#impianti incenerimento
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Che fine fa la plastica che non viene riciclata? Impatti ambientali e soluzioni future
Scopri il destino della plastica non riciclata e le gravi conseguenze per l'ambiente, insieme alle alternative per un futuro più sostenibile
Scopri il destino della plastica non riciclata e le gravi conseguenze per l’ambiente, insieme alle alternative per un futuro più sostenibile. La plastica è uno dei materiali più diffusi e versatili della nostra epoca. Tuttavia, solo una piccola percentuale della plastica prodotta globalmente viene effettivamente riciclata. La restante parte, che non finisce nei sistemi di riciclo, ha un destino…
#ambiente e plastica#Cambiamento climatico#contaminazione del suolo#danni fauna marina#destino plastica#discariche plastica#Economia circolare#Economia sostenibile#Futuro sostenibile#Gas serra#gestione ambientale#Gestione rifiuti#impatto ambientale plastica#impianti incenerimento#incenerimento plastica#inquinamento oceani#inquinamento plastica#materiali alternativi plastica#Microplastiche#plastica biodegradabile#plastica monouso#plastica nei mari#plastica non riciclata#produzione CO2#pulizia oceani#Raccolta differenziata#riciclo innovativo#riciclo plastica#riduzione plastica#rifiuti non riciclati
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Stamattina, durante il Consiglio Regionale straordinario che abbiamo chiesto come #M5S per contrastare l'emergenza clima, siamo intervenuti con le maschere per sottolineare quanto sia necessario intervenire per limitare i danni dell'inquinamento.
Abbiamo chiesto interventi concreti: dismissione degli impianti di incenerimento più inquinanti, limitazione del consumo di suolo, promozione dell'efficientamento energetico, potenziamento del trasporto pubblico, incremento dello Smart Working e diffusione del #Coworking.
L'aria lombarda è diventata irrespirabile: c'è in gioco la salute di tutti i lombardi.
#ariairrespirabile #smog #paolapizzighini Nicola Di Marco Paola Pollini M5S
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Modena, termovalorizzatore, in calo la produzione di rifiuti
Modena, termovalorizzatore, in calo la produzione di rifiuti Nei primi dieci mesi del 2023, dopo che a fine 2022 sono state introdotte a Modena le nuove modalità di raccolta differenziata, la produzione di rifiuti urbani indifferenziati si è drasticamente ridotta, diminuendo di 13 mila tonnellate rispetto al 2022. In particolare, al 31 ottobre 2023 la quantità di rifiuti complessivi prodotti è stata di 500 chili per abitante per 10 mesi: 355 chili di rifiuti differenziati (e quindi destinati al riciclo) e 145 di rifiuti indifferenziati. Nello stesso periodo del 2022 erano stati prodotti complessivamente 543 chili per abitante, suddivisi in 327 chili di rifiuti differenziati e 216 di indifferenziati. I dati sono stati forniti dall'assessora all'Ambiente Alessandra Filippi che, nella seduta "question time" del Consiglio comunale di lunedì 8 gennaio, ha risposto a un'interrogazione di Giovanni Silingardi (Movimento 5 stelle) sui conferimenti al termovalorizzatore di via Cavazza dopo l'introduzione del nuovo modello di raccolta. "Analizzando i numeri – ha sottolineato l'assessora – notiamo che con l'applicazione del nuovo sistema non solo è diminuita la quantità di rifiuti prodotta ma è migliorata la qualità: cresce, infatti, la percentuale dei rifiuti che sono destinati al riciclo. È importante – ha proseguito Filippi – applicare un modello di raccolta, come quello di Modena, che permette di mantenere la qualità della materia da recuperare in linea con gli obiettivi minimi del Piano regionale di gestione dei rifiuti, nell'ambito del quale ci muoviamo e che per la nostra città, come per gli altri capoluoghi prevede di raggiungere una percentuale stabile e continuativa del 79 per cento di raccolta differenziata entro il 2027. Un secondo obiettivo, sempre del piano regionale, è arrivare a una produzione pro capite di rifiuti non avviata al riciclo di 120 chili per abitante all'anno". La riduzione dei rifiuti prodotti, alte percentuali di rifiuti differenziati da avviare al riciclaggio, la diminuzione dei rifiuti da smaltire e di conseguenza il superamento delle discariche, e quella di Modena ha già chiuso da tempo, e successivamente degli inceneritori sono, quindi, gli obiettivi del modello regionale nell'ambito del quale si muove anche Modena: "Il cambio del modello di raccolta va nella direzione prevista dalla Regione, e monitorandone gli effetti si potrà decidere quando arrivare a spegnere l'inceneritore. La scadenza dell'autorizzazione ambientale di quello di Modena è il 2034 e naturalmente ci attiveremo affinché si pongano le condizioni per il suo eventuale spegnimento prima di tale data". L'impianto di incenerimento e termovalorizzazione di Modena, ha specificato ancora l'assessora, fa parte del sistema regionale di gestione dei rifiuti urbani. Questo significa che il suo ambito di riferimento principale è la provincia di Modena ma che è comunque a servizio del bacino regionale e può perciò ricevere rifiuti urbani indifferenziati anche da altri territori della regione. Si spiega così l'aumento dei rifiuti conferiti all'impianto nel 2023 rispetto al 2022, di cui chiedeva conto l'interrogazione di Silingardi: nel 2023 l'impianto modenese ha trattato rifiuti indifferenziati provenienti dalle province di Bologna e Ferrara (circa diecimila tonnellate) oltre che dalla Romagna (circa cinquemila tonnellate) in conseguenza della produzione straordinaria di rifiuti causata dall'alluvione in quei territori. Allo stesso tempo, nel 2022 l'inceneritore modenese è stato oggetto di un intervento di manutenzione programmata che ha determinato un fermo impianto di 35 giorni tra il 28 maggio e il 2 luglio, e il conseguente invio di circa novemila tonnellate di rifiuti modenesi negli impianti di Ferrara e Bologna: da qui la minore quantità di rifiuti conferita nel 2022 all'impianto di via Cavazza rispetto a quella del 2023, a nuovo sistema di raccolta avviato. Anche i rifiuti urbani indifferenziati prodotti nel territorio provinciale e conferiti agli impianti del sistema regionale da