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#io faccio la rinuncia
i-mlosingyourmemory · 2 months
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25 minuti per studiare una pagina........
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inhiatusfromlife · 6 months
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nuova rubrica 'forse mi laureo'
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papesatan · 9 months
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E già qualcuno fra i parenti ha osato chiedermi del concorso. Ma come, non partecipi? Vedo già le mie zie insegnanti partir gagliarde con le solite domande cui non saprò cosa rispondere. La verità porterebbe a una bruta discussione, meglio tentar la via della cieca ignoranza o, peggio ancora, della menzogna compiacente. Ogni volta resto muto e interdetto, incapace di soffrirne a voce, perché ho un lavoro, cristo, un lavoro creatomi dal nulla, MI SONO DATO un lavoro e per loro non è abbastanza, perché non è un posto pubblico. Forse chi ha visto Quo vado? ma vive al nord non ha ben chiaro quanto quel film ritragga fedelmente la gretta mentalità della mia terra, ma è davvero così e non fa ridere per niente. Ricordo ancora benissimo i mesi precedenti l’apertura, il silenzio dei parenti, il vuoto intorno, le risatine di mia nonna: “Ma verrà qualcuno?” e l’insistenza di mia zia: “Hai mandato le Mad? Dovresti provare col sostegno, da lì è più facile entrare” (e di questa immonda realtà parleremo un’altra volta). Ci litigai, speravo d’aver chiarito una volta per tutte le mie intenzioni, ma puntualmente dopo qualche mese tornò a chiedermi: “Allora, hai mandato le Mad? Nessuna supplenza?” “Eh, no” mentii “purtroppo nulla”. Ci rinuncio, perché quella dei nostri genitori ormai è una generazione totalmente slegata dalla realtà, convinta di vivere ancora gli anni ‘90, dove tutto era possibile, dove entravi dove volevi con l’aiuto di zio Cosimino, dove il politichino di turno sistemava gli amici di amici, dove una laurea e un concorso significavano qualcosa. Oggi la mia dipendente, povera crista che quando non lavora passa le giornate a studiare, mi ha rivelato che per la sua classe di concorso i posti messi a bando per la Puglia saranno 3. Come dovrei non incazzarmi? Come si può restare calmi di fronte a tanto schifo? Capite perché ho mandato tutti al diavolo, aprendo la MIA scuola? Non possiamo star qui a invecchiare all’ombra di mamma e papà, in attesa che lo stato ci permetta di fare ciò che abbiamo sudato e studiato decenni per fare. In famiglia nessuno sa che ad aprile ho rinunciato all'orale. Non li ritengo stupidi, è probabile che qualcuno abbia capito (forse mia madre?), dall’Usr dell’Emilia Romagna si sono fatti vivi dopo un anno (un anno!) dal superamento dello scritto, questo sì, ma è poco plausibile che venga indetto un nuovo concorso senza aver posto fine al precedente. Almeno il dubbio deve averli sfiorati. Ma non ho il coraggio di dirglielo, lascerò che lo capiscano da sé, se vogliono, non sopporterei la cenere di quegli sguardi delusi, il ricordo di mio padre che dopo lo scritto esulta al telefono: “Volesse Iddio che ti sistemi”, la segretaria dell’Usr che alla rinuncia insiste incredula al telefono ed io che le rispondo: “Non posso, ho cambiato vita”. No, la verità li ammazzerebbe, non so manco perché poi. E la cosa che mi fa più ridere è che proprio loro, le mie care zie insegnanti, gente del mestiere, non capiscono che non potrei affiancarlo in nessun modo a ciò che già faccio, perché è già un lavoro a tempo pieno. Come potrei mai dedicarmi il pomeriggio al doposcuola e preparare al tempo stesso le lezioni del giorno dopo? Partecipare ai consigli, collegi vari, attività pomeridiane ed essere ubiquamente al mio locale? Gestisco un’attività, cazzo, non è mica il lavoretto dell’estate. Ma non lo capiranno mai tanto, meglio che m’abitui sin da ora a ripetere: “Oh, sì, eccome se ho sentito! Non vedo l’ora di tentar la sorte anch’io alla lotteria!”    
