#il mio borgo natio
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parmenida · 7 months ago
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E vennero a trovarci le prime luci del mattino come se fossero le prime parole di una storia d’amore.
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aki1975 · 3 months ago
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La città di Bergen (Briggen) ha un quartiere di case e fondachi cinquecenteschi costruiti da mercanti tedeschi provenienti dalla costa anseatica. Si tratta di un esempio di come al tempo il baricentro commerciale si stava spostando verso Nord con il conseguente declino di Venezia e dell’intera penisola.
La letteratura italiana è una letteratura in cui dominano i temi del rimpianto dal “Ahi serva Italia” dantesco fino alla delusione successiva all’Unità. Dopo le due guerre mondiali predomina poi l’inquietudine dell’uomo moderno verso la tecnica, l’imperialismo, il cinismo della società.
Di seguito alcuni esempi successivi alla Restaurazione.
1821 - Santorre di Santa Rosa guida i moti liberali che invocano la Costituzione. Il tricolore è issato alla Cittadella di Alessandria. Vittorio Emanuele I abdica in favore di Carlo Felice.
1831 - Carlo Alberto Re di Sardegna
Canti (Leopardi). I componimenti presentano un’evoluzione dai primi testi di stampo alfieriano e romantico agli Idilli, frutto della poetica dell’indefinito e di una filosofia schopenaueriana (Il mondo come volontà e rappresentazione è del 1819) in cui vi è il contrasto fra finito (il mondo) e l'infinito (il pensiero) restituito in forma poetica.
All'Italia
O patria mia, vedo le mura e gli archi / E le colonne e i simulacri e / l’erme / Torri degli avi nostri, / Ma la gloria non vedo, / Non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi / I nostri padri antichi
Il passero solitario
D’in su la vetta della torre antica, / Passero solitario, alla campagna / Cantando vai finchè non more il giorno; / Ed erra l’armonia per questa valle. Primavera dintorno / Brilla nell’aria, e per li campi esulta, / Sì ch’a mirarla intenerisce il core. / Odi greggi belar, muggire armenti; / Gli altri augelli contenti, a gara insieme / Per lo libero ciel fan mille giri, / Pur festeggiando il lor tempo migliore:/ Tu pensoso in disparte il tutto miri; / Non compagni, non voli, / Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi; / Canti, e così trapassi / Dell’anno e di tua vita il più bel fiore. Oimè, quanto somiglia / Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, / Della novella età dolce famiglia,/ E te german di giovinezza, amore, / Sospiro acerbo de’ provetti giorni / Non curo, io non so come; anzi da loro / Quasi fuggo lontano; / Quasi romito, e strano / Al mio loco natio, / Passo del viver mio la primavera. / Questo giorno ch’omai cede alla sera, / Festeggiar si costuma al nostro borgo. / Odi per lo sereno un suon di squilla, / Odi spesso un tonar di ferree canne, / Che rimbomba lontan di villa in villa. / Tutta vestita a festa / La gioventù del loco / Lascia le case, e per le vie si spande; / E mira ed è mirata, e in cor s’allegra. / Io solitario in questa / Rimota parte alla campagna uscendo, / Ogni diletto e gioco / Indugio in altro tempo: e intanto il guardo / Steso nell’aria aprica / Mi fere il Sol che tra lontani monti, / Dopo il giorno sereno, / Cadendo si dilegua, e par che dica / Che la beata gioventù vien meno. Tu, solingo augellin, venuto a sera / Del viver che daranno a te le stelle, / Certo del tuo costume / Non ti dorrai; che di natura è frutto / Ogni vostra vaghezza. / A me, se di vecchiezza / La detestata soglia / Evitar non impetro, / Quando muti questi occhi all’altrui core, / E lor fia voto il mondo, e il dì futuro / Del dì presente più noioso e tetro, / Che parrà di tal voglia? / Che di quest’anni miei? che di me stesso? / Ahi pentirommi, e spesso, / Ma sconsolato, volgerommi indietro.
L'infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, / E questa siepe, che da tanta parte / Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. / Ma sedendo e mirando, interminati / Spazi di là da quella, e sovrumani / Silenzi, e profondissima quiete / Io nel pensier mi fingo; ove per poco / Il cor non si spaura. E come il vento / Odo stormir tra queste piante, io quello / Infinito silenzio a questa voce / Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, / E le morte stagioni, e la presente / E viva, e il suon di lei. Così tra questa / Immensità s’annega il pensier mio: / E il naufragar m’è dolce in questo mare.
A Silvia
Silvia, rimembri ancora / Quel tempo della tua vita mortale, / Quando beltà splendea / Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, / E tu, lieta e pensosa, il limitare / Di gioventù salivi?
"il maggio odoroso"
"le sudate carte"
Il sabato del villaggio
La donzelletta vien dalla campagna, / In sul calar del sole, / Col suo fascio dell’erba; e reca in mano / Un mazzolin di rose e di viole, / Onde, siccome suole, / Ornare ella si appresta / Dimani, al dì di festa, il petto e il crine. / Siede con le vicine / Su la scala a filar la vecchierella, / Incontro là dove si perde il giorno; / E novellando vien del suo buon tempo, / Quando ai dì della festa ella si ornava, / Ed ancor sana e snella / Solea danzar la sera intra di quei / Ch’ebbe compagni dell’età più bella. / Già tutta l’aria imbruna, / Torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre / Giù da’ colli e da’ tetti, / Al biancheggiar della recente luna. / Or la squilla dà segno / Della festa che viene; / Ed a quel suon diresti / Che il cor si riconforta. / I fanciulli gridando / Su la piazzuola in frotta, / E qua e là saltando, / Fanno un lieto romore: / E intanto riede alla sua parca mensa, / Fischiando, il zappatore, / E seco pensa al dì del suo riposo. Poi quando intorno è spenta ogni altra face, / E tutto l’altro tace, / Odi il martel picchiare, odi la sega / Del legnaiuol, che veglia / Nella chiusa bottega alla lucerna, / E s’affretta, e s’adopra / Di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba. Questo di sette è il più gradito giorno, / Pien di speme e di gioia: / Diman tristezza e noia / Recheran l’ore, ed al travaglio usato / Ciascuno in suo pensier farà ritorno. / Garzoncello scherzoso, / Cotesta età fiorita / E’ come un giorno d’allegrezza pieno, / Giorno chiaro, sereno, / Che precorre alla festa di tua vita. / Godi, fanciullo mio; stato soave, / Stagion lieta è cotesta. / Altro dirti non vo’; ma la tua festa / Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.
"Dolce e chiara è la notte senza vento" (La sera del dì di festa)
"natio borgo selvaggio" (Le ricordanze)
"le magnifiche sorti e progressive" (La ginestra)
"Passata è la tempesta: / Odo augelli far festa, e la gallina, / Tornata in su la via, / Che ripete il suo verso" (La quiete dopo la tempesta)
1840 - Promessi sposi (Manzoni). I personaggi del popolo non sono più ritratti in modo macchiettistico come in Goldoni, anche se ancora non emerge la dimensione tragica che connoterà il Verismo.
