#intravedere
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Il multiverso è quel posto fantastico dove se tu non mi rispondi, arriva all'improvviso a scrivermi un tuo amico storico, che ovviamente è ignaro del fatto che lo seguo da anni solo ed esclusivamente per intravedere te!
#intravedere is the new stalkerare#avanti così nel multiverso e oltre#e facciamo uscire lo scheletro dall'armadio
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perché la gente sj scorda che mi ripete che disegno occhi tristi, che ho gli occhi tristi,
quando cazzo impara la gente a mantenere un filo di logica e pensiero? c'è un problema di fondo se mi dici ciò e poi mi tratti di merda alla prima. pensare mai?
#pensieri#boh#giuro la gente#non sa che farsene di quello che ha in mano#non sono io a intravedere l'impossibile costantemente#(non costantemente)#è la gente che non bada alle cose#non mette insieme i pezzi#non guarda non sente non ricorda non connette non pensa#un branco di idioti
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Intravedere ©Tiziana Loiacono
#photographers on tumblr#urban exploration#conceptual#city and architecture#through a glass#window#nature
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Adorazione pura

Quando rincasando la trovava così, capiva chiaramente che non stava certo dormendo. Fingeva: aveva pure i tacchi! Era la sua maniera sottile di comunicargli che lo voleva. Quella donna costituiva per la sua mente un richiamo molto forte, irresistibile. Dal suo corpo si sprigionava l'odore dell'amore, quello vero, selvaggio, animale ed era una visione assolutamente disdicevole, oscena. Bellissima. Con qualche posa sfacciata, spesso gli lasciava anche intravedere il suo intimo, segreto sentiero del piacere. Non avrebbe resistito nessun santo. Lui allora si spogliava lesto, le toglieva gli slip e leccava voracemente il sentiero.

Glielo baciava a lungo, lo inumidiva bene con la lingua, assaporando il gusto dolce-salato del proibito. Lei continuava a fingere un sonno profondo, mentre iniziava inevitabilmente a lubrificarsi. Lui lo capiva, bevendo quel delizioso nettare e sorridendo tra sé di gioia. Poi le si coricava di fianco, adattando il suo corpo a quello morbido e sudato di lei e prendeva a penetrarla piano, dolcemente. Lei faceva finta di svegliarsi e mormorava debolmente: “ma che fai… levati… non voglio… vai via…” ma lo diceva agevolando la penetrazione, divaricando immediatamente le natiche e gemendo di gioia.

Lui le si avvolgeva attorno, mettendo le mani a coppa sui seni di gelatina e giocava coi capezzoli inturgiditi. Pasticcini saporiti che sarebbero stati presto nella sua bocca. La baciava sul collo profumato di desiderio che lei, docile e scaltra, gli offriva ora ben nudo, dopo aver scansato le folte chiome. Prima di baciarglielo, egli scorgeva appena nell'angolo di quella bocca adorata un accenno di sorriso di soddisfazione, che gli faceva capire quale fosse il senso di eterna vittoria provato dalla femmina quando cattura il maschio.

E la cosa andava avanti a lungo. Schermaglie d'amore notturne. Non esiste altro di meglio al mondo di una donna che scelga di iniziare col proprio uomo i giochi più proibiti con fantasia, malizia e voluttà. Una compagna così può farti felice, ebbro di passione oppure renderti folle di piacere, ma al tempo stesso pieno di dubbi, gelosia, inquietudine, disperazione. Pazzo di gelosia. Amore, in sostanza.

