#la giornata continua così
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I've been humming too many words, got a weak self-esteem
That's been stomped away from every single dream
#deftones#adrenaline#1995#nu metal#oggi così#current mood#i testi di Chino♥️#la giornata continua così#Youtube#Chino Moreno♥️#7 words#per fortuna esiste la musica
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Oggi in palestra c’era una signora con cui mi sono allenata il giorno in cui ho fatto la prova oramai 6 mesi fa, mentre mi cambiavo mi ha guardato e mi ha detto “comunque sei dimagrita tantissimo, bravissima, continua così che sei già bella, ma diventerai una strafiga” mi ha rallegrato il cuore in un periodo molto difficile che sto vivendo e la giornata
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Quante volte la tua realtà è stata negata?
Hai creduto di essere pazzo e temuto di impazzire.
Proprio sotto i tuoi occhi, l’evidenza trasformata in dubbio, confusione e soprattutto colpa.
Sei tu che hai interpretato male.
Sei tu che…
E per quanti anni, silenziosamente, hai inghiottito come un soldato, lacrime amare, veleno, con le tempie che esplodevano e i pugni pieni di rabbia.
Tanti hanno vissuto così, qualcuno è riuscito a volare via e ricominciare come una testarda invincibile fenice.
Tanti sono ancora lì, incastrati, bloccati, furiosi e disperati.
A tutti voi, non smettete di chiedere all’universo con ostinazione, di chiedere uno sguardo che vi renda giustizia che non siete pazzi, che non siete soli, che non siete sbagliati.
Qualcuno prima o poi dovrà vedervi, dovrà parlare alle parti di voi impigliate giù nel profondo del disincanto, come pesci nelle reti.
In questa giornata di sole rovente, le solitudini si allargano, perché niente come una lunghissima estate rimette a contatto con i grandi irrisolti.
Continua a cercare, continua a guardare, continua a preparare, ma soprattutto abbi moltissima fede, che qualcosa di fresco arriverà nella polvere e nell’arsura, qualcosa di nuovo, di buono, qualcosa per te.
Questo è il mio augurio per oggi, che tutti possano trovare quello spazio di redenzione o che sia dentro gli occhi di un altro, o che sia in un luogo, in un progetto, in un’amicizia, in un gioco, in un libro, che possiate immaginarvi realizzati.
ClaudiaCrispolti
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Prima la s
Sono le cinque del mattino, piove e ho aperto tutte le finestre di casa per far uscire il caldo accumulatosi in questi giorni. Ieri ho accompagnato un caro amico a "scambiarsi le cose" con la propria ex. Tre anni insieme, poi per lei il sentimento è finito (ma al tempo stesso gli scrive in continuazione che le mancano sentimenti e emozioni di quando stavano insieme così che lui continua a starci male e fa fatica ad uscirne). Si sono dati appuntamento in un luogo, un parcheggio di un grande negozio. Siamo arrivati, l'ho lasciato nel parcheggio e sono andato a farmi un giro nel punto vendita, quando era tutto finito mi ha chiamato, l'ho recuperato e siamo andati via. Abbiamo avuto modo di parlare e di scherzare mentre il termometro dell'auto segnava 38 gradi fuori e l'autostrada si riempiva di gente che tornava a casa o andava in vacanza, incluso lo stronzo che ha voluto gareggiare/intimorirci solo perchè lo abbiamo passato ai 110 sulla corsia di destra mentre lui viaggiava ai 100 su quella centrale in un tratto di autostrada praticamente deserto. Il caldo rende le persone pazze. Quello che è successo dopo non me lo aspettavo, nè mi aspettavo che avrei pensato e detto certe cose. In breve: mio zio ci ha confessato che non segue le indicazioni che gli sono state date dai medici e che succeda quel che succeda tanto ormai la sua non è vita. La sua qualità della vita è peggiorata drasticamente negli ultimi mesi a causa di varie comorbidità, vive da solo ed è invalido. Ci ha detto che preferirebbe di gran lunga essere in un letto di ospedale seguito piuttosto che da solo a casa. Gli ho detto di cercare un aiuto psicologico perchè la solitudine e le complicanze che stava subendo erano più che abbastanza per chiunque per avviare o complicare uno stato depressivo. Gli ho ricordato che adesso poteva uscire, guidare e gestire la propria giornata/tempo pur con le limitazioni delle malattie, in ospedale tutto questo se lo poteva scordare. Poi sono venuti fuori la stanchezza e i ricordi ospedalieri con mia madre, sua sorella: "Sei una persona adulta. Io non posso dirti cosa fare. Se i tuoi discorsi sulla morte sono seri, mettiti in contatto con l'associazione Luca Coscioni perchè in Italia l'eutanasia è illegale. Non aspettarti che in ospedale ti tengano in caso di complicazioni perchè non segui le terapie, ti curano, ti stabilizzano e ti rimandano a casa." … Ci siamo salutati, gli ho detto che lo chiamerò nei prossimi giorni per sapere come sta e sopratutto se ha trovato/sentito uno psicologo. Sento l'amarezza e la stanchezza di questi anni come della polvere sulla pelle. Sono la versione più stanca, realistica, cinica del me stesso del 2020.
Non so perchè mi è tornata in mente la frase di Lost "live together, die alone."
Controllate le persone a cui volete bene, ma sopratutto controllate prima voi stessi.
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Ho aperto una bottiglia di vino, non lo facevo da settimane.
Ho aperto una bottiglia di vino perché scrivere questa consegna m’irretisce: che ne so, io, del futuro? Che ne so, io, del mio, di futuro?