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tettine · 11 months
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Madonna ma se ci penso che dovrò mangiare in treno e correre da lezione a tirocinio e passare le notti in bianco per fare la tesi, la metà analisi e studiare mi viene molto male. Io faccio la rinuncia agli studi e mene vado a fare la commessa perché non me posso più!
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omarfor-orchestra · 2 years
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-1 alla mia morte allora se non lo passo io direi rinuncia agli studi a due esami dalla laurea poi triennale in comunicazione così faccio la magistrale in scrittura seriale e poi spero di avere quell'idea fantastica e quella botta di culo che mi permetteranno di lavorare per anni sullo stesso prodotto macinando e rimacinando trope e personaggi. Tanto il pubblico questo vuole
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kqluckity · 17 days
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io devo fare la rinuncia agli studi basta non ce la faccio più
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pizzakaijuisekai · 4 months
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Il giorno in cui decido di mettermi a dieta, apre la pizzeria. Quindi inizio il mio percorso verso (si spera) un miglioramento fisico e mentale forse nel modo più drastico possibile. Non sto parlando di una dieta restrittiva, quella sono anni che la seguo. Al punto che spesso mangiare è una colpa, una rinuncia, un desiderio. E a furia di desiderare e sperare, il giorno in cui mi concedevo qualche cosa di particolare manco mi andava più. No, la mia dieta mi obbliga a mangiare, iniziando con 2100 calorie per poi vedere che si fa. In tutti questi anni ho mangiato non più di 1800 calorie al giorno. Facendo, tra le mille altre cose, sport ogni giorno e avendo risultati abbastanza miseri. Mi vedete e in tutti questi anni le mie braccia sono rimaste uguali e le altre parti del corpo sono state rallentate dal mio terrore del cibo. E poi, a parte la rincorsa verso il corpo perfetto che non avrò mai, ultimamente sto una merda. Non mi reggo in piedi, ho sbalzi di umore incomprensibli e soprattutto NON DORMO. Quasi mai. Insonnia causata dalla stanchezza fisica che, come mi sdraio, si accentua. Quindi ho chieso ad un nutrizionista di aiutarmi e la sua risposta è stata Sì, ok, io ti aiuto anche, ma se hai il terrore di mangiare non andrai avanti né indietro, quindi forza. Io un percorso psicologico non voglio iniziarlo, non guidato da altri. Voglio provare a fare da me e voglio documentare questa mia strada con tutti i miei alti e miei bassi. Ed oggi che mangio la pizza ho fatto tutto quello che dovevo: ho comprato frutta e verdura, ho cercato di fare bilanciare i pasti per permettermi una mangiata un po' più sostanziosa (evitando quindi grassi importanti e cercando di alimentarmi con gli alimenti che la pizza non mi avrebbe dato) e sono andata dritta. Ho tolto la bilancia dal bagno per non essere fermata dalle mie solite paranoie di numeri che ormai manco hanno più un senso. Vi terrò aggiornati, cercando di non fare delle cronache di che ho mangiato oggi, ma solo condividendo che faccio, come sto. Spero possa essere utile.
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storyofcherrylife · 8 months
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Quanto è brutto sentirsi perennemente indietro su tutto.
Coetanei già tutti laureati, alcuni che si stanno sposando/avendo figli e io ancora qua a piangere perché non voglio fare gli esami orali perché mi mettono troppa ansia.
Come si fa a superare questa cosa, voglio solo laurearmi e lavorare di nuovo. Mi manca così tanto lavorare. Mi sembra di star buttando via il mio tempo, ma la realtà è che io NON ho più voglia di studiare. Io amo quello che studio, lo faccio davvero, ma sono totalmente stufa del sistema universitario. Voglio uscirne, ma voglio farlo da “vincitrice” con la corona d’alloro in testa. Invece se continuo così lo farò tramite la rinuncia agli studi.
Sono così stufa di me stessa, vorrei una pausa dal mio cervello. Vorrei godermi queste giornate dormendo fino a tardi, uscendo, godendomi il non far niente del weekend. Invece sono sempre bloccata qui in casa a studiare che ogni volta che faccio un passo fuori casa mi sento in colpa perché non sto studiando.