tutti i gestori di servizi di raccolta operanti sul territorio sono diminuiti nel 2023 rispetto al 2022: il calo è stato di seimila tonnellate (erano oltre 66 mila 500 tonnellate nel 2022 e meno di 61 mila nel 2023), una riduzione coerente con la recente introduzione in molti Comuni, tra i quali Modena, di sistemi di raccolta differenziata più performanti. In particolare, i rifiuti indifferenziati prodotti per abitante a Modena da gennaio a luglio 2023 sono stati il 34 per cento del totale provinciale, pari a 112 chili/ab/7 mesi (per un totale di 20 mila 697tonnellate,) mentre nello stesso periodo del 2022 la quantità era stata del 47 per cento del totale provinciale, pari a 153 chili/ab/7 mesi (per un totale di 28 mila 205 tonnellate). Dopo aver chiesto la trasformazione in interpellanza, Barbara Moretti (Movimento 5 stelle) ha sostenuto che i cittadini, "che sopportano i disagi della raccolta differenziata avrebbero dovuto essere premiati iniziando a invertire la politica che penalizza Modena con un inceneritore sovradimensionato. Invece, i modenesi non possono godere dei vantaggi ambientali nonostante la riduzione dei rifiuti indifferenziati, e la multiutility si avvantaggia a scapito dell'ambiente. Ci aspettiamo un segnale da parte dell'amministrazione". Il tema dell'ambiente e della raccolta dei rifiuti "sarà centrale nella prossima campagna elettorale", ha affermato Giovanni Silingardi: "La prossima amministrazione dovrà prendere decisioni e capire dove vuole andare la città. Noi – ha proseguito – siamo sempre stati a favore della raccolta porta a porta, ma dovrebbe essere integrale e soprattutto dovrebbe funzionare meglio, e può farlo solo adottando un modello di gestione in house". Sull'inceneritore, il consigliere ha detto che "anticiparne la chiusura non è un vezzo: occorrono politiche radicali e un intervento dell'amministrazione per ridurne la portata".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Droga: polizia Torino porta a inceneritore 3 mln di stupefacenti
Operazione droga. Polizia di Stato Torino (AGI) – Torino, 10 feb. – Quasi 450 chilogrammi di stupefacente, per un valore pari a 3 milioni di euro. E’ quanto portato a distruggere dalla polizia di Torino. La droga: 400 chilogrammi di hashish e circa 45 chilogrammi di cocaina sono stati portati presso gli impianti di incenerimento che, secondo uno specifico protocollo, garantiscono la sicurezza…
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I TRAGHETTI INVENTANO IL FILTRO PER INQUINARE MENO
Una compagnia di traghetti francese ha lanciato quella che dichiara essere la prima nave che utilizza filtri per catturare quasi tutti gli inquinanti atmosferici dai gas di scarico della barca, suscitando elogi da parte degli attivisti e delle autorità locali e l’attenzione della comunità internazionale.
I filtri utilizzano una tecnologia già presente nelle centrali elettriche e negli impianti di incenerimento in cui il bicarbonato di sodio viene iniettato nei fumi di scarico, provocando una reazione chimica con le minuscole particelle prodotte durante il processo di combustione. “Gli inquinanti possono essere catturati da un tipo di filtro dell’aria industriale che esiste da più di 30 anni” ha detto ai giornalisti il direttore tecnico dell’azienda Christophe Seguinot. La Meridionale, con sede nel porto di Marsiglia, nel sud della Francia, ha calcolato che questo filtraggio cattura il 99% degli ossidi di zolfo emessi dai quattro motori del traghetto, nonché il 99,9% del particolato creato dalla combustione del suo combustibile pesante.
L’olio combustibile pesante è uno dei combustibili da trasporto più economici ma più inquinanti, causando le spesse colonne di fumo nero che si vedono sopra la maggior parte delle navi. Il gruppo di traghetti ha stretto un accordo con il gruppo chimico Solvay per trattare ed eliminare i residui tossici del filtro, con l’obiettivo di riciclarli.
Altri gruppi navali stanno sperimentando altre soluzioni ecologiche come motori che funzionano con gas naturale liquefatto più pulito (GNL) o metanolo, mentre sono in fase di sviluppo anche navi elettriche e a vela.
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Fonte: La Meridionale; Solvay
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Transizione ecologica
Di transizione ecologica ne ho già scritto qui https://bit.ly/3JfQO4u ma non mi stancherò di scriverne ancora perché la creazione di un ministero ad hoc in Italia crea molte aspettative. Però, questa volta, la affrontiamo da un punto di vista più "local".
Ossidi di azoto, particolato, acidi, metalli pesanti, formaldeide, ammoniaca, benzene, IPA, diossine e altri pericolosi veleni sono presenti in una regione italiana fortemente inquinata come la Lombardia. In questo territorio si immettono quotidianamente nell’aria notevoli quantità di gas serra dall’effetto climalterante e sostanze nocive, di cui sopra, che vanno ad impattare anche il suolo e l’acqua che beviamo.
Con un pesante inquinamento atmosferico presente in Lombardia da anni attendiamo che i nostri amministratori assumano provvedimenti significativi nella direzione di un rapido miglioramento della qualità dell’aria. Rispetto alla gravità della situazione non vi possono essere rinvii né comportamenti amministrativi inadempienti e in contraddizione con una vera transizione ecologica.
Ecco qualche passo per cambiare aria, suggerito dalla Reta Ambiente Lombardia:
limitazione del traffico privato, potenziamento e efficientamento del trasporto pubblico sostenibile;
superamento degli impianti di incenerimento dei rifiuti;
decarbonizzazione dei sistemi di produzione energetica;
disincentivazione degli allevamenti intensivi e impattanti, con una pianificazione territoriale ecocompatibile;
monitoraggio della qualità dell’aria di ultima generazione, con una maggior trasparenza nella raccolta e diffusione dei dati;
drastica riduzione del consumo di suolo;
Maggiori incentivi per la bonifica dell’amianto;
riforestazione massiva in tutta la Regione
riorganizzazione del sistema sanitario regionale con particolare riferimento alla medicina di prevenzione;
formazione alla sostenibilità ambientale rivolta alle scuole di ogni ordine e grado.
