#io e le mie emozioni
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femmenoir-red · 1 year ago
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Al tocco dell’amore.. tutti diventano poeti...❤
©Platone
@femmenoir-red
-emozioni04/01/23
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colachampagne3 · 1 year ago
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Oggi mi è arrivato un kudo su una vecchia storia sull'altro profilo. Per nostalgia ho riletto la storia e... era così carina, così scritta bene, così non-me-in-burn-out che mi è venuta voglia di fare pulizia sul mio nuovo profilo ao3, uscire di casa sotto questa pioggia e guardare le lumache passare da una parte dei sentieri all'altra, seduta accanto al mio gatto.
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raccontidialiantis · 20 days ago
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Finalmente tra le mie braccia
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Ce n'è voluto di tempo, per farti crollare. Ma comunque adesso sei qui, tra le mie braccia di donna matura, avvezza alle schermaglie d'amore da tempo. Per te è la prima volta. Finalmente mia e cotta d'amore. Sento che fremi di desiderio e di voglia di avere la mia bocca ovunque, sulla tua pelle di seta. Sei bella: sei la donna più bella che abbia mai conosciuto. 
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L'odore che sprigioni cattura la mia libidine. E... sei mia! Non ci credo ancora! Voglio assaporarti ovunque. Ti sussurrerò parole sporchissime all’orecchio e percepirò il rossore sulle tue guance di pesca; stupita ma lusingata da tanta voglia e brama per il tuo corpo da parte di un'altra donna. Perché io proprio non voglio altro corpo femminile nel mio letto che non sia il tuo. Fra un po' avrò il premio per me più ambito: divaricherò le tue natiche e tu me lo lascerai fare.
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Faticherai un po’ a vincere l’imbarazzo della tua prima volta con una donna. Ma la cosa ti stuzzica nel profondo dell’anima, lo intuisco, lo so. Ne sono sicura. Perché anche per me è stato così, anni fa. Poi leccherò il tuo preziosissimo e altezzoso buco del culo per un'intera ora. Non voglio altro dalla vita che questo. Voglio sentirti godere. Comunque, penso che per oggi mi basterà: troppe emozioni fanno scoppiare il cuore, soprattutto a una certa età, o mia giovane cerbiatta smarrita e tenera.
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Sai: consumerò sul tuo ano e sulla tua fica le mie papille gustative. Fino a che non avrai un orgasmo incredibile e quindi cercherai di strapparmi la lingua con le tue natiche sode, con quel culo di marmo che ho sempre sognato, mentre di notte nel letto mi toccavo per te. Preda di una passione bruciante per il tuo sorriso, il tuo seno, il tuo profumo. Ma basta chiacchiere, ora. Voglio solo odorarti e leccarti. Tutta.
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RDA
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kon-igi · 7 hours ago
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LA SCATOLA DEL DOLORE
Non basta essere appassionati di qualcosa per diventare automaticamente dei professionisti specializzati, altrimenti il mondo sarebbe pieno di ginecologi e androloghe e infatti per ciò che riguarda il dolore e la sofferenza io non mi ritengo né esperto né professionista, però dopo tanti anni passati a calpestare questa bella terra in balia di mie e altrui fortune altalenanti, posso perlomeno affermare che in genere, se ne parlo, è perché so di cosa parlo.
Esistono differenti tipi di dolore e altrettante differenze scatenanti ma da che ho memoria ho sempre visto entrare nella mia vecchia casa a Viareggio persone con le lacrime agli occhi e poi uscirne, se non proprio sorridenti, perlomeno più serene.
Il fatto è che nella quasi totalità dei casi si trattava di madri e di padri che avevano perso i propri figli e le proprie figlie, genitori desiderosi di chiedere ai propri cari se Oltre ci fosse ancora sofferenza o invece la pace e la serenità che si auguravano.