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mirtola87 · 11 months
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Ghiande
Cammino, a passo spedito, come sempre, anche quelle rare volte che non vado di fretta. Indosso una giacca corta. Il vento novembrino è una fredda sferza sulla pelle ancora assonnata. Sento le mie dita. Quando fa freddo, diventano gelate. Poi iniziano a formicolare, il sangue rinuncia a raggiungere i polpastrelli, e progressivamente abbandona anche falangette, falangine e falangi. Così, una per una, le mie dita diventano gialle. L'inverno mi regala mani da Simpson.
"Guanti", direte voi. Mai potuti soffrire. Come si fa a toccare le cose coi guanti? Di fatto, non si toccano. I guanti servono proprio a maneggiare cose che non si vogliono toccare. È come avere mani vigliacche.
Solo due cose toccherei con i guanti: cacca e cessi. Per il resto, soffro in silenzio, tutt'al più coi guanti a mezze dita e le metà di dita scoperte inesorabilmente gialle, e ficco le mani in tasca. È quello che faccio anche oggi: ficco le mani nelle tasche della mini di jeans.  E la mia mano sinistra sente qualcosa. È qualcosa di piccolo, duro, ovale, liscio per metà e ruvido per l'altra. Non lo tiro ancora fuori dalla tasca per identificarlo; lo rigiro tra le dita perché al tatto è bellissimo e misterioso, e chi mette i guanti non sa cosa si perde quando trova qualcosa in tasca. Sembra composto di due parti, come una penna col cappuccio, ma ovale. Solo che la penna è a punta, mentre sotto il cappuccio l'oggetto resta curvo e liscio. Sorrido perché non ho la più pallida idea di cosa sia. Finalmente mi decido a estrarlo e lo guardo. È una ghianda. La osservo - bruna, lucida levigata, col suo cappuccetto beige opaco - e mi coglie una tenerezza infinita. Quanta perfezione può esserci in una sola, piccola ghianda?
Quando ero bambina, tutte le mattine la mia babysitter mi portava alla villa Floridiana di Napoli. I lati dei viali erano sempre pieni, zeppi di ghiande e io potevo stare a raccoglierle per ore, senza stancarmi. Le mettevo in un pacchetto di fazzoletti vuoto e poi le portavo a casa per darle da mangiare alle bambole (che notoriamente ne sono ghiotte) con contorno di bucce di Galbanino. Ma ora che ho ventott'anni, come diamine ci è finita una ghianda nella mia tasca? Non me lo ricordo. Ma la rigiro tra le mani e so, ricordo che il momento in cui l'ho messa in tasca era un momento felice. Volevo conservare quel momento, e ho conservato la ghianda. (Mi viene da pensare ai ditali e ai baci di Peter Pan.) Ora il momento è andato, ma la ghianda è ancora qui, a ricordarmi quanto è stato bello. E mi viene voglia di proteggerla, di metterla al sicuro, di portarla sempre con me.  La rimetto in tasca e sorrido pensando a me, bambina di tre anni, e alle mattine trascorse a raccogliere i bei ricordi del futuro sui viali della Floridiana. Tenetevi pure i guanti, lasciatemi le ghiande. (Bologna, 2015)
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giancarlonicoli · 11 months
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14 ott 2023 19:40
''LA VITA È TIRANNA E PUTTANA: PER QUESTO FACCIO TUTTO QUELLO CHE MI PARE...'' – SE NE VA A 61 ANNI STRONCATO DA UNA CRISI CARDIACA, L'EX ABATE DI MONTECASSINO PIETRO VITTORELLI – IL RITRATTONE BY DANDOLO: ALTRO CHE PECORELLE SMARRITE, 'IO 'VADO A CERCA' CAZZI”. E POI ORGE, CHETAMINA E GHB (DROGA-STUPRO) ANCHE DOPO L'ISCHEMIA: I FESTINI A MILANO, CON UN ESCORT CHE TENEVA LA PIPA DEL CRACK -DOPO GLI SCANDALI, NEL 2013 PAPA FRANCESCO ACCETTÒ LA SUA RINUNCIA - L'INCHIESTA SULL’USO DEI FONDI DELL’8 PER MILLE (CHE SI CONCLUSE CON LA SUA ASSOLUZIONE) E L'AMICIZIA CON MARRAZZO -
TUTTE LE PASSIONI DELL’ABATE
Alberto Dandolo per Dagospia
E' MORTO L'ABATE EMERITO DI MONTECASSINO
Estratto dell’articolo di Aldo Simoni per il Corriere della Sera
Un'improvvisa crisi cardiaca ha stroncato l'abate emerito di Montecassino, don Pietro Vittorelli. Inutile ogni tentativo di soccorso. Quando sono arrivati i sanitari del 118 era ormai troppo tardi. Aveva 61 anni e si trovava nel suo appartamento romano dove spesso si tratteneva, prima di ritornare a Cassino. Era stato nominato 191esimo successore di San Benedetto il 25 ottobre del 2007 da papa Ratzinger che, due anni dopo, andò a far visita al celebre monastero benedettino.