1848 - Prima guerra d’indipendenza e sconfitta, l’anno successivo, a Novara. Abdicazione a favore di Vittorio Emanuele II.
1852 - Cavour primo ministro
1853 - Scoppia la guerra di Crimea
1859 - Seconda guerra d’indipendenza. Battaglia di Solferino e San Martino. Armistizio di Villafranca
1860 - Spedizione dei Mille. Brixio seda una rivolta contadina a Bronte, origine del fenomeno del brigantaggio che perdurerà dopo l’Unità.
1861 - Unità d’Italia
1862 - Garibaldi ferito sull’Aspromonte
1864 - Strage di Torino per via dello spostamento della capitale a Firenze come promesso a Napoleone III
1866 - Terza guerra d’indipendenza
1867 - Nel tentativo di conquistare Roma, Garibaldi sconfitto a Mentana
1869 - la tassa sul macinato consente di raggiungere il pareggio di bilancio. Fosca (Tarchetti), romanzo della Scapigliatura milanese, movimento tardo-romantico che avverte la lontananza, anche generazionale, degli ideali risorgimentali.
1870 - Francia sconfitta a Sedan e presa di Roma. Ostilità della Chiesa nei confronti del Regno (non expedit)
1876 - Sinistra storica al governo con Depretis che governa grazie a pratiche clientelari e trasformiste e che supporta l’industria settentrionale.
1879 - Odi barbare (Carducci)
"I cipressi che a Bólgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar, quasi in corsa giganti giovinetti" (Davanti San Guido)
1881
I Malavoglia, capolavoro del verismo italiano. La lettura dell’Italia post-unitaria compiuta dal verismo e dal suo atteggiamento di osservazione dei fatti come accadeva in Francia con Zola corre parallelamente al simbolismo (Pascoli) e al decadentismo (D’Annunzio) perché rappresentano la sfiducia contro la scienza. Altrove il realismo racconta la finis Austriae come in Philip Roth. Se Carducci è il cantore del Risorgimento e usa la metrica classica, Pascoli la disarticola e si ispira al ruolo anche sonoro ed evocativo della parola come Baudelaire e Rimbaud: da qui la poesia del Novecento. Mentre Zola indaga la società degli operai, Tolstoj l’aristocrazia moscovita (Anna Karenina), Verga si rivolge ancora al mondo dei pescatori e manca quella volontà di denuncia che in Francia è costituita dallo J’accuse, ma che contiene anche i semi decadenti del languore di Verlaine e dell’estetismo di Huysmans. Precursore dell'Esistenzialismo del '900 è invece Fedor Dostojevskij che rifiuta il capitalismo europeo e vede nel dolore la via per la salvezza. In Delitto e Castigo (1866), ad esempio, Raskolnikov vuole affermare la sua libertà assoluta uccidendo un'usuraia e sfidando la polizia, ma l'umanità delle persone che incontra fuggendo e l'amore di Sonja lo portano a redimersi e a costituirsi. Anche ne I fratelli Karamazov (1880), la leggenda del Grande Inquisitore mette in evidenza, con il bacio di Gesù al prelato spagnolo, quanto la risposta al cinismo per il quale l'umanità non ha bisogno di libertà non possa che essere l'amore.
“Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo” (Anna Karenina, Tolstoj)
"L'uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa. Se l'uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti ad un idolo" (Delitto e castigo, Dostojevskij)
Malombra (Fogazzaro), romanzo non verista, ma lirico, impressionista e simbolista da cui traspare quella lettura evocativa del reale (le Corrispondenze di Baudelaire, il Battello ebbro di Rimbaud) e quel languore di Verlaine che sfoceranno nel Crepuscolarismo e nella sua visione demitizzante della poesia, anti dannunziana, ma anche nella poetica della memoria di Proust (“i veri paradisi sono quelli perduti”).
1882 - Triplice Alleanza siglata in funzione antifrancese. La “via prussiana” perseguita dall’Italia è anche frutto degli investimenti tedeschi nell’industria locale.
1885 - La conquista di Roma (Serao)
1886 - Cuore (De Amicis), opera che guarda manzonianamente al mondo degli umili, ma in modo solo caritatevole e bozzettistico.
1887 - Crispi primo ministro
1889 - Il piacere (D’Annunzio), opera principale del decadentismo italiano che altrove assume le forme di Des Esseintes in A Ritroso (Huysmans, 1884), Il ritratto di Dorian Gray (Wilde, 1890) e Il grande Gatsby (Scott Fitzgerland, 1925)
1893 - Scandalo della Banca Romana
1894 - I Viceré (De Roberto)
1895 - Piccolo mondo antico (Fogazzaro)
1896 - Sconfitta di Adua
1898 - Bava Beccaris, primo ministro Rudinì, seda una rivolta a Milano
1900 - L’anarchico Gaetano Bresci uccide Umberto I. Zanardelli primo ministro
1902 - La pioggia nel pineto (D’Annunzio)
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione.
Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitìo che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancóra, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immersi noi siam nello spirto silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra remota. Più sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode voce del mare. Or s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria è muta; ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione.
Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pèsca intatta, tra le pàlpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alvèoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i mallèoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione.
1903 - Vittorio Emanuele III nomina Giolitti primo ministro. I canti di Castelvecchio (Pascoli)
Oh! Valentino vestito di nuovo, / come le brocche dei biancospini!
1904 - Il fu Mattia Pascal (Pirandello). L’imprevisto rivela la frammentarietà dell’io, fra maschera e persona, e mette in luce il contrasto fra pubblico e privato.
1908 - Umorismo (Pirandello) che deriva dal sentimento del contrario e dalla volontà di raccontare i fatti interpretandone le ragioni non evidenti, sottolineando la differenza fra realtà e verità. È il concetto alla base del teatro di Pirandello (Così è se vi pare) come la frattura fra persone e personaggi: Maschere nude sarà il titolo di tutte le opere teatrali.
1909
Manifesto del futurismo (Marinetti)
I vecchi e i giovani (Pirandello) che racconta la disillusione degli ideali risorgimentali nella Sicilia dei fasci socialisti repressi dal governo Crispi nel 1894
1910 - Salvemini definisce Giolitti “ministro della malavita” mentre i nazionalisti di Corradini lo dichiara simbolo dell’Italietta imbelle. La violenza politica è sospinta dai pensieri di Nietzsche e Sorel, ma anche dall’ irrazionalismo antipositivista di autori come Papini e Prezzolini ai quali si oppone il pensiero borghese di Benedetto Croce. Lo stesso conflitto tra conservatori e rivoluzionari si troverà ne La montagna incantata di Mann (1924).
1911 - Invasione della Libia. Il Codice di Perelà (Palazzeschi)
1912 - Suffragio universale maschile. È l’avvento delle masse nella politica con una élite liberale incapace di guidarle mentre vige ancora il non expedit. Mussolini saprà incanalare il consenso sfruttando la paura di capitalisti e borghesi di fronte all’avanzare del socialismo dopo la tragedia della Prima guerra mondiale.