Mio papà e mia mamma sono stati per la quasi totalità delle proprie vite Mulder e Scully de'noantri, però al contrario: mia mamma vedeva gli spiriti e ci parlava e mio papà scacciava infastidito i negromanti che conficcavano spille nelle loro bamboline per vendicarsi che gli rubavano il lavoro e pure gratis.
Nessun giovane spirito, però, ha mai parlato ai propri genitori - più grande è il dolore meno possibilità ci sono di attingere alle emanazioni della Cosa Una - invece queste madri e questi padri disperati hanno ritrovato una quiete interiore parlando non di chi è andato oltre ma di chi è rimasto.
Io sono forte con i dolori che conosco e assolutamente impreparato e fragile anche solo a pensare al dolore che non è ma che potrebbe essere. Anzi, che per forza di cose sarà.
Che cos'è, allora, la scatola del dolore?
Si tratta di una serie di espressioni emotive che ho incontrato in questi ultimi anni e che ho voluto fissare in una metafora visiva.
Noi siamo scatole, contenitori viventi delle più variegate emozioni che si agitano ad ogni nostro agire, sbattendo contro il nostro cuore e risuonandoci dentro.
Quando subiamo il lutto di una persona a noi cara, diventiamo contenitori di un'unica emozione, enorme, ingombrante e onnipresente: il dolore.
Immaginate il dolore come una palla rossa che a ogni nostro movimento sbatte contro il cuore e ci rimbomba dentro di sofferenza e disperazione. Apriamo gli occhi al mattino e ZAC! una coltellata al cuore, saliamo in macchina e ZAC!, apriamo la porta di casa ZAC! e così in ogni aspetto della nostra vita.
Poi un giorno succede qualcosa di strano... apri gli occhi al mattino e la coltellata non arriva: la palla rossa del dolore non ha colpito il cuore ma... c'è ancora! Rimbalza ovunque ma non tutti i movimenti la fanno sbattere là dove fa più male.
Ma... la palla del dolore si è forse rimpicciolita?
Non sembra sia più piccola, solo che colpisce meno frequentemente il cuore e col passare del tempo la sua capacità di ferire sembra diventare sempre più rara.
No, non è più piccola... è diventata più grande la scatola.
La persona è cresciuta intorno a quel dolore, lo ha accettato, compreso e lo ha reso più piccolo del posto in cui all'inizio esso sembrava spingere e spadroneggiare.
Non lo ha dimenticato, non lo ha seppellito, non è fuggita ma vi è cresciuta faticosamente intorno, fino a che il suo flebile manifestarsi non si è presentato come una piccola fitta di nostalgia velata di sorriso stanco.
Questo è il dolore, quando troviamo la forza di abbracciarlo e comprenderne le oscure motivazioni, perché oltre la cortina di pioggia del rimpianto e del desiderio di non sentire più, la via prosegue senza fine e i nostri sogni appartengono già al domani.
P.S.
Se il vostro dolore sembra essere troppo grande e la vostra scatola troppo piccola, cercatemi su telegram come kon_igi... magari non parleremo con gli spiriti ma vi posso assicurare che se avrete bisogno, cercherò di arrivare alla prima luce del quinto giorno. Quindi all'alba guardate ad Est! ❤️
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s-a-f-e-w-o-r-d--2 · 2 months ago
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Perché le sfumature non sono mai state il mio forte... O troppo o niente... Non so mai stare nel mezzo delle emozioni... O troppo forte o crollo... O amo troppo o non me ne frega niente... Le mezze misure non le ho... Sono cosi in tutto... Troppo dolce o troppo stronza... Troppo allegra o tristissima... È che tutto mi arriva troppo forte e io non sono mai riuscita ad imparare a modularmi... L'unica cosa che riesco a fare è chiudermi quando il troppo è troppo anche x me... A causa di tutto questo... Spesso sono troppo triste... Spesso troppo sola... Spesso mi sento vuota... Specialmente quando alzo le mie barriere... Sono spesso fuori controllo e sovente mi tocca pagare le conseguenze di questo mio essere senza filtri... Di questo mio modo di vedere tutto in bianco o nero... Di non avere controllo totale su ciò che provo... Di essere sempre dominata dagli istinti e di doverli sempre subire a livello emozionale... Non è facile essere me... E non è facile starmi accanto... Me ne rendo conto benissimo... Ma forse ci sarà qualche impavido che correrà il rischio prima o poi... Di certo non avrà mai solo mezzo del mio amore... Perché io do tutto... E anche di più...