La mia psicologa m’ha detto di pormi domande anche fuori dalla stanza delle parole; allora, mi chiedo: sarà sempre così? Avrò sempre bisogno dell’ausilio di uno stato psicofisico alterato per guardarmi dentro? Per scovarmi?
Dove sono finita?
Non sarà poesia questa volta, se poesia possiamo definire quelle masse informi delle volte scorse. Non sarà logico, razionale, non seguirà un andamento lineare: questa sono io che scrivo di getto un flusso di coscienza che odierò dover rileggere per editare.
Probabilmente lo lascerò così: grezzo, magmatico, inusuale.
Io non so neanche cosa sia, il futuro. Treccani m’informa: futuro è
s. m. Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno.
Il tempo che verrà. Quando verrà?
Io procrastino il mio futuro, lo faccio da anni: congelata per decenni nello stato della studentessa che non vuole crescere, divenire adulta.
Il tempo che verrà, gli avvenimenti che in esso si succederanno:
allora il futuro è anche questo momento? Questo preciso ed esatto istante?
Il mio futuro di oggi prevede la sopravvivenza a questa giornata logorante, solitaria, alcolica, per poter andare a lavorare, poi, alle 23, staccare alle 3, andare a dormire.
È questo il mio futuro? È questo quello che mi aspetta una volta uscita dal nido sicuro, limbo lenitivo, che è la Holden?
Per anni ho procrastinato la mia laurea perché l’idea di lasciare la calda certezza dell’Università mi dilaniava.
Ora mi sono laureata, ma non l’ho fatto prima d’aver trovato già un morbido rimpiazzo.
Questa scuola.
Con le sue pareti dai colori caldi, i divanetti nei corridoi. Le consegne che ti obbligano a guardarti allo specchio. Mi viene in mente Elisa, di Menzogna e sortilegio:
E mi aggrappo agli specchi per ritrovarmi. Per non dissolvermi.
Come Elisa
Medusa
Fluttuo nell'aria e
L'avvolgo
Questa stanza è piena di me;
In me
L'aria. -
si guardava allo specchio e lo specchio le rifletteva l’immagine informe di una medusa incorporea. Questo sono anch’io: non ho contorni, non ho definizioni, non mi lascio incasellare: sono magma, come lo è la mia scrittura schizofrenica; sono fluido, informe e scrosciante, flusso che pretende di divenire, vento che soffia frusciante.
L’eterno ritorno.
Futuro, il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno. Io, nel mio futuro, voglio vivere. Nel mio futuro è la vita che voglio: è la tenacia, l’ostinata, imperitura, tenacia di vivere che voglio, nel mio futuro.
Sarebbe troppo semplice scrivere il manifesto politico e indignato: oh, sì, il pianeta va in fiamme; le disuguaglianze? Non c’è modo alcuno di eliminarle; il lavoro è precario, il lavoro fa schifo – sono una fiera anti-lavorista impenitente – come si può metter su famiglia in uno scenario apocalittico tale? Apocalittico ‘sto cazzo: questo è il nostro presente. Ma, poi, io voglio davvero mettere su famiglia?
Io,
nel mio futuro,
voglio vivere.
E nel mio presente io mi domando, mi imploro persino: Federica, risolvi te stessa, perché sei dipendente da ogni dipendenza, e cerchi costantemente la sofferenza perché altrimenti non senti niente; e tu devi sentire, devi sentire di esistere e non solo esistere;
Federica tu vuoi vivere e non semplicemente esistere.
Come si fa, allora, ad immaginare un futuro se è già il presente ad essere così precario?
Futuro. Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno. Talvolta ho desiderato non ci fosse alcun futuro per me. Talvolta, guidando, un pensiero intrusivo ha tentato d’ammaliarmi: non frenare, continua così, col pedale schiacciato sull’acceleratore, ai 100 all’ora contro quell’albero: in fondo, che hai da perdere?
Niente.
Sono qui.
Quel pensiero intrusivo sono sempre riuscita a riporlo in un cassetto.
Chiuso a chiave,
due mandate,
per sicurezza. Quanto m’ha spaventato, quanto ancora mi spaventa quando tenta, con le sue lunghe dita affusolate, d’aprirsi un varco nel mio conscio.
Ma io è vivere che voglio.
Nel mio futuro, è vivere che voglio
Fanculo al mondo che cade a pezzi: non riesco a tenere insieme neanche me stessa.
Fanculo al mondo che brucia: io ho bisogno del fuoco per sentirmi esistere.
Fanculo alle ingiustizie: di cosa scriverei, se questo mondo indecente fosse perfetto?
E, poi, di cosa parlerei, se io fossi una persona risolta?
Futuro: Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno.
Io nel mio futuro voglio succedermi.