I dettagli li trovi nella petizione “APRITI CIELO! Ripuliamo la nostra aria” di Rete Ambiente Lombardia https://chng.it/CjcYx2N7Jd
#transizione ecologica#sostenibilità#ambiente#lombardia#petizione#rete ambiente lombardia#diossina#regione lombardia#ossidi di azoto#inquinamento#apriti cielo
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Posted @withrepost • @movimento5stelle Ridurre la quantità di rifiuti prodotti e realizzare politiche di economia circolare per recuperare sempre più materia: non solo non servono nuovi impianti di incenerimento ma in futuro potremo rinunciare anche a tanti di quelli attualmente in funzione. Non rinunceremo alla svolta green che abbiamo promesso, anzi! Vogliamo dismettere le centrali a carbone entro il 2025 e non accetteremo la costruzione di nuovi inceneritori: resta quindi l’obiettivo di dismettere gradualmente quelli esistenti. Per cambiare il Paese occorre perseguire battaglie di civiltà e buon senso come quella dello stop agli inceneritori. L'ambiente è una delle nostre cinque stelle e resta una nostra priorità. #ambiente #movimento5stelle #m5s https://www.instagram.com/p/B6iNHyXFEe3/?igshid=17qtddhha3olz
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Quado l’occhio diviene “secco” e minaccia la vista - una campagna per diagnosi e cura
(di Nicola Simonetti) “Occhio secco”, un disturbo che colpisce, in Italia, 9 su 10 donne in menopausa e 25% degli over 50 anni. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si tratta “di uno tra i più ignorati e sottovalutati disturbi della società moderna”. Lanciata, nei giorni scorsi, la campagna di screening gratuiti promossa dal Centro Italiano Occhio Secco di Milano (Piazza della Repubblica 21, diretto dal dr Lucio Buratto, oculista di fama mondiale,) , la prima struttura completamente dedicata alla cura di questa patologia, in collaborazione con la Clinica Oculistica dell’Università dell’Insubria di Varese. Le visite gratuite si prenotano attraverso il sito www.centroitalianoocchiosecco.it Durante la Campagna ( Mese della Prevenzione e Cura dell’Occhio Secco - 8 maggio-14 giugno), Centri oculistici di eccellenza universitari e ospedalieri su tutto il territorio saranno a disposizione per una visita gratuita e una serie di esami diagnostici. Tecniche specialistiche consentono di rilevare anomalie nel sistema lacrimale dell’esaminato e di fare eventualmente diagnosi di patologia. Lo screening sarà eseguito solo nei Centri aderenti all’iniziativa. La Campagna si propone di sensibilizzare la popolazione sul problema dell’occhio secco e stimolarla a farsi visitare, dopo lo screening, dai propri oculisti curanti. Le visite si rivolgono a tutti quelli che sospettano una secchezza oculare e desiderano una visita di approfondimento. Le visite si potranno fare presso le seguenti strutture: Milano - CIOS Centro Italiano Occhio Secco – Piazza della Repubblica 21 Varese –Ospedale di Circolo Fondazione Macchi – Clinica Oculistica dell'Università dell'Insubria - Viale Borri, 57 Ancona – Azienda Ospedaliero Universitaria – Ospedali Riuniti Ancona Umberto I – G.M. Lancisi-G. Salesi, Via Conca 71 Bari – Clinica Oculistica Universitaria Policlinico di Bari - Piazza Giulio Cesare 11 Catania - Azienda Ospedaliera Garibaldi - Nesima UOC di Oftalmologia - Via Palermo 636 Lecce – Ospedale Vito Fazzi di Lecce – Piazzetta Muratore Milano - Neovision Cliniche Oculistiche Corso Vercelli 40 – Via Procaccini 1 – Viale Restelli 1 Napoli – Ospedale San Giovanni Bosco - Centro di Patologia della Cornea e della Superficie Oculare – UO di Oculistica - PO San Giovanni Bosco – ASL Napoli 1 Centro Via F.M. Briganti 255 Napoli – Clinica Mediterranea - Via Orazio 2 Padova – Centro Oculistico San Paolo, Ospedale Sant'Antonio, AULSS 6 Euganea Via Jacopo Facciolati 71 Pisa – Ospedale Cisanello – Via Paradisa 2 Sassari – Cliniche San Pietro – Viale San Pietro 43 Torino – A.O. Ordine Mauriziano Umberto I - Largo Turati 62 Le visite si prenotano solo sul sito www.centroitalianoocchiosecco.it Se si usano lenti a contatto, toglierle almeno 24 ore prima. Non truccarsi il giorno della visita. Portare con sé eventuali esami di laboratorio recenti, l’elenco dei farmaci attualmente in uso e delle terapie già praticate. Chiariscono il problema i prof. Claudio Azzolini – Direttore Clinica Oculistica Università dell’Insubria –Varese, Dottor Lucio Buratto – Direttore Scientifico del Centro Ambrosiano Ofta Lucio Burattolmico (CAMO) – Milano e Dottor Giuseppe Di Meglio (CIOS) – Milano. Il “film lacrimale” è lo strato di liquido che bagna le strutture anteriori dell’occhio, ossia è l’interfaccia tra l’occhio e l’ambiente. La luce giunge all’occhio passando attraversando le lacrime; la presenza di un buon strato di lacrime è fondamentale per consentire all’occhio di avere una buona vista. Cause varie possono determinare situazioni di: Ipolacrimia provocata da una ridotta produzione di lacrime che, a loro volta, si dividono in ipolacrimie da Sindrome di Sjogren e ipolacrimie da altri fattori (patologie della ghiandola lacrimale, ostruzione dei dotti lacrimali, perdita della lacrimazione riflessa da herpes, diabete, lenti a contatto). Dislacrimie provocate da aumentata evaporazione del film lacrimale non compensata da un aumento della secrezione (alterata chiusura palpebrale, blefariti, malattie sistemiche, menopausa, farmaci). Costi sociali Una patologia così diffusa e in espansione come la sindrome dell’occhio secco preoccupa anche per i costi sociali e sanitari che la popolazione deve sostenere. Il costo annuale, quantificato da uno studio internazionale del 2006, è risultato essere maggiore in Inghilterra (1100 dollari per paziente) rispetto a Spagna (800), Italia (600), Germania (500), Svezia (400), Francia (300), probabilmente a causa del diverso costo dei farmaci utilizzati. Numerose condizioni, fisiologiche e patologiche creano alterazioni del film lacrimale e spesso tutto l’apparato di protezione dell’occhio è vittima di patologie o situazioni generali del nostro organismo. Il bulbo oculare all’interno della cavità ossea dell’orbita, è circondato da una sottile pellicola, chiamata film lacrimale, che ha una composizione molto complessa ricca di numerose sostanze nutritive e