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#il sorriso della iena
mariocki · 2 years
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Il sorriso della iena (Smile Before Death, 1972)
"A corpse is like a guest: after three days, they stink."
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gorgonaghs · 2 months
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Gramma 25
Agapith moy mana, mio padre è un coglione, un grandissimo coglione!
In due anni ha speso 270.000 non si capisce come, la maggior parte per pagare l'Alessandra che lavora per Germano senza che lui lo paghi.
Non è più in grado di fare l'architetto e ci perde tantissimi soldi, non è più in grado di gestire i suoi conti e le pulizie, non è più in grado di stare da solo.
Io devo farmi carico di lui e non ne ho voglia, mi fa arrabbiare e la sua capacità di farsi fregare mi manda in bestia.
Anche la Francina si sta approfittando di lui facendolo lavorare gratis per fare il tetto di varallo come vuole lei, è una grandissima stronza.
In Italia tutti si approfittano di tutti, devo stare sempre all'erta, parlare poco, raccontare poco, lottare.
Non che qui sia diverso, la mia prof di Aalto è una iena, talmente in carriera da stare così male da dover scrivere un corso per autoterapia.
Il mondo universitario è così competitivo che rende le persone malate, infelici, incapaci di prendersi i propri tempi per le persone a cui si vuole bene.
Non va bene, non è giusto, non è sano.
I Greci sono delle bestie, anche loro si approfittano di tutto non fanno niente per niente.
Stando in Finlandia ho capito che il mondo non è più facile o più difficile al nord, che le persone e gli uomini sono difficili intuiti i posti e che l'unica cosa che si può fare è lottare, difendersi ed attaccare, con il sorriso sulla faccia come nella capoeira.
E' importante sapersi prendere i propri momenti di pausa, sono importanti gli amici perché il loro consiglio vale più di 1000 terapie e corsi motivazionali.
E' importante stare insieme alle persone e non isolarsi, condividere confrontarsi e scambiare, creare comunità.
Erica mi ha giustamente dato un diverso punto di vista sul ruolo della donna che riporterò a casa e metterò in pratica con Nico.
Devo stare calma, non farmi sopraffare dalle emozioni e dal nervoso, non avere paura del futuro.
Affrontare un problema per volta, sorridere a andare avanti, questa è la cosa più importante.
Non posso più sbroccare, devo tutelarmi e tutelare i miei figli.
Devo stare calma.
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title777 · 6 months
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Rosalba Neri:
Watched:
Top Sensation 1969
La bestia uccide a sangue freddo 1971
La figlia di Frankenstein 1971
Alla ricerca del piacere 1972
Must watch:
Feuer frei auf Frankie 1967
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Der heiße Tod 1969 !
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Fieras sin jaula 1971 !!
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L'amante del demonio 1972 !
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Il sorriso della iena 1972
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Casa d'appuntamento 1972 !
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Il plenilunio delle vergini 1973 !!
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I racconti di Viterbury - Le più allegre storie del '300 1973
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Tony Arzenta (Big Guns) 1973
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The Arena 1974 !!
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La casa della paura 1974 !!
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giallofever2 · 5 years
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tvln · 6 years
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il sorriso della iena / smile before death (it, amadio 72)
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splatteronmywalls · 6 years
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outofhandsblog · 3 years
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TW: Molestie
Non importa come abbia reagito la ragazza in questione per vari motivi:
1. *Non è sempre tutto come sembra*
La ragazza ha sorriso. So what?
Un sorriso può avere vari significati.
Anche il disagio e l'umiliazione possono celarsi dietro un sorriso.
2. *la reazione della ragazza non era preventivabile*
Come facevano quei simpaticoni della curva nord a sapere che non sarebbe scoppiata in lacrime? o che non si sarebbe incazzata come una iena?
Non lo potevano sapere ma hanno agito comunque perché chissene fotte.
Se piange è una frigida, frignona e pure cessa che dovrebbe ringraziarci di averla considerata.
Se si incazza se la prende per nulla, non sa stare al gioco, scopare le farebbe bene etc.
In ogni caso, l'uomo bianco è abituato a non avere mai torto e a non pagare mai per i suoi sbagli.
3. *escalation di comportamenti simili*
Diamo per scontato che quella ragazza non si sia sentita minimamente offesa, ciò non rende il gesto meno vile perché legittima comportamenti simili indirizzati, prevalentemente ma non esclusivamente, al sesso femminile.
Domani un gruppo di uomini si renderà colpevole di simili azioni nel luogo di lavoro e pretendera dalla vittima una reazione docile e permissiva.
Perché per voi è solo un gioco.
Siamo noi donne a dover subire sistematicamente questi comportamenti.
Non solo al bar o in discoteca.
Non solo quando ci mettiamo i tacchi e la minigonna.
Anche quando andiamo a guadagnarci onestamente e dignitosamente la pagnotta.
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kymyit · 3 years
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Meeting the professor
-Chiudi la bocca, Weisz.- Weisz ammutolì per qualche secondo, poi si riscosse. -Buon giorno anche a te, iena spaziale.- borbottò accennando all'altro un inchino a braccia aperte. Si era appena svegliato e la prima frase che Laguna gli rivolgeva era: "Chiudi la bocca, Weisz." Frugò seccato fra le lenzuola alla ricerca dei boxer, ma non riuscì a distogliere lo sguardo per troppo tempo da Laguna, che si stiracchiava come un gatto con indosso la sua felpa. Solo la sua felpa. E dato era abbastanza larga, creava uno strano effetto su di lui. Gli dava quasi un'aria innocente, con l'inguine a malapena nascosto dal bordo e le punte delle dita che sbucavano dalle maniche. Per non parlare dei capelli in disordine e dell'aria assonnata. Assonnata ma sempre sveglissima quando si trattava di provocarlo dalla mattina. -Buongiorno.- gli disse tirandosi su, per poi scoccargli un bacio sulla guancia e dirgli -Andiamo a fare colazione prima che Rebecca e Couchpo divorino tutto.- Lentamente, ancora intorpidito dal sonno, s'infilò gli slip e i pantaloni, si sistemò la felpa addosso e poi si diede un'aggiustatina a capelli e trucco. Il tutto mentre Weisz si rivestiva a sua volta. Quando Laguna fu pronto, fece per uscire, ma Weisz saltò su. -Aspetta, vieni così?- Laguna inarcò il sopracciglio, poi si guardò. -Vuoi che venga in baby doll e calze a rete?- -No, ma la mia felpa... - Laguna alzò gli occhi al cielo. Eccolo lì, di nuovo... Parlava di culi e tette dalla mattina alla sera, ma quando gli prendeva la mano in pubblico, o faceva qualsiasi altra cosa che metteva in mostra la loro relazione, arrossiva come una mammola. -Ancora?- gli chiese -Sanno che non facciamo solitari la notte.- -Sì, ma... - Laguna represse l'istinto omicida. E dire che si era svegliato bene ed era pieno di tanti buoni propositi. Voleva sfotterlo di meno, coccolarlo di più, fargli capire che amava anche passare del tempo tranquillo in sua compagnia. Stavano insieme da quasi tre mesi, ma Weisz era in qualche modo bloccato. Ne avevano parlato diverse volte. Mettendosi con lui, il biondo aveva messo in discussione tutto se stesso. Era passato dall'essere un donnaiolo incallito a scoprire di essere bisessuale e Lagunadipendente nel giro di poche settimane. Temeva che l'immagine che gli altri avevano di lui finisse per indebolirsi. Lui era quello duro, un ribelle, un uomo di mondo, quello che non deve chiedere. Aveva una visione virile di sé e non era tanto il piacergli un uomo a disturbarlo, quanto il mostrarsi dipendente. Aveva bisogno di trovare un equilibrio e Laguna lo capiva. Perciò pazientava, ma iniziava ad avere bisogno di esternazioni quotidiane, non solo al sicuro della camera da letto. Lui aveva superato la fase dello "Oh santissima Mother mi piacciono gli uomini" praticamente durante l'adolescenza, ma era già un tipetto che se ne fregava altamente del giudizio altrui. Weisz no. Iniziava a sospettare che durante quelle conversazioni non gli avesse detto proprio tutto, che ci fosse ancora qualcosa a bloccarlo, perciò pazientava e aspettava che parlasse. Nonostante l'altro mostrasse poco le sue emozioni, Weisz riuscì a decifrarle comunque. Non gli stava solo dando un dispiacere, lo stava offendendo col suo comportamento. "Sono un idiota... " si disse e gli prese la mano. -Volevo dire che dovrei proprio metterla in lavatrice.