1913
Canti orfici (Campana), forse l’unica poeta maudit italiano
Canne al vento (Deledda). Come Dostojevski che rifiuta il razionalismo illuminista e riconosce il “sottosuolo” in cui si tormenta l’uomo , si ha l’innesto su temi veristi di sensibilità quasi religiose che affrontano la fragilità umana e il senso della colpa. È il tempo della crisi della società borghese: l’incapacità di gestire i problemi sociali e di offrire una risposta alle problematiche individuali, avendo disgregato la società precedente, apre la vita ai grandi autori del declino. Kafka affianca un racconto minuzioso del reale alle sue inquietudini nascoste, Mann ne i Buddenbrook o in La morte a Venezia quasi raffigura questa epoca e si dimostra affascinato dal mito irrazionale della gioventù anche se poi leverà la propria voce contro il nazismo.
1914 - Canti orfici (Campana)
1919 - Occupazione di Fiume
Allegria di naufragi (Ungaretti) in cui prevale la poetica simbolista della parola, contro la retorica dannunziana, contro la semplice rivoluzione futuristica della metrica. In quell'anno Paul Valery pubblica la "Crisi del pensiero" che sottolinea come la guerra abbia spazzato via le istanze delle avanguardie sulla stessa linea di Pensiero del poeta russo Majakovskij.
Si sta come / d'autunno / sugli alberi / le foglie (Soldati)
Tra un fiore colto e l’altro donato / l’inesprimibile nulla (L'eterno)
Di queste case / non è rimasto che qualche brandello di muro / Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto / Ma nel cuore nessuna croce manca / È il mio cuore il paese più straziato (San Martino del Carso)
1921 - Nascita del Partito comunista. Canzoniere (Saba)
1922 - Marcia su Roma. L'Enrico IV (Pirandello) spiega la differenza fra la comicità derivante dall'avvertimento del contrario (il protagonista che crede di essere l'imperatore Enrico IV) e il pensiero dal sentimento del contrario: da tale confronto anche il dissidio fra maschera e persona.
1923 - La coscienza di Zeno (Svevo). Come nel modernismo di Joyce (Ulysses è del 1922), di Proust (La ricerca del tempo perduto è pubblicata fra il 1920 e il 1927) e di Schnitzler (Doppio Sogno, 1925), il racconto non è fatto da un narratore onnisciente, ma la realtà è determinata dalla psicologia dei personaggi che, dall’inettitudine nei confronti della vita, maturano una coscienza. Incalzata dal cinema, la letteratura fra scomparire l’azione ed emergere il monologo interiore, il flusso di coscienza.
1924 - Omicidio di Matteotti
1925
Manifesto degli intellettuali fascisti (Gentile) e antifascisti (Croce)
Ossi di seppia (Montale) in cui si riprende la lezione simbolista nella tecnica del correlativo oggettivo, ideata da T.S. Elliot, ove le sensazioni possono essere espresse solo dalle cose: ne emerge una poesia metafisica come nella poetica di De Chirico
Meriggiare pallido e assorto
Meriggiare pallido e assorto / presso un rovente muro d'orto, / ascoltare tra i pruni e gli sterpi / schiocchi di merli, frusci di serpi.
E andando nel sole che abbaglia / sentire con triste meraviglia / com'è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Non chiederci la parola
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato / l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco / lo dichiari e risplenda come un croco / Perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirtisì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo
Spesso il male di vivere ho incontrato
Spesso il male di vivere ho incontrato: / era il rivo strozzato che gorgoglia, / era l’incartocciarsi della foglia / riarsa, era il cavallo stramazzato. / Bene non seppi, fuori del prodigio / che schiude la divina Indifferenza: / era la statua nella sonnolenza / del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
1929 - Gli indifferenti (Moravia) a sfatare i luoghi comuni sulla borghesia italiana rivelandone il cinismo e le miserie contro al moralismo fascista del tempo.
1933 - Fontamara (Silone) pubblicato in Svizzera
1938 - Anschluss. Trattato di Monaco. Leggi razziali in Italia. Un anno sull’altopiano (Lussu)
1939 - Patto Molotov - Ribbentrop. Invasione della Polonia, dei Paesi Bassi e della Francia
1940
L’Italia entra in guerra venendo sconfitta in Africa e in Albania
Il deserto dei Tartari (Buzzati), esempio di realismo simbolico
1941 - Attacco di Pearl Harbour. Conversazione in Sicilia (Vittorini)
1942 - Montgomery sconfigge Rommel e la Folgore ad El Alamein. Ed è subito sera (Quasimodo)
E come potevamo noi cantare / con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze / sull’erba dura di ghiaccio, al lamento / d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero / della madre che andava incontro al figlio / crocifisso sul palo del telegrafo? / Alle fronde dei salici, per voto, / anche le nostre cetre erano appese, / oscillavano lievi al triste vento
1943
Battaglia di Stalingrado e ritirata di Russia. Sbarco alleato in Italia. Caduta di Mussolini che poi, liberato dai tedeschi, fonda la Repubblica di Salò. Badoglio firma l’armistizio. Bonomi primo ministro
Cristo si è fermato ad Eboli (Carlo Levi) in cui il neorealismo riprende la volontà verista di raccontare le vite dei più umili anche con un atteggiamento di denuncia.
1944 - Battaglia di Cassino
1945 - Fucilazione di Mussolini. Uomini e no (Vittorini), primo romanzo neorealista sulla lotta partigiana dopo la retorica fascista.
1947 - Se questo è un uomo (Levi). Dialoghi con Leucò (Pavese), esempio di realismo simbolico
1949
La bella estate (Pavese). In opposizione all’ermetismo, Pavese usa la “poesia racconto” come Whitman e Rilke.
L’Agnese va a morire (Renata Viganò)
1951 - Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (Pavese)
"E Cesare perduto nella pioggia / Sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina" (Alice, De Gregori)
1952 - Il visconte dimezzato (Calvino) in cui ad una narrazione puntuale si accosta la dimensione fiabesca: è il realismo simbolico. Della trilogia “I nostri antenati” seguono Il barone rampante e Il cavaliere inesistente di cui vi è solo l’armatura.
1953 - Il sergente nella neve (Rigoni Stern)
1957 - Quer pasticciaccio brutto di via Merulana (Gadda) con una lingua sperimentale e barocca che imita la complessità della vita
1958 - Il Gattopardo (Tomasi di Lampedusa)
1961 - Il giorno della civetta (Sciascia) dall’umorismo di tipo pirandelliano
1962 - Il giardino dei Finzi-Contini (Bassani) sulle leggi razziali in Italia
1963 - Centomila gavette di ghiaccio (Bedeschi)
1968 - pubblicato postumo, Il partigiano Johnny (Fenoglio) in cui emerge l’influenza crescente della letteratura americana (Faulkner, Steinbeck, Dos Passos, Hemingway) in Italia e l’uso dell’inglese dopo anni della retorica di Strapaese.