~ Virginia ~
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frammenti--di--cuore · 3 months ago
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come quando ero bambina e nessuno rispondeva a quello che dicevo ma diceva quello che voleva dire a basta.
come quando ero bambina, che tutte le mie emozioni erano sempre esagerate.
come quando ero bambina, che non avevo la forza di spiegarmi perché le loro urla erano più forti ed io avevo paura.
come quando ero bambina.
zoe, 16/08/24
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fiorescente · 1 month ago
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Ma chi me la fa fare ogni giorno della mia vita ad avere a che fare con le persone
Bastaaa io voglio essere indipendente e stare da solaa basta uomini basta sofferenza solo amiche poche, basta parlarmi e basta scegliere tutto al posto mio
È la mia vita le mie giornate le mie emozioni il mio corpo
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ambrenoir · 3 months ago
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Sarà dovuto all'età forse. Oppure alla stanchezza, non saprei. Ma sono arrivata ad un punto della mia vita in cui io lascio.
Lascio fare.
Lascio dire.
Non discuto più per tentare di farmi comprendere o di far comprendere i miei sentimenti e le mie emozioni, le mie paure o le mie sensazioni. Lascio ad ognuno la propria convinzione, di essere nel giusto, di essere capace di prendermi in giro senza che io mi accorga di nulla, di poter fare come gli pare, di prendere usare e poi gettare in un angolo fino a quando non serve nuovamente, Io lascio fare, Io lascio dire.
Ma soprattutto ho imparato a lasciar andare. Non usare parola non significa non vedere e non sentire.
Il silenzio è spesso segno di riflessione, di valutazione, e di decisione.
dal web
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orotrasparente · 9 months ago
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quando vedo i miei amici che postano foto con le ragazze, fanno sorprese strane, fiori e tutto il resto e penso a me che non sono mai stato bravo in queste cose, ma in generale non sono mai stato molto bravo a esternare le emozioni perché è così che sono cresciuto, da bambino sminuivano ogni mio sentimento, non significa che ho avuto una infanzia di merda sia chiaro, semplicemente mi è stato inculcato il pensiero di dover trattenere piuttosto che lasciar andare, oggi sono una persona emotivamente instabile, scostante, non so dire ti voglio bene, non so amare nel modo giusto, non sono in grado di fare tante cose che nelle mie fantasie io farei anche ma il mio corpo proprio non riesce a metterle in pratica e quindi mi dico che c’è un motivo se gli altri restano con la stessa persona per decenni e io più di tanto non riesco a far durare una storia, magari prima volevo incolpare le circostanze avverse ma dopo tutti questi anni di fallimenti la realtà è che l’unica circostanza comune a tutte le situazioni sono io e quindi anche il problema è tutto mio
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tizianacerralovetrainer · 1 year ago
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"- Mamma devo raccontarti una cosa che ti farà morire dal piangere.
- Dimmi (adoro quando per dare il senso delle sue emozioni, parla così).
- Oggi a scuola mi hanno messo al banco con un bambino down, cioè non è che è proprio down è che sta su una carrozzina, guarda sempre in su, muove la testa e gli esce la saliva dalla bocca.
- E cos’ è che ti ha fatto “morire dal piangere”?
- Per i primi due giorni è stato sempre zitto, mamma non ha mai parlato con nessuno, te lo giuro. Oggi che stava al banco con me, mi ha preso la mano e ha riso.
- Tu che gli avevi detto?