RDA
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Se parla, non ci faccio troppo caso. La ascolto. Magari sono distratto da ciò che dice. Se sta in silenzio invece, me la godo tutta e ne osservo la perfetta linea della bellezza, quella che unisce le sue labbra stupende. Però, se le schiude e fa intravedere appena la sua lingua, non rispondo più di me. Perché lo fa solo quando mi vuole. Ormai la conosco bene...
Aliantis

(Foto: sneakstrikesback)
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Vediamo i buchi e i vuoti che ciò che non ha basi solide lascia sempre intravedere, ma li ignoriamo perché quel "ci credo" che abbiamo pronunciato non può essere solo una nostra illusione.
#frasi#citazioni#frasi tumblr#frasi italiane#frasi musica#pensieri#riflessioni#domande#tumblr italia
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Quando ho compiuto sessant’anni, ormai molto tempo fa, con mia moglie feci un viaggio in Giappone, e visitai il tempio di Ise. Sa perché è importante il tempio di Ise?
Viene distrutto e rifatto ogni vent’anni. In Oriente l’eternità non è costruire per sempre, ma di continuo.
I giovani arrivano al tempio a vent’anni, vedono come si fa, a quaranta lo ricostruiscono, poi rimangono a spiegare ai ventenni. È una buona metafora della vita: prima impari, poi fai, quindi insegni.
Sono i giovani che salveranno la terra.
I giovani sono i messaggi che mandiamo a un mondo che non vedremo mai.
Non sono loro a salire sulle nostre spalle, siamo noi a salire sulle loro, per intravedere le cose che non potremo vivere.
Renzo Piano
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Gemiti sordi e lamenti... Sola in quel letto... Obbligata in quel letto... Con la paura che sale e la voglia che cresce... Attorno il silenzio e il freddo delle tue voglie... II desiderio che incombe tra le cosce... Tra le mie che si bagnano e tra le tue... Dove si inizia a intravedere tutto il tuo turgore... E la paura lascia spazio al fuoco... Un fuoco che incendia le nostre anime...
~Virginia ~