L'inchiesta sull'8 per mille
Il nome di Vittorelli è legato allo scandalo che investì l’abbazia dopo che la Guardia di Finanza, nel 2015, avviò un'indagine sull’uso dei fondi dell’8 per mille. Finirono sott’inchiesta sia lui che il fratello Massimo, per riciclaggio e appropriazione indebita. In altre parole la Finanza ipotizzò che dom Pietro si era appropriato di 588mila euro  destinati, invece, alle opere caritatevoli della diocesi di Montecassino. Soldi che provenivano, appunto, dalle donazioni dell’8 per mille. Quei soldi – secondo l’accusa – erano stati invece utilizzati dall’allora abate per viaggi all’estero, soggiorni in alberghi di lusso e cene in locali esclusivi.
(...)
La rinuncia
Quest’inchiesta ha segnato profondamente il percorso pastorale dell’ex abate che fece un passo indietro e, il 12 giugno del 2013, papa Francesco accettò la sua rinuncia (per motivi di salute) alla guida della celebre abbazia.
L'amicizia con Marrazzo
Non a caso nel 2009 l’allora governatore del Lazio, Piero Marrazzo,  dopo un fitto scambio di telefonate con il suo amico abate, andò in ritiro sul colle di Montecassino a seguito dello scandalo che lo travolse per le sue amicizie trans. «Quest’uomo – disse allora dom Pietro Vittorelli – sta compiendo un delicatissimo iter da cui nascerà una persona nuova». E lì, immerso nel silenzio dell’abbazia, Marrazzo rimase per diverse settimane. Un percorso di recupero in cui l’allora abate gli fu sempre vicino. «Piero ha bisogno di riflettere,  di ritrovare se stesso», spiegò il suo legale l'avvocato Luca Petrucci, motivando la decisione del governatore di ritirarsi con i monaci benedettini. E anche in questo percorso, dom Pietro dimostrò come fossero profonde le sue amicizie con i potenti dell’epoca.
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cesareborgiasblog · 2 years
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A volte faccio della mia ira un canto e me ne vanto, perché per me la gloria è tutt'altro che perfezione...
È sofferenza, sacrificio, rinuncia - sono un impavido guerriero che grida ai cieli quando è stanco, si getta a terra ma con la promessa di rialzarsi in piedi.
Sono un anima anch'io, ricca di sentimenti e virtù, ma che ama celarsi dietro le cose belle perché possano esser loro acclamate con tanto vanto.
Amo le conquiste e vado fino infondo per le cose in cui credo, gli dèi lo sanno, così anche i miei nemici.
Feci dei miei padri degli stendardi per le mie imprese e dei miei fedeli dei figli, chiamo fratello il mio suddito e non mi perdo d'animo a vestirmi di abiti semplici per cenare con i poveri....vedo la rinascita nei fallimenti, perché per un guerriero solo la morte è motivo di arresa.
A volte faccio preghiere in forma di digiuno, perché il mio cuore possa alla mia gente essere loro compagno per sempre.
Perché un anima prescelta non dev'essere solo re, ma il suo popolo stesso.
Un dio non lo è mai e non lo sarò nemmeno io.