protettive. Mancando quel liquido l’occhio non potrebbe muoversi, obbedire ai comandi del cervello e girarsi a destra e a sinistra, in su e in giù: senza quel “lubrificante” il nostro senso della vista, rimarrebbe paralizzato o muovendosi a fatica impedire una visione piena. Le palpebre, due piccole “saracinesche”, la cui funzione è quella di opporre un primo sbarramento difensivo ai nostri occhi: si alzano e si abbassano (ammiccano) e avvicinandosi fra loro, chiudono e difendono l'occhio. Non solo: con questo movimento (circa 15000 ammiccamenti al giorno) ricambiano in continuazione il film lacrimale che è prodotto da numerose ghiandole. Ogni volta che avviene un ammiccamento, le palpebre delicatamente pennellano la congiuntiva e la cornea, distribuendo uniformemente il film lacrimale. La lacrima, o meglio il film lacrimale, è formato da tre strati: lipidico, secreto dalle ghiandole sebacee palpebrali, ha la funzione di ritardare l'evaporazione dello strato acquoso della lacrima e di lubrificare le palpebre; acquoso, serve ad umettare e lubrificare il globo oculare; mucinoso o mucoide, contribuisce alla lubrificazione ma ha anche funzione protettiva, sia antibatterica che meccanica. I DISTURBI: I disturbi lamentati da un paziente affetto da sindrome di occhio secco sono i più disparati e talvolta sembrano addirittura contraddittori. Nelle fasi iniziale i sintomi più comuni sono: Bruciore e prurito insistente legato alla variazione dell’osmolarità del film lacrimale. Lacrimazione irregolare, soprattutto scatenata da agenti atmosferici o ambientali: vento, smog, fumo, variazione di umidità o temperatura. Bisogno di lavarsi e strofinarsi continuamente gli occhi. Difficoltà ad aprire spontaneamente gli occhi al mattino: durante la notte la secrezione della parte acquosa delle lacrime e' molto ridotta o addirittura assente il che comporta l’adesione della superficie oculare alla congiuntiva palpebrale a causa del muco denso e disidratato. Presenza di secrezione mucosa e di filamenti. Quando la sindrome si aggrava si verificano questi sintomi: Sensazione di corpo estraneo legata al ridotto spessore del film lacrimale. Sensazione di secchezza oculare. Fotofobia(sensibilità alla luce)conseguente all' irregolarità del film lacrimale. Dolore anche notturno legato alle alterazioni corneali. Disturbi della visione legati all'astigmatismo irregolare che si crea sulla superficie corneale alterata. Perché. Stili di vita ed alimentari non corretti, stati di stress, disfunzioni metaboliche ed ormonali, aumento dell’età media della popolazione, aumento delle temperature medie ambientali, aree ad elevato inquinamento, fumi e sostanze tossiche disperse nell’aria, sono alcune fra le più frequenti cause degli stati disidratativi; situazioni che colpiscono molto spesso anche l’organo della vista che, per la sua delicata posizione di “finestra sul mondo esterno” risente più di altri organi delle variazioni dell’ambiente esterno che mettono a dura prova il suo sistema di difesa, per buona parte rappresentato da quello strato di lacrime che costantemente giorno e notte separano la superficie oculare dall’esterno. Siccità, ondate di calore, inquinamento. L’inquinamento atmosferico è l’alterazione delle condizioni naturali dell’aria, dovuta alle emissioni dei gas di scarico di autoveicoli, caldaie, centrali elettriche, fabbriche, impianti di incenerimento. Smog. Contaminanti gassosi importanti sono: monossido di carbonio emesso principalmente dagli scarichi di veicoli con motori a idrocarburi le cui concentrazioni maggiori si trovano nei pressi delle strade; il benzopirene e il benzene, sospetti cancerogeni; l’ozono, l’anidride solforosa e l’ossido di azoto che causa infiammazione acuta delle mucose respiratorie e dell’occhio. Secondo uno studio pubblicato sul British Journal, a causa dell’inquinamento il 42% dei bambini abitanti in città con alto livello di polveri sottili soffre di rossore e prurito oculare, ammiccamento, dolori agli occhi, anomalie della lacrimazione e secrezione oculari. Diversi studi analitici effettuati negli Stati Uniti mostrano come il tasso di inquinamento nelle grandi citta’ influisca significativamente sull’insorgenza della sindrome dell’occhio secco. Screening eseguiti dalla NASA, del National Veterans Administration e del National Climatic Data Center, nelle città di New York e Chicago hanno riportato una proporzione 4 volte maggiore di pazienti affetti da secchezza oculare rispetto a zone con minor tasso di inquinamento dell’aria. Freddo e vento. Ma anche freddo e vento, secondo molti studi scientifici, sono fattori responsabili di rischio per l’ occhio secco: il freddo ha pesanti ripercussioni sulla sostanza oleosa che compone lo strato esterno del film lacrimale, rendendola troppo spessa e rigida e dunque incapace di diffondersi sulla superficie dell’ occhio. Calore eccessivo e sole. Anche con l’esposizione al sole si può soffrire più facilmente di occhio secco; un aumento dell’ evaporazione del film lacrimale ne vanifica la sua funzione che è quella di proteggere gli epiteli della superficie oculare e le strutture interne dell’ occhio mediante una azione filtrante sulle radiazioni ultraviolette e sulle radiazioni infrarosse. E’ consigliabile indossare gli occhiali da sole per ridurre l’esposizione al sole; se si fa un bagno in mare e’ meglio indossare la maschera o gli occhialini. Stili di vita. L’occhio secco è una condizione oggi sempre più diffusa e legata non solo alle condizioni ambientali, ma anche ad alcuni stili di vita. L’uso sempre più diffuso di videoterminali e apparecchi per il condizionamento o per il riscaldamento ad aria, induce una riduzione dell’umidità dell’ambiente in cui si vive: tutto questo ha un effetto anche sulla superficie dell’occhio e sulla sua integrità. Età avanzata. Man mano che l'età avanza, tutto organismo ha delle trasformazioni; cosi anche la composizione delle lacrime varia. Spesso infatti gli occhi producono lacrime con un minore contenuto di lipidi che sono necessari per evitare che la loro parte acquosa evapori troppo velocemente. Con il passare degli anni le forme disidratative determinano dei quadri di vere e proprie infiammazioni croniche a carico della superficie