1979 - Se una notte d’inverno un viaggiatore (Calvino) in cui due lettori non riescono a continuare a leggere il libro che hanno iniziato e finiranno per sposarsi. Esempio di metanarrativa.
1980 - Il nome della rosa (Eco)
1985 - Rinascimento privato (Bellonci)
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valentina-lauricella · 7 months ago
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Leopardi (di Marino Moretti)
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O Leopardi, oggi mi sei davanti come se nel mio cuor tutti cantassero i tre canti scolastici, i tre canti
d'antologia: Sabato del villaggio. Quiete dopo la tempesta. Passero solitario…. (Oh natio borgo selvaggio!)
Forse li leggo. E il terzo canto è mozzo. Hanno messo una fila di puntini invece di quel tuo lungo singhiozzo.
T'hanno lasciato, quasi, a mezza via. Non han voluto apprendere ai bambini lo strazio della tua fìlosofìa.
Io? Non capivo; amavo la figura più del racconto: più del tuo sconforto il tuo cognome mi facea paura.
« Ma vedrai, bimbo, se la carta sudi, » tu mi dicevi; e non t'udivo; e accorto veniva il tempo de' più dotti studi.
Si commentava docili Consalvo, pensando all'ombra che crescea d'un baffo, guardando a tratti il pedagogo calvo;
quindi il Pensiero dominante, il canto estremo della innamorata Saffo, l'epistolario: tutto un altro pianto….
E ancora erano facili i commenti, che venner giorni assai più dotti: quelli dei confronti, dei nuovi documenti,
delle domande: è Silvia oppur Nerina? la Fattorini o la Belardinelli? i tempi dell'ingenua dottrina….
O Leopardi, io non t'amai. Lontano eri. Lontano sei. Ma ti ravviso, e tu m'accenni con la stanca mano.
Mi dici piano, con la voce pia, il cuor placato e un tacito sorriso i tre bei canti dell'antologia:
ma neppur tu finisci il terzo: chini la fronte, celi il tuo selvaggio lutto, accetti, la pietà di quei puntini….
Ahimè che un bimbo io più non sono, ed uso leggerti intero! Ahimè che tutto, tutto vedo e sento di te come in confuso:
Nerina, Silvia, Paolina, Aspasia, la cara luna, il cuor tetro e randagio, la ginestra, il pastor ch'erra nell'Asia,
e l'infinito, il mar del tuo naufragio.
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gaynerdsuperstar · 1 year ago
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Ragazzo interrotto
Dalle mie oppo encobuds (sono povera quindi le AirPods aspetteranno) suonano delicatamente i Cigarettes After Sex.
Vedo le foto di mia cugina, è a Parigi, in vacanza, forse sarà un giro di ricognizione per la sua vita futura, chi lo sa.
Ma lei è felice, lo si vede, ha un bel ragazzo, sorride sempre, è una ragazza a modo, l’unico stravizio che si concede è qualche angelo azzurro da sorseggiare con le amiche.
La differenza la fa la costanza.
E io? Dopo 3 anni in comunità, perché sì, sono finito in una comunità, ho solo capito di essere borderline, quindi di essere incostante quasi per definizione.
Ma così come ho affrontato i traumi della mia adolescenza adesso devo affrontare i DUBBI della mia tardoadolescenza, come? Con la scrittura.
Cari ragazzi sono tornato
Con una marea di cose da dirvi, argomenti di cui parlare, gente che vorrei conoscere, insomma sono tornato più forte che mai.
Adesso dopo anni (minchia ci sono voluti quindici anni per capire che io avessi dei problemi psichiatrici?) sono sotto una terapia “adeguata”? Chi lo sa, forse un’overdose di Valium era proprio quello di cui io avessi bisogno per capire meglio me stesso.
Ma tornando a noi.
Sono un una città vicino il mio natio borgo in libera ripresa dalla tossicodipendenza, anche se poi si è scoperto che tossicodipendenza non era, ma che la mia fosse solamente una problematica psichiatrica.
Sono anni che non scrivo, però molte persone speciali tra di voi mi hanno detto che io gli manco troppo e che magari fosse il caso che mi rimettessi in gioco rispolverando al pubblico le mie problematiche sociali, mentali, i miei sogni, le mie aspirazioni, le mie ��frustrazioni”.
Ecco per esempio l’argomento di questo post potrebbero essere proprio le frustrazioni.
La frustrazione per me è sempre stata l’emozione di chi non lotta con le unghie e con i denti al raggiungimento dei propri sogni o desideri, quindi è qualcosa che non mi appartiene minimamente, almeno per ora, almeno in questo punto della mia vita.
Al massimo anziché essere frustrato mi lascio trasportare a tratti da un vago senso di insoddisfazione, poi mi ricordo delle mie capacità, prima fra tutte quella di riuscire a far breccia nel cuore e nelle menti delle persone grazie alle mie parole, alle mie fotografie, ai miei disegni e capisco che più che essere frustrato dovrei essere grato all’universo della mia melanconia, che è una cosa meno violenta della frustrazione, perché è grazie ad essa che riesco ad esprimere il meglio di me.
N.d. A
Melanconia
/me·lan·co·nì·a/
sostantivo femminile
Variante di malinconia, preferita nel linguaggio psichiatrico, per designare uno stato psichico caratterizzato da una alterazione patologica del tono dell'umore, nel senso di un'immotivata tristezza talvolta accompagnata da ansia.
Raga poi tornando all’argomento “crescita” sono arrivato all’alba dei 30, ho iniziato a scrivere su Tumblr che avevo 16 anni, è un’eternità. In più, la mia, è un’età problematica perché capisci che da adulti le cose non le puoi risolvere con un vaffanculo e basta, ci vuole tatto, grazia, saggezza e a volte anche una sana dose di egoismo e di ambiguità
Hey ho detto una “SANA DOSE”.
Il troppo stroppia, se una persona si dà troppo all’egoismo a all’ambiguità diventa qualcosa di obrobrioso, meglio lasciare qualche frase nell’indefinito, nel non detto, anziché sembrare la cugina manipolatrice e sociopatica di Selvaggia Lucarelli.
Comunque, sono borderline.
Con tratti narcisistici e anti-sociali
Una merda in pratica.
Grazie a dio che la mia psicologa mi ha rassicurato che non sono sociopatico perchè diciamo che c’è una netta differenza tra me ed Hannibal Lecter, ma andiamo avanti.
Piano piano sto capendo chi voglio essere, dovrò partire da una super gavetta nel mondo della moda (p.s. in tutto ciò mi sono laureato in Design nonostante le droghe).
Devo riprendere a correre, a scrivere, a disegnare più spesso, aprire un blog con i miei disegni.
Mandare curriculum come se fossero merde di piccione in Piazza San Marco.
Per stasera, come prima scrittura dopo anni direi che possa bastare, la notte porta consiglio, domani magari avrò qualcosa di più interessante da dire.
Un bacio dal vostro
Gay nerd superstar / ragazzo interrotto
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folliafluida · 2 years ago
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D’in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.