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Buon compleanno, amore
Solitamente quando devo fare un regalo giro tra i negozi per giorni alla ricerca di quello più adatto. Stavolta so bene cosa donare al mio amato Padrone in occasione del suo compleanno. Voglio intanto ringraziarlo per la sua presenza nella mia quotidianità, per il tempo che mi dedica, che non è poco. Pensando al "tempo" mi dico che è passato un anno dal nostro primo incontro e che in questo lungo lasso di tempo tante cose sono cambiate, noi siamo cambiati: dal "ti voglio" siamo passati al "ti voglio bene" e infine al "ti amo". Eh sì, avete letto bene: la nostra relazione da sessuale è divenuta sentimentale. Niente di noioso però perché "amare" vuol dire dare e ricevere tutto e il nostro "tutto" comprende dialogo, scontri, dolcezza, durezza e tanto, tantissimo sesso. Prima di un incontro ci promettiamo di riservarci tanta dolcezza, coccole e momenti soft ma, puntualmente, infrangiamo la promessa quando siamo l' uno di fronte all' altro lasciando queste alla fine. L' ultima volta, ad esempio, avremmo voluto riservare alle coccole una parte importante della giornata, ma sia io che lui eravamo, come al solito, desiderosi di lasciarci travolgere dagli impeti e, così, le coccole hanno fatto da intermezzo. Mi ha letteralmente "sfondata" con il cazzo e con un plug che, a prima vista, date le dimensioni, si presentava come "innocuo". Il problema è sorto quando, infilato nel culo, la sua circonferenza massima molto " definita" mi ha rotto il culo. È stato inevitabile urlare ma, in un secondo momento, accoglierlo ha avuto il suo perché. Piena, mi sono dedicata al mio adorato cazzo: mi riempio la bocca nel definirlo con orgoglio " mio"...mi riempio la bocca accogliendolo e dedicandogli le attenzioni che merita. Mentre lo spompinavo, la mia fica iniziava a infracidirsi e quando mi spingeva il suo cazzo dentro rumoreggiava indecente e grondante. Avrei voluto continuare a farmi sbattere ancora un po' ma il divieto di pisciare a partire dalle 08.00 ha avuto il suo effetto: dovevo svuotarmi, voleva lo facessi su di lui ed è stato fantastico. In una doccia accogliente ho riversato, su di lui seduto, la mia pioggia dorata. È rimasto a guardarmi pisciare sorridente e io conosco bene quel sorriso, quella luce diversa che gli si accende negli occhi: la doccia ricevuta ha segnato l'inizio del trattamento "duro". Ero nuovamente davanti, sopra, sotto il mio Porco. Potrei elencarvi il tanto fatto ma mi piace rendere l'idea di ciò che ci pervade in quei momenti più che di quello che accade...Meritevoli di attenzione i dodici colpi di paddle: ormai risaputa la mia passione per il rosso, voglio descrivervi il piacere che prova nel "dipingermi" di rosso con colpi solenni: mi colpisce e contiamo, guarda il suo capolavoro e continua fino all' ultimo colpo, il più duro proprio perché è l' ultimo. Mi ha invitata a guardarmi allo specchio mentre mi sovrastava: montata e smontata ero bellissima, eravamo bellissimi. Abbiamo continuato fino al momento delle coccole a letto, per le quali io letteralmente mi sciolgo diventando una zolletta di zucchero, e fino a quando non siamo andati sul terrazzo a dare una sbirciatina fuori, o forse a soddisfare la nostra vena esibizionista, in realtà più mia che sua: dopo qualche colpo di cazzo nel culo all' aperto ha prevalso infatti il suo senso del pudore in pubblico...ci dovrò lavorare. E, preparato questo bel regalo, siamo al momento degli auguri: ti auguro di vivere ogni giorno come un nostro incontro, con la stessa gioia, serenità e la stessa passione. Premettendo che a me auguro di festeggiare tantissimi altri tuoi compleanni, oggi ti auguro di rimanere sempre la persona onesta, affettuosa, pacata, placante nel mio caso, e ironica che sei. Lo faccio egoisticamente: sono queste le qualità che, al di là del meraviglioso sesso, mi tengono a te, è questo che mi ha fatto innamorare di te.
N.b. la torta la consumeremo insieme, la modalità la detterà, come sempre, il nostro istinto.
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IL BADILE RUBATO
‘Un mare di emozioni con saltuarie boe di raziocinio’
Questa è la metafora che finalmente sono riuscito a tirare fuori dopo una mattinata intera a tagliare l’erba con le braccia e a pensare tutt’altro con la testa.
Una domanda che mi sono sentito rivolgere spesso da conoscenti e colleghi, dopo un po’ che avevano avuto occasione di frequentarmi, è come facessi ad essere sempre allegro e gentile... ‘Ma non hai mai delle giornate storte in cui sei incazzato?’
La mia risposta breve è sempre la solita - Perché, tu stando incazzato riesci a raddrizzarle? - ma se proprio vogliono approfondire e imparare la tecnica mistica di Hokuto Shinken con cui riesco a essere sempre allegro e gentile, allora racconto la storia del badile rubato (spoiler: non viene mai rubato).
A differenza di me, la mia compagna è piuttosto ansiosa e tende a immaginare scenari apocalittici per qualsiasi azione ci apprestiamo a fare, la qual cosa è purtroppo frutto di esperienze pregresse in particolari momenti della sua vita. Un giorno, dopo aver scavato delle buche per piantare dei pali in giardino, rientro a casa lasciando il badile appoggiato accanto alla porta, senza quindi rimetterlo nel capanno degli attrezzi.
Quando la mia compagna lo vede mi fa - Mettilo a posto sennò ce lo rubano!
Ora attenzione al contesto: noi abitiamo in una casa in cima a una collina, tutta di nostra proprietà, con muri, recinti e siepi spinose. Chi volesse rubarmi il badile dovrebbe parcheggiare la macchina a qualche centinaio di metri di distanza (non c’è parcheggio sulla strada), scavalcare il cancello o le recinzioni, avvicinarsi molto di soppiatto, accorgersi dei cani che stanno facendo il diavolo dietro la porta, prendere il badile e scappare velocemente con fare sospetto. E tutto per un attrezzo rugginoso col manico tarlato.
Benissimo - le rispondo - se ce lo rubano così sapremo che ci sono dei ladri in giro e aumenteremo le misure di sicurezza.
E questo vale per qualsiasi cazzo di aspetto della mia e della vostra vita.
