#ingiustizie concorsi
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pier-carlo-universe · 14 days ago
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Precari della scuola: una lotta per la dignità e la giustizia. Gli Idonei Esclusi del Concorso PNRR denunciano l’ingiustizia di un sistema che non riconosce meriti né diritti ai docenti precari
Il grido d’aiuto dei docenti Idonei Esclusi del Concorso PNRR 2023/2024 risuona come un atto d’accusa contro un sistema che sembra aver dimenticato i suoi principi fondamentali: il riconoscimento del merito e la valorizzazione delle competenze.
Un’ingiustizia che non possiamo ignorare.Il grido d’aiuto dei docenti Idonei Esclusi del Concorso PNRR 2023/2024 risuona come un atto d’accusa contro un sistema che sembra aver dimenticato i suoi principi fondamentali: il riconoscimento del merito e la valorizzazione delle competenze. Migliaia di insegnanti che hanno superato le prove di un concorso pubblico si trovano ora in una situazione…
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giancarlonicoli · 4 years ago
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17 nov 2020 18:05
PIERLUIGI PANZA FURIOSO CONTRO ANTONELLA VIOLA SUL SISTEMA DELLE NOMINE UNIVERSITARIE – "L’IMMUNOLOGA SOSTIENE CHE I COMMISSARI ABBIANO FATTO BENE A BOCCIARE LA VETTESE ALL’ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE DA ORDINARIO – LA NOTA CRITICA D’ARTE VIENE PARAGONATA 'AL CARISSIMO PIERO ANGELA, CHE ALLORA POTREBBE ESSERE ORDINARIO IN BIOLOGIA, CHIMICA, FISICA, MEDICINA E QUANT’ALTRO'. ECCO LA DIMOSTRAZIONE DEL LIVELLO DEI NOSTRI SCIENZIATI, CHE NON CAPISCONO NULLA AL DI FUORI DELLE PROVETTE (FORSE)..."
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Lettera di Pierluigi Panza a Dagospia
Gentile Roberto D’Agostino,
poiché spesso questo sito interventi della immunologa Antonella Viola, che come altre impazza su giornali e televisioni, recentemente anche commentando il fascino dei colleghi virologi (al primo posto Pregliasco), chiedo la cortesia di ospitare questa mia replica a un di lei post su Facebook del 14 giugno scorso nel quale attaccava un articolo da me redatto per il “Corriere della Sera” sulla bocciatura della nota critica d’arte Angela Vettese. Inizialmente non ho replicato perché la Viola scrive dichiarando di “non conoscere i dettagli della vicenda”:
infatti avrebbe fatto bene ad astenersi. Taccio che il post è stato rilanciato dalla figlia di uno dei commissari che hanno bocciato la Vettese, la quale ha però recentemente vinto un dottorato presieduto da “una carissima amica” del padre, con pubblicazioni scritte insieme al padre.
La tesi della Viola (sintetizzo il lunghissimo post) è che non si deve andare in cattedra in Critica d’arte (raggruppamento LArt04) con articoli di critica d’arte e che i commissari hanno fatto bene a bocciarla perché il profilo della Vettese non corrisponde in tutto a quanto richiesto dai parametri dell’Abilitazione scientifica nazionale (questo, però, era anche quanto scritto sul “Corriere della Sera”) poiché è carente, in particolare, su un aspetto nel quale la Viola, guarda caso, è forte: “i progetti per ottenere fondi su base competitiva”.
La Vettese viene paragonata “al carissimo Piero Angela, che allora potrebbe essere ordinario in biologia, chimica, fisica, medicina e quant’altro”.  Ecco la dimostrazione del livello dei nostri scienziati, che non capiscono nulla al di fuori delle provette (forse).
Anzitutto, la Vettese non si è presentata al concorso con gli articoli del “Sole 24 ore” sottobraccio; il problema è che tra i motivi della bocciatura viene indicato che svolge attività divulgativa come scrivere sul “Sole 24 ore” e altro. Questo non è come se a lei, un domani, rimproverassero di essere stata da Lilli Gruber: è molto peggio! E’ come se le rimproverassero di aver svolto quotidiana attività nel laboratorio dell’Humanitas, è come se rimproverassero a uno che si presenta al concorso di cardiochirurgia di fare interventi al cuore allo Spallanzani!
Lo stesso dicasi del fatto che cura mostre. Così come lei effettua esperimenti sui virus in laboratorio, un critico d’arte sperimenta le connessioni tra artisti, correnti ecc. attraverso l’allestimento di mostre scientifiche, che rivelano nuove connessioni nel campo dell’arte. E così come lei pubblica i risultati nel suo paper con peer-review, altrettanto esce il catalogo della mostra con comitato scientifico.
Questa attività si svolge principalmente in Italia perché, la informo di questa incredibile novità, è il Paese che ha dato di più alla storia delle arti e alla loro comprensione critica; diversamente, per fare gli astronauti è meglio avere nel cv un passaggio negli Stati Uniti.
E’ molto grave, come lei sottolinea, ritenere che debba andare in cattedra chi porta soldi per la ricerca!  A parte che per fare mostre 8che è ricerca nel campo dell’arte) si portano soldi e, quindi, si arricchisce la disciplina per la quale si concorre; ma se per andare in cattedra conta quanti soldi si portano ai laboratori, allora Berlusconi – che ha finanziato il San Raffaele – o Diana Bracco – la cui farmaceutica sostiene una infinità di laboratori di restauro – dovrebbero essere due ordinari!
Quanto al “carissimo Piero Angela” il problema non è quello di andare in cattedra in biologia o chimica… (lei ha imparato bene i metodi della comunicazione, vedo!) il problema è che con l’attuale sistema Angela non andrebbe in cattedra in “Giornalismo scientifico” (cattedre attivate in Italia nelle facoltà di Comunicazione, raggruppamento SPS08): anche in questo concorso sarebbe un discredito l’essere divulgativo e l’aver svolto la professione di giornalista scientifico in tv?
