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#ho il cuore a pezzi
vvvounds · 10 months
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omarfor-orchestra · 1 month
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Riguardare a sprazzi questa stagione è stata una pessima idea
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itsmyecho · 9 months
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Proteggendo il tuo cuore, ho mandato il mio in pezzi
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be-appy-71 · 5 months
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La cosa più intima non è baciarti o abbracciarti
ma parlarti di me, dei miei sogni, delle mie paure
e di tutto quel che ho dentro.
Perché se ti do il mio corpo posso sempre riprendermelo, ma se ti dono pezzi del mio cuore, quella parte di me ti apparterà per sempre... ♠️🔥
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firewalker · 11 days
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L'incoerenza di genere sfida la filosofia interpersonale
Post ad alto contenuto di imbarazzanti ovvietà da boomer e strafalcioni dettati da ignoranza becera dell'argomento riguardo i quali sono contento di discutere per saperne di più e per migliorarmi. Ne scrivo proprio per avere una discussione proficua. Abbiate pietà, sono nato e cresciuto negli anni ottanta del secolo scorso.
Seguitemi un attimo. Io sono Firewalker, ho una certa altezza, un certo peso, una certa capigliatura. Se cambio capigliatura, se ingrasso o dimagrisco, sono sempre Firewalker.
Ho avuto un incidente anni fa e ho cambiato il legamento crociato anteriore sinistro. Nonostante quel cambio, sono sempre io. Se perdo l'intera gamba continuo a essere io. Se perdo tutti gli arti sono comunque io. Se mi cambiano il cuore sono sempre io.
La leggenda vuole che ogni sette anni cambiamo tutte le cellule del nostro corpo (che poi dubito sia vera questa cosa, soprattutto per alcuni tipi di cellule, ma facciamo finta che). Comunque a 14 anni siamo sempre la stessa persona di quando avevamo 7 anni, giusto?
C'è una vecchia storiella che racconta che nel corso della manutenzione a una barca, questa piano piano vede sostituito tutto il suo legno con del legno nuovo.
E allora, quanti pezzi di me devo cambiare, quanto legno della barca devo sostituire, per fare sì che quella persona non sia più io, che quella barca non sia più la stessa barca?
Non so per le barche, ma la mia idea è che io risiedo nel mio cervello. Il mio cervello (la mia mente... la separazione tra cervello e mente è un altro paio di maniche. Per me sono la stessa cosa, facciamo finta che sia così per tutti per semplicità di discussione) decide come mi muovo, cosa faccio, come reagisco, decide il mio carattere, decide i miei interessi, decide le mie passioni, i miei amori, le mie antipatie. Io sono il mio cervello.
Probabilmente, se guardiamo la questione in maniera egoriferita, è lapalissiano, ed è per tutti così. Il problema è quando guardiamo gli altri. Se io conosco Marco, lo conosco con la sua altezza, col suo peso, con la sua capigliatura, oltre che con i suoi modi di fare e con i suoi interessi. Lo riconosco per il suo aspetto, e magari ho piacere a stare con lui per il suo cervello, ma non è quello che mi indica la sua identità, non è quello che me lo fa riconoscere. Per me Marco è un corpo esterno da me, per Marco lui è il suo cervello.
Ecco il punto del discorso.
Ci vuole un salto qualitativo da parte mia per riconoscere che Marco non è il suo braccio o il suo collo messi insieme a tutto il resto. Marco è il suo cervello. Questo salto qualitativo non è fatto da tutti, forse perché non ci pensano, forse perché non sono d'accordo con la mia affermazione "è così per tutti", ci hanno ragionato sopra e per loro ha importanza anche la corporeità. Forse è un problema culturale (inteso proprio come conoscenze delle varie sfaccettature di questo argomento).
Il fatto è che se Marco ha una incoerenza di genere e il suo cervello gli dice di essere Angela, ecco che potrebbe non accettare più le parti del corpo che ha, perché vive la sua realtà, il suo cervello, non è allineato. Qui si sfocia nella disforia di genere, che è un malessere generato da questa incoerenza di genere.
In qualunque modo la viva Angela, il fatto è che non vive da sola. È circondata da persone che gli dicono che si chiama Marco, che ha il corpo di Marco, e che magari non accetta il fatto che sia Angela a "pilotare" il corpo che vedono.