- provò a rigirare la frittata. Un maldestro tentativo di rimediare, ma Laguna lo accettò di buon grado e strinse la sua mano. Quando arrivarono in mensa, la ciurma era riunita al completo ed erano tutti su di giri, in particolare Rebecca ed Happy. -Che succede?- domandò Laguna. Quando l'attenzione si spostò su di loro, Weisz s'irrigidì appena e il suo primo istinto fu quello di lasciargli la mano, ma non ci riuscì, perché lo Spirito dell'Acqua gliela tenne ben stretta. Gli altri dedicarono a quel dettaglio e alla felpa ben pochi istanti, quasi impercettibili, erano troppo galvanizzati dalla novità. Infatti, Rebecca rispose subito: -Il professore sta venendo a farci una visita!- Weisz inarcò il sopracciglio. -Quando?- -Chi?- domandò Laguna sedendosi. -Il professor Weisz!- rispose Rebecca. Dopo un attimo di confusione, lo Spirito dell'Acqua fece cenno a tutti di non aggiungere altro e versò il caffè per sé e Weisz. Ne bevve qualche sorso e attese che la caffeina facesse il suo effetto. Poi riuscì a mettere insieme le informazioni in suo possesso, basandosi sui racconti di Jinn, Shiki e Witch. -Capisco.- disse -In pratica la sua versione più intelligente.- Weisz masticò un insulto a mezza voce, poi domandò: -Che ci viene a fare?- -Dobbiamo discutere di alcune cose.- rispose Witch -È chiaro che sappia qualcosa su Ziggy e Pino. È ora di mettere le carte in tavola.- Pino bevette il suo succo, con una crescente ansia ed emozione in lei. Forse i misteri sulla sua memoria sarebbero stati dipanati. La cosa la preoccupava ed emozionava al tempo stesso. -Che tipo è?- domandò Laguna. -Più affascinante di Weisz Junior.- rispose Rebecca. -E più responsabile!- infierì Happy. -Ehi!- berciò il diretto interessato. -Potremmo filmare l'incontro!- soppesò la ragazza. -Non ignorarmi!- sbottò il biondo. Laguna si godette il siparietto con aria rilassata, divertito dalla novità. Incontrare il Weisz adulto e maturo di cui tutti parlavano sempre bene lo incuriosiva non poco. Sarebbe stato solo un po' strano. Come da accordi, incontrarono il professor Weisz su un pianeta nelle vicinanze. Rebecca ed Happy andarono a prenderlo con una navicella per portarlo sull'Edens e quando il trio sbarcò nell'hangar della corazzata, la ragazza e il gatto erano al settimo cielo. -Vedrai, ti piacerà stare qui per un po'!- -Il cibo è buonissimo!- -Magari Sister può fare qualcosa per il tuo braccio!- -Abbiamo delle terme fantastiche!- -Calma, calma!- esclamò quello, arginando gli entusiasmi. Alzò lo sguardo e vide la ciurma al completo che osservava la scena, incuriosita. -Avete messo su un bel gruppetto di amici, eh?- sorrise- -Sì!- esclamarono Happy e Rebecca raggianti. Shiki si precipitò a presentarsi e a dichiarare amicizia, visto che non avevano mai avuto occasione di farlo per bene. Quando il professore gli strinse la mano di buon grado, lui si voltò verso Weisz. -Lui si che è una brava persona.- -Una persona responsabile.- continuò Rebecca, con Happy che faceva da eco. -Ehi, mi sto offendendo!- sbottò Weisz sentendosi toccato. Quando però lo sguardo del professore si posò su di lui s'irrigidì e sentì le viscere contrarsi. Era assurdo trovarsi davanti il sé stesso invecchiato. Un conto era vederlo attraverso uno schermo o un ologramma, dal vivo era tutta un'altra cosa. Era inquietante... E per di più aveva una orrenda stempiatura. E sembrava proprio uno di quei nerd noiosi... se non avesse visto la ragazza coniglio abbracciarlo con i suoi occhi non gli avrebbe dato un soldo bucato. Diavolo, sarebbe davvero finito così? Ok essere un genio, ma aveva una visione più esteticamente figa del se stesso futuro! -Vedo che hai cambiato pettinatura.- esclamò il professore -Oh e questa bellezza... - Weisz trasalì. Quello che il professore aveva chiamato "questa bellezza" non amava essere scambiato per una donzella. Guardò di sottecchi Laguna, aspettandosi che rispondesse a tono o che nel peggiore dei casi massacrasse l'ospite (ma con stile), ma poi l'uomo afferrò le mani dello Spirito dell'Acqua e gli sorrise. -Tu sei il suo ragazzo, vero?- -Cos- -Sì.- confermò Laguna. -Hai fatto la spia!- Weisz accusò subito Rebecca. -Ma non è vero!- Il professore rise. -Ma no, ma no! Conosco i miei gusti e poi si capisce guardandovi!- -Sbrigati ad invecchiare, Weisz Junior, magari ti cresce il cervello.- -Vaffanculo, Laguna. Ok?- Il professore rise. -Decisamente, state bene insieme.- -Ma se si battibeccano in continuazione?!- fece Homura. -Quello non significa nulla.- rispose il vecchio Weisz -Aggiunge un po' di pepe alla cosa, giusto?- -La sua maturità è quasi anomala.- commentò Laguna e Weisz lo trucidò con lo sguardo. In quel momento capì che la permanenza del se stesso del presente sarebbe stata il suo inferno personale. E infatti, fu così. Laguna andava schifosamente d'accordo col professor Weisz. Parlava con lui senza sfotterlo, con educazione, rispetto e complicità. Ascoltava le sue "dissertazioni scientifiche" con grande attenzione e, cosa peggiore di tutte: rideva. Rideva, sorrideva, era schifosamente divertito da lui e sul suo sorriso non sembrava esserci la benché minima ombra di maliziosità. A parte quando si erano messi a parlare di questioni piccanti e il professore gli aveva spiattellato il suo mortale segreto. Lo aveva praticamente venduto! Aveva venduto entrambi!! -Dietro l'orecchio?- soppesò Laguna -Me lo ricorderò.- Oh e se lo aveva ricordato a letto quella notte. -Che fai!- aveva urlato cercando di sfuggirgli. -Non fare così, Junior. Weisz senior mi ha detto che ti eccita se ti leccano dietro l'orecchio.- -Ora che so che te l'ha detto lui non mi eccita più!- aveva cercato di opporsi, di lottare, di staccarselo di dosso, di allontanargli la testa dalla bocca, ma Laguna lo teneva abbracciato saldamente e alla fine la ebbe vinta. Su tutti i fronti. Weisz strinse lo stipite della porta, osservandoli di nascosto e rodendosi l'anima. -Che stai facendo?- domandò Shiki, facendolo saltare sul posto. Non l'aveva sentito arrivare, -Nulla.- mentì. Jinn, che era con lui e Homura, scoccò un'occhiata all'interno e capì immediatamente il problema. Accennò un mezzo sorriso. -Smetti di ridere!- -Stiamo andando ad allenarci.- disse Homura -Vuoi venire con noi?- Weisz fu per rifiutare l'invito, quando udì la risata cristallina di Laguna. -Sì, meglio!- ruggì, Non era solo gelosia. Era incazzato nero perché Laguna sembrava fare gli occhi da cerbiatto morto al se stesso del presente, quando era LUI il suo ragazzo. Se voleva un tizio maturo poteva non sedurlo dall'inizio. Personalmente lo vedeva come un  comportamento da stronzo, ma sapeva benissimo che se fosse entrato in cucina in quello stato, non ne sarebbe uscito vincitore. Gli avrebbero riso dietro insistendo che le sue erano solo paranoie dettate dalla gelosia. Poteva già sentire la voce dell'altro dirgli -Cresci Weisz Junior- E santa Mother non aveva voglia di stare lì a guardare quei due fare i piccioncini. Si sentì derubato di tutto. Da se stesso. La vita era davvero stronza... Al poligono le cose non andarono meglio, dato che non riusciva a concentrarsi. Non beccava un bersaglio neppure pagandolo. Andò tutto così storto che era sicuro non potesse esserci giornata peggiore per lui. Alla fine, frustrato, lanciò il fucile a terra e gli diede un calcio, poi si sedette a terra, la testa fra le mani. Homura gli si avvicinò, con la spada d'Ether poggiata sulla spalla e fissò il bersaglio a cui aveva mirato. -Sei geloso, eh?- -Non hai proprio filtri, eh?- rispose piccato. Homura scosse il capo. -Le parole sono importanti. Se vuoi dire qualcosa a Laguna, devi dirgliela. Se vuoi fare qualcosa, fallo.- Weisz alzò il capo e la fissò. -Se aspetterai ancora, prima o poi... - -Non aggiungere altro.- la interruppe stringendo il pugno. -Lo so. Dannazione, lo so!- Sapeva cosa doveva fare, lo aveva sempre saputo, ma aveva sempre liquidato quella risposta, lasciando che il tempo sistemasse da solo il tutto, senza sforzo. Senza aggiungere altro, corse in mensa, da Laguna, perché aveva delle cose da dirgli. Cose importanti, prima di perderlo stupidamente. Laguna sorseggiò il suo cocktail azzurro. Il professore accanto a lui era un bell'uomo e poteva facilmente riconoscere i tratti di Weisz. Era una cosa assurda parlare con la versione invecchiata del suo ragazzo, ma interessante, quasi eccitante. Weisz Senior era un uomo carismatico, di mondo, era divertente e non temeva di esprimersi. Laguna poteva cogliere quella scintilla di sicurezza in Weisz solo in alcune occasioni, per il resto lo trovava molto insicuro e questo nonostante il biondo si nascondesse dietro una facciata da teppista scassacazzo. Sapeva benissimo che il più giovane stava crescendo, mentre il vecchio aveva già fatto le esperienze che lo avevano maturato, eppure... -Rebecca mi ha accennato qualcosa.- iniziò ad un tratto il professore, pensieroso -Riguardo te e quei due fratelli.- Laguna tacque, aspettando un discorso che già conosceva. -Eravate fra gli uomini di Drakken Joe... - -Sì.- non mentì, tanto era inutile. -Tu sai cos'ha fatto?- Laguna gli guardò il braccio. Il professore sollevò l'arto meccanico. -Non solo questo.- Si sorprese. -Sai che... - -Ad un certo punto ho scoperto che era stato lui ad uccidere mia madre e non una malattia.