#i presocratici
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Mi piace quando un dibattito accende l'interesse, meno quando si instillano sibillini attacchi, soprattutto da chi non conosco, nè con cui mi sono mai scritto, e soprattutto che parla di persone di mezze età senza nemmeno chiedere (ammetto sono permaloso).
Ritorno su pochi punti, tralasciando i sibillini di cui sopra, perchè si può essere sofisti quanto si vuole (nemmeno presocratici), ma alla fine conta arrivare al risultato dialettico (che non significa dirci due cose opposte, è ben altro).
Punto 1): ammetto di essere stato superficiale su una questione, sulla appartenenza di reazioni più femminili che maschili, basandomi sui post e le storie del mio instagram, dove ne ho contate 56 messe insieme tutte femminili e mi sono fatto contagiare. Chiedo scusa per non aver controllato le altre;
Punto 2) Al netto di tutto, resta la questione cruciale. Ogni scelta di preferenza ha come risultato una divisione tra ciò che scelgo e ciò che non scelgo: è per definizione una discriminante (da discrimen, separare). Quando questa è fatta rispetto ad una preferenza personale, che riguarda un ambito personale e soprattutto il proprio corpo, il proprio piacere, va rispettata per il principio che ho detto nel post prima, e non conta il vissuto precedente qualora esista perchè suddetto principio è prevalente. Dato che appunto è una questione personale e non una discriminazione, che è un principio che favorisce, in via politica e generale, l’applicazione di un trattamento diverso in situazioni che si presentano sostanzialmente uguali secondo questioni etniche, religiose, culturali di genere etc., il problema di sentirsi discriminato a questo punto è solo del ricevente offeso dal messaggio di Arisa;
Punto 3) Se la si vuole attaccare dal punto di vista politico per la sua adesione al melonismo, come tutta una schiera di personaggi vari, che si rimanga in quest'ambito politico e non si attacchi su altro;
Punto 4) Tutte queste precisazioni mi fanno capire che è straordinario come il principio, giustissimo e in cui credo fortemente, dell'inclusione lo si voglia far passare attraverso tutta una serie di limitazioni, tra l'altro in maggioranza legati al sesso, creando tutte una serie di tribù per comportamenti, atteggiamenti, idee che mi sembra piuttosto originale come metodo inclusivo;
Punto 5) posto qui la domanda che faccio da quando da studente liceale andavo alle assemblee politiche: in quel caso era "che significa essere di sinistra e chi lo decide"? (il risultato più convincente fu, in una leggendaria riunione del Collettivo universitario a 6, di 3 risposte per tre quarti concordi, e i restanti 3 in posizioni totalmente discordanti), in questo contesto è "che significa essere femministe e chi lo decide"?
Preferenze
Stamattina ho letto un piccolo post di @spettriedemoni riguardo una vicenda accaduta in questi giorni. In calce ad una foto dove è nuda di spalle su Instagram, Arisa ha ribadito che vuole un marito, possibilmente maschio e che adori il suo organo genitale. Fin qui, la lieve bizzarria non sarebbe tale, se non, come ricordava il post, la stessa Arisa è stata presa di mira per "bifobia", cioè la paura delle persone che si definiscono bisessuali (e noto nel caso specifico che le accuse sono soprattutto da parte femminile).
Veniamo da giorni in cui casi di tragica violenza di genere mi hanno spinto a ragionare su quello spirito di responsabilità che, con tanta convinzione personale, penso sia necessario tra maschi per innescare i fondamentali scatti culturali per diminuire, sperando fino ad eliminare, i percorsi violenti di genere (che non sono solo fisici, ma psicologici, culturali, economici e così via).
C'è però una frangia di estremismo femminista per cui se non la si pensa in un certo modo, si finisce per essere necessariamente in errore. Dico questo perché, nel caso specifico leggendo il post, Arisa ha parlato a titolo puramente personale. E una delle cose più belle di queste estate sono state le marce in numerose città per chiedere totale libertà di scelta, specialmente in ambiti sessuali, per rendere del tutto accettabile (e in via indiretta in un futuro spero prossimo del tutto ininfluente, perché ritenuto perfettamente normale) i propri gusti sessuali.
Penso in tutta onestà che è molto più facile essere inquisitori che attivisti, perché i secondi cercano di trovarla una soluzione, i primi sanno benissimo invece dove sta, poiché "Di' la verità" – gridano sempre gli inquisitori. Pretendono poi l'attestato di combattenti per la verità" (Stanislaw W. Lec).