Gli altri devono far caso al fatto che Angela non è il suo corpo, ma il suo cervello. Devono improntare il rapporto con gli altri ad un livello superiore per poter notare questa cosa e, come detto, non tutti lo fanno. Anzi, per molti non è pensabile che Angela esista, esiste solo Marco, che è quello che loro vedono. E se Marco dice di essere Angela, allora ha un problema mentale (per alcuni è il demonio, per altri è una moda...), perché non è possibile che non si accorga di essere Marco, deve fare finta per forza.
Senza contare poi che, magari, la situazione è anche più complicata. Me li immagino pensare "sei Marco, cosa significa che non ti senti ne maschio né femmina?"
Non ho ancora trovato il modo migliore per rapportarmi con queste persone (quelle che non riconoscono Angela), so solo che la divulgazione è spesso osteggiata o marginalizzata in settori di nicchia, perché per capire certe cose (anche solo vagamente, come penso e spero di fare io) bisogna sbatterci la testa contro più e più volte, e non tutti c'hanno voglia di faticare su questo.
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A volte, devo fermarmi e ricordarmi che ho solo ventiquattro anni, solo ventiquattro anni anche se le ferite e le cicatrici sono molte, molte di più.
Imparerò a curarmi da sola, rattoppare, ricucire un cuore stanco. Imparerò a cadere tra le sole mie braccia, le uniche che non possono tradirmi, che non mi faranno cadere. Imparerò a non ferirmi, perché non lo merito, imparerò a non farmi più ferire da chi, per poter convivere con se stesso, usa solo la menzogna. Imparerò a difendermi meglio, consapevole che l'amore non è e non sarà mai un campo di battaglia, ma solo luogo di riposo per l'anima. Imparerò che il male che ricevo equivale al male che hanno dentro e non a quello che merito io. Imparerò, e tornerò ad amare la poesia nella sua forma più vera e pura. Imparerò, e tornerò ad amarmi. Da sola, rimetto a posto il mio mondo crollato a pezzi tante e tante volte, ma mai come questa volta. Da sola ricorderò che ho solo ventiquattro anni.
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thebutterfly0 · 7 months
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È finita. Era quello che volevo ma non doveva finire così. Mi sento malissimo. Una merda che cammina. Non me lo perdonerò mai. Ho il cuore in mille pezzi.
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kon-igi · 5 months
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Ciao Kon,
Tu forse non ti ricorderai di me ma io invece ricordo un liquore alla liquirizia, più di un meet up e quello che doveva essere un incontro al Lucca Comics finito "male" per il troppo casino (non siamo riusciti a beccarci).
Ti scrivo in anonimo perché penso tu sia una grande cassa di risonanza perché nonostante tumblr sia diventato -non per noi nostalgici- un po' obsoleto vedo che continui ad essere un punto di riferimento per questa comunità e che forse tu con il tuo cinico dissezionare la situazione possa in qualche modo riuscire a scuotere i più, ma ahimè vige il segreto professionale, cose firmate e quant'altro che mi impediscono di esprimere questo disagio pubblicamente.
REGÀ I SORRISI DEI COMMESSI SONO FALSI. Non perché non abbiamo più voglia di fare questo lavoro, ma perché è diventato tutto uno schifo, le aziende e anche i clienti se vogliamo dirla tutta.
Cosa si cela dietro la vita del commesso?
Conta persone agli ingressi, voi non li vedete ma è così e di recente c'è anche il contapersone del passaggio esterno, quindi se non ti cazziano perché non hai venduto, ti cazzieranno perché non è entrata gente.
Statistiche: pezzi per vendita, scontrino medio, media di scontrino per ingressi. Voi non lo sapete, ma ogni giorni ci sono storici e budget da raggiungere in base anche solo ad un singolo ingresso che voi fate "per dare un'occhiata" - ora capite perché non è facile sorridere quando i vostri figli giocano ad acchiappino correndo fuori e dentro i negozi? Perché per quei venti ingressi senza scontrino ci sarà un area manager pronto a far il culo allo staff.
Se sei fortunato e capiti in una squadra in cui ci si spalleggia bene, altrimenti è l'azienda stessa a incentivare la lotta e l'invidia tra colleghi in una lotta tra poveri per mantenersi il posto al miglior venditore.