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L'HA DETTO VERAMENTE
Non voglio somigliare a quei blogger che mettono il succo della storia dopo sei pagine per trattenerti a lungo sul loro sito. Riporto subito l'assurda frase che mi ha lasciato di stucco. È una dichiarazione attribuita a Salvini dopo l'attentato a Trump: «Spero che questo serva a qualcuno che semina parole di odio contro le destre, i fascisti, i razzisti».
Ho visto che tanta gente ne parlava sui social network.
Ma all'inizio ho dubitato.
Sì, cara persona immaginaria con una vasta e inspiegabile conoscenza dei miei post, hai perfettamente ragione: lo scetticismo mi è capitato in altre occasioni e ne ho anche discusso, ma questa volta ho dubitato con veemenza inaudita, credimi. Però non voglio farti preoccupare: non nutro speranze sul fatto che Salvini abbia qualcosa di umano. Ho avuto dubbi per l'incredibile stupidità della frase pronunciata dal ministro, che rappresenta una confessione in piena regola, un'autodenuncia senza filtri, senza espressioni edulcorate, senza alcun tentativo di dissimulazione.
Sì, ho sopravvalutato Salvini. Ho pensato a fake news ben confezionate.
E allora ho cercato conferme sul web. Ho trovato notizie di agenzia: Ansa, Adnkronos. E c'erano quelle esatte parole che poi ho ritrovato in tanti articoli. Sul Manifesto, tanto per cominciare. Ma già immagino l'obiezione di tanta gente: sono comunisti, ce l'hanno con Salvini, farebbero qualsiasi cosa per metterlo in cattiva luce. E allora le mie ricerche non si sono fermate.
Ho trovato un riferimento a quelle parole in una vignetta di Makkox. Ma anche qui immagino le proteste: è la sinistra radical chic di Propaganda Live, non è affidabile.
Le stesse considerazioni dubbiose possono essere rivolte a Fanpage, in teoria.
Ma ne parla anche il Sole24Ore. E qui la sinistra e il comunismo mi sembrano distanti anni luce. Il Sole24Ore riporta stralci di un piccolo monologo di Salvini. Ci sono le affermazioni incriminate.
Poi ho trovato filmati diffusi su Twitter.
Pensate che io mi sia fidato dei filmati? Certo che no. I video che circolavano sul web sembravano riferiti al TG1, il principale megafono governativo dopo Bruno Vespa. E allora mi sono detto: «Mi resta una sola cosa da fare». Ho pensato a una mossa estrema, pericolosa, temeraria, autolesionista: guardare il TG1 su RaiPlay.
Le date dei tweet mi hanno subito indirizzato sulla strada giusta: l'edizione del mattino. Meno male. Guardare più di un telegiornale di destra è troppo per il mio fragile equilibrio psicofisico. Ho trovato la fonte con un solo tentativo. 14 luglio 2024: edizione delle ore 7.00.
Potete verificare anche voi. Non si tratta di un deepfake, anche perché Salvini non ha smentito. Non ha mica detto: «Al Tg1 c'era un impostore».
Non è l'opera di sintetizzatore vocale basato su un'intelligenza artificiale.
Salvini, raggiunto al telefono, ha detto realmente quelle cose, con seriosa gravità, con placida sicurezza, con atteggiamento da saggio della montagna. Senza rendersi conto di nulla. Senza intravedere l'inquietante corollario delle sue parole.
Bisogna accettarlo. È il paese in cui viviamo. È Salvini. È la realtà.
[L'Ideota]
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♠️_Il suo sguardo è un enigma, dietro la maschera non c'è paura.Solo controllo,solo scelta.
La sua presenza un richiamo irresistibile...
Chi la osserva sa di non poterla possedere.
Chi la sfida,ha già perso.
Ci sono donne che si svelano,e poi ci sono quelle che si lasciano intravedere solo da chi merita.🖤🌹
©️Licaonia Lupe
#frasi#romantic#cuore#frasi pensieri#amore#legami#leggerezza#peccati#mind control#emozioni#avvenire#una donna#enigma#white women evolving#evoluzione#incanto#mistero#maturity#momenti#infinito#essenza#sinergia#vino#buon appetito#buon pranzo#esistenza#mine#bei tempi#ti voglio qui#ti aspetto
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09 gennaio 2025
Continuavo a scappucciarmi il cazzo da dieci minuti, di nascosto, mentre davanti alla mia stanza continuava l'andirivieni dei colleghi.
La mattina era appena cominciata, avevo ancora il gusto del caffè in bocca e il lavoro che mi aspettava ma prima di uscire di casa quell'emerita stronza di mia moglie mentre si vestiva aveva pensato bene di augurarmi una buona giornata strusciandosi a culo nudo sui miei jeans e passandosi la mia mano sulla fica per farmi sentire come era liscia dopo essersi depilata la sera prima. Non potevo fare tardi e mentre la stronza rideva divertita io, maledicendola, uscivo di casa con le vene del cazzo che pulsavano consapevole che sarebbe stata una mattina "dura e turgida".
Intanto, seduto alla scrivania, mi perseguitava il profumo di fica e più sfioravo le narici e più la sua essenza stravolgeva le mie priorità. Avevo un paio di mail urgenti da inviare ma quella voglia di incularmi quella stronza di mia moglie mi tormentava al punto che non riuscivo a combinare niente e sapevo che in quello stato non ci sarei rimasto ancora per molto.
Meditavo di chiudermi in bagno e farmi una ricca sega.
Lo scappellavo e lo stringevo tra le dita bagnate di saliva tirando fuori la mano dal jeans quando sentivo i passi di qualcuno arrivare e nulla potevo fare per evitare che la sagoma del cazzo, ormai definita e ben visibile, sporgesse da sopra i jeans come in un fumetto 3D.
Mi era già capitato di dover contenere un'erezione proprio quando qualcuno entrava in stanza. Se si trattava di una di quelle colleghe che se la sentono sempre calda e che il profumo di femmina arriva prima ancora di intravedere la sagoma, mi facevo trovare in piedi per gustarmi l'imbarazzo che generavo nello sguardo e se era un maschio rimanevo seduto riparato dalla scrivania a meno che non si trattava di Sandro (nome di fantasia) che con le sue labbra carnose, la pelle chiara e i suoi modi gentili, era sempre attento a questo tipo di provocazioni e non perdeva mai l'occasione di posare lo sguardo sul mio coso soprattutto quando ero particolarmente ispirato, come ieri mattina.
E a me piaceva da matti farlo diventare più duro, ancora più evidente, ancora più indecente per apparire spudoratamente eccitato e voglioso.
Le dita sopra il jeans all'altezza delle palle poi dinuovo infilate dentro per sentire il contatto con la carne tesa e pulsante.
Cazzo dritto, palle tra le dita e la cappella tirata giù a contatto con il polso era li, rossa e gonfia, quasi strabordava da sopra la cintura.
Inevitabilmente succede che lei bussa ed entra.
Buongiorno mi fa.
È la collega che ogni tanto mi scopo in archivio. Non potevo sperare di meglio.
Era troppo grosso per passare inosservato e lei era troppo affamata per non accorgersi di ciò che stava succedendo tra le mie gambe e senza distogliere lo sguardo nemmeno per un attimo dal mio centro di gravità permanente, passandosi la lingua sulle labbra, mi fa...porco !
Mentre mi infilo la giacca e non curante del telefono che squilla, le faccio un cenno e le palpo il sedere spingendo il dito medio tra le natiche, al centro, esattamente dove finisce il garbo e comincia l'indecenza.
L'archivio ancora profuma di sesso.

