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aneddoticamagazinestuff · 5 years ago
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Violenza contro le donne
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Violenza contro le donne
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Nel periodo di quarantena sono aumentati i casi di violenza sulle donne ma quanti ne parlano? argomento passato in seconda fila, Noi ritorniamo ad affrontarlo
In molti paesi, gli effetti “collaterali” del lockdown sono spaventosi: in Tunisia, dal 22 marzo al 3 maggio, sono stati segnalati 6.693 casi di violenze contro le donne. A darne notizia il ministro tunisino della Donna, della Famiglia, dell’Infanzia e delle persone anziane, Asma Shiri. In poco più di un mese, al nuovo numero verde per le segnalazioni 1.899 sono arrivate 1.347 denunce di violenze di tipo fisico, 1.462 per violenze morali, 329 sessuali, 763 economiche, 15 istituzionali e 1.624 verbali. A queste si aggiungono 448 segnalazioni riguardanti bambini. Numeri preoccupanti. per diversi motivi. Innanzitutto per il ristretto lasso di tempo cui si riferiscono (solo un mese e mezzo). Poi per il fatto che rappresentano una percentuale altissima rispetto a molti altri paesi (anche africani). Da  ultimo, ma non meno importante, perché i casi denunciati fanno pensare ad un sommerso molto più profondo (come purtroppo avviene anche in Italia, dove spesso il numero dei casi di violenze denunciati sono solo una minima parte del totale delle violenze subite dalle donne).
Fino al 2017, in Tunisia non esisteva una legge sulle violenze domestiche. A luglio di quell’anno, il Parlamento approvò all’unanimità la legge per porre fine alle violenze contro le donne. Una decisione non da poco e dovuta, forse, anche al numero di rappresentati di sesso femminile presenti in Parlamento (in Tunisia, le donne occupano circa un terzo dei seggi, una percentuale tra le più alte in tutto il mondo arabo).
Questa legge, composta da 43 articoli in cinque capitoli, fu una vera rivoluzione non solo in termini di prevenzione e contrasto delle violenze di genere, ma anche per l’uguaglianza di genere: problema ben lontano dall’essere risolto in molti paesi arabi nonostante le linee guida fornite dalle Nazioni Unite e da molti anni (dal 2010)
Nei giorni scorsi, si è tenuta la prima riunione del Comitato di riflessione sull’elaborazione dei programmi a favore delle donne per ridurre le conseguenze dell’impatto da corona virus, un gruppo di lavoro fortemente voluto dal ministro Asma Shiri che include esperti e specialisti in sociologia, psicologia, infanzia, scienze della comunicazione, statistica, economia, finanza e neurologia. Purtroppo, dai dati che sono emersi, il cambiamento non è ancora avvenuto e solo in parte è stato possibile fermare i casi di violenza contro le donne.
Casi come quello di pochi mesi fa. Vittima una ragazza tunisina (che ha chiesto di non pubblicare il suo nome temendo di avere conseguenze!). A Tunisi erano già in atto le misure per l’emergenza corona virus. Questo non le ha impedito di raggiungere un traguardo difficile per molte donne nel suo paese e in molti paesi arabi: conseguire una laurea. Lei si è laureata (in civiltà, letteratura e lingua italiana) e ha anche trovato subito un lavoro (altro limite per molte donne). Un pomeriggio, poco prima dell’ora del coprifuoco introdotto proprio a causa dell’epidemia, mentre stava rientrando a casa, ha incontrato due persone, un uomo e una donna che, con uno stratagemma e tanta premeditazione, l’hanno portata in una strada isolata. Da qui è stata trascinata a forza in un edificio abbandonato. Per scappare, la ragazza si è lanciata dal secondo piano del palazzo. Cadendo si è fratturata due vertebre. É stata raggiunta dai rapitori e riportata nell’edificio da cui era fuggita. Qui è stata ripetutamente violentata e picchiata da criminali incuranti del fatto che aveva la schiena spezzata. Il giorno dopo è stata liberata (altre donne vittime di violenze non sono state altrettanto fortunate) ed è riuscita a chiedere aiuto. Portata in ospedale ha scoperto che le fratture alle vertebre le avevano lesionato il midollo: è stata operata d’urgenza ma sono poche le speranze che possa tornare a camminare .
In molti paesi (non solo in Tunisia) l’aumento delle violenze nei confronti di donne e bambini è uno degli effetti peggiori della pandemia in atto. É la prova, se mai ce ne fosse bisogno, che in tempi di incertezza economica e di instabilità sociale, gli abusi domestici e le violenze aumentano. A ribadirlo, pochi giorni fa, Claire Barnett, responsabile nel Regno Unito di UN Women, l’Organizzazione delle Nazioni Unite dedicata alla parità di genere e all’emancipazione delle donne: esistono “prove evidenti” che “quando le comunità subiscono ulteriori stress, i tassi di violenza aumentano”. In alcuni paesi, si cerca di far fronte a queste violenze come si può: in Spagna, ad esempio, il ministero della Giustizia ha incluso i tribunali che si occupano di violenza di genere tra quelli che continueranno a essere operativi, anche durante il lock down, per “garantire l’emanazione di ordini di protezione e di eventuali misure precauzionali in materia di violenza contro donne e minori”. La chiusura in casa hanno reso difficile per molte donne fuggire dai propri violentatori e ha scoraggiato molte di loro dal denunciarli. Anche in Italia. A confermarlo il procuratore aggiunto Maria Letizia Mannella, capo del pool fasce deboli di Milano: “Dopo le 20 di sera c’è poca gente in strada e questo è rischioso”. “La  convivenza forzata con i compagni, mariti e con i figli, in questo periodo, scoraggiano le donne dal telefonare o recarsi personalmente dalle forze dell’ordine”.
In Tunisia, la situazione è più grave. Nonostante sia in assoluto il paese con la legislazione più avanzata in materia, tra i paesi arabi e maghrebini, dalle statistiche emerge che una donna su due (47,6%) è stata aggredita fisicamente o moralmente almeno una volta nella vita. E oltre il 70% delle donne aggredite ha dichiarato di non sapere dove denunciare i fatti o se è opportuno farlo (dati OMS).
Secondo l’OMS, circa 1 su 3 (35%) delle donne in tutto il mondo ha subito violenze fisiche e/o sessuali da parte di partner intimi o violenza sessuale da “non partner” durante la propria vita. A livello globale, il 38% degli omicidi di donne è commesso da un partner intimo. E, sempre secondo l’OMS, situazioni di conflitto, post conflitto o isolamento (come quello in atto a causa del corona virus) possono esacerbare le violenze, sia da parte dei partner che dei “non partner”. In modo particolare contro le donne.
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pangeanews · 5 years ago
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“Esiste un varco con l’aldilà, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto?”. Il Covid 19 e Madame Blavatsky. Un racconto di Alessandro Moscè, “Il vaccino viene da lontano”
Jonathan Bassoni, insegnante liceale, una volta leggeva le previsioni meteo nel telegiornale di un’emittente privata per guadagnare quattro soldi. Erano gli anni Novanta e doveva ancora finire gli studi universitari del corso di laurea in Letteratura. Si metteva una giacchina celeste che gli stava stretta sulla vita, si pettinava con la riga da una parte, si spargeva un po’ di gel e aveva i suoi tre minuti a disposizione. Gli davano in mano un foglio che proveniva dall’Aeronautica e una cartina geografica dell’Italia e delle Marche in particolare. Doveva semplicemente indicare dei punti cardinali e avvertire l’utenza dei segnali di cambiamento dalla notte all’alba: tramontana, alta pressione, precipitazioni nevose, sole, mare mosso ecc.
Si affaccia dal balcone della sua casa in collina e la città gli sembra metafisica: un quadro di Giorgio de Chirico, il maestro che dipingeva il silenzio e grandi vuoti, oltre che monumenti con un nuovo aspetto. Vecchi ruderi che non servono più, eppure affascinanti nella loro dimensione, nelle fattezze surreali. Jonathan punta il campanile della chiesa di San Domenico che svetta e non suona, abbandonato nella sua eleganza con la croce offuscata da strisce sottili di nebbiolina.
L’insegnante crede non solo nella scienza atmosferica. Ci sono altre tensioni e dinamismi che decidono l’andamento quotidiano ad alta quota, tra i cieli, e nel sottofondo marino degli oceani. Una sorta di avvio cosmico, un motore che non si aziona per caso. La terra decide di opporsi al comportamento dell’uomo. Jonathan è sorpreso soprattutto dalle ondate eccessive di calore o di freddo e dalla siccità, che vanno ad interferire con le risorse idriche e distruggono la vegetazione.