- Niente, gli ho fatto vedere il mio temperino, quello tutto chiuso che abbiamo comprato ieri, gli ho dato una matita e insieme abbiamo temperato. Lui teneva la matita e io giravo il temperino. Mi veniva da piangere da quanto ero felice che rideva. Spero che anche domani sto al banco con lui. Gli faccio temperare tutte le mie matite."
(Marilena Pallareti)
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femmenoir-red · 5 months ago
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Fuochi d'artificio...stelle cadenti e sogni in riva al mare. Se l'estate è un sentimento...ferragosto ne è il cuore...❤
Be Happy!!!
@femmenoir-red -emozioni
15*08*2024
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gabbiadicarta · 1 year ago
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a volte temo di non essere guarita davvero dai miei pensieri intrusivi. a volte penso di non farcela, di mollare tutto e sparire.
non riesco a chiedere aiuto, non riesco ad esprimere le mie emozioni. non capisco il perché io mi senta così tanto sola e sostituibile. c'è sempre una voce che mi ripete che valgo zero.
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raccontidialiantis · 5 days ago
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Vieni vicino a me
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Vieni a prenderti il caffè. Il dolce ce lo metteranno le mie labbra: direttamente sulle tue. Vieni a prenderti il calore del mio seno e del mio ventre. Ti accoglierò come vuoi. Dove e quanto a lungo vorrai. Senza limiti di tempo.
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Vieni qui, a darmi il buongiorno. E regalami l'odore prezioso del tuo torace, la solidità del tuo essere, l'impalpabilità delle tue emozioni più intime. In cambio, io ti darò tutto il mio corpo. Fanne ciò che vuoi. Buongiorno, amore mio. Non saprei dartelo meglio di così.
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diceriadelluntore · 2 months ago
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Storia Di Musica #351: Bob Dylan & The Band, Before The Flood, 1974
C'è un'altra ricorrenza periodica nelle Storie di Musica, e che capita quasi sempre a Dicembre: un racconto di un disco di Bob Dylan. Dopo tanto tempo vi racconto quando nasce la mia fascinazione per lui. Tra i libri della libreria dei miei mi capitò tra le mani, io andavo alle elementari, un libro, Bob Dylan: folk, canzoni e poesie, a cura di Alessandro Roffeni, Newton Compton Editori, pubblicato nel 1978 e comprato anni dopo dai miei ad una Festa dell'Unità. Mi affascinava anche perché aveva i testi inglesi a fronte e quel libro, che conservo ancora con affetto, aveva un'introduzione che finisce così: in un "ritmo di distorsione impoetica" si consuma l'impossibilità stessa di fare "grande" poesia, di additare le risoluzioni definitive: nelle pulsioni dell'eros, nella ricerca martellante di concatenazioni linguistiche nervose e oltraggiosamente impure, Dylan, e con lui l'uomo contemporaneo, cerca un instabile e mai risolto rapporto con l'irriducibile spietatezza del divenire storico.
Siccome è dicembrina, la collezione del mese avrà un'idea celebrativa, perchè i dischi che ho pensato festeggiano tutti mezzo secolo, omaggio questo anche ad una delle mie migliori amiche che è nata nello stesso anno di questi album.
