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SOLARINO. IL “SABOTAGGIO DEL POZZO SELLICHISINA” ARRIVA IN CONSIGLIO.
“Facebook incita all’odio verso le istituzioni” ha annotato il sindaco.Il primo cittadino parla di “atto criminoso” che offende il concetto di comunità: Sebastiano Scorpo ne ha riferito in Prefettura e le indagini sono tutt’ora in corso per risalire all’autore o agli autori della chiusura dell’acqua al paese. Guarda il video di 2minuti.org Michele Gianni ha chiesto l’illuminazione della via…
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Comfort abitativo: come aumentare il benessere in casa
Vivere la dimensione domestica con maggiore intensità ci ha insegnato quanto il comfort abitativo sia davvero importante per la nostra salute. Abbiamo compreso la necessità di organizzare al meglio gli interni ma, oltre a ciò, è importante comprendere quali fattori incidono sul nostro benessere domestico e quali soluzioni attuare per migliorarlo. Questo, perché l’abitazione non è solo uno spazio fisico, ma un luogo in grado di suscitare precise sensazioni e reazioni emotive che incidono sull’umore e sulla psiche delle persone che ci vivono, lavorano, si riposano.
Cosa si intende per comfort abitativo
Abitare in una casa piena di luce, priva di rumori, con una temperatura ottimale tutto l’anno e un’aria pulita è fondamentale per il benessere e la qualità della nostra vita. Il concetto di comfort abitativo va ben oltre la semplice estetica, coinvolgendo una serie di elementi e fattori che insieme combinano funzionalità, sostenibilità e benessere. Gli aspetti principali che contribuiscono a definire il comfort abitativo sono 4: - comfort acustico - comfort termico - comfort visivo - qualità dell’aria Comfort acustico L’isolamento degli ambienti dai rumori esterni è un requisito fondamentale per vivere bene. In un ambiente piacevole e rilassante non può esserci posto per i rumori che provengono dal piano di sopra, del portone che sbatte e quelli dovuti dal traffico della strada. Ma, non va trascurato nemmeno il fastidio causato da quelli prodotti all’interno della casa. I rumori non sono tutti uguali. Individuarli, capire la loro origine e il modo in cui si propagano le onde sonore è il primo passo verso la soluzione del problema. Conoscendo inoltre il budget di spesa che sarà poi necessario impiegare. Comfort termico Una casa calda d’inverno e fresca d’estate è ciò che tutti desideriamo. Ad esempio, la temperatura interna per essere percepita confortevole in inverno deve essere superiore a 20°C, mentre in estate non deve superare i 26°C. Per raggiungere un buon comfort termico in fase di ristrutturazione occorre agire sull’involucro edilizio con sistemi di isolamento. Questo, per evitare la formazione di ponti termici che comporterebbero delle perdite di prestazioni. Comfort visivo Entrando in una casa ci guardiamo attorno e percepiamo gli stimoli che arrivano da ciò che ci circonda: la luminosità naturale, l’organizzazione degli spazi, la posizione, lo stile degli arredi, i colori. Questi aspetti determinano la nostra percezione degli ambienti e influenzano il nostro stato psico-fisico. La luce è tra i fattori più importanti che determinano il comfort visivo. La luce naturale, infatti, non è solo illuminazione, è anche un efficace elemento percettivo in grado di influire sul nostro umore. Dopo il tramonto intervengono le lampade, apparecchi con i quali possiamo “giocare” per modificare a piacere la percezione dello spazio. Qualità dell’aria Abbiamo imparato, soprattutto nel periodo della pandemia, a comprendere quanto la qualità dell’aria indoor sia importante per la nostra salute. Spesso, l’aria che respiriamo dentro casa può risultare più inquinata di quella esterna e causare problemi alle vie respiratorie. La causa dipende da vari fattori come, ad esempio, materiali in casa che possono rilasciare nel tempo sostanze non salutari negli ambienti. Sostanze chimiche usate per la pulizia che emanano esalazioni tossiche. Oppure, le muffe nocive che si formano negli ambienti umidi in cui non c’è un corretto ricambio d’aria. Tutto ciò, se respirato con frequenza, causa irritazioni alle vie respiratorie, tosse, problemi respiratori, allergie e malattie polmonari. Ecco perché Comfort Abitativo significa anche poter contare su materiali che assorbono l’inquinamento e ci restituiscono ambienti più sani, puri e vivibili.
Come migliorare il benessere della nostra casa?
Dopo aver compreso al meglio cosa vuol dire comfort abitativo è arrivato il momento di capire quali soluzioni adottare per migliorare il benessere della nostra casa. La cosa migliore da fare è quella di rivolgersi ad aziende specializzate nel settore dell’efficienza energetica per la casa, come Sanit-Gobain Italia. L’azienda è leader mondiale nella produzione e distribuzione di materiali per l'edilizia sostenibile e il comfort abitativo. Con lo scopo di connettere le persone alle imprese e alle tecnologie sostenibili, sul sito SG-Lifeupgrade sono dispionibili tanti spunti e informazioni utili per rendere la casa confortevole, funzionale e sostenibile. Ad esempio, per risolvere il problema acustico, è possibile adoperare materiali fonoisolanti e fonoassorbenti al fine di limitare la propagazione delle onde sonore sia dall’esterno che verso l’interno e viceversa. Da citare le vetrate isolanti per il blocco del passaggio dei rumori dall’esterno, che vengono riflessi, oppure i controsoffitti acustici per migliorare la percezione del suono e ridurre il rumore che viene percepito. Per migliorare il comfort termico degli ambienti bisogna scegliere, consultando un tecnico esperto, il metodo di isolamento più adatto alle proprie esigenze, sulla base dei dati tecnici relativi alla zona climatica ed alla tipologia delle strutture esistenti. Tra gli interventi più efficaci c’è il cappotto termico. Se per varie ragioni non è possibile coibentare la casa dall’esterno esistono delle alternative come la lana di vetro. Una soluzione perfetta e facile da installare su pareti, pavimenti, sottotetti, travi ecc., così come la lana di roccia, che oltre ad essere un ottimo isolante è anche resistente al fuoco. Per avere più luce naturale in casa puoi optare ad esempio per delle vetrate ad altra trasmissione luminosa. Questa tipologia di vetrate favorisce il passaggio naturale della luce anche negli spazi più interni. In alternativa, ci sono i vetri ad opacità modulabile tramite interruttore, indicati se necessiti di una maggiore privacy. Infine, bisogna considerare la necessità di migliorare la qualità dell’aria che respiriamo dentro casa. Tra le soluzioni Saint-Gobain puoi trovare soluzioni ad hoc come, ad esempio lastre in cartongesso e pitture da interni “attive”, che assorbono e neutralizzano la formaldeide presente negli ambienti.
Considerazioni finali
In definitiva, per raggiungere il comfort abitativo ottimale è necessario applicare scelte progettuali ben definite oppure pianificare interventi di ristrutturazione pensati per migliorare le performance dell’edificio, eliminando o correggendo problematiche di natura tecnica. Per fare questo la soluzione ideale è quella di rivolgersi a dei professionisti come Saint Gobain Italia. Non perdere altro tempo! Dai un’occhiata al sito SG-Lifeupgrade e chiedi un consulto ai veri esperti del settore. Read the full article
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TUTTI A PARLARE DI PONTE MILVIO... MA CONOSCI LA SUA STORIA?
Fu costruito nel 109 a.C. dal Censore Marco Emilio Scauro e, pur essendo stato edificato “extra urbem”, ossia al di fuori delle mura della città, ha sempre ricoperto un ruolo determinante in virtù della sua posizione strategica tra le importanti vie consolari Flaminia, Cassia, Clodia e Veientana.