- confermò l'uomo con aria grave -Ma non mi sono vendicato. Avrei buttato al vento la mia vita, perché non avevo la forza. Invece, questi ragazzi... il destino è qualcosa di ironico e grandioso, non trovi?- Lo Spirito dell'Acqua non rispose, si limitò ad annuire. Il professore continuò il discorso. -Pensa che sorpresa, scoprire che il me del passato, con ancora fresca la memoria di sua madre sul letto di morte, è riuscito ad innamorarsi di uno degli Elementi di DJ Zombie.- La sua aria era diventata tremendamente seria. Laguna poteva percepire col proprio Ether un mutamento in lui. Dopotutto l'acqua è presente in gran parte del corpo umano e lui la sentiva, anche se meno chiaramente di come poteva sentire Drakken Joe quando il legame alchemico era attivo. -È stato qualcosa che nessuno di noi due si sarebbe aspettato.- disse, in guardia. -Ah, ma non è un problema!- esclamò il professore -Dopotutto non è la mia vita questa.- -Bene.- fece Laguna, alzandosi in piedi per andarsene. Finì di bere il cocktail e rimise il bicchiere sul bancone. -Perché non avresti comunque il diritto di scegliere per la sua.- disse. Il suo sguardo serio fece sorridere il professore, che si alzò in piedi superandolo di una spanna. -Tagliente come una lama... è una cosa che mi è sempre piaciuta.- Avanzò, intrappolandolo fra sé e il bancone. Laguna lo allontanò, ma non riuscì a spostarlo di molto. Sembrava insospettabilmente solido per essere attempato. Il professore gli prese il polso col braccio meccanico. -Che diavolo stai facendo?!- lo fulminò lo Spirito dell'Acqua, ragionando se usare Tears Lover o meno. -A differenza dell'altro me, io non sono mai stato con un uomo, non ho mai provato. Voglio capire cosa mi sono perso.- -Beh, trovati un bordello spaziale.- cercò di liberarsi Laguna, ma inutilmente. -Andiamo, sono sempre Weisz. Fra una cinquantina d'anni sarò così, quindi puoi approfittarne per fare un salto sul futuro.- Era la peggior frase d'abbordaggio che avesse mai sentito... era talmente shockato che non reagì in tempo quando le labbra dell'altro s'impossessarono delle sue. Si divincolò, ma senza grande successo e quando il professore lo spinse ancora di più contro il bancone si sentì davvero in pericolo. Ok, era ora di passare alle maniere forti. Attivò Tears Lover e cercò di pestargli il piede con forza, ma non ci riuscì. -Che sta succedendo qui?- Impallidì. Con la coda dell'occhio, vide Weisz sulla porta, che li osservava con gli occhi spalancati. A quel punto, il vecchio professore parve abbassare la guardia e lui ne approfittò per pestargli il piede. Quello urlò, ma non lasciò la presa. -Weisz, posso spiegarti.- si affrettò a dire lo Spirito dell'Acqua, ma l'altro replicò: -Non c'è niente da spiegare!- disse serio e avanzò a passo di carica verso di loro con i marchi dell'Ether sul braccio. Afferrò la mano meccanica del professore che in un istante si scompose e ricompose in un ammasso informe. -Giù le mani dal mio ragazzo.- ordinò Weisz con aria omicida, per poi afferrare un incredulo Laguna e allontanarlo dall'altro e portandoselo alle spalle. -Ahiahiahiahi... -borbottò il professore, ancora dolorante a terra. Weisz continuò a stringere il polso di Laguna. -Weisz, da quanto... - -Sono appena arrivato.- disse secco, poi lo tirò via -Andiamo.- Laguna lo seguì, leggermente rosso in volto e molto, molto colpito. -Ora puoi lasciarmi la mano sai... - -No.- si oppose Weisz. -Prima non ho sentito bene.- Lo vide arrossire fin sulla punta delle orecchie e borbottare qualcosa. -Cosa?- Weisz si fermò nel corridoio e ripeté a voce più alta. -Giù le mani dal mio ragazzo.- A quel punto sarebbe dovuta arrivare la battuta, ma Weisz non diede tempo all'altro di dire niente, perché si voltò di scatto e gli afferrò le spalle. -Ok, Lovely, apri bene le orecchie:- iniziò, ricordando le parole di Homura -Non sono mai riuscito a dimostrartelo apertamente come avresti voluto. Sono stato egoista e codardo, ma ciò non cambia il fatto che ti amo!- Lo scandì a voce alta e probabilmente mezzo equipaggio lo aveva sentito, infatti, poteva vedere alcune teste far capolino, incuriosite dal tafferuglio. Weisz si sentiva abbastanza imbarazzato, ma anche felice di essere finalmente riuscito a dire una cosa così... semplice. Laguna restò semplicemente secco lì. Il biondo aspettò la sua reazione con grande ansia, ma con sua sorpresa, lo Spirito dell'Acqua lo baciò. -Anch'io, Arsenal.- Weisz sentì un grosso groviglio sciogliersi nel suo stomaco e ricambiò velocemente il bacio. Si guardarono negli occhi e le loro mani s'intrecciarono. Riunirono le bocche in un bacio più lungo e dolce, accompagnato da carezze sui volti arrossati. Quando si separarono, Weisz continuò a tenere stretta la mano di Laguna e lo accompagnò nella propria stanza senza fare scenate davanti agli altri, anzi, si tirò Laguna stretto a sé e non lo lasciò neppure quando furono soli, al riparo da sguardi indiscreti nella propria camera. Si appoggiarono alla parete, in preda alle effusioni. Le loro mani si separarono solo per cercarsi lungo i corpi e sotto i vestiti. Le labbra s'incontravano fra un bacio e l'altro sulla pelle del collo e delle spalle e le voci mutarono in sospiri, mentre i bacini si sfregavano. -Laguna... - sospirò Weisz, sentendo la propria virilità indurirsi. -Weisz... - Lo Spirito dell'Acqua gli mise una mano dietro la nuca e lo strinse a sé. Gli sollevò la felpa e scoprì il petto, per stuzzicargli l'addome. Weisz sussultò, mentre Laguna scendeva lungo i suoi addominali, solleticandogli l'ombelico con baci delicati. Gli calò appena i pantaloni per liberargli il sesso e prese a dare piacere anche a quello. Weisz si strinse contro la parete aggrappato alle spalle dell'altro, mentre quello glielo prendeva in bocca e gli regalava la fellatio più intensa che ricordasse. In preda alle sue labbra, Weisz non riuscì che a godere e restò con le spalle al muro ad ansimare e gemere. Ad un tratto, Laguna gli sollevò le gambe e con una manovra rapida riuscì a mettersele sulle spalle, inchiodandolo fra sé e la parete. Weisz affondò le dita nella sua chioma azzurra e gemette sonoramente, per tutto il tempo, in preda a quella bocca che sembrava più quella di un mostro prodigo di lussuria. Laguna succhiò e pompò il sesso del biondo ad un ritmo che sapeva l'avrebbe fatto impazzire. Sentiva il piacere incendiargli il basso ventre e i gemiti di Weisz, le sue mani e le sue gambe che si irrigidivano e contraevano su di lui, ogni suo sospiro. Lo stava portando alla deriva. Gli dava piacere al ritmo della sua voce, gli dava piacere per darsene a sua volta, solo il sentire Weisz godere così tanto gli mandava tutto il sangue fra le gambe. Aveva un'erezione dura e dolorante che gli premeva contro gli slip e i pantaloni attillati. -Lag... - Weisz annaspò, gli occhi liquidi di lussuria. Laguna aumentò la velocità delle pompate e lui s'irrigidì, con le punte dei piedi incurvate verso l'interno e le dita delle mani strette fra i capelli dell'altro. Si svuotò nella sua bocca, travolto dall'orgasmo. Poi restò accasciato contro la parete, con ogni muscolo del corpo intorpidito. Laguna si staccò da lui e inghiottì il suo seme, per poi ripulirsi di quello rimastogli sul viso. Lo fece scendere, sedendolo sulle proprie ginocchia. -Tu... sei... un mostro... - sussurrò Weisz. -Lo prendo come un complimento.- rispose dandogli una pacca sulla testa, per poi sussurrargli all'orecchio -È colpa tua... mi hai salvato... assumiti le tue responsabilità... - -Sarà fatto.- sogghignò il biondo e gli premette la mano sull'erezione. Laguna si morse il labbro, mentre col bacino si spinse contro il suo palmo. -Andiamo sul letto.- gli fece Weisz, passandogli una mano intorno alla vita e tirandolo su in piedi. Si lasciarono cadere sulle lenzuola e ripresero da dove avevano lasciato. Weisz si liberò dei pantaloni che aveva ancora infilati ad una caviglia e posizionandosi su Laguna, gli calò la lampo, per liberargli il sesso gonfio e turgido. Laguna si accomodò meglio sul materasso, stringendo il lenzuolo fra le dita. Weisz gli prese in mano l'erezione e iniziò a masturbarlo, mentre con l'altra mano, s'insinuava fra le sue natiche per prepararlo. Laguna inarcò la schiena nel sentire l'intrusione. Weisz aveva imparato piuttosto in fretta ciò che lo faceva impazzire e stava applicandosi con impegno a farlo uscire di testa. -Piano... -protestò. Di quel passo sarebbe venuto prima della penetrazione vera e propria. Weisz rallentò il ritmo e cercò di risvegliare il proprio sesso, che si era appena ammorbidito. Non fece una grande fatica, vedere Laguna con le guance imporporate e gli occhi languidi, bramoso di essere posseduto, l'avrebbe fatto rizzare a chiunque. Lo Spirito dell'Acqua si sollevò sulle ginocchia, alla sua altezza e sostituì la propria mano a quella del biondo, così che quello si dedicasse solo a prepararlo. Appoggiò il capo contro la sua spalla e sospirò profondamente, mentre le dita di Weisz affondavano in lui. -Weisz... - mormorò quando sentì di non resistere più -Va... - sospirò -Bene... così... - Weisz lo distese sul lenzuolo e s'inserì fra le sue gambe, portando il proprio sesso, di nuovo turgido e pulsante, a premere contro la sua intimità. Laguna si strinse fra le lenzuola e strinse i denti mentre entrava in lui. Weisz si mosse, affondando il proprio sesso in tutta la sua lunghezza e strappandogli alti e sonori gemiti. In quel momento non sentirono il bisogno di farsi battutine o di istigarsi, andava bene così, quel momento era perfetto così. Weisz continuò a spingere e Laguna strinse le gambe intorno al suo busto, inarcando la schiena ad ogni spinta, fino a quando non raggiunse l'orgasmo e il nome di Weisz gli sfuggi alto come un lamento, un grido d'immenso bisogno. -Mi sento tradito.