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Nel percorrere le due vie: aletheia (verità) e doxa (opinione), Parmenide si rende conto di una terza via (quella percorsa dalla maggior parte dei mortali) caratterizzata dalla mescolanza di essere e non essere. Per Parmenide, infatti l'essere è (esiste) ed è per questo che possiamo pensarlo e comunicarlo, mentre il non essere non è (non esiste) e non è pensabile o comunicabile. La mescolanza si crea, ad esempio, quando gli uomini associano l'essere alla luce ed il non essere alle tenebre. Ma anche le tenebre sono una forma di essere o non sarebbero pensabile e conunicabili:
"tutto è pieno insieme di luce e di notte oscura di ambedue in giuste proporzioni, poiché, se né l’una né l’altra è presente, c’è il nulla"
[Frammento 9, poema sulla natura, Parmenide]
#storia della filosofia#Filosofia#Filosofi#Presocratici#I Presocratici#Parmenide#Parmenide di elea#Eleatici#Elea#Essere e non essere#Essere#Non essere#Tenebre#Luce#Frammenti#Poema#Poema sulla natura#Sulla natura
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I presocratici: Storia della filosofia greca 1 - Luciano De Crescenzo https://ift.tt/ODWynfs
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Palazzo Valli Bruni; via Rodari, 1 - Como Sabato 19 novembre 2022, ore 10:00
Lapo Lani, ospite del Festival A due voci 2022, promosso nell'ambito della “Journée mondiale de la philosophie” (UNESCO), introduce, legge e commenta episodi estratti da "I Promessi Sposi".
- Programma dell’intervento e prenotazione: • https://aduevoci.org/2021/11/02/alessandro-manzoni-la-natura-la-provvidenza-e-loltrepassamento-della-tecnica/
- Programma del Festival: • https://aduevoci.org/2022/11/06/fastival-a-due-voci-2022-programma/
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Alessandro Manzoni. La Natura, la Provvidenza e l'oltrepassamento della tecnica
I primi filosofi greci, i presocratici, usano il termine Natura (in greco “φύσις”, “phýsis”) con il significato di principio generativo di tutte le cose, soggette a nascita, accrescimento, degenerazione e morte. La Natura ha un andamento ciclico senza fine, in cui tutte le cose e gli eventi appartengono a un ininterrotto andamento circolare di produzione e distruzione, composto di punti eterogenei. Questo movimento viene eseguito “secondo necessità” (come dicono Eraclito, Anassimandro e Parmenide). Il punto privilegiato del circolo si chiama arché (in greco “ἀρχή”, che significa “principio”, “origine”), il principio di tutte le cose che compongono la natura. L’arché è il modello rispetto al quale tutto si genera e tutto si annulla. Quindi il principio delle cose è la dimensione in cui esse esistono all’origine. Solo la specificità delle cose, la singolarità, non la loro essenza, proviene dal nulla e nel nulla ritorna.
All’origine del pensiero filosofico occidentale, sia il mondo degli dèi sia quello degli uomini devono sottomettersi alle leggi del Destino: il divenire delle cose è regolato dalla “Necessità” (“Ἀνάγκη”, “Anánkē”), l’ineluttabilità inevitabile, l'imperscrutabile forza che crea e impone il susseguirsi degli eventi secondo un ordine immodificabile, la forza da cui dipende il fluire della vita. Il Destino è la manifestazione, l’apparire della Necessità.
La Divina Provvidenza, o semplicemente Provvidenza - concetto introdotto dalla dottrina stoica, nata intorno al 300 a.C. - è una forma particolare di Destino: è la determinazione da parte degli dèi, e successivamente di Dio, del susseguirsi di eventi che costituiscono il mondo delle cose, il cui fine non ha alcuna relazione con il bene dell'uomo. Il Destino e la Provvidenza sono potenze impenetrabili e indecifrabili, inaccessibili allo sguardo e all’operato dei mortali.
Aristotele scrive, nella “Metafisica”, che l’uomo è in grado di intervenire nelle cose della natura attraverso due strumenti: l’esperienza, conoscenza dei particolari, e l’arte (“τέχνη”, ”téchne”), conoscenza degli universali. Questo significa che, per esempio, un artigiano calzolaio riesce a costruire un paio di scarpe che possono piacere ad alcuni uomini, mentre un’artista riesce a creare un’opera in grado di piacere a tutti.