Chiamato in origine “Mulvius”, nome che probabilmente gli deriva dalla famiglia Mulvia che lo avrebbe commissionato, fu nel Medioevo denominato, secondo un uso popolare, “Mole” o “Mollo”. Quest’ultimo nome sarebbe stato attribuito a causa del crollo di un’arcata centrale e della successiva collocazione temporanea di una passerella di legno che oscillava al passaggio.
Nel 312 d.C., su Ponte Milvio si consumò la famosa battaglia tra l’imperatore Costantino e Massenzio. Oggi, dell’antico ponte romano rimangono soltanto le tre arcate centrali.
Nel Medioevo, il ponte subì ulteriori danneggiamenti a cui, nel 1429, Papa Martino V cercò di ovviare affidando i lavori di restauro all’architetto Francesco di Gennazzano.
Nel 1805, Papa Pio VII commissionò nuovi lavori di restauro al grande architetto Giuseppe Valadier che ne progettò il riassetto, sostituendo i ponti levatoi ed edificando a nord del ponte una porta fortificata, la famosa torre in stile neoclassico, oggi conosciuta con il nome di Torretta Valadier.
Nel 1849, Garibaldi fece saltare il ponte per rallentare le truppe francesi. Nel 1850, Papa Pio IX lo fece restaurare.
Da allora, il ponte ha subito diversi rimaneggiamenti fino ad assumere la sua funzione attuale di passaggio pedonale.
Nel 2021, ACEA, a cui già si devono gli apparati luci di piazza del Campidoglio, del Castello di Santa Severa, del Tempio Maggiore di Roma, di Castel Sant’Angelo, del Colosseo, di Santa Maria in Trastevere e del Pantheon, ha dotato la Torretta Valadier di una nuova illuminazione artistica che, attraverso 16 proiettori a Ledposizionati a risparmio energetico, ne esalta le forme e la splendida architettura.
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#NewsPA - Impianti di illuminazione vie Alcide De Gasperi, Ausonia, viale Strasburgo e aree limitrofe. Dichiarazione consigliere VI Circoscrizione Cuticchio
«In qualità di consigliere della VI Circoscrizione, desidero richiamare l’attenzione su una situazione estremamente preoccupante riguardante gli impianti di illuminazione di via Alcide De Gasperi, Ausonia, viale Strasburgo e nelle aree limitrofe… Read More «In qualità di consigliere della VI Circoscrizione, desidero richiamare l’attenzione su una situazione estremamente preoccupante riguardante…
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Vercelli, sfonda la porta di un bar e ruba l'incasso: arrestato 29enne
Vercelli, sfonda la porta di un bar e ruba l'incasso: arrestato 29enne Nel rispetto dei diritti delle persone sottoposte alle indagini e del principio di presunzione di non colpevolezza, per quanto risulta allo stato, salvi ulteriori accertamenti e in attesa dell’eventuale giudizio, si comunica quanto segue. La notte del 25 Maggio, la Squadra Volante della Questura di Vercelli ha arrestato un cittadino italiano, di origine marocchina, per un furto aggravato commesso all’interno di un bar del centro cittadino, nel quale si era introdotto danneggiando la vetrina della porta d’ingresso, e dal quale, in seguito, asportava i ricavi giornalieri e il fondo cassa. L’intervento originava da una segnalazione relativa a un furto in atto all’interno di un locale di via Crispi, effettuata sulla linea 112 ( Numero Unico di Emergenza), poco dopo le 2:30 di notte, nella quale il richiedente forniva la descrizione del soggetto e la sua iniziale via di fuga. Gli operatori delle due volanti che sopraggiungevano sul posto, intraprendevano l’attività di ricerca, attraverso la perlustrazione delle vie limitrofe a quella del furto, rintracciando in breve tempo il suo presunto autore, mentre, nel tentativo di far perdere le proprie tracce, sfruttando le scarse condizioni di illuminazione, si nascondeva dietro un’autovettura parcheggiata su via Sant’Ugolina. Dopo aver assicurato il soggetto e aver proceduto alla sua compiuta identificazione, gli operatori ricostruivano gli eventi, ripercorrendo il percorso di fuga del medesimo, le fasi del danneggiamento e del furto. Nella preliminare attività d’indagine svolta sul posto, gli agenti rinvenivano la refurtiva, occultata all’interno di un condominio poco distante dal predetto locale, nonché ulteriori elementi di prova sottoposti a sequestro. Per tali condotte, l’uomo, un ventinovenne crotonese di origini marocchine e residente a Cuneo, veniva tratto in stato di arresto e associato, su disposizione del P.M. di turno, presso i locali della Questura in attesa dell’udienza di convalida e del giudizio per direttissima. All’esito dell’udienza, veniva convalidato l’arresto e al soggetto, gravato già da numerosi precedenti, veniva applicata la misura cautelare personale del divieto di dimora nel Comune di Vercelli Infine, personale della Divisione Anticrimine della Questura di Vercelli adottava nei suoi confronti la misura di prevenzione personale del foglio di via obbligatorio, con divieto di ritorno nel Comune di Vercelli per due anni, in considerazione dell’accaduto e della sua pericolosità sociale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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"Che qualcosa non funziona, ormai è un dato di fatto!" A scrivere così è il consigliere comunale di Favara, Carmelo Sanfratello, che continua: "Il project dell’Illuminazione pubblica presenta delle falle evidenti, ieri è toccato alla zona di Via dei Mille e vie limitrofe, con interessamento anche di parte di Via IV Novembre, zone che sono rimaste completamente al buio e che nonostante le numerose segnalazioni fatte, non sono state riaccese. Stamattina (lunedì 26 febbraio, ndr), insieme alla commissione Assetto del Territorio, abbiamo incontrato il responsabile dell’Utc per i lavori di pubblica illuminazione, evidenziando i problemi riscontrati in questo periodo, perché è consuetudine che a zone alterne interi quartieri rimangono al buio. Ieri è toccato a Via dei Mille e zone limitrofe, due giorni fa invece è rimasta completamente al buio la Contrada Burgialamone, giorni addietro è toccato a parte di Via Ugo Foscolo e Via Cicero e Di Francisca. Considerato che il consumo di energia elettrica è a carico della ditta affidataria del project, chiediamo una verifica sul corretto funzionamento dell’impianto e su queste “anomalie” riscontrate, al fine di evitare che interi quartieri rimangono senza luce." Read the full article
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Ceccano, ripristinata la pubblica illuminazione, nessuno aveva avvisato il gestore del guasto
C’è un numero verde che nessuno aveva utilizzato, il numero della segnalazione guasti del gestore della pubblica illuminazione del comune di Ceccano, Hera. Il numero è 800 498 616 ed è in funzione 24 ore al giorno. E’ bastata una telefonata stamattina e la pubblica illuminazione è tornata nelle vie Solferino, Santo Stefano, Torrione, Vicolo Cerroni, Cesare Battisti. Una proposta: non si potrebbe…
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Seikaku - I soli elementi essenziali della fede.
Quando le persone aspirano a liberarsi dalla nascita e dalla morte e a raggiungere l’illuminazione, ci sono due vie aperte a loro: la porta del Sentiero dei Saggi e la porta della Terra Pura.