Adesso è più che mai convinto che la foresta amazzonica non possa continuare a bruciare senza che si verifichi una reazione, perché gli effetti delle politiche di deforestazione sono, di fatto, devastanti. Ha letto sul “Corriere della Sera” che la stima dei roghi nel Sud-America equivale a tre campi di calcio al minuto. Gli ambientalisti accusano gli allevatori. La foresta è situata per circa il 65% in Brasile, ma si estende anche in Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese. Tra il 19 e il 25 agosto 2019 sono scoppiati più di tremila incendi.
Ora è arrivata la pandemia di Coronavirus proveniente dalla Cina, dovuta, probabilmente, alla reticenza sui numerosissimi casi di questa Repubblica Popolare che non ha immediatamente allertato l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli ambientalisti riferiscono che l’effetto serra, la mancanza di ossigeno, il petrolio consumato, come altri combustibili, determinano un violento impatto sulla terra. I profeti tibetani che abitano i “territori degli dei e degli irati” hanno parlato di una sterminata pestilenza, di una catastrofe universale, della fine del primo ciclo umano: una tragica profezia.
I pipistrelli sono animali inquietanti, notturni. Appesi a testa in giù come topi con le ali, ci hanno sempre indotto una certa ripugnanza. Sono considerati i serbatoi del Coronavirus nell’aumento della variabilità genetica. Il passaggio di genere dal volatile all’uomo ha causato la pandemia. Jonathan reputa che la natura se ne sia servita per non soccombere dinanzi alle nefandezze umane. Che cos’è in fondo il Covid 19, se non il meccanismo di difesa del pianeta contro gli abusi umani, ormai insopportabili? L’eccesso di anidride carbonica immessa sta trasformando l’atmosfera in uno scudo impenetrabile e non lascia passare il calore. L’effetto serra e la pandemia hanno un nesso. È insita nella dissipazione del patrimonio la grande imperfezione umana: il segno di un comando e di un potere sconnesso con l’ambiente, di un sopruso pericoloso, invasivo. La natura non si può controllare, non si piega ad un accidentale fenomeno, ad una pratica sbagliata, ad una battaglia involutiva, di retroguardia. Il carico della terra rompe un equilibrio: è l’immagine di una cosa che si riequilibra per giustezza, per una spinta che guida le particelle dell’universo e il sistema solare. Le leggi della fisica conservano una tale esplosività che nessun uomo può annientarle.
Jonathan ha in testa la sua concezione mitica, arcaica, che gli studi di antropologia culturale gli hanno sollecitato. Sin da ragazzo leggeva Prometeo, il simbolo della lotta contro le ingiustizie per la libertà della natura. Era persuaso dalle previsioni dei medium, di coloro che intravedono il futuro nell’energia dell’“amor che move il sole e l’altre stelle”, per dirla con Dante e con l’ultimo verso del Paradiso della Divina Commedia. Amore, quindi, come raccordo celeste, unità, intesa, concordia.
Il Coronavirus non è una punizione divina, ma l’espressione del pianeta terra. Una risposta secca, rigida. Una prospettiva per ristabilire l’ordine violato a partire dall’inquinamento del suolo e delle acque per uno scopo produttivo che ha aumentato eccezionalmente rifiuti, scarichi, infezioni, batteri. Le stesse onde elettromagnetiche invadono il pianeta con frequenze negative sul nostro sistema immunitario.
Jonathan, il lunedì mattina, si collega con i suoi studenti tramite lo smartphone. Ha assegnato i compiti con il protrarsi della quarantena che costringe tutti a casa. I ragazzi del quinto stanno studiando il Romanticismo, sapendo che salteranno l’esame di Stato secondo il modello consueto e che probabilmente faranno una prova orale da casa. Sturm und drang: la tempesta e l’assalto del virus, non solo del movimento culturale tedesco nato con l’immissione dei sentimenti nella letteratura. Mentre interroga, il professor Jonathan Bassoni pensa ad altro, all’ondata di virus che contagia, che uccide dalla Lombardia al sud dell’Italia. La visione al microscopio del Sars-Cov-2 ricorda una corona ed è ingannevole. Una corona di spine, verrebbe da dire, proprio adesso che è passata la Pasqua e che il virus accenna la sua fase discendente. Un male che non si vede, che suscita vecchi richiami, mutamenti che non sempre aiutano e proteggono i popoli, la civiltà. Il mondo aspetta trepidante il vaccino.
Jonathan non direbbe mai ai suoi studenti che sta leggendo un libro di Helena Petrovna Blavatsky, la sorgente del pensiero occulto moderno che diede origine alla società teosofica, che si rifaceva alle scienze degli antichi popoli e alle facoltà latenti degli uomini che non compiono distinzione di razza, di sesso, di età e di religione. La fratellanza ci unirebbe e ci salverebbe da ogni insidia. Ma Jonathan reputa che l’unità tra la gente sia diventata impraticabile. Dire fratellanza è come non dire nulla, anche se il termine fosse pronunciato da un alto prelato cattolico sull’altare durante la messa della domenica. Chi mai ideerebbe una società dello spirito? E chi può sapere quale fu il cenacolo segreto che svelò il mistero ultimo dell’uomo, il suo fine e la distanza colmabile con i morti? Helena Petrovna Blavatsky morì nel 1891 a causa di un’epidemia influenzale. Ancora un’epidemia, che nel 2020 sembra qualcosa di talmente lontano e indescrivibile, da non esistere più. Eppure viviamo un’ecatombe di altri tempi.
La soluzione contro i mali del secolo, l’indifferenza e l’alienazione, e ora anche contro il Covid 19, consisterebbe in un movimento circolare di solidarietà e fiducia interraziale, oltre che in un vaccino? In un mutamento radicale delle intenzioni umane distribuite tra spazio e tempo, rinunciando ad un imperante progresso meccanicistico, ad una tecnocrazia gelida, che cerca il profitto da raggiungere prima possibile? Eppure la crisi del capitalismo e la fine dell’industria occidentale non hanno prodotto cambiamenti, né nel sistema economico, né in quello politico. Le stesse relazioni interpersonali sono sempre più frigide, impassibili. Nessuno ha imparato la lezione.
“La natura matrigna di Leopardi e il cattolicesimo di Manzoni. Quali eventi hanno influenzato i due esponenti del Romanticismo italiano? Quali opere ce lo fanno capire meglio?”, chiede Jonathan Bassoni ad una studentessa collegata.
“Ci darà il voto professore?”.
“Nessun voto, per ora. Ma dovete essere capaci di articolare un discorso, di argomentare. Forza”.
L’antivirus: potrebbe indicarcelo un medium nella sacralità del mito? Jonathan si distrae, torna ad estraniarsi mentre la ragazza risponde alla sua domanda. Il professore teme di scoprirsi astraente, fuori moda, incomprensibile, perfino folle, se avallasse lo spiritismo e il paranormale, tanto da essere deriso. Ma se la normalità fosse concentrata in ciò che sembra un trucco, un gioco per maghi, una credenza? Padre Pio non era un impostore, e neppure Gustavo Adolf Rol. Avevano compreso tutto, anche il significato dello spirito immortale che è mosso dall’amore, nient’altro che dall’amore. Gesù Cristo non fu uomo d’amore sacrificato per salvarci, morendo al posto nostro?
Dopo l’interrogazione Jonathan apre le pagine del quotidiano che ha acquistato la mattina alle sei all’edicola della stazione, dove lo aspetta Giuseppe, un anziano che cammina instancabilmente anche in questo periodo, nonostante non dovrebbe farlo, stando al decreto governativo appena riconfermato. A quasi ottant’anni non rinuncia ai suoi dieci chilometri giornalieri per dare lubrificazione alle gambe, afferma, altrimenti rischierebbe di non alzarsi più dal letto. Giuseppe non ha paura del Covid 19, perché alla sua età non si può più temere la morte. Dove andrà a finire non lo sa e non gli importa. Crede nella fatalità. Magari si ritroverà in un paradiso celestiale, o nell’abisso, nel buio dei ciechi senza saperlo. Tira a campare. Prosegue questo anomalo aprile con i suoi rituali protratti dal lunedì alla domenica: alle tre del mattino è già in piedi e ascolta la radio facendo la conta dei morti di Coronavirus, dei malati e dei guariti. Fa le parole crociate e poi esce infilando il giaccone invernale. Dopo il giro largo della piazza centrale, si inoltra nel giardino comunale e alla stazione aspetta il furgone dei giornali che arriva da Ancona a tutta velocità. A pranzo si cucina la pasta integrale e mangia i soliti pomodorini con un filo d’olio, rigorosamente senza sale. Due volte la settimana un filetto di maiale ben cotto. Giuseppe ha ottant’anni, ma un fisico asciutto. Nella sua vita non ha mai contratto un’influenza e non sa cosa sia la febbre.