 
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de’ provetti giorni
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell’aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
 
Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.
- G. Leopardi, Il passero solitario
(02022023)
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ilragnaccio · 4 years ago
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Passer domesticus ©® ilragnaccio Poesia di *Giacomo Leopardi- Il passero solitario* D'in su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finché non more il giorno; Ed erra l'armonia per questa valle. Primavera dintorno Brilla nell'aria, e per li campi esulta, Sì ch'a mirarla intenerisce il core. Odi greggi belar, muggire armenti; Gli altri augelli contenti, a gara insieme Per lo libero ciel fan mille giri, Pur festeggiando il lor tempo migliore: Tu pensoso in disparte il tutto miri; Non compagni, non voli, Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi; Canti, e così trapassi Dell'anno e di tua vita il più bel fiore. Oimè, quanto somiglia Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, Della novella età dolce famiglia, E te german di giovinezza, amore, Sospiro acerbo de' provetti giorni, Non curo, io non so come; anzi da loro Quasi fuggo lontano; Quasi romito, e strano Al mio loco natio, Passo del viver mio la primavera. Questo giorno ch'omai cede alla sera, Festeggiar si costuma al nostro borgo. Odi per lo sereno un suon di squilla, Odi spesso un tonar di ferree canne, Che rimbomba lontan di villa in villa. Tutta vestita a festa La gioventù del loco Lascia le case, e per le vie si spande; E mira ed è mirata, e in cor s'allegra. Io solitario in questa Rimota parte alla campagna uscendo, Ogni diletto e gioco Indugio in altro tempo: e intanto il guardo Steso nell'aria aprica Mi fere il Sol che tra lontani monti, Dopo il giorno sereno, Cadendo si dilegua, e par che dica Che la beata gioventù vien meno. Tu, solingo augellin, venuto a sera Del viver che daranno a te le stelle, Certo del tuo costume Non ti dorrai; che di natura è frutto Ogni vostra vaghezza. . . . . . . . . #somewheremagazine #portbox #ithosmag #ifyouleave #ig_photooftheday #ourmag #pseudokulture #magnificomagazine #screen_archive #middlejournal #gupmagazine #as_archive #fatedmagazine #kodizes #sickymagazine #igersjp #cinebible #weshoothumans #featuremeofh #cinematicmodeon #portraituring #fashionphotographychannel #oassismag #CulturelnMotion #ig_portrait #insomniamag #photocinematica #thetaxcollection #dreamermagazine #birds https://www.instagram.com/p/COyUWI0BQOh/?igshid=1thz0vuxez9ke
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carol-agostini · 4 years ago
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B&B La Torretta di Cerretto Grue e l'artista Bergamasco Domenico Rossi.
Con il mio collega e compagno di merende, ops di " bevute" abbiamo soggiornato in questo luogo fatto di arte, mistero e dettagli in ogni dove.
Presenti in zona per una Manifestazione precisa: a 80 anni dalla prima grande vittoria di Fausto Coppi al Giro d’Italia, nel 1940, Castellania Coppi dedica “La prima maglia rosa non si scorda mai. 1940-2020”, evento organizzato dalla Strada del Vino e dei Sapori dei Colli Tortonesi, in collaborazione con il Comune di Castellania, il Consorzio di tutela dei vini dei Colli Tortonesi ed Incontri DiVini.
In questa occasione ho potuto assaggiare diversi vini rosati di aziende italiane, evento oltretutto andato molto bene e dormire in questo luogo incantato: B&B La Torretta di Cerretto Grue, nei pressi di Tortona.
Non potevo finire in ambiente migliore, visto che sono dal 1997 un'artista creativa; una carriera nel vetro soffiato artistico che mi ha portato a sviluppare la passione per il cibo e vino di cui mi occupo attualmente.
Questo Bed and Breakfast sorge all’interno di una antichissima casa privata che prima ancora era un castello.
Un luogo di culto, arte e mistero, contraddistinto da una torre, con pareti in pietre squadrate databili all’anno mille, è ubicata al centro di Cerreto Grue, “nascosta alla vista dei più perchè è stretta tra due case”.
E' uno dei posti più panoramici di tutte le terre d’incontro, sorge a cavallo tra val Grue e val Ossona e le domina entrambe, offrendo panorami splendidi.
Edificio storico, al centro del Paese, dove intorno all’anno mille sorgeva un castello del quale si è conservata la Torre, appunto; ambiente in armonia con il contesto circostante, filologicamente restaurato e ristrutturato, esaltandone le suggestioni medioevali senza negare i comfort moderni, attualmente l'immobile preserva le disposizioni Covid19 nei servizi disponibili e nella locazione stessa.
Espone al suo interno una collezione di quadri del pittore Domenico Rossi perchè è casa di famiglia, ora ci vivono il figlio e la nuora, la Signora Claudia Fornoni, che vi accoglierà con grande disponibilità e desiderio di raccontarvi un pezzetto di storia e arte italiana.
Godrete di una quiete impagabile, in un piccolo borgo, lontano dai centri, per arrivarci godrete di un panorama fatto di dolci colline, vigne, di pace interna.
Un luogo suggestivo, libri ovunque, mobili antichi, in cui le opere non vendute a collezioni private e gallerie sono esposte in ongi stanza.
Cerretto Grue è il paese natio di Felicina Schiavi, consigliato anche agli appassionati d’arte, ecco perchè vi voglio raccontare il mio soggiorno.
Si respira arte, passione, trame di vita e di famiglia, di pensieri trasformati in quadri, disegni, ritratti.
Le foto che pubblico testimoniano gli ambienti vissuti, un luogo in cui tornerò presto, per vivere di storia e di bellezza, di dettaglio e di genialità.
Domenico Rossi, un pittore morto prematuro, ma ha saputo fare della sua arte, una fonte di reddito per la famiglia e di scuola, verso quel mondo artistico che non sempre ripaga della fantasia, creatività e sacrifici che si fanno per portare avanti doti e sogni.
Io ringrazio personalmente la famiglia, con attenzione verso la Signora Claudia, che ci ha accolto soddisfando ogni mia esigenza e del libro che mi ha regalato, inerente le opere e la vita del suocero Domenico.
Vedrete la famiglia vi illustrerà le bellezze naturali, artistiche, culturali e gastronomiche del territorio tortonese e vi consiglierà luoghi e ristoranti dove potrete degustare le specialità del luogo e acquistare direttamente dai produttori specialità, merci di prima qualità.
Aggiungo un consiglio mio personale a 200 metri, troverete la Pizzeria e ristorante " La Pesa" di Cerretto Grue di Eleonora Guandalini e Marco de Filippo, pizze speciali, cotta nel forno a legna ma anche farinata, focaccia al formaggio, hamburger e piatti della cucina del territorio, oltre ad una frittura fatta veramente bene, testare per credere!
Per riferimenti i siti sono:
http://www.latorretta-cerreto.it Claudia Fornoni
https://lapesacerreto.it/ Eleonora Guandalini
Grazie dell'ospitalità, sono stata molto bene, pulizia, colazione ricca e un phon decente, per me fondamentale!!!