- sbottò Weisz. -Esagerato.- ribatté Laguna -È solo una tazza di caffè.- Weisz osservò la suddetta tazza venir portata alle labbra dall'altro. Il pomo d'Adamo di Laguna andò su e giù mentre la bevanda nera veniva inghiottita. Il tutto con una lentezza rituale da brivido. -Solo tu bevi il caffè così.- -Uno che fa colazione con latte affogato nei cereali non può capire.- replicò lo Spirito dell'Acqua incrociando le gambe. Erano seduti entrambi sugli sgabelli della mensa. Quella mattina, ancora una volta, Laguna aveva preso la felpa di Weisz, che di contro aveva indossato la sua maglia a scacchi. Dopotutto non era stato male quanto accaduto la sera prima, se quello era il risultato. -Io almeno ci faccio colazione.- ribatté Weisz girando il cucchiaio nella sua tazza -Non un porno.- Laguna quasi sputò il caffè che aveva in bocca. -Un cosa?- Weisz mise su la sua miglior imitazione dell'altro. -L'aroma forte e robusto di questa miscela speziata ti avvolge voluttuosamente il palato, pervadendoti con la sua intensità travolgente. Seriamente. Mai visto un porno caffè così... - -Beh, di sicuro è sempre meglio di fare dei porno cereali... mi passa la voglia solo a vederli.- -Sicuro?- Weisz prese un fiocco al mais dalla scatola e se lo mise fra le labbra. -Sicuro, Lag?- domandò agitandolo a pochi centimetri dal viso. Laguna socchiuse gli occhi. -Hai vinto solo per questa volta.- borbottò prendendoglielo di bocca coi denti e poi baciandolo. -Sono lieto di vedervi andare d'amore e d'accordo.- La voce del professore li interruppe. I due si girarono verso di lui, infastiditi. -Restate, restate!- fece quello a mani alzate -Non interrompete il vostro corteggiamento mattutino per me.- -Che diavolo vuoi?- sbottò Weisz saltando giù dallo sgabello e avanzando verso di lui. Laguna rimase fermo alle sue spalle, scrutando l'uomo per capire cosa volesse. -Non ti è bastato ieri?- Il professore si guardò il braccio meccanico. Era tornato normale. -Direi di sì.- ammise -Ci sei andato giù pesante.- -Voglio ben vedere.- -Giù le mani dal mio ragazzo.- esclamò con enfasi il professore -Non ti senti libero adesso?- -Eh?- Weisz sbatté le palpebre. Laguna si mise una mano sulla fronte. -Non... dirmi che... - -Lo hai fatto apposta!?- trasalì il biondo. -Di niente.- rispose il professore, riempendosi una tazza di cereali e caffellatte e togliendo le tende. -Quando volete!- Se ne andò ridacchiando, lasciando i due immobili come stoccafissi al bancone. -Non ci credo... -borbottò Laguna -Mi sono fatto prendere per il culo da un Weisz attempato... - -Ehi!!- sbottò Weisz, sentendosi toccato -Non dirlo come se fosse un'offesa!- Laguna ribatté e Weisz replicò a sua volta. Quando Shiki e gli altri entrarono a fare colazione, i due stavano ancora lanciandosi frecciatine più o meno esplicite. Weisz vide che gli altri li guardavano e guardavano i loro vestiti, ma li ignorò altamente. Come aveva potuto essere così timoroso nei confronti di quella che poteva considerare la sua famiglia? -Dannazione, sto perdendo colpi.- si autocommiserò Laguna. Weisz sentì come una freccia trafiggerlo. -Te li do io due o tre colpetti!- esclamò infastidito. -Quando vuoi.- rispose Laguna con un sorrisetto sensuale da schiaffi. Weisz tacque. "Mi ha appena fregato... " Almeno gli restava la consapevolezza.
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rabideyeartist · 4 years
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viaggio a corfu
giovani belli e attraenti alticci pazzi e pieni di aspettative l’alcool ci faceva sentire che avremo rivoltato l’isola cose folli sarebbero successe sbornie ragazze mazzate risate una due settimane da scorrribbandare come scunizzi in vacanza pronti a piombare su ogni pollastra che ci sarebbe capitata. in mente tutti quanti in due settimane la sfida una grande scopata io piccolo timido e indifeso non sapevo di essere il prescelto insieme a un altro dello compagnia gli altri affogati nelle sbronze piu colosali l’alcool sarebbe stato la loro amante peccato per loro loro sottofondo io il protagonista giornate di pura follia . arriviamo in una pensione una villa a due piani piena di camere vista spettacolare panorama mozzafiato tutto era iniziato ci riposiamo ci svegliamo io nudo con il cingillo al vento mi affaccio a quello spettacolo di mare e omaggio l’isola con un buongiorno mondo il mio amico apre gli occhi mi vede e ride che cazzo fai nudo alla finestra volevo una ragazza al risveglio no le tue natiche che svolazzano al mio cospetto mi hai traumatizzato ci vuole una sbornia corro vado a comprare quello che mi capita sotto tiro dal supermarket piu vicino torno ci riuniamo iniziamo abere brindisi cordiali  ci sfidiamo a poker chi perde beve si fa orario di pranzo una bidonata di pasta tampona la nostra fame galoppante  iniziano i gavettoni colpisco uno direttamente in faccia gli esplode l’acqua su tutta la sua faccia lui mi guarda incazzato te la faro pagare cazzo la sera si avvicina non aspettavamo di meglio le discoteche pullulano di ragazze e musica shiuma alcool e follia noi non attendavamo di meglio ancora un’altro giro di birre vado a comprarle torno arrivo qualcosa mi puzza di strano quello che si era incazzato aveva cagato in una bacinella e l’aveva nascosta nella stanza mi incazzo per poco finiamo a mazzate li volevo rovesciare la sua merda addosso unìaltro gavettone in piena faccia con i suoi ricordini che gli incipriano la faccia per poco parte il colpo mi bloccano la rissa è sedata ci facciamo una grande risata per poco volava merda su tutta la villa ,che avrebbe detto il padrone se avrebbe visto le pareti da bianche ad opere d’arte sul marroncino imbrattate come se un artista avesse voluto schizzare colori a cazzo di cane per dare un tocco di entusiasmo a questa vacanza che iniziava gia con questi buoni propositi. be ultimo giro ingollamo tutta la birra assetati come se fosse acqua nel deserto siamo pronti ci avviamo la prima serata riscaldamento quello piu sciolto e famelico il sottoscritto scherzo approccio e ciao gioia e cia bella baci baci vuoi ballare sempre rispettoso ma molto intraprendente l’alcool mi dava il giusto tono 4 serate passate tra discoteche sbornie e approcci falliti con le ragazze un po di strategia la discoteca che frequentavamo non era il posto giusto le ragazze se la tiravano noi ci avvicinamo loro si allontanavano noi non le cagavamo loro si allontanavano noi parlavamo tra di noi loro ci guardavano losco io ballavo e non me fregava niente mi divertivo aspettavo il momento buono ma cavolo sembrava che ogni maschio la dentro veniva infettato dalla peste bubbonica mentre le ragazze erano in quarantena la schiuma copriva le manate in culo e sulle tette per fortuna non capivano da dove arrivano le mani e gli schiaffi andavano su chi non c’entrava niente noi a morire dalle risate uno si è preso uno scuppolone in faccia che era segnato a vita un tatoo alla mike tyson a cinque dita e poi il caso ha fatto scoccare la scintilla. noi eravamo in preda alla figa io stavo tranquillo studiavo cercavo di rendermi conto qual era il posto giusto per rimorchiare un posto con musica bassa e possibilita di conversazione.avevamo adrenalina in corpo troppi soldi spesi volevamo iniziare a rubare una borsa qualcosa dal supermarket per risparmiare io feci la cazzata che mi permise di conoscere una sventola dalle mille e una notte o da mille notti solamente .stavamo nella solita discoteca ci eravamo organizzati per il colpaccio una borsetta io me ne stavo buono al bar a bere il mio vodka redbull azzo vedo due tipi con una ragazza la borsetta piccola sul bacone se lo faccio sono un coglione tac tutti e tre si girano scatta l’improvvisazione la prendo scompaio nella folla mi dileguo esco il mio amico mi segue il bodiguard li fa un cenno lui non capisce si prende un manrovescio un’altro mi segue io me ne accorgo sparisce la borsetta dalle mie mani lui mi prende ritorna siamofotografati non possiamo piu entrare sai che c’è le fighe sono d’oro voi c’avete le mani pesanti eun bene che abbia fatto sta cazzata ci leviamo da questo posto andiamo all’ old tree musica bassa poca gente si balla vedo quella seduta su uno sgabello io dico al mio amico invitiamole aballare per amor di di dio cicchetto siamo pronti balliamo fenomanale milanese piu grande non vi dico l’armamentario ci scambiamo il numero è fidanzata io le dico be se cerchi compagnia chiamami lei non ci contare  il lido è piccolo io ci incontreremo baci