Il Sentiero dei Saggi consiste nell’effettuare pratiche e nell’accumulare il merito mentre si vive in questo mondo Saha, sforzandosi di raggiungere l’illuminazione in questa vita presente. Le persone che praticano l’insegnamento Shingon aspirano a salire allo stadio della grande illuminazione con i loro corpi attuali, tutti i seguaci che si sforzano nella scuola Tendai cercano di raggiungere l’illuminazione nota come “lo stadio di purificazione dei sei organi di senso” in questa vita. Sebbene tale sia l’obiettivo finale dell’insegnamento del Sentiero dei Saggi, dal momento che il mondo ha raggiunto l’era del dharma corrotto ed è entrato nel periodo di contaminazione, nemmeno una sola persona tra milioni può raggiungere l’illuminazione in questa vita presente. Quindi, coloro che si sforzano nella porta del Sentiero dei Saggi nell’era presente si stancano e si ritirano dal loro tentativo di raggiungere l’illuminazione di diventare Buddha con questo corpo presente. In remota attesa della nascita in questo mondo di Maitreya, il Compassionevole, guardano al cielo al sorgere 5.670.000.000 di anni nel futuro, o in attesa della comparsa di Buddha anche più tardi, si perdono nelle nuvole della notte di innumerevoli trasmigazioni attraverso innumerevoli kalpa. Oppure desiderano semplicemente i luoghi sacri del Picco dell'Avvoltoio o della Montagna Potalaka dove dimora Avalokitesvara, o per la piccola ricompensa di un'altra nascita come esseri celesti o umani. Sebbene qualsiasi relazione spirituale con l’insegnamento buddhista sia ammirevole, l’illuminazione immediata sembra completamente al di là di ogni speranza. Ciò che è desiderato rimane nei tre mondi, e ciò che si spera è ancora la vita all’interno della trasmigrazione. Perché dovrebbero intraprendere molta pratica e coltivare la comprensione, cercando una ricompensa così piccola? In verità, non è forse il risultato del fatto che il dharma è troppo profondo e la nostra comprensione troppo superficiale, essendo diventato così lontano dal Grande Saggio, Sakyamuni?
Il secondo è la porta della Terra Pura, in cui, dirigendo il merito della pratica della vita presente, si aspira a rinascere nella prossima vita nella Terra Pura, per adempiere le pratiche del bodhisattva e diventare un Buddha. Questa porta soddisfa i bisogni delle persone di questi ultimi giorni; ed è veramente un sentiero meraviglioso. Ma questa porta è essa stessa divisa in due: la nascita attraverso varie pratiche e la nascita attraverso il nembutsu.
“Nascita attraverso varie pratiche” significa aspirare ad essere nati nella Terra Pura attraverso l’osservazione della pietà filiale verso i propri genitori, servendo il proprio maestro e gli anziani, mantenendo i cinque o otto precetti, praticando carità e pazienza, e anche attraverso pratiche come i Tre Atti Mistici (Shingon) o l’esercizio di meditazione dell’Unico Veicolo (Tendai). Si può ottenere la nascita attraverso queste pratiche, perché tutte sono, senza eccezione, nientemeno che pratiche per la nascita nella Terra Pura. Ma in tutti loro si aspira alla nascita applicandosi implacabilmente alle pratiche, quindi sono chiamati “nascita attraverso il potere di sé”. Se le pratiche sono fatte in modo inadeguato, è impossibile raggiungere la nascita. Non sono d’accordo con il voto primordiale di Amida; non sono illuminati dalla radiosità di Amida.
“Nascita attraverso il nembutsu” è aspirare alla nascita attraverso il nome di Amida. Poiché questo è in accordo con il Voto Primordiale del Buddha, è chiamato l’atto del vero insediamento; poiché uno è tirato esclusivamente dal potere del Voto di Amida, è chiamato nascita attraverso l’Altro Potere. Se ci si chiede perché l’espressione del Nome è in accordo con il Voto Primale del Buddha, dobbiamo ricordare l’origine del Voto. In un lontano passato, prima che Amida Tathagata diventasse un Buddha, un monaco che si chiamava Dharmakara. A quel tempo c'era un Buddha di nome Lokesvararaja. Quando il monaco (Bhiksu) Dharmakara aveva già risvegliato il pensiero dell’illuminazione, desiderava dimorare in una terra di purezza e beneficio degli esseri senzienti, e andare davanti al Buddha disse: “Già ho risvegliato il pensiero dell’illuminazione e del desiderio di stabilire una terra di Buddha di purezza. Possa il Buddha, per amor mio, insegnare pienamente le innumerevoli e meravigliose pratiche per adornare la Terra Pura. Allorail Buddha Lokesvararaja insegnò completamente il bene e il male degli esseri umani e celesti nelle terre pure di ventun miliardi di Buddha, così come gli aspetti grossolani e meravigliosi di ciascuna delle terre, rivelando pienamente ciascuno di loro. Bhiksu Dharmakara li ascoltò e li guardò, e discernendo il male e il bene, scacciando il grossolano che aspirava al meraviglioso. Egli, per esempio, discerneva e respinse terre che contenevano le tre vie malvagie, ma chiese e scelse nel primo Voto un mondo in cui queste tre strade non esistevano. Dovremmo capire che tutti gli altri Voti sono stati stabiliti in questo modo. Così scelse le qualità superiori tra le terre pure di ventun miliardi di Buddha e stabilì il mondo della beatitudine perfetta.
È come se i fiori di ciliegio fossero fatti fiorire sui rami dei salici, o su quei famosi luoghi, spiaggia di Kiyomi e la baia di Futami, fossero insieme collocati. Questa selezione non è stata fatta da una breve considerazione; era il risultato della contemplazione nell'arco di cinque kalpa. Così, Dharmakara ha promesso di creare una terra meravigliosa e adornata di purezza, ed egli ha contemplato ulteriormente: “La creazione di questa terra è per guidare tutti gli esseri senzienti. Anche se la terra è squisita, se è difficile per gli esseri nascere lì, andrebbe contro l’intento della grande compassione e del grande voto. Nel cercare di determinare la causa speciale della nascita nella terra della beatitudine, nessuna tra tutte le varie pratiche è eseguita a cuor leggero. Se dovessi selezionare la pietà filiale verso i propri genitori, coloro che mancano di pietà non potrebbero nascere; se dovessi adottare la recita dei sutra Mahayana, l’analfabeta non avrebbe speranza; se dessi la carità e l’osservanza dei precetti come l’atto causale, i seguaci che sono avari e avidi o che rompono i precetti sarebbero caduti; se facessi pazienza o sforzo l’atto che ha portato la nascita. Le altre pratiche sono tutte uguali. Quindi, affinché tutti gli esseri stolti, sia buoni che cattivi, possano ugualmente nascere e che tutti possano aspirare alla terra della beatitudine, farò semplicemente l’espressione dei tre caratteri del Nome, A-mi-da, la causa speciale per la nascita in esso.
Così completò cinque kalpa di profonda contemplazione e prima di tutto stabilì il diciassettesimo voto che tutti i Buddha diranno e loderanno il Nome. È importante avere una conoscenza approfondita di questo per quanto riguarda il voto. Poiché cercava di guidare gli esseri senzienti ovunque con il suo Nome, giurò che il suo Nome fosse lodato come primo passo. Se così non fosse, dal momento che il Buddha non ha alcun desiderio di acclamazione, che bisogno ci sarebbe da lodare da tutti i Buddha? Così si afferma:
Il nome sacro del Tathagata è estremamente distinto e chiaro; In tutto il mondo nei dieci quarti che prevale. Solo coloro che dicono che il Nome raggiungono tutti la nascita; Avalokitesvara e Mahasthamaprapta vengono ad accoglierli.