I morti per l’epidemia da Coronavirus nel nostro paese hanno superato le 20.000 unità proprio il giorno successivo alla Pasqua. Mentre Donald Trump starebbe valutando la riapertura delle attività per non tenere ferma l’economia, l’epidemia avanza con un incremento dei casi e il superamento del milione di contagi in tutto il mondo. Jonathan, appena posato il quotidiano sul tavolo della sala, si lava le mani con l’alcool, pulisce le superfici della sua stanza da letto con un piumino da spolvero, passa uno straccio bagnato sul pavimento e con un panno di daino toglie i pulviscoli dal computer e dal tavolo di lavoro dove sono ammassati i libri e i quaderni degli appunti. Beve acqua minerale direttamente dalla bottiglia. Ha appena letto che il primo vaccino contro il Covid 19 sarebbe in fase di sperimentazione a Padova, prodotto da una ditta italiana. Potrebbe essere disponibile già a settembre. Il primo lotto partirà da Pomezia per l’Inghilterra dove inizieranno i test su 550 volontari. Jonathan sa che il vaccino non può essere risolutivo come le stesse medicine, come ogni soluzione scientifica adottata nei laboratori chimici, se non cambieremo stile di vita. Il senso profondo della forza spirituale che non vediamo e non tocchiamo con mano, se non arriverà all’essere umano e non costituirà un principio saldo, inviolabile come le regole di questi giorni, potrebbe decretare, viceversa, la fine della terra con un secondo Big Bang, con un’accelerazione di particelle nucleari e uno scoppio improvviso. Una nucleo-sintesi primordiale e un’espansione di dimensioni impensabili rovesceranno le sorti del mondo? In pochi resisterebbero e avrebbero il dovere di ricostruire il pianeta con modalità differenti, ricominciando dalla primitività, da un contatto diretto con la natura, rispettata e non sfruttata, da uno sviluppo crescente dell’agricoltura, da un consumo maggiore e salutare di zucca, mais e altri alimenti ricchi di carboidrati, come le patate, i fagioli e le arachidi. Quindi si coltiverebbero di più la carota, il radicchio, il ravanello, il cavolfiore. Si utilizzerebbero solo fertilizzanti naturali e antiparassitari non di origine chimica. Gli animali sarebbero allevati con i mangimi ottenuti dall’agricoltura biologica. Non esisterebbero più confini delimitati da una geografia politica, ma un’intensa comunione per un cammino lento, sostenibile, influenzato dalle buone relazioni e da governi democratici. Migliorerebbe il clima e l’effetto serra avrebbe un altro impatto. La terra guarirebbe.
Jonathan sente uno scricchiolio provenire dalla camera da letto dei suoi genitori. Suo padre è morto da poco più di un anno. Giurerebbe di aver visto un’ombra muoversi e provocare una folata di vento, appena avvicinatosi. Teme il terremoto, ma la casa è stabile e non succede nulla. Esiste un varco con l’aldilà, una manifestazione di contatto, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto? Suo padre ha voluto dirgli che la terra è in pericolo, mai come questa volta? O Helena Petrovna Blavatsky ha approvato il suo sentire, la sua lettura di un’opera ormai introvabile in commercio, avuta da uno strano ex frate di Norcia? Da dove proveniva lo scricchiolio? Da un armadio, da una parete, da un quadro, dal letto? Di notte Jonathan ha l’impressione di sentire uno scampanellio e delle voci attutite. Una visionaria percezione che lo avvertirebbe di qualche indizio extrasensoriale? Il rischio è di convincersi dell’inverosimile.
Ma cosa diceva Helena Petrovna Blavatsky? “Sii perseverante come chi dura in eterno. Le tue ombre vivono e svaniscono, perché la conoscenza non è della vita fuggevole. Sei l’uomo che era, che è e che sarà, l’ora del quale non suonerà mai. Accetta i dolori della nascita”. La via fuggevole e un’altra vita. Quale? Quella che fa dell’universo una coscienza insita nell’uomo e negli spiriti della natura che non sono materia ma energia, energia allo stato puro? Jonathan si convince che il vaccino sarà un’esperienza non solo fisica, composta di leggi che ci governano nel visibile e che scompaiono improvvisamente, a nostra insaputa. C’è qualcosa di più del desiderio umano, una realtà più grande, libera dal giudizio. Il futuro oscuro e incerto si combatte con una promessa di fedeltà all’uomo, alla terra, all’ambiente. Come? Non accendendo fuochi, non recando danno alle piantagioni, non dando la caccia agli animali protetti, concedendo più spazi alla vegetazione che neutralizza lo smog, non utilizzando biossido di zolfo, ossidi di azoto, monossido di carbonio, ozono e polveri sottili.
Suona il telefono. È Gerardo, l’ex frate di Norcia che non crede più ad una sola religione, ma ad uno spiritualismo ancestrale.
Ho sentito scricchiolare nella stanza dei miei genitori.
Anch’io, nella mia soffitta.
Telepatia?
Ho visto un’ombra.
Anch’io, sembrava camminare.
Succede.
Che cosa succede?
Che qualcuno ci parli.
Lo chiamo antivirus.
Una strana sincronia, un’esperienza che ci accomuna.
È sufficiente non commettere scorrettezze, inganni, barbarie per vivere serenamente, nel tempo, nello spazio, tra i propri simili e nella natura?
La natura è sempre superiore alla storia. La storia è un’avventura, un insieme di guerre, di genocidi, di supremazie che finiscono, che si avvicendano. Un’ingorda tentazione, come quella di Adamo ed Eva.
Quando finirà la pandemia?
Quando bene e male non si mescoleranno più insensibilmente. La pandemia non è solo del Covid 19. Finirà quando non saremo più in attrito con noi stessi, con il vicino di casa, con il collega d’ufficio, con il coniuge. Un impegno in grado di far parlare la geologia e l’ecologia, l’idrologia e la glaciologia, l’economica e la sociologia, di valutare le azioni della diplomazia, dei governi internazionali. Se domani il virus cessasse di contagiare, saremmo felici? No, non lo saremmo affatto. Egoismo e divisione alimentano una frustrazione costante. Lo ha detto anche Papa Bergoglio con un tono sussurrato. Basta la forza dell’avvertimento, il soffio delle parole perché non vincano la paura e la morte. Il primo capitale è quello umano.
Ci riusciremo?
È la partita più difficile del terzo millennio.
Alessandro Moscè
*In copertina: la teosofa Helena Blavatsky (1831-1891)
L'articolo “Esiste un varco con l’aldilà, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto?”. Il Covid 19 e Madame Blavatsky. Un racconto di Alessandro Moscè, “Il vaccino viene da lontano” proviene da Pangea.
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lamomodicecose · 4 years ago
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E’ questione di Reazione
In questi  giorni il mondo è abbastanza sconvolto da notizie.
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Partiamo dalla Pandemia, che sinceramente ne abbiamo ancora di notizie a riguardo che ormai appena percepiamo con il nostro sesto senso il titolo dei tg “Corona Virus” cambiamo canale, e piuttosto mettiamo in ondo la nostra diva del Covid 19 Barbara d’Urso.
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Notizie anche lì, che nemmeno Studio Aperto in questi anni ci ha regalato, direi che passiamo oltre.
Passiamo a come sta andando il Mondo e l’ambiente.
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Disastro ambientale. desiel ovunque e Putin che chiede lo stato di emergenza.
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Direi che le notizie dilagano come un fiume in piena, appunto...
poi vediamo altre notizie dal mondo, quelle che ti fanno fare un piccolo tuffo al cuore.
Un elefantessa che sta andando a prendere da mangiare, ed è incinta.
Peccato che trovi il cibo sbagliato, quello che la uccide, e uccide anche il piccolo in grembo.
Questa notizia sconvolge tutti, ovviamente.
La brutalità nei confronti di innocenti creature è di forte impatto nei nostri confronti, non c’è dubbio.
Ha smosso chiunque un po’ di commozione.
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Peccato che abbia smosso in molta gente una commozione così forte da trasformarsi in cerebrale.
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Sì, perchè anche quì il senso di condivisione di notizie per ricevere il like sfocia nella tristezza. Poi non leggiamo tutte le fonti e quindi condividiamo questa notizia perchè così strappiamo le lacrime anche agli amici e condividiamo il famoso arcobaleno dell’Andrà tutto bene.
Finchè non arriva la mazzata finale delle fake news, che ti dicono che è stato un incidente. Perchè l’elefantessa ha trovato una trappola fatta da contadini per tenere alla larga gli animali dal loro raccolto.
Ecco, dispiace lo stesso.
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Per non parlare della caccia alle balene di cui si è spesso parlato in alcuni posti del mondo, della caccia alle foche e tanti altri tipi di caccia ad animali a cui smuovono delle reazioni in noi tali che non saremo mai abituati a prendere per normali e nemmeno a codividerle. Di tutte le ingiustizie verso gli animali indifesi o le razze che sono in via di estinzione. Purtroppo non salveremo mai il mondo completamente dalle ingiustizie, come esiste il bene esiste anche il male.
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Però mi dispiace ancora di più che si siano mosse le solite cose tra noi: il senso di giustizia da social news e il moralismo per lustrarsi un po’ di quel brillio di attenzioni di cui noi abbiamo fottutamente bisogno.