addio. il giorno dopo la vedo saluto mi fermo li non insisto il secondo giorno la fermo ci scherzo  a lei piace la stuzzico lei provocante asseconda attimi di rimorchio scappa e fuggi va avanti per un’altro e poi lei si fa sentire usciamo ho voglia di farmi un giro affitto una moto era la mia prima volta andavo una bomba la carico sul sellino nel viaggio le dico sai e la prima volta che porto un cinquantino lei scanta ma si tranquillizza ero lucido tranquillo e sicuro la porto su una spiaggia tranquilla bella come lei sabbia dorata come la sua pelle occhi verde acqua come il mare blu cristallino col fondale abissale lei nuota io distante le parlo poco le lascio spazio lei mi confida sei diverso mi lasci liberta non mi stai attaccato io be non siamo niente mi sto godendo la giornata e la compagnia schivo passiamo molto tempo in silenzio quel silenzio era mille parole era come se ci stessimo parlando con il corpo lei era sempre piu  a un passo dall’avvicinarsi io non facevo niente lasciavo che lei si decidesse . la giornata fini lei era stata bene mi disse non posso piu vederti sono fidanzata è sbagliato be allora dissi arriverderci sono stato bene anche io buona vacanza nessun cenno della minima importanza lei cresceva io non le davo soddisfazione io ero il cacciatore senza fare il minimo sforzo dissimulare un po tutto qui . la sera stessa conoscemmo delle toscane io avevo in mente lei una ninfomane di queste aveva in mente me mi prese andiamo a casa la portai controvoglia lei si denuda fa uno streep tees io guarda non se è la cosa giusta lei fanculo mi sbatte sul muro lo facciamo selvaggiamente senza pudore con rancore con sfogo con pulsazioni a ritmo veloce lento uno sbattimento non cedeva mai lei continuava non si fermava io non mi fermavo siamo andati avanti per un po avevo fatto un incontro di pugilato graffi schiaffi sangue sulla schiena cazzo una iena guarda si è fatto tardi lei sdraiata secondo giro io me la tiro guarda gia mi hai ridotto cosi che al secondo chiamiamo il pronto soccorso lei vabbe ce per un bel po io dai la serata e giovane andiamo dagli altri e poi facciamo direttamente in ospedale che se mi spezzo qualcosa almeno siamo gia sul posto mi faccio il gesso e sono piu protetto che con te del preservativo non mi fido . torniamo lei mi stava cercando la sventola dell’old tree io esco ci becchiamo tutto si ferma e lei mi dice senti ho ripensato a quello che ti ho detto mi sono sbagliata te lo volevo dire mi piaci piu del mio ragazzo io l’ho lasciato oggi vorrei che noi due passiamo le prossime giornate insieme se ti va io me la gioco l’ultima carta faccio una faccia sardonica  sospiro aspetto un momento e poi le dico guarda ormai è troppo tardi lei si blocca ghiacciata io mi godo quella faccia aspetto sorrido teneramente guarda che scherzo e poi la bacio stiamo li sulla spiaggia baciarci per mezzo ora lei andiamo a casa io si e no perche era complicato dirle guarda mi sono allenato gia un bel po con un’altra vabbe faccio andiamo ero contento non aspettavo di meglio ma ero un po stanco ma cavolo mai tirarsi indietro arriviamo.......lei bella ma passiva praticamente una bambola potevo farle cio che volevo passivo le sto dentro non facciamo sesso era diverso c’era passione lei geme io la guardo negli occhi lei nei miei le affero tutte due le mani e vado avanti lei inizia venire trema dalle gambe non ci fermiamo lei si gira un capolavoro ..... ho dormito con lei quella notte fra le sue braccia la mattina svegli abbiamo fatto colazione con le amiche poi siamo tornati in camera abbiamo giocato coccole cuscinate baci ci siamo guardati non si parlava molto ma i nostri corpi si attraevano era magnetismo .noi non parlavamo molto ma erano i nostri occhi a parlarsi le noste mani quando si afferravano le nostre labbra quando si bagnavano dei nostri baci lei veniva rimorchiata da altri ragazzi ma le piacevo io io ero presente mentre era rimorchiata non facevo niente lei tornava mi baciava mi abbracciava mi sorrideva era felice le davo liberta io mi fidavo e lei pure giocavamo ma i nostri corpi ogni sera erano insieme una cosa sola uno dentro l’altro occhi che ti entravano dentro parole non servivano io mi ricordo il suo sorriso quando tornava dall’essere rimorchiata mi baciava mi guardava intensamente provabilmente se non ce ne fossimo andati da quell’isola quel sogno non sarbbe mai finito
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pangeanews · 6 years
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Cosa farai l’ultimo giorno del mondo? Basta lavare i piatti per vincere l’orrore. Esegesi di un racconto estremo di Richard Matheson
Domani un asteroide cascherà sulla Terra. Lo schianto sarà decisivo e deflagrante: il nostro pianeta è destinato a esplodere. Chi può, acquista qualche shuttle, sperando che il vagabondaggio nel cosmo non si traduca in una più raffinata prigionia. Gli altri. Sanno di morire. Voi. Voi cosa fareste?
*
Orge. Stupri. Tu che uccidi il tizio che ti sta sulle palle, finalmente. Negozi disfatti. Si ruba. L’uomo, scatenato dalla fine, si consegna alla sua natura di lupo. Anzi. Neppure lupo – troppa aristocrazia nel passo – meno che ameba, iena disperata. Per i deboli. Il suicidio. Così Richard Matheson s’immagina The Last Day, “L’ultimo giorno”: una nevrotica apocalissi, l’esagerazione della nevrosi. L’analisi è emblematica: storditi dal benessere – stipendio certo, casa sicura, acqua calda, frigorifero, cibo confezionato – ci riveliamo, al cospetto dell’ultimo giorno – ogni allusione biblica è certa – frustrati, spauriti, rabbiosi, vigliacchi. Chi può, almeno l’ultimo giorno, piglia ciò che può, osa l’inosato, tanto le costrizioni sociali (prigione, polizia, multa, status, reputazione) sono tutte sputtanate.
*
Richard Matheson è tra gli scrittori di fantascienza più noti degli Usa, è morto cinque anni fa a Los Angeles, dai suoi romanzi sono stati tratti un tot di film: da Io sono Helen Driscoll proviene Echi mortali, di David Koepp, con Kevin Bacon; da Io sono leggenda è tratto il film omonimo, con Will Smith, e un paio di altri (tra cui L’ultimo uomo della Terra, con Vincent Price). Tutti i racconti di Richard Matheson sono stati pubblicati, in quattro volumi, da Fanucci. L’ultimo giorno, però, io l’ho letto nel Carosello di Narratori americani pubblicato da Aldo Martello Editore nel 1954 (l’anno in cui esce Io sono leggenda). Il libro, a cura di Giorgio Monicelli, è bellissimo: si tratta di una rassegna dei massimi scrittori del tempo, una specie di regesto del contemporaneo. Tra Ray Bradbury, Eudora Welty, Conrad Aiken e Raymond Chandler, c’è quella scommessa – all’epoca – che si chiama Richard Matheson. Lo scrittore americano è definito così: “nella sua scrittura si sentono influenze illustri e diverse come Poe e Hemingway. Il senso dell’orrore, del mostruoso, del soprannaturale raggiunge nei suoi racconti la vera e propria trasfigurazione artistica. Si può dire che in ogni riga di ciò che scrive appaia allucinante la scoperta del meraviglioso”.
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Il protagonista de L’ultimo giorno si chiama Richard e la struttura del racconto è ardua: sappiamo, comunque, che nessuno si salverà, che tutti sono destinati a morte, che non possiamo affezionarci a nessun personaggio. Il racconto, ecco, è una casa murata, è claustrofobia.
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“Tutto il mondo moriva. L’alterna vicenda di evoluzioni e rivoluzioni, di conflitti e di urti, d’interminabili serie di secoli giù giù fin nelle nebbie del passato, di rocce e alberi e uomini e animali, tutto ciò era stato, per finire così. In un lampo. In un istante. L’orgoglio, la vanità del mondo degli uomini inceneriti dall’anomalia di uno squilibrio astronomico. Che senso aveva dunque avuto tutto ciò che era stato? Nessuno, nessun significato, assolutamente. Perché tutto era giunto ora alla sua fine”. La riflessione di Matheson ricorda quelle, analoghe, di Marco Aurelio, di Giacomo Leopardi. Tutto nasce – per morire. Il pianeta, con uno schianto improvviso, come uno scherzo, o in una lenta agonia solare, morirà. Se nulla ha senso, allora: perché lavorare? perché amare? perché rispettare il prossimo? Ecco. Sembra sempre che il bene sia una fatica innaturale.
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Richard, il protagonista del racconto, è sorpreso nel mezzo di un’orgia, uno sciacallaggio di corpi, più o meno amici (durante l’ultimo giorno, i volti e le identità si annientato: chi davvero ci ha amato?). L’ultimo giorno, Richard, cresciuto nell’alienazione, nel niente, decide di salutare la madre, assecondando la sua preghiera, “non lasciarmi passare l’ultimo giorno senza di te. Non farmi abbandonare questa terra senza rivedere la tua cara faccia”. La madre è dalla sorella di Richard. La sorella, insieme al marito e alla figlia, muore ingerendo delle pillole, anticipando la catastrofe. È la madre di Richard, piuttosto, a incaricarsi di un docile eroismo.
*
Richard Matheson, classe 1926, è morto 5 anni fa. “Io sono leggenda” è pubblico nel 1954; è tra gli sceneggiatori di “Ai confini della realtà”.