Tutto rigorosamente vissuto ieri.
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Lei mi chiede delle mie idee su Aspettando Godot, di cui mi fate l'onore di donare alcuni estratti al Club d'essai, e allo stesso tempo delle mie idee sul teatro. lo non ho alcuna idea sul teatro, non lo conosco affatto, non ci vado. Questo è ammissibile. Ma ciò che lo è indubbiamente meno, in queste condizioni, è soprattutto il fatto di scrivere un'opera teatrale e subito dopo averlo fatto non avere delle idee neanche su di essa. Questo, purtroppo, è il mio caso. Non è dato a tutti di poter passare dal mondo che si apre sotto la pagina a quello dei guadagni e delle perdite per poi ritornarvi nuovamente, imperturbabile, come se si passasse dal lavoro al Café du Commerce. Su quest'opera non so niente di più di chi riesce a leggerla con attenzione. Non so in quale spirito io l'abbia scritta. Sui personaggi non so niente più che ciò che dicono, ciò che fanno o ciò che accade loro. Del loro aspetto ho dovuto indicare il poco che sono riuscito a intravedere. Le bombette, ad esempio. Non so chi sia Godot. Soprattutto non so neanche se esista. Cosi come non so se ci credano o meno i due che lo aspettano. I due altri che passano verso la fine di ciascuno dei due atti, sono necessari a rompere la monotoni. Tutto ciò che sono riuscito a sapere l'ho mostrato. Non è molto, ma mi è sufficiente, abbondantemente sufficiente. Oserei anche dire che mi sarei accontentato di meno. Riguardo al voler trovare a tutto ciò un senso più ampio e più elevato, da portare con sé dopo lo spettacolo insieme al programma e i cremini, sono incapace di trovarvi alcun interesse, anche se ciò deve essere possibile. Non sono più lì e non ci sarò mai più. Estragon, Vladimir, Pozzo, Lucky, il loro tempo e il loro spazio, ho potuto conoscerli solo un po', il che è molto lontano dal comprendere. Forse vi devono render conto di qualcosa: che se la sbrighino senza di me, io e loro siamo pari.
Samuel Beckett, Lettera a Michel Polac
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Peccati segreti e pedalate

Ma tu guarda che mi capita! Alla mia età, poi. Dunque: tre domeniche fa, di mattina presto, inforcai la mia mountain bike per farmi un giro sulle colline che circondano la piccola città di provincia in cui abitiamo. Mi ci trovo bene: ho tutto a portata di mano e non c'è quasi mai traffico. Quel giorno avevo bisogno di far sbollire la rabbia: da qualche tempo con mio marito è ogni giorno una litigata, per qualsiasi motivo. Ma la ragione vera è che non ci sopportiamo proprio più. Capita, a un certo punto del matrimonio e non ci si può fare molto, credo.