La storia di oggi inizia quando Dylan, con una mossa clamorosa, abbandona la Columbia nel 1973, la casa discografica che lo scoprì e per cui aveva pubblicato i suoi primi 13 dischi, per passare alla neonata Asylum di David Geffen (che la fondò nel 1971 con Elliot Roberts) costruita per riabilitare la musica folk. Dylan in quel periodo iniziò a curare personalmente la sua attività finanziaria. Con la Asylum pubblica Planet Waves nel gennaio del 1974, un disco nato quando Robbie Robertson si trasferì a Malibù vicino casa di Dylan a metà del 1973. Il rapporto con Robertson e The Band è fortissimo: erano ancora The Hawks quando furono chiamati ad aiutare Dylan nella fondamentale transizione elettrica di metà anni '60, gli innumerevoli concerti insieme, e fu con questi musicisti che Dylan, dopo il misterioso e terribile incidente in moto del 1966, si ritirò in cantina a suonare per riabilitarsi (cose che diventeranno i mitici The Basement Tapes nel 1975). Planet Waves è un disco intimo, quasi di emozioni domestiche, che spiazza perchè sembra che Dylan abbia abbandonato l'epica universale della sua musica. Nasce l'idea di promuovere il disco con un tour e appena dopo la pubblicazione Geffen organizza 30 date in 21 città, in teatri e palazzetti al coperto, in circa un mese di tour. Il materiale registrato, nelle due date di Los Angeles del 13 e 14 Febbraio e a New York il 30 gennaio, venne pubblicato a Giugno con il titolo Before The Flood, addirittura un doppio live, il primo live della storia discografica dylaniana (le registrazioni precedenti verranno pubblicate molto tempo dopo) a testimonianza di un evento non secondario: dall'incidente del 1966, e tolta la partecipazione al Concerto per Il Bangladesh organizzato da George Harrison, è la prima tournee di Dylan in 8 anni.
Il titolo prende probabilmente spunto da un racconto, Farn Mabul, scritto da Sholem Asch, scrittore e drammaturgo ebreo-polacco, il cui figlio, Moses, era molto amico di Dylan, che lo aiutò ad organizzare la sua casa discografica, Folkways Records, che era attiva nel folk revival (e che quando chiuse, nel 1987, aveva così materiale ritenuto importante che fu acquisita dalla Smithsonian Society). Tra l'altro, l'ultima canzone di Planet Waves, Wedding Song, finisce così: We can't regain what went down in the flood. Nonostante il Tour fosse stato pensato per promuovere il disco, alla fine da Planet Waves arriva pochissimo, è piuttosto l'occasione per Dylan e i fidati musicisti della Band di riprendere le meraviglie spesso suonate insieme in studio e rivoltarle, riarrangiarle nel modo più imperscrutabile, tanto che le canzoni si riconoscono solo quando il canto irrompe e ne rivela la natura. In generale, dopo qualche data di rodaggio, le serate erano composte da un set con Dylan con la Band, un set solo del gruppo, uno solo di Dylan, e poi qualche bis di nuovo insieme. Ricordo qui gli strepitosi musicisti della Band, tutte leggende: oltre a Robbie Robertson, Garth Hudson, Levon Helm, Richard Manuel e Rick Danko, una line up indimenticabile.
Il risultato fu all'epoca rivoluzionario, perchè non si era abituati a sentire Dylan live sul disco: nel doppio c'è la sua massima espressione poetica, con buona parte dei suoi classici, da Like A Rolling Stone a Blowin' In The Wind, da Ballad Of Thin Man a Knockin' On Heaven's Door, da Just Like A Woman ad una rockeggiante Highway 61 Revisited. A questi si aggiungono le meraviglie della Band: capolavori come The Weight, The Night They Drove Old Dixie Down, The Shape I'm In. Dylan si ricuce le canzoni in abiti diversi, abbandona il canto romantico e spesso è furente nell'interpretazione, tanto che il critico Robert Christgau dirà in una famosa recensione del disco appena uscito "Without qualification, this is the craziest and strongest rock and roll ever recorded. All analogous live albums fall flat.", puntando l'attenzione sulla intensificazione musicale dei suoi classici in veste dal vivo.
Il disco divenne un successo, in Top Ten negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (che va ricordato per numero di dischi in classifica era un luogo di Dylan mania da oltre un decennio). E in Dylan scatta qualcosa: la Columbia, pentita, gli richiede di ritornare a casa, e Dylan prima regala alla storia uno dei dischi più belli di sempre, Blood On The Tracks e poi parte il circo musicale del Rolling Thunder Avenue, il secondo tour consecutivo.
