#per fortuna esiste la musica
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I've been humming too many words, got a weak self-esteem
That's been stomped away from every single dream
#deftones#adrenaline#1995#nu metal#oggi così#current mood#i testi di Chino♥️#la giornata continua così#Youtube#Chino Moreno♥️#7 words#per fortuna esiste la musica
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L’ho sempre pensato: se nella vita ti capita di incontrare la persona giusta allora sono un altro paio di maniche. Un po’ come nascere con la camicia. E’ tutta un’altra storia, ma lo è pure se invece questa fortuna non ce l’hai. A quel punto la strada diventa più ardua, perché, per quanto una persona possa accontentarsi di ciò che la vita gli riserva, ciò non toglie che nel profondo avvertirà sempre una spinta a risalire la corrente e buttarsi anima e corpo nella ricerca di qualcosa d’altro. Le anime affini esistono.
Si chiamano, si rincorrono, si cercano, e la loro ricerca reciproca è qualcosa di talmente naturale che non si avverte mai tensione. Semmai è una questione di vibrazioni impercettibili e armoniche. L’affinità è una musica che bisogna saper riconoscere. E ascoltare. Esiste una chimica perfetta del corpo e anche della mente. Ma forse il mondo per andare avanti ha bisogno di tutt’altro, di una specie di tensione evolutiva, di equilibri costantemente messi alla prova, distrutti e ricostruiti all’infinito.
Forse per tutto il resto, ma non per l’amore secondo me. Nell’amore non esiste nessun equilibrio perfetto, nessuna via di mezzo. Esiste la verità o la menzogna. Bisogna solo allenare gli occhi, perché spesso la menzogna calza perfettamente gli abiti della verità.
L’amore, quello vero, è roba per coraggiosi. E’ solo per chi sa aspettare. E sono davvero pochi quelli capaci di accorgersi che sotto un fuoco spento, a volte, restano braci incandescenti…….♠️🔥
Sandor Marai
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[ L’amore, quello vero, è roba per coraggiosi. ]
L’ho sempre pensato: se nella vita ti capita di incontrare la persona giusta allora sono un altro paio di maniche. Un po’ come nascere con la camicia. E’ tutta un’altra storia, ma lo è pure se invece questa fortuna non ce l’hai. A quel punto la strada diventa più ardua, perché, per quanto una persona possa accontentarsi di ciò che la vita gli riserva, ciò non toglie che nel profondo avvertirà sempre una spinta a risalire la corrente e buttarsi anima e corpo nella ricerca di qualcosa d’altro. Le anime affini esistono. Si chiamano, si rincorrono, si cercano, e la loro ricerca reciproca è qualcosa di talmente naturale che non si avverte mai tensione. Semmai è una questione di vibrazioni impercettibili e armoniche. L’affinità è una musica che bisogna saper riconoscere. E ascoltare. Esiste una chimica perfetta del corpo e anche della mente. Ma forse il mondo per andare avanti ha bisogno di tutt’altro, di una specie di tensione evolutiva, di equilibri costantemente messi alla prova, distrutti e ricostruiti all’infinito. Forse per tutto il resto, ma non per l’amore secondo me. Nell’amore non esiste nessun equilibrio perfetto, nessuna via di mezzo. Esiste la verità o la menzogna. Bisogna solo allenare gli occhi, perché spesso la menzogna calza perfettamente gli abiti della verità.
L’amore, quello vero, è roba per coraggiosi. E’ solo per chi sa aspettare. E sono davvero pochi quelli capaci di accorgersi che sotto un fuoco spento, a volte, restano braci incandescenti.
Sándor Márai - "Le braci"
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Berlinguer: oltre l’ambizione
Un film come visto e vissuto
Di Sauro Sardi
Giocando coi versi del grande poeta russo, se Berlinguer fosse Majakovskij
direbbe al placido chimico dalla fronte spaziosa: “Risuscitami… perché la
gente di me ha sete”. Dunque, un film che riattacca la spina e inietta sangue
nel cuore senza la presunzione di riaccendere il sole, seccare l’oceano. Un
film che fa tornare a scrivere anche i mezzi morti di parole, quelli che
aspettavano l’occasione per dire che gli argomenti di una certa stagione non
invecchiano mai. Nessuno di noi fa di mestiere lo scontento e insieme alle
lodi si avanzino pure anche le critiche, sarebbe un gradire molto sospetto se
tutti fossero pienamente d’accordo su questa pellicola, ci sarà pure qualche
aspetto da ingoiare appena o troppo malvolentieri, ma buttato giù il boccone
tutto il resto è arte, umanità, politica. Quei tre pacchetti di sigarette ci
riportano dentro a quelle stanze di fumo bestemmiato. Non avremo
guadagnato il socialismo ma l’inferno era di sicuro alla nostra portata.
Scorrono meravigliose e crudeli le scene; per fortuna le so a memoria. Al
cinema non esiste la pagina Talk Back per l’audio descrizione delle immagini.
“la piazza è strapiena di gente” dice una voce alle mie spalle Spero sempre
che dietro di me ci sia qualcuno che bisbiglia, è un occhio trovato. Si va verso
il finale, accompagnato da una musica dentro un silenzio che ti strozza
transita quel sole dell’avvenire, il suo splendore, il decadimento, i resti.
Appunto, i resti sono le nostre opinioni, saluto la mia comoda poltroncina di
velluto, usciamo.