Altrettanto accadrebbe a Renzo Piano, che perderebbe il concorso di Progettazione architettonica (Icar14 o Icar16) perché mentre sperimentava costruendo grattacieli finanziati in tutto il mondo, mentre metteva a disposizione il suo stipendio da senatore per il laboratorio “ricucire le periferie” non si è preoccupato di scrivere un articolo in rivista di Classe A (con peer review, di chi?) negli ultimi cinque anni. Le pare sensato? E che dire di Paolo Mieli, che verrebbe bocciato in “Comunicazione giornalistica” (SPs 08) o di Dante Alighieri, che avendo scritto la “Divina Commedia” 11 anni prima del concorso inserendola nel form dell’Abilitazione si vedrebbe rispondere dal computer “testo ineleggibile” per le norme del ministero?
I parametri stabiliti dall’abilitazione, saranno forse corretti per i settori scientifici (io non ne scrivo, ma si comprende che certa attività scientifica sperimentale può essere svolta solo all’interno di laboratori universitari e, meglio, anche all’estero) ma di certo sono inadattissimi per tutte quelle discipline che si configurano come dei “mestieri umanistici” o delle “applicazioni tecniche” che, per altro, hanno in Italia o in Europa la loro tradizione più alta e da difendere.
O togliamo questi dal novero delle discipline universitarie oppure smettiamo di valutare i candidati che si presentano in queste in base a parametri che scimmiottano lo scientismo anglosassone e non c’entrano niente con queste discipline!
A me non dispiacerebbe vivere in un Paese dove, mentre lei fa l’immunologa, Renzo Piano insegna architettura, Piero Angela spiega il giornalismo scientifico ai ragazzi e Dante Alighieri fa esami di letteratura italiana. Solo che finché vigono le regole che lei sostiene non si può. Restate lei e Pregliasco (per altro impegnatissimi nella “divulgazione” tv) mentre al posto di Vettese, Piano, Angela e Dante Alighieri… si mettono polli d’allevamento ai quali il barone di turno (per non dire il parente, a volte il papà) ha fatto fare una pubblicazione sulla sua rivista di classe A (meglio se straniera, obviously).
Pierluigi Panza
IL POST DI ANTONELLA VIOLA
Gentile Direttore,
Leggo oggi un articolo sul Corriere, a firma di Pierluigi Panza, che non posso fare a meno di commentare pubblicamente. La storia che si racconta è quella di una studiosa di Arte, Angela Vettese, bocciata all’Abilitazione scientifica nazionale da ordinario, bocciatura scandalosa secondo il Corriere.
Faccio una serie di premesse d’obbligo: sono professoressa ordinaria di Patologia Generale all’Università di Padova e quindi non conosco i dettagli della questione e non voglio entrare nel merito della decisione. Aggiungo anche che mi sento persino un po’ in imbarazzo a dover prendere le difese del mondo accademico italiano, proprio io che ho enormemente sofferto le ingiustizie del sistema, costretta più volte a ritirarmi da concorsi e infine approdata alla cattedra solo grazie ai riconoscimenti ottenuti in Europa e ad una politica illuminata dell’Università di Padova.
Eppure, ho trovato l’articolo profondamente scorretto, fuorviante per i lettori e offensivo per tutto il corpo accademico. Le spiego perché.
Nell’articolo si scrive testualmente che “I commissari hanno avuto «gioco facile» nel bocciarla: la Vettese non possiede «responsabilità di studi e ricerche scientifiche affidati da qualificate istituzioni pubbliche o private» (cioè la direzione di musei vale zero); non ha «responsabilità scientifica per progetti di ricerca internazionali che prevedano la revisione tra pari» (cioè, studiare per realizzare mostre non conta); non ha «direzione o partecipazione a comitati editoriali di riviste, collane editoriali» specie di classe A e quindi non conta nulla scrivere per Il Giornale dell’Arte, il Domenicale del Sole 24 Ore.”
Senza quindi esprimere giudizi sulla studiosa che non conosco, questa parte dell’articolo - e l’ultima affermazione in particolare - mi costringe a protestare.
Le sembra che quanto rilevato dal Commissari sia poco? Facciamo chiarezza: un ricercatore che non ha mai coordinato progetti di ricerca nazionali o internazionali, che non ha mai presentato progetti per ottenere fondi su base competitiva a seguito di valutazione da parte di esperti della materia, che non pubblica su riviste importanti nel suo settore non ha i criteri per diventare un ordinario, e questo vale non solo nel mondo dell’arte ma in qualunque altro ambito.
E no, caro Direttore, pubblicare sul Sole 24 Ore non vale ai fini di una carriera accademica e mai dovrebbe valere. Il valore della comunicazione della ricerca, in ogni ambito, è innegabile – e le scrive una persona che si dedica con passione a questa attività – ma non è equivalente al percorso che passa per le pubblicazioni con “peer review” su riviste di settore. E guai se lo fosse! Le due attività richiedono competenze molto diverse, altrimenti molti brillanti divulgatori scientifici potrebbero aspirare a diventare professori ordinari negli ambiti più disparati (penso al carissimo Piero Angela che allora potrebbe essere ordinario in biologia, chimica, fisica, medicina e quant’altro).
La carriera accademica non si fa con gli articoli sui quotidiani o con le apparizioni in televisione ma attraverso la proposta di idee e progetti innovativi in un processo che prevede il giudizio dei propri pari. Chi non accetta queste regole è fuori dalla competizione non perché “punito” ma semplicemente perché sta giocando un altro gioco.