Si è talmente presi dal prendere dei like, cuori, abbracci in virtuale che ormai le reazioni reali sembrano svanire. Bisognerebbe con la calma  prendersi un minuto di silenzio e riflettere su quelle che possono essere le nostre reazioni possibili.
Ragionare sulle nostre risposte a ciò che ci circonda.
E definire davvero i modi  giusti di commentare
Ciò che è più opportuno proteggere, se il nostro osservare a distanza come gira il mondo o il nostro istinto di mostrarsi al mondo rischiando di scivolare su una buccia di banana.
Reagire ragionando, e non tanto per reagire.
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Io non rido, io mi preoccupo.
Per voi, perchè mi circondate.
Per me, perchè condivido pensieri con voi.
Quindi reagiamo. Ma con prudenza.
Perchè la patente delle reazioni ha dei punti, e si rischia spesso di perderne per strada.
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aftarw0 · 4 years ago
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Quando Peter addestrò i Miles per migliorare, Spider-, presto si unirono ad altri quattro After We Collided dall'altra parte dello "Spider-Verse". Poiché tutte queste dimensioni contrastanti iniziano a distruggere Brooklyn, Miles deve aiutare gli altri a fermare Fisk e riportare tutti alle proprie dimensioni.
il maggiore impatto del settore è sull'industria dei DVD, che ha effettivamente incontrato la sua distruzione divulgando in massa i contenuti online. L'emergere dello streaming multimediale ha causato la caduta di società di noleggio di DVD come Blockbuster. Nel luglio 2020, un articolo del New York Times ha pubblicato un articolo sul DVD di Netflix, No ches Frida 2s. È stato affermato che Netflix stava continuando il suo DVD No. No Frida 2s con 5,3 milioni di clienti, un calo significativo rispetto all'anno precedente. D'altra parte, il loro streaming, No ches Frida 2s, ha 65 milioni di membri. In uno studio del marzo 2020 che ha valutato "L'impatto dei film in streaming sui tradizionali noleggi di film in DVD" è emerso che gli intervistati non hanno acquistato film in DVD quasi altrettanto, se non mai, perché lo streaming aveva preso il sopravvento sul mercato.
Quindi otteniamo più avventure spaziali, più materiale di storia originale e altro su ciò che renderà questo 21 ° film MCU diverso dai precedenti 20 film MCU.
Guarda Final Space Stagione 2 - Film 6, gli spettatori non ritengono che la qualità dei film differisca in modo significativo tra DVD e streaming online. Problemi che secondo gli intervistati devono essere migliorati con lo streaming di film, comprese le funzioni di avanzamento o riavvolgimento rapido e le funzioni di ricerca. Questo articolo evidenzia che lo streaming di film di qualità come settore aumenterà solo nel tempo, perché i ricavi pubblicitari continuano Kirim masukan Histori Disimpan Komunitas
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andyfi03 · 4 years ago
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Riprendendo il progetto “Sestreet – La strada ci sta parlando”,
iniziativa promossa dal Comune e dall’Associazione Culture Attive con il contributo di Estra spa, nella fase 2 dopo il lockdown causato dal Corona virus, a Sesto Fiorentino sono stati realizzate quattro  opere di street art con l’intento di dare nuova vita ai muri della città, raccontando storie e dando emozioni attraverso il linguaggio dell’arte.
L’iniziativa, che ritengo interessante e che potrebbe portare un nuovo “movimento” artistico a Sesto Fiorentino, per il momento non ha trovato “muri” di particolare impatto visivo tanto che i “murales” non suscitano l’interesse che meritano.
Tre delle quattro opere sono in orizzontale, capisco che ci sia il coinvolgimento delle scuole e quindi non si possono far salire i bambini sui ponteggi ma tali interventi suscitano particolare attenzione se coprono grandi pareti verticali, l’unico in tale senso, se pur molto bello, è deturpato da una selva di cartelli stradali. Indubbiamente saranno diversi anche i costi di realizzazione ma avremo la possibilità di tutelare le opere da gesta di vandalismo.
Sicuramente il mio punto di vista è motivato dall’aspetto fotografico non ottimale per tali opere e dalla speranza, con questa mia critica che intende essere costruttiva che si possano trovare pareti più adeguate per le opere di questi bravi street artists.
Gli artisti della scena fiorentina noti a livello nazionale, alcuni anche internazionale, hanno realizzato per il momento i seguenti lavori:
Luvi : muro dell’Oliveta tra via Cavour e Colonnata
URTO: muro di piazza IV Novembre
  Ni An e Monograff con RMOGRL812 e Miles :
l’area giardini dietro la sede della Coop (via F.Cavallotti)
Miles Eri : muro scuola Vannini in via G.Chiostri
  in autunno è atteso l’intervento di Exit Enter in piazza del Mercato
Andrea Paoletti © 2020
    SESTREET – a Sesto Fiorentino è “esplosa” la Street Art Riprendendo il progetto "Sestreet - La strada ci sta parlando",
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tmnotizie · 5 years ago
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MACERATA – Mascherine e guanti sono i dispositivi più utilizzati in questo momento nei luoghi pubblici per minimizzare il rischio di contagio. E’ importante dopo l’uso smaltirli in modo corretto per evitare che diventino rifiuti potenzialmente pericolosi. Per disfarsene, seguendo le raccomandazioni fornite dalle autorità competenti e le modalità operative messe a punto dal COSMARI, è opportuno attenersi a delle semplici regole.
In casa. Gettare mascherine, guanti e fazzoletti di carta usati nel sacco giallo dei rifiuti indifferenziati che dovrà poi essere lasciato in strada, davanti la propria abitazione, il lunedì mattina, dalle 7.00 alle 9.00 per il consueto ritiro porta a porta da parte del Cosmari.
Utenze produttive e commerciali. Le attività che in questi giorni si preparano a riprendere il proprio lavoro, invece, debbono avere qualche precauzione in più. Le mascherine, i guanti, le tute utilizzati dal personale e la carta da rotoli impiegata per la sanificazione debbono essere gettati in doppi sacchi gialli dell’indifferenziato da inserire a loro volta in un sacco nero spesso, di cui ci si dovrà dotare autonomamente, da chiudere con fascette o nastro adesivo e da lasciare di fronte la propria attività secondo il consueto calendario settimanale.
In alternativa, per le attività che sono in possesso dei cassonetti privati per la raccolta dell’indifferenziato, il doppio sacco giallo può essere conferito al loro interno. Per ogni informazione è possibile contattare il COSMARI ai numeri telefonici 0733.203504 oppure 800.640.323.
Utenti positivi al Covid-19. La gestione dei rifiuti provenienti dai soggetti risultati positivi al Covid-19 o in quarantena obbligatoria, invece, segue regole speciali ed allo scopo è stato attivato un servizio dedicato.
  L’Amministrazione comunale si appella alla sensibilità dei cittadini per evitare che questa nuova tipologia di rifiuto si trasformi in un nuovo problema da dover gestire e soprattutto invita operare con  buon senso civico e a non disperdere in terra mascherine e guanti dopo l’uso.
“Il consumo e lo smaltimento dei sistemi di protezione individuali e degli altri materiali necessari alla lotta contro la diffusione del corona virus” interviene l’assessore all’Ambiente Mario Iesari “sono un ulteriore significativo impatto della pandemia sulle nostre attività quotidiane che rischia di diventare anche un serio problema ambientale se non facciamo tutti la nostra parte rispettando le regole”
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aneddoticamagazinestuff · 5 years ago
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Violenza contro le donne
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Violenza contro le donne
Nel periodo di quarantena sono aumentati i casi di violenza sulle donne ma quanti ne parlano? argomento passato in seconda fila, Noi ritorniamo ad affrontarlo
In molti paesi, gli effetti “collaterali” del lockdown sono spaventosi: in Tunisia, dal 22 marzo al 3 maggio, sono stati segnalati 6.693 casi di violenze contro le donne. A darne notizia il ministro tunisino della Donna, della Famiglia, dell’Infanzia e delle persone anziane, Asma Shiri. In poco più di un mese, al nuovo numero verde per le segnalazioni 1.899 sono arrivate 1.347 denunce di violenze di tipo fisico, 1.462 per violenze morali, 329 sessuali, 763 economiche, 15 istituzionali e 1.624 verbali. A queste si aggiungono 448 segnalazioni riguardanti bambini. Numeri preoccupanti. per diversi motivi. Innanzitutto per il ristretto lasso di tempo cui si riferiscono (solo un mese e mezzo). Poi per il fatto che rappresentano una percentuale altissima rispetto a molti altri paesi (anche africani). Da  ultimo, ma non meno importante, perché i casi denunciati fanno pensare ad un sommerso molto più profondo (come purtroppo avviene anche in Italia, dove spesso il numero dei casi di violenze denunciati sono solo una minima parte del totale delle violenze subite dalle donne).