Aristotele prosegue dicendo che «[…] il sapere e l’intendere sono propri più dell’arte che dell’esperienza, e giudichiamo coloro che posseggono l’arte più sapienti di coloro che posseggono la sola esperienza, in quanto siamo convinti che la sapienza, in ciascuno degli uomini, corrisponda al loro grado di conoscere. E, questo, perché i primi sanno la causa, mentre gli altri non la sanno». (“La Metafisica”, Rusconi, Milano, 1978.)
È così che la cultura filosofica dell’Occidente avvicina l’arte, intesa come tecnica, alla conoscenza della Verità (“ἐπιστήμη”, “epistème”), ovvero alla conoscenza certa e incontrovertibile delle cause e degli effetti del divenire.
Il concetto di artificio, quindi, per la tradizione filosofica dell’Occidente, è quell’operato che mette in evidenza la dimensione universale della natura e del divenire.
La Modernità, a partire dalla fine del XIX secolo, libera radicalmente e definitivamente il divenire da qualsiasi dimensione trascendentale, aprendo uno scenario in cui, non essendo più presenti gli Eterni e gli Immutabili della tradizione - gli dèi, Dio, il Destino, la Provvidenza, la Verità -, capaci di anticipare e finalizzare ogni evento, l'uomo può diventare massimamente potente per dominare il mondo. All’interno di questo modo di pensare, l’arte e la tecnica, guidate dalla scienza moderna, diventano strumenti di trasformazione, e non più di conoscenza epistèmica.
In questo scenario, l’artificio è quell’operato che, prescindendo dalla dimensione universale della natura, ha come scopo la trasformazione e il dominio delle cose del mondo.
«Ma sul finire del mese di marzo, cominciarono, prima nel borgo di porta orientale, poi in ogni quartiere della città [Milano], a farsi frequenti le malattie, le morti, con accidenti strani di spasimi, di palpitazioni, di letargo, di delirio, con quelle insegne funeste di lividi e di bubboni; morti per lo più celeri, violente, non di rado repentine, senza alcun indizio antecedente di malattia. I medici opposti alla opinion del contagio, non volendo ora confessare ciò che avevan deriso, e dovendo pur dare un nome generico alla nuova malattia, divenuta troppo comune e troppo palese per andarne senza, trovarono quello di febbri maligne, di febbri pestilenti». (I Promessi Sposi, capitolo XXXI.)
Alessandro Manzoni, ne I Promessi Sposi, si muove con straordinaria forza all’interno del pensiero filosofico della tradizione occidentale, premoderno, in cui la Provvidenza impone il susseguirsi di eventi che costituiscono il mondo delle cose, il cui fine non ha alcuna relazione con il bene o il male dell'uomo. La Provvidenza è una potenza impenetrabile e indecifrabile, inaccessibile allo sguardo dei mortali.
Nella visione manzoniana del mondo, ogni nuovo ciclo di creazione non viene avviato dalla potenza dell’uomo, possessore della conoscenza tecno-scientifica: solo l’imperscrutabile forza della Provvidenza, come previsto dal pensiero filosofico della tradizione, è in grado di avviare ogni nuovo ciclo di creazione, e lo fa dopo aver completato il ciclo precedente, distruggendolo, e attraversando necessariamente due processi: il sacrificio e la purificazione.
I Promessi Sposi raccontano un particolare tipo di sacrificio: la peste bubbonica, l'epidemia, la malattia funesta, quel «passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato». (I Promessi Sposi, capitolo XXXIV.)
Poi il processo di purificazione trova la propria conclusione nella pioggia, il battesimo che annuncia una vita nuova: «principiò come una grandine di goccioloni radi e impetuosi, che, battendo e risaltando sulla strada bianca e arida, sollevavano un minuto polverìo; in un momento, diventaron fitti; e prima che arrivasse alla viottola, la veniva giù a secchie». (I Promessi Sposi, capitolo XXXVII.)
La peste e la pioggia, sacrificio e purificazione, si abbattono ugualmente sul giusto e sull’ingiusto, sul debole e sul potente, sull'indigente e sul possidente, sull’analfabeta e sul sapiente, portando a termine la misteriosa azione della Provvidenza.
«Non era mai spiovuto; ma, a un certo tempo, da diluvio era diventata pioggia, e poi un’acquerugiola fine fine, cheta cheta, ugual uguale: i nuvoli alti e radi stendevano un velo non interrotto, ma leggiero e diafano; e il lume del crepuscolo fece vedere a Renzo il paese d’intorno». (I Promessi Sposi, capitolo XXXVII.)