Sta ancora piovendo qualche gocciolina che si affronta anche senza
cappello, penso che sia regolata da un Dio che ha visto tutto, ci accompagna
alla macchina, ci riporta a casa, poche parole, quasi muti. Eppure era la
giornata ideale per andare al cinema e ora la riassumo alla faccia degli spazi
e delle virgole comprese.
Avevo attraversato quelle poche gocce di pioggia che oltre la biglietteria si
asciugano subito. Ora le musiche si accompagnano alla stupenda
espressività vocale del protagonista, Berlinguer non fa una piega ma non è
un blocco di granito rosso, no, ha famiglia, sentimenti, un sogno che
intravede oltre la linea dell’orizzonte. La piazza è sua, il popolo di quella
grande stagione è suo.
In ogni opera d’arte c’è sempre un aspetto che suscita non solo emozioni ma
anche riflessioni, analisi. Dunque, come e quante volte Berlinguer si
incontrasse anche di nascosto con Moro non è una pallida leggenda
metropolitana ma l’incipit di una storia che non doveva mai nascere. “Divide
et impera” era un concetto semplice, tradotto in tutte le lingue. Ormai
avevamo capito che a guadagnarci non erano i belligeranti ma chi
organizzava lo scontro per trarne profitti. La politica doveva restare un campo
di battaglia, mai diventare un luogo dove le diverse opinioni alla fine fanno
sintesi e si procede, magari verso l’idea condivisa di una necessaria visione
post ideologica. Intendiamoci, il plastico di una casa comune dove alloggiare
politiche, credenze e culture diverse sarebbe stato un progetto tutto da
spiegare ma era in atto l’avvio di un percorso nuovo. Ora non conta dire
quanto Berlinguer lo volesse più degli altri, lui ci credeva quando tutto era
ancora possibile, il sole che picchiava sugli scogli di granito rosso era sempre
lo stesso ma proprio quello nato nei luoghi del socialismo reale diventava
sempre più brutto, una farcitura di socialismo imperialista. Doveva “strappare”
quel filo, quei legami e al tempo stesso raggiungere il sole di un avvenire che
si evolve. Lo diceva indicando il punto dove il mare e l’orizzonte si toccano.
Ma quell’uomo apparentemente timido e riservato, prima di conoscere il
domani di tutti i comunismi di questo mondo conosceva il mare, le distanze
apparenti tra cielo e terra, sapeva bene che più vai verso l’orizzonte, più quel
punto si allontana. Ma lui doveva crederci e preparare il terreno per una
nuova stagione della politica, non più riverente ma opposta al dominio di
vecchi e nuovi imperi. Potrà sconvolgere qualcuno immaginare che nel mare
nostrum gonfio di antiche e nuove rivalità politiche stava soffiando il vento di
una ragionevole intesa anche nel completo disaccordo su tante questioni. Un
vento nuovo. Ma tutto si interrompe, precipita, passano gli anni e si torna al
tempo delle invasioni barbariche, nascono eserciti al soldo di chi ha più
moneta, l’arco e la catapulta diventano ordigni che possono varcare i confini
delle peggiori immaginazioni. Torna la gigantografia di Enrico Berlinguer,
umida e malinconica questa giornata al cinema, forse se avessi lasciato
qualche ricordo a casa avrei sofferto di meno. Un film che rotola all’indietro
come un macigno che accarezza e travolge.
Non credo nei film buoni per la didattica, per quella ci sono i documentari,
semmai questo genere di realismo cinematografico espone la capacità degli
autori, l’arte di suscitare emozioni. Cosa non secondaria in tempi dove l’agire
sensibile affronta la fredda intelligenza artificiale; difficile per un algoritmo
venirci a dire che i comunisti ci porteranno via il maiale, non avrà mai tanta
fantasia. Un bel film, può provocare sgomento oppure fare da stimolo a tutti
quelli che ancora, comunque la pensino, hanno una loro visione
dell’orizzonte. Quale orizzonte? Non era una domanda difficile.
P.S.
www.saurosardi.com Ai funerali di Enrico Berlinguer
Noi popolo, siamo gli stessi del popolo di allora.
Una storia che fa resuscitare ideali ed equilibrio sociali, pur stando all'orizzonte.
Ma chi ucciderà chi ancora cerca alleanze di potere
...di sicuro né Moro né Berlinguer
dY
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@ Memorie di una vagina
Quando avevo 20 anni Morgan mi piaceva un casino.
Non che lo abbia mai propriamente amato, il mio unico vero amore del panorama italiano è sempre stato quel signore di Manuel Agnelli. Però mi piacevano i pezzi dei Bluvertigo e pure i suoi. Mi piacevano gli arrangiamenti che faceva dei classici della musica italiana. Mi piacevano gli stralci delle prime edizioni di X Factor in cui era giudice. Mi piaceva il suo eloquio forbito da tizio che ha fatto il classico. Mi piacevano i suoi spiegoni.
Mi piacevano anche le interviste che faceva con Daria Bignardi, in cui parlava, e suonava, e si raccontava, mettendosi a nudo, non per puro esibizionismo, ma per scelta. Perché l’imperfezione può essere una scelta, perché l’auto-miglioramento può essere un comandamento da rifiutare in un mondo che ti dice che puoi fare tutto ed essere tutto anche se non è vero.
Perché si può essere outsider, si può fare fatica, si può anche fallire, concludere poco, non fare un disco da chissà quanto, non trovare una collocazione, né la giusta ispirazione. Si possono avere dipendenze da cui non si guarisce, e custodire ferite che non si rimarginano, che spesso ne chiamano altre, e altre ancora peggiori, e tutto questo esiste, magari non luccica, ma è parte della vita. O almeno, questo era ciò che io vedevo nella sua parabola.