Fino al 2017, in Tunisia non esisteva una legge sulle violenze domestiche. A luglio di quell’anno, il Parlamento approvò all’unanimità la legge per porre fine alle violenze contro le donne. Una decisione non da poco e dovuta, forse, anche al numero di rappresentati di sesso femminile presenti in Parlamento (in Tunisia, le donne occupano circa un terzo dei seggi, una percentuale tra le più alte in tutto il mondo arabo).
Questa legge, composta da 43 articoli in cinque capitoli, fu una vera rivoluzione non solo in termini di prevenzione e contrasto delle violenze di genere, ma anche per l’uguaglianza di genere: problema ben lontano dall’essere risolto in molti paesi arabi nonostante le linee guida fornite dalle Nazioni Unite e da molti anni (dal 2010)
Nei giorni scorsi, si è tenuta la prima riunione del Comitato di riflessione sull’elaborazione dei programmi a favore delle donne per ridurre le conseguenze dell’impatto da corona virus, un gruppo di lavoro fortemente voluto dal ministro Asma Shiri che include esperti e specialisti in sociologia, psicologia, infanzia, scienze della comunicazione, statistica, economia, finanza e neurologia. Purtroppo, dai dati che sono emersi, il cambiamento non è ancora avvenuto e solo in parte è stato possibile fermare i casi di violenza contro le donne.
Casi come quello di pochi mesi fa. Vittima una ragazza tunisina (che ha chiesto di non pubblicare il suo nome temendo di avere conseguenze!). A Tunisi erano già in atto le misure per l’emergenza corona virus. Questo non le ha impedito di raggiungere un traguardo difficile per molte donne nel suo paese e in molti paesi arabi: conseguire una laurea. Lei si è laureata (in civiltà, letteratura e lingua italiana) e ha anche trovato subito un lavoro (altro limite per molte donne). Un pomeriggio, poco prima dell’ora del coprifuoco introdotto proprio a causa dell’epidemia, mentre stava rientrando a casa, ha incontrato due persone, un uomo e una donna che, con uno stratagemma e tanta premeditazione, l’hanno portata in una strada isolata. Da qui è stata trascinata a forza in un edificio abbandonato. Per scappare, la ragazza si è lanciata dal secondo piano del palazzo. Cadendo si è fratturata due vertebre. É stata raggiunta dai rapitori e riportata nell’edificio da cui era fuggita. Qui è stata ripetutamente violentata e picchiata da criminali incuranti del fatto che aveva la schiena spezzata. Il giorno dopo è stata liberata (altre donne vittime di violenze non sono state altrettanto fortunate) ed è riuscita a chiedere aiuto. Portata in ospedale ha scoperto che le fratture alle vertebre le avevano lesionato il midollo: è stata operata d’urgenza ma sono poche le speranze che possa tornare a camminare .
In molti paesi (non solo in Tunisia) l’aumento delle violenze nei confronti di donne e bambini è uno degli effetti peggiori della pandemia in atto. É la prova, se mai ce ne fosse bisogno, che in tempi di incertezza economica e di instabilità sociale, gli abusi domestici e le violenze aumentano. A ribadirlo, pochi giorni fa, Claire Barnett, responsabile nel Regno Unito di UN Women, l’Organizzazione delle Nazioni Unite dedicata alla parità di genere e all’emancipazione delle donne: esistono “prove evidenti” che “quando le comunità subiscono ulteriori stress, i tassi di violenza aumentano”. In alcuni paesi, si cerca di far fronte a queste violenze come si può: in Spagna, ad esempio, il ministero della Giustizia ha incluso i tribunali che si occupano di violenza di genere tra quelli che continueranno a essere operativi, anche durante il lock down, per “garantire l’emanazione di ordini di protezione e di eventuali misure precauzionali in materia di violenza contro donne e minori”. La chiusura in casa hanno reso difficile per molte donne fuggire dai propri violentatori e ha scoraggiato molte di loro dal denunciarli. Anche in Italia. A confermarlo il procuratore aggiunto Maria Letizia Mannella, capo del pool fasce deboli di Milano: “Dopo le 20 di sera c’è poca gente in strada e questo è rischioso”. “La  convivenza forzata con i compagni, mariti e con i figli, in questo periodo, scoraggiano le donne dal telefonare o recarsi personalmente dalle forze dell’ordine”.
In Tunisia, la situazione è più grave. Nonostante sia in assoluto il paese con la legislazione più avanzata in materia, tra i paesi arabi e maghrebini, dalle statistiche emerge che una donna su due (47,6%) è stata aggredita fisicamente o moralmente almeno una volta nella vita. E oltre il 70% delle donne aggredite ha dichiarato di non sapere dove denunciare i fatti o se è opportuno farlo (dati OMS).
Secondo l’OMS, circa 1 su 3 (35%) delle donne in tutto il mondo ha subito violenze fisiche e/o sessuali da parte di partner intimi o violenza sessuale da “non partner” durante la propria vita. A livello globale, il 38% degli omicidi di donne è commesso da un partner intimo. E, sempre secondo l’OMS, situazioni di conflitto, post conflitto o isolamento (come quello in atto a causa del corona virus) possono esacerbare le violenze, sia da parte dei partner che dei “non partner”. In modo particolare contro le donne.
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aneddoticamagazinestuff · 4 years ago
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DIRITTI DEL FANCIULLO: LA CLASSIFICA DEI PAESI PER RISPETTO DELLA CRC. E LE SORPRESE NON MANCANO
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DIRITTI DEL FANCIULLO: LA CLASSIFICA DEI PAESI PER RISPETTO DELLA CRC. E LE SORPRESE NON MANCANO
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Il 20 Novembre 1989 l’assemblea congiunta delle Nazioni approvò la Convenzione dei Diritti del Fanciullo, ancora oggi il trattato ratificato dal maggior numero di paesi: ben 195 paesi su 196 hanno firmato questo accordo e lo hanno trasformato in legge all’interno dei confini nazionali. In Italia venne ratificata solo il 27 maggio del 1991 con la legge 176. Piano piano, anno dopo anno, tutti gli altri paesi hanno fatto lo stesso. Ultimo in termini di tempo il Sud Sudan, nel 2018. Unico assente (ingiustificato) gli Stati Uniti d’America: pur avendolo siglato l’accordo non lo hanno mai convertito in legge. Tuttavia il fatto che così tanti stati si siano dotati di una legge che prevede il rispetto dei diritti dei minori non vuol dire che questi non siano poi costantemente violati. Sotto questo profilo, l’Italia è una eccezione, in senso positivo: a tutelare e sorvegliare il rispetto dei Diritti dei Minori c’è un organo indipendente costituito da un centinaio di Associazioni che ogni anno presenta al Parlamento un report con il quale segnala eventuali carenze e problemi legati all’applicazione della CRC (come viene comunemente chiamata la Convenzione dei Diritti del Fanciullo). A fare la stessa cosa a livello globale è l’organizzazione internazionale per i diritti dei bambini KidsRights: ogni anno insieme all’Università di Rotterdam analizza il rispetto della CRC sulla base di venti parametri (13 quantitativi e sette qualitativi, suddivisi in cinque macro-aree: vita, salute, educazione, protezione e “abilitazione dell’ambiente dei diritti dei minori”). Il rapporto finale contiene non solo le “performance” dei vari paesi, ma anche una sorta di classifica globale. Una analisi particolarmente importante in un momento, come quello attuale, in cui anche i diritti dei bambini sono gravemente colpiti dall’epidemia di coronavirus. Come ha confermato pochi giorni fa Marc Dullaert, presidente dell’Organizzazione internazionale per i diritti dei bambini KidsRights, durante la presentazione del KidsRights Index 2020. Il rapporto appena pubblicato mostra che molti governi destinano budget insufficienti a garantire che i diritti dei minori siano rispettati, in settori come la protezione, la salute e l’istruzione. “Questa crisi riporta indietro gli anni di progressi compiuti sul benessere dei bambini. Pertanto è più che mai necessaria una forte attenzione per i diritti dei minori. Tuttavia finché i governi stanno lottando per mantenere il loro sistema sanitario e l’economia in funzione, è discutibile fino a che punto sono in grado di fornire questo focus”, avverte Dullaert. Le misure adottate dai governi per frenare la diffusione del Covid-19 hanno avuto un impatto disastroso: la chiusura delle scuole in 188 paesi, ad esempio, ha colpito 1,5 miliardi di bambini e adolescenti, e ha reso molti ragazzi e ragazze vulnerabili allo sfruttamento minorile, a matrimonio precoci ed esposti al rischio di essere vittime di violenze domestiche. In altri paesi la sospensione dei programmi di vaccinazione per malattie come la poliomielite o il morbillo potrebbe causare un aumento del contagio e centinaia di migliaia di nuovi casi di mortalità infantile. Le Nazioni Unite prevedono che saranno da 42 a 66 milioni i bambini che rischiano di cadere in povertà estrema a causa della crisi legata al corona virus. Ciò che sorprende di più sono le variazioni nelle posizioni di alcuni paesi nella classifica finale. Se da un lato alcuni paesi hanno confermato la posizione di vertice, altri hanno avuto un crollo verticale. Non sorprende trovare al primo posto assoluto l’Islanda, seguita dalla Svizzera e da molti paesi scandinavi. Ottima la performance anche di Germania e Olanda (rispettivamente quinta e senta). Sorprendente in positivo il risultato della Thailandia (ottava) e della Repubblica di Corea (tredicesima). Stupisce invece il passaggio dell’Australia dal 19mo al 135mo posto, la causa è da cercare nel modo di gestire i richiedenti asilo, i rifugiati e i migranti e nella discriminazione contro i bambini aborigeni. Effetti ancora peggiori ha avuto la discriminazione e la stigmatizzazione dei bambini rom e zingari nel Regno Unito che hanno fatto precipitare il paese al 169mo posto. Performance negativa anche la Nuova Zelanda: solo 168ma, al di sotto di paesi come la Colombia (33ma), l’Egitto (36mo nonostante gli scontri in atto) o il Botswana (82mo). Ultimi assoluti (ma questo non sorprende) Afganistan e Ciad. Decisamente positiva la situazione in Italia: i ricercatori hanno apprezzato espressamente i progressi significativi in quattro delle cinque macro aree analizzate e hanno assegnato al Bel Paese il 16mo posto assoluto, “nonostante le campagne diffamatorie contro le organizzazioni che cercano e salvano i migranti, compresi i bambini nel Mediterraneo”. Una delle maggiori preoccupazioni in tutti i paesi del mondo rimane la discriminazione delle adolescenti: in 91 dei 182 paesi analizzati le ragazze sono discriminate e non godono degli stessi diritti dei coetanei di sesso maschile. In alcuni paesi poi le ragazze non hanno gli stessi diritti ereditari dei ragazzi e soffrono di un livello inferiore di accesso all’istruzione e spesso le leggi vigenti le pongono in condizione di disparità. Grandi assenti in questa classifica gli Stati Uniti d’America: essere l’unico paese delle Nazioni Unite ad aver firmato ma mai ratificato la Convenzione dei Diritti del Fanciullo non ha permesso ai valutatori di inserirli in graduatoria. Di sicuro però alcune scelte riguardanti i minori adottate dai “paladini dei diritti umani”, basti pensare che in alcune scuole sono state reinserite le pene corporali per gli alunni, non avrebbero evitato agli USA di finire nelle ultime posizioni.