Io non posso dire quanto sia vasto e burrascoso il mare delle vostre emozioni e, soprattutto, la proporzione tra quelle positive e quelle negative esperite durante la vostra vita ma posso dirvi una cosa del mio... ci si perderebbe pure Monkey D. Rufy di One Piece e quindi molto spesso mi conviene ancorarmi alle numerose boe di raziocino per fare il punto prima di riprendere il largo.
Quanto è probabile che mi rubino quel badile?
È così importante quel badile? Cosa rappresenta?
Quante energie mi conviene spendere per proteggerlo?
Potrei smettere di scavare buche oppure farlo con un trivellatore portatile?
Sì, ok... non è che mi faccio queste seghe mentali per ogni passaggio della mia giornata ma se provate a sostituire il concetto di ‘badile’ con quello di salute, successo, relazioni, lavoro, amore, futuro etc vi renderete conto che molti di voi stanno spendendo una quantità enorme di energie fisiche e mentali per proteggere un qualcosa da qualcos’altro, senza aver ben presente il reale valore di quello che hanno e la reale portata della minaccia nei loro confronti.
Sono gentile e allegro ma sono anche terribilmente stanco... stanco di vedere persone consumate nella spasmodica tensione verso una felicità raccontata o immaginata, fatta di sacrifici imposti da altri e in continua guerra contro un futuro che pare minacciare l’olocausto quando poi le trincee e il filo spinato sono state messe attorno al vostro cuore da persone che non sopportano di vedervi felici qui e ora.
Per favore, smettete di chiudere il badile nel capanno e lasciatelo accanto alla porta di casa... forse un giorno ve lo ruberanno ma allora voi potrete affrontare quel furto con la forza della serenità che può venire solo dall’abbondanza dei veri voi stessi, coltivati sui vecchi campi di battaglia ora rigogliosi di vita.
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Gli occhi appesantiti iniziano a chiudersi. È arrivato il momento. Chiudo il libro che sto leggendo e, come ogni domenica mattina, lascio che il sonno faccia il suo corso. Decido di dargli una mano, mi giro sul fianco e con una gamba abbraccio il cuscino al centro del letto. Il vestitino messo per cercare di rimanere fresca dopo la doccia sale scoprendomi la coscia ma lo lascio stare, troppo stanca al solo pensiero di alzare un arto che sembra pesare il doppio del solito. Morfeo mi accoglie fra le sue braccia e il tanto agognato sonno, finalmente, si impadronisce di me.
Lo avverto, inconsciamente, fissarmi dal lato destro del mio letto. Il suo sguardo va ovunque e mi fa muovere con irrequietezza mentre continuo a perdermi in un dormire senza sogni. I suoi occhi diventano talmente insistenti da essere percepibili concretamente sulla mia pelle, una mano che mi accarezza e lascia brividi al suo passaggio. Gioca con la cavigliera, traccia il mio tatuaggio e risale fino all'orlo del vestito rubato a mia madre.
Lo scosta scoprendo l'intimo nero, il suo colore preferito. Sapevo sarebbe venuto a trovarmi.
Il suo viaggio continua fino ad arrivare alla mia guancia, si piega di fianco al letto e si sporge su di me. "Che disperata che sei, mi aspetti sempre" mi sussurra all'orecchio prima di lasciare una scia di baci impercettibili dal mento fino alla parte di seno lasciata visibile dallo scollo del vestito. Lo sento sempre più frenetico nello spostare le spalline per proseguire con quelli che, da baci, sono diventati morsi. Man mano che scende ne aumenta la stretta, fino a lasciare il segno proprio sopra l'elastico di quel tessuto nero che lo separa dalla sua meta.
L'ultimo ostacolo.
Ma lui è di se stesso e nessun altro, non concede un secondo in più. Spostando le mutandine di lato si prende quello che vuole, come vuole, finché non ottiene ciò per cui è venuto. Come arriva va via.
Il vestito spostato, l'intimo umido e un bigliettino stropicciato mi danno il secondo buongiorno della giornata. Un po' più amaro e irraggiungibile del primo.
"Ci vediamo, alla prossima"
Forse il sonno non era poi così privo di sogni.
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Settembre/ottobre sono i mesi peggiori per l'ansia. L'anno scorso non mangiavo più, quest'anno poco ci manca. Ieri è stata una giornata pesantissima, la notte non ho dormito mai per l'ansia, mi son trovata a piangere nel letto da sola, ho ripreso una routine e mi ci devo ancora abituare, stanno cambiando delle cose e altrettante cambieranno, più mettici la dentista con una visita diversa dal solito (e fifona come sono io, non vi dico) che poi alla fine sta giornata l'ho superata senza ripercussioni ma eccomi arrivata a sera che tutta la tensione del giorno si scatena pian piano, la sento nel petto, nello stomaco, nella pancia, incastrata nella mia mente. Sarà il cambio stagione, il cambio vita, non lo so, ma è debilitante aver paura di uscire di casa perché la tua mente gioca brutti scherzi. Al liceo la vivevo meglio, mi alzavo presto, sentivo la musica nell'autobus, avevo crisi d'ansia forti e improvvise nella notte ma questo non mi ha mai creato disagi nell'affrontare le giornate. Ora tutto è così spaventoso e difficile, vedo il terrore dove non ce n'è. Sto facendo un'esperienza diversa e uscire di colpo dalla mia comfort zone è stato un trauma, manco quando lavoravo in fabbrica avevo avuto queste passate, se non sporadicamente e ridotte. Mi sento ridicola, mi vergogno delle mie emozioni, l'ansia è un mostro, ti divora dentro, io non vivo mai le cose perché la mia mente va avanti, o va alla fine oppure ancora più in la a chiedere cosa succederà. Non mi vivo mai il momento se non quelli dove ho paura e ho ansia. Sono a casa e posso rilassarmi dormendo? La mia mente pensa già a domattina e a cosa farò. Non va bene così, io mi sforzo davvero di pensare solo al presente e che fasciarmi la testa prima del dovuto non ha senso ed è deleterio, ma non ci riesco. Ho una fottuta paura di viverla questa vita, forse prima non ne avevo perché non lo realizzavo ma ora che sono grande mi rendo davvero conto che tutto dipende solo da me, che la vita continua e non si ferma se resti indietro, se ne sbatte il cazzo se ti perdi, hai paura o sei pronta. La vita è una fottuta puttana che ti ruba soldi in cambio di brevi istanti di piacere. Ho una visione catastrofica delle cose, lo so. Non so come essere più ottimista, nonostante magari le cose alla fine vanno sempre bene e i momenti no reali, quindi non dettati dall'ansia, sono davvero rari. In questo mese ho preso il lexotan 5 volte, ben 4 volte in più della mia media mensile. Tanto se sento lo psichiatra al massimo me lo darà tutte le sere, quindi tanto vale che lo prendo al bisogno finché magari non passa da solo.