Chi ha vissuto pienamente, chi ha scelto in ogni istante senza lamentarsi, chi ha prestato servizio su questa terra senza pensare di esserne il padrone, accetta la fine con un sorriso. Continua ad adempiere il proprio compito quotidiano, perché non può fare altro da ciò che fa, che ha fatto: continuare, diligentemente, a dare ordine al caos. La madre di Richard, dopo aver preparato la cena, l’ultima, per i figli, lava i piatti, ad esempio. “Che importanza poteva avere ormai quello che si faceva o non si faceva?”, pensa Richard guardando la mamma lavare i piatti con la stessa dedizione di sempre. Neppure l’apocalissi, neppure la distruzione fa oscillare la forza di questa mamma – nel gesto delicato di lavare i piatti c’è un eroismo gigantesco, inafferrabile. Come di chi, da solo, a difesa della propria casa, sul cancello, è in attesa delle orde dei barbari, con una tazza di tè tra le mani.
*
La madre di Richard riesce a vedere uno splendore corrusco perfino nella fine, ha la forza di godersi il panorama dell’apocalisse: “In fondo è bello… Dio cala un sipario sfarzoso sulla nostra commedia”. L’uomo consapevole del proprio ruolo e del proprio compito, non arretra davanti alla morte, non urla. Attende – il giudizio sarà sano.
*
Infine, è la mamma a convertire il figlio, in una specie di abbagliata pietà. “Sedevano là, sui gradini della veranda, la sera dell’ultimo giorno; e sebbene il fatto non avesse poi molto senso, si volevano tutt’e due molto bene”. Un racconto sulla fine del mondo, che culmina con la morte, si conclude con la parola “bene”; il fatto che un figlio si ricongiunga, nel bene, alla propria madre, azzera l’orrore. Senza pretendere di essere amati, forse basta amare per ergersi contro l’onnipotenza del fato.
*
Nell’edizione del racconto che possiedo è scritto: “Matheson ama lavorare in un isolamento, ha scritto, ch’egli ritiene essenziale alla sua attività: ‘Si deve essere soli, pensare da soli, sognare da soli, soffrire da soli, creare da soli per giungere al nucleo profondo della sincerità più vera del proprio intimo’”. Lo scrittore vive, dentro di sé, sempre, l’apocalissi, la fine, la rivelazione e il giudizio. (d.b.)
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edsitalia · 3 years
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EDS6 VENTO D'ESTATE
MOLTO MOLTO LONTANO
Non credevo fosse così facile perdersi nei suoi occhi neri, talmente magnetici da rubarmi pure il respiro. Lo osservo da lontano mentre guarda il mare appoggiato alla ringhiera di legno della veranda. Le nuvole coprono il sole, l’aria che entra dalla porta finestra è frizzantina e mi induce a cercare le lenzuola che avevo abbandonato in fondo al letto.
Si volta verso di me e si accorge che lo sto guardando. Volgo lo sguardo altrove come se mi vergognassi del fatto che lo sto cercando ancora, ma lui percepisce il mio richiamo silenzioso e piega le labbra in un lieve sorriso mentre viene verso di me.
“Non sei ancora stanca, piccola iena?”, mi chiede con tono malizioso. Odio quando mi chiama così, ma d’altronde ha ragione, lontano da questo paradiso, fuori da questo sogno che stiamo vivendo, sono davvero insopportabile.
“Credo che non mi stancherò mai di te, Ethan”, e gli carezzo la barba incolta che non sono abituata a vedergli. È stupendo così, senza il suo completo blu, con i capelli liberi dal gel e i riccioli neri che gli ricadono sul volto mentre, chinato su di me, cerca le mie labbra.
“Mi era sembrato di sentirti implorare una tregua non più di mezz’ora fa”.
“Mezz’ora è un tempo infinito, e poi la tua mancanza è più opprimente della stanchezza”.
Ancora sopra di me, con le ginocchia posizionate ai lati delle mie anche, mi accarezza i capelli e mi lascia un dolce bacio sulla fronte. La tregua è finita.
“Voltati!”, mi ordina, anche se lo ha già fatto lui con la sua presa decisa sul fianco e un movimento brusco del braccio. La sua autorità sconvolge i miei sensi, è qualcosa di nuovo, è qualcosa che mi fa perdere il controllo. Io che solitamente li do gli ordini e non li ricevo se non da mio padre. Sono completamente alla sua mercé e lui sa che la mia sarà una resa incondizionata.
Amo le sue mani forti che mi pretendono e amo la dolcezza con cui appaga il mio desiderio. Amo l’irruenza con cui mi fa sua e la sicurezza e l’amore che mi sta facendo provare adesso, ora che, con la faccia sprofondata sul cuscino, mi accarezza delicato la schiena. Ci giriamo contemporaneamente, lui fa forza sulle braccia e si mette seduto appoggiandosi alla testiera del letto. Mi fa cenno di avvicinarmi battendo il palmo della mano sul suo petto e io lo assecondo subito, non c’è posto al mondo che ami di più.
Rimaniamo a lungo in silenzio ad ascoltare il rumore delle tende spostate da un vento che si fa sempre più forte. Le onde si increspano di più e da qui riusciamo a vedere le nuvole cariche di pioggia che salgono dall’orizzonte.
“Sta arrivando un temporale, sembra stia venendo a dirci che la nostra estate è finita”, esclamo con tutta la sofferenza che mi ha appena attanagliato il cuore.
“È solo un temporale, Grace, non vuole dirci niente”. Mi stringe di più, lo sa anche lui che il nostro tempo insieme è quasi scaduto. Domani a quest’ora saremo di nuovo a Chicago e tutto tornerà come prima.
“Non fare quella faccia bambina, lo sapevamo entrambi che il nostro tempo sarebbe finito, dobbiamo farcelo bastare perché sappiamo benissimo che non ci sarà un “e vissero felici e contenti”. Queste cose succedono solo a Shrek e ai cittadini di Molto Molto Lontano”.
Prova a sembrare freddo e distaccato ma la sua voce lo tradisce. Non immaginavamo di incontrarci in questa isola meravigliosa, noi che ci conosciamo da una vita ma che siamo sempre stati due perfetti estranei. Per noi l’estate è davvero finita, torneremo di nuovo a ignorarci quotidianamente. Tornerà l’inverno, un dannatissimo inverno che non avrà mai fine, senza neve, senza Natale, senza primavera.
Sono a casa da una settimana, ed è come se non esistessi. Mi rinchiudo nella mia dependance appena rientro dall’ufficio, evitando tutto e tutti: non voglio incontrarlo, trattarci con indifferenza mi devasterebbe il cuore.
Mangio da sola e raggiungo i miei solo per colazione. Ho provato a immergermi nel lavoro ma non ha funzionato, non riesco a concentrarmi, il pensiero di noi due insieme non mi abbandona mai.
“Signorina Grace, suo padre la desidera in ufficio”. La voce della mia segretaria è come un pugno sullo stomaco, lo sapevo che mi avrebbe convocata, ho fatto un casino con il signor Logan stamattina.
Apro la porta e mi stringo subito sulle spalle, cercando di proteggermi dagli urli che sicuramente mi riserverà mio padre, ma lui è tutt’altro che furioso, nel suo volto vedo una dolcezza che non gli avevo mai visto prima. Si avvicina, mi appoggia una mano sulla spalla e comincia a parlare.
“Che succede piccola mia, cosa ti turba? Dov’è finita la mia cinica e risoluta iena che si mangiava i clienti troppo esigenti? Dov’è finito il freddo e spietato comandante che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno.  Non sei più tu dopo il tuo ritorno dalle vacanze. Cosa ti succede Grace?”
Non so cosa rispondere, non posso deluderlo dicendogli che la iena che lui conosce e adora si è sciolta in un mare di dolcezza e sensualità, che il suo terribile tiranno si è fatto domare dal più fedele dei suoi soldati. Non posso.
“Senti piccola, prenditi del tempo. Domani torna tuo fratello, qui ci arrangiamo. Vai dove vuoi, per una settimana, un mese, quello che ti serve”.
“Ma papà, ho degli impegni, l’azienda…”.
“Non discutere, o vuoi metterti pure a disubbidire ai miei ordini adesso?! Ho già fatto chiamare il mio autista, ti porterà a casa a prendere le tue cose e poi potrai farti portare dove vuoi, lui ti scorterà”.
“Ma io…”, un vigoroso bussare alla porta non mi dà la possibilità di far valere le mie ragioni, e forse è un bene, visto lo sguardo terrificante con cui mi sta guardando mio padre.
“Bene ragazzo, sei arrivato giusto in tempo”, ringhia, facendo un misero cenno con la testa per rispondere al saluto del suo autista, “Grace ti darà istruzioni su dove portarla, rispondi a lei come se fossi io, ci siamo capiti?”
“Sissignore, sarà fatto”, risponde lui gelido come l’inverno dell’Alaska. Ci congediamo velocemente dopo che mio padre ci ha fatto intendere di non avere più tempo da dedicarmi e raggiungiamo la macchina avvolti in un silenzio surreale.
Apre la portiera e mi fa accomodare sul sedile posteriore, poi, velocemente, prende posto alla guida.
“Allora, dove la porto signorina Grace?”
Alzo lo sguardo verso di lui e mi perdo nei suoi occhi profondi che mi stanno sorridendo, il mio sole ritorna a splendere.
“A Molto Molto Lontano Ethan, portami a Molto Molto Lontano”.