Ero, in modo sciocco e certamente puerile, affezionata alla sua fragilità, ai suoi denti da tabagista, gialli come i miei; alle foto che lo ritraevano giovane, truccato, con le unghie pittate in un’epoca di machismo; mi piaceva che fosse ribelle, imprevedibile, sempre un po’ strafatto come i poeti maledetti francesi, rock in quel senso autodistruttivo in cui molti artisti si sono dissolti in passato.
Oggi, dopo anni di liti pubbliche, sproloqui smodati, comportamenti misogini, sbrocchi omofobi, bullismi sanremesi, cause giudiziarie, simpatie discutibili, amicizie improbabili, tentativi stentati di tornare in sé, ma chi è poi questo sé verrebbe da chiedere, ebbene oggi leggo i fatti riportati da Lucarelli. Leggo gli screenshot dei suoi messaggi. E mi arrendo.
Provo solidarietà, per Angelica Schiatti che ha subito questa persecuzione (immaginate, immaginate le conseguenze psicologiche di certi messaggi).
Provo rabbia, per un sistema che lascia passare 4 anni dalla prima denuncia e intanto nulla di fatto, a parte ripetuti tentativi di indurre la vittima a trovare un accordo col suo stalker! Però, mi raccomando, a novembre dipingiamoci un baffo rosso sulla guancia, mentre contiamo il numero delle vittime sull’abaco impossibile della violenza di genere.
Provo delusione, per l’artista che ho apprezzato, per l’ignoranza che ha dimostrato, per la stupidità.
Provo disprezzo, per le connivenze sistemiche e istituzionali di cui questa violenza campa e prospera. Provo disgusto, per un uomo adulto, un uomo colto, uno che ha vissuto, uno che ama l’arte, la musica, la letteratura, e poi è capace di una tale miseria. Nel 2024. A cosa serve la cultura, se non ci salva dalla brutalità?
Infine, mi chiedo quanto ci si possa odiare, per fare di sé questa maschera grottesca. Quanto male si può invecchiare? Quanto in basso si può cadere? Quanto privi di amor proprio bisogna essere, per diventare questo genere di persona? Quando esattamente si decide di abdicare alla bellezza, di rinunciare alla civiltà? C’è un momento preciso o è un lento processo degenerativo?
Che gran peccato, ridursi così, Marco Castoldi, in arte Morgan. Non so se era questo ciò che desideravi per te. Non so cosa tu abbia mai desiderato per te. Non lo so. Non ti conosco. Per fortuna, mi tocca dire. Oggi mettiamo un punto. Definitivo. Di non ritorno.
Che gran peccato. Che cazzo di schifo.
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per fortuna che esiste la musica
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8 aprile 2023, quasi 9
Caro diario, mai come quest’anno mi sto impegnando ad ascoltare musica nuova e a non ricalcare vecchi cliché. Ma pensare al giorno di domani innanzitutto come un'occasione buona per scrivere parole e inviarle, mi sembra un’ idea valida oggi come dieci anni fa. Mi auguro solo di avere interlocutori migliori, oggi, ora che ho passato i quaranta; ma io, io penso proprio di sì. Parole per persone che ne meritano di buone, parole per persone che ho vicine e per altre che ho trascurato. Ma comunque parole buone, per buone persone. E non perché domani, ovvero tra un paio di minuti, è Pasqua. La musica dei Talk Talk, nel frattempo, continua nonostante tutto a suonarmi attualissima. Ed anche certi testi di Mark Hollis, che capisco molto più adesso di quando credevo di sapere, di capire tutto. Idem con gli esseri umani. Anche se non basta comprendere, per essere buoni. Per fortuna siamo capitati in un universo in cui la musica esiste, almeno. Menomale. Meno male.
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Ricky L - "Born Again" (Babylonia): i 4 remix firmati UMM ed il racconto di come è nato un vero inno house
Il 16 febbraio '24 escono su UMM quattro nuovi remix di un vero inno dance: "Born Again" di Ricky L Feat. Mick. La nuove versioni sono queste: House Device & Gianluca Motta remix; Dr. Space, Dader remix, Little Nancy Remix, Visnadi Remix e sono pronte a far ballare di nuovo il mondo.
Per tutti gli appassionati di house e per tutti coloro che amano ballare, il brano viene spesso chiamato semplicemente "Babylonia", visto che il potente testo ripetuto da Mick si conclude citando gli abitanti della mitica città… Abbiamo incontrato Ricky L, che ci ha raccontato com'è nato una canzone unica unico.
Che stai facendo di bello in questo momento dal punto di vista musicale e personale? Serate, produzioni quello che vuoi…
Continuo ad essere un dj. Sono resident al The Circle di Perugia ma suono anche in giro. Ho vari progetti musicali fra i quali "Hear & Now" e mi occupo di sound design per podcast.
Come è nata "Born Again (Babylonia)"?
È nata suonando un timpano con l'Akai MPC. Questo mi ha suggerito la progressione armonica del brano. Lo montai senza sequencer e tutto squantizzato, mandando il pezzo in play e attivando e disattivando le tracce con l'MPC.
Cosa pensi dei nuovi remix UMM di quello che è ancora oggi un vero inno house?
Fiero e felice che dopo 19 anni ancora venga remixato e che esca con un'etichetta che ha fatto la storia della musica dance e che mi auguro che continuerà a farla.
Ci racconti quali sono le tue radici musicali?
Sono da sempre un onnivoro musicale. Rifiuto il concetto di genere e di musica bella o brutta. Per me esiste solo musica che capisco e musica che cerco di capire senza alcun pregiudizio.