Infine mi permetta di esprimere tutto il mio sdegno per quella frase conclusiva dell’intervista in cui in modo molto superficiale e offensivo si lascia intendere che il lavoro accademico non sia un lavoro, che chi insegna ai massimi livelli di formazione, fa esami, gestisce progetti internazionali, porta in Italia finanziamenti spesso milionari, scrive articoli su riviste specializzate, guida gruppi di giovani ricercatori aiutandoli a crescere nella loro professionalità…in realtà passi le sue giornate a scaldare la poltrona. Sempre il vecchio concetto che denigra l’attività culturale relegandola al mondo degli "hobby", perché il lavoro, si sa, è un’altra cosa.
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fondazioneterradotranto · 7 years ago
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Nuovo post su http://www.fondazioneterradotranto.it/2017/10/04/la-giornata-della-memoria-delle-vittime-meridionali-del-risorgimento-interroga-la-storia-del-processo-unitario/
La Giornata della Memoria delle vittime meridionali del Risorgimento interroga la storia del processo unitario
di Michele Eugenio Di Carlo
Pasquale Soccio, gra…nde letterato garganico del Novecento, scriveva che il Daunus pauper acquae di Orazio e «i briganti dell’arsa Puglia» di Carducci, irrompevano « nel mondo della nuova storia, divenendone per un lustro attori e protagonisti di primo piano». Ora non è più ammissibile ritenere che i briganti del Sud siano stati sic et sempliciter ladri e assassini. Essi si mossero alla rivolta spinti da condizioni di vergognosa e ignobile ingiustizia sociale, relegati all’ultimo stadio della società civile. Usare il termine «civile» per indicare le condizioni di vita del ceto subalterno, costituito in gran parte da braccianti, da contadini, da artigiani pressati e compressi da strutture ancora feudali, notevolmente aggravate con l’avvento dei Savoia e mantenute in essere da una classe privilegiata di galantuomini senza scrupoli alleata con il nuovo potere, è solo un eufemismo spregiudicato. Meglio usare il termine «barbaro» per rappresentare lo status di vita di piccoli contadini e braccianti senza terra, che subito dopo l’occupazione dei Savoia si rivoltarono contro un consolidato e secolare sistema di prevaricazione e di prepotenze che i Borbone si erano, perlomeno, preoccupati di controllare e indebolire. Le rivolte delle masse contadine, iniziate già nell’estate 1860, furono dettate da secolari motivi di contrasto con la nobiltà e con la subentrata borghesia agraria a causa delle questioni demaniali, inerenti principalmente l’uso e la proprietà dei terreni demaniali usurpati e la reintegra negli usi civici negati. E, comunque, queste prime rivendicazioni sociali furono inizialmente prive di indirizzo politico clericale e borbonico e per lo più furono isolate, incerte, occasionali, frammentate e, quindi, facilmente reprimibili dalle truppe garibaldine e dalla Guardia Nazionale dei galantuomini. Franco Molfese, nella Storia del brigantaggio dopo l’Unità, fatta una rassegna dei moti avvenuti durante l’estate nel Beneventano, nell’Irpinia, nel Matese, nel Vastese, nel Molise, dopo accurati studi ha concluso che «furono sommosse sporadiche, provocate perlopiù da contrasti municipali e da motivi di malcontento locali. Da questa sommaria rassegna risulta pertanto abbastanza evidente il carattere spontaneo ed ancora circoscritto dei moti dei contadini, prodottisi nelle provincie continentali liberate, fino al momento della controffensiva militare borbonica. Non è dato rintracciarvi organizzazione e direttive comuni, azioni concordate, né tanto meno obbiettivi insurrezionali; anche il colore antiunitario e filo borbonico veniva generalmente impresso ai movimenti soltanto dalla sobillazione operata dai notabili borbonici e da elementi del clero locale. Cionondimeno questi torbidi indicavano già abbastanza chiaramente qual era lo stato d’animo delle masse contadine, e quali gruppi locali riuscissero più facilmente a guidarle». Tommaso Pedìo, rimpianto docente dell’Università di Bari, indicava sin dal 1941 come «briganti e galantuomini» fossero due classi sociali i cui contrasti avevano già caratterizzato, non solo a metà dell’Ottocento, la vita nelle province napoletane. Accusato di populismo da Giovanni Masi, ripeteva nel 1948 nel testo Brigantaggio meridionale che i briganti non erano altro che una «classe subalterna costretta a subire un sistema economico, sociale e politico che non ammette parità di diritti e di doveri tra i vari ceti sociali, i briganti si ribellano al sistema che ha sempre caratterizzato la società meridionale prima e dopo la caduta dei Borboni. Classe dirigente, egoisticamente unita nella difesa dei propri interessi, i galantuomini, difendono e mantengono, anche nel nuovo regime, la posizione preminente che, prima del 1860, avevano nella vita e nell’economia del proprio paese». Enzo Di Brango e Valentino Romano, intellettuali di rango, nel nuovo testo Brigantaggio e rivolta di classe, riproponendo la corretta tesi di un’invasione piemontese tesa alla colonizzazione del Sud, mettono in primo piano la violenta reazione dei contadini e delle masse subalterne, qualificandola come lotta di classe. Infatti, nella costituzione del nuovo Stato Italiano furono i proprietari terrieri della nuova borghesia agraria, eredi della tradizione feudo-nobiliare, a ricevere enormi vantaggi nella conservazione dei terreni demaniali usurpati e nell’acquisizione di nuovi. Un abuso perpetrato a discapito delle previste e legittime «quotizzazioni» dei demani, che dovevano necessariamente favorire e sviluppare la piccola proprietà contadina. Questo atteggiamento prevaricatorio e classista irritò le già amareggiate masse rurali, spingendole sempre più alla rivolta in un tentativo illusorio di raggiungere e conquistare il riconoscimento di diritti sempre più negati, con l’intima e