Vabbè.
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Una caratteristica che mi ha colpito, delle mie coinquiline, forse più di ogni altra cosa i primi giorni che sono arrivato nell'appartamento, e che mi stupisce ancora oggi come in quei momenti iniziali, riguarda il tenere le porte aperte.
In un certo senso fa parte di quelle cose che possono sembrare banali ma che per me sono enormi.
Le mie compagne di appartamento, con la massima naturalezza, praticamente non chiudono mai le porte delle loro camere. Ovviamente a volte le chiudono: giusto quando si cambiano e si tolgono le mutande, anche perché non sono esibizioniste, sono solo semplici e naturali. In fatti, a parte i brevi momenti in cui si cambiano l'intimo, tengono le porte delle camere aperte, semplicemente perché sono abituate così, e perché, nella loro mente vivono le cose con semplicità, non hanno nulla da nascondere.
Certo, può essere vista come una cosa normale, ma per me, appena arrivato lì, non lo era, mi sembrava che andasse contro i tabù che anni di vita repressa con i miei genitori mi avevano inculcato in testa, e mi emozionava moltissimo. Perché già quando vivevo da figlio unico con i miei la cosa era: porte sempre chiuse. Figuriamoci che cosa ha significato per me, una volta nell'appartamento, quella "apertura", in senso sia simbolico che materiale.
Le tre studentesse che abitano con me tengono le porte delle camere aperte (semplicemente non si pongono neanche il problema di chiuderle) qualunque cosa facciano, anche mentre dormono. Questa è la cosa che mi ha colpito di più fin da subito: la loro naturalezza nel condividere con semplicità il momento in cui si trovano nei loro letti, considerato che una delle due stanze, quella di Violetta e Veronica, dà direttamente sul soggiorno, e quella di Annarita è in un punto di passaggio davanti alla mia camera.
E questa apertura, questo "mostrarsi così come sono" senza barriere, è un segno di condivisione che per me è una cosa bellissima, che mi lascia senza parole.
Praticamente, per me è diventato normale scorgere le ragazze in camera in qualunque momento della giornata, e soprattutto vederle coricate nei loro letti, e averle nella mia linea visuale, mentre faccio colazione, la mattina mentre loro si svegliano lentamente e poi si alzano pian piano.
Cioè, è diventato normale nel senso che mi succede tutti i giorni, ma non è "diventato normale" nel senso che ancora adesso questa visione mi emoziona e ogni giorno penso "incredibile che sia successo proprio a me".
Io ero stato abituato dai miei, nella loro logica repressiva, a tenere sempre la porta chiusa, al punto che anche adesso che vivo nell'appartamento ho difficoltà ad "aprirmi" da questo punto di vista, e sono l'unico che continua a dormire con la porta chiusa, anche se mi piacerebbe avere la libertà che hanno le coinquiline, ma non ci riesco. Ma le mie compagne di casa hanno capito che sono fatto così, e mi accettano pienamente. Non mi chiedono di essere come loro, neanche in questa "apertura totale", e in questo si dimostrano molto delicate.
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hey, ho letto qualche tuo post spero che quello che sto per dire non ti dia fastidio: anche io sono a dieta, è un percorso duro e spesso la gente tende a non capire lo sforzo e la sofferenza che c'è dietro a chi lo intraprende minimizzando il tutto dietro a frasi come "vedrai come sarai bella dopo!!" senza rendersi conto di quanto sia deleterio per noi. io da adolescente (15-16 anni) ero davvero molto magra, la gente tende a ricordarsi di me come quella piccola e snella ragazzina trasparente ma adesso ho 25 anni, la crescita, lo sviluppo, il diventare donna ha cambiato molte cose compreso il mio peso. non ho mai visto questo come un problema anzi, proprio perché da ragazzina non mangiavo e mi privavo di tutto avevo iniziato a vedere il mio nuovo rapporto con il cibo come uno sviluppo positivo. questo finché da qualche mese a questa parte la mia famiglia ha iniziato a dirmi quanto fossi ingrassata, grossa, diversa, "fai sport" - "smetti di mangiare" - "dei perdere almeno tre chili" e all'improvviso tutti i miei progressi sono tornati ad essere nulli, vani. il cibo mi faceva schifo, pensare anche solo a mangiare mi faceva venire le lacrime agli occhi e il tremore alle mani, tutti i pensieri intrusivi sono tornati e continuavo ossessivamente a guardare le foto dei miei quindici anni. tutto questo te lo sto raccontando come grossa premessa per dirti che: lo capisco, so bene come ci si sente e quanto questo possa essere pesante ma.. non lasciare che rovini le tue giornate, o la tua vita, si può sempre trovare un equilibrio anche se spesso è minato da qualche pensiero di troppo. io cerco di prendere ogni giorno con ironia e ho iniziato a fare le foto a tutte le brutte, bruttissime, composizioni che creo con gli elementi della dieta giornaliera (anche perché.. Che bel piatto può venire fuori con otto pezzetti di pollo e un fetta di pane?) e cerco di pensare che lo sto facendo per me e non per un canone estetico imposto. comunque il tutto per dire, cerca di non essere troppo dura con te stessa, i cambiamenti vanno bene anche se drastici, l'importante è trovare sempre dentro se stessi la bussola giusta che ci faccia capire cosa sia giusto per noi, ti auguro che questo percorso vada meglio e che prima o poi prenda una svolta positiva che non ti faccia essere troppo severa con te stessa e ricordati che -purtroppo- il copro femminile cambia inevitabilmente e che non è colpa nostra.