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aneddoticamagazinestuff · 4 years ago
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DIRITTI DEL FANCIULLO: LA CLASSIFICA DEI PAESI PER RISPETTO DELLA CRC. E LE SORPRESE NON MANCANO
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Il 20 Novembre 1989 l’assemblea congiunta delle Nazioni approvò la Convenzione dei Diritti del Fanciullo, ancora oggi il trattato ratificato dal maggior numero di paesi: ben 195 paesi su 196 hanno firmato questo accordo e lo hanno trasformato in legge all’interno dei confini nazionali. In Italia venne ratificata solo il 27 maggio del 1991 con la legge 176. Piano piano, anno dopo anno, tutti gli altri paesi hanno fatto lo stesso. Ultimo in termini di tempo il Sud Sudan, nel 2018. Unico assente (ingiustificato) gli Stati Uniti d’America: pur avendolo siglato l’accordo non lo hanno mai convertito in legge. Tuttavia il fatto che così tanti stati si siano dotati di una legge che prevede il rispetto dei diritti dei minori non vuol dire che questi non siano poi costantemente violati. Sotto questo profilo, l’Italia è una eccezione, in senso positivo: a tutelare e sorvegliare il rispetto dei Diritti dei Minori c’è un organo indipendente costituito da un centinaio di Associazioni che ogni anno presenta al Parlamento un report con il quale segnala eventuali carenze e problemi legati all’applicazione della CRC (come viene comunemente chiamata la Convenzione dei Diritti del Fanciullo). A fare la stessa cosa a livello globale è l’organizzazione internazionale per i diritti dei bambini KidsRights: ogni anno insieme all’Università di Rotterdam analizza il rispetto della CRC sulla base di venti parametri (13 quantitativi e sette qualitativi, suddivisi in cinque macro-aree: vita, salute, educazione, protezione e “abilitazione dell’ambiente dei diritti dei minori”). Il rapporto finale contiene non solo le “performance” dei vari paesi, ma anche una sorta di classifica globale. Una analisi particolarmente importante in un momento, come quello attuale, in cui anche i diritti dei bambini sono gravemente colpiti dall’epidemia di coronavirus. Come ha confermato pochi giorni fa Marc Dullaert, presidente dell’Organizzazione internazionale per i diritti dei bambini KidsRights, durante la presentazione del KidsRights Index 2020. Il rapporto appena pubblicato mostra che molti governi destinano budget insufficienti a garantire che i diritti dei minori siano rispettati, in settori come la protezione, la salute e l’istruzione. “Questa crisi riporta indietro gli anni di progressi compiuti sul benessere dei bambini. Pertanto è più che mai necessaria una forte attenzione per i diritti dei minori. Tuttavia finché i governi stanno lottando per mantenere il loro sistema sanitario e l’economia in funzione, è discutibile fino a che punto sono in grado di fornire questo focus”, avverte Dullaert. Le misure adottate dai governi per frenare la diffusione del Covid-19 hanno avuto un impatto disastroso: la chiusura delle scuole in 188 paesi, ad esempio, ha colpito 1,5 miliardi di bambini e adolescenti, e ha reso molti ragazzi e ragazze vulnerabili allo sfruttamento minorile, a matrimonio precoci ed esposti al rischio di essere vittime di violenze domestiche. In altri paesi la sospensione dei programmi di vaccinazione per malattie come la poliomielite o il morbillo potrebbe causare un aumento del contagio e centinaia di migliaia di nuovi casi di mortalità infantile. Le Nazioni Unite prevedono che saranno da 42 a 66 milioni i bambini che rischiano di cadere in povertà estrema a causa della crisi legata al corona virus. Ciò che sorprende di più sono le variazioni nelle posizioni di alcuni paesi nella classifica finale. Se da un lato alcuni paesi hanno confermato la posizione di vertice, altri hanno avuto un crollo verticale. Non sorprende trovare al primo posto assoluto l’Islanda, seguita dalla Svizzera e da molti paesi scandinavi. Ottima la performance anche di Germania e Olanda (rispettivamente quinta e senta). Sorprendente in positivo il risultato della Thailandia (ottava) e della Repubblica di Corea (tredicesima). Stupisce invece il passaggio dell’Australia dal 19mo al 135mo posto, la causa è da cercare nel modo di gestire i richiedenti asilo, i rifugiati e i migranti e nella discriminazione contro i bambini aborigeni. Effetti ancora peggiori ha avuto la discriminazione e la stigmatizzazione dei bambini rom e zingari nel Regno Unito che hanno fatto precipitare il paese al 169mo posto. Performance negativa anche la Nuova Zelanda: solo 168ma, al di sotto di paesi come la Colombia (33ma), l’Egitto (36mo nonostante gli scontri in atto) o il Botswana (82mo). Ultimi assoluti (ma questo non sorprende) Afganistan e Ciad. Decisamente positiva la situazione in Italia: i ricercatori hanno apprezzato espressamente i progressi significativi in quattro delle cinque macro aree analizzate e hanno assegnato al Bel Paese il 16mo posto assoluto, “nonostante le campagne diffamatorie contro le organizzazioni che cercano e salvano i migranti, compresi i bambini nel Mediterraneo”. Una delle maggiori preoccupazioni in tutti i paesi del mondo rimane la discriminazione delle adolescenti: in 91 dei 182 paesi analizzati le ragazze sono discriminate e non godono degli stessi diritti dei coetanei di sesso maschile. In alcuni paesi poi le ragazze non hanno gli stessi diritti ereditari dei ragazzi e soffrono di un livello inferiore di accesso all’istruzione e spesso le leggi vigenti le pongono in condizione di disparità. Grandi assenti in questa classifica gli Stati Uniti d’America: essere l’unico paese delle Nazioni Unite ad aver firmato ma mai ratificato la Convenzione dei Diritti del Fanciullo non ha permesso ai valutatori di inserirli in graduatoria. Di sicuro però alcune scelte riguardanti i minori adottate dai “paladini dei diritti umani”, basti pensare che in alcune scuole sono state reinserite le pene corporali per gli alunni, non avrebbero evitato agli USA di finire nelle ultime posizioni.