16 Dicembre 2022
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Sono complessi derivati dal fatto che non credo nell'amore. Non ci credo e per ovvie ragioni, ovvie per me, in ogni caso non posso cambiare idea sull'argomento. Io non vivo bene. Ne sono cosciente. Lasciatemi continuare a capire il mondo, potete scrivermi le vostre opinioni ma se parlano di amore lasciate perdere.
Vorrei vivere tanto tempo fa, negli anni venti magari. Lì non c'era tutto quel bombardamento del mondo moderno: di droghe, canzoni criminali o di oggettivazione della donna, storie raccontate di situazioni particolarmente mondane, vicende sporche che lasciano il segno, anime sensibili che non hanno mai conosciuto la poesia nelle cose e sono continuamente bombardate dal mondo esterno che, superficiale, intorpidisce i sensi.
Invece mi trovo in questa epoca, corrotto dalla droga: canne, alcool, sigarette, ossessioni, idee criminali; adotto comportamenti di autodifesa appresi dalla strada, appresi dalle persone che pensano prima al denaro e poi alla vita, o prima alla vita e poi all'amore.
Mi sento male, cerco spesso dalle persone qualcosa che non hanno, che non c'è. Mi comporto in modo strano, esuberante, cerco di non pensare, ma in fondo non mi rimane niente, in fondo non sono che un gioco per gli altri, una risata, un contorno. Non mi ricordo perché decido di comportarmi così, non è il momento di dirlo. Quello che voglio dire è che io vivo male, vivo male tutto, e ho bisogno di essere alterato.
Ma adesso lasciatemi stare, voglio stare da solo a leggere i classici, libri di signori facoltosi, grandi studiosi e pensatori di successo. Fuori moda si, lontano da voi, lontano da quel me stesso che starebbe sempre fatto, a parlare di potere, sesso e donne di facili costumi; e lontano da quel me stesso che si diletta nel fare pensieri da donna 'di facili costumi' su di sé, si perché mi piace farlo perché sono corrotto,viziato,piegato: possiedo una mente che è malata, nauseata, vomita se stessa, ma almeno dopo aver rigettato sta meglio, in pace con sé stessa, in pace con chi come me ha questi pensieri, perché finalmente li capisco, ma in fondo non le capisco, le donne, perché sono ben più 'di facili costumi' io di loro o forse è uguale. Forse le capisco, ma sono voluttuoso, a volte mi piacciono a volte mi fanno veramente schifo, mi fa schifo veramente il modo in cui vogliono essere trattate, nei loro sogni erotici più estremi. Ora l'ho detto, che schifo. Mi fanno pena. Oh. Invece di farmi arrapare mi fanno venire voglia di porgere un velo pietoso per la dignità, morta, maciullata. Forse mi hanno traumatizzato talmente tanto che ho finito per farli pure io questi pensieri, su di me. Ne ho visto gli effetti, non sono affatto positivi, forse, ma comunque è come una droga, no? Bello schifo. Tutto questo è uno schifo. Non capisco come possa non pensarci e scopare, non capisco come possa piacermi levare la dignità alle donne. Sono in un corpo animale e quindi ho queste pulsioni, che ringraziando iddio mitigo, infatti tendo a coprire di onore la mia donna nuda. Preferisco adorare mentre faccio sesso, non godo nel levare la dignità, che schifo, santo cielo, non ha senso stare con una persona a cui vuoi male o che tieni lontano per preservare te stesso. Eppure nei sogni erotici estremi di molte donne c'è questo fatto di rinuncia alla dignità per il godimento, legate, umiliate, oggettivizzate e chi più ne ha più ne metta. Sono attratto e allo stesso tempo schifato, eppure non mi sono mai permesso in vita mia di rinunciare a fare una cosa particolarmente estrema, penso che lo farei, infliggerei queste sevizie se lo vedessi necessario, ma solo per soddisfare queste loro fantasie, sinceramente ci troverei pure del piacere, mi rammarica così tanto che io non le voglia fare per mia natura, così tanto che preferisco chiudermi a riccio e non vedere nessuna per il resto della mia vita. La cura sinceramente sarebbe infliggerle e basta. Mi sentirei molto meglio. Il cuore si dimena scalcia, si contorce, ripeto, non sto bene. Vorrei, ripeto, rinchiudermi a riccio in me