spero di non aver parlato a sproposito, buona giornata 🌸
Non hai parlato a sproposito, anzi, ti ringrazio per aver condiviso questi tuoi pensieri con me.
In certi momenti ho chiaro in mente il fatto che non sia totalmente mia la colpa di come sono diventata ma è frutto di un insieme di cose che mi hanno portata ad essere così, però in altri momenti non riesco a non darmi la colpa anche se razionalmente riconosco che più mi incolpo e più faccio passi indietro.
Purtroppo chi non vive questa situazione non ci può capire totalmente e sappiamo noi tutti i sacrifici che facciamo ogni giorno. È bello che qualcuno riesca a comprendere quello che provo anche se dall'altra parte non vorrei mai che qualcuno provasse questa sensazione perché so quanto è brutta.
Facevo anche io le foto alle mie brutte composizioni con il cibo e posso dire che mi è stato utile per tantissimo tempo.. a distanza di anni le riguardo e mi chiedo 'dove trovavo la forza per farlo?' ora banalmente fatico anche ad alzarmi dal letto o a mettere in ordine camera... Però voglio riprendere a farlo perché mi faceva stare bene.
Auguro anche a te di poter andare avanti nel migliore dei modi PER TE e non perché gli altri hanno qualcosa da ridire sul tuo corpo. Il nostro corpo è casa nostra e nessun altro oltre a noi ha il diritto di esprimersi a riguardo. Se ciò che fai lo fai per migliorarti e perché ti fa stare bene continua a farlo, perché è questo ciò che importa veramente.
Grazie ancora per tutto ciò che hai detto 🫶🏻🌸
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Cavaliere di Denari
"L'abbraccio che consola".
C'è un carico Energetico davvero straordinario nell'Etere.
Lo sentiamo vibrare fin dentro alle viscere ed espandersi nella Materia in un movimento di propagazione senza precedenti.
L'Emotivo si sente schiacciato da questa potente spinta alla "risoluzione".
"Ma così deve essere".
C'è un tempo per "vivere la chiusura" ed un tempo per "rilasciarla".
Essa non può "restare con noi".
Anche se volessimo trattenere ancora i ruoli del Passato, salvare qualche angolo di comoda disfunzione, il dolore e l'immediata risonanza ci impedirebbero di ripristinare le zone di antica e cristallizzata quiescenza del trauma.
Dobbiamo dunque fidarci ciecamente del nostro Corpo. Della sua innata capacità di guarigione.
Esso sta lavorando senza sosta per eliminare gli scarti di un crollo interiore imponente.
In Passato non era contemplato dalla nostra Struttura interiore il movimento di "fiducia nel Corpo".
Lo vivevamo come un "traditore", anziché come una fedele sentinella.
Lui parlava.
Parlava parecchio.
Urlava, in certi frangenti.
Al contrario di noi, lui cercava di esprimere le parti represse, di dare voce alla sofferenza, alla violenza, all'ingiustizia, al disequilibrio.
Il Corpo "sapeva". Sapeva tutto. Sapeva ogni cosa.
Era una dettagliata cartina geografica di ogni nostro "pensiero disallineato".
Ogni trauma, ogni alterazione di equilibrio, ogni umiliazione erano posizionati in un luogo fisico o mentale. Trovavano corrispondenza in qualche sintomo, espresso o sopito, manifesto o latente.
Potrebbe riempirci di stupore la perfezione con cui ogni "dolore non elaborato" lasciava un "file aperto" all'interno del sistema psichico e fisico.
Ma noi ancora oggi crediamo che il Corpo sia un ingombro, che l'incarnazione sia una condanna al dolore, che tutto questo "peregrinare sulla Terra" sia una enorme "inganno".
Ed invece, in questa Sacra perfezione del Corpo, si ravvisa una divina espressione di Bellezza e Sacralità.
Siamo stupendi. Siamo perfetti. Siamo unici.
Non sappiamo usare i nostri Strumenti. E' questo che ci "frega".
Non abbiamo idea di come funzioni il nostro Corpo. Siamo scollegati per buona parte della nostra giornata da lui.
Siamo dissociati dalla Realtà.
E, seppur la nostra parte Spirituale continua imperterrita a raccomandarci di integrare la parte Materica, per molti "ascendere" è l'unico obiettivo possibile per scansare il dolore.
De-personalizzarsi è una fuga.
E' una difesa.
Se il Corpo urla e rimane inascoltato, abbandonato, rifiutato, è sintomo di una arcaica e profonda trascuratezza psichica e sensoriale, di un reiterato abbandono emotivo subito nell'infanzia.
Arrivare a "respingere" il Corpo, nasconde profonde ferite d'infanzia.