utopica aspirazione di diventare finalmente cittadini a tutti gli effetti, non più sfruttati dai detentori della ricchezza e del potere politico. Atteggiamenti classisti e prevaricatori che determinarono nei decenni successivi nel Sud la manifesta sfiducia nelle principali istituzioni dello Stato, nell’amministrazione della giustizia, negli organi di controllo del fisco, negli organi di polizia, nelle istituzioni bancarie, segnalati già alcuni decenni fa da Aldo de Jaco, che nei suoi studi sul brigantaggio meridionale, pubblicati dagli Editori Riuniti nel 1969, vedeva nel Risorgimento propagandistico e agiografico dei vincitori «una pagina di storia che non si può saltare se non si vuol perdere il senso dei problemi successivi ed anche, per tanta parte, dei problemi dell’oggi del nostro paese». Un paese in cui ancora oggi un’intera classe politica, utilizzando strumentalmente e impropriamente la forma costituzionale del partito, concorre a fondare un sistema di impunità diffuse, appropriandosi di denaro pubblico, elevando a regola fissa la difesa degli interessi privati su quelli pubblici, erigendo a sistema le clientele, affondando la meritocrazia. Un paese che, alimentando nuove ingiustizie sociali e determinando nuovi problemi economici, scarica ancora sul Sud i costi di una lunga e prolungata crisi, causata da evidente incapacità politica e da manifesta inefficienza amministrativa. Ultimo esempio lo scandalo dei concorsi universitari. Il tentativo prolungato e ripetuto in questi ultimi 156 anni di relegare il fenomeno del brigantaggio a semplice cronaca criminale, senza indagare sulle cause che lo provocarono e senza approfondire gli effetti che ha prodotto nella società italiana, col semplice e chiaro scopo di coprire gli interessi untuosi della classe liberal-massonica elitaria al potere, è la conseguenza di una mentalità limitata, oscurantistica e negazionista, che ancora oggi produce i suoi nocivi esiti sulla vita delle attuali depauperate popolazioni del Meridione e sui corretti rapporti tra il Nord e il Sud del paese. Rapporti e condizioni imposte con la forza che rischiano di saltare ora che le regioni Puglia e Basilica hanno promosso una Giornata della Memoria delle vittime meridionali del Risorgimento, scatenando una reazione ancora, come sempre, oscurantistica e negazionista, motivata da pseudo e false motivazioni che vedono apparire all’orizzonte un nuovo regno dei Borbone o la preoccupante organizzazione di un leghismo di matrice sudista. Semplici visioni oniriche di chi ha interesse a non affrontare seriamente la revisione storica del nostro Risorgimento. Bisognerebbe chiedere ai docenti del Disum (dipartimento di studi umanistici) dell’Università di Bari e a quelli che hanno promosso una petizione contro la Giornata della Memoria, agli intellettuali e ai politici meridionali da sempre al servizio di interessi contrari alla loro terra, cos’altro serve raccontare perché si possano finalmente onorare le nostre ingiustamente malfamate vittime del Risorgimento. Serve inevitabilmente una seria revisione storica del nostro processo unitario, che tolga il velo posto sui massacri perpetrati, sulle violenze subite anche da donne e bambini, sui paesi rasi al suolo, sugli incarcerati senza accusa, sui fucilati senza processo, sulla legge Pica, sulle infauste leggi fiscali e doganali che condannarono l’economia, sui milioni di emigrati condannati al destino infame di chi è costretto a lasciare la propria terra.
Michele Eugenio Di Carlo
https://www.change.org/p/il-giorno-della-memoria-per-le-vit
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tmnotizie · 5 years ago
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ROMA – Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani, vista la situazione di emergenza nella quale ci troviamo in questo periodo a causa del COVID 19 vuole sottoporre all’attenzione del Ministro dell’Istruzione la difficile situazione del mondo della scuola che si protrae già da diversi anni.
“Molte persone e studiosi -scrive in una nota il prof. Ronny Donzelli– si stanno domandando che cosa succederà all’umanità dopo la crisi sanitaria che ha colpito tutto il mondo. Alcuni pensano che tutto ripartirà come prima e che gli individui saranno ancora più egoisti e spietati, pronti a salvaguardare le proprie posizioni economiche.
Altri invece sostengono che l’umanità sarà diversa. Il COVID 19 segnerà uno spartiacque: al riguardo volevo riportare alcuni passi di un’intervista fatta, alcuni giorni fa, ad un filosofo, documentarista e saggista di fama mondiale Andre Vltchek.
Lo studioso, che ha girato film in molte parti del mondo, portando alla luce ingiustizie che si sono verificate a causa della supremazia delle logiche finanziarie ed economiche così da determinare la crisi del sistema sanitario pubblico, dell’istruzione pubblica e del welfare state, sostiene che oltre alle persone morte a causa del virus, molte altre moriranno a causa della miseria, della disoccupazione, della depressione e del crollo delle misure sociali statali, per l’incapacità dei Paesi di sviluppare un sistema solidale fra loro più vicino ad un sistema socialdemocratico che ad un sistema neo – liberista.
A noi piace pensare che gli individui, l’economia, la finanza, la politica traggano un insegnamento morale da questa pandemia e a tal proposito il CCNDU vuole provare dare un suggerimento per risolvere la questione scuola prima che si arrivi ad una situazione di emergenza come si è verificata nella sanità, fortemente indebolita dalle politiche neo – liberiste fatte di tagli da almeno 30 anni. Il parallelismo con il settore sanitario è molto realista, poiché a fronte di quasi 34mila pensionamenti e la possibile proroga di un anno delle graduatorie dei docenti non di ruolo si preannuncia un autunno caldo per le scuole che avranno non poche difficoltà a reperire l’organico necessario.