Come ti presenteresti come artista a chi non ti conosce?
Come un profondo amante e studioso della musica con un infinito bisogno di condividerla.
Come vedi l'attuale panorama discografico e musicale?
Da quando la musica è "gratis" e alla portata di tutti, l'impoverimento è stato inevitabile. Per fortuna non bastano 5 vite per scoprire ed ascoltare tutta quella che esiste.
A che punto ti senti della tua carriera, che senz'altro è cambiata dopo "Born Again"?
Sempre all'inizio, sempre con la stessa voglia.
Ci dici quali sono gli artisti musicali più importanti per te e perché?
Troppi per sceglierne alcuni. Se proprio devo, ne sceglierei uno su tutti, che mi ha letteralmente cambiato la vita: Keith Jarrett.
Che consigli daresti a un giovane che sogna di fare il dj e/o il produttore?
Di ascoltare qualsiasi tipo di musica senza alcun pregiudizio e di studiare sempre senza mai fermarsi.
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L’ho sempre pensato: se nella vita ti capita di incontrare la persona giusta allora sono un altro paio di maniche. Un po’ come nascere con la camicia. E’ tutta un’altra storia, ma lo è pure se invece questa fortuna non ce l’hai. A quel punto la strada diventa più ardua, perché, per quanto una persona possa accontentarsi di ciò che la vita gli riserva, ciò non toglie che nel profondo avvertirà sempre una spinta a risalire la corrente e buttarsi anima e corpo nella ricerca di qualcosa d’altro. Le anime affini esistono. Si chiamano, si rincorrono, si cercano, e la loro ricerca reciproca è qualcosa di talmente naturale che non si avverte mai tensione. Semmai è una questione di vibrazioni impercettibili e armoniche. L’affinità è una musica che bisogna saper riconoscere. E ascoltare. Esiste una chimica perfetta del corpo e anche della mente. Ma forse il mondo per andare avanti ha bisogno di tutt’altro, di una specie di tensione evolutiva, di equilibri costantemente messi alla prova, distrutti e ricostruiti all’infinito. Forse per tutto il resto, ma non per l’amore secondo me. Nell’amore non esiste nessun equilibrio perfetto, nessuna via di mezzo. Esiste la verità o la menzogna. Bisogna solo allenare gli occhi, perché spesso la menzogna calza perfettamente gli abiti della verità. L’amore, quello vero, è roba per coraggiosi. E’ solo per chi sa aspettare. E sono davvero pochi quelli capaci di accorgersi che sotto un fuoco spento, a volte, restano braci incandescenti.
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Maria Callas, voce senza tempo
Una voce che è diventata leggenda…. Maria Callas, nata Maria Anna Cecilia Sofia Kalogeropoulos, nacque il 2 dicembre 1923 a New York, da Georges Kalogheropoulos e Evangelia Dimitriadis, di origine greca. Fin da piccola Maria era in competizione con la sorella maggiore, Jakinthy detta Jackie, che godeva di ogni privilegio, tra i quali quello di prendere lezioni di canto e pianoforte. Maria però in poco tempo riuscì ad imparare quello che la sorella apprendeva con tanta difficoltà e a soli undici anni partecipò alla trasmissione radiofonica L'ora del dilettante, cantando La Paloma e vincendo il secondo premio. In seguito Maria coltivò la passione per il bel canto anche quando la madre, dopo il divorzio, decise di ritornare in Grecia, portandola con sé. Nel 1937 entrò al Conservatorio di Atene e, contemporaneamente, si perfezionò nel greco e nel francese, mentre viveva gli anni dell'occupazione a cui seguì, dopo la guerra, una esistenza finalmente tranquilla e agiata. I primi successi furono proprio in Grecia con Cavalleria Rusticana nel ruolo di Santuzza e poi Tosca, suo cavallo di battaglia. La Callas decise poi di tornare a New York per rivedere il padre, ma per lei furono due anni non particolarmente felici che la spinsero, ancora una volta, a fuggire il 27 giugno 1947 verso l'Italia, con Luisa Bagarotzy, moglie di un impresario americano, e il cantante Nicola Rossi-Lemeni. A Verona Maria conobbe, Giovanni Battista Meneghini, amante delle opere d'arte e della buona tavola, che sposò il 21 aprile 1949. L'Italia portò fortuna alla giovane soprano e Verona, Milano, Venezia ebbero il privilegio di sentire le sue Gioconda, Tristano e Isotta, Norma, I Puritani, Aida, I Vespri siciliani, Il Trovatore e così via. Maria strinse amicizie importanti con Antonio Ghiringhelli, sovrintendente della Scala, Wally e Arturo Toscanini, che rimase stupito e meravigliato dalla voce del grande soprano tanto che avrebbe voluto dirigerla nel Macbeth. Nuovi amori, nuove passioni arrivarono nella vita della Callas come Luchino Visconti, che la diresse a Milano, nel 1954, nella Vestale di Spontini, Pasolini, Zeffirelli e Giuseppe di Stefano. La Callas visse trionfi in tutto il mondo tra Londra, Vienna, Berlino, Amburgo, Stoccarda, Parigi, New York (Metropolitan), Chicago, Philadelphia, Dallas, Kansas City. Nel 1959 la soprano lasciò il marito e, grazie all'amica Elsa Maxwell, miliardaria americana, conobbe l'armatore greco Aristotele Onassis, con cui visse un’intensa ma drammatica storia d’amore. Dopo il 1964 iniziò il declino della cantante, quando Onassis l'abbandonò per Jacqueline Kennedy. La voce della Callas cominciò a perdere smalto e intensità, così si ritirò dal mondo in un appartamento a Parigi. Maria morì il 16 settembre 1977 a soli 53 anni, con accanto a lei un maggiordomo e Maria, la fedele governante. I vestiti della Callas andarono all'asta a Parigi e le ceneri vennero disperse nell'Egeo, ma esiste una lapide in suo ricordo presso il cimitero parigino di Pere Lachaise, dove sono sepolti molti altri importanti nomi della politica, della scienza, dello spettacolo, del cinema e della musica. Read the full article
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Già Sabato?