Di Carol Agostini
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alessiomanna · 4 years ago
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Carissimo amico mio Giacomo, sai che il tuo natio borgo selvaggio che tanto odiavi per me invece rappresenta la vita e la base della mia poesia, ti ho fatto tante promesse di venirti a trovare mille e mille volte, e non ti ho mentito, ma adesso è finalmente arrivato questo momento. Porterò a questo posto poesie che non hanno più senso di stare nella mia casa, è meglio che ne tenga cura tu. È difficile eliminare dalla vita determinate cose, e finalmente ci sto riuscendo, eliminare conversazioni che mai avrei voluto cancellare, strappare fogli che ho conservato con grande cura. Porterò a te anche il biglietto del cinema di quel di del 2014 quando ti venni a vedere e ti conobbi veramente per la prima volta. Sei più di un amico, sei un fratello, un confidente a cui mi rivolgo quando sto male, perché tu sapevi cosa era il dolore, la speranza, l'amore e riuscivi a cogliere le parole, i gesti, che la gente purtroppo non capisce perché ha perso quella profondità che tanto sbandierava e che mi aveva illuso. Giacomo io ti ho nel cuore, sempre, ovunque, e finalmente verrò a visitare la tua dimora. Aspettami. Tuo, solo per questa occasione, Alessio e non Noce.
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sunset over my city.
Recanati, Italy
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gargantua · 7 years ago
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Nè mi diceva il cor che l'età verde Sarei dannato a consumare in questo Natio borgo selvaggio, intra una gente Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso Argomento di riso e di trastullo, Son dottrina e saper; che m'odia e fugge, Per invidia non già, che non mi tiene Maggior di se, ma perchè tale estima Ch'io mi tenga in cor mio, sebben di fuori A persona giammai non ne fo segno. Qui passo gli anni, abbandonato, occulto, Senz'amor, senza vita; ed aspro a forza Tra lo stuol de' malevoli divengo: Qui di pietà mi spoglio e di virtudi, E sprezzator degli uomini mi rendo, Per la greggia ch'ho appresso: e intanto vola Il caro tempo giovanil; più caro Che la fama e l'allor, più che la pura Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo Senza un diletto, inutilmente, in questo Soggiorno disumano, intra gli affanni, O dell'arida vita unico fiore.  (G. Leopardi, Le Ricordanze)
Riconoscimento postumo? No, io piuttosto dico cornuto e mazziato, prima ti schifano fino al tormento, ti logorano, poi, da morto, diventi l’attrazione turistica, il timbro D.O.P. per il borgo, il piatto tipico, la produzione locale, l’eccellenza enogastronomica, diventi la Coca-Cola... consola che le tue ossa non siano sequestrate da quel luogo. Penso che metterci piede mi darebbe dolore.
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comesullenuvole · 8 years ago
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Il passero solitario
D'un su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finché non more il giorno; Ed erra l'armonia per questa valle. Primavera dintorno Brilla nell'aria, e per li campi esulta, Sì ch'a mirarla intenerisce il core. Odi greggi belar, muggire armenti; Gli altri augelli contenti, a gara insieme Per lo libero ciel fan mille giri, Pur festeggiando il lor tempo migliore: Tu pensoso in disparte il tutto miri; Non compagni, non voli, Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi; Canti, e così trapassi Dell'anno e di tua vita il più bel fiore. Oimè, quanto somiglia Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, Della novella età dolce famiglia, E te german di giovinezza, amore, Sospiro acerbo de' provetti giorni, Non curo, io non so come; anzi da loro Quasi fuggo lontano; Quasi romito, e strano Al mio loco natio, Passo del viver mio la primavera. Questo giorno ch'ormai cede alla sera, Festeggiar si consuma al nostro borgo. Odi per lo sereno un suon di squilla, Odi spesso un tonar di ferree canne Che rimbomba lontan di villa in villa. Tutta vestita a festa La gioventù del loco Lascia le case, e per le vie si spande; E mira ed è mirata; e in cor s'allegra. Io solitario in questa Rimonta parte alla campagna uscendo, Ogni diletto e gioco Indugio in altro tempo: e intanto il guardo Steso nell'aria aprica Mi fere il Sol che tra lontani monti, Dopo il giorno sereno, Cadendo si dilegua, e par che dica Che la beata gioventù vien meno. Tu, solingo augellin, venuto a sera Del viver che daranno a te le stelle, Certo del tuo costume Non ti dorrai; che di natura è frutto Ogni vostra vaghezza. A me, se di vecchiezza La detestata soglia Evitar non impetro, Quando muri questi occhi all'altrui core, E lor fia voto il mondo, e il dì futuro Del dì presente più noioso e tetro, Che parrà di tal voglia? Che di quest'anni miei? che di me stesso? Ahi pentirommi, e spesso, Ma sconsolato, volgerommi indietro.
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pangeanews · 5 years ago
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“Solo il tuo corpo è luce”. Versi scritti nell’oro e nello scintillio delle pallottole nemiche: riscopriamo Miguel Hernández, il poeta ribelle
Lo hanno sempre saputo tutti, da Cervantes a Hemingway, che la Spagna è un enorme regione di luce, uno scintillio dorato sotto un azzurro intonso, primitivo. È dal delirio del cielo iberico che nel piccolo villaggio valenciano di Orihuela, il 30 ottobre del 1910, viene al mondo Miguel Hernández Gilabert, distillatore di luce, meteora poetica tra le più radiose e potenti della sua terra. Brillante epigono di quella generazione del ’27 che incendiò la letteratura spagnola del XX Secolo. Ci ha lasciato centinaia di scritti composti in punta di penna. Versi semplici e rotondi che sfiorano le pagine con una delicatezza impalpabile, sferoidale. In Spagna gli dedicano atenei, piazze e stazioni ferroviarie. In Italia – ovviamente – resta semisconosciuto: al di là dell’antica edizione Feltrinelli del 1962 (per la cura di Dario Puccini), non resta che un’unica piccola raccolta delle sue ultime poesie, medaglia al petto della Passigli di Mario Luzi, il Canzoniere e romanzero di assenza, a cura di Gabriele Morelli (Passigli, 2014).
*
“Miguel el poeta cabrero” (come lo chiamano i suoi compaesani) è una creatura teocritea, scopre la potenza del verbo tra gli armenti di famiglia. Notato dal canonico Luis Almarcha, viene instradato alla lettura di Juan de la Cruz, Lope de Vega, Virgilio, Verlaine.
La notte del 31 Dicembre 1931, contro il volere del padre, molla gli armenti e lascia il suo borgo natio per spostarsi verso la Capitale. A Madrid, accede a ogni lettura possibile. Totalmente autodidatta, ha l’occasione di conoscere tutti, perlomeno quelli che contano, da Alexandre Vincente a Manuel Altolaguirre, da Pablo Neruda a Federico Garcia Lorca.