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anjalightwoodyoga · 5 years
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Happy New-Year
L’ultimo dell’anno vede lo stesso cielo ma da un’angolazione differente, sopraelevata. Uno dei grattacieli più alti di Manhattan. Un cielo terso, ricco di stelle seppur in parte celate per via della forte illuminazione delle città. Lei è avvolta da un cappotto caldo e chiaro, la massa di capelli ben acconciati che scende fino a metà schiena mentre le mani guantate stringono un boccale di birra, ottima così le hanno assicurato. La terrazza è ampia, piena di persone che osservano i fuochi di artificio. Tutti chiacchierano, la sua telepatia coglie certi messaggi, certi pensieri, per lo più sono simili. Chi si augura il meglio. Chi ha sofferto. Chi prega. Chi desidera. Chi vuole dimenticare. Preghiere silenziose di cui lei, stranamente si fa partecipate. E non sa nemmeno perché lo fa, è tutto molto strano tanto che corruga la fronte. Fissa quella gente, come se fissasse dei cartonati. C’è qualcosa che la turba ma ancora non capisce. Volge lo sguardo, Michael si affianca a lei, stringe un calice trasparente contenente il miglior Champagne francese. Corpo avvolto da un doppiopetto blu, pantaloni ben stirati, scarpe lucide e capelli biondi leggermente tirati all’indietro, mossi. I suoi grandi occhi azzurri la fissano, con quella nota di colore che conosce alla perfezione. Non si ricorda che è morto, è come se non se ne fosse mai andato. Una mano stretta intorno al calice e l’altra che prova a circondare le spalle di Anja, un gesto affettuoso che fa nascere nella mutante un sorriso caldo. Poi ancora quella sensazione.
“E’ tutto perfetto” la voce di Michael è calda, avvolgente “Siamo finalmente insieme. Per sempre”.
E la telepate sorride a sua volta, si sente felice ma sbatte le palpebre sollevando lo sguardo in direzione di lui, corruga la fronte e qualcosa nasce dentro il suo cuore prima e dentro la sua mente. Come se ci fosse qualcosa di guasto, di terribilmente sbagliato in quelle parole, in quel momento. Non è perfetto. I fuochi d’artificio continuano, i botti si fanno sempre più forti, i colori si riflettono sui loro corpi. Un altro boato mentre il profilo di Michael è proiettato dritto davanti a sé. Ancora un altro colpo sordo, forte che le provoca un fischio alle orecchie… simile ad un colpo di arma da fuoco. Uno sparo. La telepate ricorda e alza gli occhi verso di lui, atterrita, sgomenta e turbata. Scuote il capo “Ma tu sei morto, Michael” e nel dirlo, con una lentezza impressionante, lui abbassa il capo verso di lei, e dalla tempia sinistra un buco dal quale fuoriesce del sangue può essere visto “Siamo tutti morti”.
Anja si stacca, molla la presa sul calice che si infrange contro la pavimentazione, compie un passo indietro, incerto.
“Ed è tutta colpa tua” la voce glielo ripete tagliente mentre gli occhi dell’amato diventano quelle del posseduto, completamente neri, con le vene scure in risalto. E le risate delle persone, sono quelle degli spalti e voltandosi guardandoli, nota adesso che sono tutti sporchi, muniti di un collare intorno al collo, le vesti insanguinate. E sono volti noti, sono i suoi compagni, i suoi amici, la sua famiglia. “Siamo tutti morti”. Ed è la voce di Jane a parlare per prima, poi ancora “Siamo tutti Morti” ed è Brendan, seguito subito da Matthew, da Jimmy, da Abby, da Adam, da Rhys… Sono tutti morti. Lo vede lei stessa. Uno alla volta. E lei scuote il capo, gli urla contro “NO!”.
E getta uno sguardo sui fuochi d’artificio, che sono diventate delle vere e proprie bombe. La città in fiamme, non è più New York, è Philadelphia fusa con Lamarac. Tre lune alte nel cielo. Tutto si sgretola. Tutto si distrugge o muore. Un grosso buco nero comincia a spazzare tutto, a prendere tutto, case, pietra dopo pietra, macchine, lampioni, persone. Anche quelle persone intorno a lei, con un Michael sghignazzante, dalla risata sguaiata simile a quella di una iena famelica “E’ colpa tua” ripete all’infinito in loop mentre del sangue nero continua a sgorgare dalla sua ferita aperta. Sangue nero anche dentro la sua bocca, contro i denti sporchi macchiati.
Ed è lì che una piuma bianca appare come se fosse l’unica scintilla di vita rimasta. Mamma. Cerca di afferrarla, salta, la coglie con la mano, la stringe. Diglielo al Preside. Prende a precipitare, a cadere nel vuoto. A cadere dal letto. Fino a risvegliarsi nella sua stanza, al buio, spaventata.
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wolfsvbane · 7 years
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Il problema di questi post è che sono in ferie e ho tanto tempo libero. Quindi scrivo qui quello che mi passa per la testa e beh, quello che mi passa per la testa non è bellissimo. Però è anche vero che scrivendo su un blog e quindi aspettandosi che la gente legga, non posso nemmeno continuare a scrivere cose confuse e di getto senza ripercorrere con lucidità ciò che è successo in questi cinque mesi. Quando una persona ti mente, e quando dico che mente intendo arrivare ad inscenare la propria morte, è da stupidi credere che non ti mentirà più. Ma è ancora peggio credere che non ti abbia mai mentito prima. Oh, l'amore ti rende stupido. E io lo sono stato in maniera clamorosa. Quando l'amore svanisce, ti senti come quando ti svegli da un sogno. Non sai più cosa sia reale e cosa sia stato, appunto, solo un sogno. Quindi ripensi alle coincidenze che hanno portato a non vedere quella persona per così tanto tempo e per così tante circostanze tragiche avverse. Chiunque abbia avuto una relazione a distanza sa quanto bello sia il giorno prima di vedersi, ma i nostri non lo sono mai stati e anzi, a dire il vero, non sono mai davvero esistiti. La prima volta muore un parente. Pazzesco, non una settimana prima o tre giorni prima. Il giorno prima di vedersi. Sfiga. Essendo solo il primo di questi casi, ed essendo passato solo un mese da quando la conosci, ti unisci al dolore e attendi. Passa del tempo, per la precisione quasi un mese intero, finché non arriva il momento di organizzare davvero il nostro incontro. Questa volta le diagnosticano un tumore. Forse addirittura il giorno stesso, questa volta. Io vado nel panico e sono ad un passo da prendere un volo il giorno stesso e raggiungerla a Londra. Ma lei mi scrive prima. Mi scrive, mi dice che sta bene e allora decido di posticipare solo di sette giorni, al weekend successivo. Le dico che andrò a trovarla in ospedale e che ho già preso i biglietti e che ora farà davvero fatica a trovare un modo per impedirmelo. Ma lei non farà affatto fatica, perché sei giorni dopo, fingendosi il fratello (!) mi comunicherà la propria morte. Sì, esatto. Passo due giorni assolutamente impossibili da raccontare. Scrissi anche un post qui - poi cancellato - in cui spiegai che il blog sarebbe rimasto chiuso. Ero in lutto e avevo perso la persona che credevo di amare, nonostante non l'avessi mai vista. Ma il lutto dura poco. Per la precisione da venerdì sera a domenica. Domenica mi rivela di essere risorta, insieme ad un mucchio di storie circa l'essere stata costretta dalla famiglia. Io incazzato come una iena ho un sussulto d'orgoglio e dico di non credere a nulla. Lei mi offre di incontrarla la mattina dopo. Ci vediamo. E come il coglione che sono, la perdono. Per settimane e settimane, convinto che le scuse passate fossero vere, ho stretto i denti e sono stato con una persona forzatamente, temendo che un'altra perdita l'avrebbe devastata, specialmente in un momento di salute così precaria. Siamo quindi a fine Maggio, passano ancora dei giorni e incredibilmente riusciamo a vederci ancora, di soppiatto come i ladri, ma ci riusciamo. Da qui inizia un fantomatico ciclo di radioterapia che dovrebbe impedirci di vederci fino a metà Luglio. Lo sapevamo. Lo accettiamo. Nel frattempo organizziamo mille viaggi per Agosto, convinti che una volta guarita del tutto avremmo avuto un po' di pace. A metà Luglio però, il caso, guarda un po', fa in modo che la radioterapia si riveli quasi totalmente inefficace e che vada prolungata fino ad Agosto inoltrato. Saltano i piani, ma la mia voglia di starle vicino no, e mi offro di andarla a trovare anche tutti i weekend da lì fino alla fine della terapia. Qui succede una cosa strana: un colpo di fortuna. A lavoro per motivi contabili mi allungano le ferie di una settimana, permettendoci di realizzare i piani di andare a Ceuta e dintorni almeno una decina di giorni. Qui in ogni caso ricomincia la fitta trama di "casualità" che ci impedirà di vederci, prima fra tutte la presenza di una grossa irritazione cutanea causata dai raggi, che la metterebbero a disagio. Caso vuole che io abbia la febbre proprio in quel weekend e quindi decida di non oppormi a questa fantasiosa giustificazione. Rimandiamo al weekend successivo, ma qui arriva il colpo di classe: la nonna, venuta a trovarla per starle vicino in questi giorni difficili, non le parla a causa di una litigata avuta giorni prima: non è il caso io vada con quel clima in casa. Inizia Agosto. La presunta terapia finisce nel migliore dei modi e nulla ci vieta di vederci, fatta eccezione per un nuovo problema fisico sopraggiunto con lo stress. Che cazzo di sfiga. Temendo di essere parziale causa di questo stress, decido ancora una volta di mandare giù l'orgoglio e parto per andare da lei. Questa è la svolta di questa storia. Decido di andare da lei avvisandola molto indicativamente circa i giorni, ma senza essere più specifico. Dopotutto i nostri "giorni prima" erano fino ad ora stati costellati di sfighe e pretesti e così facendo sapevo di evitare questa eventualità. Qui sarò estremamente preciso per spiegare la bellezza di questa favola. Lunedì alle 15:20 chiama una persona affinché parta dall'ospedale in cui è ricoverata la nonna e vada a prenderla. Alle 15:50 si trova all'ospedale. Io nel frattempo sono partito con la moto da circa un'ora e senza che lei sappia, mi sto dirigendo al medesimo ospedale. Arrivo e la cerco senza successo per tutti i piani, finché non mi decido. Dove sei? Qui immagino di aver scatenato il panico e di aver costretto ad una bugia peggio orchestrata perché la risposta è: torna a casa. Sono sì in ospedale, ma non in quello, bensì in quest'altro. Dopo due ore e mezza di viaggio, decido di tornare a casa a mani vuote, a testa bassa e con una delusione indescrivibile. A casa, la sera, guardo sulle mappe la distanza tra casa di lei e l'ospedale in cui diceva di essere. 40 minuti di distanza spingendo sull'acceleratore come disgraziati. Ma a quanto pare chi doveva venire a prenderla era riuscito a tornare e riportarla in mezz'ora, quando un pirata della strada con una ferrari c'avrebbe messo un'ottantina di minuti. Un eroe in pratica. Finisce così, con lei che parte per Ceuta con la nonna, come probabilmente ha sempre pensato di fare. E io qui, a trascrivere questa storia assurda. Mia madre mi vede strano e con la sua ingenuità da persona semplice mi chiede se alla fine non mi avesse preso in giro per tutto questo tempo. Rispondo di sì con un sorriso malinconico, e mi prometto di dimenticare tutto questo. O magari scriverci un libro. Se avete impressioni da esporre o volete acquisirne i diritti per una sitcom, il mio inbox vi attende. Forse se va bene non ne scriverò più, per la gioia di tutti.