Come vola il tempo, il tempo è tiranno ecc ecc, quante frasi sul tempo conoscete? C'è chi ha speso anni a studiare il tempo, ma esiste il tempo? Secondo alcuni studiosi no, almeno come lo intendiamo noi, il trascorrere delle giornate, mesi e anni, non ha niente a che vedere ne con l'orologio ne con il calendario semplicemente perché l'abbiamo inventato noi per darci come sempre un punto di riferimento. Se pensate che agli animali non frega un cavolo se sono le 13 o le 5 di mattina quando lo stomaco è vuoto vengono a rompere le palle che vogliono mangiare, si anche oggi fortuna sono riuscito a riaddormentarmi. Notizie del giorno : è morto Napolitano, ex presidente della repubblica (2 volte), una vita in politica, comunista fino alla caduta dell'URSS, come tutti e come è di logica, ma io lo ricordo per alcune cose che non sono belle che in questo momento non le ricordo, poi non mi è stato mai simpatico, come Ciampi per dirne uno. Leggo una notizia ma forse la trovo solo io divertente, Nick Cave risponde personalmente sul suo sito alle domande dei fans, rispetto massimo per Mr Caverna uno con gli attributi quadrati, nell'articolo inseriscono due risposte una ad una ragazza italiana con problemi ad accettare il suo corpo, risposta intelligente da parte di Nick, l'altra ad un tizio belga e qua che mi viene da ridere Nicola gli dice "Se hai 40 anni fatti crescere i baffi da attore porno anni 70 impara a suonare la chitarra e vai avanti fino ai 60" :D hahahahah
Caro Nick, mi verrebbe di scriverglielo direttamente, ho i baffi e suono da una vita (la chitarra appunto), sta cosa funziona solo se ti chiami appunto Nick Cave.
Salutando il tenebroso australiano, oggi sono 188 anni dalla morte di Enzo, per gli amici catanesi per tutti Vincenzo Bellini (all'anagrafe Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini), che ha avuto vita breve ma intensa ed è morto male. E' inutile scrivere la vita del compositore etneo la trovate online, mi ha sempre però colpito il fatto che è partito per studiare, per poi finire a Parigi dove morì. Un talento tutto siculo che venne più volte lodato in patria e all'estero, un precursore, a mio modesto parere, anche se è stata più la sua musica a portarlo lontano e non la sua voglia di uscire da una città labirinto chiusa mentalmente, che poi non ho idea di come potesse essere Catania agli inizio del 1800, ma è sempre la mia città. A lui sono dedicati il teatro dell'opera (mi sembra ovvio), il giardino pubblico chiamato Villa Bellini che è uno dei più grandi in Europa e con una biodiversità floreale non da poco, il liceo musicale sopracitato, il museo e casa, una bellissima statua in una piazza centrale, dalla sommità lui guarda lontano, eccola
Cosa aggiungere di più quando ti senti orgoglioso di un personaggio storico di questo calibro? Niente.
Oggi però è anche, tornando al tempo, il solstizio d'autunno, più o meno, perché se noi siamo legati a quello che ci dice il calendario la natura no, ha i suoi tempi e per esempio già un paio di settimane fa ho iniziato a vedere foglie gialle ovunque, qua in Estonia dove l'estate non è arrivata e il prossimo inverno è previsto rigidissimo che significa temperature medie sui -20°, se mi dite che avete freddo a 8-10 sopra lo zero vi invito a casa mia, così mi aiutate a spalare la neve.
Comunque, l'altro giorno la piccoletta mi aveva invitato oggi a contattarla che in zona c'è una coppia di tedeschi amici suoi e magari ci si fa un giro, non c'ho voglia, così le ho scritto, anche perché non c'è un cazzo di intrattenimento in questa città. Però una cosa che ho notato su FB che sono nati o magari c'erano anche prima non so, dei centri culturali ovunque, i famosi kuulturiklubi (non è una trovata di marketing che lo scrivono con la K ma perché nell'alfabeto estone la C non esiste, come Z per esempio). Questo perché? Perché l'anno prossimo Tartu, l'alveare dove vivo, è città europea della cultura, quale cultura non lo so, quella dell'alcol ? Quella del razzismo e campanilismo ? O la cultura culinaria inesistente ? Vorrei saperlo. Una città dove non ci sono eventi, se non uno ogni tanto giusto per spezzare la monotonia, o sono monopolio di posti specifici come il teatro o il museo, nel privato non c'è niente, stando ai miei gusti però quindi è relativo. Ho affrontato questo discorso in passato e lo affronterò più in profondità in futuro, quindi per ora mi fermo e vedo cosa c'è da fare oggi, a occhio pulire la casa (rottura di palle).