Successivamente stabilì il Diciottesimo Voto, il Voto di nascita attraverso il nembutsu, in cui dichiarò che avrebbe guidato anche persone di dieci espressioni. Quando riflettiamo attentamente su di esso, questo voto è veramente vasto e profondo. Poiché il Nome è composto da tre caratteri, è facile da custodire anche per uno sciocco come il discepolo Panthaka di Sakyamuni, e nel suo esempio, non fa alcuna differenza se si cammina, in piedi, seduto o sdraiato, né si fa discriminazione per quanto riguarda il tempo, il luogo o le circostanze, né viene fatta distinzione tra laico e monaco, uomo e donna, vecchio un giovane, buono e cattivo. Chi, allora, è lasciato fuori? Così si afferma:[Amida] Buddha, nella fase causale, ha fatto il Voto universale:
Quando gli esseri ascoltano il mio nome e pensano a me, io sarò ad accogliere ciascuno di loro, Non discriminare affatto tra i poveri e i ricchi e i ben nati, Non discriminare tra l’inferiore e gli altamente dotati; Non scegliere i dotti e quelli che sostengono i puri precetti, Né rifiutare coloro che rompono i precetti e il cui karma malvagio è profondo. Quando gli esseri si girano nel cuore e spesso dicono il nembutsu, È come se pezzi di macerie fossero trasformati in oro.
Questa è la nascita attraverso il Nembutsu.
Bodhisattva Nagarjuna afferma nel suo commento ai dieci stadi del Bodhisattva:Nel praticare la via del Buddha c’è un percorso di pratica difficile e un percorso di facile pratica. Il sentiero della pratica difficile è come andare via terra a piedi; il sentiero facile è come ricevere un vento favorevole sulle langhe marine. Il sentiero difficile consiste nel cercare di raggiungere lo stadio di non retrogressione nel mondo delle cinque contaminazioni; il sentiero facile consiste nel nascere nella Terra Pura in virtù del semplice affidamento al Buddha.
Il sentiero difficile è la porta del Sentiero dei Saggi; il sentiero facile è la porta della Terra Pura. Pensando a me stesso, sembra che coloro che entrano nella porta della Terra Pura e tuttavia si sforzino in varie pratiche per la nascita siano come coloro che cavalcano su una barca sulle lanti del mare, ma non ricevono vento favorevole, spingono i remi e spendono la loro forza, andando contro le maree e forzando le onde.
In questa porta di nascita attraverso il nembutsu, inoltre, si distinguono due pratiche: la singola pratica e la pratica continua. La sola pratica è quella di eseguire semplicemente l’unica pratica del nembutsu, risvegliando l’aspirazione per la terra della beatitudine e la fede di affidare al Voto Primale, non mescolando mai altre pratiche con essa. Dire solo il Nome di Amida e pensare con tutto il cuore a questo Buddha, non sostenere mai altre formule o pensare su altri Buddha e bodhisattva, è chiamato singola pratica. La pratica del Sundry, mentre prende il nembutsu come primario, mette altre pratiche al suo fianco e include altre forme di buone azioni. Di questi due, la singola pratica è da considerarsi superiore. La ragione è la seguente. Se si aspira già con tutto il cuore alla terra della beatitudine, perché includere altre cose oltre a contemplare il padrone di quella terra? La vita è come un lampo, o una goccia di rugiada all’alba, e il corpo come l’albero della piantaggine o una bolla – eppure si cerca in una mera vita di pratica religiosa per allontanarsi immediatamente dalla lunga dimora nei cinque percorsi. Come si possono combinare le diverse pratiche? Per assicurare legami spirituali con i Buddha e i bodhisattva, si deve aspettare il mattino quando si possono fare offerte ai Buddha come un unico desiderio; per i principi essenziali delle scritture Mahayana e Hinayana, devono attendere la vigilia quando tutti gli insegnamenti saranno illuminati. Oltre ad aspirare per l’unica terra e pensare sull’unico Buddha, non c’è altra necessità. Le persone che entrano nella porta del nembutsu ma la combinano con altre pratiche sono attaccate alle loro pratiche precedenti e hanno difficoltà ad abbandonarle. Coloro che si attengono al veicolo uni o praticano i Tre Atti Mistici non cambiano la loro aspirazione a raggiungere la nascita nella Terra Pura dirigendo i meriti di tali pratiche, chiedendosi cosa può essere sbagliato nel perseguirli insieme al nembutsu. Senza sforzarsi nel nembutsu di una facile pratica che si accorda con il voto Primordiale, senza senso è seguire varie pratiche respinte dal Voto Primore. Così il Maestro Shan-tao dichiarò: “Tra coloro che abbandonano la sola pratica e l’inclinazione verso il sundry, non si può nascere uno su mille; tra quelli di una sola pratica, cento su cento, un migliaio su mille, possono nascere”. Si dice che :La terra della beatitudine è il regno del nirvana, l’increato; Temo che sia difficile nascere lì facendo vari atti buoni secondo le nostre diverse condizioni. Quindi, il Tathagata ha selezionato il dharma essenziale, Istruire gli esseri a dire il Nome di Amida con l’unicità, di nuovo l’unicità.
Ciò che è respinto come “vari atti buoni compiuti secondo le proprie condizioni” è l’attaccamento alla propria pratica precedente. Nel servire come un servitore, per esempio, si dovrebbe servire il proprio signore, dipendere da lui, e con tutto il cuore essere fedeli a lui. Tuttavia, supponiamo che una persona, mentre evidentemente serve il suo signore, in aggiunta ospita disegni riguardanti una persona sconosciuta e lontana e, organizzando di fargli incontrare il suo signore, cerca di essere ben parlato da lui. Rispetto al servizio diretto, che è superiore e che inferiore è chiaramente noto. Essere di due menti e l’essere di una sola mente sono molto diversi come il cielo e la terra.
Per questo, qualcuno chiede: “Supponiamo che ci sia una persona che pratica il nembutsu, recitandolo diecimila volte al giorno, e a parte questo non fa altro che giocare tutto il giorno e dormono tutta la notte; e un’altra persona che lo dice diecimila volte e poi legge sutra e recita i nomi di altri Buddha: che è superiore? Nel Sutra del Loto c’è la frase: “In virtù di questo sutra si nasce nella terra della pace”. Leggere questo sutra può essere la stessa cosa di giocare e di frolicking? Nel Sutra Yakushi si trova la guida di otto bodhisattva. Pensare a Yakushi Buddha non è sicuramente come un sonno inutile. Non riesco ancora a capire la lodare l’una come una sola pratica e rifiutare l’altra come una pratica continua.
Nel considerare questa questione di nuovo ora, la pratica unica è ancora superiore. La ragione è che siamo essenzialmente esseri stupidi di questo mondo contaminato che sperimentano ostacoli in tutto. Amida, osservando questo, ha insegnato il percorso della facile pratica. Chi gioca e si diverte tutto il giorno è una persona di grande distrazione e confusione. Chi dorme tutta la notte è una persona di grande letargia. Sono tutte conseguenze di passioni cieche, difficili da sommergere e difficili da controllare. Quando il gioco è finito, diciamo il nembutsu; quando si sveglia dal sonno, ricorda il voto primordiale. Questo non viola l'esecuzione di una singola pratica. Recitare il nembutsu diecimila volte e in seguito tenere a mente altri sutra e altri Buddha sembra splendido al primo udito, ma chi ha determinato che il nembutsu dovrebbe essere limitato a diecimila volte? Se sei una persona di diligenza, recita tutto il giorno. Se prendi la mala (nenjui), pronuncia il Nome di Amida. Se si adotta un oggetto di adorazione, allora scegliere l'immagine di Amida. Attendi direttamente la venuta di Amida; perché dipende dagli otto bodhisattva per dirigere la tua strada? Dovresti fare affidamento esclusivamente sulla guida del voto Primordio. Non lottare per intraprendere gli esercizi del veicolo (Tendai). Nella capacità dei praticanti del nembutsu ci sono il superiore, l'ordinario e l'inferiore. Quelli di natura superiore dicono costantemente il nembutsu sia di notte che di giorno; in quale intervallo, allora, possono rivolgere la loro attenzione agli altri Buddha? Rifletti su questo profondamente e non rimanere impigliati in dubbi distraenti.