*
Da questo momento in poi le sue mani non abbandoneranno più la penna, se non per imbracciare il fucile. È stato per eccellenza il poeta della guerra civile. Schierato con le forze repubblicane si arruola volontario nel quinto reggimento fanteria. Assegnato inizialmente a scavare trincee, gira poi per il territorio spagnolo. Scrive direttamente dal fronte, tra cadaveri, feriti e combattenti. Accerchiato dalla morte, declama i suoi versi d’amore e resistenza direttamente alle truppe. Un congedo per una diagnosi di anemia cerebrale gli darà l’occasione di andare in Unione Sovietica, nel 1937, presso il Festival del Teatro di Mosca. Sarà assieme ad altri scrittori iberici in qualità di rappresentante della nascente Repubblica Spagnola. Non si hanno dettagli sulla sua permanenza moscovita. A tanti piace pensare che abbia conosciuto le grandi penne che animavano i fermenti russi. Di certo sappiamo che una volta tornato in patria riprende il fucile e con esso la penna.
*
L’evolversi repentino delle vicende si ripercuote sui suoi componimenti, al punto che le iniziali terzine incatenate cedono velocemente il posto al verso libero, svincolato, rimbaudiano.
La poesia è stata la sua più grande arma contro l’arroganza della tirannide franchista che, di lì a poco, prenderà il potere per trentasei lunghi anni. Strofe scritte e decantate tra i fischi delle pallottole nemiche. Un incoraggiamento ad andare avanti, verso il nuovo; in rivolta contro il potere che logora l’intelligenza. Sì, perché la vera poesia è qualcosa che sta molto lontano dal potere, ma che mantiene un rapporto intensissimo e amoroso con la potenza – la poesia, quando avviene realmente, è una lacerazione, uno squarcio, un vuoto in cui il linguaggio sospende tutta la dipendenza dall’antecedenza. È un sigillo di luce, un qualcosa che congela l’accento acuto del presente, di quel momento in cui le cose accadono. Un far impazzire il realismo, il realpolitick del pensiero in quanto tale. Il Generalissimo Franco ne era perfettamente al corrente, lui che tanto temeva i poeti. Il potere – sia esso democratico o tirannico – ha una paura innata del canto libero.
*
Parallelamente alle vicende sul fronte, la vita di Hernández procede tra privazioni e sofferenze di ogni genere: la distanza dall’amatissima moglie Josefina, le fughe, la malattia, la fame e la morte per stenti del primogenito Salvador, conducono inevitabilmente il poeta all’indispensabile. Un ridursi a niente: pane duro, penna e moschetto. Non serve altro. Non c’è tempo per il decoro, per gli orpelli. Tutto deve essere decisivo, semplice, brutale. Nitidezza assoluta. Essenzialità estrema. Il poeta pulisce il verbo, lo raffina, lo lucida sino al limite della frattura, ponendosi lui stesso sull’orlo del crac. Tutte le grandi cose, o perlomeno quelle che contano, nascono da dei processi di sottrazione. Sempre a levare. Il verbo passa per i ferri del poeta: cesoie, bisturi e smerigli di ogni genere. Il costrutto viene limato dall’inutile e, leggero, torna alla sua natura aerea, alla sua essenza di luce; diamanti flawless (mi perdoni la gemmologia!) senza nessuna impurità, in grado di moltiplicare la luce.
Sul piatto della bilancia è in gioco sempre la vita. Fetta per fetta, pezzo per pezzo. Questa è l’unica discriminante. La bellezza, quella vera, si paga a caro prezzo. I pescatori di perle l’hanno sempre saputo che per portare in superficie i pezzi più belli devi trattare con l’ipossia, con l’enfisema, con la morte.
E così quelle mani callose da contadino che sanno mungere il latte dalle bestie, quelle mani salde da soldato in trincea, sono in grado di stendere dei versi di una lucentezza sconcertante.
*
Anche Miguel fu luce. Velocissima. Luce pura, zenitale, rubata al sole di Spagna, alle sassaie di Orihuela. La sua penna è stata un dardo infuocato sulle vicende di una Spagna fratricida e sanguinaria. Ha cantato l’amore – quello per i figli e quello per la sua amata –, l’erotismo della natura, la sensualità degli elementi, la luce zenitale della sua terra, il mistero, il silenzio. Ha ricamato in versi la vita ma – soprattutto – ha scandagliato e affrontato la morte: tra le fucilazioni sommarie, le cataste di cadaveri in trincea e tra le mura di casa. La perdita del primo figlio segnerà in maniera ossessiva i suoi ultimi anni di vita.
*
Nel 1939, le truppe falangiste sfondano le resistenze madrilene. Inizia la disfatta per i Repubblicani. Il Nostro tenta di scampare al patibolo franchista con una rocambolesca fuga verso il Portogallo. Intercettato dalla Guardia Civile, farà il tour delle varie carceri spagnole sino al capolinea di Alicante. Nonostante la celebre frase di Francisco Franco “otro Lorca no”, Hernández non morì fucilato, ma – ancor peggio – dimenticato nel buio di una cella. La sua fiamma divenne sempre più flebile, la sua luce vacillò sino a spegnersi del tutto quel 28 marzo 1942. Aveva 31 anni. Passò gli ultimi giorni in totale solitudine, stroncato dalla fame, dalla tubercolosi e dal tifo. A noi il ricordo.
“Tutto qui; al di là c’è il vuoto”
Martino Cappai
*Editing di Matteo Fais e Luisa Baron
***
A seguire alcune poesie tratte dal citato Canzoniere e romanzero di assenze:
Io non voglio altra luce che il tuo corpo sul mio
Io non voglio altra luce che il tuo corpo sul mio: chiarità assoluta, trasparenza rotonda. Limpidezza il cui grembo, come il fondo del fiume, con il tempo si afferma, con il sangue si affonda. Che lucenti e durevoli materie ti hanno fatto, oh cuore pieno d’alba, mia pelle mattutina? Io non voglio altro giorno che non sia dal tuo seno. Il tuo sangue è il domani che giammai si conclude. Solo il tuo corpo è luce, sole: il resto è tramonto. Io non vedo le cose che al lume del tuo volto. Altra luce è lo spettro, niente più, del tuo passo. Il tuo sguardo insondabile mai si volge a ponente. Chiarità senz’alcun declino. Somma essenza del lampo che non cede né abbandona la cima. Gioventù. Limpidezza. Chiarità. Trasparenza che fa vicini gli astri di fuoco più lontani. Chiaro il tuo corpo bruno di fiamma fecondante. Erba nera l’origine, erba nera le tempie. Un sorso nero gli occhi e lo sguardo distante. Giorno blu. Notte chiara. Ombra chiara che vieni. Io non voglio altra luce che l’ombra tua dorata dove spuntano anelli di un’erba che dà ombra. Nel mio sangue, con fede dal tuo corpo incendiato, per tutto il tempo è notte: per tutto il tempo è giorno.