Non abbiamo mai abbastanza personale, MAI. Siamo spesso contati, se ci ammaliamo almeno nel mio caso ci si mette una mano sul cuore e per non mettere i colleghi in difficoltà si va a lavoro con due bombardoni di tachipirina col rischio di portarsi dietro il malanno per un mese.
Le ferie saltano perché decidono di aprire più punti vendita ma non di assumere gente che non soccomba al "gioco degli stagisti".
Turni del cazzo, spezzati e il più delle volte tutto quello che fai oltre l'orario di lavoro (anche la semplice chiusura) è straordinario che non viene contabilizzato.
Reperibilità quasi totale, manco fossimo in un ospedale. Nel tuo giorno libero è un miracolo non venir contattati dal gruppo di lavoro.
E poi vogliamo parlare dei vari festivi in negozio? Io ho dovuto combattere per avere un cazzo di permesso per la comunione di mia sorella.
È domenica, sono le 15 sono in turno da un'ora in un piccolo centro commerciale di due clienti entrate, una mi ha salutato e trattato come se le avessi offeso l'intero albero genealogico con uno sdegno tale che fa tanto lotta di classe quando siamo tutti nella stessa sudicia barca.
Quindi Kon, per favore aiutami a diffondere il verbo, io sono disposta a rispondere a tutte le domande di questo magico mondo cercando di farvi entrare in empatia con i commessi, ma per favore se non è proprio questione di vita o di morte: SMETTETE DI ANDARE A GIRO PER CENTRI COMMERCIALI, TANTO LA DOMENIC SIETE TUTTI SCOGLIONATI A PRESCINDERE E ALLORA STATE COI VOSTRI CARI, MAGARI È LA VOLTA BUONA CHE SMETTERANNO DI LUCRARE A VUOTO SU STO MONDO.
Ps: stare fino alle 18 fuori e poi riversarvi alle 20 nei negozi non funziona, mettetevi una cazzo di mano sulla coscienza.
Per me i centri commerciali sono un aberrazione sociale che riesce a darmi claustrofobia e agorafobia al contempo ma dopo essere stato a quello di Orio al Serio (aspettavamo che le figlie scendessero dall'aereo... direttamente nel centro commerciale!), ho fatto la tessera di iscrizione ai terroristi.
Non sono un nostalgico della bottega sotto casa, anche perché erano altri tempi e altri modi di vivere... mi basta il supermercato ma il centro commerciale è concepito perché la gente sia invogliata A VIVERLO e questo lo trovo demotivante.
Mi spiace per te ma alla fine mi spiace per tutte quelle persone - non schiavi ma servi - che devono sacrificare se stessi per il benessere superfluo di gente che dà tutto per scontato, quasi se lo meritassero.
E invece sono solo nati dalla parte giusta della società. E del mondo.
EDIT
Non mi ricordo di te al Meetup perché probabilmente ero già ubriaco <3
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francesca-70 · 5 months
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Una forza e una generosità straordinarie sono il dono di ogni madre, e sono la base di quell’amore incondizionato che solo una madre sa offrire e che tutti dovremmo avere la possibilità di assaporare. Un vecchio proverbio napoletano recita: «Chi tene ‘a mamma, nun chiagne» (chi ha la mamma, non piange), ed è vero. Le madri sono scudo pronto a difenderci da ogni dolore, a volte persino esagerando.
La verità è che l’amore può tutto, che un sorriso, uno sguardo sincero, una carezza sono sorsi di eternità, che nel dolore la fiducia nel domani può soltanto diventare più grande.
Una terribile battaglia da combattere “un lungo addio”.. “un addio rubato..un addio mancato.. un addio finto”.
Perché tra di noi, mamma, non può esserci addio.
La mia persona più amata si dissolve lentamente in piccoli pezzi, ed è impossibile andare a ripescare quale sia stata l’ultima conversazione. Struggente ed emozionante, «il segreto della vita».