Solo riconoscendo il proprio limite di fronte ai misteri del mondo – la Natura, la Vita, l’Amore, la Fortuna, il Destino, la Provvidenza, la Morte - l’Uomo può accedere alla propria intimità, a quella parte di sé, profonda e segreta, che la scienza e la tecnica moderne non sono mai riuscite neppure ad avvicinare; a quella parte che non si è mai lasciata impaurire dalla temibile e tremenda forza sterminatrice.
Lapo Lani Milano, settembre 2022
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Copertina: "Lucia Mondella. Ritratto", disegno di Lapo Lani.
Fotomontaggio ritoccato con smalti e successivamente elaborato con processi digitali. Anno: ottobre 2022. Collezione privata.
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Quelle volte in cui
Rileggi Socrate e i presocratici e pensi che in verità, loro, non capivano un cazzo. O meglio, la facevano semplice. A quel tempo la vita, il mondo, gli altri, l'umanità, il quotidiano, se stessi, la società erano tutti molto basic. Io li vorrei vedere adesso mentre provano a spiegare tutto quanto con l'ápeiron e compagnia bella
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Le tre Essenze
Che cos’è essenziale per vivere bene? Possiamo essere scienziati, fisici, matematici, eccellere in qualsiasi campo ma essere infelici, se siamo incapaci di mantenere al centro l’attenzione per la salute e l’umore. Risvegliare questa consapevolezza, che si basa sulla rivalutazione di alcuni elementi, è fondamentale per evolvere. Saper dare il giusto valore al denaro, alla salute, alle relazioni, all’intelligenza, permette di amministrare al meglio le emozioni, l’umore e la vita. Solo così lo “stare bene” progredisce. Tutto dipende dalle nostre valutazioni: ci sono alcuni elementi essenziali da valorizzare e altri da non prendere troppo in considerazione.
L’essenzialismo
La ricerca dell’essenza, che riguarda la conoscenza dell’essere, ha caratterizzato la filosofia fin dalle origini, dai tempi dei filosofi presocratici, per poi arrivare fino ai tempi moderni, perché l’essenziale, nel contesto filosofico e fisico, classifica i valori e i principi più importanti. Si deve sapere il valore di ogni elemento, cosa dirige cosa, per apprezzare nel miglior modo la vita.
Abbiamo bisogno di: salute, fortuna, denaro, libertà, un lavoro, un compagno-a da amare, acqua, aria, sole, cibo, e anche di comprendere tutti i complessi meccanismi, necessari per essere felici; e qui la consapevolezza della salute e dell’umore è la principale protagonista.
Siamo quasi tutti d’accordo che la salute viene prima di tutto, anche se spesso non facciamo un granché per essa; poi, per la maggior parte di noi, vengono l’Amore, il denaro, la fortuna, l’intelligenza… considerando questi gli elementi più importanti, possiamo dire così che sono delle essenze o sub-essenze o sottostanti; di queste però, noteremo che la più apprezzata salute-umore, non è così facile da mantenere sempre in primo piano se non cambiamo prospettiva, rivalutando alcuni elementi essenziali che la valorizzano e dirigono.
Qualcosa sulla descrizione delle essenze:
Le tre essenze trovano una similitudine con i colori primari, sono indispensabili per creare gli altri colori e dipingere un bel quadro luminoso. La teologia si occupa di quell’essenza che è Dio. Nella filosofia l’essenza è la parte necessaria, la più importante di: una dottrina, un concetto, un principio.
Connesse, mai desiderate abbastanza e indispensabili per evolvere, ci sono in realtà tre essenze primarie, senza le quali non possiamo esistere e vivere bene. Rivalutare, focalizzare, soprattutto la qualità di una di esse, poiché corrisponde alla salute, all’umore, facilita il mantenimento della salute in primo piano ed eleva la consapevolezza. Quest’essenza è coinvolta in ogni azione, è sempre considerata anche inconsciamente. É indispensabile; vorremmo che non finisse mai e faremmo di tutto per guadagnarne un po’; se ne avessimo di più tutto cambierebbe… che cos’è
?
Il tempo
Carpe diem: cogli l’attimo, godi il presente.