Poi, nel dire il nembutsu, dovresti possedere le tre menti. Con il semplice detto del Nome, chi non può ottenere la virtù di una o dieci espressioni? Tuttavia, coloro che raggiungono la nascita sono estremamente rari, la ragione è che le persone non hanno le tre menti. Il Sutra della Contemplazione afferma: “La persona con le tre menti nascerà senza fallire in quella terra”. Shan-tao dice nel suo commento: “Se uno possiede queste tre menti, si raggiungeranno infallibilmente la nascita. Se una di queste menti manca, allora la nascita non viene raggiunta. Ciò significa che se una persona manca di una delle tre menti, non può nascere. Anche se ci sono molti che dicono il Nome di Amida in questo mondo, rari sono quelli che effettivamente raggiungono la nascita. Sappiate che questo è perché non possiedono le tre menti.
Riguardo a queste tre menti: in primo luogo la mente della sincerità; questo è il vero e il vero e il vero cuore e la mente. Entrando nel sentiero del Buddha, bisogna prima di tutto avere una mente sincera; se la mente non è sincera, è impossibile avanzare. Il Buddha Amida in passato compì le pratiche del bodhisattva e stabilì la Terra Pura; così facendo risvegli la mente sincera. Quindi, se desiderate nascere in quella terra, dovete anche risvegliare una mente sincera. Quanto a questo vero e reale cuore e mente, bisogna abbandonare ciò che è indomito e irreale e manifestare ciò che è vero e che è vero.
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Buongiorno e buona domenica!!!! In questa uggiosa domenica vi sveliamo dove abbiamo passato il martedì di carnevale.... 📌I moccoli sono la peculiarità principale. Sono lampioncini multicolori costruiti con grande perizia da artigiani locali, su una canna ancora verde che termina a forma di rombi a più facce (possono essere con 4, 5 o 6 facce e di tutte le grandezze) rivestiti da carta velina di colori diversi. All’interno di questo ricettacolo, che da un lato resta aperto, viene inserita una candela che si accende prima di partire per la processione dei Moccoli. 🕵🏻♂️Alcune fonti storiche del XVIII secolo indicano che la sfilata dei Moccoli aveva luogo nella Roma papalina per mettere fine al Carnevale. 🇮🇹In seguito all’unità d’Italia questa usanza si è persa, ma non a Castignano, unico Comune in Italia ad aver tramandato questa tradizione ininterrottamente almeno sin dal 1861. 🥁Al suono della “Catubba”, i primi moccoli si ritrovano per le vie del borgo medievale e invitano tutti ad uscire di casa per accodarsi alla sfilata al richiamo “Fora fora li moccule!” 🔮Un rito magico e misterioso che affonda le radici nella notte dei tempi. 🌚La processione avviene a luci spente, senza illuminazione pubblica: l’affascinante e variopinto fiume di lumini colorati diventa un torrente di voci, luce e allegria che proietta tutti in un mondo antico e fantastico (a esorcizzare i malanni dell’anno passato e a propiziare fortuna per il futuro) e in un crescendo suggestivo, culmina in Piazza San Pietro per la tradizionale battaglia, da cui scaturisce il falò purificatore. 🎆Lo spegnersi del fuoco e la spettacolarità dei fuochi d’artificio segnano la fine del carnevale e l’inizio della Quaresima. #guesthousevalledelleden #bbvalledelleden #grottammare #castignano #unitàditalia #fuochidartificio #catuba #carnevalestorico #carnevale #moccoli (presso Carnevale Storico Castignanese) https://www.instagram.com/p/CpHmp7gtMAl/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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[3] - I Cattivi Selvaggi
Bisogna ora iniziare la discesa. Il Barrio un cui ho vissuto per un anno e in cui sono poi ritornato diverse volte dal 2009 al 2014 ha bisogno di una sua storia specifica. Mi sarebbe piaciuto rimanere fedele il più possibile alle parole che furono dette quando quella storia mi veniva raccontata. Passammo molte ore e molti giorni camminando per le sue strade e ricordando cosa c’era e come stava cambiando, chi furono i primi “coloni” e chi arrivò dopo in cerca di fortuna o di un rifugio. Purtroppo molte di quelle chiacchierate sono oggi andate perdute nel senso che le registrazioni ed i video non sono più disponibili a causa di un malfunzionamento tecnologico e per mia superficialità. Rimangono però i ricordi e molti appunti sparpagliati. Le parole non sono quelle che potevano e forse dovevano essere, ma spero che la sostanza del discorso sia la stessa. Non c’è nulla da inventare. Si tratta solo di essere sicuri di poter mettere le cose al posto giusto.
La storia del Barrio iniziò all’inizio degli anni sessanta, da un’impresa pubblica colombiana che si occupava del taglio di alberi e del loro processamento per produrre carta, “Cartòn Colombia”. Cinque dei suoi lavoratori venivano da Lopez de Micai, sulla costa pacifica sud nel vicino distretto del Cauca. Di giorno tagliavano alberi e di notte rimanevano a dormire nell’accampamento predisposto dall’impresa. Quando rimasero solo pochi alberi, i cinque si chiesero cosa fare. In quell’epoca Buenaventura era ancora lontana ma la terra era vicina all’unica strada che la collegava all’entroterra. In meno di due ore di cammino si arrivava al Puerto. In canoa, dal vicino fiume Dagua i tempi si riducevano di poco. C’era acqua, c’era terra, c’erano ancora alcuni alberi e c’era una strada ad una giusta distanza dall’insediamento. I loro capi li lasciarono con qualche attrezzo e così mentre due di loro rientrarono sul Micai per chiamare le famiglie, gli altri iniziarono a costruire le loro case. Da madereros si trasformarono in coloni e poi in contadini e anche in minatori. La terra era uno dei tanti “territorios baldios” della Colombia: una terra di nessuno che era stata data in concessione ad un’impresa che poi si spostò da qualche altra parte e alcuni suoi lavoratori pensarono di occuparla invece di continuare a spostarsi (1). Nessuno di loro si immaginava in quei giorni che la città, quattro decadi più tardi, si sarebbe avvicinata minacciosa intorno a loro.
Quando arrivai a Buenaventura il Barrio era diviso in tre settori. C’era il Barrio Viejo dove vivevano i primi coloni. C’era il settore dei Refugiados che arrivavano da diversi villaggi del distretto del Cauca scacciati dalle loro terre dal Bloque Calima. E c’erano le Invasiones, che era una zona di espansione urbana a ridosso del colle del Barrio Viejo dove arrivavano famiglie e gruppi di persone montando case di fortuna con la speranza poi di stabilirsi. Il Barrio rappresentava ancora una frontiera tra Buenaventura e le foreste tropicali del Pacifico ma ormai la strada distava solo 20 minuti di cammino, il Puerto era a 45 minuti di colectivo e le case di molti altri quartieri della città dominavano la vista dal colle dove sorgeva il Barrio Viejo.