Lui duole.
Certo.
E' il suo compito. Vorrebbe un altro equilibrio. Ci indica le zone di maggior "intensità di danno". E noi non lo ascoltiamo.
Come il bambino che piange e il genitore lo sgrida o lo ignora, anziché accogliere la sua "espressione di risoluzione emotiva" con parole di comprensione, di incoraggiamento, di convalida.
Scollegarsi dalla parte psichica e fisica, coprire le scomode voci interiori, ci rende tristi, soli, afflitti e arrabbiati.
Distrarsi con le compensazioni materiche, con i farmaci, con le occasionali ed inebrianti "ubriacature di piacere" e di "consumo relazionale", umilia il nostro Corpo.
E' come ricattare il bambino quando non riesce a calmarsi dal disagio e dall'ansia dell'abbandono: "Ti do il cioccolato se non piangi più". E lui mangia. Ma resta triste e "irrisolto" comunque.
Torneremo ad occuparci della nostra meravigliosa espressione e strumentazione dello Spirito. Sono tante le novità e le attivazioni in corso.
Ma non oggi. Oggi si resta con il nostro Sentire umano. Ad abbracciare quel Corpo. A rassicurare quella Mente così veloce e allarmata, così intasata da pensieri, paure e aspettative.
Gli si dedica un po' di coccole, di silenzio e di attenzione.
Lo facciamo mai? Ringraziamo mai il nostro Dolore?
Ci ha guidati fin qui. Ad un passo dalla nostra Realizzazione.
Ci ha tracciato la "sacra Via".
Ci ha accompagnato passo a passo come un paziente e sintonizzato "navigatore satellitare".
Vogliamo definitivamente offrirgli un'identità e un valore? Vogliamo riconoscerne la presenza? Vogliamo provare a sentire che c'è?
Non è un ingombro.
E' parte di noi.
E' espressione, è emozione, è voce, è danza, è canto, è bellezza, è Amore.
Non funziona come vorreste? E' malato?
Si sente solo.
L'avete abbandonato quando piangeva. Non l'avete ascoltato e compreso.
Lo avete ricattato, ignorato, imbavagliato. Vi infastidiva il suo pressante pianto, vi addoloravano le sue lacrime.
Siete rimasti dove "non dovevate restare", anche da adulti.
A farvi del male.
Perché in fondo sapevate per cosa stavate soffrendo. Ma non avete mai "preso in carico" la situazione, né avete tentato di rielaborare e modificare l'origine di quella immensa tristezza.
"Oggi" è il risultato di "ieri".
Ma "oggi" è anche un'opportunità. Un'opportunità di "domani".
Prendete tra le braccia quel "bambino" e consolatelo.
Tranquillizzatelo.
Sussurrategli che non è sbagliato piangere. Che se è triste può restare in quel sentimento di impotenza. Che si possono provare certe emozioni "scomode".
Sarebbe già un passo. Un passo importante.
E poi osservate cosa cambia intorno a voi. E dentro di voi.
Magia...
Mirtilla Esmeralda
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Ci sono giornate talmente bislacche - la giornata dei baci, degli abbracci, del Pi greco, degli ufo, della zanzara, delle zone umide, del gabinetto (...) ... il 6 luglio potrebbe diventare (...) la giornata degli invidiosi rosiconi.
Il 6 luglio è stato reso pubblico il testamento di Silvio Berlusconi, e la ripartizione delle fortune del Cavaliere ha corroso diversi fegati (...). Tra quest’ultimi Giovanni Paglia, responsabile economico di Sinistra Italiana (il partito di Nicola Fratoianni, padre putativo di Aboubakar Soumahoro) il quale ha cinguettato, su Twitter: «Pensate a Dell’Utri, che in virtù dei silenzi resi eredita da Berlusconi 30 milioni di euro, pagandoci l’8% di tasse. Meno dell’Iva su uova, carne e pesce». (...)
Niente. Il Paglia, ex attivista dei centri sociali poi deputato, è andato avanti: «E qualcuno continua a raccontare che sia giusto così. Non è parente e in Francia avrebbe versato il 60%: pure poco». (...).
via https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/36322195/silvio-berlusconi-maxi-patrimoniale-eredi-delirio-rosiconi-sinistra.html
"Pure poco": sic.
Domanda: secondo questi livorosi rosiconi, la tassa di successione dovrebbe aumentare ad personam (confischiamo Trump, Berlusca e Salveneeeh), o per tutti, almeno dal miljun in su come implorava qualche cretina del Pd? Perché le bistecche per il popolo e il Soylent per vegani costano sempre di più, ma i parassiti assistenzialisti di abbassare l'iva e tutto il resto del loro cucuzzaro non se lo possono permettere.
Intanto il fesso ammette senza volerlo che persino ne La Patrie del sinistrismo accoglione, l'eredità ai parenti passa liscia; quanto alle donazioni liberali fuori asse ereditario, se anche da noi ci fosse il 60% di tassazione, le prime a rimetterci sarebbero le Ong le Caritas e le Chiese Valdesi. Per un paese dove lo Stato funziona molto peggio che in Francia anche se sugge risorse quanto lì, sarebbe classica genialata autoinculante alla Monti, tipo Imu sulle Chiese.
Spiegategli inoltre con un disegnino a 'sta paglia preda di irrefrenabile bisogno di perseguitare gli amici degli avversari (come da autentica mentalità mafiosa), che se ci fosse il 60% di balzello statalista, chi può dar 30 ne avrebbe destinati 30 + 18 senza fare un plissé, come fanno con lo stipendio netto dei calciatori. Tié, rosica.