Tutto ha a che fare con il tempo: mantenere la sua qualità in primo piano, significa focalizzare l’umore, la salute e il tanto desiderato presente: indispensabile per vivere bene ed evolvere. Si lavora, si corre, si fa tutto velocemente per “stare nei tempi” e questo troppo spesso stressa e fa dimenticare che non siamo dei robot. Siamo pieni di scadenze da rispettare: le bollette, le rate dell’automobile, il mutuo della casa. Le multe sono da pagare entro una certa data; arrivare prima o dopo può costarci la vita. Ci preoccupiamo di invecchiare perché abbiamo meno tempo a disposizione; tutto è correlato con il tempo. Nel continuo conflitto fra il tempo e il denaro, quando quest’ultimo prevale nella nostra mente, perdiamo la battaglia e viviamo male. Se vivessimo di più, se ne avessimo di più, tutto cambierebbe. Il suo valore è inestimabile ed è sempre sottostimato. Il detto comune: “il tempo è denaro”, trae solo in inganno. Con l’età diventa sempre più prezioso, mentre il valore del denaro e dei beni materiali diminuisce. Guadagnarne di qualità, senza interferire sulla sua durata è qualcosa che si deve meritare; è il premio per avere preso decisioni intelligenti.
Valorizzare il tempo, la sua qualità e durata, ridimensiona qualsiasi dilemma.
Il bello è che possiamo sfruttarlo meglio e anche guadagnarne un po’, ricercando l’essenza che lo regola universalmente. Abbiamo un certo controllo su come e quanto viviamo se impariamo a tenere d’occhio quest’essenza. Anch’essa è molto desiderata, senza non possiamo esistere. Ogni qualvolta dobbiamo agire la consideriamo come facciamo con il tempo. La vita e la longevità dipendono da quest’essenza e il suo consumo delinea l’azione: se ci conviene agire o no. Il tempo è regolato universalmente da questa seconda essenza e l’aria, l’acqua, il sole, la forza di gravità sono le sue principali forme. Che cosa regola il tempo?
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Oggi a scuola ho iniziato filosofia abbiamo studiato i primi filosofi greci.
Fatto sta che in loro o meglio nei loro pensieri Mi sono rivista o comunque mi sono fermata a riflettere. Secondo questi fisiologi presocratici tutta la materia è viva ed è stata creata da una sostanza primordiale; da questo concetto nasce l'ipotesi per cui "niente nasce e nulla perisce, perché sostanzialmente è sempre esistito". Questa frase mi ha fatto ricordare una citazione che un'amica mi aveva detto: "i rapporti non finiscono, semplicemente si trasformano".
Ho pensato tanto a queste due affermazioni e mi sono chiesta se, dato che niente nasce, il rapporto che ho con le persone che mi stanno vicine è sempre esistito.
C'è un qualcosa di magico in ciò che si sposa un po' anche con il concetto di destino.
Voglio dire... ci siamo sempre attratti, sempre ci atterremo e questo momento che condividiamo è solo un pezzo della parabola che questo gioco di tira e molla disegna. Anche le interazioni che ho avuto con lui sono state da sempre designate e sempre ci saranno. Quando siamo lontani mi immagino di essere nella depressione di un grafico di un moto armonico in attesa del momento T in cui ci ricongiungeremo, in cui Y sarà massima, tendente all'infinito. Quell'infinità che provo quando lo servo di nascosto: perché è lì, mentre lo guardo, che vorrei gridare al mondo intero quanto mi senta fortunata a provare un amore così puro.
#amore vero#amore folle#ti amo tanto#ti amo#ti amo per sempre#ti amo anche oggi#lui#noi#presocratici#filosofia#grecia#infinito#infinità#love#nb#viva#concetto#citazione#nulla si crea#attrazione#attratti#attrattivo#parabola#sempre#❤#i love you ❤️#❤️u#i love him#i love you
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"Il guaio è che gli specialisti del sapere temono che un'eventuale semplicità di espressione possa essere scambiata per ignoranza"
- Storia della filosofia greca: i presocratici (Luciano De Crescenzo)
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All’inizio lei era
Il maestro comincia generalmente il suo insegnamento con le parole: Io dico. Ossia egli pensa che la verità sia garantita dal proprio discorso e che il discepolo debba ripetere lo stesso discorso, affermando: egli dice, o egli ha detto. La verità è dunque trasmessa dal maestro al discepolo, come un padre a un figlio. La verità è trasmessa tra uomini, secondo un ordine genealogico e gerarchico. È noto, come ricoda per esempio Clémence Ramanoux nel suo lavoro sui presocratici, che all’origine è una lei – natura, donna o Dea – che ispira la verità a un saggio. Il maestro però tiene generalmente segreto ciò che ha ricevuto da lei, grazie al quale, grazie alla quale, ha elaborato il suo discorso. Egli non dice granché riguardo a questa origine, perché le parole gli mancano o perché vuole tenerlo per sé – perché non può o non vuole parlare della sua relazione con lei. Questa relazione rimane quindi nascosta o rimossa dall’insegnamento del maestro presocratico.