Durante il lavoro di campo centrai la mia attenzione soprattutto sul Barrio Viejo di cui feci un censo, casa per casa, per definirne condizioni economiche, numero di persone e per avere l’occasione di scambiare qualche parola su aspettative di vita, sogni o delusioni. Vi vivevano poco più di 800 persone, alcune in condizioni di indigenza estrema, soprattutto quelle che non appartenevano alle tre famiglie allargate principali che discendevano dai coloni orginari. I loro discendenti occupavano approssimativamente ancora le zone del barrio intorno alle terre allocate inizialmente, poi suddivise tra i diversi eriditieri. Negli anni ‘80 vi fu una seconda ondata migratoria di famiglie provenienti per la maggiorparte dal Chocò, quindi dal Pacifico nord, dovuta a trasferimenti “a catena” che seguirono i vincoli matrimoniali di membri di alcuni villaggi con i discendenti dei coloni originari. Questo generò diversi casi di parcellizzazione delle terre per la loro rivendita su cui si delinearono alcune gerarchie socio-economiche più durature che permisero certe specifiche forme di leadership locale. Tuttavia più che espandersi, il Barrio Viejo venne progressivamente urbanizzato trovandosi percorso dai processi migratori che riguardarono Buenaventura.
Tra questi il principale fu senza dubbio l’arrivo di rifugiati caucani all’inizio del nuovo millennio. La relazione che mantenni con il loro settore dipese da una serie di progetti di sviluppo che impegnavano la maggior parte delle giornate. Si trattava di tre unità produttive, due delle quali erano state realizzate nella “Riserva” mentre una sorgeva nel settore dei Refugiados. Avevano diversi obiettivi. Il principale era il raggiungimento negli insediamenti della cosiddetta “sovranità alimentare”, cioè di una quasi completa autosufficienza nell’approvigionamento di cibo. Speravano poi di generare una transizione produttiva dalle miniere d’oro che all’epoca impiegavano la maggiorparte dei maschi in età lavorativa del Barrio Viejo. Avevo infatti verificato che almeno una persona per famiglia si dedicava, anche in maniera saltuaria, alla “mineria”. Nel corso di tutti gli anni 00 fu attiva una grande miniera d’oro, quella di Zaragoza, sul fiume Dagua, che distava solo 50 minuti di colectivo. La maggiorparte dell’urbanizzazione più recente delle zone intorno al Barrio erano proprio di minatori che decidevano di spostarsi in maniera permanente a Buenaventura dopo aver lavorato lì. L’orientamento “organico” delle coltivazioni non seguiva quindi mode “globali” ma nasceva per spiegare l’importanza di una corretta alimentazione in zone ad alta contaminazione mineraria. L’impatto ecologico della miniera sull’ecosistema locale fu infatti vasto. Dopo anni di sfruttamento il corso dello stesso fiume Dagua era cambiato e le sue acque e molte delle falde acquifere che aprovigionavano il Barrio stesso erano state inquinate con mercurio ed altre sostanze tossiche che poi rientravano nella catena alimentare attraverso i pesci e le alghe che gli abitanti continuavano ad estrarre da lì. Quindi oltre a svariati ortaggi e frutte tipici della costa Pacifica vi erano anche allevamenti di galline, maiali e tilapie, un pesce di origini africane che aveva trovato nel Pacifico colombiano un habitat quasi perfetto per la sua riproduzione. Le unità lavorative erano gestite da cooperative che, soprattutto nelle fasi iniziali, quando si ricevevano sussidi ma non c’erano entrate monetarie, si reggevano sullo schema “cibo per lavoro” dei soci. Questo fattore costituì, purtroppo, la debolezza strutturale del progetto poichè fece desistere molte persone nelle fasi iniziali contraddistinte da molto lavoro e quasi nessun guadagno rendendo poi molto difficoltoso il loro reinserimento nelle fasi successive segnate, invece, da maggiori entrate monetarie e da minor desiderio di condivisione dei proventi. La collaborazione con i rifugiati caucani e con il loro leader, Don Agapito, fu comunque essenziale per generare percorsi formativi che riguardavano famiglie di “ex pescatori” o di “minatori” con minore dimestichezza nei lavori dei campi e nella gestione delle coltivazioni organiche. Servì anche per alleviare invidie e costruire ponti tra due mondi molto vicini ma "tagliati” dalla guerra per il Puerto, tra chi con estrema difficoltà aveva tirato su una casa e una famiglia e chi dopo aver perso tutto, riceveva sussidi per ricostruirsi una vita.
Dalle Invasiones, invece, arrivavano continuamente sorprese che avevano le sembianze di persone improbabili che a giorni alterni si facevano una camminata per salutare Josè e scambiare due chiacchiere con chi incontravano. C’erano personaggi di ogni tipo: da vecchi camionisti disoccupati a raspachines che avevano abbandonato il lavoro con la coca per poter diventare minatori, fino a venditori ambulanti di pesce, stregoni che vendevano pozioni magiche ed amuleti e ballerini e ballerine dei club di “salsa brava” (salsa cattiva) come chiamavano, da quelle parti, le balere che rimanevano aperte 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Grazie alle Invasiones dalla via del Barrio Viejo ogni giorno vedevamo scorrere un vasto campionario di persone in cerca di fortuna arrivate da tutti gli angoli del Pacifico colombiano. Vista l’origine rurale del Barrio l’incontro con queste alterità aveva una certa importanza nel riportare le atmosfere del Barrio Viejo dentro i mondi urbani di Buenaventura. Forse anche per questo dopo le 5 del pomeriggio, più o meno, tutti ben vestiti e con i capelli in ordine iniziavano quello che nel sud Italia si chiama “lo struscio”, cioè il passeggio continuato di due o tre vie per vedere e farsi vedere, fare due chiacchiere e quattro risate fino alla cena, quando si rientrava nelle case e le strade si facevano buie a causa della quasi inesistente illuminazione pubblica. Le musiche erano offerte da chi aveva gli altoparlanti e mantenevano la salsa come rigoroso sottofondo. Chi poteva si beveva una birretta comodamente seduto su una sedia posizionata davanti alla porta di casa da cui godeva della brezza del tramonto e della bellezza locale. Le migliori serate erano quelle che seguivano a una pioggia rinfrescante quando era più piacevole sfoggiare nuovi monili oltre che indumenti e scarpe acquistati da poco in qualche negozio del Puerto.
Per tentare una descrizione sintesi, il Barrio sembrava un luogo di racconti ancestrali che non terminavano mai. Vista la sua posizione esterna ma dentro la città, si viveva dentro un’atmosfera sospesa che forniva una naturale inclinazione a non cercare troppi dettagli e troppe spiegazioni. Chi arrivava in visita a volte diceva di sentirsi nella Buenaventura di molti anni prima quando ci si poteva ubriacare di notte e finire a dormire su di una panchina del molo turistico certi che non sarebbe accaduto nulla o dove le case delle persone non avevano le sbarre e porte e finestre rimanevano aperte. Chi si spingeva fino a questo limite estremo della città, superate le paure iniziali, alla fine provava uno strano senso di tranquillità. Sapeva che non gli sarebbe accaduto nulla. Era questa un’impressione ricorrente che molti imputavano alla vicinanza della foresta, all’assenza dei rumori costanti della città e in generale a una vita che ancora aveva poco di urbano scandita da persone che richiamavano alla memoria i villaggi lungo i fiumi da cui un pò tutti erano arrivati o in cui avevano famiglia e parentele. A spaventare semmai erano alcuni luoghi specifici che ne avevano segnato la storia recente e dove era meglio non andare, specialmente se non accompagnati, per non “fare arrabbiare gli spiriti”, come diceva Vilma.