In questo momento, nel quale si sono allentate la maglie dell’austerità che da un decennio ci tenevano in ostaggio, sarebbe lungimirante, nonché politicamente doveroso, iniziare a gettare solide basi per uno sviluppo strutturale del settore.
Di seguito si propone la riflessione sui seguenti punti:
Rientro esiliati della legge 107/2015, attraverso le procedure di mobilità superando, visto l’emergenza attuale e la necessità di ricongiungere al più presto le famiglie, i vincoli di ripartizione previsti dalla norma attuale;
Utilizzo dei posti della quota 100 per la mobilità dei docenti;
stabilizzazione dei docenti precari e ITP in possesso dei requisiti di accesso per il concorso straordinario attraverso un concorso per soli titoli, previo svolgimento di anno di formazione e prova in ottemperanza alla direttiva 1999/70/CE;
sblocco di tutte le assunzioni dalle graduatorie dei concorsi docenti 2016 e 2018;
trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto;
Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani chiede al ministro Lucia Azzolina e al premier Giuseppe Conte, vista la situazione di emergenza in cui si trova il nostro Paese, di attivare azioni concrete volte a dare un futuro più sicuro a milioni di studenti e a centinaia di miglia di docenti per ripartire nel modo migliore e si rende disponibile a collaborare perché ciò si realizzi”.
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blueforever31 · 5 years ago
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Clementino - Don  raffaè  Io mi chiamo Pasquale Cafiero E son brigadiere del carcere, oinè Io mi chiamo Cafiero Pasquale Sto a poggio reale dal '53 E al centesimo catenaccio Alla sera mi sento uno straccio Per fortuna che al braccio speciale C'è un uomo geniale che parla co' me Tutto il giorno con quattro infamoni Briganti, papponi, cornuti e lacchè Tutte l'ore cò 'sta fetenzia Che sputa minaccia e s'à piglia cò me Ma alla fine m'assetto papale Mi sbottono e mi leggo 'o giornale Mi consiglio con Don Raffae' Mi spiega che penso e bevimm'ò cafè Ah, che bell'ò cafè Pure in carcere 'o sanno fa A ricetta di Ciccirinella Compagno di cella Ci ha dato mammà Prima pagina venti notizie Ventuno ingiustizie e lo stato che fa Si costerna, s'indigna, s'impegna Poi getta la spugna con gran dignità Mi scervello e mi asciugo la fronte Per fortuna c'è chi mi risponde A quell'uomo sceltissimo immenso Io chiedo consenso a Don Raffaè Un galantuomo che tiene sei figli Ha chiesto una casa e ci danno consigli L'assessore, che dio lo perdoni 'Ndrento a 'e roullotte ci tene i visone Voi vi basta una mossa una voce C'ha 'sto cristo ci levano 'a croce Con rispetto s'è fatto le tre Volite 'a spremuta o volite 'o cafè Ah, che bell'ò cafè Pure in carcere 'o sanno fa Co' à ricetta ch'à Ciccirinella Compagno di cella Ci ha dato mammà Ah, che bell'ò cafè Pure in carcere 'o sanno fa Co' à ricetta di Ciccirinella Compagno di cella Preciso a mammà Qui ci stà l'inflazione, la svalutazione E la borsa ce l'ha chi ce l'ha Io non tengo compendio co chillo stipendio E l'ambo se sogno 'a papà Aggiungete mia figlia Innocenza Vuo' marito nun tene pazienza Non chiedo la grazia pe' me Vi faccio la barba o la fate da sé Voi tenete un cappotto cammello Che al maxi processo eravate 'o chiù bello Un vestito gessato marrone Così ci è sembrato alla televisione Pe' 'ste nozze vi prego, eccellenza Mi prestasse pe' fare presenza Io già tengo le scarpe e 'o gillè Gradite 'o Campari o volite 'o cafè Ah, che bell'ò cafè Pure in carcere 'o sanno fa Co' à ricetta di Ciccirinella Compagno di cella Ci ha dato a mammà Ah, che bell'ò cafè Pure in carcere 'o sanno fa Co' à ricetta di Ciccirinella Compagno di cella Preciso ha dato mammà Qui non c'è più decoro le carceri d'oro Ma chi l'ha mi viste chissà, vide 'cca Chiste so' fatiscienti pe' chisto i fetienti Se tengono l'immunità Don Raffaè, voi politicamente Io ve lo giuro sarebbe 'nu santo Ma 'ca dinto voi state a pagà E fora chiss'atre se stanno a spassà A proposito, tengo 'nu frate Che da quindici anni sta disoccupato e già sai Chill'ha fatto quaranta concorsi Novanta domande e duecento ricorsi Voi che date conforto e lavoro Eminenza, vi bacio v'imploro Chillo duorme co' mamma e co' me Che crema d'Arabia ch'è chisto cafè
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italianaradio · 5 years ago
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Magistrati onorari, deputati di Fratelli d’Italia chiedono risoluzione
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/magistrati-onorari-deputati-di-fratelli-ditalia-chiedono-risoluzione/
Magistrati onorari, deputati di Fratelli d’Italia chiedono risoluzione
Magistrati onorari, deputati di Fratelli d’Italia chiedono risoluzione
Impegnare il Governo a rivedere in modo organico e incisivo la disciplina della magistratura onoraria, al fine di assicurare l’applicazione ai magistrati onorari delle incompatibilità, delle guarentigie e del trattamento previdenziale e assistenziale adeguati al ruolo che rivestono nel complesso sistema di amministrazione della giustizia. È la richiesta avanzata dai deputati di Fratelli d’Italia, Wanda Ferro, Carolina Varchi, Ciro Maschio e Andrea Delmastro alla Commissione giustizia della Camera. Perché per i deputati la situazione in cui versa la categoria dei magistrati onorari è drammatica. La proposta di Fratelli d’Italia punta a fare assumere al Governo ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, di modifica della cosiddetta Riforma Orlando, in particolare nella parte in cui declassa le funzioni dei Magistrati Onorari a semplici “funzioni ancillari” dei Magistrati Ordinari, in violazione il dettato della Costituzione, e a garantire che i Got in servizio da decenni