stesso, leggere e studiare le cose mie, crearmi un lavoro o trovarlo, che mi piaccia, insomma, pensare a me. Non posso stare con una che ha (giustamente, per natura) queste pulsioni e non dargliele perché voglio farci l'amore, mi sentirei veramente in difetto, come se non gli possa dare quello che cerca, e non importerebbe quanto mi dica che gli va bene così, io lo so che dentro vorrebbe quella cosa e io non gliela sto dando, non me lo potrei mai perdonare, e non potrei neanche perdonarmi che lei preferisca fare l'amore con me invece che soddisfare le sue fantasie più arrapanti, non posso accettare un'etichetta di bravo ragazzo fino a questo livello, non mi sentirei mai sicuro: ovvio che voglia fare le sue porcate, se non con me le cercherà con altri uomini, ovvio che cercherà quello che io non gli posso dare, è la natura. No no. Meglio star da soli che puntare quando non hai le carte per vincere. Per questo non mi attacco alle persone, le donne, le lascio fare quel che desiderano: se vogliono stare con me bene se no pazienza, se cercano l'erotismo sottomesso secondo loro natura, come giustamente è, lo trovino e ne godano alla grande, non mi interessa. Non mi attacco a una persona così, ma non perché sia sbagliata ma perché non mi attacco a una persona che so che non gli posso dare quello di cui secondo natura ha bisogno. Ne godo finché posso, poi giustamente capirà che ha bisogno d'altro e se ne andrà, pazienza. Non ci speravo, non ci spero e non ci spererò.
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kqluckity · 2 years
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yomersapiens · 3 years
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(È un pensiero nato da qualche mese e mi spaventa essere arrivato ad ascoltarlo ma non posso più fare finta di niente. Non faccio altro che ripeterlo in terapia, che non mi sento nel luogo giusto, che mi sento lontano da casa. La sindrome dell’esiliato. Ma chi mi ci ha mandato in questo esilio se non io da solo? Nessuno mi ha mai obbligato a fare le valigie tanti anni fa e partire. Il tedesco sarà sempre un grosso limite. Inutile nasconderlo. Si tratta di ridurre i miei pensieri in qualcosa di più facile da esporre. In inglese mi sento falso. Divento un cliché frutto delle serie tv che guardo. Uno che ripete frasi fatte e le adatta. Ogni volta che esprimo il desiderio di tornare in Italia accompagno il tutto con “fallimento” e “sconfitta”. Come se la mia esperienza all’estero e a Vienna fosse una gara di resistenza. Perché tornare dove mi sento più a mio agio, nella mia testa, è visto come una rinuncia? Forse per l’odio sviluppato nel corso degli anni per chi non prova nemmeno a migliorare la propria condizione. Ma guardiamo in faccia la realtà. Sono diventato quello che più temevo: uno che si lamenta sempre. Mi lamento del tempo grigio. Della pioggia. Del freddo. Del freddo dentro le persone. Delle distanze. Della difficoltà di comunicazione. Del costo delle case. Del cibo. Della qualità delle verdure. Ok mi lamentavo di tutto questo anche quando vivevo in Italia. Che palle sono davvero uno che si lamenta e basta? Devo averlo preso da mio padre anche lui non fa altro è il suo hobby preferito dopo l’ipocondria. Voglio andarmene da qui e per quanto possa risultare banale e senza senso, per un periodo desidero tornare in Italia. Vienna doveva durare sei mesi, non otto anni. Ok che sono uno pigro e inadatto al cambiamento, ma qua mi sembra di aver esagerato. Non ho idea del dove e del quando. So solo che ogni sette anni dicono che le cellule del tuo corpo cambino completamente. Sono una persona nuova allora. Un anno in ritardo sulla tabella di marcia. Se penso a tutto quello che mi manca e che non conosco, quante cose nuove da scoprire e di cui lamentarmi. Accadrà. Svuotare la cantina di mio padre mi ha fatto capire quanto mi manca non possedere nulla e qua ho troppe cose in casa. Troppi scaffali pieni e credo la mia vita sia destinata ad essere racchiusa in tre borse. Una per i vestiti. Una per la musica e i videogiochi. Una per le medicine e il caffè. Che poi è la stessa cosa.)
