lossless (priva di perdite). Convertita in formato digitale, ognuna di queste foto di cinquant’anni fa occupa circa 2 GB e misura circa 19.000 per 16.000 pixel, ben più delle migliori fotocamere digitali professionali di oggi. La qualità delle immagini originali delle Lunar Orbiter, insomma, era infinitamente superiore alle versioni sgranate pubblicate negli anni Sessanta per esempio su Life Magazine. La Terra vista dalla Luna dalle missioni Lunar Orbiter, nella versione intenzionalmente degradata pubblicata nel 1971 (sopra) e nella versione restaurata.
Importanza storica
Oggi tutte le circa 2000 immagini delle sonde Lunar Orbiter ricevute sulla Terra e archiviate sui nastri sono state recuperate, restaurate e pubblicate su Internet presso Moonviews.com e Nasa.gov. Scaricarle non è facile, a causa delle loro dimensioni enormi, ma sono comunque disponibili a chiunque. Queste fotografie non hanno soltanto un valore storico come reperti di un’era pionieristica e di una tecnologia sorprendentemente all’avanguardia nonostante risalga a cinquant’anni fa: grazie alla loro ricchezza di dettagli, sono un riferimento fondamentale per valutare la frequenza degli impatti meteorici significativi sulla Luna, che è un dato importantissimo per i progetti di ritorno alla Luna con equipaggi e di insediamenti permanenti. Confrontando le immagini di cinque decenni fa con quelle delle sonde attuali, come la Lunar Reconnaissance Orbiter, è possibile rilevare e quantificare i crateri formatisi nell’ultimo mezzo secolo.Questi dati di riferimento insostituibili sono sopravvissuti soltanto grazie alla scelta morale di un’archivista tenace, Nancy Evans, e alla determinazione dei veterani. Chissà quante altre pagine storiche dell’esplorazione spaziale giacciono impolverate, in attesa di essere recuperate: purtroppo il tempo stringe, perché i supporti si deteriorano, gli apparati di lettura diventano sempre più rari e la memoria vivente di coloro che sanno come farli funzionare se ne sta andando inesorabilmente.
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englandengland24-blog · 6 years ago
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radio vintage bluetooth
Le radio Erwitt sono pezzi unici vintage originali. Tutto inizia con un lungo lavoro di ricerca da parte di collezionisti di tutta Europa, per offrire solo i modelli meglio conservati per il nostro radio d'epoca bluetooth. Ogni esemplare ha una sua storia: da un minimo di venti anni a un secolo di esperienza. Se solo loro potessero parlare, quante storie ci avrebbero detto. Il progetto segue la filosofia Upcycle: il riutilizzo creativo di un oggetto del passato per trasformarlo in un nuovo prodotto, dandogli cosÏ un nuovo ciclo di vita. Nei nostri laboratori eseguiamo un completo restauro estetico e installiamo una nuova apparecchiatura audio-tecnologica per rendere radio vintage bluetooth compatibile con lo standard wireless Bluetooth. Grazie alle nostre radio vintage bluetooth puoi ascoltare le tue canzoni preferite da Spotify, Youtube, Apple Music o qualsiasi altro servizio di streaming, in totale libert‡ di movimento. Sui modelli portatili sarai supportato da una batteria ricaricabile che ti garantir‡ 15 ore di riproduzione continua. Montiamo diffusori JBL o Sony di alta qualit‡ in base al modello scelto. Ma per chi ama il suono Vintage diamo la possibilit‡ di mantenere l'altoparlante originale radio d'epoca bluetooth . Erwitt, Vintage diventa wireless. Anche se non sei interessato al design portatile, puÚ comunque essere utilizzato come una normale radio desktop. I progetti di Boombox variano notevolmente nelle dimensioni. Il tipo di diffusore che usi veramente dipende dalla qualit‡ che desideri. Nel caso in cui la qualit‡ del suono Ë di massimo e l'unica preoccupazione per voi. » inoltre possibile anticipare un'eccellente qualit‡ del suono della radio vintage Bluetooth. Di conseguenza, puoi sperimentare un'esperienza sonora completamente immersiva. Tentare di scoprire che l'autentica esperienza musicale dell'audio del veicolo a causa del suo classico era pi˘ difficile del previsto.
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storiearcheostorie · 2 years ago
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RESTAURI / Dalla spada alla croce: il Reliquiario di San Galgano in mostra in tutto il suo splendore
#RESTAURI / Dalla #spada alla #croce: il #Reliquiario di #SanGalgano in #mostra in tutto il suo splendore #Siena
Un furto clamoroso, nel lontano 1989, dal Museo del Seminario Arcivescovile di Siena. Uno straordinario recupero, più di trent’anni dopo, grazie al Comando dei Carabinieri, Tutela Patrimonio Culturale. Ed infine il restauro, eseguito nei Laboratori dei Musei Vaticani. È questa l’occasione per inaugurare la mostra “Dalla Spada alla Croce. Il reliquiario di San Galgano restaurato”. L’esposizione,…
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max-targhediravenna · 2 years ago
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Intro
Targhe toponomastiche in mosaico arricchiscono e colorano il centro storico di Ravenna. 
Il progetto nasce nel 2009, n occasione della prima edizione del Festival Ravenna Mosaico e da allora ha interessato gradualmente sempre più strade e piazze del cuore della città. Oggi le targhe sono 106.
Le targhe oltre che essere indicatori stradali sono allo stesso tempo veri e propri gioielli dell’artigianato, della tradizione e della cultura locale, incastonati negli angoli più incantevoli della città. Nel corso degli anni sono divenute un vero e proprio percorso musivo e oggi costituiscono una ‘firma’, un tratto distintivo, che conferma Ravenna come la vera capitale del mosaico.
Sono composte da una parte centrale in ceramica realizzata dal ceramista faentino Ilirio Garavini e da due lati in mosaico, assemblati con la tecnica paleocristiana e bizantina del “metodo diretto”. Le tessere di pasta vitrea vengono tagliate una ad una, disposte su una base di malta, con fughe libere in sottosquadro, per consentire il tipico gioco di luci, riflessi e chiaroscuri.
Il legame di Ravenna con il mosaico vive e si rinnova in un profondo e articolato dialogo tra patrimonio del passato e produzione contemporanea, grazie ai laboratori dei mosaicisti, ai centri del restauro e alle istituzioni di studi o e formazione.
Le targhe in mosaico sono diventate un segno distintivo del nostro centro storico sia per l’aspetto artistico che culturale. Unire la professionalità artigianale alla ricerca storica offre ai visitatori di Ravenna un percorso turistico di grande interesse. L’utilizzo della tecnica musiva per rifinire elementi dell’arredo urbano, oltre a evidenziare il carattere distintivo dell’identità nostra città, è un modo elegante e gradevole di accompagnare la passeggiata in centro storico
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vari stralci, stralci, ognuno a rappresentare un percorso.
L'auspicio di proseguire con il lavoro guidato anche le realizzazioni di via Mentana, dove le targhe rappresento particolari di fasce decorative. (2019)
oltre a queste ne sono state realizzate alcune con obiettivo di individuare coprire i buchi in quelle strade rimaste scoperte perché inserite tra due direttrici diverse. (2019)
Borgo San Rocco: E dopo le vie dell’Acqua, le vie Fiorite, quelle di Teodora, di Giustiniano e di Dante, ma anche le targhe ispirate ai mosaici pavimentali della chiesa di San Giovanni Evangelista con le Crociate in Terra Santa e il tema dei fiori con lo schema del ricamo bizantino,
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