Miguel Hernández
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wfckll-blog · 7 years ago
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Il Passero Solitario - Giacomo Leopardi
D'in su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finchè non more il giorno; Ed erra l'armonia per questa valle. Primavera dintorno Brilla nell'aria, e per li campi esulta, Sì ch'a mirarla intenerisce il core. Odi greggi belar, muggire armenti; Gli altri augelli contenti, a gara insieme Per lo libero ciel fan mille giri, Pur festeggiando il lor tempo migliore: Tu pensoso in disparte il tutto miri; Non compagni, non voli, Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi; Canti, e così trapassi Dell'anno e di tua vita il più bel fiore. Oimè, quanto somiglia Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, Della novella età dolce famiglia, E te german di giovinezza, amore, Sospiro acerbo de' provetti giorni, Non curo, io non so come; anzi da loro Quasi fuggo lontano; Quasi romito, e strano Al mio loco natio, Passo del viver mio la primavera. Questo giorno ch'omai cede la sera, Festeggiar si costuma al nostro borgo. Odi per lo sereno un suon di squilla, Odi spesso un tonar di ferree canne, Che rimbomba lontan di villa in villa. Tutta vestita a festa La gioventù del loco Lascia le case, e per le vie si spande; E mira ed è mirata, e in cor s'allegra . Io solitario in questa Rimota parte alla campagna uscendo, Ogni diletto e gioco Indugio in altro tempo: e intanto il guardo Steso nell'aria aprica Mi fere il Sol che tra lontani monti, Dopo il giorno sereno,  Cadendo si dilegua, e par che dica Che la beata gioventù vien meno. Tu solingo augellin, venuto a sera Del viver che daranno a te le stelle, Certo del tuo costume Non ti dorrai; che di natura è frutto Ogni nostra vaghezza A me, se di vecchiezza La detestata soglia Evitar non impetro, Quando muti questi occhi all'altrui core, E lor fia voto il mondo, e il dì futuro Del dì presente più noioso e tetro, Che parrà di tal voglia? Che di quest'anni miei? Che di me stesso? Ahi pentiromi, e spesso, Ma sconsolato, volgerommi indietro.
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newideafashionblog · 8 years ago
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Stay Tuned- Guido Maggi Ancora una volta, Guido Maggi,ha scelto il mio volto per presentare la sua collezione. La nostra prima campagna pubblicitaria risale a qualche mese fa,nella splendida cornice di un antico borgo di Custonaci, paesino della Sicilia nord occidentale, mio paese natio.
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totally-blue · 8 years ago
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D'in su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finchè non more il giorno; Ed erra l'armonia per questa valle. Primavera dintorno Brilla nell'aria, e per li campi esulta, Sì ch'a mirarla intenerisce il core. Odi greggi belar, muggire armenti; Gli altri augelli contenti, a gara insieme Per lo libero ciel fan mille giri, Pur festeggiando il lor tempo migliore: Tu pensoso in disparte il tutto miri; Non compagni, non voli Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi; Canti, e così trapassi Dell'anno e di tua vita il più bel fiore. Oimè, quanto somiglia Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, Della novella età dolce famiglia, E te german di giovinezza, amore, Sospiro acerbo de' provetti giorni, Non curo, io non so come; anzi da loro Quasi fuggo lontano; Quasi romito, e strano Al mio loco natio,  Passo del viver mio la primavera. Questo giorno ch'omai cede alla sera, Festeggiar si costuma al nostro borgo. Odi per lo sereno un suon di squilla, Odi spesso un tonar di ferree canne, Che rimbomba lontan di villa in villa. Tutta vestita a festa La gioventù del loco Lascia le case, e per le vie si spande; E mira ed è mirata, e in cor s'allegra. Io solitario in questa Rimota parte alla campagna uscendo, Ogni diletto e gioco Indugio in altro tempo: e intanto il guardo Steso nell'aria aprica Mi fere il Sol che tra lontani monti, Dopo il giorno sereno, Cadendo si dilegua, e par che dica Che la beata gioventù vien meno. Tu, solingo augellin, venuto a sera Del viver che daranno a te le stelle, Certo del tuo costume Non ti dorrai; che di natura è frutto Ogni vostra vaghezza. A me, se di vecchiezza La detestata soglia Evitar non impetro, Quando muti questi occhi all'altrui core, E lor fia vóto il mondo, e il dì futuro Del dì presente più noioso e tetro, Che parrà di tal voglia? Che di quest'anni miei? che di me stesso? Ahi pentirornmi, e spesso, Ma sconsolato, volgerommi indietro.
Il passero solitario, Giacomo Leopardi
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dreamerunderthemoon · 8 years ago
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Il passero solitario
D'in su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finchè non more il giorno; Ed erra l'armonia per questa valle. Primavera dintorno Brilla nell'aria, e per li campi esulta, Sì ch'a mirarla intenerisce il core. Odi greggi belar, muggire armenti; Gli altri augelli contenti, a gara insieme Per lo libero ciel fan mille giri, Pur festeggiando il lor tempo migliore: Tu pensoso in disparte il tutto miri; Non compagni, non voli, Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi; Canti, e così trapassi Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, Della novella età dolce famiglia, E te german di giovinezza, amore, Sospiro acerbo de’ provetti giorni, Non curo, io non so come; anzi da loro Quasi fuggo lontano; Quasi romito, e strano Al mio loco natio, Passo del viver mio la primavera. Questo giorno ch'omai cede la sera, Festeggiar si costuma al nostro borgo. Odi per lo sereno un suon di squilla, Odi spesso un tonar di ferree canne, Che rimbomba lontan di villa in villa. Tutta vestita a festa La gioventù del loco Lascia le case, e per le vie si spande; E mira ed è mirata, e in cor s'allegra. Io solitario in questa Rimota parte alla campagna uscendo, Ogni diletto e gioco Indugio in altro tempo: e intanto il guardo Steso nell'aria aprica Mi fere il Sol che tra lontani monti, Dopo il giorno sereno,  Cadendo si dilegua, e par che dica Che la beata gioventù vien meno.
Tu solingo augellin, venuto a sera Del viver che daranno a te le stelle, Certo del tuo costume Non ti dorrai; che di natura è frutto Ogni nostra vaghezza A me, se di vecchiezza La detestata soglia Evitar non impetro, Quando muti questi occhi all'altrui core, E lor fia voto il mondo, e il dì futuro Del dì presente più noioso e tetro, Che parrà di tal voglia? Che di quest'anni miei? Che di me stesso? Ahi pentirommi, e spesso, Ma sconsolato, volgerommi indietro.
~ Giacomo Leopardi.
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okmugello · 8 years ago
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Borgo com'era. La storia del 'Taglio di Ciabarra'
Borgo com’era. La storia del ‘Taglio di Ciabarra’
Una lettera arrivata in redazione fornisce il pretesto ad Aldo Giovannini per tracciare una bella pagina di storia di Borgo.
Gentile signor Giovannini,
ho letto con attenzione, come del resto leggo sempre poiché mi piace la piccola storia, come lei scrive, del mio paese natio, nell’articolo sulla chiusura di Manfriani (quanto me ne dispiace, peccato davvero), lei parla di un edificio accanto…
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