Tutto ruota intorno ai ricordi e alla memoria, al loro disperdersi e riemergere continuo e imprevedibile, trasportando tutti in una sorta di infinito presente. Una storia di cui non conosco né l’inizio né la fine, ma di cui ho vissuto e vivo intensamente ogni giorno con dolore, paura, rabbia, fatica, solitudine, curiosità, ostinazione. Facile perdersi in questo guazzabuglio di emozioni. Non so dire con precisione quando quel processo abbia avuto inizio. Sono stata incapace di cogliere i primi segnali quotidiani. E mi sono trovata direttamente a decidere quanti scatoloni avrebbero occupato i ricordi della mia infanzia e della mia adolescenza, riempiendoli ad una velocità molto superiore a quella delle mie emozioni, che mi soffocavano la gola. “Questo è il momento più difficile”, mi racconto ma intanto sto tatuando il mio cuore. In maniera indelebile.
Figlia unica di un genitore non autosufficiente, come la definisce la USL.
Il muro che ho dovuto attraversare per trovare il mio binario è fatto di rifiuto, disoriento.
Dovevo combattere con i fantasmi del mio passato, guardare negli occhi una persone che non mi riconosceva piu e specchiarmi nelle sue paure. Una micidiale danza di emozioni contrastanti: l’eterno presente senza ieri e senza domani il passato remoto improvvisamente prende vita catapultandoti in una dimensione surreale e spiazzante. Mi trito il cuore cercando di cogliere un’espressione diversa sul volto, un lampo negli occhi, un gesto, ma lei ė in un'altra dimensione e questo fa male. Come tenere tutto dentro.
Ecco come vedo, assisto e vivo questo lento perdersi. Un lento svanire. Spegnersi poco a poco, spettatore di questa surreale esibizione della vita. Dove il regista è il tempo e la trama è composta dalla memoria, dai ricordi, che a tratti riemergono da quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Sono sempre lì. Sono sempre loro. Solo nascosti in qualche angolino. Basta aspettare il momento giusto... ed eccoli.
Un viaggio nei legami affettivi più forti, nelle nostre paure e nei nostri bisogni di amare, alla ricerca della felicità anche nelle situazioni apparentemente più avverse.
A 52 anni proprio non me lo aspettavo. Di figli ne avevo già uno, ormai grande, proiettato verso un futuro luminoso insieme alla famiglia che si era creato.
Ed io, invece, ecco che mi ritrovo, inaspettatamente, a dover fare i conti con la dolorosa esperienza di diventare “madre di mia madre", nel suo lento declino fisico e mentale.
Eppure il suo sguardo, di tanto in tanto, torna per un fugace momento (tanto fugace che, a volte mi chiedo se sia veramente successo) a fissarsi su di me, limpido e cosciente. Come se davvero fosse tornata a vederMi...tornata ad essere mia madre. Quella che si preoccupava per me. E si prendeva cura di me, sempre con un sorriso sulle labbra. Non so bene come spiegarmi. C’è da non trovare le parole quando hai a che fare con una persona che se ne sta andando lontano, sempre più, suo malgrado. C’è da augurarselo di non trovarle, mettere in fila i pensieri richiederebbe di voler vedere quello che si ha davanti e io non voglio.
“Mamma, sono io, sono Francesca”. Te lo ricordo, te lo ripeto, non perderlo il mio nome. Non lasciarmi andare. Nei tuoi pensieri troncati, assillanti, confusi non sei persa, perché non si può affogare in una pozzanghera, e non sei rinchiusa finché fai di tutto per stare a galla. Attaccati a me, aggrappati all'amo, salda più che puoi, con le mani e con lo sguardo, che ti tiro verso di me, non smettere di respirare.
Quanto fa male trasformarsi. “Sono io, mamma, sono Francesca”. “Lo so,” mi rispondi. Sei arrabbiata. In te c’è ancora forza...non molli, non cedi, ti ribelli. Mi prenderesti a schiaffi. Ti vedo, seduta sul divano. Ti stringi, ti rimpicciolisci, scompari, eppure io ti trovo sempre. So dove cercarti. So dove trovarmi. Anche se potremmo essere il gioco dei contrari io e te. Tu, che sei tanto diversa da me eppure ti assomiglio. Ho paura..e nello stesso tempo ho Il bisogno di non far vedere agli altri che sto male.