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IMO: la resistenza attiva dei locali di musica live
Oggi andiamo a toccare un altro spinoso argomento. La chiusura di innumerevoli locali per la musica dal vivo. Vero è che la pandemia ha messo in ginocchio per poi ‘giustiziare’ moltissimi esercizi. D’altra parte, tuttavia, esiste una crisi che va avanti da diversi anni. E non è solo una questione economica. Forse è più un fattore generazionale. Come detto in altre occasioni, ogni generazione ha la propria musica. Per diverso tempo le nuove leve non hanno avuto una colonna sonora rock. Però questo, comunque, non spiega il perché delle serrande abbassate. Dicendola in modo semplicistico, sarebbe stato conveniente per i gestori cambiare direzione e chiamare artisti emergenti del genere del momento per rimanere aperti. Eppure non lo hanno fatto. Non credo non ci abbiano pensato.
Davvero il senso di coerenza, di appartenenza è stato così forte da far preferire la chiusura all’aggiornamento? Non essendo esercente non posso rispondere. Da osservatore posso dire che la cosa un po’ mi perplime. Ho visto diversi locali adattarsi ai cambiamenti. Il che non è un male. La vita va avanti, per fortuna. Le cose mutano. Il riuscire a stare in piedi in mezzo alla tempesta non significa per forza tradire se stessi. Certo, si è legati ad un certo ambiente, ad un determinato settore, ma si è anche persone d’affari. Ciò non significa che il profitto viene prima dei principi.
Significa solo cercare un’altra strada per non farli morire quei principi. Magari i modi per mantenere in piedi due anime distinte e separate c’erano. Perché non utilizzarli? Prima di scatenare polemica, so perfettamente che il discorso è molto complesso. Non voglio certo banalizzare. Restano in ogni caso degli interrogativi. Si dice che è diminuito il pubblico ai live. Per questo molti locali hanno dovuto chiudere. Bene. In seguito, molte persone si sono lamentate della chiusura dei locali. Una contraddizione in termini. Dove erano quelle persone mentre le sale concerto erano vuote?
In seconda battuta, quali sale concerto si sono svuotate? Quelle del rock? Perché, a ben vedere, i concerti di molti altri artisti underground appartenenti ad altri generi, erano pieni. Poi, non è che le persone non sono più andate a sentire musica dal vivo perché era sempre la stessa? ovviamente in questo frangente si parla di cover. A complicare la situazione ci si mette anche il contesto generale di ostacolo alla musica indipendente: non viene trasmessa. Questo inevitabilmente porta alla non diffusione e alla non conoscenza di nuove band. Infinite volte ho sentito le parole ‘non esce nulla di buono’ quando decine di band avevano appena pubblicato dischi pazzeschi.
Ma se non si sentono da nessuna parte, nessuno li conoscerà. Esiste poi un’altra sfaccettatura. Quei locali che, indomiti, direi a questo punto, hanno resistito per poi riprendere una programmazione fuori dall’andamento commerciale, come ci sono riusciti? Una domanda cui solo loro possono rispondere. Certo, dire che la sola passione li abbia condotti fuori dal tunnel, forse come risposta è un po’ debole. Passione si, ma sempre con i piedi per terra. Ahinoi ci sono anche i conti da fare. Quindi? Come hanno fatto e perché, tenendo presente il contesto, hanno deciso di riaprire ripartendo da dove avevano interrotto? Mille domande per una manciata di risposte.
A ben vedere neppure esaustive. Questo perché sono talmente tanti i fattori che hanno influito che non si può parlare di uno determinante. Allo stesso modo non è solo scelta dettata dalla situazione. Come non è responsabilità solo dei gestori o solo del pubblico. Da una parte c’è, probabilmente, la paura di rischiare, da entrambe le parti. Dall’altra un senso di insoddisfazione generale che ha spinto a disertare i concerti. È, in ogni caso, un cane che si morde la coda. Una cosa è certa. Se qualcuno ce l’ha fatta lo si deve solo che ringraziare per la costanza e la lungimiranza. Per chi invece ha abbandonato, è come se se ne fosse andato un pezzo di cuore, di anima, di storia. Per tutti un solito monito, resistiamo e combattiamo.