oculare: un disturbo che sembrava in un primo tempo banale diventa vera e propria patologia della superficie oculare. Menopausa. Alcuni ormoni aiutano a stimolare la produzione di lacrime. Per questo le variazioni di livelli ormonali possono ridurre la naturale produzione di lacrime. Ecco perché la sindrome dell'occhio secco predilige il sesso femminile soprattutto dopo i 35 - 40 anni di età: le donne in gravidanza o in menopausa sono il gruppo più numeroso tra i pazienti che soffrono di occhio secco. Una frequenza sempre maggiore causata dalla significativa anticipazione del ciclo mestruale, fino ad interessare il 60% circa delle donne. I fastidi derivanti dall’occhio secco tendono a divenire più frequenti con il passare degli anni. L'intolleranza alle lenti a contatto è uno dei primi sintomi di ridotta secrezione lacrimale nelle donne in menopausa. Nei primi 7-8 anni dopo la menopausa, il disturbo è controllabile ma dopo tale periodo, l'involuzione delle ghiandole lacrimali diventa irreversibile. Per questo è importante fare una diagnosi tempestiva e, soprattutto, iniziare per tempo le adeguate terapie sostitutive lacrimali a base di acido ialuronico, o altre lacrime artificiali, o mediante l’assunzione per via orale di integratori contenenti estradiolo. Malattie autoimmuni Esistono moltissime sindromi autoimmuni, inclusi ipotiroidismo e ipertiroidismo, artrite reumatoide, lupus, sclerosi multipla che hanno effetti negativi sulle cellule e sulle ghiandole deputate alla produzione del film lacrimale. Anche la Sindrome di Sjogrenpuò causare un grave infiammazione delle ghiandole lacrimali riducendo in maniera drammatica la produzione dello strato acquoso del film lacrimale. Farmaci. Molti farmaci come effetto collaterale causano occhio secco, ad esempio: Antidepressivi, Antistaminici (soprattutto quelli da banco che possono comprarsi senza ricetta), Decongestionanti nasali, Sedativi ansiolitici, Contraccetivi orali, Beta-bloccanti, Diuretici. Lenti a contatto. Le lenti a contatto si posizionano sulla cornea e galleggiano sul film lacrimale assorbendone una grande quantità e tendono ad aderire alla cornea, a limitarne l’ossigenazione ed a provocare danni oculari che possono essere anche di una certa gravità. L'uso ma soprattutto l'abuso di lenti a contatto, siano esse rigide o morbide, in materiale gas-permeabile o non, contribuisce al determinarsi dell'occhio secco. Questo si verifica soprattutto quando non si utilizzano lenti a contatto “usa e getta” e quindi per la corretta e necessaria igiene si usano soluzioni per lenti ricche di disinfettanti e conservanti. Videoterminali. Una causa frequente della sindrome di occhio secco consiste nell’utilizzo in maniera continuativa di videoterminali: in questo caso la scarsa umidificazione dell’ambiente lavorativo, resa ancor più precaria dalle microventole di raffreddamento dei computer stessi e delle altre apparecchiature ad essi connesse, il prolungato senso di impegno e di attenzione, lo stato di stress posturale connesso, provocano alla lunga un netto rallentamento dell’ammiccamento palpebrale. Normalmente le palpebre vengono aperte/chiuse 20volte al minuto. Se invece si è impegnati in un un'attività che richieda concentrazione come ad esempio leggere, studiare, scrivere, guidare, utilizzare il personal computer, il tablet, lo smartphone, guardare il programma preferito alla TV, si tende a sbattere le palpebre con una minore frequenza, fino ad arrivare ad un battito al minuto: le lacrime così evaporano rapidamente, non vengono sostituite e si crea la sindrome dell' occhio secco. Altre cause. In altri casi, l'occhio secco può essere secondario od associato a condizioni oculari o cutanee di altro tipo, ad esempio rosacea, distrofie o degenerazioni corneali di tipo congenito od acquisito, congiuntiviti batteriche, allergiche o virali, herpes zoster, dieta povera di oligoelementi e vitamine (soprattutto deficit vitamina A) blefariti,�� chirurgia delle palpebre (blefaroplastica) o l’uso a fini estetici di tossina botulinica in interventi di chirurgia plastica. Chi soffre della sindrome dell’occhio secco, oltre ad assumere prodotti terapeutici che sostituiscano la delicata funzione lacrimale carente, dovrebbe seguire alcune indicazioni generali per modificare abitudini e stili di vita. Evitare l’esposizione diretta a sistemi di condizionamento, luoghi ventosi, aree molto ventilate. Evitare ambienti troppo secchi e scarsi di umidificazione. Ridurre o eliminare il fumo di sigaretta. Evitare l’uso di creme irritanti o altri prodotti fastidiosi nella zona perioculare. Sospendere o limitare l’utilizzo di lenti a contatto corneali. Usare occhiali da sole in caso di forti esposizioni a raggio UVA o UVB o in caso di ambienti ventosi o polverosi. Impiegare impacchi tiepidi nell’area perioculare (acqua e malva, bicarbonato o acqua borica). Arricchire l’alimentazione con vitamina B3, B6, B12, Omega 3/Omega. Aumentare l’assunzione di acqua e di liquidi in generale COME SCOPRIRE SE L’OCCHIO È SECCO Per scoprire se una persona soffre di occhio secco, la scienza ha a disposizione oggi apparecchiature di diagnosi sofisticate e molto funzionali. Ne spieghiamo la funzione delle più importanti. Biomicroscopia digitalizzata con lampada a fessura, uno degli esami fondamentali. Dotata di un sistema ottico molto luminoso ed efficiente e con l’aiuto di un sistema di ingrandimenti adeguato consente di studiare la superficie anteriore oculare e il film lacrimale nelle condizioni più naturali possibili senza alterazioni indotte dalla temperatura. La Meibografia che consente lo studio delle ghiandole di Meibomio che hanno la funzione di produrre la parte oleosa della lacrima. Questa componente lipidica è la più importante del film lacrimale. Se queste ghiandole non funzionano bene avremo un occhio secco da marcata evaporazione lacrimale. L’interferometria del film lacrimale: consente di valutare e studiare lo strato lipidico del film lacrimale e la sua formazione e distribuzione. Il test di Schirmer, eseguito per determinare la quantità di lacrime che bagnano l’occhio. Read the full article
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Rifiuti in Abruzzo: economia circolare o incenerimento?