Ho tanti sensi di colpa: sono una mamma, come te. Quanta malinconia c’è, quanto mi ricordo di te..ricordi che si diluiscono. All’inizio mi concentro sul come fare per catturarti e quando ti ho catturata penso a come trattenerti; quando sto per perderti cerco di invogliarti a restare con un nuovo stratagemma; quando ti ho persa iniziano i propositi per fare meglio la volta dopo. Ricomincio, riprovo, non mollo mai. I tentativi si susseguono senza sosta. Non c’è fine, non c’è pausa. Ci pensi anche quando non lo fai. Ci deve essere da qualche parte una linea di confine che, se oltrepassata, è un cambio perenne di stato. E ci pensi mentre fai la spesa o sei in fila dal dottore, mentre parli al telefono con un’amica e perfino mentre ti fai la doccia. Quando sei sotto il getto dell’acqua tiepida piangi per il fallimento: non importa quanto poco ti consoli l’esserci per accudirla. L’acqua si miscela alle lacrime nel gorgo dello scarico e dovrebbe andare giù, lasciarti, non tornare, giusto? No, non va giù. La lacrima stagna, imputridisce. Si deposita. È l’acqua delle pozzanghere. Non conosce colore, non conosce fine. Non riflette tutto il cielo, non è nemmeno una finestra. Non bisogna scoraggiarsi.. ma mi mancano le forze o forse il coraggio. A volte ricordo i tempi piu felici che sono anche i più taglienti.“Eccomi! Ciao, come stai oggi? Hai visto che è arrivata l'estate???....
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Guardami,
"sono Francesca, mamma
Mamma❤”.
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papesatan · 5 months
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Il signore degli inganni
Talora capita che la verità ci assalga d’agguato l’anima bruma, trapassandoci il cuore come la mitica spada di Shannara o la Porta dello Specchio Magico nella Storia Infinita (topos letterario piuttosto diffuso), per mostrarci realmente chi siamo (spesso, spoiler, miserrimi pezzi di merda). In mancanza di simili oggetti magici, s’adopra solitamente all’autodistruzione un evento attivante, quale può essere la tarda telefonata di un cliente che rimprovera, giustamente, l’abuso di modi sgarbati e parole oscene coi bambini, chiara espressione di violenza verbale. Sono in fase di elaborazione da lunedì. Mi sto sforzando di cambiare atteggiamento, sorridere, sorridere, respirare, non arrabbiarmi, non gridare, non sbattere niente, avere pazienza, non vedere, non sentire, comprendere, essere dolce, essere buono, un essere umano decente. Non sempre ci riesco. Sono stanco. Mi sembra di non aver più pazienza, m’innervosisco con poco e se piangono è peggio. Sono diventato ciò che ho sempre combattuto, un pessimo esempio e un pessimo insegnante. Temo di aver fallito, ma proverò a essere migliore. Ci sto provando. Spero di riuscirci.  
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omarfor-orchestra · 2 years
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Ok but I miss them
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ombranelvento · 1 month
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ho il cuore a pezzi
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mancino · 6 months
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Ho imparato a non nascondermi mai.
Ad affrontare con rabbia, con paura, ma con decisione ogni avversità, anche perdendo.
Ho imparato a rialzarmi anche con l'animo a pezzi e a respirare anche senza respiro, a rinunciare all'occorrenza. Ad ascoltare il cuore a costo di farmi male senza farmi del male.
Ho imparato a camminare zoppicando, a chiudere una porta quando entra il freddo. A nascondere il cuore dalle ferite, a mettere al riparo l'anima dal gelo delle illusioni, a non fidarmi delle parole.
Ho imparato a sognare in quei giorni di tempesta e a togliere le spine alle rose spargendo di petali un sentiero di sassi.
S. Stremiz🌸
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semplicementefolle · 1 month
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lo mi rendo conto di essere una persona impegnativa, con tutte le mie insicurezze, le mie paure, le mie fragilità. Sono lunatica e impulsiva, testarda e sognatrice.
Ho i miei tempi e voglio i miei spazi. So che è difficile stare al mio passo e tenermi testa perché a volte non mi sopporto nemmeno io. Sono tutto e il contrario di tutto, vivo sospesa come un'equilibrista sulle mie paure, spesso mi perdo nel labirinto dei miei pensieri e non trovo più l'uscita.