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DIRITTI DEL FANCIULLO: LA CLASSIFICA DEI PAESI PER RISPETTO DELLA CRC. E LE SORPRESE NON MANCANO
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Il 20 Novembre 1989 l’assemblea congiunta delle Nazioni approvò la Convenzione dei Diritti del Fanciullo, ancora oggi il trattato ratificato dal maggior numero di paesi: ben 195 paesi su 196 hanno firmato questo accordo e lo hanno trasformato in legge all’interno dei confini nazionali. In Italia venne ratificata solo il 27 maggio del 1991 con la legge 176. Piano piano, anno dopo anno, tutti gli altri paesi hanno fatto lo stesso. Ultimo in termini di tempo il Sud Sudan, nel 2018. Unico assente (ingiustificato) gli Stati Uniti d’America: pur avendolo siglato l’accordo non lo hanno mai convertito in legge. Tuttavia il fatto che così tanti stati si siano dotati di una legge che prevede il rispetto dei diritti dei minori non vuol dire che questi non siano poi costantemente violati. Sotto questo profilo, l’Italia è una eccezione, in senso positivo: a tutelare e sorvegliare il rispetto dei Diritti dei Minori c’è un organo indipendente costituito da un centinaio di Associazioni che ogni anno presenta al Parlamento un report con il quale segnala eventuali carenze e problemi legati all’applicazione della CRC (come viene comunemente chiamata la Convenzione dei Diritti del Fanciullo). A fare la stessa cosa a livello globale è l’organizzazione internazionale per i diritti dei bambini KidsRights: ogni anno insieme all’Università di Rotterdam analizza il rispetto della CRC sulla base di venti parametri (13 quantitativi e sette qualitativi, suddivisi in cinque macro-aree: vita, salute, educazione, protezione e “abilitazione dell’ambiente dei diritti dei minori”). Il rapporto finale contiene non solo le “performance” dei vari paesi, ma anche una sorta di classifica globale. Una analisi particolarmente importante in un momento, come quello attuale, in cui anche i diritti dei bambini sono gravemente colpiti dall’epidemia di coronavirus. Come ha confermato pochi giorni fa Marc Dullaert, presidente dell’Organizzazione internazionale per i diritti dei bambini KidsRights, durante la presentazione del KidsRights Index 2020. Il rapporto appena pubblicato mostra che molti governi destinano budget insufficienti a garantire che i diritti dei minori siano rispettati, in settori come la protezione, la salute e l’istruzione. “Questa crisi riporta indietro gli anni di progressi compiuti sul benessere dei bambini. Pertanto è più che mai necessaria una forte attenzione per i diritti dei minori. Tuttavia finché i governi stanno lottando per mantenere il loro sistema sanitario e l’economia in funzione, è discutibile fino a che punto sono in grado di fornire questo focus”, avverte Dullaert. Le misure adottate dai governi per frenare la diffusione del Covid-19 hanno avuto un impatto disastroso: la chiusura delle scuole in 188 paesi, ad esempio, ha colpito 1,5 miliardi di bambini e adolescenti, e ha reso molti ragazzi e ragazze vulnerabili allo sfruttamento minorile, a matrimonio precoci ed esposti al rischio di essere vittime di violenze domestiche. In altri paesi la sospensione dei programmi di vaccinazione per malattie come la poliomielite o il morbillo potrebbe causare un aumento del contagio e centinaia di migliaia di nuovi casi di mortalità infantile. Le Nazioni Unite prevedono che saranno da 42 a 66 milioni i bambini che rischiano di cadere in povertà estrema a causa della crisi legata al corona virus. Ciò che sorprende di più sono le variazioni nelle posizioni di alcuni paesi nella classifica finale. Se da un lato alcuni paesi hanno confermato la posizione di vertice, altri hanno avuto un crollo verticale. Non sorprende trovare al primo posto assoluto l’Islanda, seguita dalla Svizzera e da molti paesi scandinavi. Ottima la performance anche di Germania e Olanda (rispettivamente quinta e senta). Sorprendente in positivo il risultato della Thailandia (ottava) e della Repubblica di Corea (tredicesima). Stupisce invece il passaggio dell’Australia dal 19mo al 135mo posto, la causa è da cercare nel modo di gestire i richiedenti asilo, i rifugiati e i migranti e nella discriminazione contro i bambini aborigeni. Effetti ancora peggiori ha avuto la discriminazione e la stigmatizzazione dei bambini rom e zingari nel Regno Unito che hanno fatto precipitare il paese al 169mo posto. Performance negativa anche la Nuova Zelanda: solo 168ma, al di sotto di paesi come la Colombia (33ma), l’Egitto (36mo nonostante gli scontri in atto) o il Botswana (82mo). Ultimi assoluti (ma questo non sorprende) Afganistan e Ciad. Decisamente positiva la situazione in Italia: i ricercatori hanno apprezzato espressamente i progressi significativi in quattro delle cinque macro aree analizzate e hanno assegnato al Bel Paese il 16mo posto assoluto, “nonostante le campagne diffamatorie contro le organizzazioni che cercano e salvano i migranti, compresi i bambini nel Mediterraneo”. Una delle maggiori preoccupazioni in tutti i paesi del mondo rimane la discriminazione delle adolescenti: in 91 dei 182 paesi analizzati le ragazze sono discriminate e non godono degli stessi diritti dei coetanei di sesso maschile. In alcuni paesi poi le ragazze non hanno gli stessi diritti ereditari dei ragazzi e soffrono di un livello inferiore di accesso all’istruzione e spesso le leggi vigenti le pongono in condizione di disparità. Grandi assenti in questa classifica gli Stati Uniti d’America: essere l’unico paese delle Nazioni Unite ad aver firmato ma mai ratificato la Convenzione dei Diritti del Fanciullo non ha permesso ai valutatori di inserirli in graduatoria. Di sicuro però alcune scelte riguardanti i minori adottate dai “paladini dei diritti umani”, basti pensare che in alcune scuole sono state reinserite le pene corporali per gli alunni, non avrebbero evitato agli USA di finire nelle ultime posizioni.
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aneddoticamagazinestuff · 5 years ago
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OGGI SI CELEBRA LA GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA
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OGGI SI CELEBRA LA GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA
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“In questa Giornata internazionale della Madre Terra, tutti gli occhi sono puntati sulla pandemia COVID-19, il più grande test che il mondo ha affrontato dalla Seconda Guerra Mondiale”, ha detto il segretario generale delle Nazoni Unite, Antonio Guterres. “L’attuale crisi è un campanello d’allarme senza precedenti. Buona parte del suo discorso è stata incentrata non sull’ambiente o sulle risorse del pianeta, ma sull’economia.
Sei i punti messi in risalto da Guterres:
1. Mentre spendiamo enormi quantità di denaro per riprenderci dalla pandemia di coronavirus, dobbiamo offrire nuovi posti di lavoro e nuove attività attraverso una transizione pulita e verde.
2. Dove il denaro dei contribuenti viene utilizzato per salvare le imprese, deve essere legato al raggiungimento di posti di lavoro verdi e alla crescita sostenibile.
3. La potenza di fuoco fiscale deve guidare il passaggio dall’economia grigia a quella verde e rendere le società e le persone più resistenti.
4. I fondi pubblici dovrebbero essere utilizzati per investire nel futuro, non nel passato, e confluire in settori e progetti sostenibili che aiutino l’ambiente e il clima. I sussidi per i combustibili fossili devono finire e gli inquinanti devono iniziare a pagare per il loro inquinamento.
5. I rischi e le opportunità climatici devono essere incorporati nel sistema finanziario, nonché in tutti gli aspetti dell’elaborazione e delle infrastrutture delle politiche pubbliche.