Negli anni furono ripubblicati dalla Columbia altre date, anche in cofanetto, ma niente di così sfavillante come l'edizione del cinquantenario che è arrivata nel 2024: 27 cd, 417 esibizioni inedite, registrazioni appena mixate e note di copertina di Elizabeth Nelson, che raccolgono tutti i concerti di quel tour, storicamente uno dei più importanti della musica rock occidentale.
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francesca-70 · 9 months ago
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Una forza e una generosità straordinarie sono il dono di ogni madre, e sono la base di quell’amore incondizionato che solo una madre sa offrire e che tutti dovremmo avere la possibilità di assaporare. Un vecchio proverbio napoletano recita: «Chi tene ‘a mamma, nun chiagne» (chi ha la mamma, non piange), ed è vero. Le madri sono scudo pronto a difenderci da ogni dolore, a volte persino esagerando.
La verità è che l’amore può tutto, che un sorriso, uno sguardo sincero, una carezza sono sorsi di eternità, che nel dolore la fiducia nel domani può soltanto diventare più grande.
Una terribile battaglia da combattere “un lungo addio”.. “un addio rubato..un addio mancato.. un addio finto”.
Perché tra di noi, mamma, non può esserci addio.
La mia persona più amata si dissolve lentamente in piccoli pezzi, ed è impossibile andare a ripescare quale sia stata l’ultima conversazione. Struggente ed emozionante, «il segreto della vita».
Tutto ruota intorno ai ricordi e alla memoria, al loro disperdersi e riemergere continuo e imprevedibile, trasportando tutti in una sorta di infinito presente. Una storia di cui non conosco né l’inizio né la fine, ma di cui ho vissuto e vivo intensamente ogni giorno con dolore, paura, rabbia, fatica, solitudine, curiosità, ostinazione. Facile perdersi in questo guazzabuglio di emozioni. Non so dire con precisione quando quel processo abbia avuto inizio. Sono stata incapace di cogliere i primi segnali quotidiani. E mi sono trovata direttamente a decidere quanti scatoloni avrebbero occupato i ricordi della mia infanzia e della mia adolescenza, riempiendoli ad una velocità molto superiore a quella delle mie emozioni, che mi soffocavano la gola. “Questo è il momento più difficile”, mi racconto ma intanto sto tatuando il mio cuore. In maniera indelebile.
Figlia unica di un genitore non autosufficiente, come la definisce la USL.
Il muro che ho dovuto attraversare per trovare il mio binario è fatto di rifiuto, disoriento.
Dovevo combattere con i fantasmi del mio passato, guardare negli occhi una persone che non mi riconosceva piu e specchiarmi nelle sue paure. Una micidiale danza di emozioni contrastanti: l’eterno presente senza ieri e senza domani il passato remoto improvvisamente prende vita catapultandoti in una dimensione surreale e spiazzante. Mi trito il cuore cercando di cogliere un’espressione diversa sul volto, un lampo negli occhi, un gesto, ma lei ė in un'altra dimensione e questo fa male. Come tenere tutto dentro.
Ecco come vedo, assisto e vivo questo lento perdersi. Un lento svanire. Spegnersi poco a poco, spettatore di questa surreale esibizione della vita. Dove il regista è il tempo e la trama è composta dalla memoria, dai ricordi, che a tratti riemergono da quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Sono sempre lì. Sono sempre loro. Solo nascosti in qualche angolino. Basta aspettare il momento giusto... ed eccoli.
Un viaggio nei legami affettivi più forti, nelle nostre paure e nei nostri bisogni di amare, alla ricerca della felicità anche nelle situazioni apparentemente più avverse.
A 52 anni proprio non me lo aspettavo. Di figli ne avevo già uno, ormai grande, proiettato verso un futuro luminoso insieme alla famiglia che si era creato.
Ed io, invece, ecco che mi ritrovo, inaspettatamente, a dover fare i conti con la dolorosa esperienza di diventare “madre di mia madre", nel suo lento declino fisico e mentale.