Uso la bici ogni giorno: per andare al lavoro o per fare sport. Ne ho tre: una da passeggio-città, con le canne del telaio basse, da poter usare anche con la gonna. Con tanto di campanello e cavalletto. Poi ho una stradale da corsa, che però uso di rado. Infine c'è la mia “cocca”: una mountain bike di fascia alta a cui tengo come una figlia e che uso molto spesso, per ossigenarmi e fare meditazione zen a mio modo. Non appena imboccato il primo sentiero sterrato, vidi in lontananza una ragazza. Cercai ovviamente di raggiungerla. Giuro: senza altro obiettivo che quello di superarla.

Spiegazione doverosa: chi non va in bici sappia che, al contrario di ciò che si possa pensare, il ciclismo è uno sport altamente competitivo. In special modo se esci da solo: con chiunque incontri, da nove a novant’anni… è guerra! Non c’è compassione, nessuna pietà. Provare per credere. Quindi, essendo ben allenata, in breve mi avvicinai molto a lei, ma fui costretta a rallentare, per mettermi nella sua scia e per ammirarla: lo meritava decisamente.

Giovanissima, atletica, molto bella. Il suo profumo mi arrivava di continuo in scia, misto al suo odore personale sotto sforzo. Aveva degli yoga pants bianchi strettissimi e semi trasparenti, che pedalando e muovendosi in modo naturalmente sensuale sul sellino, le lasciavano intravedere le cosce perfette ma soprattutto un bellissimo solco tra le natiche sode, impreziosito dal filo sottile del suo perizoma rosso. Una vera Dea, un essere bellissimo da sognare e desiderare.

Anche per una donna. Confesso che era una situazione che mi piaceva molto. Mi affiancai a lei e iniziai a prendere confidenza. Avevo un assoluto bisogno di gentilezza, complicità, dolcezza. La mia anima era a secco da tempo. Troppa durezza, attorno a me. Solo un’altra donna poteva capirmi. Una a un certo punto ha un dannato bisogno di complicità, sorrisi, carezze, sguardi dolci.

Parlammo dapprima delle uscite in bici: quante, come t’alleni, da quanto tempo, che bici è eccetera. Emma mi disse poi che s’era diplomata quell’anno e per l’estate sarebbe rimasta qui in paese, dai nonni. Anche perché s’era lasciata col suo ragazzo in modo molto brutto, anche violento e quindi voleva solo ritrovare un pizzico di pace e serenità.

Ci fermammo presso uno degli essenziali chioschetti-ristoro posti lungo il percorso; in pratica solo una tettoia di legno con due panche. Eravamo sole e senza nessuna fretta. Parlare con lei mi piaceva: aveva due anni meno di mio figlio, già universitario e attualmente ancora in viaggio per l’Europa, ma mi sembrava comunque molto più matura di lui.

Ricordando le ultime burrascose vicende che l’avevano costretta ad allontanarsi da casa, iniziò a commuoversi e infine si sciolse in un pianto dirotto. Era bellissima: una cerbiatta indifesa di cui subivo passivamente l'enorme potere d'attrazione. Mi venne spontaneo stringermela al petto e accarezzarla, consolarla.

D’un tratto mi guardò negli occhi, mi prese, mi strinse a sé e mi baciò in bocca! Ero paralizzata, soprattutto perché mi resi conto che era la cosa più naturale e bella del mondo. Avevo il cuore e il corpo in subbuglio: sentivo di stare predisponendomi all’amore. Con una persona assolutamente sconosciuta, di sesso femminile ma di fatto estremamente sensuale. Irresistibile passione tra due donne. Introdusse la sua lingua nella mia bocca e io la succhiai avidamente, ci giocai a lungo.

Le sussurrai che con una donna non avevo mai fatto certe cose, che forse stavamo correndo troppo e intanto sentivo di essere rossa in viso come un peperone. Mi disse di non preoccuparmi, perché al giorno d’oggi… “ormai tra noi ragazze fare l’amore in cameretta è normale come parlare di moda, di uomini o di musica. Solo dopo essere venute, si studia.” Mi sbilanciai e le dissi che la desideravo proprio tanto. Ero probabilmente viola, in viso: e lei sorrise.