Rifiuti in Abruzzo: economia circolare o incenerimento?
Riceviamo e pubblichiamo: «Più differenziata, niente inceneritori», titola “Il Messaggero” Abruzzo a tutta pagina, introducendo il report annuale sulla raccolta differenziatapresentato ieri dall’assessore regionale all’Ambiente, Nicola Campitelli. E mò come la mettiamo con il suo “Capitano”? Salvini, infatti, da qualche tempo incoraggia quasi compulsivamente la costruzione di impianti di…
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Assoambiente: Lazio, Campania e Sicilia maglie nere nella gestione dei rifiuti
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/assoambiente-lazio-campania-e-sicilia-maglie-nere-nella-gestione-dei-rifiuti/
Assoambiente: Lazio, Campania e Sicilia maglie nere nella gestione dei rifiuti
Assoambiente: Lazio, Campania e Sicilia maglie nere nella gestione dei rifiuti
Lazio, Campania e Sicilia sono le peggiori regioni d’Italia nella gestione dei rifiuti. E’ la fotografia scattata da Fise Assoambiente, l’associazione delle imprese del trattamento dei rifiuti e bonifica che sottolinea “carenza di un’adeguata impiantistica per il riciclo dei rifiuti, assenza di valorizzazione energetica per quanto non riciclabile, turismo dei rifiuti verso altre Regioni, affidamento eccessivo allo smaltimento in discarica”. L’analisi, basata su dati Ispra e della stessa Assoambiente, è stata presentata a Rimini in occasione di Ecomondo, la fiera della green economy.
Rifiuti nel Lazio, in sei mesi discariche piene. “Nel Lazio – si legge nello studio – “vince il turismo dei rifiuti. L’assenza di un’adeguata e moderna impiantistica di riciclo, recupero energetico e smaltimento appare particolarmente evidente”. Il Lazio è “la Regione che più di altre alimenta il fenomeno del turismo dei rifiuti verso le altre Regioni”. La differenziata è al 46%, ma “il 64% dell”umido’ raccolto nei cassonetti viene inviato fuori Regione”. I rifiuti raccolti in modo indifferenziato, il 54%, vengono avviati a impianti trattamento meccanico-biologico, ma solo come passaggio preliminare alla discarica (circa 41% dell’indifferenziato) e incenerimento fuori Regione (36,5%). “Nei prossimi 6 mesi – scrive Assoambiente – la capacità residua delle discariche laziali sarà terminata, accentuando ulteriormente lo stato di emergenza”.
Rifiuti in Sicilia, la peggiore raccolta differenziata. In Sicilia c’è il “record di discarica e impianti di riciclo e recupero. La gestione dei rifiuti è condizionata dalla percentuale record di conferimento in discarica (73%). Solo il 22% viene raccolto in modo differenziato, dato più basso a livello nazionale. Anche qui il passaggio negli impianti di trattamento meccanico-biologico è propedeutico, addirittura per il 96% dei quantitativi, al successivo conferimento in discarica. Il recupero di materia resta un’ipotesi residuale. La voce incenerimento non è presa in considerazione”.
Rifiuti in Campania, situazione sull’orlo dell’emergenza. La Campania secondo il rapporto è “sull’orlo dell’emergenza”. Per Assoambiente “nei prossimi due mesi le capacità residue delle discariche sul territorio campano saranno esaurite”. La regione “è uscita dalla fase piu’ critica qualche anno fa anche grazie alla realizzazione di un termovalorizzatore di dimensioni medio-grandi ad Acerra”. “La raccolta differenziata negli anni è cresciuta gradualmente – scrive ancora Assoambiente -, arrivando al 53%, ma l’assenza di un efficiente sistema di riciclo è ben palesata dall’export dell’88,5% dei quantitativi di frazione organica (50% delle raccolte differenziate) verso altre Regioni d’Italia”. “La quasi totalità dei rifiuti indifferenziati passa dagli impianti di trattamento meccanico-biologico – conclude il rapporto -, per poi essere incenerito (nel 73% dei quantitativi) o finire in discarica (circa il 6%)”.