possano, a domanda, transitare da subito nelle funzioni di VPO, o essere assegnati immediatamente agli uffici del Giudice di Pace, in stato di sofferenza per il blocco dei concorsi negli ultimi dieci anni e per i recenti pensionamenti di molti Giudici di Pace. I deputati di Fdi hanno ricordato come, “per far fronte alla grave crisi del sistema giudiziario italiano, affossato da milioni di cause pendenti e da una grave carenza di personale, a partire dalla fine degli anni Novanta, lo Stato ha creato la figura del magistrato onorario, non assunto per concorso, ma reclutato per titoli, per svolgere l’attività in modo non esclusivo, addossandogli il compito di smaltire migliaia di processi minori, basati su reati di gravità ridotta. Negli anni, però, i magistrati onorari sono divenuti affidatari in maniera stabile e continuativa della gestione diretta di interi ruoli di cause ponendosi in una posizione collaterale, ma sempre subordinata, rispetto all’opera dei magistrati togati. I magistrati onorari contribuiscono da anni a mantenere a galla il sistema giudiziario italiano, spesso affrontando carichi di lavoro pari a quelli dei colleghi togati, pur essendo trattati come lavoratori di serie B”. I deputati di Fdi chiedono al Governo di “dare continuità al servizio della giustizia ed al tempo stesso valorizzare le competenze nonché la produttività ed efficienza dimostrate da tutti i giudici onorari nella gestione dei procedimenti a loro affidati, che costituiscono il 60 per cento del contenzioso totale. “I magistrati onorari – spiegano i deputati di Fdi – sono lavoratori che devono amministrare la giustizia ma, paradossalmente, sono vittime di ingiustizie”, per questo è ritenuta discutibile la proposta di riforma avanzata dal ministro Bonafede che, lungi dal recepire le richieste avanzate dalla categoria interessata e condivise apertamente dalla magistratura di ruolo, da un lato riconosce che “la magistratura onoraria rappresenta una delle colonne portanti della giustizia” e, al contempo, propone quale compenso equo e dignitoso “98 euro lordi per otto ore di svolgimento delle funzioni”. I deputati di Fratelli d’Italia evidenziano quindi che “la giustizia non può essere valutata alla stregua di uno dei tanti costi da tagliare, ma va considerata quale preziosa risorsa da sostenere e valorizzare, nell’interesse dei cittadini e del Paese”.
Impegnare il Governo a rivedere in modo organico e incisivo la disciplina della magistratura onoraria, al fine di assicurare l’applicazione ai magistrati onorari delle incompatibilità, delle guarentigie e del trattamento previdenziale e assistenziale adeguati al ruolo che rivestono nel complesso sistema di amministrazione della giustizia. È la richiesta avanzata dai deputati di Fratelli d’Italia, Wanda Ferro, Carolina Varchi, Ciro Maschio e Andrea Delmastro alla Commissione giustizia della Camera. Perché per i deputati la situazione in cui versa la categoria dei magistrati onorari è drammatica. La proposta di Fratelli d’Italia punta a fare assumere al Governo ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, di modifica della cosiddetta Riforma Orlando, in particolare nella parte in cui declassa le funzioni dei Magistrati Onorari a semplici “funzioni ancillari” dei Magistrati Ordinari, in violazione il dettato della Costituzione, e a garantire che i Got in servizio da decenni possano, a domanda, transitare da subito nelle funzioni di VPO, o essere assegnati immediatamente agli uffici del Giudice di Pace, in stato di sofferenza per il blocco dei concorsi negli ultimi dieci anni e per i recenti pensionamenti di molti Giudici di Pace. I deputati di Fdi hanno ricordato come, “per far fronte alla grave crisi del sistema giudiziario italiano, affossato da milioni di cause pendenti e da una grave carenza di personale, a partire dalla fine degli anni Novanta, lo Stato ha creato la figura del magistrato onorario, non assunto per concorso, ma reclutato per titoli, per svolgere l’attività in modo non esclusivo, addossandogli il compito di smaltire migliaia di processi minori, basati su reati di gravità ridotta. Negli anni, però, i magistrati onorari sono divenuti affidatari in maniera stabile e continuativa della gestione diretta di interi ruoli di cause ponendosi in una posizione collaterale, ma sempre subordinata, rispetto all’opera dei magistrati togati. I magistrati onorari contribuiscono da anni a mantenere a galla il sistema giudiziario italiano, spesso affrontando carichi di lavoro pari a quelli dei colleghi togati, pur essendo trattati come lavoratori di serie B”. I deputati di Fdi chiedono al Governo di “dare continuità al servizio della giustizia ed al tempo stesso valorizzare le competenze nonché la produttività ed efficienza dimostrate da tutti i giudici onorari nella gestione dei procedimenti a loro affidati, che costituiscono il 60 per cento del contenzioso totale. “I magistrati onorari – spiegano i deputati di Fdi – sono lavoratori che devono amministrare la giustizia ma, paradossalmente, sono vittime di ingiustizie”, per questo è ritenuta discutibile la proposta di riforma avanzata dal ministro Bonafede che, lungi dal recepire le richieste avanzate dalla categoria interessata e condivise apertamente dalla magistratura di ruolo, da un lato riconosce che “la magistratura onoraria rappresenta una delle colonne portanti della giustizia” e, al contempo, propone quale compenso equo e dignitoso “98 euro lordi per otto ore di svolgimento delle funzioni”. I deputati di Fratelli d’Italia evidenziano quindi che “la giustizia non può essere valutata alla stregua di uno dei tanti costi da tagliare, ma va considerata quale preziosa risorsa da sostenere e valorizzare, nell’interesse dei cittadini e del Paese”.