Tuttavia, alcuni maestri, quali Empedocle o Parmenide, alludono a lei, ciascuno a suo modo. anche Platone accenna a lei, almeno quando si tratta dell’amore, della relazione-tra. Comunque, sono uomini che evocano un’assenza o un assente, un vuoto o un’eccedenza. Fanno riferimento a qualcosa che è altro rispetto al loro discorso, a un aldilà per il quale non hanno parole, e soprattutto logica. n qualcosa che dissimulano, al quale alludono talvolta in assenza di lei. Un qualcosa che sarà lasciato fuori dal logos, nel bene o nel male.
A quel tempo, la memoria ancora sussiste di un non-detto, di un aldilà nel quale meraviglia, magia, estasi, crescita e poesia si mescolano, resistendo al nesso logico che viene imposto alle parole, alle frasi, al mondo. Alcune tracce ne rimangono, almeno nel discorso di alcuni maestri.
Una sorta di estasi ancora esiste riguardo a ogni discorso, ogni scambio tra uomini negli spazi pubblici o in altri cenacoli, luoghi in cui parlano, parlano soltanto tra loro. Qualcosa rimane che non riescono a esprimere, neppure a sperimentare di nuovo, perché mancano i gesti o parole per dirlo, per trasmetterlo, per produrlo. Permane solo la memoria di un’esperienza – che a poco a poco sarà cancellata –, l’esperienza di un meraviglioso, inaccessibile, inesprimibile al di là. Un aldilà che nasceva da un incontr con lei – natura, donna o Dea – a proposito del quale la maggior parte dei maestri non dicono quasi nulla e al quale non rinviano il discepolo. Il loro insegnamento dovrebbe essere autosufficeinte, staccato da lei come fonte.
All’inizio lei era, Bollati Boringhieri, pp. 7-9.
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I PRESOCRATICI, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, 2012. Indice della antologia
I PRESOCRATICI, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, 2012. Indice della antologia
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Tutto quello che c’è da sapere su: I presocratici
Se siete ingegneri o sapete già come attaccare le mensoline coi fischer saltate pure questo articolo, non vi servirà, se invece a malapena sapete svitare una lampadina allora va bene, siete abbastanza imbranati per fare gli intellettuali e interessarvi delle fantasmagoriche avventure del pensiero.
Presocratici, per l’appunto, si dicono i filosofi che sono venuti prima di Socrate, con qualche importante eccezione (Democrito, Leucippo e Gorgia, tutti e tre morti dopo di lui), che cosa poi vi sia di così importante in Socrate da giustificare un prima e un dopo questo è ancora oggetto di dibattito. Se prendiamo come discrimine il fatto che con Socrate la filosofia smette di indagare la physis (pronuncia füsis, con la “ü” lombarda), allora non si capisce come mai nei presocratici rientrino i sofisti, se il vero discrimine è invece l’eroica morte di Socrate, martire della Verità, allora tutto quadra, ma solo in senso romantico, meglio sarebbe chiamarli “fisici” (e non si offendano gli scienziati).
L’archè. I presocratici cercano l’archè (dal greco arkhḗ, formidabili gli accenti), che è poi quell’elemento che rimane identico nel mutare degli altri elementi, il principio primordiale, il lievito madre dal quale prendono forma tutte le pagnotte. Perché il presocratico, come accennato, non si accontenta della spiegazione mitica, non cerca l’origine dei fulmini in Zeus, vuole spiegarsela piuttosto deducendola dall’osservazione della natura, un inizio ambizioso, bisogna dirlo.
I milesi. E qui comincia l’enumerazione dei presocratici: il primo fu Talete (che meriterebbe ben più di una riga), che riteneva che l’archè fosse l’acqua e che le cose si differenziassero solo per il diverso grado di umidità, poi venne Anassimandro (genietto incompreso), che indicò l’apeiron come archè, cioè l’indefinito, infinito e senza forma (se gli enti sono accomunati dall’avere una certa forma finita allora l’archè deve essere il loro esatto contrario), quindi Anassimene, per cui l’archè era il soffio vitale o qualcosa del genere. I tre si definiscono milesi perché guarda un po’ vissero tutti e tre a Mileto.