Quindi riprendemmo le bici e ci inerpicammo tra gli alberi, fuori dal sentiero battuto, in cerca di arbusti alti che potessero nasconderci alla vista. Quando fummo sicure di essere occultate al mondo e sufficientemente lontane dal sentiero, le palpai i seni inizialmente da sotto la maglietta: aveva dei capezzoli turgidi e sodi. La mia cerbiatta gemeva di piacere. Poi glieli liberai del tutto e li succhiai a lungo. Senza più alcun ritegno, le infilai la mano negli yoga pants e le misi un dito nella fica; allargò le gambe e prese a muoversi.
La feci godere leccandola e succhiandola. Quella prima volta di mattino domenicale finì così. Ci ricomponemmo e continuammo la nostra escursione. Ma poi già nel primo pomeriggio la feci venire a casa per un tè. Verso le quattro mio marito uscì con degli amici e appena chiusa la porta di casa, immediatamente la spogliai, la portai in camera e la buttai sul letto. Me la mangiai letteralmente.

La baciai dappertutto, la mordicchiai, succhiai a lungo e lei ricambiò, facendomi venire in modo che da tempo non accadeva. Le leccai il culo e la passera fino a consumarmi la lingua. Devo dire comunque che Emma era espertissima: le sapeva tutte e mi guidava dolcemente nella scoperta del mondo saffico. Mi infilava le mani dappertutto, che il cielo la benedica; mi faceva godere e poi ancora godere. Dovetti ammettere a me stessa che la amavo. Io la amo.

Ormai so già che per tutta l’estate ci ameremo come pazze. Sto scoprendo con lei un nuovo mondo, sottilmente erotico e dolcissimo; un pianeta donna sino a ora a me totalmente ignoto. Le piace farsi allattare. Dapprima me le carezza e lecca con trasporto: io da parte mia vengo non appena lei poggia le sue labbra su un capezzolo e inizia a tirare fortissimo. E allora non ragiono più, le dico di non smettere mai, semmai di succhiarmele alternativamente.

Lei allora mi succhia come se non ci fosse un domani, mettendosi tutto un seno in bocca e al tempo stesso mi infila una mano nella fregna fino al polso, per farmi venire ancora, ancora e ancora. Sono sua. La cosa è ufficiale. Mio marito nella mia vita è ormai solo un fastidio necessario. Il problema sorgerà per noi quando la mia ragazzina adorata dovrà tornare nella sua città, che dista circa duecento chilometri dal mio paese.

Vedremo. Intanto, in questi giorni e fino a settembre facciamo l’amore in casa di una mia amica intima, single e compiacente. Magari, se ci gira, in macchina. Oppure, la cosa più bella e sorprendente, andiamo con le bici in montagna e ci diamo piacere di nascosto dal mondo, molto più vicine a Dio: lui da lassù ci vede, capisce l’amore e sorride. Dopotutto… l'amore e il sesso li ha inventati lui!
RDA
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In certi momenti, il mondo sembra perdere il senso del dialogo autentico, lasciandoci soli in una marea di parole vuote e sguardi distratti. Mi ritrovo a vagare tra le strade eleganti e rumorose della città, immergendomi in un silenzio che pesa e rimbomba nel petto. È come se, nonostante il frastuono che ci circonda, vi fosse una costante mancanza di orecchie pronte a carpire il sussurro più sincero dell’anima. Durante le ore inoltrate della notte, quando le luci si affievoliscono e il tempo pare rallentare, ogni parola sembra indirizzata a un eco assordante anziché a un ascolto attento. Le mie emozioni si svelano come pagine di un libro mai completamente letto, disperse in un vento di superficialità che non si ferma a comprendere né a condividere. In questo universo di volti frettolosi e discorsi preconfezionati, mi accorgo con dolore che il vero ascolto è una rarità, un dono prezioso che spesso resta inascoltato. Il mio cuore, come una fragile melodia, anela a quella presenza in grado di oltrepassare l’apparenza, di ascoltare il palpito interiore nascosto tra il rumore delle convenzioni quotidiane. È un desiderio che brucia silenzioso, una speranza fatta concreti piccoli attimi in cui qualcuno riesca a intravedere la luce dietro il velo dei miei silenzi. A volte, mi sembra di essere un invito muto a chi sa leggere tra le righe, un libro aperto esposto al vento di chiudersi nell’indifferenza. Eppure, nella consapevolezza di questa solitudine d’ascolto, c’è anche una bellezza struggente. Ogni esperienza, per quanto dolorosa, mi insegna a rischiare la mia vulnerabilità, a esprimermi con la sincerità di chi anela a un legame vero. In questo viaggio fatto di attimi rubati e silenzi che parlano, continuo a sperare che un giorno una voce attenta saprà accogliere la mia storia, leggendo il mio cuore senza timore, trasformando l’indifferenza in una rara poesia di comprensione e affetto.
Empito
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"Sei come me, ansiosa di vivere momenti perfetti e spaventata dal timore di rovinarli." (Anais Nin)
(Il post qui sopra è di brunos-costa)