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der-papero · 4 years
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Ieri sera ho ricevuto una telefonata che mi ha messo di nuovo di fronte alla mia stupidità. E, per l’ennesima volta, ho ricominciato quel lungo percorso di analisi con l’obiettivo (inutile, perché tanto non lo raggiungo mai) di capire, e dedurre, se conviene o meno (no, non conviene!) essere come sono.
Stavolta la cosa davvero ridicola è che mi sono fidato (tanto per cambiare, perché sono un coglione) e ho scoperto di essermi ritrovato in un mare di bugie, paradossalmente create non per cattiveria, ma per motivi inevitabili, quindi non me la posso manco prendere con nessuno.
Non è tanto la questione materiale che mi danneggia, non ho vergogna a dirlo ma posso permettermi di scialacquare quello che ho e continuerei ad avere abbastanza risorse per fare quello che voglio, però il tema ha senso fidarsi del prossimo è ritornato a presentarsi in modo prepotente, e ancora una volta la risposta è NO.
E’ da ieri che faccio lo Sliding Doors della mia vita, cercando di immaginare cosa sarebbe accaduto se, a fronte di chi mi ha chiesto una mano, o anche di condividere un percorso, avessi risposto “eh, che ci vuoi fare, ci vuole pazienza, adesso scusami, ma devo portare a pisciare il cane (che non ho)”. Se mi fossi comportato così, in molti casi sarebbe andata molto meglio, e per fare giusto un esempio a caso ma vicino a voi, oggi non avrei una persona bloccata tra i contatti di Tumblr.
Mio padre era una persona malvagia, al punto tale che al suo funerale la stragrande maggioranza delle persone presenti non era affatto dispiaciuta di vederlo chiuso in una bara (e tra queste c’ero anche io). Lui però un pregio ce l’aveva: non si fidava di nessuno. Non si fidò nemmeno del chirurgo che gli disse “se lei firma le dimissioni volontarie e rinuncia a volersi ricoverare, non arriverà a domani”, e lui le rispose “lei non capisce un cazzo, dovrebbe tornare a studiare”, uscì dalla porta, fece una rampa di scale e stramazzò lì. Ok, qui gli andò di sfiga, ma dal giorno in cui i suoi genitori lo abbandonarono (almeno lui così la vedeva, la realtà era un po’ diversa) iniziò ad agire preventivamente, non concesse nulla a nessuno, nemmeno alla propria madre. L’unico suo problema è che non si fidava manco di sé stesso, e questo lo portò ad essere la persona di merda che era, ma io vado oltre e provo a bilanciare le due scelte e mi chiedo: quale dei due approcci rende una persona migliore dell’altra? Fermo restando che per indole non riesco ad essere come lui, ma se ci provassi, fatti salvi i legami che senza quelli non potrei nemmeno vivere, a non fidarmi del resto del mondo, a fottermene essenzialmente di tutto e tutti, cambierebbe qualcosa? Ho sempre creduto in quella frase di Spider-Man che dice se qualcosa di brutto succede, e tu puoi fare qualcosa per evitarla e poi non lo fai, succede per colpa tua, e dopo la telefonata di ieri non riesco più a smettere di pensare “ma davvero credi in questa stronzata? sei serio?”. Se a qualcuno va di merda non è colpa mia, e tanto meno nessuno mi ha eletto ad eroe o signor stocazzo, quindi non capisco cosa provo a dimostrare con il mio atteggiamento. Se non avessi agito in un determinato modo, ieri quella telefonata non sarebbe mai avvenuta, io avrei finito di vedere Grumpier Old Men in grazia di Dio e avrei dormito serenamente.
Ho voglia di essere cinico, e non tanto perché credo sia giusto in linea di principio, ma almeno per capire l’effetto che fa, anche dal mero punto di vista sperimentale, per capire se i benefici superano i costi e potermi guardare all’indietro e chiedermi chi cazz me l’ha fatto fare, ogni volta, ad essere il coglione che sono.
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santacru7x · 3 years
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non mi fanno partire io faccio la rinuncia agli studi e vado a fare il cameriere 6 mesi a Vienna ciao a tutti
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