Lazio, Campania e Sicilia sono le peggiori regioni d’Italia nella gestione dei rifiuti. E’ la fotografia scattata da Fise Assoambiente, l’associazione delle imprese del trattamento dei rifiuti e bonifica che sottolinea “carenza di un’adeguata impiantistica per il ricicl…
Luisa Ginetti
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Smantellati impianti abusivi di cozze nel mar piccolo a Taranto: il blitz della Guardia Costiera
Smantellati impianti abusivi di cozze nel mar piccolo a Taranto: il blitz della Guardia Costiera. I filari di cozze impiantati tra le banchine di via Garibaldi, nella città vecchia di Taranto. L’impianto, del tutto abusivo, nel primo seno del mar Piccolo, era stato piazzato a pochi metri da una delle vie d’uscita dalla città. La Guardia Costiera e il Commissariato di Polizia Borgo di Taranto, in collaborazione con l'Azienda Sanitaria Locale, oggi hanno smantellato una serie di impianti abusivi di allevamento di cozze. Il blitz ha svelato che gli impianti, oltre ad essere totalmente sprovvisti di autorizzazione demaniale marittima e ambientale, costituivano “un grave pericolo per la salute pubblica - si legge nell’ordinanza - poiché situati all'interno di specchi acquei nell'ambito dei quali, per motivi sanitari, l'allevamento dei mitili è tassativamente vietato in base ad una ordinanza regionale successivamente alla data dell'1 marzo di ogni anno”. In realtà, è vietata anche la commercializzazione del prodotto, ritenuto a forte rischio di contaminazione da parte di pericolose sostanze inquinanti. All'operazione ha partecipato anche il primo nucleo subacquei della Guardia Costiera di San Benedetto del Tronto, i cui operatori si sono immersi per tranciare i filari di cozze e consentirne il recupero con contestuale sequestro. I veterinari dell’Asl, invece, “hanno effettuato il campionamento dei mitili recuperati per verificarne, ai fini sanitari, il tasso di contaminazione”. Il prodotto ittico sequestrato, che ammonta a oltre tre tonnellate, era pronto ad essere immesso nel mercato in assenza di alcun controllo igienico-sanitario. L'intero carico sequestrato, del valore commerciale pari a centinaia di migliaia di euro, “è stato destinato alla distruzione previo incenerimento”. Nel corso della stessa operazione sono stati rinvenuti e sequestrati, per poi essere rigettati in mare, in quanto ancora vivi, 100 kg di oloturie la cui pesca illecita causa gravi danni per l'ambiente, diminuendo la biodiversità ed alterando gli equilibri ecologici. https://videopress.com/v/BRclCN5p... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Emergenza rifiuti a Parigi: netturbini in sciopero contro la riforma delle pensioni
PARIGI – Montagne di rifiuti, in alcuni quartieri di Parigi la spazzatura è abbandonata in strada da una settimana. È l’effetto dello sciopero dei netturbini contro la riforma delle pensioni che allunga l’età legale da 62 a 64 anni. Nel caso dei netturbini l’allungamento dell’età pensionabile sarebbe da 57 a 59 anni. Oltre alla mancata raccolta nelle strade, tre impianti di incenerimento alla…
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È ITALIANA LA PIÙ GRANDE NAVE ANTI-PLASTICA DEL MONDO
Costruita dai cantieri dell’azienda pubblica italiana leader mondiale nel settore della cantieristica navale, la Fincantieri. La nuovissima Rev Ocean è la più grande nave al mondo nata per combattere la plastica negli oceani. Un transatlantico super tecnologico di 183 metri che sta diventando il più importante laboratorio galleggiante per proteggere e salvare gli ecosistemi marini dall'inquinamento da plastica ma non solo.
La nave è dotata di attrezzature, laboratori e tecnologie per effettuare spedizioni autonome in tutto il mondo e per esplorare, documentare e condurre ricerche e operazioni oceaniche innovative. La Rev Ocean raggiungerà le aree oceaniche dove le correnti trasportano la plastica e la raccoglieranno; il sistema di incenerimento ad alta tecnologia consentirà di incenerire tutti i materiali raccolti in modo ecologicamente positivo, senza produrre gas nocivi e permettendo in questo modo anche di autoprodurre l’energia per alimentare la nave. Non risulta necessario quindi scaricare i rifiuti di plastica raccolti ma ogni chilogrammo di rifiuti bruciati restituisce 110kw di potenza termica ai sistemi navali. La nave dispone inoltre di un sistema di recupero del calore utilizzato per la produzione di acqua dolce attraverso un evaporatore installato a bordo. La sua autonomia, grazie a questi impianti innovativi ed altamente ecologici è di 114 giorni.
La Rev Ocean è pronta ad iniziare la sua missione da Accra, la capitale del Ghana. “ La metà della plastica in Ghana finisce in discarica insieme ad altri rifiuti. L'altra metà finisce per le strade, sulle spiagge e in natura” afferma Nina Jensen, CEO di REV Ocean.
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Fonte: Rev Ocean - 10 settembre 2019
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Domani Rossano Ercolini in piazza a Firenzuola. Organizza il ‘No Discarica’ L'emergenza rifiuti in Toscana è veramente emergenza? Si può cambiare radicalmente approccio alla gestione dei rifiuti, smettendola finalmente di calpestare la volontà dei territori cui si impongono "progetti" di discarica o di impianti di incenerimento?
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Economia circolare ed Europa
Rinnovabili e tutela ambientale in Europa sono un denominatore comune di tutte le nazioni della UE, alle quali, negli ultimi anni, s’è aggiunta anche l’economia circolare che dovrebbe consentire a un continente povero di risorse e materie prime come il nostro d’innescare nuove economie.
L’economia circolare potrebbe essere la quadratura del cerchio della sostenibilità: i rifiuti diventano risorse e se l’energia usata nei processi è rinnovabile l’impatto ambientale è molto ridotto. E l’Europa sotto a questo profilo potrebbe fare sistema.
Secondo il Centro Studi Intesa Sanpaolo già solo la bioeconomia – settore nel quale le risorse arrivano dalle coltivazioni, che per essere veramente sostenibili non devono essere in competizione con il settore alimentare – vale ora più di duemila miliardi di euro e ha circa 22 milioni di occupati. Non stupisce pertanto che l’Europa guardi con molto interesse a questi ambiti: qualche tempo fa ha varato un pacchetto di misure chiamato “Circular Economy Package” che prevede stanziamenti importanti destinati agli stati membri.
1.150 milioni di euro saranno gestiti direttamente dall’Unione Europea, poi ci sono 5.500 milioni di fondi strutturali per le regioni. Tutto ciò, secondo Bruxelles, oltre a ridurre le emissioni climalteranti di CO2 al 2030, dovrebbe creare un milione di posti di lavoro e il 7% di crescita aggiuntiva del Pil continentale.
Per quanto riguarda l’effetto leva, secondo le stime dell’Unione Europea per ogni euro investito nell’economia circolare al 2025 dovrebbe prodursi un valore di dieci euro; si tratta di un obiettivo che non si potrà conseguire senza le materie prime: i rifiuti. Ed è anche in questa chiave che vanno analizzati quelli che sono gli obiettivi dell’Unione Europea in merito. Il riciclo dei rifiuti dovrà essere, per gli Stati Membri, del 65% al 2025 e del 75% al 2030, mentre le percentuali relative ai rifiuti urbani saranno rispettivamente del 60% e del 70% e quelle specifiche per gli imballaggi del 70% e dell’80%.
E si noti che l’Europa parla di riciclo e non di raccolta differenziata, due tematiche che non devono essere confuse.