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Milano: "Don’t stop the paint", la mostra personale di Francesco Tricarico alla Fabbrica Eos Arte Contemporanea
Milano: "Don’t stop the paint", la mostra personale di Francesco Tricarico alla Fabbrica Eos Arte Contemporanea. Con la mostra personale di Francesco Tricarico, "Don’t stop the paint", in programma dal 30 marzo al 29 aprile 2023, riapre al pubblico la sede storica di Fabbrica Eos Arte Contemporanea in Piazzale Baiamonti a Milano. Lo spazio espositivo si affianca a Fabbrica Eos Gallery (Viale Pasubio, angolo Via Bonnet), raddoppiando di fatto l’offerta artistica della Galleria, fondata nel 1987 da Giancarlo Pedrazzini. L’inaugurazione si terrà giovedì 30 marzo a partire dalle ore 11.00. Sarà presente Francesco Tricarico, artista visivo, cantante, cantautore e musicista italiano, attualmente impegnato nella promozione del suo nuovo singolo. A differenza di quanto si possa supporre dalla sua lunga e importante carriera nella musica, la pittura è stata la prima forma di espressione artistica per Tricarico. Un’urgenza di pittura che si manifesta anche nel suo linguaggio e nel suo approccio, caratterizzato da continue sovrapposizioni di strati di segni e colore. Una pratica artistica condivisa con il pubblico attraverso la live painting propedeutica alla mostra, che nel mese di marzo 2023 ha portato Francesco Tricarico a dipingere dal vivo alcune sue opere presso Fabbrica Eos Gallery, invitando appassionati d’arte, specialisti e semplici curiosi a seguirlo dall’ampia parete vetrata o a entrare in Galleria per partecipare attivamente al processo. «Da molti anni - ha scritto Elisabetta Sgarbi in occasione della mostra da lei curata a Bormio, nell’ambito de La Milanesiana - esiste una consuetudine tra me e Francesco Tricarico: a ore imprecisate della notte mi manda immagini delle sue tele, grandi tele. Così ho la fortuna di seguire da sempre questa traiettoria artistica di Francesco Tricarico - già musicista, interprete e scrittore di grande successo. Queste grandi tele sono esplosioni di colori, che, nell’intreccio di linee, conquistano una forma, che è sempre la forma di una interiorità inquieta come quella di Francesco». La poesia a colori di Francesco Tricarico esplode nelle sue tele, in un percorso dove lo sguardo poetico e sorprendente del cantautore incontra una pittura d’azione, che è paesaggio fantastico di un mondo d’artista. Scrive Francesco Tricarico: «Dove finisce l’Arte, finisce la Vita. Non so se sia già stato detto. Una sola regola nelle Opere: non deve esserci nessuna forma decodificabile allo sguardo. Tutto deve essere in movimento, strati che si sovrappongono a strati colori a colori bianco su bianco su nero su colore per l’eternità, che ci sia profondità. La parola ferma, il colore e le linee ondulatorie no. Che si muovano che vivano le Opere la vita che non si vede, che non si tocca, che non si sente. Che sia riscatto dalla sofferenza e dal dolore che sia gioia e vivo tormento e giustificazione e discorso antico e sapiente e non si curi delle omissioni di cui siamo tutti vittime l’arte. In un’Opera c’è un rettangolo che contiene un cerchio, l'eccezione che conferma la regola. Ripeto. Dove finisce l'Opera finisce la vita». Il percorso espositivo comprende una quindicina di opere ad acrilico su tela, realizzate nel periodo 2021-2023. È inoltre completato da un paio di tele dipinte dal vivo nel mese di marzo. A supporto della mostra sarà disponibile in Galleria il catalogo "Doppio Tricarico", a cura di Elisabetta Sgarbi, realizzato dalla Fondazione Elisabetta Sgarbi nell’ambito de La Milanesiana 2022 per la mostra "Doppio Tricarico" (Banca Popolare di Sondrio, Bormio, 2022). Per informazioni: T. +39 02 6596532, [email protected], www.fabbricaeos.it. Francesco Tricarico è un cantautore italiano. Nel settembre del 2000 esce il primo singolo "Io sono Francesco", che sale al primo posto nella classifica italiana dei singoli più venduti e viene premiato col Disco di Platino. Nel 2002 pubblica il suo primo album, ""Tricarico, a cui seguono altri album di successo tra cui "Giglio" (2008) - che contiene il brano "Vita Tranquilla" con cui al Festival di Sanremo 2008 ha vinto il premio della critica Mia Martini - "Il bosco delle fragole" (2009), "Invulnerabile" (2013), e "Da chi non te l’aspetti - prima parte" (2016). Ad aprile 2019 esce il singolo "Abbracciami fortissimo", che anticipa il nuovo album "Amore dillo senza ridere ma non troppo seriamente" (2021). Nel 2009 pubblica il suo primo libro, "Semplicemente ho dimenticato un elefante nel taschino", e nel 2019 "Palla persa. Una favola d’amore". Tricarico, nel corso della sua carriera, ha scritto brani per molti grandi artisti, tra cui Andriano Celentano, Zucchero, Gianni Morandi, Malika. Per la sua opera pittorica, collabora dal 2016 con la Galleria Fabbrica Eos di Giancarlo Pedrazzini.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Sandro Puddu (Acetone): "Shut Up" ed un 2024 con tanta musica
Il 2024 del dj producer sardo Sandro Puddu parte in modo esplosivo. Esce il 12 gennaio 2024 il singolo "Shut Up" su Acetone, l'etichetta di Maurizio Nari e Jens Lissat gestita con l'importante contributo di Steve Tosi. "Cita un successo del passato ed ha anche un sound funky house contemporaneo e coinvolgente. Ho deciso puntare su sonorità e ispirazioni più attuali, perché possa piacere anche ad un pubblico giovane, e l'idea è piaciuta" spiega Puddu. Specializzato in house immediata e potente, conosce i gusti di chi balla sin dagli anni '90. Non solo ha fatto scatenare i locali più importanti in Sardegna e nella Riviera Romagnola. Negli anni ha messo insieme collaborazioni musicali importanti e una lunga esperienza come speaker, in emittenti di riferimento, in Sardegna e non solo.
A cosa punti per il 2024 a livello musicale?
"La collaborazione con Acetone procede e, con Radio Studio Più, si fa strada l'idea di mandare i nostri mixati all'interno del programma Stargate. La mia speranza è che sia una annata prolifica. E' un momento non semplice per la musica. Servirà fortuna".
Perché secondo te è difficile?
"Fermo restando che la funky house resterà il punto di partenza, sarà necessario scovare sonorità nuove ed alternative. Per evitare l'effetto 'ripetizione', inevitabile quando le produzioni sono tante".
Acetone è una realtà che dà spazio alla vostra creatività ed offre agli appassionati sempre qualcosa di nuovo. In tutto questo lo spirito di gruppo resta cruciale.
"Il 2023 è stato costellato da belle esperienze e bei risultati. L'auspicio è ottenere il doppio di quei risultati e di migliorarli. Siamo in 5 e c'è affiatamento. Ci siamo incontrati tutti di recente al Teatro Verdi a Cesena. Siamo stati bene ed è stata un'ulteriore conferma della nostra sintonia e della totale convergenza sulle idee".