6. Dobbiamo lavorare insieme come comunità internazionale.
Poco più che una citazione quella (dovuta) rivolta alla diffusione del COVID-19. Argomento che invece merita spazi ben maggiori proprio per l’impatto sull’ambiente causato dal corona virus. Uno studio condotto dal Centre for research of energy and clean air (Crea) ha dimostrato che in Cina durante l’epidemia le emissioni di CO2 sono diminuite del 25%, merito della riduzione della produzione industriale tra il 15 e il 40%. Anche le concentrazioni di biossido di azoto (NO2) sono diminuite. I rilevamenti satellitari forniti da Copernicus, il programma per l’osservazione della Terra dell’Ue gestito dall’ESA, hanno confermato che in Europa le concentrazioni di NO2 si sono dimezzate nel periodo che va dal 13 marzo al 13 aprile 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. E così i consumi di energia elettrica e i trasporti aerei: molti voli sono stati cancellati, circa 13mila al giorno. Con indubbi benefici per l’ambiente. Interessante anche il calo dei consumi idrici: la permanenza in casa ha causato un aumento dei consumi come a Milano dove si “registra un incremento dell’8% sul consumo domestico”. Ma questo aumento sarebbe più che compensato dal calo dei consumi del sistema produttivo, che ha ridotto del 17% il consumo di acqua nei settori dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Aspetti positivi e soprattutto rilevanti per l’ambiente. Sembra quasi che la pandemia di coronavirus sia riuscita a fare in pochi mesi quello che tutti i leader del pianeta insieme non sono riusciti a fare in anni di incontri nelle tante COP, da quella di Parigi fino a quella dello scorso anno. Prima di gioire felici per l’ambiente però è bene fare alcune considerazioni. Molti di questi miglioramenti sono solo temporanei, legati alla presenza di poche persone per strada e alla massiccia chiusura delle attività produttive, e con il ritorno alla normalità c’è il rischio che possano essere vanificati. Alla fine il bilancio dei consumi e dell’impatto del COVID-19 sul pianeta rischia di essere negativo. A fronte di un rallentamento (limitato nello spazio e nel tempo) dei consumi di risorse naturali, i paesi che più di tutti sono responsabili del loro sfruttamento continuano a non adottare misure concrete per la riduzione delle emissioni e mancano piani a medio e lungo termine per prendersi cura della Terra. Negli Usa ad esempio, in alcuni stati il clima predominante è ormai “siccitoso”, con un impatto devastante sull’agricoltura, sulla portata dei fiumi e sul proliferare di mega-incendi. Secondo gli autori dello studio “Large contribution from anthropogenic warming to an emerging North American megadrought”, negli Usa è in arrivo una lunga mega-siccità, tra le peggiori degli ultimi 1.200 anni. E i brevi miglioramenti delle ultime settimane, legati all’epidemia di coronavirus, non basteranno per cambiare questo stato di cose. Nel proprio discorso Guterres non ha detto che il primo ad avere l’idea di celebrare la Giornata della Terra sarebbe stato proprio un americano: Gaylord Nelson, senatore democratico del Wisconsin, dopo aver osservato migliaia di studenti scendere in piazza per manifestare contro la guerra in Vietnam pensò di fare lo stesso per il pianeta. La sua idea varcò immediatamente i confini e in men che non si dica contagiò il mondo, più velocemente del coronavirus. Ma quelli erano gli anni in cui alla Casa Bianca c’era una personalità come il presidente John Kennedy, alla radio i giovani ascoltavano i Beatles e i Rolling Stones e Jimi Hendrix scatenava le folle. I giovani più ambientalisti ascoltavano Joan Baez, John Taylor e Cat Stevens. A quei tempi i giovani sapevano cosa volevano ed erano pronti a scendere in piazza e a lottare per ottenerlo: per la guerra nel Vietnam, per i diritti civili… e per l’ambiente. Sono passati 50 anni, mezzo secolo. Molti di quei giovani ora sono in pantofole, chiusi in casa. A lottare per l’ambiente nelle piazze non c’è più nessuno. Anche Greta Thunberg, dopo la comparsa al Parlamento europeo, resta chiusa in casa. E con lei tutti i giovani: preferiscono stare tra le mura domestiche, con gli occhi puntati sullo smartphone o seduti davanti alla televisione. Incapaci di influenzare i governi. E con una gran paura di essere loro stessi influenzati… dal coronavirus .
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aneddoticamagazinestuff · 5 years ago
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OGGI SI CELEBRA LA GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA
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OGGI SI CELEBRA LA GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA
“In questa Giornata internazionale della Madre Terra, tutti gli occhi sono puntati sulla pandemia COVID-19, il più grande test che il mondo ha affrontato dalla Seconda Guerra Mondiale”, ha detto il segretario generale delle Nazoni Unite, Antonio Guterres. “L’attuale crisi è un campanello d’allarme senza precedenti. Buona parte del suo discorso è stata incentrata non sull’ambiente o sulle risorse del pianeta, ma sull’economia.
Sei i punti messi in risalto da Guterres:
1. Mentre spendiamo enormi quantità di denaro per riprenderci dalla pandemia di coronavirus, dobbiamo offrire nuovi posti di lavoro e nuove attività attraverso una transizione pulita e verde.
2. Dove il denaro dei contribuenti viene utilizzato per salvare le imprese, deve essere legato al raggiungimento di posti di lavoro verdi e alla crescita sostenibile.
3. La potenza di fuoco fiscale deve guidare il passaggio dall’economia grigia a quella verde e rendere le società e le persone più resistenti.
4. I fondi pubblici dovrebbero essere utilizzati per investire nel futuro, non nel passato, e confluire in settori e progetti sostenibili che aiutino l’ambiente e il clima. I sussidi per i combustibili fossili devono finire e gli inquinanti devono iniziare a pagare per il loro inquinamento.
5. I rischi e le opportunità climatici devono essere incorporati nel sistema finanziario, nonché in tutti gli aspetti dell’elaborazione e delle infrastrutture delle politiche pubbliche.
6. Dobbiamo lavorare insieme come comunità internazionale.
Poco più che una citazione quella (dovuta) rivolta alla diffusione del COVID-19. Argomento che invece merita spazi ben maggiori proprio per l’impatto sull’ambiente causato dal corona virus. Uno studio condotto dal Centre for research of energy and clean air (Crea) ha dimostrato che in Cina durante l’epidemia le emissioni di CO2 sono diminuite del 25%, merito della riduzione della produzione industriale tra il 15 e il 40%. Anche le concentrazioni di biossido di azoto (NO2) sono diminuite. I rilevamenti satellitari forniti da Copernicus, il programma per l’osservazione della Terra dell’Ue gestito dall’ESA, hanno confermato che in Europa le concentrazioni di NO2 si sono dimezzate nel periodo che va dal 13 marzo al 13 aprile 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. E così i consumi di energia elettrica e i trasporti aerei: molti voli sono stati cancellati, circa 13mila al giorno. Con indubbi benefici per l’ambiente. Interessante anche il calo dei consumi idrici: la permanenza in casa ha causato un aumento dei consumi come a Milano dove si “registra un incremento dell’8% sul consumo domestico”. Ma questo aumento sarebbe più che compensato dal calo dei consumi del sistema produttivo, che ha ridotto del 17% il consumo di acqua nei settori dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Aspetti positivi e soprattutto rilevanti per l’ambiente. Sembra quasi che la pandemia di coronavirus sia riuscita a fare in pochi mesi quello che tutti i leader del pianeta insieme non sono riusciti a fare in anni di incontri nelle tante COP, da quella di Parigi fino a quella dello scorso anno. Prima di gioire felici per l’ambiente però è bene fare alcune considerazioni. Molti di questi miglioramenti sono solo temporanei, legati alla presenza di poche persone per strada e alla massiccia chiusura delle attività produttive, e con il ritorno alla normalità c’è il rischio che possano essere vanificati. Alla fine il bilancio dei consumi e dell’impatto del COVID-19 sul pianeta rischia di essere negativo. A fronte di un rallentamento (limitato nello spazio e nel tempo) dei consumi di risorse naturali, i paesi che più di tutti sono responsabili del loro sfruttamento continuano a non adottare misure concrete per la riduzione delle emissioni e mancano piani a medio e lungo termine per prendersi cura della Terra. Negli Usa ad esempio, in alcuni stati il clima predominante è ormai “siccitoso”, con un impatto devastante sull’agricoltura, sulla portata dei fiumi e sul proliferare di mega-incendi. Secondo gli autori dello studio “Large contribution from anthropogenic warming to an emerging North American megadrought”, negli Usa è in arrivo una lunga mega-siccità, tra le peggiori degli ultimi 1.200 anni. E i brevi miglioramenti delle ultime settimane, legati all’epidemia di coronavirus, non basteranno per cambiare questo stato di cose. Nel proprio discorso Guterres non ha detto che il primo ad avere l’idea di celebrare la Giornata della Terra sarebbe stato proprio un americano: Gaylord Nelson, senatore democratico del Wisconsin, dopo aver osservato migliaia di studenti scendere in piazza per manifestare contro la guerra in Vietnam pensò di fare lo stesso per il pianeta. La sua idea varcò immediatamente i confini e in men che non si dica contagiò il mondo, più velocemente del coronavirus. Ma quelli erano gli anni in cui alla Casa Bianca c’era una personalità come il presidente John Kennedy, alla radio i giovani ascoltavano i Beatles e i Rolling Stones e Jimi Hendrix scatenava le folle. I giovani più ambientalisti ascoltavano Joan Baez, John Taylor e Cat Stevens. A quei tempi i giovani sapevano cosa volevano ed erano pronti a scendere in piazza e a lottare per ottenerlo: per la guerra nel Vietnam, per i diritti civili… e per l’ambiente. Sono passati 50 anni, mezzo secolo. Molti di quei giovani ora sono in pantofole, chiusi in casa. A lottare per l’ambiente nelle piazze non c’è più nessuno. Anche Greta Thunberg, dopo la comparsa al Parlamento europeo, resta chiusa in casa. E con lei tutti i giovani: preferiscono stare tra le mura domestiche, con gli occhi puntati sullo smartphone o seduti davanti alla televisione. Incapaci di influenzare i governi. E con una gran paura di essere loro stessi influenzati… dal coronavirus.
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