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gwallgaming · 6 years ago
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Strepitoso successo per i fotografi italiani: Federico Borella vince l’ambito titolo di “Photographer of the Year” ai Sony World Photography Awards 2019
La World Photography Organisation ha reso noto oggi il nome del vincitore del titolo più ambito dei Sony World Photography Awards: Federico Borella è Photographer of the Year 2019 con la serie Five Degrees. L'apprezzatissima serie, premiata con il primo posto nella categoria Documentario, ha sbaragliato le altre nove opere vincitrici delle diverse categorie nella sezione Professional, conquistando il titolo assoluto e aggiudicandosi la somma di 25.000 dollari. Nel novero dei vincitori figurano anche altri italiani: il duo artistico composto da Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinni, vincitore del 1° premio nella categoria Documentario, Alessandro Grassani, vincitore del 1° premio nella categoria Sport e Massimo Giovannini, vincitore del 2° premio nella categoria Ritratto della sezione Professional.
Giudicata da esperti internazionali di fotografia provenienti dal mondo dei media, dei musei, dell’editoria e accademico, la competizione Professional premia serie da cinque a dieci immagini eccezionali che dimostrano particolari doti artistiche in dieci diverse categorie. Questo prestigioso riconoscimento rende fruibile a un vasto pubblico il meglio della fotografia contemporanea dell’ultimo anno e offre agli artisti di questo settore un’esposizione mediatica e opportunità ineguagliabili.
Photographer of the Year - Federico Borella, categoria Documentaria per la serie Five Degrees
Borella, 35 anni, originario di Bologna, è stato scelto tra i dieci vincitori di categoria come detentore del titolo Photographer of the Year per la serie Five Degrees. La serie ha trionfato nella categoria Documentario per la potenza delle immagini che raccontano la piaga dei suicidi maschili nella comunità agricola di Tamil Nadu, nel sud dell’India, colpita dalla più grave siccità degli ultimi 140 anni.
Ispirato da uno studio dell’Università californiana di Berkeley, che ha riscontrato una correlazione positiva tra il cambiamento del clima e l’aumento nel numero dei suicidi tra i contadini indiani, Borella ha esplorato l’impatto dei cambiamenti climatici su questa regione agricola e la sua comunità attraverso immagini vivide e toccanti del paesaggio, dei ricordi dei defunti e dei loro cari ancora in vita, con l’obiettivo di dare risalto a questo problema e sensibilizzare l’opinione pubblica: “Senza un intervento mirato delle istituzioni, il surriscaldamento globale farà aumentare il numero di suicidi in tutta l’India”, ha dichiarato. “L’impatto dei cambiamenti climatici si ripercuote sul benessere a livello globale, oltrepassando i confini dell’India e rappresentando una minaccia per tutta l’umanità”.
Borella è un fotoreporter con oltre 10 anni di esperienza alle spalle e collaborazioni attive con numerose agenzie in tutto il mondo. Dopo gli studi in letteratura classica e archeologia mesoamericana presso l’Università Alma Mater Studiorum di Bologna nel 2008, ha conseguito un master in fotogiornalismo presso l’Accademia Jhon Kaverdash di Milano.
Il giurato Brendan Embser (Curatore editoriale, Aperture, USA) illustra le qualità che hanno portato Borella alla vittoria nella categoria Documentario: “Il cambiamento climatico è una tematica molto pervasiva e tuttavia così difficile da rappresentare, in parte per la sua natura così travolgente. L'aspetto che ci ha maggiormente colpito è stato l’approccio molto intelligente di Borella nel raccontare una storia sul cambiamento climatico che ha messo in primo piano con delicatezza le persone colpite - il piccolo gruppo di persone ritratto da Borella rappresenta un gruppo più vasto di persone che si sono tolte la vita o le cui vite sono state distrutte dai cambiamenti climatici. A colpirci particolarmente sono state le diverse tecniche utilizzate per raccontare questa storia: ritratti, nature morte, vedute aeree e paesaggi: un approccio a 360° che dà movimento al racconto.”
Il premio per il fotografo vincitore comprende la somma di 25.000 dollari, viaggio in areo e soggiorno a Londra per la cerimonia di premiazione, oltre ad attrezzature fotografiche di ultima generazione di Sony e alla pubblicazione delle immagini nel volume dedicato ai vincitori. L’opera potrà essere ammirata alla mostra dei Sony World Photography Awards presso la Somerset House di Londra e, in un secondo momento, in un tour globale.  
● Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni, 1° posto nella categoria Scoperta per la serie Güle Güle
Güle Güle (“arrivederci” in turco) esplora la città di Istanbul da una prospettiva documentaristica e di scoperta con un’attenzione particolare ai cambiamenti della società turca. Il duo artistico originario di Roma, che ha pubblicato quattro libri di successo e partecipato a numerose mostre internazionali, ha osservato da vicino la città, cogliendone aspetti caratteristici come la gentrificazione, la discriminazione e l’immigrazione dei rifugiati siriani.
Questo il commento del giurato Brendan Embser (Curatore editoriale, Aperture, USA) a riguardo: “Si tratta di un’opera eccezionale realizzata con grandissima precisione e uno humor intrigante. Passa da scene molto intense a immagini più composte con una qualità quasi cinematografica. Interessante l’uso del colore e del flash che concorrono alla creazione di un’opera delicata e arguta”.
● Alessandro Grassani, 1° posto nella categoria Sport per la serie Boxing Against Violence: The Female Boxers Of Goma
La serie vincente di Grassani Boxing Against Violence: The Female Boxers of Goma offre al pubblico un’istantanea sul ruolo della box come gruppo di sostegno e luogo sicuro per molte donne a Goma nella Provincia di Kivu Nord. A proposito di questa serie, l’autore ha dichiarato: “Qui le donne non imparano solo ad assestare colpi, ma riacquistano forza e voglia di combattere contro le ingiustizie, oltre ad allenarsi e sognare di diventare le future campionesse mondiali”.