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alittlebigwarrior21 · 7 years
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un amore estivo senza fine...
Assurdo, davvero. Mi sembra assurdo che ancora sia qui a parlare di te. Voglio raccontare a voce alta la nostra storia, perchè si per le emozioni che ho provato e per i nostri occhi che brillavano io la chiamo storia. Ma non la semplice storia di sesso, perchè quello tra noi non c’è stato. Parlo di quegli amori che consumano l’estate, di quei sguardi infiniti e di quel battito di cuore che accelera ogni secondo di più. Il mattino seguente il mio arrivo, ti vedo da lontano e il mio primo pensiero è stato “Cazzo se se la tira questo, è uno di quelli che sicuramente visto il mio corpo pieno di imperfezioni non mi cagherà mai” e invece... Primo giorno, primo pranzo. Seduta a tavola e arrivi tu con il tuo piatto in mano chiedendomi se fossi sola e al mio no, diventi tristo come per dire “cazzo ci avrei voluto provare e invece questa ha il moroso o è con i genitori”, ma io ti dico che ti puoi sedere ovunque. Cominciamo a parlare e già da quel momento ho capito che ci sarei ricascata di nuovo. Da quel momento qualcosa è cambiato, nonostante siano passati 2 mesi non mi ricordo tutto e questa cosa mi fa paura, mi ricordo degli attimi. Mi ricordo di come tutte le sere ballavamo insieme, di come tu ti mettevi sempre vicino a me e di come mi guardavi e cercavi il mio sguardo. Mi ricordo anche che mi parlavi della tua ex e di come ti aveva fatto stare male ma che ora lo avevi superato. Mi ricordo di come quella sera che ballavo con l’altro ragazzo ci hai separato e ti sei messo in mezzo, quello è uno dei miei ricordi preferiti. Eravamo li, io e quel ragazzo e tu fra tutte le persone che c’erano in pista sei venuto da me e ti sei mezzo in mezzo e mi hai stretto così forte che mi sono sentita mancare l’aria, non ne hai idea. Di come mi hai sorretto quando stavo cadendo e giustamente l’attimo dopo hai riso. Mi ricordo delle tue battutine, dei nostri momenti. Mi ricordo di quando facevi il figo e volevi che mi facevi vedere le tue foto e parlavi di quelle stronzate che a me facevano ridere. E soprattutto mi ricordo del nostro “apparente addio”, freddo tanto che io ho pensato di aver sbagliato qualcosa, un semplice abbraccio. Un abbraccio in cui mi sono sentita morire, in quanto avevo di nuovo costruito speranze di ferro su persone di carta. E niente, torno a casa triste per la fine di una vacanza e soprattutto triste perchè non ti avrei più rivisto ma ancora il peggio doveva arrivare. Tornata a casa riaccendo il mio telefono e vedo una notifica, tutta contenta che mi avevi accettata manco una bambina di 14 anni che è alle armi con la prima cotta, sorrido ma un sorriso che ebbe vita breve. Vedo questa foto, tu e la tua presunta ex che vi baciate e credimi che mi è crollato il mondo addosso, perchè il tuo sguardo nella settimana che era appena trascorsa, diceva tuttaltro. Incazzata come una iena qualche settimana dopo decido di ritornare da te, non me ne fregava nulla dei soldi, delle litigate con la mia famiglia... dovevo rivederti e chiarire sta situazione del cazzo che avevi creato. Riparto, il viaggio non ti dico cosa è stato, tremori continui, battito impazzito. Il giorno dopo ti rivedo, tu fai una faccia incredula stai li per andartene quando vieni mi vieni incontro mi stringi e mi dai 2 baci, e ti assicuro che in quel momento tutto l’odio e la rabbia che avevo con te si è dissolta, perchè ti avevo di nuovo tra le mie braccia. Qualche ora più tardi vieni da me e scherziamo e ci prendiamo a vicenda, tu mi dai un tuo oggetto a te caro (Non posso dire quale perchè sennò capiresti) e ridiamo e ridiamo. La stessa mattina durante alcune prove di ballo mi vieni a prendere e mi inviti a ballare e quando gli altri si lasciavano tu continuavi a stringermi e a farmi ridere. Non ci importava degli altri noi andavamo per i cazzi nostri, ci tenevamo per mano e ci giocavamo, quando tu ad un certo punto noti il mio braccialetto con metà cuore e con una scusa del cazzo leggi il nome su quel braccialetto e ti rendi conto che c’è il nome di mia mamma sopra. Durante il giorno non mi ricordo cosa è successo, ma la sera si. E ti assicuro che da quella sera lì ho smesso veramente di capirti. Un mio amico mi chiama e stiamo abbracciati per tantissimo tempo e tu li davanti che ti immettevi nei nostri discorsi senza che nessuno ti interpellasse. Io e questo ragazzo ci spostiamo e tu ci segui e ti siedi di fronte a me, e mi guardi e mi fai le tue solite battutine. Quando ad un certo punto per galanteria visto il freddo questo mio amico mi mette una mano sulle gambe e strofina, tu ti alzi e te ne vai e io sinceramente non vedevo il nesso logico. Non c’era nulla di male, avevo freddo, sono single e non ti dovevo nulla visto il tuo comportamento. Il giorno dopo te ne vai e la sera mi rivolgi la parola a stento. Il giorno dopo uguale, solo buongiorno manco fossi una sconosciuta. Arriva la sera, io col bicchiere in mano e tu vicino a me che mi chiedi se eri brutto e che mi fai la battutina su come eri vestito e io che ti rispondo quasi con aria di sfida. Io continuo a bere, bere e bere. Quando ad un certo punto siamo faccia faccia e ci mettiamo a parlare a bassa voce e ci avvicinavamo sempre di più. Non mi ricordo nemmeno il motivo e incominciamo a dire pezzo a pezzo, momenti delle nostre figure di merda e poi sempre più vicini. La mattina dopo fai le battutine sulla sera prima e poi a caso perchè ho twerkato e scherzato con il mio amico tu vai e dai il numero a mia sorella? Ma come cazzo stai? Non mi interessa delle foto, o dei video mi sono sentita morire in quel momento. Passano le ore e poi di nuovo con la storia dell’ex e ti intrometti a caso nei discorsi. E poi ti saluto e non mi caghi, un comportamento alquanto maturo mi dicono. Arriva uno degli ultimi giorni quando alla radio passa una canzone e tu vieni li e me la dedichi, ti metti vicino a me e incominciamo a parlare vicini vicini e con quella mano che sempre cerca la mia. Arriva la penultima sera entrambi vestiti bene, seduti distanti ma vicini. Dopo un’oretta ci mettiamo al bar e io ti vengo vicino appoggio la mia mano sulla tua spalla e incominciamo a parlare con una tipa e tu ad un certo punto mi metti il braccio attorno al fianco/vita e ancora a pensarci tremo che era da una vita che provavo emozioni simili e li che stiamo abbracciati per qualche minuto. Dopo qualche ora ritorni da me e di nuovo che stiamo abbracciati e ti assicuro che mi sentivo al sicuro, nonostante tutto e nonostante tutti. Eravamo io e te del resto non me ne mai importato. Il giorno dopo riparliamo e dopo la mia bugia che penso ancora al mio ex tu tiri fuori la tua morosa e il fatto che non ci hai mai provato con nessuno. E io, no ma figurati. Sta di fatto che la giornata passa e verso il pomeriggio tu vieni da me mi abbracci così a caso ma io ero contenta, perchè mi sentivo davvero al sicuro. E ora il nostro addio veramente addio, quanto siamo stati abbracciati a sto giro? Moltissimo. Il mondo era sparito così come te da quel giorno.
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soniafasulo · 5 years
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Siamo tutti Nadia Toffa
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Ed è così che Nadia se ne è andata. Credo sia banale dirlo, ma Nadia Toffa è una Iena, conduttrice e smascheratrice di Italia 1. Ma Nadia era molto di più.
Che indossasse o meno la giacca nera non è importante, perché lei era il simbolo della lotta contro il cancro. Il suo sorriso dava la speranza a tutti colori che combattono contro questa belva nera. Si poteva combattere, si poteva fare, si…
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