Pitagora. Pitagora invece ebbe grande fama per via del teorema e perché fondò un’importante scuola, la scuola pitagorica, la quale vedeva il numero in tutto e per i numeri aveva un’adorazione quasi mistica, gli aritmetici gli devono molto. Tutto è armonia di numeri (che il numero fosse dunque l’archè?), la musica delle sfere è una musica celestiale e dolcissima che però non cogliamo più per via dell’abitudine ad ascoltarla (acufene?). Di Pitagora si ricordino anche il rigido regime alimentare che imponeva a suoi discepoli per purificarli e l’avversione fatale per le fave.
Eraclito. Il preferito da Nietzsche e stimato da Hegel che ne accolse per sua stessa ammissione la teoria dei contrari, grande personalità, primo cantore del divenire: la strada in salita e in discesa è la stessa e la medesima, non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume (ne prevedere i cambiamenti di costume). Il mondo si regge sulla continua e necessaria opposizione fra contrari (polemos), gli enti si definiscono proprio in ragione della loro eterna opposizione, non vi sarebbe l’uno senza l’altro (così il giorno è tale perché vi è la notte, e viceversa). Il logos è questa legge profonda che governa il mondo, i dormienti non se ne avvedono, i sapienti sì, l’archè è il fuoco.
Parmenide. Il preferito da me, iniziatore della scuola eleatica, grande maestro di Zenone di Elea, quello dei paradossi. L’essere è, il non-essere non è, essendo che per sua stessa definizione il non-essere non esiste, tutto è essere. L’archè è dunque la totalità degli enti, l’Uno indiviso e indivisibile perché nulla può esservi al di fuori dell’essere. Il mutamento e la molteplicità degli enti è doxa, niente di più che un'opinione, il vero mondo è eterno e immutabile. Terribile e ieratico.
I Pluralisti. Di pluralisti ce n’è d’avanzo, chiamati così perché scomponevano l’archè in una miriade di elementi che pur mantenevano la stessa qualità ontologica, un primo passo verso l’atomismo (anche gli atomisti erano pluralisti). Anassagora considera questa pluralità di elementi come spermata (semi), il nous (intelletto) è l’intelligenza divina che li muove (la carne era carne perché conteneva in maggioranza i semi della carne, l’acqua era acqua perché erano in maggioranza quelli dell’acqua, e così via). Empedocle invece scomponeva l’archè negli abituali quattro elementi: terra, aria, fuoco e acqua, i quali, spinti ad aggregarsi da amore e a separarsi da odio, le due forze cosmiche primigenie, andavano a formare tutte le cose del mondo.
Democrito e gli atomi. La strada era dunque spianata per la comparsa degli atomisti Democratico e Leucippo, i quali, lungimiranti, si dicevano sicuri dell’esistenza degli atomi, parti delle cose non ulteriormente divisibili, anche per rispondere ai paradossi di Zenone sulla divisibilità infinita degli enti (se spezzi un bastone a metà e poi ne fai la metà della metà, ecc., finirai per dividerlo all’infinito: gli enti del mondo non esistono). Con l’occhio dei moderni si direbbe quella degli atomisti un’intuizione straordinaria, con gli occhi degli odierni fisici quantistici assistiamo invece più a una rivincita di Zenone che a una celebrazione dell’atomo di Rutherford, attualmente gli atomi si comportano più come eventi, come misteriosi grumi di forze dalla capricciosa natura probabilistica più che come punti indivisibili di materia.
I sofisti. I sofisti, invece, che appartengono ai presocratici solo cronologicamente (in realtà molti di loro erano contemporanei a Socrate), erano da considerarsi più come una scuola finalizzata all’insegnamento delle classi superiori, similmente agli odierni gesuiti o salesiani. A loro l’archè e la ricerca del principio unico della materia non interessava punto, si dicevano scettici riguardo alla possibilità di definire una qualsiasi verità assoluta in quanto avevano inteso che tutto è misura dell’uomo (Protagora), cioè lo sguardo soggettivo interpreta e modella il mondo a sua immagine e somiglianza, per cui l’opinione e la capacità di farla prevalere sulle altre è tutto quel che conta ed esiste. Socrate si può considerare una reazione a questa indifferenza sofista delle posizioni, per cui la verità scaturiva giusto dall’abilità di convincimento e non c’era una cosa più degna dell’altra, con quali risultati non si sa, forse servì il suo sacrificio così ben raccontato da Platone per generare un’emozione capace di renderne più saldi i principi, ma si sa che la filosofia non può vivere solo di questo.