Il principale era un campo di calcio che si trovava a metà del cammino che collegava il Barrio Viejo con quello dei Refugiados ed era non lontano dalla cosidetta “casa dei Paisas” (la casa dei bianchi e\o la casa dei narcos) che ho descritto brevemente nel post 2.2. Molti abitanti raccontavano che in quella zona i gruppi armati eseguivano le esecuzioni dei loro condannati a morte. Di solito capitava di notte quando si ascoltavano i rumori di vetture, normalmente dei taxi, accompagnati da moto cui poi seguivano quelli degli spari. Durante la mia permanenza la pratica era cessata, ma riguardava un passato molto recente del Barrio, pochi anni prima. Le autorità ufficiali consideravano tutta quella zona, insieme ad altre nella comuna 12, un “cimitero informale” della città che era un modo politicamente corretto per segnalare la probabile esistenza di fosse comuni per cui mancavano la volontà politica o la forza necessarie per scoperchiarle. Anche per questo esisteva una regola non scritta che consigliava a tutti un coprifuoco notturno più o meno dopo le 10 di sera. Chi voleva uscire doveva farlo preferibilmente prima e rientrare la mattina successiva. La ragione di questa prassi non stava in un divieto imposto da qualcuno. Era semmai un’usanza di chi voleva evitare di vedere e farsi vedere da una di quelle carovane della morte.
Scandagliando tra i racconti del Barrio la casa dei Paisas era certo il luogo maggiormente collegato alle storie presentate nei post precedenti. Era usata per le fughe che spesso si tramutavano in memorabili feste dei fedeli di Don Diego prima e di Varela poi, gli ex soci dei Rodriguez-Orejuela. Quando arrivavano i loro scagnozzi, alcuni raccontavano che di solito distribuivano mance e che era meglio camminare seguendo altre vie. Per quasi tutti diventava impossibile mantenere dei contatti con il settore dei Refugiados. La casa dei Paisas rappresentava quindi a tutti gli effetti una frontiera urbana che si chiudeva ogni volta che un Capo si dava alla latitanza. Di solito nessuno sapeva nulla sul nuovo arrivato ma era probabilmente un “paisa” (bianco) sul quale in poco tempo inziavano ad ascoltarsi voci che raccontavano ogni nefandezza di cui era capace. Spesso si mettevano in movimento dei pick-up pieni di gente armata che facevano continuamente la spola tra la casa e la strada principale a valle dando l’idea di voler marcare un territorio che era tornato invalicabilie per quelli di afuera. Questo, di solito, serviva anche per zittire un certo vociare e metteva tutti in guardia circa un rischio più concreto di scontri armati e di tiroteos (sparatorie). In quei frangenti, il Barrio si trovava in ostaggio di personaggi che non conosceva e che appartenevano, in un modo o nell’altro, a quelle storie di cui ho scritto in precedenza.
Esistevano analoghi ricordi che raccontavano di almeno altre due ondate di militarizzazione questa volta però da parte dell’esercito regolare, subite negli anni del Bloque Calima e a causa degli sviluppi della guerra a Buenaventura. In un caso in particolare, i militari che non erano interessati a pattugliare i quartieri dove stavano avvenendo le stragi dei “para”, si posizionarono lungo i bordi esterni della città da cui pare la difendessero dall’ingresso di gruppi irregolari provenienti da zone al di fuori dell’area urbana. Ufficialmente controllavano ogni ingresso di persone, evitando l’approvvigionamento di armi o di sostanze illegali. Per via della sua posizione il Barrio sorgeva, infatti, in un punto di snodo logistico strategico della guerra di guerriglia. Per questo i soldati, quelli regolari, si stabilirono in due dei suoi punti di accesso: a sud, sul versante della “foresta”, e ad est in direzione della casa dei Paisas ma ad una buona distanza. Da lì coprivano eventuali ingressi dal vicino fiume Dagua e da alcune verede non molto lontane che si diceva stessero con le FARC. In quelle settimane alloggiarono dentro due costruzioni che venivano altrimenti utilizzate per le assemblee del Consiglio Comunitario (il cui riconoscimento ufficiale in base alla Ley 70 avvenne nel 2013) e per diverse attività con le ONG locali. Nei racconti degli abitanti le regole sul coprifuoco e le atmosfere non cambiavano. Molti di loro ricordavano di aver provato sensazioni analoghe, di sentirsi in ostaggio oltre che strumento delle guerre di altri. Inoltre i ragazzi del quartiere invece di ricevere mance, di solito venivano perquisiti mani al muro e con modi non proprio amichevoli.
Durante la mia permanenza le modalità della presenza di gruppi armati “esterni” o de afuera, come ci si riferiva in generale a questo tipo di dinamiche, cambiò radicalmente rispetto a quei racconti. Non vi furono manifestazioni così nette di potenza. Al contrario si viveva una quotidianità scandita da apparizioni molecolari che generarono comunque trasformazioni anche radicali nei rapporti locali di potere, seppur su di un arco temporale più ampio. Erano in azione dispositivi disciplinari più sottili che avevano, forse, maggior presa sugli abitanti proprio per via di quei ricordi. Erano preferiti o erano più facilmente accettati perchè emotivamente meno dolorosi. La vita proseguiva senza essere messi di fronte forzatamente al “reale di Buenaventura”. Gli eventi culmine, a volte anche estremamente violenti, non erano certo terminati. Tuttavia sembrava che vi fosse una distribuzione immaginaria degli abitanti che permetteva di localizzare quegli eventi dentro precise storie di vita o di ricondurli a reti identificabili di persone. L’evento, più o meno violento, era per questo sempre analizzato in un quadro punitivo. In alcuni casi appariva quasi meritato, perchè non più casuale o generalizzato, ma indirizzato e chirurgico. Creava uno campo emotivo in cui oppressione e liberazione si fondevano dentro una rabbia personale in cui il singolo trovava un oggetto preciso contro cui sfogarsi; il colpevole di turno. Poco importava che, in alcuni casi, come verificai personalmente, si trattava di capri espiatori che poco avevano a che fare con i fatti per cui li si incriminava. Ciò che veramente risultava efficiente era la catarsi prodotta dallo spettacolo della punizione, perchè non riguardava più tutti. Invece di produrre “impotenza”, come durante le militarizzazioni, localizzando “il male del Puerto” tra quelli che avevano fatto delle “scelte sbagliate”, la punizione confermava la bontà delle azioni delle istituzioni intermedie che orbitavano intorno al Barrio. Per rendere tutto questo possibile, i dispositivi disciplinari seguivano una tattica di base: generare continui tagli nel corpo sociale del Barrio. Ciò avveniva in due modi principali: 1. usando momenti “decisivi” che obbligavano gli abitanti a scegliere un campo da cui osservare lo svolgersi degli eventi e 2. facendo circolare ex ante narrazioni che fornivano “teorie credibili del mondo” che preparavano l’interpretazione di quegli stessi eventi e degli assestamenti che ne sarebbero derivati.