Tra i tanti impegni, gestisci una scuola per dj in Sardegna.
"Ho 23 allievi. Sono tanti si dividono a scaglioni. Mentalmente sono già proiettato alla Winter Music Conference che si terrà come ogni anno a Miami, a marzo, dove saremo presenti tutti e 5. Per Acetone, tutti, mettiamo anima e corpo. Tra le tante belle novità c'è il nostro Acetone Radio Show ogni martedì sera in onda su Radio Studio Più, alle 20:30, all'interno del programma Stargate di Gianpiero XP.
Cosa vuol dire fare il dj e, soprattutto, produrre musica oggi?
"Sono uno della vecchia scuola, so cosa sia un giradischi della Technics. Vado orgoglioso dei 10mila dischi in vinile. Possiedo una cultura musicale ampia, so dove attingere quando voglio arricchire un pezzo in maniera sensata e originale. Credo che ogni dj debba partire da questo, dalla musica, anche quella non dance, anche la classica, anche il jazz... tutto. Anche la natura è una fonte sonora d'ispirazione. Ad esempio, utilizzo nelle produzioni, a mo' di tocco inconfondibile, il suono della campana sarda, che ho sentito durante una fiera e l'ho fatta riprodurre in carbonio. Anche gli strumenti che ho in studio vengono impiegati per nuovi spunti. Tutto questo, in chi comincia, magari con mezzi digitali, spesso non lo sento. Servirebbe un approccio diverso, magari delle conoscenze musicali più profonde. Non esiste solo la house. Molti incontrano ostacoli nella produzione, perché tanti pezzi del passato non li conoscono. Credo sia un peccato per chi si avvicina alla produzione musicale".
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Sandro Puddu (Acetone): "Shut Up" ed un 2024 con tanta musica
Il 2024 del dj producer sardo Sandro Puddu parte in modo esplosivo. Esce il 12 gennaio 2024 il singolo "Shut Up" su Acetone, l'etichetta di Maurizio Nari e Jens Lissat gestita con l'importante contributo di Steve Tosi. "Cita un successo del passato ed ha anche un sound funky house contemporaneo e coinvolgente. Ho deciso puntare su sonorità e ispirazioni più attuali, perché possa piacere anche ad un pubblico giovane, e l'idea è piaciuta" spiega Puddu. Specializzato in house immediata e potente, conosce i gusti di chi balla sin dagli anni '90. Non solo ha fatto scatenare i locali più importanti in Sardegna e nella Riviera Romagnola. Negli anni ha messo insieme collaborazioni musicali importanti e una lunga esperienza come speaker, in emittenti di riferimento, in Sardegna e non solo.
A cosa punti per il 2024 a livello musicale?
"La collaborazione con Acetone procede e, con Radio Studio Più, si fa strada l'idea di mandare i nostri mixati all'interno del programma Stargate. La mia speranza è che sia una annata prolifica. E' un momento non semplice per la musica. Servirà fortuna".
Perché secondo te è difficile?
"Fermo restando che la funky house resterà il punto di partenza, sarà necessario scovare sonorità nuove ed alternative. Per evitare l'effetto 'ripetizione', inevitabile quando le produzioni sono tante".
Acetone è una realtà che dà spazio alla vostra creatività ed offre agli appassionati sempre qualcosa di nuovo. In tutto questo lo spirito di gruppo resta cruciale.
"Il 2023 è stato costellato da belle esperienze e bei risultati. L'auspicio è ottenere il doppio di quei risultati e di migliorarli. Siamo in 5 e c'è affiatamento. Ci siamo incontrati tutti di recente al Teatro Verdi a Cesena. Siamo stati bene ed è stata un'ulteriore conferma della nostra sintonia e della totale convergenza sulle idee".
Tra i tanti impegni, gestisci una scuola per dj in Sardegna.
"Ho 23 allievi. Sono tanti si dividono a scaglioni. Mentalmente sono già proiettato alla Winter Music Conference che si terrà come ogni anno a Miami, a marzo, dove saremo presenti tutti e 5. Per Acetone, tutti, mettiamo anima e corpo. Tra le tante belle novità c'è il nostro Acetone Radio Show ogni martedì sera in onda su Radio Studio Più, alle 20:30, all'interno del programma Stargate di Gianpiero XP.
Cosa vuol dire fare il dj e, soprattutto, produrre musica oggi?
"Sono uno della vecchia scuola, so cosa sia un giradischi della Technics. Vado orgoglioso dei 10mila dischi in vinile. Possiedo una cultura musicale ampia, so dove attingere quando voglio arricchire un pezzo in maniera sensata e originale. Credo che ogni dj debba partire da questo, dalla musica, anche quella non dance, anche la classica, anche il jazz... tutto. Anche la natura è una fonte sonora d'ispirazione. Ad esempio, utilizzo nelle produzioni, a mo' di tocco inconfondibile, il suono della campana sarda, che ho sentito durante una fiera e l'ho fatta riprodurre in carbonio. Anche gli strumenti che ho in studio vengono impiegati per nuovi spunti. Tutto questo, in chi comincia, magari con mezzi digitali, spesso non lo sento. Servirebbe un approccio diverso, magari delle conoscenze musicali più profonde. Non esiste solo la house. Molti incontrano ostacoli nella produzione, perché tanti pezzi del passato non li conoscono. Credo sia un peccato per chi si avvicina alla produzione musicale".
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