Eventuali refusi e magagne fanno parte dell’opera, come nel caso del Grande Vetro di Duchamp (un giorno forse avrò i soldi per permettermi un correttore di bozze)
#presocratici#talete#anassimandro#pitagora#eraclito#parmenide#anassagora#empedocle#democrito#atomisti#sofisti#socrate#filosofia
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Amo il tuo blog, è così diverso dai soliti blog depressi e banali che ci sono in giro! Mi piace un sacco, già dal titolo e dal fatto che il tuo blog si chiama “Soffio vitale” che in greco si dice “ψυχή» che significa “appunto soffio vitale” e che c’entra con il titolo del tuo blog ahhhhh oddio. Ti faccio i miei complimenti per avere un tuo carattere e per non omologarti☀️
Grazie mille 🙂 Cerco di alternare post un po' più malinconici a qualcosa di positivo. Mi peace l'idea di "raggiungere" persone che vivono stati d'animo differenti in quel momento. Corretta la considerazione sull'etimologia del titolo :) Per i presocratici è il soffio relativo all'anima, che dà la vita :)
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Non tutti sanno che Dante citò la teoria di Empedocle all'interno della sua opera:
"ch’i’ pensai che l’universo
sentisse amor, per lo qual è chi creda
più volte il mondo in caòsso converso;
e in quel punto questa vecchia roccia,
qui e altrove, tal fece riverso"
[Dante Alighieri, divina commedia, canto 12, versi 42-45]
#storia della filosofia#Filosofia#Filosofi#Presocratici#i presocratici#Empedocle#Teoria#Elementi#Amore#Philia#Dante Alighieri#Dante#Divina commedia
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Teofrasto e la dossografia
Fu Teofrasto, successore e allievo prediletto di Aristotele a lasciarci un testo sulle opinioni dei fisici, quelli che noi chiamiamo “PRESOCRATICI” giusto per evidenziare il fatto che a noi, dei loro pensieri poco importava in realtà, li ricordiamo solo perchè vissuti prima di Socrate il filosofo. Fatto sta che questo tipo in gamba, Teofrasto, inventò un genere accomunabile ad un qualsiasi genere letterario che però chiamiamo “dossografia” ( simpatico notare come la x di doxa diventi una doppia s in questa parola mite che alla sola pronuncia fa venire il mal di testa). Che cos’è la dossografia? Questo termine che il correttore del computer non conosce e che sottolinea come errato, indica la scrittura di opinioni (ecco che torna la doxa o meglio doxaì, opinione) Insomma, in altre parole potremmo dire che il caro Teofrasto si è divertito a mettere in ordine tutte le problematiche e le fantasie che qualcuno prima di lui aveva “pronunciato” (che pazienza Teofrasto!) Sarebbe stato molto utile se solo ci avesse capito qualcosa. Non fu così, gli argomenti di questa dossografia erano per lo più ‘frammenti’ sganciati dal contesto entro il quale erano stati formulati. I nostri cari amici storici moderni, cadendo in fallo, hanno preso alla lettera quest’organizzazione un po’ sprecisa di Teofrasto, non curandosi del fatto che in realtà neppure egli sapeva dove metter mano in tutti quegli scritti frammentati, ecco perché poi decise così di riordinarli in modalità ‘random’. Se l’italiano medio oggi dice “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, i nostri amici esperti di storia si sono fidati ad occhi chiusi, attribuendo l’inizio della filosofia alla ricerca della physis. Ma i filosofi antichi, la filosofia mica la studiano come noi studenti che passiamo nottate intere davanti ad un manuale mal interpretato, cercando di ricordare date ed eventi, date ed eventi, date ed eventi. Nonostante il problema esistesse realmente, Aristotele lo scansò pensando ‘che mi frega della cronologia, l’importante è discutere su come quelli prima di me hanno parlato delle categorie concettuali’. Che i “fisici” si siano interessati alla fisica è più che certo, ma importante è dire che forse, per fortuna, non si sono interessati solo a quella.
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Book Review: I Presocratici. Testimonianze e frammenti
author: Various name: Sergio average rating: 4.00 book published: 1951 rating: 4 read at: date added: 2019/02/04 shelves: owned, philosophy review: Published on: February 04, 2019 at 02:23PM. Read more via http://bit.ly/2G8oKUr on GoodReads.
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