Quanto fan godere questi rossi rosi dentro fino all'autoconsunzione nel più bieco nazional popolazzarismo: la sinistra è un metazoo in cui si rimirano animali incredibili.
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La collega al telefono inizia dicendo: «Ciao, lo so che sei in ferie». Poi continua con una scusa timida, e dice una cosa del tipo: ma è una cosa veloce, ma dovevo proprio avvisarti, ma ci metto un attimo, ma ho bisogno di te per questa cosa. Io potevo non rispondere, e a volte succede così. A volte però non ci penso, e il senso di emergenza ha la meglio sul resto; altre volte non mi dispiace nemmeno troppo passare cinque minuti al telefono, magari mi sto annoiando proprio durante quelle ferie, d’altra parte la noia è un elemento della realtà ormai così difficile da gestire che anche io, come tutti, cerco inconsciamente di rifuggirla. Quindi non è solo colpa della collega, che mi chiama quando sono in ferie. O alle otto del mattino, prima che la giornata di lavoro abbia inizio. O in pausa pranzo. Stai mangiando? Allora chiede, anche se lo sa già. E continua: vabbè ci metto un attimo. Anche io sono parte di questo circolo vizioso. Questa dipendenza? Questo sistema ricattatorio? Ognuno lo chiami come vuole.
Dall’articolo "C’è ancora vita fuori dal lavoro?" di Davide Coppo
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Rimarrai sorpreso da quante volte i bravi uomini si siedono in macchina, sul letto, in bagno, in soggiorno e piangono perché sono così stressati o persi o confusi o feriti o pronti ad arrendersi...
Ma quando i bravi uomini si mostrano di nuovo, sembrano perfettamente a posto, indifferenti e riescono comunque a sorridere e ad andare in giro come se nulla fosse successo. I bravi uomini sono alcune delle persone più resilienti, trascurate e sottovalutate e affrontano così tante cose...
Posso parlare al tuo spirito per un secondo?
Sei il collante che tiene insieme tutto e tutti, la tua stessa presenza è potere, quando parli risuona tutto, eppure il tuo silenzio è assordante. Sappi che ti vedo quando lotti.
Se sei un brav'uomo e stai leggendo questo, ti dico ciò:
Quando non puoi vincere la giornata, continua a vincere il momento e continua...
Delaney Apple, Lakota.
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ieri sera mi sono sentita dire
"io non mi sveglierei mai una mattina, così, dal nulla, e deciderei di prendere un treno per andare così lontano, da sola"
come se io fossi pazza
e la maggior parte delle volte, ad affermazioni del genere, mi limito a rispondere un
"siamo persone diverse, probabilmente ci sarà anche qualcosa che tu faresti e io invece no"
il che è vero, siamo tutti diversi e con un proprio modo di fare o non fare le cose
ma ad essere vero, è anche il fatto che io amo questo mio modo d'essere
ma quale modo d'essere? mi dirai
il cercare continuamente di vivermi la vita
ma che vuol dire lu? tutti ci viviamo la vita
e no, la verità è che tutti viviamo, ma non tutti ci viviamo la vita
qualcuno la lascia semplicemente passare
qualcun altro la subisce
io voglio sentirla la vita, voglio sentirla dentro
mi piace arrivare a fine giornata e pensare
"non ho sprecato nemmeno un secondo del tempo che mi è stato concesso"
e no, non per forza dev'essere stata una bella giornata, non per forza dev'essere stata piena di impegni
posso passare anche mezza giornata a letto perché quel giorno non sono in vena, l'importante è che io mi viva anche quel momento, che io senta anche quel momento
il dolore, la tristezza, la nostalgia, la frustrazione
per me l'importante è che me le viva (allo stesso modo delle emozioni positive), che mi prenda il mio tempo per interiorizzarle senza piangermi addosso
e lì, a fine giornata, sono soddisfatta uguale, sono soddisfatta del semplice fatto di aver provato emozioni (positive o negative che siano) e non averle lasciate passare così, ma avendogli dato un senso, avendole vissute
ecco, mi piace la mia continua ricerca di emozioni
ed è per questo che io la mattina mi sveglio e quel treno decido di prenderlo eccome
perché se non sono io ad andare a prendermi le cose, se non sono io a lavorarci su, la vita non me le porrà davanti come se nulla fosse
ed è vero, mi dirai, non tutti hanno la possibilità di fare quello che vogliono quando vogliono
possibilità di tempo, economiche, qualcuno deve dar conto alla propria famiglia, ci sono mille cose, è giustissimo
ma se non ci provi nemmeno a lavorarci per ovviare a queste cose e raggiungere i tuoi sogni e i tuoi obiettivi, che senso ha?
sono la prima che non naviga nell'oro, che non ha genitori chissà quanto permissivi, che è sommersa da molti impegni
eppure se anni fa avessi chiesto ai miei genitori se avessero mai pensato di dirmi di si a quel treno o a cose come l'andare a studiare in un'altra città, ti avrebbero riso in faccia perché per loro sarebbe stato impensabile
e anche la me di anni fa avrebbe riso se le avessi detto che ad oggi lavoro, studio, coltivo le mie passioni, mi sto costruendo un futuro che mi piace, lavoro ogni giorno su me stessa per diventare una persona che amo essere
perché anch'io ero una di quelle che la vita semplicemente la lasciava passare
e sono così contenta di aver imparato a viverla e sentirla
di aver imparato che la monotonia della quotidianità esiste, è vero
che gli schemi esistono, è vero
ma a volte esistono per essere rotti
#con questi pensieri non vorrei risultare una persona arrogante e piena di sè#sono solamente fiera del modo in cui ho imparato a vivermi le cose#solo un flusso di pensieri
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