Attraverso l’obiettivo del ‘riciclo’, infatti, Bruxelles vuole conoscere l’effettiva quantità di materia rimessa in circolo, non quella raccolta. Le istituzioni europee vogliono essere certe che il cerchio dell’economia circolare si chiuda sul serio. Se ci si fermasse solo agli obiettivi della raccolta differenziata, infatti, non avremmo sicurezze su ciò che succede dopo.
L’economia circolare in Europa potrà essere anche un test importante per lo sviluppo di queste dinamiche in tutto il mondo. L’esperimento sull’economia circolare che sta tentando l’Unione Europea, infatti, è quello di mettere a punto un sistema di stimoli economici e di normative che vada bene per realtà molto eterogenee sia sul fronte industriale sia finanziario. I paesi del Nord Europa, per esempio, sono concentrati sull’utilizzo di biomasse provenienti dall’attività forestale, mentre in Centro Europa ci si concentra sulla chimica degli intermedi (composti che si ottengono negli stadi di passaggio verso la sintesi di altri prodotti), e in Italia siamo leader nelle bioplastiche e nel biogas. Far lavorare assieme paesi così diversi sul comune tema dell’economia circolare è una sfida che deve essere vinta; anche perché l’economia circolare ha una base territoriale, ossia è legata alle risorse che derivano dai territori e che nei territori sono consumate e rimesse in circolo. E oltre a ciò c’è anche il problema della simbiosi industriale, ossia del passaggio di metodologie, pratiche e informazioni tra una filiera industriale e un’altra. Tutti elementi che devono lavorare assieme.
Un buon esempio di quanto stiamo dicendo è rappresentato dall’esperienza dell’impresa finlandese/svedese Stora Enso, la seconda azienda al mondo per volumi di produzione della fibra di cellulosa, materia prima per carta e cartone. La loro produzione di fibra di cellulosa ha come scarti, per oltre il 50% della massa legnosa in ingresso – che è d’origine sostenibile e certificata visto che per ogni albero utilizzato se ne piantano altri tre -, zuccheri e lignina (polimero organico del legno costituito perlopiù da composti fenolici[), di solito destinati all’utilizzo energetico tramite incenerimento. Consapevole di questo, a Stoccolma Stora Enso ha messo in piedi una struttura di ricerca composta da circa 40 persone e proprio su questa questione, dopo cinque anni, si è giunti a una soluzione. Da un mese, infatti, l’azienda produce e commercializza un nuovo prodotto che si chiama Lineo e che sostituisce con ottimi risultati i fenoli d’origine fossile usati nella chimica da decenni. In più dovrebbe essere un prodotto molto versatile sotto il profilo industriale, tant’è che l’azienda sta cercando nuove applicazioni. E la lignina, che da scarto è diventata così materia prima, potrebbe trovare molteplici applicazioni visto che i materiali fenolici a base fossile si utilizzano nelle resine per il compensato, per i pannelli a scaglie orientati (OSB), il legno laminato multistrato (LVL), la laminazione di carta e il materiale isolante. Inoltre la lignina ha un impatto sull’ambiente molto ridotto rispetto al fenolo fossile visto che, essendo essiccata, è più semplice da lavorare e da stoccare. Ma non basta. L’azienda oggi sta studiando la possibilità di realizzare la fibra di carbonio combinando la lignina e la cellulosa: verrebbe così smentita la convinzione che dai biomateriali si possano ottenere materiali di bassa qualità. In un futuro prossimo la carrozzeria di una Formula 1, o ancora meglio di una Formula E – quella elettrica -potrebbe essere stata in origine un albero.
Uno dei problemi dell’Unione Europea sull’economia circolare, però, è il fatto di essere ancora troppo legata alla versione 1.0: quella che riguarda i rifiuti. Si tratta di un fenomeno che è legato ad aspetti peculiari del continente europeo. Il primo è che la gestione dei rifiuti in tutta Europa è ancora troppo legata all’incenerimento che è per antonomasia il contrario dell’economia circolare e che andrebbe adottato solo ed esclusivamente per la frazione finale dei rifiuti. L’Olanda, per fare un esempio possiede 13 inceneritori, nei quali avvia ogni anno 4,5 milioni di tonnellate di rifiuti, mentre l’Italia ha 45 impianti che trattano 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti, quindi l’Italia avvia a incenerimento 90 chilogrammi pro capite, mentre l’Olanda 260. Ed è una realtà diffusa in Europa visto che gli inceneritori sono 128 in Francia, 80 in Germania, 32 in Svezia e 45 in Italia. La seconda questione è che ancora si lavora troppo poco sulle filiere industriali e su come incrociarle a livello continentale. In pratica è ancora molto difficile dire a un’azienda finlandese che il proprio scarto industriale è utile come materia prima di lavorazione a un’impresa portoghese. E si tratta di un ruolo che sarebbe utile e necessario e per il quale l’Unione Europea ha già fatto un grande lavoro con il regolamento REACH: attraverso il quale sono state censite oltre 143mila sostanze chimiche usate nella produzione chimica di tutta Europa. Sia la metodologia, sia la base dei dati di REACH potrebbero rappresentare il punto d’inizio per informare le aziende sulle possibilità dell’economia circolare. La posta in gioco è alta. Secondo le stime OCSE al 2030 i soli biomateriali rappresenteranno il 50% del valore in agricoltura, l’80% nella farmaceutica, il 35% nella chimica. Il 2,7% del Pil mondiale.
Fonti: http://ec.europa.eu/environment/circular-economy/index_en.htm http://ec.europa.eu/environment/chemicals/reach/reach_en.htm http://www.storaenso.com/sustainability/stories/choose-the-climate-choose-renewable-materials
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Comuni Ricicloni, a Corato la Menzione Speciale "Teniamoli d'occhio"
Comuni Ricicloni, a Corato la Menzione Speciale "Teniamoli d'occhio" #Comuni #Corato #Legambiente #ricicloni #Stradone
L’edizione 2016 di Comuni Ricicloni Puglia compie un balzo in avanti. Per entrare nell’olimpo della gestione sostenibile dei rifiuti il raggiungimento dell’obiettivo di legge sulla raccolta differenziata, pari al 65%, non basta più. Legambiente vuole traghettare i comuni ricicloni pugliesi verso la nuova sfida della rivoluzione del secco residuo da avviare in impianti di incenerimento e in…
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