Quando mi rompo ho imparato a non far rumore e a raccogliere i pezzi da sola.
Sto solo provando a essere tutto il meglio che posso. ..Libera di sognare, di cadere e di rialzarmi.
Libera di avere la testa tra le nuvole e gli occhi pieni di stelle. Libera di sbagliare a modo mio e di ridere senza un motivo. Libera di andare controcorrente ma mettendoci sempre il cuore. Sono fatta di sogni e di amore, di pelle e cuore. Libera di essere un gran casino. Libera di essere semplicemente io.
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a--piedi--nudi · 2 months
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Mi piace andare a concerti di artisti che non conosco, in posti piccoli dove non c'è calca. Da qualche anno qui ne organizzano all'aperto, in alto, in mezzo ai boschi. Ho sempre un po' di riguardo, nella mia testa, per gli abitanti delle foreste: perché disturbarli, penso, perché non lasciarli nella pace del vento ma coinvolgerli nelle nostre strane abitudini? Diodato. Mai ascoltato. Spesso non sopportato. Andiamo, ho sentito Renato Zero dire che è in gamba. C'è da camminare un'oretta sotto la pioggia, poi lassù il sereno a ore 16:00: perfetto. Birra, panino, gente tranquilla in attesa, piccolo palco coperto dai gazebo...erano in dubbio, con il tempo non si sa mai. Ai concerti mi piace incontrare gente senza essermi messa d'accordo, andare, sapere che non sei solo mai. Ieri ho visto sorrisi di cui in fabbrica non avevo mai potuto godere. Donne rinate stese sull'erba, appoggiate ai compagni, abbandonate ad occhi chiusi su melodie leggere. Cantano gli uomini, ballano, altri ascoltano soltanto. Chitarra elettrica, chitarra classica, basso, batteria, tastiera e Godano al violino. Sono bravi, alcuni pezzi sono molto belli, altri no. M'interrogo su quando un pezzo diventi canzone, come si fa, cosa succede, tecnica cuore mestiere, pazienza, lavoro artigianale, sapienza, talento. Alcuni pezzi non lo sono diventati "canzone"; rimasti parole lanciate al vento con un po' di musica attorno, ecco, queste non le sopporto, ma vengono suonate e cantate comunque. Diodato ha un bisogno immenso di sentirsi parte di un tutto, di noi, scende dal palco, cammina in mezzo alla gente, fa due parole. Apprezza la natura, parla di Taranto martoriata, del male che facciamo alla terra del cuore che duole nell'assistere al massacro e della necessità d'agire per salvare, salvare, salvarci. Parla d'incontro. La sua voce arriva, chiara, netta, si sente bene ogni singola nota, faccio i complimenti ai tecnici, non succede spesso, dico. Ridono di getto. Sinceramente. Dietro una risata mille pensieri, parole taciute. Esperienza. E'chiaro, ormai, che ho un rapporto particolare con i concerti, forse lo sesso che ho nella vita, ci sono e non ci sono. Sono coinvolta ma solo parzialmente, osservo, ascolto, un piccolo drone curioso e silenzioso; a vote mi perdo ma deve esserci tanta musica a poco canto. Quelle volte vedo forme, colori, storie aliene, figure bellissime. Vedo cose che poi dimentico di annotare. Ieri no. Alla fine mi dispiaceva per lui che doveva scendere dal palco, andarsene, perché funziona così. Mestiere ingrato ho pensato. Come quando ero piccola e guardando il festival dicevo, fra me e me...ma come, un cantate che fa? "Solo" una canzone e poi via? Nel camerino? Mi faceva pietà. Ieri la stessa cosa. Sentivo che voleva restare. Voleva amare. Voleva volare. Si voleva mischiare. Chissà, forse ho solo sentito quella parte di me che non lo sa fare. Fosse così, fosse davvero che ho sentito il mio lato oscuro per un attimo, che Diodato sia, imperfetto, incompleto, immaturo. Che Diodato sia. Amen.
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thebutterfly0 · 7 months
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Probabilmente non sarò mai abbastanza coraggiosa. Bisogna anche avere coraggio a vivere ma a me manca. Ho la vera felicità ad un palmo di mano ed io non riesco a prenderla perché ho paura delle cose nuove. Sono una codarda con il cuore a pezzi.
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