Per tentare una migliore descrizione di tutto ciò, proverò a suddividere “tre epoche” stabilite seguendo le denominazioni ufficiali delle istituzioni intermedie che si diceva coordinassero i gruppi locali “di frontiera”, sia quelli che si erano professionalizzati dopo la paramilitarizzazione della città, sia quelli che ancora costituivano socialità giovanili spontanee. Seguirò inoltre le narrazioni dominanti che piegavano gli eventi di quegli anni nella Comuna 12 dentro “un conflitto armato” che riguardava solo “los malos” (i cattivi), come gli abitanti si riferivano in generale a coloro che si diceva integrassero quelle istituzioni intermedie. Come già scritto in precedenza, distinguerò però tra i muchachos o i combo, per riferirmi a formazioni che appartenevano al mondo di adentro (conosciuti o del Barrio) oppure a gang o pandillas per richiamare un gergo poliziesco, a volte usato per nominare formazioni e socialità di afuera (di un’altra zona o di un’altra rete). Su queste premesse, la prima epoca fu l’epoca dei “Rastrojos”, la seconda quella del “passaggio” e la terza quella degli “Urabeños”. Ognuna di queste epoche fu contraddistinta da cambiamenti di leadership locale, da diversi flussi di fondi pubblici e di Ong e da alcuni momenti “decisivi”.
Per non appesantire eccessivamente la lettura, le proporrò nel prossimo post.
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#NewsPA - II Circoscrizione, riaccesi 120 punti luce. Dichiarazione consigliera comunale Leto, del presidente II Circoscrizione Federico e del consigliere II Circoscrizione Colletti
«Con l’accensione di via Giacomo Alagna si scrive la parola fine a un disservizio che durava più di sette anni: un intero circuito compreso nelle vie Funaioli, via Pigafetta, via Ferrari Orsi, fondo Tinnirello e vie limitrofe, che comprendeva ben 120 pali di illuminazione pubblica, finalmente riacceso… Read More «Con l’accensione di via Giacomo Alagna si scrive la parola fine a un disservizio…
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La regola d'oro.
Quando siamo illuminati dalla fede e facciamo esperienza della generosità e dell'amore gratuito ed infinito di Dio, quando soprattutto la sua misericordia ci risolleva dal peccato, non possiamo non aprirci allo stesso amore verso di lui, pur con i nostri limiti, e verso il nostro prossimo. In questo contesto leggiamo e meditiamo oggi le parole di Gesù: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti». Potrebbe sembrare che la nostra carità verso gli altri debba partire dalla dose e dall'abbondanza del nostro egoismo; Gesù vuole farci intendere che la misura giusta dell'amore è Lui stesso che ci parla e ci darà la suprema testimonianza di amore con il dono della sua vita nell'immolazione della croce. È in Lui che impariamo ad amarci nel modo giusto, e con l'amore che egli ci dona che riusciamo ad amare disinteressatamente il nostro prossimo. Questa è la novità che è venuto a portare nel mondo, questa è la perla preziosa da coltivare nel cuore e da preservare dai porci che la inquinano e la corrompono. Sarà ancora l'amore a darci la giusta direzione nel difficile orientamento della vita preservandoci dalle facili illusioni che fanno credere che le porte e le vie più larghe e spaziose siano quella da imboccare e da percorrere nei nostri itinerari dello spirito. «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa». «Quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!». La vita è il Regno di Dio in noi. È per questo che Gesù, parlando in parabole, ci dirà che per avere quel tesoro nascosto o quella perla preziosa, dobbiamo essere disposti a spendere tutto per averla: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». Trovare il vero tesoro e la perla veramente preziosa implica la continua ed assidua ricerca, implica prima ancora una interiore illuminazione dello spirito che ci renda capaci da valutare e di scegliere. Chi sa se Gesù ancora oggi e con maggiore amarezza non debba ripetere: quanto pochi sono quelli che la trovano!».
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Partenze, destinazioni e cambiamenti dell’emigrazione
di Pino Cinquegrana – Antropologo Verso la metà del XIX secolo l’era della diligenza lascia il posto alle automobili, alle prime carrozze ferroviarie, alle prime traversate in aereo. A Brooklyn, il 24 maggio 1883, viene aperto al traffico il famoso ponte sospeso sulle acque. Intanto i paesi dell’Angitolano si dotano della illuminazione tra le vie del paese e del telegrafo e, a partire dalla…
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Marsala: controlli nel centro storico, 6 persone denunciate e 11 segnalate
Marsala: controlli nel centro storico, 6 persone denunciate e 11 segnalate. I Carabinieri della Compagnia di Marsala, unitamente ai colleghi del 12° Reggimento Sicilia, hanno eseguito una serie di servizi, prevalentemente presso il centro storico, al termine dei quali sono state denunciate per vari reati 6 persone, tutte marsalesi. Un 39enne ed un 40enne sono stati denunciati per furto aggravato di cavi di rame in quanto sarebbero stati sorpresi ad asportare cavi dall’impianto di illuminazione pubblica. Un pregiudicato 30enne, già denunciato dai Carabinieri tre volte negli ultimi mesi per vari furti tra i quali un mezzo per disabili e altri veicoli, sarebbe stato sorpreso in sella ad una bici elettrica che da accertamenti è risultata compendio di furto motivo per il quale è stato denunciato per ricettazione. Bici riconsegnata all’avente diritto. Tre marsalesi, durante l’identificazione di soggetti fermati tra le vie del centro storico, sarebbero stati sorpresi in violazione del divieto di accesso in aree urbane (DACUR) cui erano sottoposti. Nel medesimo contesto operativo sono state segnalate alla Prefettura di Trapani 11 persone per la detenzione di modica quantità di sostanze stupefacenti presumibilmente da utilizzare per uso personale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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DIECI DEGLI AFORISMI SIMBOLICI DI PITAGORA. 39 dei detti simbolici di Pitagora furono interpretati da Lamblico. 10 tra i più rappresentativi di questi aforismi sono di seguito riprodotti con una breve interpretazione dei loro significati nascosti. I. Rifiutando le vie pubbliche, cammina per sentieri poco frequentati. Con ciò si deve intendere che coloro che desiderano la saggezza devono cercarla nella solitudine. II. Governa la tua lingua prima di ogni altra cosa, seguendo gli dèi. Questo aforisma avverte l'uomo che le sue parole, invece di rappresentarlo, lo travisano e che in caso di dubbio su ciò che dovrebbe dire, dovrebbe sempre tacere. III. Il vento che soffia, adora il suono. Pitagora qui ricorda ai suoi discepoli che il fiat di Dio è ascoltato nella voce degli elementi e che tutte le cose in Natura manifestano attraverso l'armonia, il ritmo, l'ordine o il procedimento gli attributi della Divinità. IV. Aiuta un uomo a sollevare un peso; ma non aiutarlo a deporlo. Lo studente è incaricato di aiutare i diligenti, ma mai di aiutare coloro che cercano di eludere le proprie responsabilità, poiché è un grande peccato incoraggiare l'indolenza. V. Non parlare di preoccupazioni pitagoriche senza luce. Il mondo è qui avvertito che non dovrebbe tentare di interpretare i misteri di Dio ei segreti delle scienze senza illuminazione spirituale e intellettuale. VI. Partiti da casa tua, non voltarti indietro, perché le furie ti saranno al servizio. Pitagora qui avverte i suoi seguaci che chiunque cominci la ricerca della verità e, dopo aver appreso parte del mistero, si scoraggi e tenti di tornare di nuovo ai loro precedenti modi di vizio e ignoranza, soffrirà enormemente; perché è meglio non sapere nulla della Divinità che imparare un po' e poi fermarsi senza imparare tutto. #Pitagora #filosofia #love #instagram #instagood #instalike #followme #happy #bambini #meditazione #yoga #smile #beauty #volontariato #surya #rishikesh #monza #inglese #formazione #studiogayatri #reiki #india #biennio #autostima #universitàpopolare #offertalibera #insegnanti #filosofieorientali #pensieri #frasi https://www.instagram.com/p/CZCi_5tM0fZ/?utm_medium=tumblr
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