Il fotografo ha al proprio attivo numerose collaborazioni con pubblicazioni internazionali come il National Geographic e il New York Times e sta attualmente creando nuovi progetti sul cambiamento climatico e la guerra.
Nelle parole della giurata Emma Lewis (Assistente curatrice, Tate, Regno Unito) le motivazioni della vittoria della serie di Grassani: “Siamo stati davvero entusiasti di vedere questo progetto nella categoria Sport perché ci ha raccontato una storia che non conoscevamo attraverso dei ritratti, anziché con le tipiche immagini di attività e azione dello sport. Oltre a essere molto ben eseguita dal punto di vista tecnico, la serie offre un punto di vista differente su questa particolare regione del mondo rispetto a ciò che siamo forse abituati a vedere attraverso i media occidentali”.
● Massimo Giovannini, 2° posto nella categoria Ritratto per la serie Henkō
Giovannini viene da Trento e la sua serie Henkō (parola giapponese che significa “cambiamento” e “luce variabile o insolita”) esplora il concetto secondo il quale la luce può alterare la nostra prospettiva degli oggetti. La serie fa leva sulle variazioni di luce e sul trucco per sfidare i pregiudizi di genere dell’osservatore. Parlando della sua serie, Giovannini afferma: “Se bastano l’illuminazione e un trucco superficiale per mettere in discussione l’idea di genere, forse allora il confine tra maschile e femminile è più labile di quanto siamo portati a credere?”.
Questo il commento del giurato Liu Heung Shing (Fondatore del Shanghai Center of Photography): “Questa serie di immagini porta gli osservatori a guardare senza ambiguità e questa è la caratteristica più affascinante delle fotografie: attirare all’interno chi le osserva”.
Premi Professional
Tutti i vincitori della sezione Professional riceveranno attrezzature fotografiche di ultima generazione di Sony e parteciperanno alla cerimonia di premiazione a Londra. Le opere dei vincitori delle diverse categorie e dei finalisti potranno essere ammirate alla mostra dei Sony World Photography Awards 2019 presso la Somerset House di Londra e, in un secondo momento, in un tour globale.   Sony World Photography Awards 2019
Istituiti dalla World Photography Organisation, i Sony World Photography Awards sono uno dei concorsi fotografici più rinomati e poliedrici al mondo, quest’anno alla 12° edizione. L’edizione 2019 ha registrato un totale di 326.997 candidature provenienti da 195 Paesi diversi, una cifra record.
I successi degli artisti italiani vengono annunciati oggi assieme ai vincitori delle categorie della sezione Professionisti e ai vincitori assoluti delle sezioni Open, Giovani e Studenti.  
La proclamazione segue la pubblicazione di marzo dei finalisti della sezione Professionisti, nei quali figurava anche l’italiano Filippo Gobbato per la categoria Sport. La notizia va a completare il quadro dei riconoscimenti assegnati nel 2019, che ha iniziato a delinearsi lo scorso febbraio con l’annuncio dei 10 vincitori delle categorie Open e dei 62 vincitori dei National Awards.  Per maggiori dettagli, visitare il sito https://www.worldphoto.org/galleries  
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giuliocavalli · 7 years ago
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#lEroeDelGiorno⠀ Ora tutti (giustamente) a celebrare Phil Laroma Jezzi, il ricercatore quarantanovenne (padre italiano e madre inglese) che lavora al Dipartimento di Scienze giuridiche all'università di Firenze, che grazie alla sua testimonianza (e alle registrazioni fatte di nascosto) ha scoperchiato lo scandalo dei concorsi truccati nelle università italiane.⠀ ⠀ I messaggi di stima hanno invaso i suo profili social mentre lui, schivo, ha deciso di non rilasciare dichiarazioni se non un breve scambio di battute con il Correre della Sera. Ed è da qui che vale la pena partire: «Io ho fatto la mia parte», dice Jezzi al giornalista, «Ho raccontato tutto a investigatori e magistrati, ho fornito loro le prove sulle mie affermazioni e adesso mi voglio mettere da parte perché ho trovato persone straordinarie che stanno ancora lavorando e parlare adesso ai giornali mi sembrerebbe di fare loro un torto. Eventualmente ci sarà tempo».⠀ ⠀ Ecco perché Jezzi è uno dei cittadini di cui abbiamo disperatamente bisogno: travolto dalla mediocrità di un Paese che premia l'appartenenza più del merito non s'è dedicato alla lamentazione indignata o alla rabbia e nemmeno ha deciso di abbatterla con vendette gladiatore. Ha denunciato, semplicemente. Fornendo tutte le prove possibili. Testimoniando, con un telefono tenuto nella tasca, un modo di fare che tutti noi attraversiamo nel corso della nostra vita e delle nostre esperienze lavorative.⠀ ⠀ Phil Laroma Jezzi è un testimone. Testimone di una normalità che troppo spesso i potenti (e i prepotenti) vorrebbero convincerci che sia da evitare per intraprendere le scorciatoie della slealtà e del servilismo. Viene da pensare che forse Phil abbia semplicemente un grado di intolleranza verso le ingiustizie che non è stato slabbrato dalla convenienza o dal bisogno. Phil è un testimone e ha lo sguardo lungo: avrà pensato che i nostri problemi personali, spesso, non si possono risolvere nell'immediato e nel nostro contesto ma tornano utili per sradicare i comportamenti che inquinano gli ambienti che frequentiamo. In fondo Laroma Jezzi l'ha fatto per rendere l'Italia un Paese migliore, solidale nel senso più largo. Per questo il gesto profuma.
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