Eppure il suo sguardo, di tanto in tanto, torna per un fugace momento (tanto fugace che, a volte mi chiedo se sia veramente successo) a fissarsi su di me, limpido e cosciente. Come se davvero fosse tornata a vederMi...tornata ad essere mia madre. Quella che si preoccupava per me. E si prendeva cura di me, sempre con un sorriso sulle labbra. Non so bene come spiegarmi. C’è da non trovare le parole quando hai a che fare con una persona che se ne sta andando lontano, sempre più, suo malgrado. C’è da augurarselo di non trovarle, mettere in fila i pensieri richiederebbe di voler vedere quello che si ha davanti e io non voglio.
“Mamma, sono io, sono Francesca”. Te lo ricordo, te lo ripeto, non perderlo il mio nome. Non lasciarmi andare. Nei tuoi pensieri troncati, assillanti, confusi non sei persa, perché non si può affogare in una pozzanghera, e non sei rinchiusa finché fai di tutto per stare a galla. Attaccati a me, aggrappati all'amo, salda più che puoi, con le mani e con lo sguardo, che ti tiro verso di me, non smettere di respirare.
Quanto fa male trasformarsi. “Sono io, mamma, sono Francesca”. “Lo so,” mi rispondi. Sei arrabbiata. In te c’è ancora forza...non molli, non cedi, ti ribelli. Mi prenderesti a schiaffi. Ti vedo, seduta sul divano. Ti stringi, ti rimpicciolisci, scompari, eppure io ti trovo sempre. So dove cercarti. So dove trovarmi. Anche se potremmo essere il gioco dei contrari io e te. Tu, che sei tanto diversa da me eppure ti assomiglio. Ho paura..e nello stesso tempo ho Il bisogno di non far vedere agli altri che sto male.
Ho tanti sensi di colpa: sono una mamma, come te. Quanta malinconia c’è, quanto mi ricordo di te..ricordi che si diluiscono. All’inizio mi concentro sul come fare per catturarti e quando ti ho catturata penso a come trattenerti; quando sto per perderti cerco di invogliarti a restare con un nuovo stratagemma; quando ti ho persa iniziano i propositi per fare meglio la volta dopo. Ricomincio, riprovo, non mollo mai. I tentativi si susseguono senza sosta. Non c’è fine, non c’è pausa. Ci pensi anche quando non lo fai. Ci deve essere da qualche parte una linea di confine che, se oltrepassata, è un cambio perenne di stato. E ci pensi mentre fai la spesa o sei in fila dal dottore, mentre parli al telefono con un’amica e perfino mentre ti fai la doccia. Quando sei sotto il getto dell’acqua tiepida piangi per il fallimento: non importa quanto poco ti consoli l’esserci per accudirla. L’acqua si miscela alle lacrime nel gorgo dello scarico e dovrebbe andare giù, lasciarti, non tornare, giusto? No, non va giù. La lacrima stagna, imputridisce. Si deposita. È l’acqua delle pozzanghere. Non conosce colore, non conosce fine. Non riflette tutto il cielo, non è nemmeno una finestra. Non bisogna scoraggiarsi.. ma mi mancano le forze o forse il coraggio. A volte ricordo i tempi piu felici che sono anche i più taglienti.“Eccomi! Ciao, come stai oggi? Hai visto che è arrivata l'estate???....
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Guardami,
"sono Francesca, mamma
Mamma❤”.
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comefiorineldeserto · 5 months ago
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Non mi interessa della tua auto, io ho la mia e posso andare ovunque. Non mi interessano i regali costosi, posso comprarmeli da sola. Non mi interessa la tua compagnia per solitudine, perché io con la mia sto benissimo. Mi interessano i tuoi discorsi, se riesci a darmi più di quello che ho già vissuto. Mi interessa chi riempie le mie giornate, mi regala sorrisi ed emozioni. Chi si rivela un aggiunta, perché tutto il resto lo posso ottenere da sola.
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