(Foto: tawn2)
L'eccesso di pensieri e inutili preoccupazioni, dietrologie, il voler cercare di intravedere nell'altro un obiettivo non confessato, un inesistente bisogno di controllo, cattiverie etc. rovina l'amore. Sempre. E sempre l'unica cosa è parlarsi. Sorridersi. Amarsi, in definitiva. Dirsi di si. Il flusso della vita odia gli ostacoli di qualsiasi natura. Altrimenti va a scorrere altrove.
"Gli animali ci regalano la spensieratezza. Ma noi li contagiamo con le nostre nevrosi." (Silvana Baroni)
"Vestitevi di spensieratezza, ogni tanto non guasta." (Alemarsia, Twitter)
Aliantis

(Foto: scrumptiouslyhologram)
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La profondità spaventa, affascina, e soprattutto illude chi non può capirla. Un po’ come i sentimenti non autentici, quelli che raccontano false verità, fanno intravedere la felicità, ma poi basta un niente e la terra trema. Così, per paura, scegliamo di tenere i sentimenti fuori dalle condivisioni, come se ignorarli potesse renderci invulnerabili.
Ma i sentimenti veri sono un’altra cosa. Non sempre sono belli, anzi, spesso rivelano verità che preferiremmo non conoscere. Però non illudono mai.
Le persone profonde sono così: affascinanti quando ti raccontano il loro mondo, incomprensibili se provi a imitarle senza aver mai conosciuto te stesso. Non le noti facilmente, perché non sono comuni. Non perché siano rare, ma perché molti di noi non sanno nemmeno trovare se stessi. Non perché non ne siano capaci, ma perché ci hanno insegnato ad avere paura. Paura di tutto. A giudicare ciò che non possiamo avere e ad amare solo ciò che possiamo vedere.
Queste persone vengono chiamate vulnerabili, troppo fragili, pesanti. È così che si giudica chi studia le emozioni per poterle vivere. Chi sente il brivido di un senzatetto, la tragedia di una madre senza più un figlio, il dolore di un’amica che credeva nell’amore. Perché è proprio questo che fanno i vulnerabili: comprendono, alleggeriscono, condividono, ascoltano. Sentono il dolore degli altri e rispondono mettendo in gioco il proprio cuore, la propria anima.
Ma essere vulnerabili è come stare in prima linea in battaglia: sei il primo a cadere. Essere profondi significa accettare il rischio di essere distrutti, traditi, usati, giudicati per primi. E di solito, a farlo, non sono i forti, ma proprio coloro che hanno più cuore.
Perché solo chi è profondo sa che la vera solitudine non è nel dolore, ma in un’esistenza vissuta senza sentimenti veri. Perché essere belli senza saper sentire, senza saper amare, significa solo essere inattaccabili. E solo apparentemente felici.
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